La Fondazione Einaudi sigla un protocollo d’intesa con il Comune di Naso
La Fondazione Luigi Einaudi ha firmato un protocollo d’intesa con il Comune di Naso (ME) che permetterà al Comune siciliano di valorizzare al meglio il proprio patrimonio culturale e di fornire nuovi approfondimenti legati a tematiche di attualità e progetti formativi agli studenti di ogni ordine e grado. Negli intenti del protocollo c’è infatti l’organizzazione di gruppi di ricerca, osservatori, convegni, seminari e mostre. La Fondazione promuoverà iniziative che punteranno a stimolare il dibattito pubblico sui temi di attualità, della giustizia, della storia e dell’economia. Il Comune è pronto ad ospitare studiosi, storici, politici e rappresentanti delle istituzioni.
Rassegna stampa
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È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione e del Merito
🔶 Iscrizioni, ecco i dati definitivi
🔶 Il Ministro Valditara inaugura il primo polo didattico in campo agrario in Italia
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Ministero dell'Istruzione
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L’Altra Asia – Uno, nessuno, centomila Prabowo Subianto
Le tante facce (problematiche) del futuro presidente dell'Indonesia, Prabowo Subianto e le altre storie dai paesi meno raccontati del continente.
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In Cina e Asia – Guerra in Ucraina, Wang Yi incontra il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba
I titoli di oggi: Guerra in Ucraina, Wang Yi incontra il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba Capodanno lunare: viaggi in Cina sopra i livelli del 2019 Palau chiede i finanziamenti americani per continuare a riconoscere Taiwan La Commissione Europea avvia indagine contro azienda cinese accusata di distorsione del mercato unico Giappone, lanciato con successo il nuovo razzo H3 Guerra ...
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Nell’insediamento di Har Bracha si cementa l’alleanza tra coloni israeliani e cristiani sionisti
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Reportage di Michele Giorgio*
(nella foto di Michele Giorgio in evidenza, la colonia israeliana di Har Bracha)
Pagine Esteri, 19 febbraio 2024 – Raggiungere la colonia israeliana di Har Bracha, nel cuore della Cisgiordania occupata, è più semplice da Tel Aviv che da Gerusalemme. Grazie alla «statale» n°5, costruita apposta per i coloni, dalla città costiera si arriva allo svincolo di Tappuach, a pochi chilometri da Nablus, in meno di trenta minuti. Si passa accanto all’insediamento di Ariel, la sua area industriale, Barkan, e diversi villaggi palestinesi, chiusi e isolati dal Muro costruito da Israele. Quindi nei pressi Tappuach, battezzato così dalle autorità di occupazione, si svolta a sinistra e percorsi alcuni chilometri si giunge nell’area in cui si concentrano alcune delle colonie più militanti: Yizhar, Kedumim, Elon Moreh, Itamar e Har Bracha, costruita su una collina che domina Nablus. La città cisgiordana più grande dopo Hebron, circondata dall’esercito israeliano dal 7 ottobre, è proprio lì sotto. Tra qualche settimana i coloni avranno a disposizione l’intera tangenziale fatta costruire dal governo Netanyahu che permetterà loro di aggirare la cittadina di Hawara, uno dei punti di maggior tensione e violenze della Cisgiordania nel 2023.
«Grazie a quella strada, eviteremo Huwara e i disordini provocati dagli arabi» ci dice ricevendoci ad Har Bracha, il colono Nir Lavi. Si riferisce all’uccisione da parte di palestinesi armati, a fine febbraio del 2023, di un israeliano in quella zona, seguita dall’assalto di Huwara da parte di centinaia di coloni, giunti da ogni parte della Cisgiordania, che diedero fuoco o tentarono di farlo a decine di case e negozi e a circa 150 automobili palestinesi. Fu ucciso un abitante e feriti diversi altri. Per Lavi i violenti «sono solo gli arabi». «Andiamo avanti comunque» ci dice fiducioso. Anzi, aggiunge, «qui in Samaria e nella Giudea (i nomi biblici con i quali i coloni chiamano la Cisgiordania palestinese, ndr) siamo tranquilli, la vita scorre senza sussulti anche se molti dei nostri ora sono in uniforme per combattere Hamas (a Gaza) e Hezbollah. Al nord e al sud di Israele si sta peggio che qui, al centro del paese».
Lavi, 52 anni, è uno storico portavoce di Har Bracha, fondato nel 1984. «Mio padre – racconta – ha combattuto per conquistare la Samaria e la Giudea, per riportare sotto il nostro controllo la terra donata da Dio agli ebrei. Har Bracha è un caposaldo del nostro ritorno». Alla fine degli anni ’90 ha fondato la «Har Bracha Estate Winery», una casa vinicola che, nonostante il boicottaggio del Bds e le restrizioni varate dall’Unione europea contro i prodotti delle colonie, esporta negli Stati uniti, Francia, Olanda e altri paesi. «In Italia poco o nulla, ma contiamo di entrare anche nel vostro mercato», afferma sorridendo. «All’inizio producevamo solo 5mila bottiglie all’anno, ora 90mila e quest’anno oltre 100mila. Il nostro è un vino di grande qualità». Per dimostrarlo ci porta nel ristorante della colonia. Sui tavoli tante bottiglie vuote e i resti di un pranzo per 40 persone. «Abbiamo ricevuto una delegazione di membri di servizi di sicurezza israeliani e stranieri e come vedi hanno gradito parecchio il nostro vino: 45% Carbernet, 45% Merlot e 10% Petit Verdot» dice con orgoglio.
Cristiani evangelici statunitensi aiutano a vendemmiare nelle colonie israeliane (foto di Heather Meyers)
La casa vinicola e le produzioni agricole di Har Bracha e di altre colonie israeliane possono contare su un alleato decisivo per garantire la vendemmia e la raccolta di frutta ed ortaggi, senza dover ricorrere alla manodopera palestinese. Si chiama HaYovel (Il Giubileo), un’associazione statunitense di cristiani evangelici e sionisti, che provvede a inviare nei vigneti di Nir Lavi e di altri produttori centinaia di volontari che lavorando nelle colonie contribuiscono alla «realizzazione della profezia». Vedono nel moderno Stato ebraico e nel suo dominio su tutta la Palestina storica (la biblica Eretz Israel), il «ritorno degli ebrei nella Terra Promessa», la condizione per il realizzarsi delle profezie con il ritorno di Cristo e il trionfo del Regno di Dio. All’interno di questo «disegno divino» i palestinesi non hanno alcun diritto, anzi, Israele deve negare loro qualsiasi sovranità, anche su un solo chilometro quadrato di terra. Questa «missione per conto di Dio» HaYovel permette di compierla a un costo di 1.200 dollari a persona per un periodo di 2 settimane a lavorare volontariamente nelle colonie. Chiediamo di parlare con Josh, figlio di Tommy Wallace, fondatore di HaYovel. All’inizio si mostra disponibile. «Certo, con molto piacere, va bene, posso tra un po’, ora sono occupato» ci dice con apparente gentilezza. Aspettiamo. Ma scompare e non risponde a telefonate e messaggi. Proviamo con Luke Hilton, un altro membro di Ha Yovel. «Perché no, ok. Magari più tardi, appena finisco una riunione», ci assicura. Sparisce anche lui, legge ma non risponde ai nostri messaggi.
Un cowboy giunto dall’Arkansas rilascia una intervista video all’agenzia del movimento dei coloni israeliani
Non amano i giornalisti non israeliani i leader dei sempre più numerosi e folti gruppi di cristiani evangelici sionisti, specie quelli americani. Li considerano dei nemici e, nel migliore dei casi, incapaci di comprendere il loro «impegno religioso» per Israele e il compimento delle profezie. Ma devono tenere conto anche di un’altra «complicazione» che giunge proprio dai loro amici israeliani. Malgrado siano sostenitori della colonizzazione dei Territori palestinesi occupati – che sostengono anche con decine di milioni di dollari, tra donazioni e sussidi – sono guardati con sospetto dalle gerarchie religiose ebraiche timorose che dietro questi volontari cristiani ci sia l’intenzione di «diffondere il Vangelo». Nelle scorse settimane ha scatenato proteste la foto scattata, e finita sui social, ad un gruppo di cowboy, con i cappelloni e il look tradizionale, giunto dall’Arkansas e dal Montana grazie a HaYovel per prendersi cura degli allevamenti e del lavoro agricolo nelle colonie. Shannon Nuszen, direttrice dell’organizzazione contro-missionaria Beyneynu, ha espresso forti sospetti sulle attività di HaYovel al punto da accusare Tommy Waller di fare proselitismo tra gli ebrei. I cowboy, perciò, sono finiti nell’ombra e sono rientrati dopo pochi giorni negli Usa. Non è bastato a HaYovel affermare di operare sotto la supervisione del rabbino Eliezer Melamed di Har Bracha.
Il colono Nir Lavi, che di Waller è buon un amico, non appare preoccupato. I volontari cristiani della Geulà (Redenzione) comunque non mancano. E nel suo ristorante ha lavoratori thailandesi. «Dopo l’attacco di Hamas erano andati via, poi sono tornati, ancora più numerosi». Lui ed altri coloni di Har Bracha si dicono convinti che il 7 ottobre, l’offensiva a Gaza e gli scontri al confine con il Libano abbiano convinto gli israeliani «degli errori commessi in passato» da non ripetere più. Gli Accordi di Oslo, esortano, «vanno eliminati subito e definitivamente e con essi l’Autorità nazionale palestinese». La Cisgiordania, aggiungono, è parte della «terra del popolo ebraico e su di essa va estesa subito la giurisdizione israeliana», ossia va annessa allo Stato di Israele, «senza badare alle pressioni straniere». E della nuova colonizzazione israeliana di Gaza si dovrà discutere, ma in futuro, «è presto ora». Nir Lavi ci saluta esortandoci ad apprezzare l’aria fresca e pulita che si respira ad Har Bracha. «Siamo nella nostra bella terra e non ce ne andremo mai», ci ripete un paio di volte. Guidando verso lo svincolo di Tappuach passiamo davanti al posto di blocco militare israeliano nei pressi di Huwara. Una ventina di auto palestinesi sono in fila per i «controlli di sicurezza». I coloni invece sfilano veloci verso Tel Aviv. Pagine Esteri
*Questo articolo è stato pubblicato il 10 febbraio 2024 dal quotidiano Il Manifesto
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LIVE Olimpia Milano-Napoli, Finale Coppa Italia basket 2024 in DIRETTA: sarà Davide contro Golia
CLICCA QUI PER AGGIORNARE LA DIRETTA LIVE Si chiude un primo tempo che vede Napoli meritatamente avanti, con Milano che sbaglia troppo in attacco e in difesa e con un paio di fischi che hanno innervosito la panchina vede i campani allungare.Duccio Fumero (OA Sport)
Antonino Campaniolo 👣 reshared this.
Prova scritta di Storia della filosofia del giorno 21 febbraio 2024 (Corso di laurea in Educazione sociale e tecniche dell’intervento educativo)
Il giorno 21 febbraio 2024 si terrà la prova scritta di Storia della filosofia, valida per gli studenti iscritti al corso di laurea in Educazione sociale e tecniche dell’intervento educativo; come…fabiosulpizioblog
Asili nido, pochi posti pubblici e costi proibitivi l Pressenza
"Occorre ampliare l’attuale disponibilità dei posti negli asili comunali, rendere sostenibili i costi per le famiglie, superare la scarsa flessibilità degli orari, essere operativi anche durante l’estate. E occorre, soprattutto, porre in essere cambiamenti nelle strutture e nei servizi a supporto alle famiglie (asili, scuole, servizi post scolastici e così via) e ripensare totalmente il nostro welfare."
Come rendere utile l’inutile dibattito sulla difesa Ue. L’analisi di Castiglioni (Iai)
Negli ultimi giorni, le dichiarazioni dell’ex presidente statunitense Donald Trump sulla Nato hanno scosso l’opinione pubblica in Europa. Durante un discorso elettorale a Conway, in Carolina del Sud, il tycoon ha fatto intendere che la difesa militare garantita dall’articolo 5 dell’Alleanza Atlantica con lui alla Casa Bianca non sarebbe più accordata automaticamente agli alleati ma diverrebbe soggetta a un semplice criterio: chi investe in difesa (raggiungendo il celebre 2% del prodotto interno lordo) meriterebbe l’aiuto americano, mentre gli altri ne sarebbero esclusi.
Il vecchio e forse futuro inquilino della Casa Bianca ha così agitato uno spettro che dalla Seconda guerra mondiale a oggi aleggia sull’Europa, ossia l’incertezza di un pieno coinvolgimento americano in caso di invasione del continente. Da questa parte dell’Atlantico le reazioni dei governi sono state preoccupate, ma nel complesso poco serie. C’è stato chi, come il cancelliere tedesco Olaf Scholz e il primo ministro polacco Donald Tusk, ha condannato le dichiarazioni di Trump, per poi concentrarsi però sulla parte costruttiva del messaggio, ossia l’appello rivolto agli alleati europei di raggiungere il 2% al più presto. Su una linea ancora più decisa il primo ministro estone Kaja Kallas, che ha definito la provocazione di Trump una salutare “sveglia per l’Europa” che dovrebbe iniziare a prendere sul serio gli investimenti per la Nato. C’è poi stato chi, come Josep Borrell, Alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ha provato a ridimensionare le dichiarazioni, definendole semplice propaganda elettorale. C’è infine chi, come il governo italiano per bocca di Antonio Tajani, vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri, ha gettato il cuore oltre l’ostacolo parlando della necessità di un esercito europeo; un appello complementare a quello del presidente francese Emmanuel Macron che ha spronato (nuovamente) gli Stati membri dell’Unione europea costruire un “pilastro europeo” della Nato. In generale, sembra che le consultazioni del “triangolo di Weimar” tra Francia, Germania e Polonia siano state la reazione più seria e strutturata ai messaggi provenienti da Washington, con lo scopo di rassicurare i Paesi che si sentono più esposti nei confronti della Russia sull’esistenza di un “nucleo di difesa” europeo, che però al momento è volontario e non strutturato. Il dibattito su una difesa europea, ancor prima di partire, si è già arenato.
Questo è poco sorprendente per una serie di ragioni che giova ricordare. Il primo problema, si sa, è il problema di compatibilità tra una difesa europea e la Nato. Se avessimo due strutture parallele dovremmo non solo creare una duplicazione di tutte le gerarchie di comando, ma anche destinare una parte dei fondi per la difesa attualmente spesi per esercitazioni o attività Nato a favore di una difesa europea. Il secondo problema è la quantità di risorse a disposizione in caso di conflitto. Infatti, mentre tutti si concentrano sul preponderante ruolo degli Stati Uniti nell’Alleanza, nessuno considera che ci sono nella Nato nazioni come il Regno Unito o la Turchia che non sono parte dell’Unione europea ma possono attuare una notevole deterrenza, politica e militare. C’è poi il terzo problema di fondo, che si pone dagli anni Cinquanta, che è quello dell’ombrello nucleare. Ovviamente gli europei non vogliono sentire questa parola, ragion per cui gli esperti si permettono a malapena di sussurrarla, ma la Russia (così come la Cina) sono potenze con grandi arsenali nucleari, mentre l’Europa sembra terrorizzata persino dall’uso civile dell’energia atomica, senza parlare della costruzione di ordigni militari. Al momento tra gli Stati membri dell’Unione europea solo la Francia possiede questo genere di armi, e in una quantità così limitata e con una dottrina strategica così poco chiara che nessun governo europeo potrebbe fare affidamento su questo ombrello protettivo, anche se il governo francese dichiarasse apertamente di essere disponibile a usare questi vettori per proteggere gli altri membri dell’Unione europea (chiarezza, tra l’altro, che non c’è e non c’è mai stata).
Dopo le parole di Trump, i sostenitori di una difesa europea hanno giustamente gioco facile a chiedere un’alternativa alla Nato, confortati anche da molti studi che ipotizzano i benefici di una forza armata europea (a partire da un risparmio complessivo e un’efficienza maggiore). Gran parte di questo beneficio dal punto di vista economico e tecnologico viene dallo sviluppo e acquisto di armamenti europei comuni; una possibilità che c’entra poco o nulla con la Nato e che non richiede nessuna revisione dei Trattati ma solo determinazione politica.
Tuttavia, i governi europei su questa partita non sono interessati tanto dai numeri, quanto dalle implicazioni politiche e strategiche. Politicamente, nessun capo di Stato europeo oggi si distanzierebbe volontariamente dalla Nato e quindi l’opzione “europea” per la difesa rimane una scelta che l’Europa potrà forse subire, ma solo se spinta da eventi eccezionali. Sul breve periodo, il vuoto lasciato dalla Nato potrebbe infatti essere riempito solo da una struttura difensiva nel complesso più debole e meno efficiente dell’Alleanza; scartata l’ipotesi di un esercito europeo, il quale è ovviamente impossibile nel breve periodo senza una politica estera comune, rimane la possibilità di un’alleanza a comando dell’Unione europea e basata sul contributo di eserciti nazionali e un controllo unificato, proprio come la Nato. Questo presupposto ci porta alle implicazioni strategiche, che sono appunto la mancanza di deterrenza nucleare europea e il necessario coinvolgimento degli alleati euro-mediterranei della Nato in un nuovo equilibrio di sicurezza continentale. Sia il piano politico sia quello strategico spingono gli europei a un sostanziale immobilismo e alla speranza che questo momento di crisi transatlantica passi, come è stato atre volte nella storia.
Il dibattito sulla difesa europea è destinato a rimanere marginale e inutile finché se non si offriranno alle legittime preoccupazioni dei governi (soprattutto quelli che si sentono più minacciati) una risposta seria nell’immediato e non fatta da piani fumosi e ambiziosi. E l’unica risposta possibile, a oggi, non parte dall’Unione europea ma necessariamente dalla Nato. Questa soluzione porta alla creazione di un pilastro europeo dell’Alleanza Atlantica, che possa coinvolgere l’Unione europea ma lasci spazio agli alleati extra-Ue, in primis il governo di Londra. La strada del pilastro europeo, sostenuta tra l’altro dalla Francia, non rappresenta di certo la svolta epocale auspicata dai più europeisti, ma ha il vantaggio di essere pratica, di offrire risposte sul breve periodo e di poter iniziare a responsabilizzare le istituzioni europee in un settore nuovo come la difesa. Questa “Nato europea”, nel caso in cui gli eventi ci forzassero ad attivarla “distaccandola” dagli Stati Uniti, sarebbe (non facciamo illusioni) indubbiamente più debole della Nato e offrirebbe meno garanzie, a partire dall’ombrello atomico.
Tuttavia, nel caso in cui dovessimo fare di necessità virtù, sarà meglio avere questa struttura come “piano B” che lasciare in pericolo popoli europei amici e alleati, che siano a Est o nel Mediterraneo. In questo quadro, per la serietà del dibattito, quello che si dovrebbe evitare è usare strumentalmente le parole di Trump per prendere in giro i cittadini europei. Non c’è infatti nessuno scenario possibile in cui si crei una “Nato europea” (che dovrebbe essere abbastanza efficiente da proteggere il continente senza gli Stati Uniti) e spendere meno del 2% in difesa attualmente chiesto da Washington. Allo stesso modo, non c’è nessun mondo possibile in cui l’Europa si possa difendere da sola senza almeno considerare la minaccia nucleare come un’opzione sul tavolo. Da ultimo e forse ancora più importante, non c’è nessuna possibilità che gli europei si difendano da soli se manca la volontà di sacrificarsi gli uni per gli altri in nome di una solidarietà tra popoli e non solo tra governi alleati.
Esercito professionale o ritorno della leva? Il bivio spiegato dal gen. Caruso
Tra i tanti interrogativi che la guerra in Ucraina sta portando con sé, uno tra tutti sta alimentando il dibattito sui possibili futuri modelli di difesa. La guerra in corso ha evidenziato una complessa intersezione di sfide strategiche, tecnologiche e geopolitiche che i Paesi occidentali dovranno affrontare al più presto per garantire la propria sicurezza e difesa. Il conflitto ucraino ha comportato incredibili perdite umane e materiali, evidenziando la brutalità e l’alta intensità dei conflitti moderni. Queste perdite hanno sollevato interrogativi sulla sostenibilità degli attuali eserciti occidentali e sulla necessità di adattare i modelli di difesa per affrontare potenziali minacce future.
Eserciti professionali o coscrizione obbligatoria?
Il dibattito tra mantenere eserciti professionali, piccoli e super specializzati, oppure ritornare alla coscrizione obbligatoria per formare eserciti di massa capaci di sopportare grandi perdite, è diventato sempre più rilevante. La guerra in Ucraina suggerisce che entrambi gli approcci hanno i loro meriti e limitazioni in contesti specifici.
Le recenti dichiarazioni del generale britannico Sir Patrick Sanders, Chief of the General Staff in uscita, e la successiva smentita del primo ministro Rishi Sunak riflettono la tensione e il dibattito in corso sui futuri modelli di difesa. Questo dibattito che si estende oltre il Regno Unito, influenzando le discussioni strategiche in tutta l’Europa e negli Stati Uniti, evidenzia anche una discrasia tra il mondo della politica e quello militare. Parte della politica non è del tutto preparata a gestire i cambiamenti che un rafforzamento delle capacità di difesa mediante riservisti avrebbe sulla società civile e solleva questioni importanti sulle implicazioni di tali politiche di difesa. Questa differenza di opinioni potrebbe avere molteplici effetti, sia a livello di percezione pubblica che di realizzazione pratica delle politiche di difesa.
La lezione ucraina
La guerra in Ucraina ha evidenziato l’importanza della flessibilità strategica, della resilienza, della capacità di adattamento e dell’uso delle nuove tecnologie. Ma ha sancito anche che la quantità è importante tanto quanto la qualità. L’enorme impiego di materiali, equipaggiamenti e munizioni associato ad un impressionante sacrificio di perdite umane, stanno consigliando agli eserciti occidentali di considerare come equilibrare forze specializzate e la capacità di mobilitare rapidamente grandi numeri di truppe.
L’uso di droni, la guerra elettronica e altre tecnologie avanzate hanno sottolineato il ruolo cruciale che la tecnologia gioca nei conflitti moderni. Quali dovrebbero essere gli investimenti che i Paesi occidentali dovrebbero fare nelle nuove tecnologie, nel personale qualificato e contemporaneamente garantirsi quella quantità, umana e materiale, che sembrerebbe tanto necessaria in un conflitto moderno?
In medio stat virtus: verso nuovi modelli di difesa
Se è impossibile pensare di tornare agli eserciti di massa come nel passato – irragionevole pensare di addestrare personale all’impiego di armi con tecnologie avanzate nel breve tempo di una leva obbligatoria –, altrettanto impossibile affidarsi solo a piccoli eserciti professionali che, per quanto preparati, non sopporterebbero un impiego prolungato in un conflitto di lunga durata. Inutile negarlo, l’esercito ucraino non è più quello del 24 febbraio di due anni fa. Decimato dal conflitto in corso, possiamo parlare di un esercito ucraino 2.0, se non addirittura 3.0. Rimpolpato e sostituito con richiami di personale riservista, oppure mobilitato dalla vita civile per combattere una guerra per la sopravvivenza, non ci sono quasi più le stesse persone che iniziarono il conflitto. Ecco perché i Paesi occidentali potrebbero dover esplorare nuovi modelli di difesa che integrino eserciti professionali con capacità di riserva, investendo sia nelle tecnologie avanzate che nella capacità di mobilitare rapidamente forze di massa. Ciò potrebbe includere l’adozione di approcci innovativi per la formazione – per esempio, tecnologie di realtà virtuale e realtà aumentata e addestramento basato su intelligenza artificiale – ma anche la comprensione che la preparazione alla guerra moderna richiede più della semplice competenza fisica e tattica; richiede anche agilità mentale, capacità decisionali avanzate fino ai minimi livelli e una profonda comprensione delle complessità geopolitiche, tecnologiche e umane che definiscono i conflitti contemporanei.
In sintesi, la guerra in Ucraina ha svolto il ruolo di catalizzatore per una riflessione profonda sui modelli di difesa futuri, spingendo i Paesi occidentali a bilanciare diversi approcci per affrontare le minacce emergenti in un panorama geopolitico in rapido cambiamento. La soluzione potrebbe risiedere in una combinazione di forze professionali specializzate e la capacità di mobilizzare rapidamente eserciti di massa, sostenuta da investimenti significativi in tecnologie avanzate e nella preparazione alla guerra elettronica e asimmetrica.
La visione italiana
L’approccio italiano al problema della difesa e della preparazione militare, in particolare alla luce delle recenti tensioni internazionali e del conflitto in Ucraina, è stata chiaramente articolata dal ministro della Difesa, Guido Crosetto. Il ministro propone un modello di difesa che preveda l’integrazione di riservisti, evidenziando la necessità per l’Italia di adottare un approccio più flessibile e reattivo alle minacce militari contemporanee. Il ministro sottolinea l’importanza di una forza di riserva addestrata e pronta all’impiego, capace di integrarsi rapidamente con le forze armate regolari in caso di necessità. Questa visione riflette la giusta consapevolezza del fatto che i conflitti moderni richiedono non solo tecnologie avanzate e forze specializzate, ma anche la capacità di mobilitare rapidamente un numero superiore di truppe per rispondere a minacce impreviste o a emergenze.
L’approccio proposto dal ministro mira a rafforzare la resilienza e la capacità di difesa dell’Italia attraverso un sistema di riservisti simile al modello israeliano. Questo sistema permetterebbe di avere a disposizione un’ampia base di personale militare addestrato, che possa essere rapidamente mobilitato in caso di crisi, senza dipendere esclusivamente dalle forze armate regolari. L’introduzione di un sistema di riservisti ben addestrati e pronti all’impiego rappresenta un passo importante verso una maggiore capacità di risposta e resilienza delle forze armate italiane. Lo scopo è di rispondere efficacemente alle mutevoli dinamiche della sicurezza internazionale nel contesto di una strategia di difesa che guarda al futuro senza trascurare le lezioni del passato.
Quali le conseguenze sulla società civile?
L’introduzione o l’espansione di un sistema di riservisti, simile a quello proposto dal ministro Crosetto, richiede non solo una preparazione militare, ma anche un ampio supporto e comprensione da parte della società civile. La mobilitazione di civili come riservisti comporta una significativa trasformazione del rapporto tra i cittadini e le forze armate, con profonde implicazioni per il tessuto sociale, l’identità nazionale e la percezione della sicurezza.
Per superare questa sfida, è essenziale un impegno proattivo nell’educare e coinvolgere la popolazione riguardo le necessità di difesa e le responsabilità civili in contesti di sicurezza nazionale. Questo può includere campagne di informazione pubblica, dibattiti parlamentari trasparenti e iniziative di coinvolgimento comunitario che mirino a costruire un consenso sull’importanza di un sistema di riservisti e sulla sua gestione etica e democratica.
La politica e la consapevolezza del proprio ruolo
La sfida per la politica consiste nel navigare queste acque insidiose, bilanciando la necessità di rafforzare la difesa nazionale con la tutela dei valori democratici e civili. È cruciale che la classe politica nella sua interezza sia capace di comunicare efficacemente i motivi di tali cambiamenti, i benefici per la sicurezza nazionale e le garanzie per i diritti e le libertà individuali. A livello legislativo, è necessario che i politici lavorino per sviluppare un quadro normativo che regoli efficacemente il servizio della riserva, assicurando che sia equo, volontario o basato su principi di giusta mobilitazione, e che rispetti gli obblighi internazionali in materia di diritti umani. Questo richiede una visione politica lungimirante e la capacità di anticipare e affrontare le complesse questioni legali, etiche e sociali che un tale sistema comporta. Mancare anche solo uno di questi passi potrebbe portare a incomprensioni nella società civile, minando il necessario sostegno popolare a queste fondamentali politiche di difesa.
Servizio di leva per i giovani italiani?
I giovani italiani si devono preoccupare di ricevere la famosa cartolina e partire per il servizio di leva? Se il dibattito in corso riflette una tendenza osservata in altri Paesi europei, dove si discute anche del ritorno alla coscrizione obbligatoria, credo che la via italiana punti piuttosto a un’espansione delle forze di riserva come mezzo per affrontare le nuove sfide della sicurezza globale.
Qualsiasi scelta venga fatta, la preparazione della parte politica a gestire l’impatto di un rafforzato sistema di difesa sulla società civile è fondamentale per il successo di tali iniziative. La collaborazione tra settori militari e politici, insieme al coinvolgimento attivo della società civile, è essenziale per costruire una difesa nazionale resiliente migliorandone l’efficacia, l’efficienza e la flessibilità e che garantisca i valori democratici e civili. La sfida sta nel garantire che queste politiche siano attuate in modo che rafforzino non solo la sicurezza nazionale, ma anche la coesione sociale e la fiducia pubblica nelle istituzioni democratiche.
Davide Giacalone – Gli scudi
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Monaco. L’Occidente alla ricerca del “nemico” per tenere insieme i pezzi l Contropiano
"Un nemico come la Russia per un po’ di tempo può aiutare a tenere insieme i pezzi ma a lungo andare potrebbe non funzionare più come catalizzatore di interessi comuni. Proprio un commentatore russo sulla Novosti, più o meno due anni fa, sottolineava che il problema dell’Occidente era il tempo: troppo poco per concludere il conflitto in Ucraina, troppo lungo per alimentarlo. Un problema che la Russia ha dimostrato di non avere."
rag. Gustavino Bevilacqua reshared this.
Crescono morti e infortuni sul lavoro l l'interferenza
"Sono anni che il punto di vista assunto sul lavoro è quello delle associazioni datoriali e molti pensano, per combattere morti e infortuni, a una sorta di sistema premiante per le aziende virtuose in materia di salute e sicurezza attribuendo loro ulteriori e massicci sgravi fiscali. Eppure, anni di aiuti alle imprese non sono serviti a salvaguardare l’occupazione e a rendere sicuro il lavoro, siamo allora certi che l’aiuto economico e fiscale sia lo strumento giusto per imporre pratiche e culture della sicurezza?"
Muoiono pazienti nell’ospedale Nasser, sotto il controllo completo dell’esercito israeliano
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AGGIORNAMENTI
Ore 12
Il Ministero della Sanità ha fatto sapere che un quinto paziente dell’ospedale Nasser è morto a causa della mancanza di elettricità, che non consente l’utilizzo dei macchinari medici essenziali per la sopravvivenza delle persone in terapia intensiva.
Pagine Esteri, 16 febbraio 2024. L’esercito israeliano ha preso il totale controllo dell’ospedale Nasser a Khan Younis. Sei pazienti di terapia intensiva e tre neonati potrebbero morire da un momento all’altro a causa della mancanza di energia elettrica dovuta all’embargo israeliano durato settimane. Il Ministro della Sanità palestinese ha fatto sapere che i generatori hanno smesso di funzionare e che l’alimentazione elettrica è completamente interrotta. Questo significa che tutti i macchinari, compresi i respiratori e le incubatrici, hanno smesso di funzionare. Sono già quattro, secondo fonti mediche, i pazienti morti questa mattina nel reparto di terapia intensiva a causa della mancanza di ossigeno.
Il Ministero ha aggiunto che ritiene Israele responsabile della vita dei pazienti e dello staff medico, dato che l’ospedale è sotto il completo controllo dell’esercito. Aggiungendo che due donne, in queste ore, hanno partorito in condizioni “disumane”, senza acqua, cibo né supporto medico adeguato, mentre l’esercito sta trasformando l’edificio del reparto maternità in una sala operativa militare, costringendo tutti i pazienti a lasciare l’ala dell’ospedale.
Il Ministero palestinese ha fatto appello alla comunità internazionale, perché “intervenga per salvare i pazienti e i medici dell’ospedale Nasser prima che sia troppo tardi“.
Il portavoce dell’esercito israeliano, Daniel Hagari, ha dichiarato che fino ad ora non sono state trovate prove che dimostrino che Hamas abbia nascosto ostaggi nella struttura sanitaria. In realtà, secondo il quotidiano israeliano Haaretz, i militari non starebbero cercando persone vive ma solo i corpi di alcuni ostaggi morti a Gaza, secondo informazioni che affermano di aver ricevuto da un prigioniero palestinese sotto interrogatorio.
In tarda mattinata l’esercito ha fatto sapere di aver arrestato decine di persone all’interno dell’ospedale, definendole “terroristi di Hamas”. Tra i fermati ci sarebbero anche medici che lavorano nella struttura.
Hamas ha dichiarato di non aver mai utilizzato l’ospedale a scopi militari e ha sottolineato di aver più volte chiesto all’ONU e alle organizzazioni internazionali di formare una commissione di inchiesta indipendente che potesse verificare le accuse accedendo liberamente al nosocomio. A tale richiesta non sarebbe mai seguita una risposta.
Intanto, nelle ultime 24 ore, sono state 112 le persone uccise nella Striscia di Gaza e 157 i feriti. Il totale delle vittime è salito a 28.775 persone.
LEGGI LE NOTIZIE DELL’ASSEDIO DELL’OSPEDALE NASSER
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In Cina e Asia – Tour di Wang Yi in Europa. Tappe in Germania, Spagna e Francia
I titoli di oggi: Tour di Wang Yi in Europa. Tappe in Germania, Spagna e Francia Finanza, Micheal Burry scommette su big tech cinesi nonostante calo delle azioni Spring festival, per i giovani è l’occasione per cambiare tradizioni Cina, tour di Wang Yi in Europa. Tappe in Germania, Spagna e Francia Capodanno lunare, Shanghai “importa” manodopera dalle zone rurali per sostenere ...
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28 ONG esortano le autorità di protezione dei dati dell'UE a respingere il "paga o va bene" su Meta Il Comitato europeo per la protezione dei dati (EDPB) emetterà presto quello che probabilmente sarà il suo parere più significativo fino ad oggi
Ma scusa, caro Draghi, tu sai che l’Europa è piccola e debole e la getti in una guerra a rischio nucleare con la Russia?
A causa della guerra in Ucraina, l'Europa è più debole e piccola di prima.
Alessandro Orsini
Un'agenzia di credito tedesca guadagna milioni grazie alla manipolazione illegale dei clienti L'azienda utilizza disegni manipolativi per impedire alle persone di ottenere una copia gratuita dei loro dati in conformità con la legge
The Mourning After - Lately / Quit Bazar 7"
Pronti alla bisogna per assolvere nel migliore dei modi tale irrinunciabile esigenza ecco qui per me e per noi tutti, direttamente da quel di Sheffield, i veterani e collaudatissimi Mourning After ed il loro 7" licenziato in questi giorni dalla Rogue Records.
iyezine.com/the-mourning-after…
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Pronti alla bisogna per assolvere nel migliore dei modi tale irrinunciabile esigenza ecco qui per me e per noi tutti, direttamente da quel di Sheffield, i veterani e collaudatissimi Mourning After ed il loro 7" licenziato in questi giorni dalla Rogue…In Your Eyes ezine
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Catania. La scuola pubblica in mimetica normalizza la guerra l Contropiano
"Oltre ad una scuola sempre più aziendalizzata, che plasma il mondo studentesco allo sfruttamento schiavista del lavoro e alla precarietà lavorativa, c’è anche una scuola sempre più militarizzata. Tutto questo si traduce con la normalizzazione della guerra, della militarizzazione dei territori, e delle spese militari senza limiti."
Colorado’s Approval of Global Privacy Control: Implications for Advertisers and Publishers
The privacy laws of both Colorado and California require organizations to recognize Universal Opt-Out Mechanisms (UOOMs), a tool through which a person can invoke their opt out rights broadly across all the websites they visit. While California has required responding to certain UOOMs since July 2021, the Colorado Attorney General has only recently approved their first tool – the Global Privacy Control – as valid within the scope of the state law. This sets the stage for organizations within the law’s jurisdiction to take appropriate action necessary to ensure that they are recognizing and responding to any person’s use of the GPC. Below we provide information for what organizations need to know about UOOMs going forward, including particular implementation challenges that must be addressed to avoid enforcement actions for falling afoul of the law.
Background
Governor Polis signed the Colorado Privacy Act (CPA) in July 2021, making Colorado the third state to pass a comprehensive privacy law. Among other things, the act requires the Colorado Attorney General to conduct a special process for approving Universal Opt Out Mechanisms (UOOMs) for people to use as a means of invoking their opt out rights. Under Colorado law, covered entities will be required to honor these UOOMs beginning July 1, 2024.
The Colorado AG’s office closed applications for UOOM tools on November 6, 2023. After a public comment period, the Colorado AG announced that only one tool – the Global Privacy Control (GPC) – would be acknowledged on the exclusive public list of acceptable UOOMs in Colorado.
The recognition of the GPC as a valid UOOM in Colorado leaves adtech vendors, advertisers, and publishers in a broadly similar place in both California and Colorado once enforcement begins this summer: Publishers will have to respond to valid GPC requests in both states; advertisers and vendors will have to adjust business practices accordingly. Although implementations of GPC must still satisfy the requirements of the CPA, Colorado’s decision aligns their enforcement of opt-out rights with those in California, creating momentum toward a national standard.
What should Advertisers, Publishers, and Other Organizations Know About the GPC and UOOMs in U.S. law
1. Implementations of GPC must still satisfy the requirements of CPA
Under the CPA, UOOMs in Colorado must satisfy three categories of rules. By selecting a single UOOM tool, the Colorado AG’s office has indicated that this is the only tool “recognized in so far as the UOOM or any authorized implementations meet the requirements of [the Colorado Privacy Act].”
The first and second of these rules relate to Notice and Choice under Rule 5.03 and Default Settings under Rule 5.04. The notice and choice requirements ask UOOM vendors to ensure that the signal represents an “affirmative, freely given, and unambiguous choice to opt out” of targeted advertising and data sales. The requirements for default settings seek to ensure the choice remains a genuine opt-OUT with respect to the device. The default browser installed on the device cannot simply negate the selection in a user interface to transform the user-facing mechanism into what would appear to be an opt-IN for the user. For browsers or browser extensions that do not come pre-installed on the device and that are marketed as tools for exercising a user’s opt out rights, the consumer’s decision to install and use these tools is considered an affirmative, freely given, and unambiguous choice.
The final requirement for UOOMs in the CPA is to follow Technical Specifications under Rule 5.06. The technical specification requirements make the tool “universal” in the sense that it can automatically transmit the opt-out to multiple publishers while remaining in compliance with other requirements, like the notice and choice requirements and the default settings requirements, and without unfairly disadvantaging controllers.
It is noteworthy that the AG’s office distinguishes between “the UOOM” – the GPC in this case – and “any authorized implementations” of the UOOM. Several organizations, including FPF, expressed broad support of the GPC while correctly observing that the GPC is a protocol-level technical specification and is implementable in valid and invalid ways in user-facing tools. Actual implementations of the GPC vary significantly in their interface and functionality. However, it is not clear what is required for an implementation to be “authorized”. One may read the language to require some additional recognition by the Colorado AG’s office (which has not produced a list of authorized implementations) or instead to include those implementations recognized by the creators of the GPC, which lists several implementations that support the GPC on their website. It is even possible that “authorized implementations” may even refer to other authorized, yet-to-be-approved UOOMs and have nothing to do with the GPC.
Based on this analysis, it is technically possible for publishers to receive an invalid GPC signal originating from a tool that fails to implement other requirements of the CPA. However, discerning the validity of GPC signals as they are received may require publishers to implement otherwise invasive means, like browser fingerprinting.
2. GPC will be a multi-state enforcement priority for 2024
Despite the limitations of approving a technical specification, the decision in Colorado to recognize only the Global Privacy Control marks an alignment with California that the GPC should be a clear priority for organizations looking to avoid an enforcement action in 2024. Controllers in Colorado and businesses in California should earnestly implement appropriate means to receive these signals and respond in their advertising technology stack. Industry preparation should include some mechanism for differentiating data that has been opted-out of sale or sharing from data that has not.
The Colorado AG also indicated that the current public list (which, again, consists solely of the GPC) will be “prioritized for enforcement,” meaning publishers will likely be required to respond to GPC opt-out requests as soon as the enforcement date of July 1, 2024 rolls around. Any relevant on-going or concluded investigations in California since the AG settlement with Sephora have not resulted in publicly announced enforcement actions. However, it has remained an area of active interest, including recent discussions by the California Privacy Protection Agency (CPPA) regarding the possibility of requiring browser vendors to implement a feature allowing users to express their opt-out preferences to publishers.1
3. Novel mechanisms may still be reconsidered in upcoming years
In naming the GPC as the current exclusive UOOM recognized in Colorado, Colorado AG also indicated that this did “not exclude additional UOOMs from meeting the requirements” in the future. This could mean the other shortlisted opt out mechanisms (i.e., the OptOut Code or the Opt-Out Machine) or some tool that has not yet been developed may be able to be approved in the future. However, the process for submitting applications is uncertain. The website is no longer accepting submissions, and although it may be opened to new submissions in the future, no plans for doing so are currently public.
The Colorado AG also indicated that when it does accept new applications, it will also seek public comments on them in a similar process. The three applications listed in the shortlist each took different approaches to standardizing expression of user opt out preferences. The OptOut Code proposal focused on prepending a code to human-readable device names, the Opt-Out Machine proposed an automated email-based opt out mechanisms, and the Global Privacy Control (GPC) proposed using their HTTP-based protocol-level specification in Colorado, having already been recognized as a UOOM in California.
Challenges Ahead for Enforcement
Enforcement of the Colorado Privacy Act’s requirements for opt-outs will begin later this year. Although the Colorado AG selected the GPC, they did not reveal their rationale or respond substantively to the concerns raised during the comment process. As a result, specific enforcement techniques and investigative approaches are hard to predict. At least four enforcement challenges exist for Colorado: (1) responding to the GPC alone may not be enough to ensure compliance with the CPA, (2) confirmation of signals by controllers is not required making verification of the receipt of valid signals difficult, (3) invalid GPC signals are difficult to detect definitively, and (4) the current move toward enforcement is happening at a time of transition in the industry at large.
First, responding to the GPC alone is not enough for compliance with the CPA. Although the GPC specification includes optional requirements allowing publishers to confirm to users that they have received the GPC signal, this confirmation is not technically tied to any advertising that appears on the publisher site. In other words, it is possible for a publisher site to continue serving targeted ads while confirming to users that their GPC opt-out signal has been received, either intentionally or accidentally. The Colorado AG will need some mechanism for discerning whether any advertising displayed was targeted or not. For people who have invoked the GPC, publishers are likely to replace targeted advertising with contextual advertising, and these ads may be served by similar ad servers, making discernment challenging. (The opt-out also applies to the sale of personal data, but that would not be immediately obvious to an enforcement agency in a single web browsing session regardless of the GPC configuration.)
Second, optional confirmation requirements in the GPC specification are not strictly required by the CPA. Although confirmation may be useful for users, advertisers, and publishers seeking to test their configuration of their GPC tool of choice, their utility as part of regulatory enforcement remains unclear, and without them it is unclear how Colorado enforcement agencies will determine whether a signal has been received and responded to. It is worth noting here that California’s recently proposed revisions to the California Consumer Privacy Act (CCPA) would require businesses to display the status of the consumer’s choice.2
Third, invalid implementations of the GPC can transform the opt-out into a user-facing opt-in. Developers of privacy-oriented browsers and browser extensions have evinced a desire to make the user’s experience of setting up both the browser and the GPC as fast and easy as possible, but the legal environment is inherently complex. The installation and configuration process for these tools will be critical to ensuring that GPC signals are valid in each jurisdiction where they are intended to apply. The GPC signal does not embed information on which browser, extension or tool sent the signal. This can make it difficult for organizations seeking to determine a mechanism’s validity and investigators seeking to respond to GPC signals sent using an invalid mechanism or configuration. Investigators will also have to determine if the person covered by the signal is a Colorado resident.
Finally, enforcement of the CPA comes at a time when the industry is transitioning away from the third-party cookie and toward new advertising APIs, presenting an additional challenge for discernment of targeting information. Publishers will need to be able to connect receipt of the GPC signal to their new infrastructure for advertising APIs during this transition. Similarly, Colorado’s enforcement will need to be able to verify compliance with the CPA, including responses to valid GPC signals, during this industry transition. Many other states are considering comprehensive privacy laws, some with subtly different opt out rights. Colorado has indicated that they prefer a harmonious, multi-state approach where possible, but this possibility remains an open question as states consider new approaches to privacy.
Conclusion
Colorado’s adoption of the GPC as the only valid universal opt out mechanism, for now at least, represents a critical step for vendors, advertisers, publishers, and users. Broad alignment with California marks this as important outside of Colorado as well, particularly with other states adopting or considering comprehensive privacy laws. Although some challenges and open questions remain, covered entities should earnestly work towards compliance to be able to honor these UOOMs beginning July 1, 2024.
1 Note that this requirement may complicate the default setting requirements discussed earlier given Colorado’s differentiation between a browser that comes pre-installed on a device and one that does not.
2 See page 40, in § 7025 on Opt-out Preference Signals.
Oltre Icaro: il sogno transumano
Il 28 gennaio 2024 è stato impiantato il primo chip cerebrale al mondo. La notizia arriva direttamente da Elon Musk, proprietario dell’azienda che produce il chip: “The first human received an implant from Neuralink yesterday and is recovering well. Initial results show promising neuron spike detection”.
L’impianto Neuralink è un’interfaccia cervello-computer (BCI) che mira a captare e analizzare i neuroni attraverso degli elettrodi che penetrano fisicamente il cervello del paziente. Da tempo i neuroscienziati riconoscono che acquisire i segnali che arrivano direttamente dai neuroni è il segreto per decodificare il pensiero umano.
Attraverso le BCI sarà possibile controllare la tecnologia come se fosse parte di noi. Il chip Neuralink nasce per dare la possibilità a persone invalide, in particolare paraplegici, di controllare dispositivi elettronici col pensiero, come smartphone o computer. In futuro è probabile che potranno controllare anche protesi robotiche, come se fossero arti naturali.
Alcuni dicono che le neurotecnologie permetteranno anche di decodificare processi cognitivi complessi, come i sogni o il “monologo interiore” (fun fact: secondo alcune ricerche solo il 30-50% delle persone posseggono un monologo interiore).
Yuval Noah Harari, storico e filosofo israeliano e autore di Homo Deus1, ha recentemente affermato che rischiamo che l’intelligenza artificiale possa arrivare a falsificare la nostra stessa realtà, a partire dai più classici “deep fake” fino ad arrivare alla moneta e poi all’economia intera.
Se all’intelligenza artificiale uniamo le potenzialità di nuove tecnologie come il VisionPro di Apple e delle futuristiche interfacce cervello-computer di Neuralink, sembra che il XXI secolo possa in effetti segnare davvero un cambio di passo verso un vero e proprio Transumanesimo.
I tempi che s'annunciano saranno titanici e tragici. Non sottovalutare l'impatto della tecnologia (e della tecnocrazia) sulla tua vita e sul tuo spirito.
Verso il transumanesimo
Il transumanesimo viene solitamente definito come un movimento intellettuale che sostiene l'uso della scienza e della tecnologia per migliorare le capacità fisiche e cognitive umane, aumentando la qualità (e longevità) della vita.
Un esempio, che oggi sembra ancora fantascientifico, sono le protesi robotiche che un giorno andranno a sostituire i nostri arti o organi, magari arrivando perfino a migliorarli. Ai suoi estremi, il transumanesimo mira a raggiungere l’immortalità (digitale o cibernetica).
Il transumanesimo può essere considerato l'ultimo step in ordine temporale di un percorso millenario che da sempre spinge l'Uomo a interrogarsi sul proprio posto nell’Universo, cercando al tempo stesso di superare i limiti della realtà materiale e della sua stessa biologia.
In effetti, l’idea che l’Uomo possa trascendere i limiti biologici e materiali attraverso una conoscenza segreta, come la capacità di decodificare i segnali derivanti dai neuroni, è molto risalente nel tempo.
Secondo lo Gnosticismo (dalla parola greca gnósis, cioè “conoscenza”), corrente filosofico-religiosa che alcuni fanno risalire a prima del Cristianesimo (giudicata poi eretica nell’XI secolo), l’Uomo avrebbe la capacità di elevare se stesso e liberare il suo spirito dalla prigionia del mondo materiale attraverso l’acquisizione della Conoscenza.
La ricerca tecnologica, in quanto ricerca fondata sulla manipolazione della realtà materiale, sarebbe quindi uno strumento per acquisire quella Conoscenza necessaria a liberare lo spirito umano dalla sua prigione biologica.
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Anche negli antichi miti classici si possono ritrovare elementi vicini al transumanesimo.
Il mito di Icaro è uno di questi: figlio di Dedalo e di Naucrate, schiava di Minosse, Icaro fu rinchiuso con il padre nel labirinto di Creta. Riuscì a fuggire volando con delle ali di cera costruite dal padre, per poi cadere verso la morte dopo essersi avvicinato troppo al Sole.
Volendo azzardare un’interpretazione allegorica del mito di Icaro, potremmo dire che il “labirinto” è un simbolo della complessità della mente umana, o magari delle limitazioni imposte dalla realtà materiale. Il labirinto è cioè il vincolo materiale che intrappola l’Uomo (Icaro) nella sua condizione, limitando anche la sua comprensione della realtà stessa.
Il volo di Icaro verso il Sole può essere invece visto come il tentativo dell’Uomo di trascendere le limitazioni materiali attraverso la tecnologia. In questo senso, il volo di Icaro rappresenta l’aspirazione di raggiungere la Conoscenza divina, rappresentata dal Sole. Al sorgere del Sole, però, le ali di Icaro iniziano a sciogliersi; lasciandolo cadere verso la morte.
Lo stesso concetto può ritrovarsi nel libro della Genesi (11, 1-9), in cui si racconta il mito della Torre di Babele, voluta da Nimrod per cercare di arrivare a toccare il “cielo” e sostituire Dio, superando così i limiti terrestri e materiali. Anche in questo caso, il tentativo fallì miseramente e l’umanità intera fu punita.
I miti antichi sembrano suggerire che il viaggio transumano verso la Conoscenza sia costellato da rischi — alcuni di questi mortali.
E se allora l’umanità si dirige verso un futuro transumano, come evoluzione e ambizione naturale della ricerca tecnologica, non possiamo certo parlarne senza approfondire le ragioni filosofiche alla base del fenomeno. Non si tratta solo di nuovi gadget scintillanti.
Come scriveva già padre Benanti nel 20191:
I profondi cambiamenti indotti dall’irruzione dell’informazione e dagli artefatti biotecnologici suscitano nuove domande sull’uomo e sulla sua identità: la questione antropologica diventa un luogo chiave dove la filosofia e la teologia si devono confrontare con nuove visioni e inedite sfide.
Un’odissea spirituale
Come detto, il transumanesimo potrebbe essere quindi visto come la continuazione di un’odissea spirituale intrapresa già dagli albori dell’umanità.
Per capire meglio alcuni aspetti di questa odissea, ho chiesto a 2, autrice di, di aiutarmi (il testo in corsivo è il suo).
Secondo Brenda, gli uomini sono esseri guidati dai miti, costantemente alla ricerca di una grande impresa che li spinga al sacrificio personale e al progresso comune. La fase attuale della nostra esistenza implica una metamorfosi che influisce non solo sulle nostre condizioni fisiche e mentali, ma anche sui nostri modelli mitici fondamentali.
L'essere umano necessita di principi astratti e di credenze condivise per organizzare e coordinare le proprie azioni. Per progredire, qualsiasi cosa significhi, è essenziale infondere e stimolare negli uomini il desiderio di aspirare a qualcosa di maggiore. Questo comporta una percezione riscattatrice delle capacità umane e un ideale utopico per il domani.
Ray Kurzweil, sacerdote della Singolarità transumanista, sostiene che ci trasformeremo in entità simili ai "corpi senza organi" descritti da Deleuze, eterni nelle nostre esistenze di silicio. Il mito della Singolarità richiama l'archetipo biblico dell'Apocalisse, prevedendo l'arrivo di una "Nuova Gerusalemme" sintetica dopo l'attuale periodo di crisi geopolitica. Il transumanesimo prende il mito cristiano della salvezza e gli dà una veste meccanica.
Il transumanesimo si configura quindi come una sorta di fede religiosa nella tecnologia, attraverso un processoche comporterà una graduale dissoluzione del confine tra natura e tecnologia, nonché tra uomo e macchina, seguendo una narrazione mitica che attinge all'archetipo biblico dell'Apocalisse.
La tecnologia non è un'attività laica, al contrario di quanto si voglia sostenere. Anzi, l’istinto religioso di chi programma e di chi innova è più vivo che mai, semplicemente celato alla vista. Non viviamo in una società laica. Non lo abbiamo mai fatto e non lo faremo mai. La tecnologia porta con sé sogni e aspirazioni che vanno ben oltre la funzionalità.
Persi nell’algoritmo
I rischi che si annidano nel prossimo futuro transumano sono molto più spirituali che materiali. Principalmente, potremmo perdere la nostra stessa umanità.
La tecnologia dell’informazione già ora pervade ogni ambito della nostra vita, fin dalla nascita. Tutto ciò che facciamo sparge nell’etere dei fili invisibili fatti di bit che sono raccolti da algoritmi di machine learning e reti neurali.
Questi sono sempre più usati per prendere decisioni automatizzate che plasmano la nostra realtà. E’ ciò che accade ad esempio con le cosiddette “filter bubble” nei social network: un algoritmo ci propone contenuti, cioè una determinata realtà, sulla base delle nostre azioni passate.
Così si instaura un feedback loop in cui la persona viene spinta a compiere determinate azioni in base alle scelte fatte in precedenza. Ciò che appare una libera scelta, è in realtà solo l’effetto di una decisione presa da una macchina al posto nostro.
Grazie a meccanismi del genere, da anni ormai il sistema globalista-tecnocratico è impegnato nel creare il consumatore perfetto delle nuove tecnologie dell’informazione.
Miliardi di persone oggi sono legate a una concezione materialistica della vita e della realtà: figli demoralizzati di un collettivismo globalista che riempie il loro vuoto identitario (soprattutto occidentale) con gadget tecnologici pensati appositamente per creare un falso senso di appagamento.
La questione più rilevante che si pone soggi è quella relativa all'anima: gran parte delle persone è stata sedotta da una visione del mondo meccanicistica, fino a convincersi dell'inesistenza dell'anima — come se fossimo meramente funzioni algoritmiche, automi biologici.
Questo è l'orrore descritto da Yuval Harari in Homo Deus. Harari ha prospettato un futuro non troppo lontano in cui un'élite ristretta e tecnologicamente avanzata domina su una popolazione relegata al ruolo di giocatori di videogiochi immersivi.
Si intravede la possibilità che le “democrazie” vengano gradualmente sostituite da società robotiche totalitarie, basate su sorveglianza assoluta e controllo mentale sistematico.
In questo tipo di società, l’Uomo — transumano, addomesticato — non avrà alcuna visione storica e sarà profondamente attaccato alle strutture della società algoritmica e tecnocratica che lo governano, vittima di infiniti feedback loop e perso all’interno di infinite realtà virtuali. Una nuova semi-vita transumana, dove l’azione è guidata esclusivamente dalla dopamina creata dagli algoritmi.
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L’Uomo al centro dell’universo
Come può il transumanesimo, a queste condizioni, essere il prossimo step evolutivo della società umana?
Non è detto che ci aspetti per forza il futuro distopico prospettato da Harari, che certamente considera se stesso parte delle élites. Il futuro dipende da noi, non certo da un destino predeterminato. Per mitigare questi pericoli, che sono prima di tutto esistenziali e spirituali, forse abbiamo semplicemente bisogno di riscoprire un nuovo umanesimo all’interno del transumanesimo.
L'umanesimo poneva l'Uomo al centro dell'universo, con una visione antropocentrica che enfatizzava la dignità, il potenziale e il valore intrinseco dell'essere umano.
Durante il periodo umanistico venne promossa l'idea che l'umanità potesse raggiungere grandi cose attraverso la ragione, la filosofia, l'esplorazione delle arti e la riscoperta dei testi antichi. Le opere di Michelangelo e Leonardo Da Vinci ne sono un testamento. L’Uomo (e la sua libertà) era la misura di tutte le cose.
ll transumanesimo porta agli estremi l’umanesimo, fino a superare il concetto stesso di centralità umana. L'obiettivo non è più trasformare il mondo a misura d’Uomo, ma trasformare l'umano in qualcosa di più avanzato, utilizzando strumenti come l'ingegneria genetica, la cibernetica, l'intelligenza artificiale e la realtà virtuale.
L’idea stessa di un’interfaccia cervello-computer, come quella progettata e impiantata da Neuralink, dimostra la volontà di fondere Uomo e macchina.
Mentre l’umanesimo celebrava l’Uomo come centro di tutte le cose, il transumanesimo porta la “volontà di potenza”3 dell’umanesimo ai suoi grotteschi estremi: la centralità dell’Uomo nell’universo ha ceduto il passo alla centralità dei processi umani, riducendo l'Uomo a mero ingranaggio all’interno del sistema tecnologico da lui stesso creato.
Per quanto mi piaccia Ted Kaczynski, non credo che la soluzione sia un nuovo luddismo e un ritorno ai boschi. La “tecnoscienza”, per citare G. Faye, è prometeica nella propria essenza: reca in sé il meglio delle speranze e i peggiori pericoli per il genere umano.
Non è neanche detto che la “salvezza” debba essere di massa; non lo è mai. Probabilmente ci saranno persone incatenate alla tecnologia, e persone che invece sfrutteranno la tecnologia per rompere le proprie catene, come già professato dai primi Cypherpunk alla fine del secolo scorso.
Il transumanesimo di Harari, distopico e oppressivo, è necessariamente globalista e di “massa”. Il globalismo infatti predica la fine della storia, cioè un mondo pervaso da una Civiltà unica, un Popolo unico; un Governo unico. A questo si aggancia il consumismo, il gradino più basso del materialismo, che è lo strumento per addomesticare le masse, trasformandole in consumatori. In pratica: l’annullamento dei valori, delle tradizioni, della mentalità dei popoli e degli individui a favore di un’egemonia culturale scientista e materialista, fondata sulla sorveglianza di massa e sulla censura algoritmica.
Il transumanesimo globalista non ammette quindi alcuna identità (individuale o dei Popoli), né individualismo (legato al concetto di libertà-responsabilità e pensiero critico).
Continua Brenda: a Babele le persone erano unite da un obiettivo comune, da un’unica lingua, un pensiero unico, una coscienza collettiva. La coscienza collettiva non può tollerare il dissenso al suo interno. Qui giace la contraddizione dell'esistenza transumana: potremmo teoricamente vivere in eterno, ma perderemmo la nostra essenza individuale a un livello basilare.
Nel sistema globalista transumano, l’individuo si trasforma in una scatola vuota da riempire, manipolare e — in futuro — hackerare.
E allora, per non farsi hackerare bisognerà patchare le nostre vulnerabilità morali e spirituali, rivolgendo lo sguardo a valori ancestrali e umanistici che abbiamo perso di vista dietro le false promesse globaliste e progressiste: identità culturale e territorialismo (il globalismo agisce prima di tutto sul piano materiale, che va riconquistato), individualismo e, sì — anche il controllo equilibrato della tecnologia, attraverso una rinnovata spiritualità.
Abbiamo oltrepassato il panismo, il monoteismo, il deismo e addirittura l'ateismo. Ora dobbiamo "resuscitare" Dio — almeno in termini concettuali.
Secondo Harari nel corso del XXI secolo, l'umanità tenterà di impiegare le sue conoscenze per guadagnare la felicità, l'immortalità e poteri simili a quelli di Dio. Harari specula in vari modi su come questa ambizione possa essere realizzata nel futuro sulla base delle esperienze passate e del presente.
Esoterista e consulente (ex banchiere e programmatrice), impegnata a decifrare la realtà con un approccio che fonde fisica, scienza, statistica e informatica con le tradizioni millenarie, la spiritualità e l'occulto. Il testo in corsivo è il suo.
Per volontà di potenza intendo: la tendenza di ogni vita sana a perpetuarsi, ad accrescere la propria superiorità e capacità di creazione; una volontà di autoaffermazione.
Louise Lemón - Lifetime of tears
Questa opera rappresenta la piena maturità artistica e non solo per una musicista che si merita moltissimo, sia per quello che ci regala sia per le sue capacità. Louise Lemón si colloca vicino ma oltre cantanti come Pj Harvey, Lana Del Rey etc, e un giorno si parlerà di lei come oggi si parla di loro, nel frattempo riscaldiamoci qui. @Musica Agorà
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📊 #IscrizioniOnline: i Licei continuano a essere preferiti da oltre la metà delle studentesse e degli studenti che devono effettuare la scelta della Secondaria di II grado, con il 55,63% di domande effettuate sulla piattaforma #Unica.Telegram
È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione e del Merito
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🔶 Celebrazione del Giorno del Ricordo al Quirinale
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Il boomerang delle sanzioni. Russia e Cina aumentano le loro capacità ai danni del potere strategico degli USA l Red Hot Cyber
"Le recenti dinamiche geopolitiche stanno evidenziato un fenomeno già anticipato nel panorama tecnologico internazionale. Le sanzioni imposte dagli Stati Uniti nei confronti di paesi antagonisti stanno spingendo questi ultimi verso una maggiore autonomia e indipendenza tecnologica."
Io scendo qua – Pensieri disordinati di una povera pazza
Io scendo qua – Pensieri disordinati di una povera pazza
Io scendo qua. Senti come suona bene questa frasetta, Corta, semplice, senza possibilità di replica. La fine di un viaggio, più o meno lungo, condiviso con qualcuno. Una frase che non ammette replicwww.ilblogdichiara.it
Chi vusa püsé la vaca l'è sua. L'analisi di Christian Bernieri sul provvedimento del Garante che include il Documento di indirizzo in materia di posta elettronica.
Temo che alcuni consulenti e DPO potranno arroccarsi su posizione reattive, di pancia, elaborate come workaround in risposta al documento del Garante.Un’azienda potrebbe arrivare a misure paradossali, non tanto per eliminare il problema inteso come il rischio sottesa al trattamento, quanto per togliersi dall’impiccio se il problema viene percepito nella norma stessa.
bernieri.blogspot.com/2024/02/…
Chi vusa püsé la vaca l'è sua
Nota preliminare alla lettura: il Garante ha ragione. Non è mia intenzione confrontarmi ma ragionare e, purtroppo, lo so fare solo così. ...bernieri.blogspot.com
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Ministero dell'Istruzione
Oggi #10febbraio ricorrono i 20 anni dall’istituzione del #GiornodelRicordo dedicato alla memoria delle vittime delle foibe e dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra.Telegram
Movie Star Junkies Boy, Life Is Chaos/Days Gone 7"
Due sono le canzoni proposte; la prima è Boy, Life Is Chaos, tesa allo spasimo come una corda che sta per spezzarsi, evocando atmosfere poeticamente decadenti da crepuscolo della repubblica di Weimar.
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Movie Star Junkies Boy, Life Is Chaos/Days Gone 7"
Movie Star Junkies Boy, Life Is Chaos/Days Gone 7": Movie Star Junkies: una band che ho sempre seguito e apprezzato tantissimo.In Your Eyes ezine
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RungeBot
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