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Cuba in lotta contro “la tempesta perfetta”
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di Geraldina Colotti –
Pagine Esteri, 21 marzo 2024. Cuba è nuovamente sotto i riflettori, al centro di una gogna mediatica che si ripete periodicamente con un identico schema: la gente protesta, il socialismo è alla canna del gas (che, però, manca, perché manca il carburante).
Un copione che, come dimostrano i libri dello storico Ernesto Limia (venuto recentemente in Italia per presentare il suo “Patria e cultura in rivoluzione”, tradotto da PGreco) non è iniziato con la vittoria della rivoluzione, il 1° gennaio del 1959. L’ostinata intenzione dell’imperialismo di impadronirsi di Cuba rimanda ai tempi dell’indipendenza. La crescente sofisticazione degli apparati ideologici di controllo ne ha solo perfezionato le tecniche.
José Marti, “Apostolo dell’indipendenza cubana” e uno dei più grandi scrittori del mondo ispanico (nato il 28 gennaio del 1853 e morto combattendo il 19 maggio del 1895), definiva già “la guerra più grande che ci viene fatta” quell’insieme di attacchi che “usano il pensiero come arma principale e che – aggiungeva – dobbiamo vincere con il pensiero”. Una guerra che ha il semplice ma feroce proposito di stroncare il “cattivo esempio” sorto a 500 km dagli Stati uniti, che le hanno provate tutte per raggiungere lo scopo.
Per chi segue le vicende dell’America latina, non è difficile riscontrare consonanze tra l’aggressione mediatica che si è messa nuovamente in moto contro Cuba, e quella che è partita contro il Venezuela subito dopo l’annuncio della data delle elezioni presidenziali, il 28 luglio. Con perfetto tempismo, è partita una raffica di “notizie” per presentare in pessima luce quell’esperienza che si richiama al socialismo, descritta come deleteria e fallimentare sul piano economico, politico, sociale e istituzionale. E, ovviamente, come dittatura che viola i diritti umani. L’obiettivo è sempre il medesimo: bandire dal novero delle opzioni possibili un sistema che intende coniugare il concetto di pace con quello di giustizia sociale.
Torniamo per un momento all’estate 2023, quando il Parlamento europeo ha approvato – con 359 voti a favore, 226 contrari e 50 astensioni, la vergognosa risoluzione contro Cuba, chiedendo formalmente sanzioni contro coloro che considera “responsabili di violazioni dei diritti umani”, incluso il presidente Miguel Diaz-Canel. I termini di quel testo, che ha dato corpo ai peggiori fantasmi della passata “guerra fredda”, riproposti in salsa “democratica” e conditi con la consueta retorica sui “diritti umani”, erano chiari: prendere per oro colato gli “argomenti” dell’opposizione finanziata dagli Usa, a Cuba come in Venezuela, e costruire un “espediente legale” contro la democrazia socialista. Un lawfare parlamentare, si potrebbe dire.
Riportiamo alcuni passi di quella risoluzione: “Considerando che il sistema comunista imposto gradualmente a Cuba esclude qualsiasi prospettiva di cambiamento democratico, in quanto l’articolo 5 della Costituzione cubana afferma che il ‘Partito comunista di Cuba, unico, martiano, fidelista, marxista e leninista’ è la forza politica dirigente superiore della società e dello Stato, mentre gli articoli 4 e 229 definiscono l’attuale sistema politico come irreversibile; considerando che l’articolo 3 della Costituzione cubana stabilisce che un sistema basato su un unico partito politico è dichiarato ‘irrevocabile’; che l’articolo 224 vieta alle generazioni attuali di alterare la futura irreversibilità del socialismo, nonché l’attuale sistema politico e sociale; considerando che l’attuale sistema politico di Cuba è incompatibile con le richieste dell’UE di concludere accordi di cooperazione; che il rispetto dei diritti umani, civili, politici, economici, sociali e culturali è essenziale per l’UE ed è uno dei suoi principali obiettivi nelle sue relazioni con gli altri paesi; la risoluzione, ‘condanna, deplora, disapprova’ e esorta la Ue a “sospendere immediatamente l’accordo di dialogo politico e di cooperazione tra l’UE e Cuba”.
Come si vede, è l’intero istituito cubano (e venezuelano) a dover essere bandito, in quanto incompatibile con la “democrazia”. Un indirizzo esplicitato dalla Nato che, negli orientamenti approvati nel corso dell’ultimo vertice, declina in forme geopolitiche odierne l’ossessione imperialista per il “ritorno” del comunismo. E, anche in questo caso, la Ue segue.
Questo vuol dire che non ci sono problemi a Cuba, che non ve ne sono in Venezuela? Nient’affatto, ma l’enfasi negativa che ne dilata a dismisura le contraddizioni, come avviene anche ora, è pari al silenzio sull’origine di quei problemi e sulla portata delle questioni in campo per chi non consideri il capitalismo l’ultimo approdo dell’umanità. Nominarla, quell’origine, non è un esercizio propagandistico. Serve a non prendere lucciole per lanterne in un mondo frantumato e balcanizzato in cui, a 200 anni dalla nefasta dottrina Monroe, l’imperialismo Usa intende impedire a tutti i costi la possibilità di un secondo tempo al socialismo, seppur “ibridato e corretto”.
La prima osservazione di buon senso è ammettere che Cuba – un’isola a un tiro di schioppo dagli Usa – non potrebbe prosperare economicamente nemmeno se fosse un pozzo di petrolio. Il bloqueo (non un embargo, come si tende a dire, dando a intendere che esista una qualche reciprocità bellica contro un paese che non ha mai aggredito nessuno) dura da oltre sessant’anni.
Impedisce di vendere e comprare quel che serve a un paese; impedisce di accedere al mercato internazionale; preclude i canali finanziari e creditizi. Difficoltà complicate dalla globalizzazione capitalista e dalla caduta dell’Unione sovietica, allora supporto fondamentale dell’economia cubana. Difficoltà moltiplicate dalla perdurante aggressione al Venezuela, che pure è un paese ricco delle prime riserve al mondo di petrolio, delle seconde in oro, eccetera.
Cuba è riuscita a resistere con pianificazione e inventiva provando a non lasciarsi affondare dalla portata delle questioni strutturali dettate dalla difficile fase di transizione, sia a livello regionale che a livello globale. È indubbio che il governo cubano non ha speso i soldi del popolo per le guerre imperialiste e che, se non ci fosse stato il bloqueo – che in oltre sei decenni ha causato danni per quasi 160 mila milioni di dollari – il Pil dell’isola sarebbe cresciuto di almeno il 9% solo tra il 2022 e il 2023, quando il blocco ha provocato ogni mese danni per quasi 5.000 milioni di dollari.
E così si possono inquadrare meglio le cause delle proteste che si sono svolte il 17 marzo in tre zone di Cuba, soprattutto a Santiago, dove centinaia di persone sono scese in piazza per protestare contro i lunghi blackout elettrici, gli alti prezzi, e la generale scarsità di cibo fra i prodotti convenzionati. Fatti che sono la conseguenza diretta della guerra economica alla quale il governo degli Stati Uniti sottopone il popolo cubano.
E il colmo del cinismo si è avuto quando, fidando sul cortocircuito informativo prodotto dalla propaganda Usa, l’ambasciata statunitense all’Avana ha inviato messaggi di “sostegno” ai manifestanti esortando il governo cubano a rispondere alle loro “legittime richieste”. Bisogni negati, appunto, dall’imposizione del feroce blocco, che mira a far soffrire il popolo per spingerlo a rivoltarsi contro i propri rappresentanti.
È accaduto e sta accadendo così in Venezuela, dove le oltre 900 misure coercitive unilaterali illegali hanno fatto precipitare il bilancio economico, e di conseguenza il potere acquisitivo dei settori popolari. Per di più, questa volta, l’enorme stridore fra il profluvio di articoli che tentano di trasformare una protesta pacifica in una rivolta contro il governo e la realtà, è ancora più palese: perché il governo ha subito risposto con il dialogo e non con la repressione, come invece abbiamo visto e continuiamo a vedere nei paesi europei.
Quel che, di certo, non manca a Cuba, è lo studio e il dibattito sui temi strutturali, presente sia nei libri che negli articoli, che nelle assemblee popolari. Il Partito comunista, nel quale si sono ormai avvicendate le generazioni con l’inevitabile riflesso delle diverse scuole di pensiero, ha garantito un alto livello di preparazione politica dei giovani quadri, nonostante siano loro i bersagli principali della propaganda imperialista: per distoglierli dall’impegno e trasformarli in zombi del consumismo, come nei paesi capitalisti.
Cuba è aperta al mondo, quindi anche al rischio di “infezioni”, ma ha costruito i propri anticorpi, e anche i propri vaccini: in senso letterale, come si è visto durante la pandemia da Covid-19. Il primo degli anticorpi è senz’altro il consenso popolare, con il quale il Pc cubano ha approvato le linee di politica economica per adeguare il proprio modello produttivo al contesto internazionale. E non sono mancati quelli che, anche all’interno del partito e da un punto di vista rivoluzionario, hanno segnalato i pericoli della “Nep cubana”.
I termini della svolta, che ora deve confrontarsi con la situazione post-covid e con la crisi del settore turistico – una delle entrate più consistenti per l’economia cubana – è stata illustrata da Cuba nei vari consessi internazionali, sia a livello regionale che globale. Captare una maggior quantità di flussi di investimento estero, è decisivo. Per questo, occorre adeguare il sistema normativo agli standard internazionali e al livello dell’innovazione tecnologica, e fare in modo che la norma risulti attrattiva per le nuove forme di gestione non statale funzionali alla trasformazione produttiva.
L’esperienza fin qui accumulata da Cuba, dimostra l’esistenza di una bussola per scegliere la qualità degli investimenti esteri che diano priorità alla dimensione locale della trasformazione produttiva, mettendo al centro il ruolo dei municipi e delle comunità. Adeguare la macchina dello stato ai ritmi e ai passaggi della nuova fase, non è però impresa facile, né i problemi che sorgono e i costi che implicano possono risolversi con il dottrinarismo.
Durante le celebrazioni del 1° di gennaio, il presidente Miguel Díaz-Canel ha detto che si sono create “profonde distorsioni” nella gestione, provocate dallo sforzo di superare una situazione avversa, e di far quadrare le variabili economiche con la scarsissima disponibilità di valuta estera e con l’impegno a conservare le conquiste sociali. Le riforme, iniziate agli inizi degli anni Novanta per adeguare il modello cubano ai mutamenti del contesto internazionale, hanno consentito un recupero della crescita, ma hanno lasciato sullo sfondo alcune debilità non risolte.
Debolezze che, per arrivare al presente, hanno inevitabilmente esposto maggiormente Cuba agli effetti della crisi sistemica – economica, sociale e sanitaria – evidenziata dalla pandemia a livello globale, e seguita nel post-pandemia. Una situazione che, come in una sorta di “tempesta perfetta” ha colpito in modo più profondo, e a tutti i livelli, le economie in via di sviluppo. Uno scenario poi ulteriormente complicato dalle conseguenze del conflitto in Ucraina.
Per l’economia cubana, vittima del bloqueo anche durante la pandemia, nonostante i successi scientifici ottenuti le conseguenze in termini di crescita interna e di inserimento nel contesto internazionale sono state più pesanti ancora. Gli ambiti nei quali si manifestano con maggior peso e in modo esponenziale gli effetti della crisi mondiale sull’economia cubana sono indubbiamente il commercio estero, il turismo e il debito estero e un’inflazione che, nel 2023, è arrivata al 30%.
Bisogna ricordare che il modello d’inserimento cubano nell’economia internazionale si basa fondamentalmente sull’esportazione di materie prime (nichel, zucchero, piombo e zinco di recente), di alcune produzioni a basso contenuto tecnologico (rum, tabacco, carbone) e sul turismo. Inoltre, le sue relazioni economiche esterne sono concentrate in pochi mercati e paesi, il che accentua le vulnerabilità.
L’aumento del prezzo del petrolio, ha poi particolarmente pesato. A causa della sua capacità di esportazione molto limitata, e a fronte di un’elevata dipendenza dalle importazioni, e ovviamente a causa del bloqueo, Cuba soffre di una carenza cronica di valuta estera e di periodi ricorrenti di crisi del debito, che esacerbano la crisi nel contesto attuale. Un contesto che appare, evidentemente, appetibile all’imperialismo nordamericano e alla sua strategia per ottenere un “cambio di regime” mediante l’aumento di sofferenza del popolo.
Per questo, ancora una volta, il governo cubano ha invitato gli Usa a dismettere le ingerenze e ha convocato l’incaricato d’affari statunitense. Intanto, contro la nuova aggressione, si è messa in moto la solidarietà internazionale: “Cuba non è sola – dicono i comunicati – la maggior parte dei popoli la sostiene”. Pagine Esteri
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Ministero dell'Istruzione
Prosegue Fiera Didacta Italia! Oggi alla seconda giornata della settima edizione della più importante Fiera sull’innovazione della #scuola sono tanti gli eventi in programma al #MIM.Telegram
In Cina e in Asia – La Cina ha pubblicato un piano per attrarre gli investimenti stranieri
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Dialoghi – Nuovi regolamenti per la gig economy cinese
A febbraio Pechino ha emanato nuove linee guida per migliorare le condizioni dei lavoratori della gig economy del paese
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La Danimarca va alla guerra: su le spese militari e leva femminile obbligatoria
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di Marco Santopadre*
Pagine Esteri, 21 marzo 2024 – La corsa verso uno scontro militare diretto dell’occidente con la Russia (e con la Cina) è ormai avviata. Leader politici e comandanti militari europei lo evocano sempre più spesso e sempre più esplicitamente.
Se vogliamo la pace dobbiamo essere pronti alla guerra
L’ultimo, in ordine di tempo, è stato martedì il presidente del consiglio europeo, Charles Michel, che citando la necessità di contrastare la minaccia russa ha affermato: «se vogliamo la pace dobbiamo essere pronti a fare la guerra».
«A due anni dall’inizio della guerra è chiaro che la Russia non si fermerà in Ucraina (…)» ha scritto Michel in un intervento pubblicato da vari media europei, ribadendo che «Mosca rappresenta una seria minaccia militare per il nostro continente europeo e per la sicurezza globale». «Se la risposta dell’Ue non sarà adeguata (…) saremo i prossimi. Non possiamo più contare sugli altri o essere in balia dei cicli elettorali negli Stati Uniti. Dobbiamo rafforzare la nostra capacità, sia per l’Ucraina che per l’Europa, di difendere il mondo democratico», scrive il presidente del Consiglio europeo. Per questo, secondo Michel, che si accoda agli appelli di Ursula von der Leyen, «Dobbiamo essere pronti a difenderci e passare a una modalità di “economia di guerra”. È giunto il momento di assumerci la responsabilità della nostra propria sicurezza».
A parlare, ancor prima delle dichiarazioni dei premier e dei generali, sono soprattutto i fatti, con i vari paesi del continente che stanno vertiginosamente aumentando la spesa militare in ossequio alle richieste sempre più pressanti da parte della Nato e a presunte esigenze di deterrenza.
A pesare è, come ricorda l’appello di Michel, anche la preoccupazione che una vittoria di Donald Trump alle prossime presidenziali spinga gli Stati Uniti a disinvestire dall’Alleanza Atlantica e dalla difesa degli alleati europei.
La Danimarca va alla guerra
Tra i paesi maggiormente mobilitati c’è indubbiamente la Danimarca, che nei giorni scorsi ha presentato un ambizioso piano diretto a “modernizzare” le proprie forze armate aumentando ovviamente anche lo stanziamento per la Difesa.
Tra il 2024 e il 2028, al suo previsto budget militare, il governo danese aggiungerà altri 5,5 miliardi di euro, portando la spesa complessiva per la Difesa al 2,4% del Prodotto Interno Lordo del paese, uno dei livelli più alti di tutta l’Europa, mentre da decenni non dedicava al comparto più dell’1% della ricchezza nazionale. «Ci riarmiamo non per fare la guerra ma per evitarla» ha spiegato la premier danese, la socialdemocratica Mette Frederiksen, nel corso di una conferenza stampa realizzata il 13 marzo.
Già un anno fa, per trovare risorse finanziarie aggiuntive da dedicare al riarmo, il governo danese aveva già deciso di abolire una importante festività religiosa, “Il grande giorno della preghiera”, scatenando le proteste dei sindacati.
Alla fine di febbraio Mette Frederiksen ha visitato l’Ucraina e firmato con Zelensky un accordo di sicurezza della durata di dieci anni che contempla l’invio a Kiev di armi, munizioni ed equipaggiamenti per un valore di quasi 2 miliardi di euro solo nel 2024. Nei prossimi 4 anni, invece, Copenaghen si è impegnata a fornire all’Ucraina altri 8,5 miliardi di aiuti militari e civili. Nel corso dell’estate, inoltre, alcuni caccia F-16danesi saranno consegnati all’aeronautica di Kiev.
La premier danese Mette Frederiksen
Naja obbligatoria anche per le donne
Il governo di Copenaghen intende ora far approvare anche una legge che, a partire dal 2026, renderà obbligatorio il servizio militare anche per le donne e aumenterà il periodo durante il quale si svolge l’addestramento all’uso delle armi.
Attualmente, le giovani donne del piccolo paese nordico possono arruolarsi volontariamente nelle forze armate ma non sono soggette al servizio militare obbligatorio valido invece per gli uomini, estratti a sorte per coprire i posti non occupati dai volontari.
«Proteggere il proprio paese è una delle cose più onorevoli che si possa fare. Per questo il governo propone di ampliare il servizio militare (…). Proponiamo la piena uguaglianza di genere nell’esercito» ha detto Mette Frederiksen. Per la leader danese, sostenuta da una maggioranza formata dai socialdemocratici, dai liberali (centrodestra) e dai Moderati (centro), «una maggiore uguaglianza di genere creerà una difesa più moderna e diversa che rifletta i tempi in cui viviamo». Più pragmaticamente, il Ministro della Difesa di Copenaghen Troels Lund Poulsen ha citato le nuove esigenze poste dal clima di guerra che si respira in Europa, che le decisioni del suo esecutivo contribuiscono indubbiamente ad alimentare.
Con la nuova riforma, dal 2026 la naja in Danimarca dovrebbe passare da quattro a undici mesi: i primi cinque sarebbero destinati ad una formazione militare di base e generica, mentre un secondo periodo dovrebbe essere dedicato all’addestramento specifico nelle forze di terra, nella Marina o nell’Aeronautica.
Lo scorso anno a prestare il servizio militare in Danimarca sono stati quasi 4700 giovani, di cui il 25% erano volontarie donne. Includendo le donne, il Ministero della Difesa danese intende arrivare ad almeno 5000 i richiamati ogni anno, da aggiungere ai 9000 militari professionisti. Il governo intende così rimediare alla cronica scarsità di effettivi da mobilitare in caso di bisogno: finora, ogni anno, almeno un quarto dei posti disponibili nell’esercito professionale rimane infatti scoperto.
Secondo l’Associazione Centrale del personale delle forze armate(CS), il sindacato che rappresenta i militari danesi, il piano del governo non è realistico e l’infrastruttura militare del paese non sarebbe pronta ad una estensione del numero di richiamati.
Servono più militari
La Danimarca sarà comunque il terzo paese europeo che, per ampliare il numero di coscritti, decide di rendere il servizio militare obbligatorio anche per le donne. I due stati che lo hanno già fatto sono entrambi paesi scandinavi: la Norvegia ha fatto da apripista nel 2015 mentre la Svezia ha deciso il passo nel 2017, ripristinando la leva obbligatoria per entrambi i sessi.
Altri paesi, nel continente, stanno comunque progettando di ripristinare la leva militare obbligatoria almeno per gli uomini dopo averla abolita negli anni o nei decenni scorsi.
Ad esempio il governo tedesco sta valutando la reintroduzione di una leva semi obbligatoria, ispirata al modello svedese. Il ministro della Difesa di Berlino, Boris Pistorius, dovrebbe presentare a giorni una proposta di legge in questo senso, rivedendo parzialmente l’abolizione del servizio militare obbligatorio decisa nel 2011.
La Francia, invece, sta decidendo di innalzare il limite d’età per richiamare in caso di necessità i riservisti dell’esercito, che finora è fissata tra i 62 e i 65 anni e potrebbe essere portata sino ai 72 anni. Secondo il ministro della Difesa di Parigi, Sebastien Lecornu, l’esigenza è quella di poter contare su 300 mila soldati, di cui 100 mila riservisti. Finora invece i riservisti in Francia sono circa 77 mila. Pagine Esteri
* Marco Santopadre, giornalista e saggista, già direttore di Radio Città Aperta, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e dell’Africa. Scrive, tra le altre cose, di Spagna, America Latina e movimenti di liberazione nazionale. Collabora con il Manifesto, El Salto Diario e Berria
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Privacy and the Rise of “Neurorights” in Latin America
Authors: Beth Do, Maria Badillo, Randy Cantz, Jameson Spivack
“Neurorights,” a set of proposed rights that specifically protect mental freedom and privacy, have captured the interest of many governments, scholars, and advocates. Nowhere is that more apparent than in Latin America, where several countries are actively seeking to enshrine these rights in law, and some even in their Constitutions.
The rapid global proliferation of neurotechnology—devices that can access mental states by decoding and modulating neural activity—has generated a large amount of consumer neurodata (also known as neural, brain, or cerebral data; brain information; mental activity; etc.). As most existing privacy laws do not separately or explicitly regulate neurodata—even though such data is normally covered by the broad definitions of “personal data” in such legislation—several governments and international bodies have begun to develop specific legal protections for this type of personal data.
This analysis focuses on current legislative efforts in Chile, Mexico, and Brazil, which are indicative of how far the conversation in Latin America has progressed. Other jurisdictions, such as the United States, Israel, South Korea, and Europe, are also in the nascent stages of discussing protections for mental privacy. As neurotechnologies continue to evolve, industry and regulatory bodies alike should look to Latin America for developing trends and best practices.
1. What is neurotechnology?
Neurotechnology is an umbrella term for technologies that allow access to neurodata. Raw neurodata is collected from an individual’s central nervous system (the brain and spinal cord) and/or peripheral nervous system (the nerves outside the brain and spinal cord), including electrical activity between these systems. Neurotechnology includes both traditional techniques such as electroencephalography (EEG) testing and magnetic resonance imaging (MRI) scans, as well as new methods that can monitor or modulate brain activity.
Neurodata is valuable and uniquely sensitive as it can access a person’s emotions, biases, and memories. For example, EEGs can measure inattention, as brainwaves can indicate whether someone’s mind is focused or wandering. With sufficient data over a period of time, brainwave patterns may also even be more uniquely identifying than fingerprints.
2. What are neurorights?
“Neurorights” have been formulated to encompass mental privacy, integrity, and liberty. They are not yet widely recognized at the national level or codified in an international human rights framework, and there is disagreement about their usefulness as a conceptual framework. Some prefer using other terms such as “mental privacy” or “cognitive liberty;” others question the necessity of introducing new rights, or if current legal frameworks are sufficient or could be strengthened to account for them. Neurorights can be simplified into five fundamental rights:
- Mental Privacy: Personal neurodata should be private, and should not be stored or sold without consent.
- Personal Identity: Neurotechnology should not alter “mental integrity,” or an individual’s sense of self.
- Free Will: Individuals should retain decision-making control, without unknown manipulation via neurotechnology.
- Fair Access to Mental Augmentation: Cognitive enhancement neurotechnology should be accessible to everyone.
- Protection from Bias: Neurotechnology algorithms should not discriminate.
3. The emergence of neurorights
Advances in neurotechnology, partly funded by large research programs such as the US-based Brain Research Through Advancing Innovative Neurotechnologies (BRAIN) Initiative, have spurred global interest in establishing legal safeguards for the brain and neurodata. In 2019, the Organisation for Economic Co-operation and Development (OECD) developed the first international standards to respond to neurotechnology’s ethical, legal, and social challenges. The OECD’s Recommendation on Responsible Innovation in Neurotechnology provides guiding principles to prioritize safety, inclusivity, collaboration, and trust in neurotechnology. In 2022, the UNESCO International Bioethics Committee issued a report on the ethical issues of neurotechnology and advocated for a comprehensive governance framework.
On a regional level, the Inter-American Juridical Committee of the Organization of American States (OAS) issued a Declaration on neuroscience and neurotechnologies and human rights in 2021. Two years later, the OAS followed up with a set of Principles to align international standards to national frameworks. In the same year, the Ibero-American Network of Data Protection Authorities (RIPD), the main forum for Spanish- and Portuguese-speaking data protection regulators, declared support for the OAS Declaration and Principles and announced the establishment of a working group on neurodata.
Perhaps the most consequential call for action was the 2022 Neurorights Model Law, drafted by the Latin American and Caribbean Parliament (Parlatino), a regional organization that promotes regional integration through legislative harmonization. The model law provides both structure and foundational concepts to regulate neurotechnology, including establishing an independent oversight authority and providing redress mechanisms.
Transnational stakeholders such as the OAS and Parlatino have played large roles in establishing Latin America as a leading player in the neurorights discussion. However, legislative initiatives at the domestic level may prove more influential, as their impact continues to reverberate in Latin America and beyond.
4. Chile: The first country to protect “mental integrity” in its Constitution
As a pioneer in the neuroprivacy movement, Chile was the first country to amend its Constitution to protect “mental integrity” and neurodata in 2021. Specifically, the provision states that “the law shall regulate the requirements, conditions, and restrictions for [neurodata], and shall especially protect brain activity, as well as the information derived from it.” Furthermore, scientific and technological developments are to be conducted with “respect for […] physical and mental integrity.”
Led by Senator Guido Girardi Lavín and several other legislators, the amendment centered on the individual identity as an intrinsic value of human evolution and referred to physical and psychic integrity as its main elements. The legislators asserted that any technological development affecting mental integrity, as a fundamental right, should be authorized by law. Simultaneously, the same legislators introduced Bill 13.828-19, which aimed to further regulate neurotechnology by requiring consent to use neurotechnology and establishing penalties for noncompliance.
In 2023, only two years after the country’s Constitution was amended, Chile’s Supreme Court became the first court to rule on aneuroprivacy case. The plaintiff, Senator Girardi, alleged that his brain data was insufficiently protected by the US-based Emotiv’s “Insight” device, a headband that records detailed information about the brain’s electrical activity. The Court ultimately found thatEmotiv violated Sen. Girardi’s constitutional rights to physical and psychological integrity as well as the right to privacy, setting aside Emotiv’s arguments that the harms were hypothetical. Citing both Chilean domestic law and international human rights law, the Court focused on the fact that Emotiv retained Sen. Girardi’s data for research purposes, even in anonymized form, without obtaining prior consent for this specific purpose. In addition to setting a precedent for neuroprivacy litigation, this case reflects the neurorights movement’s influence beyond the policy sphere.
5. Mexico: Proposed constitutional amendment for neuroprivacy rights
As of March 2024, there are two pending neuroprivacy bills that seek to amend Mexico’s Constitution. The first bill, proposed by Deputy María Eugenia Hernández Pérez, would include the right toindividual identity, as well as physical and psychological integrity. The Chilean constitutional amendment’s influence is noticeable throughout the Mexican bill, including language requiring the State to respect mental privacy and integrity. Moreover, the proposal has the same wording as Chile’s constitutional amendment and similarly spotlights the value of individual identity.
The proposal centers on human identity and its relation to technology, and not solely privacy and data protection, which are already recognized as two separate fundamental rights under Article 16 of Mexico’s Constitution. It includes broad legal safeguards to ensure the confidentiality of neurodata collection, informed consent before access, clear limits on neurotechnologies, and anti-discrimination measures. Moreover, the bill notes that while some local laws protect human rights and neurodata in the context of medical and scientific uses, there is a lack of regulation for non-medical uses.
The second Mexican bill, spearheaded by Senator Alejandra Lagunes Soto Ruiz, would amend Article 73 of the Constitution to provide congressional authorization to pass federal legislation related to artificial intelligence (AI), cybersecurity, and neurorights. Under this authority, Congress could safeguard mental privacy, cognitive autonomy, informed consent for the use of brain data, identity and self-expression, non-discrimination, and equal access to technology.
Both bills acknowledge that neuroprivacy is an emerging concept and focus on how neurotechnology could jeopardize fundamental rights. Although these bills approach the issue from different viewpoints, they both seek to protect personal data and build citizen trust. Additionally, in November 2023 the Mexican Data Protection Authority published a Digital Human Rights Charter that recognizes the five fundamental neurorights.
6. Brazil: Proposed constitutional amendment and neuroprivacy rights in privacy law
Several neuroprivacy initiatives have gained traction in Brazil. Bill 29/2023, introduced by Senator Randolph Frederich Rodrigues Alves in June 2023, seeks to amend the Brazilian Constitution to include protections for mental integrity and algorithmic transparency. In particular, the proposal highlights that recognizing “mental integrity” is essential to expand the “legal and normative understanding of human dignity in this new digital context” that protects both personal data and the “psychic and physical integrity of human beings.” The proposal was presented to the Senate in June 2023 and is pending until a Rapporteur is appointed to review the bill. 1 Of note, the Brazilian Constitution was amended in February 2022 to include a right to the protection of personal data, distinct from the right to privacy.
Separately, Bill 522/2022, introduced by Deputy Carlos Henrique Gaguim in March 2022, would amend Brazil’s General Data Protection Law (LGPD) to regulate neurodataas a category of sensitive data. The bill would add a new section to regulate the processing of neurodata, emphasizing that therequest for consent must “clearly and prominently indicate the possible physical, cognitive and emotional effects” of processing neurodata. Currently, Article 5 of the LGPD establishes racial and ethnic origin; religious, political, and philosophical affiliations; health, sexual and life data; and genetic and biometric data as categories of sensitive data. However, the proposal highlights the need to include neurodata as a distinct category of sensitive data, not to be confused or associated with biometric data. The bill was approved by the Health Commission Rapporteur in October 2023 and awaits further consideration.
The neurorights discussion has also made its way into Brazil’s Federal Civil Code. In December 2023, the Sub-Committee on Digital Law of the Commission of Jurists, who are responsible for reviewing the Civil Code, submitted a report that seeks to recognize neuroprivacyunder the LGPD. Independently, in December 2023, Río Grande do Sul, Brazil’s fifth-largest state by population, amended its Constitution to include neurorights, specifying mental integrity as a constitutional principle.
7. Other regional initiatives
Similar legislative efforts are underway in the region, with some variations:
- Costa Rica proposed amending the country’s data protection law to include a definition of biometric data which, in contrast to Brazil’s proposal, categorizes neurodata as biometric data.
- Colombia is considering updating its data protection law to include a section specific to the processing of data through AI and neurotechnologies. The proposal sets out specific obligations for accessing and processing neurodata.
- Argentina has two pending bills: Bill 2446/23 proposed the creation of a bicameral committee to develop a neurorights framework. Separately, another bill would amend the Federal Code of Civil Procedure to allow neurotechnologies that infer mental activity as admissible evidence.
- Uruguay’s Parliament reported that elected officials have met with their Chilean counterparts to discuss neurorights. In February 2024, Deputy Rodrigo Goñi indicated that Parliament is considering regulating neurotechnologies and providing safeguards for brain integrity and neurodata.
As neurotechnology continues to advance, it raises key questions about how the data involved should be regulated. Latin America is at the forefront of that conversation and has paved the way in recognizing neuroprivacy, from Chile’s Constitution, to Mexico and Brazil’s pending legislation. Regional frameworks, such as the OAS Declaration and Principles, illustrate that neurorights are coalescing on the international level as well. The groundswell of legislative proposals and domestic laws demonstrates that the fight for neuroprivacy is here to stay—and for now, at least, Latin America is the place to watch.
1 According to the Brazilian Chamber of Deputies Internal Rules, Art. 56, committee bills and other proposals will be examined by a Rapporteur who must issue an opinion.
PODCAST RUSSIA. “Il consenso reale a Putin è forte”
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Pagine Esteri, 20 marzo 2024. Al netto dei risultati plebiscitari che lo riconfermano alla guida del Paese, Vladimir Putin gode di un consenso reale in Russia, rafforzato probabilmente dalla strategia occidentale del “muro contro muro”. Mentre aumenta la sintonia tra Mosca e Pechino, l’allargamento del conflitto in Ucraina rimane uno scenario possibile, soprattutto se tarderà ad aprirsi la via dei negoziati. Ne abbiamo parlato con l’analista Danilo Della Valle.
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L'articolo PODCAST RUSSIA. “Il consenso reale a Putin è forte” proviene da Pagine Esteri.
Ministero dell'Istruzione
Al via Didacta Italia 2024, la più importante Fiera sull’innovazione della #scuola! La settima edizione si terrà fino al 22 marzo a Fortezza da Basso, Firenze.Telegram
Weekly Chronicles #68
Questo è il numero #68 di Privacy Chronicles, la newsletter che ti spiega l’Era Digitale: sorveglianza di massa e privacy, sicurezza dei dati, nuove tecnologie e molto altro.
Cronache della settimana
- Privacy Chronicles, ma alla radio
- Il futuro è dei droni
- A Como il parchimetro è anche esattore
Lettere Libertarie
- La sciagurata condizione di “cittadino”
Rubrica OpSec
- Raccogli ora, decifra dopo: i rischi del quantum computing
Privacy Chronicles, ma alla radio
Il 26 marzo, dalle 22 alle 24, ti aspetta un’ora di pensieri in libertà da parte del sottoscritto su NO LIMITS Radio. Insieme a Luca, il conduttore, abbiamo iniziato un percorso di due episodi che porterà gli ascoltatori ad approfondire molti dei temi trattati regolarmente su queste pagine.
Siamo partiti dalle basi: cos’è la privacy e qual è la differenza tra privacy, segretezza e anonimato. Da qui, ci siamo lanciati in voli pindarici che ci hanno fatto toccare vette metafisiche: siamo pronti a vivere nell’Era Digitale? I nostri cervelli sono in grado di riconoscere pericoli immateriali o c’è bisogno di un “salto” intellettuale e spirituale? Una prima risposta forse arriva dal passato, coi primi Cypherpunk, che prospettavano un futuro che si avvicina a velocità fotonica: neurotecnologie, intelligenza artificiale, falsificazione della realtà e standardizzazione dell’essere umano. Non sarà però solo la tecnologia a salvarci.
La prima intervista andrà in onda il 26 marzo su nolimitsradio.it dalle 22 alle 24, con replica il 27 marzo dalle 10 alle 12. Non perderla!
Il futuro è dei droni
“Li abbiamo presi di sorpresa, non se l’aspettavano, ne abbiamo ammazzati un sacco […] i droni sono le nostre forze aeree…”
I ribelli del Myanmar hanno costruito una flotta di droni che in breve tempo è diventata un grosso problema per la fanteria militare del Tatmadaw (l’esercito), che dopo un colpo di stato nel 2021 ha preso il controllo del Paese.
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Nella guerra in Myanmar tra ribelli e governo militare, pare che generalmente stesse vincendo il governo. Questo fino a quando i ribelli non hanno iniziato a usare stampanti 3D per costruire droni d’attacco fatti in casa. I droni hanno l’enorme vantaggio di poter essere estremamente mobili e letali — lo vediamo, purtroppo — dai video che arrivano dal fronte ucraino.
Soprattutto, però, possono essere operati da chiunque con un minimo di allenamento, al contrario dei veicoli militari. Inoltre, grazie alle nuove tecnologie di stampa 3D ne possono essere costruiti a centinaia in una capanna in mezzo al bosco.
Il futuro, nel bene e nel male, sarà dei droni e dell’intelligenza artificiale, e non solo in campo militare.
Già oggi è possibile costruire in casa piccoli droni con sistemi d’intelligenza artificiale di riconoscimento biometrico in grado di identificare e sorvegliare da lontano una o più specifiche persone anche in mezzo a grandi folle. Di nuovo: è sufficiente una stampante 3D, il giusto software e qualche competenza informatica ed elettronica per assemblare il tutto. Un lavoro che con un pizzico di buona volontà e l’aiuto di chatGPT può essere alla portata di chiunque.
In futuro, ma in verità già oggi, non servirà più neanche operarli manualmente. Lo stesso piccolo drone con riconoscimento biometrico può essere programmato per identificare e seguire a distanza (o schiantarcisi addosso..) una persona specifica, senza alcun bisogno di essere operato manualmente. Le capacità di questi strumenti automatizzati lasciano a bocca aperta e onestamente fanno anche molta paura. Questo video vale più di mille parole (clicca qui).
La tecnologia ICT è da sempre un grande equalizzatore e al contrario di veicoli militari, cannoni, razzi e aerei, non conosce padroni. Chiunque potrà costruire e dotarsi di questi strumenti, sia per autodifesa che per aggressione. I tempi che s’annunciano saranno certamente titanici… e quando i nostri cieli saranno sorvolati da centinaia di droni sarà fondamentale pensare alla nostra privacy e incolumità tridimensionalmente.
A Como il parchimetro è anche esattore
Gli amministratori di Como non trovano pace. Dopo aver tentato di essere precursori di telecamere illegali con riconoscimento biometrico alcuni anni fa, oggi provano ancora a farsi notare sul fronte della sorveglianza di massa dei loro stessi cittadini. E lo fanno in un modo che mai avrei pensato: col parchimetro esattore.
I parchimetri a Como potranno verificare in tempo reale i dati della persona che inserisce la targa per pagare il parcheggio e, nel caso in cui tale persona sia residente a Como e in regola con il pagamento dei tributi, allora avrà diritto a uno sconto sulla tariffa oraria. Viceversa, dovrà pagare prezzo pieno e visualizzerà un avviso con invito a recarsi in Comune per saldare i debiti (ma se la persona che paga il parcheggio non è la proprietaria dell’auto?).
In sostanza è una query incrociata con il database tributario del comune senza però alcuna conseguenza concreta, se non la facile propaganda elettorale. Il sindaco era infatti molto felice di essere ospite in TV per spiegare la nuova trovata “anti-evasori”.
Il problema però, oltre che nella morale, sta anche nello strumento: i sistemi ICT dei parchimetri sono operati da aziende terze, che in questo modo avranno accesso a dati eccedenti rispetto a ciò che è meramente necessario per pagare il parcheggio. Questo aumenterà a dismisura il rischio di violazione degli stessi, oltre ad aumentarne l’accessibilità a terzi.
L’amministrazione di Como dimostra ancora di non avere alcun interesse nel tutelare gli interessi dei propri cittadini e di essere disposta a tutto pur di fare facile propaganda elettorale. Anche se la domanda resta: chi mai è così scemo da votare gente del genere?
La sciagurata condizione di “cittadino”
Ieri ho letto su X una notizia: “Illegal immigrants can now carry guns, a federal judge has ruled”. Gli immigrati clandestini potranno possedere armi da fuoco, così ha deciso un giudice federale.
Il caso è quello di Heriberto Carbajal-Flores, un immigrato clandestino imputato per violazione dello statuto federale 18 U.S.C § 922, che vieta agli immigrati illegali di portare con sé armi o munizioni. Secondo il giudice federale però la legge viola il secondo emendamento e anche i migranti irregolari dovrebbero poter portare con sé armi e munizioni.
Il caso mi suscita una riflessione libertaria sulla condizione di “cittadino”, in contrapposizione con l’immigrato irregolare, cioè il non-cittadino per definizione.
Nel mondo progressista del “volemosebbene” non esistono confini; siamo tutti uguali e tutti titolari degli stessi diritti universali — soprattutto quelli di welfare. Il problema risiede però proprio nella contraddizione in termini di questa favola che ci piace raccontarci: non siamo tutti uguali. Alcuni animali, per citare Orwell, sono più uguali degli altri.
Il cittadino è infatti sottoposto, fin dalla nascita, a un programma di sorveglianza ed estrazione di risorse che non tocca, se non distrattamente, il migrante irregolare. Il neonato cittadino acquisisce fin da subito un codice identificativo alfanumerico che lo immette negli ingranaggi burocratici statali da cui poi sarà impossibile uscire (se non acquisendo esso stesso lo status di immigrato irregolare in altro paese).
Il cittadino poi, durante l’età adulta, sarà chiamato a dotarsi di numerosi documenti identificativi che gli consentiranno, se il Dio stato vuole, di vivere e lavorare: carta d’identità, patente, certificati di studi, dichiarazioni dei redditi, partita IVA e molto altro.
Viceversa, l’immigrato illegale può vivere e lavorare nei paesi occidentali senza alcun tipo di sottomissione a tale sistema burocratico e di sorveglianza di massa. Nella migliore delle ipotesi godrà anche degli stessi diritti di welfare del cittadino stesso, che invece deve pagarli di tasca propria, attraverso l’altissima esazione fiscale.
Con l’evoluzione dell’identità digitale la forbice si allargherà sempre più: gli immigrati illegali infatti saranno sempre più estraniati dal sistema statale digitalizzato. Viceversa, il cittadino sarà sempre più schiavo di sistemi automatizzati, codici QR e algoritmi pensati per tracciare ogni suo movimento, pensiero e azione.
Essere “cittadini” di uno stato occidentale oggi è divenuta una condizione sciagurata che ricorda molto da vicino quella dei servi della gleba, ma in versione globalista-tecnocratica.
Raccogli ora, decifra dopo: i rischi del quantum computing
L’avvento dei computer quantistici mette a repentaglio i sistemi di crittografia più diffusi, come RSA (Rivest-Shamir-Adleman), DSA (Digital Signature Algorithm) e ECC (Elliptic Curve Cryptography).
La crittografia moderna si basa sulla difficoltà di risolvere certi problemi matematici, come la capacità di fattorizzare grandi numeri composti. I computer quantistici possono però elaborare informazioni in modi che permettono di risolvere questi problemi matematici molto più rapidamente, grazie a algoritmi quantistici specifici come l’algoritmo di Shor.
Il motivo è che avranno un potere computazionale superiore ai computer tradizionali, grazie allo stato fisico particolare dei "qubit", la loro unità di dati. Grazie alla “sovrapposizione quantistica” i qubit possono essere costantemente in una sorta di stato "ibrido" tra 0 e 1, o in una combinazione di entrambi. I bit a cui siamo abituati possono essere invece solo in uno stato di 0 o 1.
In risposta, sono stati già sviluppati nuovi algoritmi di crittografia progettati per essere sicuri anche nell'era quantistica. Ad esempio, Tutanota ha recentemente aggiornato di aver sostituito i propri algoritmi di crittografia (RSA-2048) con una combinazione di algoritmi “quantum safe”: un “post-quantum Key Encapsulation Mechanism” e un “Elliptic-Curve-Diffie-Hellmann Key exchange” per creare un protocollo chiamato TutaCrypt.
La questione però è più complessa. Se infatti gradualmente tutti i fornitori di servizi, sistemi di pagamento e monete digitali passeranno ad algoritmi di crittografia resistenti ad attacchi quantistici, lo stesso non potrà dirsi per i milioni di dati conservati con algoritmi obsoleti.
Ecco allora che il grosso problema della crittografia non sarà da ricercarsi nel presente o nel futuro, ma nel passato! Se un attaccante, anche a livello governativo, iniziasse ad ammassare grandi quantitativi di dati cifrati con algoritmi che saranno obsoleti, potrà in futuro decodificarli facilmente e acquisire infine il tesoro d’informazioni che cercavamo di proteggere. In gergo questo attacco si chiama “harvest now, decrypt later”, cioè “raccogli adesso, decifra dopo”.
Come proteggersi? Non è facile: è doveroso aggiornare periodicamente i nostri dati cifrati con gli ultimi algoritmi disponibili, avendo però anche cura di cancellare definitivamente le vecchie copie e aver cura di non diffonderle in giro. Nel caso in cui la diffusione fosse inevitabile, allora sarà opportuno modificare nel corso del tempo le informazioni, così da rendere obsolete, e quindi inutilizzabili, le precedenti versioni.
AI Audits, Equity Awareness in Data Privacy Methods, and Facial Recognition Technologies are Major Topics During This Year’s Privacy Papers for Policymakers Events
Author: Judy Wang, Communications Intern, FPF
The Future of Privacy Forum (FPF) hosted two engaging events honoring 2023’s must-read privacy scholarship at the 14th Annual Privacy Papers for Policymakers ceremonies.
On Tuesday, February 27, FPF hosted a Capitol Hill event featuring an opening keynote by U.S. Senator Peter Welch (D-VT) as well as facilitated discussions with the winning authors: Mislav Balunovic, Emily Black, Albert Fox Cahn, Brenda Leong, Hideyuki Matsumi, Claire McKay Bowen, Joshua Snoke, Daniel Solove, and Robin Staab. Experts from academia, industry, and government moderated these policy discussions, including Michael Akinwumi, Didier Barjon, Miranda Bogen, Edgar Rivas, and Alicia Solow-Niederman.
On Friday, March 1, FPF honored winners of internationally focused papers in a virtual conversation hosted by FPF Global Policy Manager Bianca-Ioana Marcu, with FPF CEO Jules Polonetsky providing opening remarks. Watch the virtual event here.
For the in-person event on Capitol Hill, Jordan Francis, FPF’s Elise Berkower Fellow, provided welcome remarks and emceed the night, thanking Alan Raul, FPF Board President, and Debra Berlyn, FPF Board Treasurer, for being present. Mr. Francis noted he was excited to present leading privacy research relevant to Congress, federal agencies, and international data protection authorities (DPAs).
In his keynote, Senator Welch celebrated the importance of privacy and the pioneering work done by this year’s winners. He emphasized that privacy is a right that should be protected constitutionally and that researchers studying digital platforms are essential for understanding evolving technologies and their impacts on our privacy. He also told the authors that their scholarship is consistent with the pioneering work of Justice Louis Brandeis and Samuel Warren, stating that “the fundamental respect that they had then underlies the work that you do for American citizens today.” He concluded his remarks by highlighting the need for an agency devoted to protecting privacy and that the work done by the authors is providing that foundation.
Following Senator Welch’s keynote address, the event shifted to discussions between the winning authors and expert discussants. The 2023 PPPM Digest includes summaries of the papers and more information about the authors.
Professor Emily Black (Barnard College, Columbia University) kicked off the first discussion of the night with Michael Akinwumi (Chief Responsible AI Officer at the National Fair Housing Alliance) by talking about her paper, Less Discriminatory Algorithms, co-written with Logan Koepke (Upturn), Pauline Kim (Washington University School of Law), Solon Barocas (Microsoft Research), and Mingwei Hsu (Upturn). Their paper analyzes how entities that use algorithmic systems in traditional civil rights domains like housing, employment, and credit should have a duty to search for and implement less discriminatory algorithms (LDAs). During her conversation, Professor Black discussed model multiplicity and argued that businesses should have an onus to proactively search for less discriminatory alternatives. They also discussed the reframing of the industry approach, what regulatory guidance could look like, and how this aligns with President Biden’s “Executive Order on the Safe, Secure, and Trustworthy Development and Use of Artificial Intelligence.”
Next, Claire McKay Bowen (Urban Institute) and Joshua Snoke (RAND Corporation) discussed their paper, Do No Harm Guide: Applying Equity Awareness in Data Privacy Methods, with Miranda Bogen (Director, AI Governance Lab at the Center for Democracy & Technology). Their paper uses interviews with experts on privacy-preserving methods and data sharing to highlight equity-focused work in statistical data privacy. Their conversation explored questions such as “What are privacy utility trade-offs?”, “What do we mean by data representation?” and highlighted real-world examples of equity issues surrounding data access, such as informing prospective transgender students about campus demographics versus protecting current transgender students at law schools. They also touched on aspirational workflows, including tools and recommendations. Attendees asked questions regarding data cooperatives, census data, and more.
Brenda Leong (Luminos.Law) and Albert Fox Cahn (Surveillance Technology Oversight Project) discussed their paper AI Audits: Who, When, How…Or Even If?with Edgar Rivas (Senior Policy Advisor for U.S. Senator John Hickenlooper (D-CO)). Co-written with Evan Selinger (Rochester Institute of Technology), their paper explains why AI audits are often regarded as essential tools within an overall responsible governance system while also discussing why some civil rights experts are skeptical that audits can fully address all AI system risks. During the conversation, Ms. Leong stated that AI audits need to be developed and analyzed because they will be included in governance and legislation. Mr. Cahn raised important questions, such as whether we have the accountability necessary for AI audits already being deployed and whether audit elements voluntarily provided in the private sector can translate to public compliance. The co-authors also discussed New York City’s 2023 audit law (used as a case study in their paper), commenting that the law’s standards and broad application potentially open the door for discussion of key issues, including those relating to discriminatory models.
During the next panel, Professor Daniel Solove (George Washington University Law School) discussed his paper Data Is What Data Does: Regulating Based on Harm and Risk Instead of Sensitive Datawith Didier Barjon (Legislative Assistant for U.S. Senate Majority Leader Charles Schumer (D-NY)). His paper argues that heightened protection for sensitive data does not work because the sensitive data categories are vague and lack a coherent theory for identifying them. In their discussion, Professor Solove noted that we can still infer sensitive information through non-sensitive data, making it difficult to know which combinations can become sensitive data and which don’t. He then stated that to be effective, privacy law must focus on harm and risk rather than the nature of personal data: “Categories are not proxies—[we] need to do the hard work of figuring out the harm and risk around data.”
Professor Solove and Mr. Barjon were then joined on stage by Hideyuki Matsumi (Vrije Universiteit Brussel) to discuss Professor Solove’s and Mr. Matsumi’s co-authored paper, The Prediction Society: Algorithms and the Problems of Forecasting the Future. Their paper raises concerns about the rise of algorithmic predictions and how they not only forecast the future but also have the power to create and control it. Mr. Barjon asked the authors about the “self-fulfilling prophecy” problem discussed in the paper, and Mr. Matsumi explained that this refers to the idea that people perform better if there’s a higher expectation to do so and vice versa. Therefore, even if an algorithmic prediction is inaccurate, individuals susceptible to or prone to believe the prediction will be impacted, and the prediction will be made true, leading to what the authors called a “doom cycle.” The authors advocated for a risk-based approach to predictions and stated that we should analyze and think deeply about predictions rather than ban them altogether.
In the evening’s final presentation, Robin Staab and Mislav Balunovic (ETH Zurich SRI Lab) discussed their paper, Beyond Memorization: Violating Privacy Via Inference with Large Language Models, with Professor Alicia Solow-Niederman(George Washington University Law School). Their paper, co-written with Mark Vero and Professor Martin Vechev (ETH Zurich SRI Lab), examined the capabilities of pre-trained large language models (LLMs) to infer personal attributes of a person from text on the internet and raised concerns about the ineffectiveness of protecting user privacy from LLM interferences. Professor Solow-Niederman asked the authors about the provider intervention suggested in the paper that could potentially align models to be privacy-protected. The authors noted that there are limitations to what providers can do and that there is a tradeoff between having better inferences across all areas or having limited inferences but better privacy. They also stated that we need to be aware that alignment is not the solution and that the way to move forward is for users to be aware that such inferences can happen and have the tools to write text from which inferences cannot be made.
As panel discussions ended, FPF SVP for Policy John Verdi closed the event by thanking the audience, winning authors, judges, discussants, the FPF Events team, and FPF’s Jordan Francis for making the event happen.
Thank you to Senator Peter Welch and Honorary Co-Hosts Congresswoman Diana DeGette (D-CO-1) and Senator Ed Markey (D-MA), Co-Chairs of the Congressional Privacy Caucus. We would also like to thank our winning authors, expert discussants, those who submitted papers, and event attendees for their thought-provoking work and support.
Later that week, FPF honored the winners of internationally focused papers in a virtual conversation hosted by FPF Global Policy Manager Bianca-Ioana Marcu, with FPF CEO Jules Polonetsky providing opening remarks.
The first discussion was moderated by FPF Policy Counsel Maria Badillo with authors Luca Belli (Fundação Getulio Vargas (FGV) Law School) and Pablo Palazzi (Allende & Brea) on their paper, Towards a Latin American Model of Adequacy for the International Transfer of Personal Dataco-authored by Dr. Ana Brian Nougrères (University of Montevideo), Jonathan Mendoza Iserte (National Institute of Transparency, Access to Information and Personal Data Protection), and Nelson Remolina Angarita (Law School of the University of the Andes). The conversation focused on diverse mechanisms for data transfers, such as the adequacy system, and the relevance and necessity of having a regional model of adequacy, including the benefits of having a Latin American model. The authors also dive into the role of the Ibero-American Data Protection Network.
The second discussion of the event was led by FPF Senior Fellow and Considerati Managing Director Cornelia Kutterer with author Catherine Jasserand (University of Groningen) on her winning paper Experiments with Facial Recognition Technologies in Public Spaces: In Search of an EU Governance Framework. Their conversation highlighted the experiments and trials in the paper as well as the legality of facial recognition technologies under data protection law. The second portion of the discussion focused on the EU AI Act and how it relates to the relevancy and applicability of the laws highlighted in the paper.
We hope to see you next year at the 15th Annual Privacy Papers for Policymakers!
Ministero dell'Istruzione
Il Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara e il Presidente del Consiglio Nazionale dell'Ordine degli Psicologi David Lazzari hanno firmato oggi un protocollo triennale per supportare il mondo della #scuola nella prevenzione delle for…Telegram
📌 Il Comitato nazionale per l’apprendimento pratico della #musica presso il #MIM organizza la XXXV Rassegna musicale nazionale delle istituzioni scolastiche del primo e del secondo ciclo scolastico.
Ministero dell'Istruzione
#NotiziePerLaScuola 📌 Il Comitato nazionale per l’apprendimento pratico della #musica presso il #MIM organizza la XXXV Rassegna musicale nazionale delle istituzioni scolastiche del primo e del secondo ciclo scolastico.Telegram
Cruciale
È prezioso e supremo il sacrificio di Cristo, ci dice l’apostolo, più di ogni argento ed oro a cui gli umani danno così grande importanza, che invece ci fanno vivere in un modo falso.
pastore D'Archino - Cruciale
Comportatevi con timore durante il tempo del vostro soggiorno terreno, sapendo che non con cose corruttibili, con argento o con oro, siete stati riscattati dal vostro vano modo di vivere tramandato…pastore D'Archino
Ministero dell'Istruzione
"Progetto Infinity2: una scuola nello spazio", il #20marzo alle ore 11, presso la Sala Aldo Moro del #MIM si terrà la presentazione dell’iniziativa di didattica sperimentale aerospaziale sviluppata dal Liceo Scientifico Enrico Medi di Montegiorgio (F…Telegram
Chi non muore si rivede
di Marco Travaglio
La notizia non è che Putin ha vinto le elezioni dopo un testa a testa mozzafiato con se stesso. Ma che l’autocrate è ancora vivo, è saldo al comando, ha più consensi di quando invase l’Ucraina, la Russia esiste ancora, i russi sono contenti per la guerra e l’economia (il sondaggista indipendente Volkov a Repubblica: “I russi stanno col leader per l’economia e per Kiev. Un ruolo importante lo hanno giocato anche l’aumento di salari, pensioni e benefit sociali”). Che strano. Le famose sanzioni non hanno mandato Mosca “in default entro qualche giorno” (Letta, 9.3.’22), né avuto “il massimo impatto in estate” (Draghi, 31.5.’22), né sortito “effetti devastanti” (Gentiloni, 4.6.’22). Eppure gli espertoni erano unanimi. Mario Deaglio: “Il rublo non vale più nulla”. Dario Fabbri: “Comunque vada, il fallimento della Russia è già evidente”. Rep: “Il default russo è a un passo”. Stampa: “Per la Russia è default”. Giornale: “Mosca è in default (ma solo tra un mese)”. La sua “Armata Rotta” che “combatte con pale del 1869” e “le dita al posto delle baionette”, ha “finito i russi”, “le divise”, “le munizioni”, ”i missili” ed estrae “i chip per i carri armati da lavatrici, frigoriferi e addirittura tiralatte elettrici”, passava da una disfatta a una ritirata. E l’Invincibile Armata Kiev-Nato trionfava. Rampini: “È iniziata la disfatta militare russa”. Tocci: “Putin ha perso la guerra”. Ferrara: “Kiev le sta dando di santa ragione al colosso russo”. Riotta: “Putin sconvolto dalla Caporetto dell’esercito”. Molinari: “Putin isolato in un vicolo cieco”.
Sempreché fosse ancora vivo. Il dissidente Khodorkovsky alla Cnn: “Putin è impazzito, gli resta un anno o forse tre”. Recalcati (Rep): “Malato? Sofferente? Intaccato dalla morte”. New Lines: “Ha un tumore del sangue”. Daily Telegraph: “Sta morendo di cancro all’intestino”. Proekt, giornale indipendente russo: “Ha un tumore alla tiroide e lo cura facendo il bagno nel sangue estratto da corna mozzate di cervo”. Libero: “Cura il cancro con i clisteri”. Rep: “Il gonfiore del viso, il problema a una gamba, la fatica a muovere un braccio”. Messaggero: “Gonfiore e scatti d’ira da farmaci e steroidi per il tumore”. Stampa: “Demenza senile o Parkinson”. Corriere: “Problemi alla colonna vertebrale per pregressi traumi sportivi, o una neoplasia al midollo spinale compatibile con difficoltà deambulatorie e irrequietezze posturali… down depressivo ed esaltazione maniacale”. Giornale: “Può anche essere diabete”. Messaggero: “Putin è morto? Per Zelensky, ‘non è sicuro che sia ancora vivo’. Quello sugli schermi potrebbe essere una controfigura”. Ora che la cara salma ha rivinto le elezioni con una discreta cera, sorge un dubbio atroce: uno scambio di cartelle cliniche fra la sua e quella di Biden.
Our Live Coverage of FediForum March 2024!
FediForum is a wonderful unconference intended for builders, designers, and thinkers to come together and have discussions about the Fediverse.
wedistribute.org/2024/03/fedif…
Don’t Forget: FediForum is Coming Soon!
FediForum is the Fediverse’s recurring unconference where developers, community members, designers, and thinkers come together to share their ideas!
We’re trying something new this year: we’re live-blogging the event from on the page. It’s largely an experiment, but it’s an effort to provide deeper insight into the various events happening throughout the day. Keep an eye on the updates below!
When does it start?
FediForum starts at 8am Pacific Daylight Time, on Tuesday, March 19th, and again at the same time on Wednesday, March 20th.
What is the schedule?
A tentative schedule can be found on the site here. We’re going to do our best to cover the presentations, discussions, and demos as they come up.
Where can the readers hang out?
Regardless of whether you’re attending the conference, or just checking out updates from this page, you’re welcome to come hang out in our Matrix Space, under our Off-Topic Island channel.
The post Our Live Coverage of FediForum March 2024! appeared first on We Distribute.
The Efforts to Extend ActivityPub
ActivityPub is at an interesting place. Since its intial adoption by Mastodon in 2017, the standard has become all but ubiquitous across the Fediverse. In less than seven years, it has become the most-used protocol across the entire network.
According to FediDB, the ActivityPub side of the Fediverse is now used by nearly 10 million people, across more than 27,000 servers. FediDB also tracks 48 different platforms leveraging ActivityPub in some way. With Threads actively doing work their own implementation, these stats are likely to skyrocket, in more ways than one.
This kind of growth is a really positive sign for the network, as it suggests that widespread adoption of the Fediverse might actually be feasible. In order to get there, though, a number of developers have looked at ActivityPub and wondered: what could we do to make this better?
Table of Contents
What does ActivityPub need?
While the Fediverse has seen an explosion of features involving chat, multimedia, live streaming, groups, events, and more, some people would say that the network suffers from a few glaring omissions.
In light of some of the developments taken on by Nostr and Bluesky, ActivityPub can feel downright limited in terms of what platforms in the Fediverse can do today:
- Bluesky makes server migration dead simple for users, leading to a process that feels seamless and non-intrusive.
- Bluesky offers a stackable moderation system that allows people to subscribe to labeling services and help each other curate and filter the network.
- Nostr benefits from a relay system that eschews the need for dedicated instances entirely, instead relying on keys for identity.
- While a little more on the cryptocurrency side of things, Nostr incorporates direct payments into the network, allowing creators to compensate each other.
This isn’t a proclamation that ActivityPub is inherently bad, so much as these other projects can offer advantages that most existing implementations lack.
There are a lot of big ideas on how to improve the situation, and it boils down to two problem areas:
- The ActivityPub protocol specification
- The ecosystem built around ActivityPub.
ActivityPub’s Protocol
The ActivityPub protocol is the heart and soul of most Fediverse platforms these days. As a specification, it stipulates methods and behaviors for implementations to follow. Unfortunately, critics have pointed to the fact that the spec can feel too flexible in defining some behaviors, but too loose in defining others.
“The spec is incomplete,” writes Ilja, a regular contributor to Akkoma, “if someone makes a followers-only post and someone replies, then the ‘Mastodon way’ is to address the reply to the followers of the account who replies. The proper way to handle this, is by addressing the followers collection of the OP, and let OP forward the Activity to its followers. But we don’t do that because we don’t know how to do forwarding.”
Another headache that exists for implementors right now comes from most ActivityPub platforms needing to rely on undefined behavior. The following pieces are heavily relied on, but don’t exist in the spec:
- Webfinger – Webfinger is a common tool and data format for looking up resources at an address. If you’ve ever copied and pasted a URL into search to pull in a remote post, Webfinger is what powers it!
- Privacy Scopes – in standard ActivityPub, servers make use of
to
andcc
fields to determine which people a post gets sent to. These fields can address individual Actors, or a Collection of Actors. However, there isn’t really a specification on how scopes ought to work: Quiet Public, Followers-Only, Private Mention and Local-Only are all examples of privacy scopes that not only define a grouping of people, but also behavior for posts themselves. - Account Migration – Mastodon kind of set the standard for moving accounts from one server to another: your old profile Authenticates your new one, and a relationship is established. After the primary account is set, the old account gets marked with a
Tombstone
object that redirects to the new profile. - Moderation Tooling – federated reports, instance blocks, management of blocklists and permission levels, individual user moderation, etc. This is a rapidly evolving space that depends heavily on collaboration.
However, they’re absolutely required for a working platform to exist in the Fediverse. This leads to implementors to do a lot of extra work to figure out how things work today, and how to correctly use them.
ActivityPub’s Ecosystem
The ecosystem built around ActivityPub suffers from problems, too. Despite aspirations to provide a common protocol between very different kinds of platforms, the Fediverse still predominantly looks and works like Mastodon.
There are three reasons for this:
- Lack of a Test Suite – ActivityPub was first adopted by Mastodon, which acted as rocket fuel for mass adoption of the standard. However, the lack of an independent testing suite for implementors left builders to instead test against Mastodon, making it a de facto standard.
- Bespoke Client APIs – In addition to a server-to-server federation protocol, ActivityPub offers a secondary spec for client-server relationship. Mastodon ended up pushing it’s own API that was arguably easier to use, but just about every platform in the space could have instead been a client, instead of building their own stacks, APIs, and federation extensions.
- Duplication of Effort – A very weird phenomenon in this space is that implementors don’t just build something once. As of this writing, there are approximately six different Group Actor implementations, all of which are built slightly differently, made by different people, and meant to solve different problems.
None of these things are necessarily earth-shattering problems per se, but we’ve ended up with an ecosystem where a lot of effort gets duplicated, people are implementing entire platforms from scratch, and everyone is also using Mastodon as a compatibility benchmark.
Ongoing Efforts
The important thing to remember is that this is far from a hopeless situation. As of this writing, there are some incredibly smart people trying to figure out how to fill in the gaps.
“The most important thing about ActivityPub is that it’s extensible,” says ActivityPub co-author Evan Prodromou, “that’s a strength; it means we can really quickly get new distributed social applications running on the network.”
These groups all intersect in a variety of ways, and each one of them is attempting to attack specific problem areas. They’re constantly comparing notes, holding deep discussions, and investigating what enhancements the whole Fediverse might benefit from.
FediDevs
The Fediverse Developer Network is a newer effort that aims to make development more approachable to implementors and newcomers alike. Their goal? Get people in a room together.
“How do we build this stuff to be compatible with other people’s projects, while also lifting the lowest common denominator for everybody?” says FediDevs founder Johannes Ernst, ” It probably starts with making it easier for developers to find each other and compare notes.”
According to Johannes, FediDevs incorporates three big ideas:
- Developers in the Fediverse ought to have an easy way to find where everyone else is at, and catch up on what’s happening.
- New developers need a resource library of best practices, emerging concepts, and documentation to prepare for connecting their apps to a global federated network.
- There needs to be a place to publish guides and tools that make everyone’s lives easier.
FediDevs has already beared fruit through a project called FediTest, a test suite intended to provide different “test profiles” so that builders can see how their own work might interact with other platforms.
diode.zone/videos/embed/df0ac4…
Even though FediTest is still very young, the promise of such an effort is clear: people could stop relying on a specific platform for compatibility testing, and instead use a more flexible, agnostic solution that accounts how lots of different projects do things.
Fediverse Enhancement Proposals
The Fediverse Enhancement Proposals project is a comprehensive effort to distill some of the network’s best ideas into standardized documents that explain how they should work. The effort is an initiative of the SocialHub developer community, and serves as a testbed for their ideas.
FEP is very much in the spirit of XMPP Extension Protocols or Nostr Implementation Possibilities, suggesting ways that existing systems could be extended. Check out some of these ideas:
- FEP-1b12: Group federation – Specifies how a federated group or forum could work. Originally, this was proposed by Nutomic from the Lemmy project, and now Lemmy, Kbin, and Friendica all support this as a standard.
- FEP-5624: Per-object reply control policies – Some centralized platforms have a way to disable comments or replies on a status. What would it take to make this work in a federated model?
- FEP-5feb: Search indexing consent for actors – People on Mastodon can opt-in to being discovered by the Search function. How might we extend this to other Fediverse platforms?
- FEP-c390: Identity Proofs – How might a Fediverse Identity prove its authenticity, while also verifying associated links and accounts?
- FEP-ef61: Portable Objects – How might we separate user data from an instance, so that the user can move it if they need to migrate somewhere else?
- FEP-61cf: The OpenWebAuth Protocol – Derived from the Hubzilla Project’s technology. Wouldn’t it be great if you could use your Fediverse identity across the network? No matter what server URL you land on, permissions can be unlocked for you to perform basic interactions and see private content.
The repository contains a treasure trove of ideas, ranging from immediately obvious needs to larger, more abstract concepts about how the network could work one day. Many of these submissions are still in a DRAFT
status for the moment, but a few of the FINAL
entries are actively being used. The project is already helping the network develop further.
Social Web Incubator Community Group (SocialCG)
The SocialCG is an implementor’s group that focuses on best practices for those building on ActivityPub. A big focus for the group involves running case studies for different conventions are approached within the Fediverse. Here are a few ongoing studies:
- HTTP Signatures – An examination of how systems like Mastodon use cryptographic signatures as identity proofs on actors and their activities.
- ActivityPub-Webfinger – Studying the how and why so many ActivityPub systems rely on Webfinger to fetch remote data.
- Testing – A monumental collaboration between dozens of people, this is an ongoing study of existing ActivityPub Testing Suite tools, and insights on how exactly a standard test suite could be built.
- Data Portability – researching existing cases for moving data, activities, objects, and Actors across the network.
Towards ActivityPub 2.0
So, what does all of this add up to? Is it possible to bring all of this work into an updated version of the ActivityPub Protocol standard?
“I think there will be a working group chartered at the W3C to make backwards-compatible changes,” Evan Prodromou explains, “especially clarifying difficult text, and possibly recommending profiles for other standards…”
Despite the importance of the W3C and standardization, though, Evan also believes that there’s value to the fast-paced development of emerging projects with new ideas.
“…the innovation is always going to be at the edge, with new extensions.”
I, for one, agree with him. There’s some amazing developments happening in the space, and the future is looking bright.
The post The Efforts to Extend ActivityPub appeared first on We Distribute.
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Oh, Zot! Nomadic Identity is Coming to ActivityPub
Even if you’ve been a part of the Fediverse for a long time, you’d be excused if you had never heard of Nomadic Identity. Within the confines of Mastodon, it’s a relatively unknown concept. But, for some of us, it’s something of a pipe dream: decentralized identity management with remote access control. On paper, that doesn’t sound too exciting, but it’s a huge concept. Even more exciting: the guy who designed it is bringing it to ActivityPub.
What the Heck is Nomadic Identity?
Nomadic Identity is a concept pioneered by Mike Macgirvin, a longtime builder in the Fediverse. If you’ve ever used Friendica, Hubzilla, or Streams, you’ve used software written by this guy.
wedistribute.org/2017/10/got-z…
Got Zot — Mike Macgirvin on building your own apps and protocols
An interview with the brilliant mind behind the Zot protocol, MagicAuth, and Nomadic Identity.
One of the big problems in federated social systems involves permissions, identity, and data. We can sum this up in three parts:
- Permission Management – If I visit a friend’s site to interact with something, there typically isn’t a way for me to do anything while I’m over there. I have to go back to my server.
- Identity Management – Okay, I have a way to validate that I’m really me. What do I have as a fallback if that fails?
- Data Portability – What happens to my stuff if my server goes down? Can I move to another servers and get my statuses, messages, and interactions back? Could I even just do it temporarily, to keep my followers, while my server gets sorted out?
From the end user’s side of the house, everything boils down to how their identities are coupled to their instances. ActivityPub-based systems like Mastodon do a pretty decent job with letting people migrate from one server to another, letting users pull in remote statuses from a URL, and letting users decide who is allowed to see or reply to their posts. It’s a far better situation than what came before ActivityPub.
At the end of the day, though, what is currently provided in the ActivityPub side of the network is somewhat limited, compared to what the Zot protocol brings to the table with Nomadic Identity. Let’s dive into the three different components: OpenWebAuth, Channel Relays, and Data Migration.
OpenWebAuth
OpenWebAuth used to be called “Magic Auth”, because of how seamless the experience is. Instead of only being able to manage things from your social dashboard, you can jump from one part of the Fediverse to another, and your permissions will be granted automatically. It all happens in the browser.
The way this works is relatively simple: your browser accesses a token inside of a cookie. That token references your Digital Identity in the Fediverse, verifies it, and a handshake is performed. Afterwards, anything you were given permission to access unlocks and becomes visible on the page.
spectra.video/videos/embed/98b…
A really old video of Hubzilla doing it. I’m navigating from my site to Andrew’s.
OpenWebAuth solves one of the most frustrating UX problems the Fediverse currently has: dealing with remote content that you discovered somewhere else.
Channel Relays
Channel Relays are the second major piece of the puzzle here. Using a common ID, you can associate separate accounts across the network with one another. Each relay is verified through an Authorization process, and then each relay is tethered to one another like so:
Using your credentials, you can log into any one of these three relays, and post to your followers. If the server my work account is on suddenly goes down, I can still log in to my family account or blog, and keep interacting like nothing happened. I’m still in contact with my followers, and if I want, my relay accounts can replicate statuses posted from elsewhere.
A few clear benefits emerge from this:
- Network Resilience
- Censorship Resistance
- Ease of Migration
In fact, this mechanism is so good, it feeds directly into the next use-case: Data Migration.
Data Migration
So, we already have two pieces: multiple identities can be connected together across a network, logging into one can allow you to post from another, and a person can decide, at any time, which account will serve as their primary.
Because all of these things are set up, the act of moving your stuff becomes relatively trivial. All of your accounts are aware of each other. If you switch to a new primary, you can trigger an update to all of your existing conversation threads and comments to switch the author, and replicate the data on your end. Thanks to the way that Nomadic Identity is set up, those verified parts of your identity can perform those kinds of actions, whereas no other account can.
Why is This Important?
As we continue to think about how to further develop the Fediverse and give people more robust tools capable of doing more things, we have to consider the plumbing that holds it all together. Identity Management is one of those pieces of plumbing that’s surprisingly shaky, and requires serious consideration.
Digital Identities aren’t something unique to the fediverse and it’s not something Mastodon could stop if they wanted to. Nomadic identity is coming to the internet. The only question is who is going to own your identity. VISA/Mastercard, your government, Google, Microsoft, or you.
Mike Macgirvin
As Threads, Tumblr, and other big social networks come into the space, developers need to think about the stakes. The user migration flow is decent for moving from one server to another, but it’s relatively brittle, and currently only updates a reference from one account to another. The network lacks meaningful ways for people to pull their posts, messages, and media from the place they left.
The biggest takeaway here is that these are mature, time-tested mechanisms that could add extra layers of user agency and control to the Fediverse.
What’s Next?
Mike is already doing the work of figuring out how to retrofit these concepts onto ActivityPub. It’s likely that we’ll see additional Fediverse Enhancement Proposals to accommodate certain needs. For implementers, there are a few existing FEPs in the DRAFT
stage that come recommended:
- FEP-ef61: Portable Objects
- FEP-521a: Representing actor’s public keys
- FEP-8b32: Object Integrity Proofs
- FEP-61cf: The OpenWebAuth Protocol
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Emissione di raggi X su Urano: l’inquietante scoperta l Passione Astronomia
"Una delle possibilità più accreditate è che gli anelli di Urano emettano raggi X, come nel caso di Saturno. Urano, d’altronde, è circondato da particelle cariche di elettroni e protoni. Quando queste particelle energetiche entrano a contatto con gli anelli, emettono radiazioni facendoli brillare. Un’altra teoria sostiene che i raggi X provengano dalle aurore di Urano, che si verificano quando particelle ad alta carica di energia interagiscono con l’atmosfera."
Emissione di raggi X su Urano l Passione Astronomia
"Una delle possibilità è che gli anelli di Urano emettano raggi X come nel caso di Saturno. Urano è circondato da particelle cariche di elettroni e protoni. Quando queste particelle entrano a contatto con gli anelli, emettono radiazioni facendoli brillare. Un’altra teoria sostiene che i raggi X provengano dalle aurore di Urano che si verificano quando particelle ad alta carica di energia interagiscono con l’atmosfera."
RECENSIONE : SECRET AGENT HEADCHEESE – ESCAPE FROM ALCATRAZ
Secret agent headcheese: la prima volta che lo sentirete avrete l’effetto (collaterale) di chi ascoltò gli esordi dei Sex Pistols negli anni ’70: “Cos’è ‘sto macello!”…però poi vi piace.
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RECENSIONE : PYRAME – ELECTRONICA MELANCHOLIA (REMIXES)
In questo nuovo ep di remixes del lavoro di Pyrame “Electroncia melancholia” si è proprio scelto la canzone che dà il titolo per nuove vibrazioni elettroniche. I produttori scelti per dare la loro interpretazione del brano sono l’italiano A- Tweed con due remix, il russo Volta Cab e l’ altro italiano Philip Lawns, tutti su Thisbe Recordings.
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Blues a Teheran di Gohar Homayounpour
"Blues a Teheran" di Gohar Homayounpour, edito da Cortina Editore, è un libro che sfida le convenzioni e ci porta in un viaggio intimo e vibrante attraverso la Teheran odierna. L'autrice, psicoanalista di professione, intreccia magistralmente la sua storia personale con le esperienze dei suoi pazienti, creando un'opera ricca di spunti di riflessione e di umanità.
iyezine.com/blues-a-teheran-di…
Blues a Teheran di Gohar Homayounpour 2024
Blues a Teheran: un viaggio introspettivo tra musica, psicoanalisi e vita quotidiana nella Teheran contemporanea.In Your Eyes ezine
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Eppur si muove. I primi passi della Difesa comune europea secondo il gen. Caruso
Il Commissario europeo Ursula Von der Leyer l’aveva già annunciato e la prima strategia industriale europea per la difesa (European defence industrial strategy, Edis) è stata presentata, proposta dalla Commissione europea e dall’Alto rappresentante. L’attacco russo all’Ucraina ha evidenziato la totale inadeguatezza della Difesa comune europea e soprattutto il fatto che, a fronte di considerevoli investimenti fatti dai paesi europei, la mancanza di coordinamento e l’atavica rivalità tra i principali paesi dell’ Unione – specie nel settore dell’industria della difesa – hanno portato alla situazione attuale: l’industria europea nel suo complesso non è in grado di sostenere un conflitto ad alta intensità al pari degli eserciti europei a cui manca una struttura di comando e controllo capace di gestire una potenziale aggressione al territorio europeo. Bisogna investire di più nella difesa, ma bisogna farlo meglio e insieme. La strategia presentata punta ad acquistare in modo congiunto almeno il 40% delle attrezzature entro il 2030; garantire che, entro il 2030, almeno il 35% dell’intero valore del mercato della difesa sia in Ue; arrivare entro il 2030 ad avere il 50% ed entro il 2035 il 60% degli appalti all’interno dell’Ue.
In risposta alla guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina, la strategia prevede anche un insieme di azioni per accrescere la prontezza industriale europea nella difesa, inclusa la proposta legislativa per un Programma industriale europeo per la difesa (Edip) e misure per garantire la disponibilità e la fornitura tempestiva di prodotti per la difesa.
I principali obiettivi dell’Edis è quello di sviluppare una visione a lungo termine per la prontezza industriale nella difesa dell’Ue e di presentare un European defence investment orogramme (Edip) – un Programma europeo degli investimenti della difesa, per promuovere la cooperazione e l’investimento negli ambiti della difesa.
La strategia si basa su un ampio processo consultivo con gli Stati membri, l’industria della difesa, il settore finanziario e il mondo accademico, e mira a rafforzare la prontezza e la capacità di risposta dell’industria europea della difesa attraverso investimenti collaborativi, miglioramento della reattività industriale, promozione di una cultura della prontezza alla difesa e cooperazione con partner internazionali strategici. Attraverso il supporto agli investimenti nel settore della difesa per adattarsi meglio al nuovo contesto di sicurezza, l’incremento dell’efficienza nella domanda collettiva di difesa dei membri dell’Ue, si spera di imprimere un passo significativo verso l’integrazione e il rafforzamento dell’industria della difesa europea, riconoscendo l’importanza della cooperazione tra gli stati membri e la necessità di adattarsi a un contesto di sicurezza in evoluzione. Attraverso il sostegno finanziario e regolamentare, come evidenziato dall’Edip, l’Ue mira a migliorare la propria autonomia strategica e la capacità di rispondere efficacemente alle sfide di sicurezza, beneficiando gli stati membri e i partner strategici.
Sarà sufficiente? Si poteva fare di più? È un primo passo e ci sono degli spunti interessanti, quanto coraggiosi che vanno verso un approccio non convenzionale, ma forse più efficace, in un momento in cui le minacce all’ Europa diventano sempre più cocenti e l’ombrello americano sembra rimpicciolirsi sempre di più con l’avvicinarsi delle elezioni presidenziali americane.
A mio avviso due sono i punti più qualificanti introdotti dall’ Edis.
Il primo riguarda l’introduzione di una nuova cornice giuridica nota come la Struttura per il programma di armamento europeo (Seap), progettata per superare le sfide legate alla cooperazione tra gli stati membri dell’Ue nella realizzazione di programmi d’armamento comuni. Questa nuova struttura mira a fornire procedure standardizzate per l’avvio e la gestione di tali programmi, al fine di facilitare e incentivare la cooperazione in materia di difesa.
Un aspetto significativo di questa struttura è la possibilità per gli stati membri di beneficiare di un tasso di finanziamento maggiorato nell’ambito del Programma europeo di sviluppo industriale nel settore della difesa (Edip), nonché di procedure di acquisto semplificate e armonizzate. Quando gli stati membri acquisiscono equipaggiamenti in modo congiunto tramite il Seap, operando come un’organizzazione internazionale, possono godere di esenzione dall’Iva. Inoltre, il Seap prevede un bonus per i prodotti sviluppati e acquisiti in questo contesto, a patto che gli stati membri coinvolti concordino su un approccio comune sulle esportazioni della difesa.
Inoltre, il documento chiarisce che gli stati membri, agendo attraverso il Seap, possono emettere titoli di debito per assicurare il finanziamento a lungo termine dei programmi d’armamento. Questo meccanismo consente una maggiore flessibilità nel finanziamento di programmi d’armamento di ampio respiro e di lunga durata, garantendo allo stesso tempo che l’Unione Europea non sia responsabile per l’emissione del debito da parte degli stati membri. Questa capacità di emettere titoli di debito potrebbe migliorare le condizioni di finanziamento da parte degli stati membri per i programmi d’armamento che ricevono supporto dall’Ue tramite il Seap.
Una rivoluzione copernicana, ma che vede i paesi europei confrontarsi, come sempre, tra i frugali e fiscalmente più conservatori e quelli più esposti alla minaccia da est come Polonia e Paesi baltici. Forse, per la prima volta, si mettono al centro gli Stati membri piuttosto che le grandi industrie della difesa. Gli Stati membri vengono incoraggiati a trovare accordi e alleanze strategiche tra di loro per sviluppare programmi di difesa comuni che potranno beneficiare di meccanismi dedicati e particolari forme di finanziamento.
Il secondo aspetto degno di nota è la possibilità di trasferire all’Ucraina le riserve russe congelate in Europa e Usa subito dopo l’invasione da parte di Mosca. Si tratta di circa trecento miliardi di dollari che farebbero la differenza e che contribuirebbero a finanziare la difesa di Kiev control’ aggressione russa. Sarà interessante osservare i differenti approcci al problema tra un Macron scettico sulla possibilità legali e altri – come il presidente ungherese Orban – totalmente contrari per principio. La soluzione di compromesso sembrerebbe essere di reinvestire i profitti, decisamente minori, ma sicuramente più certi.
La strategia industriale europea per la difesa segna certamente un passo significativo verso l’integrazione e il rafforzamento dell’industria della difesa europea, riconoscendo l’importanza della cooperazione tra gli stati membri e la necessità di adattarsi a un contesto di sicurezza in evoluzione. Attraverso il sostegno finanziario e regolamentare, come evidenziato dall’Edip, l’Ue mira a migliorare la propria autonomia strategica e la capacità di rispondere efficacemente alle sfide di sicurezza, beneficiando gli stati membri e i partner strategici.
Ma era la cosa giusta da fare? O meglio, era la prima cosa giusta da fare? Come sempre l’approccio europeo, anche nel campo della difesa e sicurezza europea, è prima finanziario ed economico. Napoleone Bonaparte diceva che per vincere le guerre occorrevano tre cose: Argent, argent, argent. E quindi ben vengano queste iniziative che tendono a ottimizzare le risorse per la Difesa comune, incoraggiando alleanze tra industrie europee della difesa e potenziando gli strumenti che facilitano questi approcci comuni. Ma cosa servirà una maggiore cooperazione, innovazione e resilienza industriale se poi non avremo delle Forze armate europee capaci di operare in modo integrato e con capacità multi dominio sotto un’unica struttura militare di comando controllo?
Ritengo quindi che – ancora una volta – non si abbia avuto la forza o il coraggio di affrontare il problema in modo olistico analizzando tutti gli aspetti della difesa comune europea. È chiaro che a novembre, chiunque vinca le elezioni negli Stati Uniti, ridimensionerà il proprio appoggio alla vecchia Europa e ci troveremo da soli ad affrontare gravi minacce alla nostra sicurezza. Non c’è più tanto tempo per disegnare e attuare un nuovo progetto di difesa comune europea che dovrà essere tanto più ardito quanto breve sarà il tempo per realizzarlo.
Dossieraggi
L'articolo Dossieraggi proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
Cantieristica e subacquea, ecco i pilastri del bilancio di Fincantieri
L’underwater rappresenta la nuova frontiera in cui vogliamo guidare sempre più l’industria ed il Paese. Così ha stabilito gli obiettivi di Fincantieri l’amministratore delegato Pierroberto Folgiero, commentando i risultati dalla società presentati con il progetto di Bilancio di esercizio al 31 dicembre 2023 e il Bilancio consolidato al 31 dicembre 2023 approvati dal consiglio di amministrazione presieduto da Claudio Graziano. Fincantieri, inoltre, ha promosso anche la sua Guidance 2024, confermando per l’anno in corso i suoi obiettivi: ricavi a circa otto miliardi (per una crescita di 4,5%) e una marginalità intorno al 6%, in crescita rispetto all’anno passato di un punto percentuale. Anche rispetto al rapporto di indebitamento, è previsto un miglioramento rispetto alla Guidance del 2023 raggiungere un valore compreso tra il 5,5 e il 6,5x nel 2024, accelerando il deleveraging atteso nell’arco di piano.
I risultati
Crescono anche gli ordini, con uno sviluppo commerciale in crescita in tutti i business. Nel 2023 i nuovi ordini sono stati pari a oltre sei miliardi e mezzo (un aumento di quasi il 24% rispetto all’anno precedente) con una accelerazione del settore offshore. L’anno scorso, inoltre, sono state consegnate 26 navi da dodici stabilimenti, e fino al 2030 ci sono in portafoglio ulteriori 85 unità. Per Folgiero, i risultati sono frutto soprattutto della solida performance operativa dell’attività cantieristica militare e civile, e alla ripresa delle attività commerciali del settore offshore e delle navi speciali. Del resto, questa soddisfazione si legge anche dai numeri: i ricavi dell’azienda si sono assestati a sette miliardi e 651 milioni, in aumento del 2,8%, un Ebitda pari a 397 milioni e un margin al 5,2%.
Iniziative sull’underwater
Inoltre, l’azienda continua a puntare su nuovo settore del subacqueo. L’adesione al progetto del Polo nazionale della dimensione subacquea intende porre il gruppo al centro dei programmi di sviluppo della filiera dell’underwater, con opportunità di business puntando sulle capacità di Fincantieri di guidare l’integrazione tra l’industria della difesa e quella civile. Per quanto riguarda le iniziative già intraprese nel 2023, prosegue il programma Near future submarine della Marina militare, in cui Fincantieri svolge il ruolo di prime contractor e design authority, con l’esercizio dell’opzione del terzo sottomarino di nuova generazione U212 Nfs. Il Gruppo ha inoltre siglato un a ottobre un memorandum d’intesa con Leonardo nell’ambito della subacquea per definire iniziative e sviluppi legati a sistemi (inclusi droni subacquei) di protezione delle infrastrutture critiche sottomarine, con l’obiettivo di “creare una task force stabile comune – ha indicato Folgiero – per mettere insieme le expertise dei due grandi gruppi nell’underwater” al netto della grande esperienza del gruppo nella realizzazione di sottomarini, ne abbiamo costruiti cento”. Altro accordo importante è quello con C.A.B.I. Cattaneo, azienda specializzata nella progettazione, sviluppo e fornitura di mezzi subacquei per le forze speciali della Marina. In ambito civile, invece, Fincantieri ha siglato un memorandum con WSense, azienda di deep tech specializzata in sistemi di monitoraggio e comunicazione subacquei.
Operazione Wass?
Rimane ancora aperta la partita su Wass, specializzata in armamenti navali, siluri, sonar e sistemi di difesa subacquei (attualmente parte della divisione Sistemi difesa di Leonardo). Non è la prima volta che si vocifera di un potenziale passaggio della società a Fincantieri, e nel 2021 Leonardo l’aveva messo in vendita (insieme a Oto Melara, attiva negli armamenti terrestri) e navali, ma la potenziale cessione è rimasta congelata fino ad oggi. Per il gruppo non sarebbe la prima operazione di M&A, dato che è stato recentemente finalizzato l’accordo per l’acquisizione di Remazel, azienda globale nella progettazione e fornitura di top side equipment ad alta complessità per mezzi sottomarini. L’aggiunta di Wass rappresenterebbe per il gruppo un ulteriore passo nella direzione di diventare “la locomotiva dell’underwater”, come aveva definito la società triestina lo stesso Folgiero commentando a novembre scorso i risultati presentati dalla società nei primi nove mesi del 2023
”La concezione liberale del diritto penale”, di Francesco Petrelli la terza lezione della Scuola di Liberalismo
Il “reato penale” e il panpenalismo come sintomi della crisi della legalità e il diritto penale liberale come antidoto. Sono i temi affrontati da Francesco Petrelli, presidente dell’Unione Camere Penali Italiane, nella lezione, “La concezione liberale del diritto penale”, che ha tenuto questa sera alla Scuola di Liberalismo della Fondazione Luigi Einaudi.
“L’espressione ‘reato penale’ costituisce l’esempio paradigmatico della deriva del panpenalismo”, ha spiegato Petrelli. “Si tratta di fenomeni che sono il sintomo della crisi della legalità sostanziale che deve essere arginata, e il diritto penale liberale costituisce certamente un possibile antidoto contro tale deriva”.
I tanti partecipanti, in Aula Malagodi e collegati da remoto, tra cui tanti ragazzi, hanno dialogato con il presidente Petrelli sui principi che identificano il diritto penale liberale, basato sul sistema normativo delle garanzie e dunque sulla protezione dei diritti individuali, civili e politici.
L'articolo ”La concezione liberale del diritto penale”, di Francesco Petrelli la terza lezione della Scuola di Liberalismo proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
Antimafia, il rischio che i cittadini perdano la fiducia nello Stato
Negli Anni Cinquanta, il servizio segreto militare, Sifar, guidato dal generale dei carabinieri Giovanni De Lorenzo stilò 157mila dossier su uomini politici, imprenditori, alti burocrati dello Stato, personaggi pubblici. Ne seguirono ricatti ed intimidazioni. Quando i fatti vennero a galla, l’attenzione pubblica di appuntò su quella che allora sembrò una mole mostruosa di dati e di personalità sotto osservazione. Poca roba, nell’era del Web.
Non c’è cittadino, oggi, che non possa ragionevolmente pensare che la propria condizione patrimoniale, le proprie vicende giudiziarie, le proprie comunicazioni, le proprie spese con carta di credito e l’intero spettro delle attività svolte in Rete, curiosità, gusti e vizi compresi, sia alla portata di chiunque grazie ad un semplice click. Il nostro privato non è mai stato così potenzialmente pubblico, la nostra vita mai così esposta al rischio di gogna mediatica.
Anche per questo i politici più spregiudicati fanno da qualche anno a questa parte di tutto per infiltrare con propri uomini le agenzie nazionali che per ragioni di sicurezza permeano il Web. Anche per questo è oggi più che mai necessario avere fiducia: fiducia nel fatto che i custodi pubblici dei nostri dati personali si attengano al più rigoroso scrupolo istituzionale. Fiducia che i numeri “mostruosi e inquietanti” (sono parole del procuratore di Perugia Raffaele Cantone) degli accessi ai dati riservati custoditi, si fa per dire, dalla Procura nazionale antimafia ha fatto svanire. Ed è questo il danno più grave che una vicenda ancora per molti versi oscura ha provocato: il crollo della fiducia non tanto nella Procura antimafia, quanto nello Stato.
Da oggi, ciascun cittadino avrà buone ragioni per sentirsi nudo di fronte al potere e di conseguenza esposto ai suoi disegni, quando non ai suoi capricci. Un sentimento spaventoso. Un sentimento e un danno la cui portata sembra sfuggire alla sensibilità grillina, movimento politico non a caso nato sulla spinta della retorica orwelliana di una trasparenza assoluta. “Male non fare, paura non avere”, ha recentemente detto parlando degli imputati innocenti il procuratore Piercamillo Davigo, cancellando con una battuta feroce secoli di cultura liberale su cui si fonda lo Stato di diritto. “Male non fare, paura non avere”, ha scritto oggi il direttore del Fatto quotidiano Marco Travaglio, concludendo un editoriale teso a minimizzare la portata delle notizie trafugate e, pare, commercializzate da un tenente della Guardia di Finanzia e chissà da quanti altri. Sfugge, evidentemente, il punto. Il punto non attiene alla portata delle singole notizie trafugate, ma all’atteggiamento dello Stato che quelle notizie dovrebbe custodire gelosamente così come gelosamente dovrebbe custodire e proteggere la libertà personale di ciascun cittadino.
L'articolo Antimafia, il rischio che i cittadini perdano la fiducia nello Stato proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
Luca Alloatti
in reply to Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂ • • •@programma_il_futuro
Grazie per questa bellissima presentazione. Vorrei che la vedessero tutti gli insegnati d'Italia!
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Che succede nel Fediverso?, macfranc, Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂ e informapirata ⁂ reshared this.
macfranc
in reply to Luca Alloatti • • •@luca ti ringrazio per il tuo riscontro positivo.
Io continuo a sperare che sempre più scuole possano avviare progetti basati sulla Fediverso e sul FOSS, ma dovrebbe iniziare la pubblica amministrazione centrale a intraprendere qualche iniziativa di questo tipo...
@notizie @programmailfuturo @fediverso @programma_il_futuro
Che succede nel Fediverso? reshared this.
Luca Alloatti
in reply to macfranc • • •condivido pienamente, ma ci sono molti aspetti da considerare (la strategia da usare, la preparazione degli insegnanti, il supporto "dal basso",...).
Hai per caso voglia di fare una chiacchierata?
Mi trovi qui alle 15:00
bbb.f-si.org/rooms/wtx-e9k-rlr…
(se qualcun altro volesse unirsi -ben volentieri)
@notizie @programmailfuturo @fediverso @programma_il_futuro
FOSS a scuola
bbb.f-si.orgreshared this
Che succede nel Fediverso? e macfranc reshared this.
macfranc
in reply to Luca Alloatti • • •@luca
> ci sono molti aspetti da considerare (la strategia da usare, la preparazione degli insegnanti, il supporto "dal basso",...).
Vero. È importante lavorare sulla formazione (e l'autoformazione) degli insegnanti oltre che preparare dei "menù pronti" da poter modificare a seconda del contesto
> Hai per caso voglia di fare una chiacchierata?
Volentieri, ma non questa settimana. Se vuoi, possiamo sentirci da lunedì in poi
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Che succede nel Fediverso? reshared this.