PPS Is The Hottest USB-C Feature You Didn’t Know About
USB Power Delivery is widely considered to be a good thing. It’s become relatively standard, and is a popular way for makers to easily power their projects at a number of specific, useful voltages. However, what you may not know is that it’s possible to get much more variable voltages out of some USB chargers out there. As [GreatScott!] explains, you’ll want to meet USB-C PPS.
PPS stands for Programmable Power Supply. It’s a method by which a USB-C device can request variable voltage and current delivery on demand. Unlike the Power Delivery standard, you’re not limited to set voltages at tiers of 5V, 9V, 15V and 20V. You can have your device request the exact voltage it wants, right from the charger. Commercially, it’s most typically used to allow smartphones to charge as fast as possible by getting the optimum voltage to plumb into the battery. However, with the right techniques, you can use PPS to get a charger to output whatever voltage you want, from 3.3 V to 21 V, for your own nefarious purposes. You can choose a voltage in 20 mV increments, and even set a current limit in 50 mA increments. Don’t go mad with power, now.
However, there’s a hitch. Unlike USB PD, there isn’t yet a whole ecosystem of $2 PPS breakout boards ready to gloop into your own little projects. As [GreatScott!] suggests, if you want to use PPS, you might want to take a look at the AP33772S IC. It’s a USB PD3.1 Sink Controller. You can command it over I2C to ask for the voltage and current you want. If that’s too hard, though, [CentyLab] has a solution on Tindie to get you going faster. It’s also got some exciting additional functionality—like USB-C AVS support. It offers higher voltage and more power, albeit with less resolution, but chargers with this functionality are quite obscure at this stage.
We’ve actually touched on PPS capability before in our exploration of the magic that is USB-C Power Delivery. Video after the break.
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[Thanks to Keith Olson for the tip!]
There is no way to know what a buyer will want to do with the reams of genetic information it has collected. Customers, meanwhile, still have no way to change their underlying genetic data.#23andMe #Geneticdatabases
di Francesco Sylos Labini -
Durante la sua audizione alla Camera dei deputati, Mario Draghi ha evidenziato come, nel tempo, si sia sacrificata la spesa pubblica comprimendo la domanda interna, trascurando le infrastrutture e riducendo gli investimenti in ricerca, innovazione tecnologica e clima. Ma chi è il soggetto di questo “abbiamo”? Lui stesso, naturalmente, fin dalla famosa lettera scritta insieme all’allora presidente della Bce, Jean-Claude Trichet—una linea poi seguita dal governo Monti.
C’è però un dettaglio cruciale: ricerca e innovazione tecnologica non si improvvisano in pochi mesi o anni, ma richiedono decenni. Lo dimostra l’esempio della Cina, che ha sviluppato la propria capacità industriale in parallelo a un investimento massiccio nella ricerca. Nel 2000, il paese contribuiva solo per il 6% alla produzione manifatturiera globale; nel 2020, questa quota è salita al 30%, con proiezioni che indicano un possibile raggiungimento del 45% entro il 2030. Oggi, la Cina è la principale potenza manifatturiera mondiale e domina settori strategici come l’energia solare e le batterie elettriche, dove la sua quota di produzione supera già l’80%.
Negli ultimi vent’anni, la produzione automobilistica cinese è passata dall’1% al 39% del totale globale, mentre l’Europa è scesa dal 35% al 15% e gli Stati Uniti dal 15% al 3%. Le esportazioni di automobili dalla Cina sono cresciute esponenzialmente: da 500.000 unità nel 2016 a 4,7 milioni nel 2024,rendendo la Cina il primo esportatore mondiale e superando il Giappone. Nel settore delle auto elettriche, la cinese BYD si è affermata come il principale produttore, con 2,9 milioni di unità vendute nel 2023, seguita dalla statunitense Tesla con 1,8 milioni. Dietro di loro si trovano sei marchi con vendite comprese tra 400.000 e 500.000 unità, equamente divisi tra aziende cinesi e tedesche. Attualmente, in Cina operano ben 32 produttori di veicoli elettrici.
Nel campo della tecnologia e dell’innovazione, la Cina tuttavia domina sempre più il panorama globale e per questo la sua quota di mercato è destinata a crescere mentre quella delle industrie europee a diminuire. Nel 2021 ha depositato il 37,8% dei brevetti mondiali, contro il 17,8% degli Stati Uniti e il 16% del Giappone. Oggi è leader in 29 settori su 36, tra cui informatica, elettronica e telecomunicazioni, mentre l’Europa gioca un ruolo sempre più marginale. Un caso emblematico è quello dell’intelligenza artificiale: nel gennaio 2025, la società cinese DeepSeek ha rilasciato modelli open-source superiori a GPT-4, scuotendo il settore tecnologico e finanziario occidentale. Non è stato un fulmine a ciel sereno: già nel 2022, la Cina deteneva il 61% dei brevetti nell’IA generativa, contro il 21% degli Stati Uniti e appena il 2% dell’Europa (incluso il Regno Unito).
La marginalità dell’Europa nell’automotive, nella manifattura in generale, nell’innovazione tecnologica e nella ricerca scientifica non è un evento accidentale, dovuto a Trump, Musk o Putin/Xi ma il risultato di decenni di assenza di una politica economica ed industriale sia a livello nazionale che comunitario. Il “mercato ”, contrariamente alle aspettative, non ha colmato questa lacuna.
Alla base di questo problema c’è anche una costante riduzione dei finanziamenti destinati all’università e alla formazione, che ha rallentato lo sviluppo di ricerche innovative. Infine, come evidenziato dallo stesso Draghi nel suo rapporto di settembre, la guerra in Ucraina e la conseguente perdita dei gasdotti dalla Russia hanno lasciato le imprese europee alle prese con prezzi del l’elettricità 2-3 volte superiori a quelli degli Stati Uniti e con prezzi del gas naturale 4-5 volte più alti.
Questo combinato disposto ha avuto un effetto devastante sulla manifattura europea, compromettendone la competitività e portando a crisi industriali, chiusure di impianti e licenziamenti, che nel medio-periodo porterà ad un declino economico e sociale. Mentre il dibattito pubblico si avvita su un’idea di Europa sempre più astratta, le scelte concrete di cui dovremmo discutere sono ben altre. La soluzione proposta? Convertire l’industria automobilistica europea alla produzione di armi. L’incapacità di competere sul mercato viene così compensata dalle commesse statali, giustificate dalla necessità di difesa. Così, i motori elettrici delle auto più avanzate vengono rimpiazzati dai motori diesel dei carri armati, mentre il dibattito sul cambiamento climatico scompare dalla scena. Tuttavia, questa è solo una soluzione temporanea, a vantaggio esclusivo delle grandi industrie del comparto militare. Non risolverà né il problema della competitività nell’innovazione tecnologica, né quello della difesa, ma rischia invece di esacerbare le tensioni sociali.
L’Europa è in crisi? Draghi è tra i primi responsabili
di Francesco Sylos Labini - Durante la sua audizione alla Camera dei deputati, Mario Draghi ha evidenziato come, nel tempo, si sia sacrificata la spesa pubblRifondazione Comunista
di Barbara Spinelli -
Mercoledì alla Camera Giorgia Meloni ha lanciato una bomba che più sporca non potrebbe essere, contro chi sabato scorso ha manifestato per l’Europa. Ha citato alcuni passaggi del Manifesto di Ventotene in cui si afferma che lo Stato federale europeo sarà di natura socialista, e potrà nascere solo tramite una rivoluzione che aggiri (temporaneamente) le volontà nazionali. Ha trascurato il resto del Manifesto, dedicato alla natura democratica, economica, sociale che secondo i suoi autori (Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Eugenio Colorni) avrebbe dovuto avere la Federazione.
Meloni ha omesso il luogo in cui il Manifesto fu scritto: il confino a Ventotene dove il regime relegò circa 800 antifascisti (“Mussolini mandava la gente a far vacanza al confino”, Berlusconi 2003). Una parte dei confinati aveva già fatto anni di carcere: dieci nel caso di Spinelli. I padri fondatori di Fratelli d’Italia sono eredi di quel crimine.
Meloni ripete che “è nata dopo”, negando che i neo-fascisti postbellici, con trame nere e golpe falliti, avessero qualcosa a che vedere col Ventennio. Perfino Helmut Kohl, che post-nazista non era, disse un giorno che era venuto al mondo dopo la guerra, ma subito dopo si corresse e ammise che tutti i “nati dopo” erano “corresponsabili”della storia nazista.
Almeno due elementi del discorso governativo andrebbero chiariti. Primo: il bellicismo solo parziale che Meloni può adottare in presenza dell’opposizione della Lega, e dunque l’uso che viene fatto di Ventotene come silenziatore dei dissidi e distrazione parlamentare (a conferma: il leghista Giorgetti ha sorriso con tento, in aula). Secondo: le frasi rivoluzionarie estrapolate dal Manifesto, “spaventose”per la presidente del Consiglio.
Primo elemento: Meloni ha usato Ventotene per sgangherare ogni discussione seria sul Piano Riarmo che la presidente della Commissione Von der Leyen ha annunciato il 4 marzo (ieri ribattezzato Readiness 2030: cioè “Pronti alla guerra ”). Elly Schlein cerca con lodevole fatica di contrastare la chiamata alle armi, cara ai capitribù del Pd (Gentiloni, Bonaccini, ecc), ma quel che suggerisce non è una linea politica alternativa. È un cambio di vocabolario, non di sostanza: meglio Difesa europea anziché 27 eserciti nazionali, dice, se ci si vuole “preparare alla guerra” come reclamato da Von der Leyen. Sia Meloni sia Schlein sanno che nelle condizioni attuali è del tutto inconcepibile una Difesa comune gestita da un’autorità unica come avviene per l’euro.
Né è possibile la deterrenza: fortunatamente non abbiamo 6000 testate atomiche come Mosca, per dissuaderla. Manca uno Stato europeo, manca una comune politica estera, manca un Parlamento vero. Alcune politiche militari potranno essere coordinate e lo saranno, ma coordinamento non è unità di politiche e di intenti. Il Manifesto di Ventotene è disatteso da tutti, in questo campo.
Già l’euro fu costruito senza creare anticipatamente uno Stato unico, ed è il motivo per cui mente chi parla di grandioso successo senza ombre.
L’umiliazione della Grecia e le disuguaglianze sociali innescate negli anni dell ’austerità sono la conferma che la vittoria è come minimo monca.
La difesa europea e l’autonomia dell ’Unione sarebbero certo utili, per rendere gli europei meno dipendenti dal dispositivo militare statunitense e dalle sue attuali involuzioni fascistoidi, visibili nelle politiche di immigrazione, nella repressione delle dissidenze universitarie, nell’appoggio alle guerre di Israele.
Ma visto che i fautori della difesa europea si richiamano al manifesto di Ventotene occorre che sappiano l’essenziale: quel testo nacque nell’agosto 1941, nel mezzo della Seconda guerra mondiale, e aspirava a un’unità politica –un governo federale –non per fare le guerre ma per sormontare gli Stati nazione e dar quindi vita a una potenza di pace. E con chi edificarla? Con la Germania, che nel ’41 stava occupando mezza Europa e aveva iniziato l’invasione della Russia.
Oggi se si vuole un’Europa che superi la bellicosità congenita degli Stati nazione è con la Russia che urge mettere in piedi una sicurezza comune. Lo prospettò Gorbaciov negli anni 90 del secolo scorso: si rese conto della sconfitta dell’Urss, propose una Casa Comune Europea, e chiese agli occidentali –Usa in testa –di non comportarsi da vincitori e di instaurare assieme a Mosca una pace che escludesse l’espansione atlantica sino ai confini russi. Non fu ascoltato e la Nato s’allargò fino a promettere, nel 2008, l’ingresso di Ucraina e Georgia. Nessun leader russo può accettarlo, e Trump sembra prenderne atto. Non così gli Stati europei, tranne Ungheria e Slovacchia, e lo si può capire.
La sconfitta non solo di Zelensky, ma dell’intero Occidente è fenomenale, e gli europei sono paralizzati, avendo criminalizzato chiunque parlasse con Mosca. Di qui la continuazione degli aiuti all’Ucraina, caldeggiata dal Consiglio europeo e anche dalla Piazza per l’Europa del 15 marzo. Nel suo Parlamento il Cancelliere Merz dichiara che la Russia minaccia la Germania e l’Europa e dunque urge un formidabile riarmo.
L’attore Benigni racconta Ventotene con efficacia, in eurovisione, ma d’un tratto grida che “in Russia esistono fabbriche che sfornano milioni di fake news ogni giorno”. Su Repubblica lo scrittore Antonio Scurati lamenta la svanita combattività delle genti europee e constata che da questo punto di vista il nostro sviluppo postbellico “è stato un avanzare regressivo” (che c’entra con Ventotene?). Nel Parlamento solo 5Stelle e Sinistra Avs si oppongono a invii di armi e chiedono negoziati. Sabato in piazza sventolavano bandiere ucraine e georgiane, non palestinesi. Quelle palestinesi sventolavano in un’altra piazza romana. Tre giorni dopo Netanyahu ricominciava lo sterminio a Gaza con le armi Usa e nostre.
Passiamo al secondo elemento: la rivoluzione che nel Manifesto fa nascere la Federazione. Meloni cita passaggi sconfessati da Spinelli fin dal 1943 e ignora i brani in cui si spiega che vuol dire Europa socialista: “La rivoluzione europea […] dovrà essere socialista, proporsi l’emancipazione delle classi lavoratrici e la creazione di condizioni più umane di vita”. O passaggi tuttora invisi a destra sul reddito minimo: “La solidarietà sociale verso coloro che riescono soccombenti nella lotta economica dovrà perciò manifestarsi non con le forme caritative, sempre avvilenti, e produttrici degli stessi mali alle cui conseguenze cercano di riparare, ma con una serie di provvidenze che garantiscano incondizionatamente a tutti, possano o non possano lavorare, un tenore di vita decente, senza ridurre lo stimolo al lavoro e al risparmio. Così nessuno sarà più costretto dalla miseria ad accettare contratti di lavoro iugulatori”.
Nel 1941 parlare di rivoluzione era d’obbligo: c’era il fascismo. Ma anche oggi le conseguenze logiche del Manifesto (Stato federale, Stato sociale per tutti, Casa Comune con la Russia, disarmo) implicherebbero una rivoluzione delle menti e della politica. Nessuno si sente di farla.
pubblicato su Il Fatto Quotidiano, 22 marzo 2025
Ecco chi usa Ventotene e chi ne abusa
di Barbara Spinelli - Mercoledì alla Camera Giorgia Meloni ha lanciato una bomba che più sporca non potrebbe essere, contro chi sabato scorso ha manifestatRifondazione Comunista
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Rethinking tech sovereignty
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IT'S MONDAY, SO THIS MUST BE DIGITAL POLITICS. I'm Mark Scott, and am continuing my Euro-trash existence here in Geneva where I'm moderating a panel on March 24 on tech sovereignty and data governance. Watch along here from 12:30 CET / 11:30 UK / 7:30 ET.
Talking of events, I'll also be co-hosting a tech policy meet-up in hipster East London on March 27 at 6:30pm. There are a few spots left for this (free) event. Sign up here.
— We're living through an era of 'tech sovereignty.' No one knows what that concept means — and that's quickly turning into a problem.
— Brussels forced Apple to open up to competitors. That's going to help many US firms that, in principle, oppose the bloc's competition revamp.
— In what must be the least-shocking fact about the latest AI models, almost none of the data used to train these systems comes from Global Majority countries.
Let's get started.
Mural: The Plotter That Draws On Walls
Let’s say you’ve got a big bare wall in your home, and you want some art on it. You could hang a poster or a framed artwork, or you could learn to paint a mural yourself. Or, like [Nik Ivanov], you could build a plotter called Mural, and get it to draw something on the wall for you.
The build is straightforward enough. It uses a moving carriage suspended from toothed belts attached to two points up high on the wall. Stepper motors built into the carriage reel the belts in and out to move it up and down the wall, and from side to side. In this case, [Nik] selected a pair of NEMA 17 steppers to do the job. They’re commanded by a NodeMCU ESP32, paired with TMC2209 stepper motor drivers. The carriage also includes a pen lifter, which relies on a MG90s servo to lift the drawing implement away from the wall.
The build is quite capable, able to recreate SVG vector graphics quite accurately, without obvious skew or distortion. [Nik] has been using the plotter with washable Crayola markers, so he can print on the wall time and again without leaving permanent marks. It’s a great way to decorate—over and over again—on a budget. Total estimated cost is under $100, according to [Nik].
We’ve featured some neat projects along these lines before, too. Video after the break.
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Wearable Computing Goes Woven, Wireless, and Washable
Sometimes we come across a wild idea that really tries to re-imagine things, and re-conceiving wearable computing as a distributed system of “fiber computers” embedded into textiles is definitely that. The research paper presents fully-functional fiber computers and sensors that are washable, weave-able, wireless, and resist both stretching and bending.
The research paper with all the details is behind a paywall at this time, but we’ll summarize the important parts that are likely to get a hacker’s mind working.
Each fiber strand (like the one shown here) is a self-contained system. Multiple fibers can communicate with one another wirelessly to create a network that, when integrated into garments, performs tasks like health and activity monitoring while using very little power. And what’s really interesting about these fibers is their profound lack of anything truly exotic when it comes to their worky bits.
The inner components of a fiber computer are pretty recognizable: each contains a surface-mount microcontroller, LEDs, BLE (Bluetooth Low Energy) radio, light sensor, temperature sensor, accelerometer, and photoplethysmography (PPG) sensor for measuring blood volume changes through skin. Power is supplied by a separate segment containing a tiny cylindrical lithium-polymer battery, with a simple plug connector. It’s a tiny battery, but the system is so low-power that it still provides hours of operation.
If there’s a secret sauce, it’s in the fabrication. The first step is stretching a system into a long, thin circuit. Each component is nested onto a small piece of flex PCB that acts a little like a breakout board, and that flex PCB gets rolled around each component to make as tiny a package as possible. These little payloads are connected to one another by thin wires, evenly spaced to form a long circuit. That circuit gets (carefully!) sealed into a thermoformed soft polymer and given an overbraid, creating a fiber that has a few lumps here and there but is nevertheless remarkably thin and durable. The result can be woven into fabrics, worn, washed, bent, and in general treated like a piece of clothing.Closeups of components that make up a single strand of “fiber computer”.
Multiple fibers are well-suited to being woven into clothing in a distributed way, such as one for each limb. Each fiber is self-contained but communicates with its neighbors using a BLE mesh, or transmitting data optically via embedded LEDs and light sensors. Right now, such a distributed system has been shown to be able to perform health monitoring and accurately classify different physical activities.
We’ve seen sensors directly on skin and transmitting power over skin, but this is a clever fusion of conventional parts and unconventional design — wearable computing that’s not just actually wearable and unobtrusive, but durable and even washable.
The SNES Seems To Be Getting Faster Over Time
Every Super Nintendo console should run at the same speed. They were all built in factories with the same components so they should all operate at the steady clip mandated by Nintendo all those years ago. Except, apparently, the SNES is speeding up as it gets older.
The matter was brought to the public’s attention by the [TASBot] team, a group within the speedrunning community. If anyone was going to notice vintage consoles suddenly running a hair faster, you could bet it would be the speedrunners. Soon enough, a call was put out to crowdsource some data. Submitters were asked to run a set piece of code to test the DSP sample rate on consoles when cold and warm, to get the best idea of what was going on.
As reported by Ars Technica, the group seems to have pinned down the problem to the SNES’s Audio Processing Unit. It’s supposed to run at 24.576 MHz, with a sample rate of 32,000 Hz. However, over the years, emulator developers and speedrunners had noticed that 32,040 Hz seemed to be a more realistic figure for what real consoles were actually running the DSP sample rate at. Developers found that building emulators to run the DSP at this rate was important to run commercial games as expected, suggesting the hardware might have always been a little faster than expected.
However, more recently, it seems that the average speed of the DSP sample rate has increased further. The average result collected by [TASBot] from modern consoles is 32,076 Hz. What’s more interesting is the range of submitted figures—from 31,976 Hz to 32,349 Hz. It seems that the DSP’s ceramic resonator—used instead of a quartz crystal—might degrade over time, causing the speedup. [TASBot] team members also tested temperature changes, but only found a 32 Hz variation from a frozen SNES to one at room temperature.
The fact that console components degrade over time isn’t exactly news; we’ve featured plenty of articles on leaky batteries and corroded traces. Still, for speedrunners, the idea that the hardware standard itself can shift over time? It’s like feeling quicksand under your feet. What even is reality anymore?
[Thanks to s7726 for the tip!]
Keebin’ with Kristina: the One with the Grasshopper Typewriter
Do you consider your keyboard to be a fragile thing? Meet the glass keyboard by [BranchNo9329], which even has a glass PCB. At least, I think the whole thing is glass.
Image via [BranchNo9329] via redditThere are so frustratingly few details that this might as well have been a centerfold, but I thought you all should see it just the same. What we do have are several pictures and a couple of really short videos, so dive in.
I can tell you that [BranchNo2939] chose a glass substrate mainly due to curiosity about its durability compared with FR4. And that the copper circuitry was applied with physical vapor deposition (PVD) technology.
Apparently one of [BranchNo2939]’s friends is researching the bonding of copper on to glass panels, so they thought they’d give a keyboard a go. Right now the thing is incomplete — apparently there’s going to be RGB. Because of course there’s going to be RGB.
erkbd Can Be yrkbd, Too
Erik + Keyboard = erkbd, and now [EarflapsOpen]’s wide split is open-source and now has a fully documented build guide on GitHub by special request.
Image by [EarflapsOpen] via redditInspired mostly by the Corne and the Void Ergo S layout, this is a 44-key, hand-wired number that runs on a pair of Waveshare RP2040 Zeros programmed with QMK.
I really like the inclusion of OLEDs and rotary encoders, although I feel I would inadvertently turn them by accident. Maybe not. At the very least, they appear to be taller than the keys and might get in the way.
[EarflapsOpen] addresses this a bit at the bottom of the reddit thread, stating that they are not in the way when typing. But since they are kind of far from the home row, you have to move your entire hand to use them. Currently, [EarflapsOpen] uses them for scrolling, adjusting volume, video scrubbing, and so on.
The Centerfold: Battle Axes
Image by [delusionalreddit] via redditSo perhaps [delusionalreddit]’s setup is a bit of a departure from the regular centerfold material, but that’s okay. Just look at all those guitars! Yours truly is down to just six or so, and really ought to have them situated similarly around the laboratory. Maybe someday.
So there isn’t much detail here, especially about the peripherals, and I apologize for that. Please see the next paragraph. Almost no one sends me centerfolds! You know your keeb is sexy; now get it out there.
Do you rock a sweet set of peripherals on a screamin’ desk pad? Send me a picture along with your handle and all the gory details, and you could be featured here!
Historical Clackers: the Williams
When the people demand some new advancement in technology, the early response by manufacturers can sometimes be less than appealing, visually speaking.A Williams No. 1 model. Image by The Antikey Chop
This is not the case with the stunning Williams line of typewriters, which were developed in response to heavy demand for visible typewriters — machines that let the typist see what was being typed without having to stop and do something first. Of course, you could only see a few lines at a time, and just by peering over the tippy-top of the machine, but this was revolutionary.
Form follows function in these lovely machines, which don’t seem to waste an inch of space on frivolity. To create visibility, the Williams typewriters had the platen situated in the center, between two sets of type bars that struck from the front and rear, kicking like grasshopper legs. The paper is first secured along the top and curled downward into the basket.
Don’t quite understand? Don’t blame you. Check out this short video, which demonstrates how to insert paper and type on a Williams Academy model.
youtube.com/embed/JGbbcXJcohg?…
Isn’t that cool? The earliest Williams models like the No. 1 pictured above became available in 1891. The keyboard was curved slightly, and the body featured Victorian-inspired filigree. Beginning in 1895, the No. 1 was manufactured with a straight keyboard. The No. 2 came out in 1897 and were nearly identical to the straight-keyboarded No. 1s, but they got an upgrade in the form of typebar alignment. No. 2s were also called Academy like the one in the video, or Englewood.
Inventor John Williams was quite the character and inventor, and was known to rub elbows with Alexander Graham Bell and Emile Berliner. He patented all kinds of things, from cigar cutters to one of the first helicopters in 1912. Unfortunately, the Williams Typewriter Company was fairly short-lived, as they were in litigation for patent infringement pretty much the whole time, until 1909. They were acquired by Jerome Burgess Secor, who would go on to produce a completely different typewriter. Stay tuned!
Finally, Another Use for All Those Melty Beads
So [humanplayer2] was having some fun last Saturday while his daughter played with those melty beads. After some trial and error, it seems we have a new viable switch plate material!
Image by [humanplayer2] via redditThe trial and error was, of course, about finding out what inner bead configuration would result in the snuggest fit. As it turns out, a plain old open square holds them the best, followed by hand-cut-away corners, then full interiors.
For what it’s worth, [humanplayer2] was using Hama beads specifically, which is why the holes are almost all completely melted shut.
Keep in mind that not all melty beads are created equally, so your mileage may vary depending on what you’ve got. But it probably shouldn’t matter too-too much in this case, unless you use the ones that are supposed to be really terrible.
Got a hot tip that has like, anything to do with keyboards? Help me out by sending in a link or two. Don’t want all the Hackaday scribes to see it? Feel free to email me directly.
Cloudflare’s AI Labyrinth Wants Bad Bots To Get Endlessly Lost
Cloudflare has gotten more active in its efforts to identify and block unauthorized bots and AI crawlers that don’t respect boundaries. Their solution? AI Labyrinth, which uses generative AI to efficiently create a diverse maze of data as a defensive measure.
This is an evolution of efforts to thwart bots and AI scrapers that don’t respect things like “no crawl” directives, which accounts for an ever-growing amount of traffic. Last year we saw Cloudflare step up their game in identifying and blocking such activity, but the whole thing is akin to an arms race. Those intent on hoovering up all the data they can are constantly shifting tactics in response to mitigations, and simply identifying bad actors with honeypots and blocking them doesn’t really do the job any more. In fact, blocking requests mainly just alerts the baddies to the fact they’ve been identified.
Instead of blocking requests, Cloudflare goes in the other direction and creates an all-you-can-eat sprawl of linked AI-generated content, luring crawlers into wasting their time and resources as they happily process an endless buffet of diverse facts unrelated to the site being crawled, all while Cloudflare learns as much about them as possible.
That’s an important point: the content generated by the Labyrinth might be pointless and irrelevant, but it isn’t nonsense. After all, the content generated by the Labyrinth can plausibly end up in training data, and fraudulent data would essentially be increasing the amount of misinformation online as a side effect. For that reason, the human-looking data making up the Labyrinth isn’t wrong, it’s just useless.
It’s certainly a clever method of dealing with crawlers, but the way things are going it’ll probably be rendered obsolete sooner rather than later, as the next move in the arms race gets made.
Rolling Foam Cutter Gives Mattress a Close Shave
There’s many different reasons why somebody might have to hack together their own solution to a problem. It could be to save money, or to save time. Occasionally it’s because the problem is unique enough that there might not be an accepted solution, so you’re on your own to create one. We think the situation that [Raph] recently found himself in was a combination of several of these aspects, which makes his success all the sweeter.
The problem? [Raph] had a pair of foam mattresses from his camper van that needed to be made thinner — each of the three inch (7.62 cm) pieces of foam needed to have one inch (2.5 cm) shaved off as neatly and evenly as possible. Trying to pull that off over the length of a mattress with any kind of manual tools was obviously a no-go, so he built a low-rider foam cutter.
With the mattresses laying on the ground, the idea was to have the cutter simply roll across them. The cutter uses a 45″ (115 cm) long 14 AWG nichrome wire that’s held in tension with a tension arm and bungee cords, which is juiced up with a Volteq HY2050EX 50 V 20 A variable DC power supply. [Raph] determined the current experimentally: the wire failed at 20 A, and cutting speed was too low at 12 A. In the end, 15 A seemed to be the sweet spot.
The actual cutting process was quite slow, with [Raph] finding that the best he could do was about 1/8″ (3 mm) per second on the wider of the two mattresses. While the result was a nice flat cut, he does note that at some point the mattresses started to blister, especially when the current was turned up high. We imagine this won’t be a big deal for a mattress though, as you can simply put that side on the bottom.
In the end, the real problem was the smell. As [Raph] later discovered, polyurethane foam is usually cut mechanically, as cutting it with a hot wire gives off nasty fumes. Luckily he had plenty of ventilation when he was making his cuts, but he notes that the mattresses themselves still have a stink to them a couple days later. Hopefully they’ll finish outgassing before his next camping trip.
As you can imagine, we’ve covered a great number of DIY foam cutters over the years, ranging from the very simple to computerized marvels. But even so, there’s something about the project-specific nature of this cutter that we find charming.
Un Attacco Informatico Colpisce l’AMA: tecnici al lavoro per il ripristino
Nelle ultime ore, Ama, l’azienda comunale responsabile della gestione dei rifiuti di Roma, ha subito un attacco informatico ai propri sistemi.
La società ha attivato immediatamente tutte le procedure di emergenza per contenere l’intrusione e limitare i danni, coinvolgendo tempestivamente un team specializzato.
Parallelamente, Ama ha informato le autorità competenti e sta collaborando attivamente con la Polizia Postale e l’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale (ACN) per individuare l’origine e la natura dell’attacco.
Nonostante l’attacco, Ama rassicura gli utenti: “Siamo al lavoro per garantire la piena operatività dei servizi aziendali, limitando al massimo i disagi”. Tuttavia, i servizi online sono attualmente bloccati, impedendo agli utenti di prenotare ritiri di rifiuti ingombranti o accedere ad altre funzionalità digitali.
Per ovviare a tali disagi, è possibile contattare Ama telefonicamente al numero 060606 o inviare una mail.
Le verifiche tecniche sono in corso e, secondo le prime informazioni, i sistemi operativi interni risultano funzionanti, mentre il ripristino dei servizi online è in fase di attuazione. Al momento, non sono stati forniti dettagli sulla tipologia di dati compromessi.
L’indagine prosegue per accertare la matrice dell’attacco e prevenire future minacce alla sicurezza informatica dell’azienda, ma sembrerebbe una mimica classica di un attacco ransomware. Al momento il gruppo di intelligence DarkLab non ha rilevato informazioni sull’attacco nel monitoraggio delle underground.
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Russia: Database Nazionale del DNA in arrivo! Quali Rischi Per la Sicurezza Nazionale?
Entro il 1° settembre 2025, più di 60 organizzazioni scientifiche che operano nel campo delle tecnologie genetiche dovranno trasferire le informazioni al National Genetic Information Database in fase di creazione nella Federazione Russa. Questo indicatore è registrato nel programma di trasformazione digitale del Ministero dell’Istruzione e della Scienza per il 2025 e per il periodo di pianificazione 2026-2027, recentemente approvato dal vice primo ministro Dmitry Grigorenko.
Secondo il piano, entro il 2025 il volume di dati disponibili al pubblico dovrebbe essere di almeno 1 petabyte. Entro il 2027 e dovrebbe aumentare di dieci volte e raggiungere i 35 petabyte entro il 2030. La struttura del database prevede tre livelli di accesso: aperto – per tutti; riservato – per gli utenti autorizzati tramite il Sistema Unificato di Identificazione e Autenticazione (UIAS); e speciali – per le persone che hanno il diritto di accedere alle informazioni contenenti restrizioni o segreti di Stato.
Il Database nazionale delle informazioni genetiche
Il sistema informativo statale “Database nazionale delle informazioni genetiche” viene creato in conformità con le modifiche alla legge “Sulla regolamentazione statale nel campo delle attività di ingegneria genetica”, approvata nel 2022 ed entrata in vigore nel settembre 2024.
In base a tali disposizioni, entro e non oltre il 31 dicembre 2025, le organizzazioni governative e le società a partecipazione statale che hanno ricevuto il diritto di gestire dati genetici, nonché quelle impegnate nell’analisi genetica molecolare, dovranno trasferire tali dati al database. Per gli altri partecipanti il trasferimento dei dati rimane volontario.
Nel 2024 il governo ha approvato i compiti e le funzioni del futuro sistema. Comprenderà dati genetici provenienti da vari campioni biologici: piante e animali selvatici, microrganismi e metagenomi di ecosistemi, colture e animali agricoli, microrganismi industriali, virus, dati genetici umani, nonché microrganismi e virus patogeni particolarmente pericolosi.
L’istituto Kurchatov fungerà da operatore di base. L’ufficio di Grigorenko ha spiegato che l’accesso prioritario sarà concesso agli specialisti nel campo della genetica. Il sistema sarà gratuito per tutti gli utenti.
La creazione del database ha lo scopo di garantire la sovranità genetica della Russia e anche di semplificare lo scambio di dati tra le organizzazioni scientifiche russe impegnate nella ricerca sull’ingegneria genetica. Secondo il rappresentante del vice primo ministro, “la creazione di un tale array di dati è di grande importanza sia dal punto di vista della sicurezza nazionale sia nel contesto del movimento del paese verso la leadership tecnologica”. Il Ministero dell’Istruzione e della Scienza ha aggiunto che fino ad ora nel Paese non esisteva un’unica piattaforma in grado di raccogliere informazioni genetiche leggibili dalle macchine.
Il nuovo sistema sarà dotato di un browser genomico, che consentirà ai ricercatori di visualizzare e utilizzare campioni già sequenziati (convertiti digitalmente). Ciò eviterà lavori ripetitivi e, secondo il Ministero dell’Istruzione e della Scienza, accelererà la ricerca genetica. Sebbene il numero di genetisti in Russia sia relativamente piccolo, il database potrebbe interessare anche ai medici che si occupano di malattie ereditarie, agli ecologi, ai chimici, ai farmacisti e ai rappresentanti aziendali che investono nella genetica.
Potenziali rischi inerenti la Cybersecurity
Il database nazionale delle informazioni genetiche russe potrebbe diventare un bersaglio altamente sensibile per attacchi informatici mirati, con conseguenze gravi per la sicurezza nazionale e individuale. La compromissione di un archivio di questo tipo esporrebbe dati biologici unici, consentendo a governi stranieri o gruppi criminali di identificare vulnerabilità genetiche di individui o intere popolazioni, aprendo la strada a possibili forme di bioterrorismo o discriminazione su base genetica.
Un attacco mirato potrebbe alterare i dati archiviati, falsificando identità genetiche o creando falsi profili per incastrare persone innocenti. Questo scenario sarebbe particolarmente pericoloso in ambito forense, dove il DNA viene utilizzato come prova per identificare sospetti in indagini criminali. Manipolare questi dati potrebbe portare a errori giudiziari o addirittura a operazioni di spionaggio avanzato, con agenti segreti dotati di sequenze genetiche artificialmente costruite per evitare identificazioni.
Un ulteriore rischio è rappresentato dal possibile uso malevolo dei dati genetici per lo sviluppo di armi biologiche personalizzate. Se un avversario fosse in grado di accedere a informazioni dettagliate sulla composizione genetica della popolazione russa, potrebbe teoricamente progettare agenti patogeni in grado di colpire specifiche etnie o gruppi con determinate predisposizioni genetiche. Questo tipo di guerra biologica mirata, sebbene ancora ipotetica, è una preoccupazione crescente nel campo della sicurezza internazionale.
Infine, la semplice esistenza di un simile archivio lo rende un obiettivo primario per gruppi hacktivisti o per stati ostili che vogliono screditare il governo russo. Un leak di dati genetici di massa potrebbe provocare un’ondata di panico tra la popolazione, sollevando dubbi sull’efficacia delle misure di protezione e minando la fiducia nelle istituzioni. In un contesto geopolitico sempre più instabile, il controllo di informazioni biologiche sensibili potrebbe trasformarsi in un’arma di pressione politica e diplomatica senza precedenti.
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Attacco Hacker ai Siti italiani: MoneroSHELL colpisce con il defacement 4 domini .IT
Nella giornata di oggi, il gruppo di hacker noto come MoneroSHELL! ha compromesso diversi obiettivi web italiani, lasciando il proprio segno con una serie di defacement. L’attacco, reso noto attraverso un post su Twitter/X dall’account cyberundergroundfeed, riporta che i siti coinvolti sono:
- lecoccolebb[.]it
- cityinhostel[.]it
- www[.]bcscosenza[.]it
- www[.]arsnovapa[.]it
L’attacco sembra rientrare in una classica operazione di defacement, ovvero la modifica non autorizzata del contenuto di una pagina web per dimostrare l’avvenuta compromissione. Questi attacchi sono spesso eseguiti da hacktivisti o gruppi emergenti per ottenere visibilità, rivendicare ideologie o semplicemente dimostrare una falla nella sicurezza dei target presi di mira.
Disclaimer: Questo rapporto include screenshot e/o testo tratti da fonti pubblicamente accessibili. Le informazioni fornite hanno esclusivamente finalità di intelligence sulle minacce e di sensibilizzazione sui rischi di cybersecurity. Red Hot Cyber condanna qualsiasi accesso non autorizzato, diffusione impropria o utilizzo illecito di tali dati. Al momento, non è possibile verificare in modo indipendente l’autenticità delle informazioni riportate, poiché l’organizzazione coinvolta non ha ancora rilasciato un comunicato ufficiale sul proprio sito web. Di conseguenza, questo articolo deve essere considerato esclusivamente a scopo informativo e di intelligence.
Le schermate pubblicate mostrano una serie di pagine compromesse.
Post pubblicato su X/Twitter dall’account @cyberundergroundfeed
Analisi dell’attacco
Il defacement, pur essendo spesso considerato un attacco dimostrativo, può avere conseguenze gravi per i siti colpiti, tra cui danni alla reputazione e possibili accessi non autorizzati a dati sensibili. Inoltre, la compromissione di un sito può essere un segnale di falle più profonde nell’infrastruttura IT.
Gli esperti di cybersecurity consigliano ai gestori dei siti web di implementare misure di sicurezza adeguate, tra cui l’aggiornamento costante dei software, l’uso di firewall e sistemi di rilevamento delle intrusioni, oltre a controlli regolari delle vulnerabilità.
Implicazioni e misure di difesa
Sebbene il defacement non comporti necessariamente il furto di dati sensibili, rappresenta un chiaro segnale di vulnerabilità che può essere sfruttato per attacchi più gravi, come il furto di credenziali o l’inserimento di malware.
Per proteggersi da questo tipo di attacchi, è fondamentale adottare alcune misure di sicurezza:
- Aggiornamento costante del software: sistemi operativi, CMS e plugin devono essere sempre aggiornati per ridurre il rischio di exploit.
- Monitoraggio della sicurezza: utilizzare strumenti di rilevamento delle intrusioni per identificare attività sospette in tempo reale.
- Protezione lato server: implementare firewall e sistemi di protezione per limitare l’accesso non autorizzato.
- Backup frequenti: disporre di copie di sicurezza aggiornate consente un rapido ripristino in caso di attacco.
Conclusione
L’attacco informatico è un ulteriore promemoria dell’importanza della sicurezza informatica, specialmente per le realtà che operano online.
Il crescente numero delle attività di hacktivismo cibernetico e quindi di defacement dimostra che molte piattaforme non adottano misure adeguate di protezione, lasciando spazio a intrusioni sempre più frequenti. Per evitare di essere il prossimo bersaglio, è essenziale adottare una strategia di sicurezza proattiva, proteggendo i propri sistemi da eventuali minacce informatiche.
Questo articolo è stato redatto attraverso l’utilizzo della piattaforma Recorded Future, partner strategico di Red Hot Cyber e leader nell’intelligence sulle minacce informatiche, che fornisce analisi avanzate per identificare e contrastare le attività malevole nel cyberspazio.
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Cavi Sottomarini Nel Mirino: La Cina ha un’arma segreta per tagliare le dorsali Internet
Il centro di ricerca scientifica sulla costruzione navale cinese (CSSRC) ha creato il dispositivo , in grado di tagliare cavi sottomarini corazzati a profondità record. Queste linee di comunicazione, realizzate in acciaio, gomma e polimeri, trasportano il 95% dei dati internet mondiali.
Il taglio dei cavi sottomarini potrebbe paralizzare le connessioni Internet di intere regioni, interrompendo i sistemi finanziari e la trasmissione di dati importanti. In caso di conflitto militare, tali azioni possono isolare il nemico dalle comunicazioni globali, privandolo del contatto con gli alleati e dell’accesso a informazioni critiche. Anche i danni temporanei possono causare gravi perdite economiche e destabilizzare la situazione nelle regioni colpite.
Il dispositivo opera fino a profondità di 4.000 metri, ovvero il doppio della profondità dell’attuale infrastruttura di comunicazione sottomarina. Gli ingegneri cinesi lo hanno già adattato per l’installazione sui moderni veicoli sottomarini, tra cui le serie Fendouzhe (“Caccia”) e Haidou.
Un gruppo di ingegneri guidato da Hu Haolong ha risolto un complesso problema tecnico: come far funzionare un meccanismo sottoposto a una pressione di oltre 400 atmosfere. Il corpo in lega di titanio e gli speciali compensatori dell’olio proteggono i componenti interni da pressioni mostruose anche durante l’utilizzo prolungato in profondità.
Le lame convenzionali non erano in grado di tagliare i cavi d’acciaio rinforzati. Qui si è deciso di utilizzare un disco diamantato con un diametro di 150 millimetri, che ruota a una velocità di 1600 giri al minuto. Questa progettazione consente la distruzione dell’armatura d’acciaio.
Considerate le limitate riserve di energia dei veicoli sottomarini, gli sviluppatori hanno dotato il dispositivo di un motore a basso consumo di kilowatt e di un riduttore con un rapporto di trasmissione di 8:1. In questo modo si garantisce una coppia ottimale di 6 Newton metri, anche se in caso di funzionamento prolungato il meccanismo potrebbe surriscaldarsi. A grandi profondità non è visibile quasi nulla, per questo il sistema include anche sistemi di posizionamento avanzati, che aiutano i manipolatori robotici a puntare con precisione lo strumento sul bersaglio.
Ufficialmente il dispositivo è destinato a scopi civili: operazioni di salvataggio ed esplorazione dei fondali marini. Tuttavia, gli esperti militari occidentali sono naturalmente preoccupati per il crescente rischio di sabotaggio.
La Cina oggi possiede la flotta più grande al mondo di sottomarini con e senza pilota, in grado di operare in tutte le zone degli oceani del pianeta. Il nuovo strumento consentirà loro di lavorare segretamente sulle infrastrutture sottomarine, senza dover scendere dalla superficie.
Indipendentemente dagli obiettivi dichiarati, la nuova tecnologia migliorerà le capacità della Cina in ambito marittimo. Secondo gli sviluppatori, ciò è di fondamentale importanza per lo sviluppo dell'”economia blu” e per il rafforzamento della posizione del Paese come potenza marittima leader.
Un altro progetto parla anche della portata delle ambizioni sottomarine della Cina: di recente, costruzione della stazione sul fondo del Mar Cinese Meridionale. Questa struttura, situata a 2.000 metri di profondità, potrà ospitare fino a sei persone che vivranno sott’acqua per un mese intero.
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Nvidia punta sulla fotonica! 400 Tbps per un milione di GPU e un risparmio di energia de 3,5 volte
Alla conferenza GTC 2025, Nvidia ha presentato una nuova strategia per modernizzare l’infrastruttura di rete: integrare l’ottica nei chip degli switch utilizzando la tecnologia ottica co-confezionata (CPO). Questa soluzione eliminerà la necessità dei tradizionali transceiver ottici collegabili e ridurrà significativamente il consumo energetico, aumentando la produttività delle reti dei centri di intelligenza artificiale.
Gli aggiornamenti si basano sull’uso della fotonica al silicio integrata direttamente negli switch ASIC. Questo approccio non solo riduce i costi infrastrutturali, ma riduce anche al minimo la perdita del segnale. In un tipico data center AI con 400.000 GPU, la nuova architettura riduce il consumo energetico della rete da 72 megawatt a 21,6 megawatt, con un miglioramento dell’efficienza energetica di 3,5 volte.
I modelli di punta, gli switch Quantum-X InfiniBand e gli switch Ethernet Spectrum-X, garantiscono una velocità di trasmissione fino a 1,6 Tbps per porta. Le configurazioni vanno da 128 a 512 porte da 800 Gbps con una capacità di elaborazione totale fino a 400 Tbps. Ciò rende i dispositivi adatti all’implementazione in infrastrutture con milioni di GPU.
“Le fabbriche di intelligenza artificiale rappresentano una nuova generazione di data center e le reti tradizionali non sono in grado di far fronte alla loro portata. Integrando la fotonica al silicio direttamente negli switch, Nvidia sta abbattendo le vecchie barriere e aprendo le porte alle reti da milioni di GPU“, ha affermato il fondatore e CEO di Nvidia Jensen Huang.
Nel 2025, Nvidia rilascerà Quantum 3450-LD InfiniBand con 144 porte a 800 Gbps e una capacità totale di 115 Tbps. Nel 2026 appariranno due switch Ethernet: Spectrum SN6810 con 128 porte (102,4 Tbps) e Spectrum SN6800 con 512 porte (409,6 Tbps).
Nonostante il passaggio all’ottico, il rame rimane importante: sistemi come il GB200 NVL72 continuano a utilizzare migliaia di cavi NVLink 5 in rame. Tuttavia, con il passaggio a NVLink 6, i limiti del rame diventeranno evidenti, aumentando la necessità di soluzioni fotoniche.
L’introduzione della fotonica potrebbe avere un impatto anche sulle piccole reti e sugli smartphone aziendali, garantendo loro una connettività più rapida e stabile, consumando meno energia.
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Guerra e Pace: la I.A. nei bellici
@Informatica (Italy e non Italy 😁)
Lo scopo di questo articolo è riflettere su come l’intelligenza artificiale possa essere utilizzata in un contesto bellico e successivamente introdotta in un ambito operativo civile. La Difesa, da sempre, […]
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Il governo statunitense ha condiviso per sbaglio piani militari segreti con un giornalista
Il direttore dell'Atlantic è stato incluso nella chat operativa per un attacco contro gli Houthi: ha capito che non era uno scherzo quando è avvenuto davveroIl Post
IA FAQ INTELLIGENZA ARTIFICIALE. La cultura è pronta all’impatto delle IA? 20 domande che dovremmo porci
Se anche voi state riflettendo su come affrontare l’uso dell’intelligenza artificiale nei musei e nelle istituzioni culturali, questo testo vi aiuterà ad orientarvi nel complesso mondo delle normative legate al diritto d’autore e alle nuove tecnologie, offrendo spunti pratici e legali per orientarti nella gestione quotidiana di queste sfide emergenti.
A cura del Gruppo di lavoro / By Digital Cultural Heritage ICOM ITALIA. Sarah Dominique Orlandi coordinator, Deborah De Angelis, Giuditta Giardini, Cristina Manasse, Anna Maria Marras con il contributo di/ with the contribution of Andrea Bolioli e Michela Rota.
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Kiriku, coda da procione, è arrivata malaticcia e in pieno inverno. E' cresciuta dentro casa e, da qualche settimana, sta scoprendo il mondo di fuori. La lunaria, arrivata sola qualche anno fa, la fa da padrona colorando il bosco spoglio. La primavera incombe con tutto il suo twittare. Cince e upupe si fanno sentire più degli altri, Le lucertole sbadigliano mentre i ghiri, per fortuna, ancora se la dormono. (il secondo post è sempre il più difficile......) 😀
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