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L’Esercito USA si evolve: più potenza per operazioni cyber e elettroniche


L’esercito statunitense sta investendo sempre più nella reintroduzione delle capacità di guerra elettronica tra le sue truppe, prevedendo di potenziare le unità a livello di divisione con strumenti informatici avanzati nei prossimi due anni. Questo sviluppo nasce dalla necessità di rispondere a operazioni di guerra informatica a livello tattico, dato che la Cyber Mission Force si concentra principalmente su obiettivi strategici accessibili via Internet, lasciando un vuoto operativo per ciò che avviene direttamente sul campo. Le nuove capacità permetteranno ai comandanti di manovra di utilizzare strumenti digitali terrestri per supportare le proprie formazioni, integrando le operazioni elettroniche e informatiche nelle strategie di combattimento quotidiane.

La maggior parte di queste capacità sarà gestita dall’11° Battaglione Cyber, che fornisce operazioni tattiche di rete terrestre, guerra elettronica e operazioni di informazione. Il battaglione include team di attività informatiche ed elettromagnetiche (ECT) di spedizione, progettati per essere scalabili in base alle esigenze operative. Durante le rotazioni recenti, i team hanno condotto ricognizioni elettromagnetiche, operazioni offensive a radiofrequenza e attacchi speciali a supporto di unità corazzate, di fanteria e aviotrasportate, dimostrando la capacità di integrare strumenti digitali avanzati nelle operazioni sul campo.

Il personale del ramo cyber dell’Esercito, incluso nella 17th Career Series, viene formato sia nella guerra informatica sia in quella elettromagnetica, permettendo di affrontare le sfide che sorgono nei confini sfumati tra cybersecurity tattica, networking RF e guerra elettronica pura. L’istituzione di cellule di Cyber ed Electromagnetic Activity (CEMA) all’interno degli staff di tutti i livelli garantisce la pianificazione e la sincronizzazione delle capacità, consentendo ai team ECT di essere schierati rapidamente quando i comandanti lo ritengono necessario. La sperimentazione in corso mira a individuare le sedi più efficaci per distribuire questi team, sia a livello di teatro operativo sia di corpo d’armata.

Uno dei principali obiettivi dell’Esercito è trovare un equilibrio tra capacità a livello locale e a livelli superiori, permettendo alle forze informatiche di comprendere le attività nemiche e decidere se intervenire direttamente o richiedere supporto superiore. La sperimentazione condotta dal Cyber Center of Excellence ha evidenziato come la comprensione dello spazio IP e dello spettro RF sia fondamentale per una risposta tempestiva ed efficace, garantendo al contempo la protezione delle proprie reti e la capacità di neutralizzare le minacce avversarie.

Le capacità informatiche a livello di divisione non saranno fornite solo dall’11° Battaglione Cyber, ma anche dalla Multi-Domain Task Force dell’esercito statunitense. L’integrazione di questi strumenti nelle formazioni tattiche sul campo diventa una priorità strategica per il capo consulente informatico dell’Esercito, il quale ha il compito di garantire che le risorse necessarie siano allocate in modo efficiente e che la cyber-expeditionary sia pienamente operativa. L’adozione di tali capacità consente di operare efficacemente in ambienti complessi, dove l’accesso remoto non è sempre possibile e la guerra elettronica richiede interventi ravvicinati.

Il Generale Ryan Janovic ha sottolineato che comprendere lo spazio IP e la rete in cui si opera è essenziale per fornire supporto immediato ai comandanti, mentre Brandon Pugh, primo consulente informatico capo dell’Esercito, ha evidenziato l’importanza di sensibilizzare l’opinione pubblica e i vertici militari sulla necessità di integrare le capacità informatiche e di guerra elettronica in tutta la forza di combattimento. Solo attraverso questa integrazione sarà possibile garantire prontezza operativa, rapidità di risposta e sicurezza sul futuro campo di battaglia.

In conclusione, l’Esercito degli Stati Uniti sta trasformando la propria struttura digitale e tattica per affrontare le minacce informatiche emergenti. Con la creazione di team specializzati, l’istituzione di cellule CEMA e la sperimentazione di strategie di integrazione, le divisioni saranno in grado di operare con maggiore autonomia e efficacia, portando la guerra elettronica e le operazioni cyber direttamente dove servono, rafforzando le capacità complessive delle forze statunitensi sul terreno.

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19 milioni di installazioni relative a 77APP distribuiscono malware su Google Play


I ricercatori di Zscaler hanno scoperto che 77 app Android dannose, con un totale complessivo di oltre 19 milioni di installazioni, distribuivano varie famiglie di malware nello store ufficiale di Google Play.

“Abbiamo identificato un forte aumento del numero di app pubblicitarie dannose nel Google Play Store, insieme a minacce come Joker, Harly e trojan bancari come Anatsa”, scrivono gli esperti. “Allo stesso tempo, si è registrata una notevole diminuzione dell’attività di famiglie di malware come Facestealer e Coper.”

I ricercatori hanno scoperto la campagna mentre indagavano su una nuova ondata di infezioni da trojan bancario Anatsa (noto anche come Tea Bot) che prendevano di mira i dispositivi Android.

Sebbene la maggior parte delle app dannose (oltre il 66%) contenesse adware, la minaccia più comune era Joker, che i ricercatori hanno trovato in quasi il 25% delle app analizzate. Una volta installato sul dispositivo della vittima, Joker è in grado di leggere e inviare SMS, acquisire screenshot, effettuare chiamate, rubare elenchi di contatti, accedere alle informazioni del dispositivo e iscrivere gli utenti a servizi premium.

Una percentuale minore di applicazioni dannose si è rivelata mascherata da vari programmi innocui (i ricercatori hanno definito tali minacce con il termine “maskware“). Tali applicazioni fingono di essere legittime e di avere le funzioni dichiarate nella descrizione, ma svolgono attività dannose in background.

È stata scoperta anche una variante del malware Joker chiamata Harly, un’app legittima con un payload dannoso nascosto in profondità nel codice per evitare di essere rilevato. A marzo di quest’anno, Human Security ha segnalato che Harly potrebbe nascondersi in app popolari come giochi, sfondi, torce elettriche ed editor di foto.

Il rapporto di Zscaler rileva che l’ultima versione di Anatsa Banker è in grado di attaccare ancora più applicazioni bancarie e di criptovaluta, aumentandone il numero da 650 a 831. Pertanto, il malware scarica pagine di phishing e un modulo keylogger dal suo server di comando e controllo e ora può attaccare utenti da Germania e Corea del Sud.

Gli autori del malware utilizzano come esca un’applicazione chiamata Document Reader – File Manager, che scarica Anatsa solo dopo l’installazione per eludere i controlli di Google. Inoltre, nella nuova campagna, gli aggressori sono passati dal caricamento dinamico remoto del codice DEX all’installazione diretta del malware, decomprimendolo dai file JSON ed eliminandolo.

Per evitare l’analisi statica, il trojan utilizza archivi APK corrotti, la crittografia DES delle stringhe durante l’esecuzione ed è in grado di rilevare l’emulazione. Anche i nomi e gli hash dei pacchetti cambiano periodicamente.Gli analisti di Zscaler segnalano che Google ha rimosso dallo store ufficiale tutte le app dannose rilevate.

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#Cina, #India e l'incubo di #Trump


altrenotizie.org/primo-piano/1…




l'Inter riparte da cinque


altrenotizie.org/spalla/10764-…


comunque credo di aver notato una differenza di approccio tra la generazione di informatici nati diciamo con il mondo commodore & spectrum (generazione dei nati nel 1970-1975) e i precedenti. per noi l'informatica è qualcosa di sempre utile. dove qualsiasi cosa, in salsa microprocessore e sw, è necessariamente più flessibile ed efficiente e con un'interfaccia più leggibile. le generazioni precedenti forse sono quelle che hanno lavorato si nell'informatica ma preferiscono mantenere distinti gli ambiti, dove le radio per essere radio devono essere hardware solo e puro ecc ecc ecc.


Questo sono io che tutto stupito mi faccio la foto ricordo fuori dal primo AutoVeg della mia vita 😮

Stavamo tornando da un minitour in Sicilia passando per la Calabria, e c'era un traffico bestiale, tipo controesodo di fine Agosto, bollino rosso proprio. A un certo punto mi viene un po' di fame ma mi dico che non mi fermerò mai all'Autogrill, se non per pisciare, perché in quel non-luogo maledetto ti prendono per il collo, ti fanno pagare l'acqua come fosse champaigne, panini schifosi come fossero gourmet etc.etc. Proprio mentre facevo questi ragionamenti vedo il cartello lato strada di questo posto chiamato AutoVeg. Mi fermo subito, parcheggio al volo ed entro. All'interno trovo un locale pieno di banchi di frutta e verdura di tutti i tipi, tipo un mercato proprio, dalle carote ai cocomeri, dalle banane a tutto il resto. Vedo i prezzi e sono decenti. Ci sono anche robe sporzionate, promte per essere mangiate sui tavolini allestiti poco più in là, vicino al banco del bar, dove dalle vetrine si intravedono anche panini, affettati (sicuramente vegani), verdure sott'olio, tipo il banco di un pizzicarolo insomma, ma anche insalate di farro, cous cous e cose del genere. E poi serie di frigo con la G4zaCola dentro, diapenser di acqua gratuita per tuttu, etc.etc Insomma, un sogno. Allora fermo un'inserviente del reparto frutta e le dico: scusi ma che posto assurdo è questo?! E lei mi fa: questo è il progetto pilota di una nuova catena tipo Autogrill, ideata e gestita da una cooperativa di produttori e consumatori nata a Bugliano. E io le chiedo: ma come è possibile che i prezzi siano così bassi rispetto all'Autogrill?! E lei: be' chiaro, i prezzi sono onesti perché non c'è nessuno a monte che fa guadagni stratosferici sulla pelle dei lavoratori, dei produttori e dei consumatori. Io basito. Comunque vabbe', per farla breve compro un kilo di carote, un kilo di pomodorini, tutto già lavato e pronto per essere consumato on the road, poi un kilo di banane mature, un pacchetto di ceci secchi e anche una confezione di piadine integrali, per fare un banana spliff a un certo punto, hai visto mai. Tutto quello che mi serve per affrontare a pancia piena e senza alcuna pesantezza da junk-food il viaggio verso casa, che purtroppo si annuncia lunghissimo. Quindi insomma, se vedete anche voi questa insegna, fermatevi con fiducia, straconsigliata! 👍😋

#AutoVeg #vegan #veg

Unknown parent

friendica (DFRN) - Collegamento all'originale
Adriano Bono
@Dún Piteog in realtà no, tutto falso, un sogno ad occhi aperti più che altro 🤣






Truffa Spid, cambiano l’IBAN su NoiPA e ti rubano lo stipendio: in guardia i dipendenti pubblici


@Informatica (Italy e non Italy 😁)
Una dipendente pubblica di Roma, non vedendosi accreditata la tredicesima, è entrata nella sua area privata sul portale NoiPA, gestito da Sogei per conto del ministero dell’Economia, e ha scoperto la truffa subìta: le erano



In ricordo di Carlo Pepi


@Giornalismo e disordine informativo
articolo21.org/2025/08/in-rico…
Carlo, c’è chi ti ha chiamato il “Don Chisciotte dell’arte”. Si sbagliava: sei stato un paladino della legalità. Un paladino munito di expertise, certificata – su nostra indicazione – dalla Fondazione Antonino Caponnetto. Ricordiamo quel giorno in cui ti premiammo: commosso, come sempre, ma pieno di



trump fa l'"equidistante" tra aggredito e aggressore. ma non c'è nel suo corpo una sola fibra di giustizia che si ribella e gli dice quanto è xxxxxx? ma lui tra la figlia stuprata e lo stupratore si metterebbe a un tavolo a chiedere che i 2 si parlino e mettano d'accordo? ma poi mettersi d'accordo su cosa? lo stupratore deve pagare per quello che ha fatto.


Confirmation of Record 220 PeV Cosmic Neutrino Hit on Earth


One of the photo-detector spheres of ARCA (Credit: KM3NeT)

Neutrinos are exceedingly common in the Universe, with billions of them zipping around us throughout the day from a variety of sources. Due to their extremely low mass and no electric charge they barely ever interact with other particles, making these so-called ‘ghost particles’ very hard to detect. That said, when they do interact the result is rather spectacular as they impart significant kinetic energy. The resulting flash of energy is used by neutrino detectors, with most neutrinos generally pegging out at around 10 petaelectronvolt (PeV), except for a 2023 event.

This neutrino event which occurred on February 13th back in 2023 was detected by the KM3NeT/ARCA detector and has now been classified as an ultra-high energy neutrino event at 220 PeV, suggesting that it was likely a cosmogenic neutrinos. When we originally reported on this KM3-230213A event, the data was still being analyzed based on a detected muon from the neutrino interaction even, with the researchers also having to exclude the possibility of it being a sensor glitch.

By comparing the KM3-230213A event data with data from other events at other detectors, it was possible to deduce that the most likely explanation was one of these ultra-high energy neutrinos. Since these are relatively rare compared to neutrinos that originate within or near Earth’s solar system, it’ll likely take a while for more of these detection events. As the KM3NeT/ARCA detector grid is still being expanded, we may see many more of them in Earth’s oceans. After all, if a neutrino hits a particle but there’s no sensor around to detect it, we’d never know it happened.


Top image: One of the photo-detector spheres of ARCA (Credit: KM3NeT)


hackaday.com/2025/08/26/confir…



Oggi, presso la Sala Neri Generali Cattolica del Meeting di Rimini, si svolgerà l’evento “I giovani e la sfida della formazione” alla presenza del Ministro Giuseppe Valditara.

Qui la diretta dalle ore 13 ➡ youtube.



Buon compleanno Windows 95: 30 anni per un sistema che ha cambiato i PC per sempre!


Il 24 agosto 2025 ha segnato i 30 anni dal lancio di Windows 95, il primo sistema operativo consumer a 32 bit di Microsoft destinato al mercato di massa, che ha rivoluzionato in modo significativo il mondo dei personal computer. Nell’era della limitata connettività Internet domestica, il software veniva venduto in confezioni e la domanda era da record: un milione di copie furono vendute nei primi quattro giorni e circa 40 milioni in un anno.

Un sistema operativo moderno


Windows 95 rappresentò una svolta nella strategia aziendale. Dopo il successo di Windows 3.0, Microsoft si propose di unire i mondi disparati di MS-DOS e Windows in un’unica esperienza utente. Per raggiungere il pubblico più vasto possibile, i requisiti minimi furono mantenuti molto bassi: un processore 386DX, 4 MB di RAM e 50-55 MB di spazio su disco. In pratica, molti PC “da gioco” a 16 bit dell’epoca non soddisfacevano questi standard, il che causò reazioni contrastanti da parte degli utenti al lancio.

Le principali innovazioni divennero rapidamente standard del settore. C’erano un pulsante e un menu Start, un’interfaccia unificata basata su Windows Explorer, un’API Win32 completa a 32 bit e un ambiente multitasking preselezionato.

Il sistema eseguiva software di tre generazioni contemporaneamente – programmi DOS, applicazioni Windows a 16 bit e nuove applicazioni a 32 bit – grazie a un’architettura ibrida in cui il “kernel” DOS a 16 bit fungeva da bootloader e livello di compatibilità. Persino il programma di installazione si basava su diversi mini-sistemi per supportare il numero massimo di configurazioni PC.

Le basi per tutti gli OS di oggi


Contrariamente a quanto si pensa, non fu il “DOS 7 con shell”, ma un sistema operativo multitasking a 32 bit a tutti gli effetti a stabilire nuove regole sia in ambito tecnologico che di marketing.

Il supporto ufficiale per Windows 95 terminò nel dicembre 2001, ma la sua influenza si fa sentire ancora oggi, dalle abitudini informatiche agli approcci allo sviluppo e alla distribuzione del software.

Il trentesimo anniversario di Windows 95 non è solo una celebrazione nostalgica: rappresenta il riconoscimento di un sistema operativo che ha segnato un punto di svolta nell’informatica consumer. Con la sua interfaccia unificata, il menu Start e il supporto multitasking a 32 bit, Windows 95 ha posto le basi per gli standard dei sistemi operativi moderni e ha cambiato il modo in cui milioni di persone interagiscono con i computer.

Il successo immediato e l’adozione di massa dimostrano quanto fosse importante rendere la tecnologia accessibile, mantenendo requisiti minimi bassi e combinando innovazione e praticità. Ancora oggi, molte delle idee introdotte in quel lontano 1995 – dall’esperienza utente all’integrazione di software legacy – influenzano il design dei sistemi operativi contemporanei, confermando l’eredità duratura di Windows 95 nel mondo dell’informatica.

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Un lancio esplosivo con i Rolling Stone


Nel lancio di Windows 95, Microsoft ha scelto la celebre canzone dei Rolling Stones, “Start Me Up”, come colonna sonora per la sua campagna pubblicitaria. Questa decisione non solo ha reso memorabile il debutto del sistema operativo, ma ha anche segnato una svolta nel marketing tecnologico.

La scelta di “Start Me Up” si è rivelata perfetta: il titolo della canzone si sposava idealmente con il nuovo “Start Button” introdotto in Windows 95. Tuttavia, ottenere i diritti per utilizzare il brano non è stato semplice. Secondo Brad Chase, responsabile del marketing di Windows 95, Microsoft ha dovuto affrontare trattative difficili con i rappresentanti dei Rolling Stones, che inizialmente chiedevano una cifra considerevole per l’uso del brano. Brad Chase

Nonostante le sfide, l’accordo è stato raggiunto e “Start Me Up” è diventata la colonna sonora di uno degli spot più iconici nella storia della tecnologia. La campagna pubblicitaria, che ha incluso anche apparizioni di celebrità come Jay Leno, Jennifer Aniston e Matthew Perry, ha contribuito a rendere Windows 95 un fenomeno culturale, attirando l’attenzione di milioni di consumatori in tutto il mondo.

Questa mossa ha dimostrato l’importanza di un marketing creativo e mirato, capace di associare un prodotto tecnologico a elementi della cultura popolare, creando un legame emotivo con il pubblico. L’uso di “Start Me Up” ha trasformato il lancio di Windows 95 in un evento memorabile, consolidando la sua posizione nella storia dell’informatica.

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Influencer al posto dei giornalisti: Israele prova a occultare la fame a Gaza


@Notizie dall'Italia e dal mondo
I nuovi testimonial del governo Netanyahu, liberi di entrare mentre i giornalisti vengono tenuti a distanza, mostrano banchi con aiuti alimentari, convogli ordinati, scorte distribuite “generosamente” al popolo palestinese.
L'articolo Influencer al



Flottiglia globale per Gaza: via alle partenze dall’Italia


@Notizie dall'Italia e dal mondo
Dall’Italia si uniscono alla mobilitazione mondiale decine di imbarcazioni di attivisti e aiuti umanitari, in partenza da Genova e dalla Sicilia per rompere l’assedio di Gaza e gettare luce sui crimini contro la popolazione palestinese
L'articolo Flottiglia globale per Gaza: via alle



STAGERSHELL: quando il malware non lascia tracce. L’analisi di Malware Forge


All’inizio del 2025 un’organizzazione italiana si è trovata vittima di un’intrusione subdola. Nessun exploit clamoroso, nessun attacco da manuale. A spalancare la porta agli aggressori è stato un account VPN rimasto attivo dopo la cessazione di un ex dipendente. Una semplice dimenticanza che ha permesso agli attaccanti di infiltrarsi nella rete senza sforzi apparenti. Da lì in poi, il resto è stato un gioco di pazienza: movimento silenzioso, escalation dei privilegi e mesi di presenza nascosta all’interno dell’infrastruttura.

All’analisi hanno partecipato Manuel Roccon, Alessio Stefan, Bajram Zeqiri (aka Frost), Agostino pellegrino, Sandro Sana e Bernardo Simonetto.

Scarica il report STAGERSHELL realizzato da Malware Forge

La scoperta di StagerShell


Durante le operazioni di incident response un Blue Team ha individuato due artefatti sospetti. Non erano i soliti file eseguibili, ma script PowerShell capaci di agire direttamente in memoria.

È qui che entra in scena il malware il protagonista del report pubblicato dal laboratorio di Malware Analysis di Red Hot Cyber Malware Forge, che il laboratorio ha dato nome StagerShell. Si tratta di un componente invisibile agli occhi dei sistemi meno evoluti, progettato per preparare il terreno a un secondo stadio più aggressivo, con ogni probabilità un ransomware.

La caratteristica principale di StagerShell è la sua natura fileless. Questo significa che non lascia file sul disco, non sporca l’ambiente con tracce evidenti, ma si insinua nei processi di memoria. Un approccio che gli consente di sfuggire a gran parte delle difese tradizionali. In pratica, il malware non è un ladro che sfonda la porta, ma un intruso che si mescola silenziosamente tra chi vive già nell’edificio, diventando difficile da riconoscere.

Il nome non è casuale: StagerShell è uno “stager”, ovvero un trampolino di lancio. Il suo compito non è infliggere il danno finale, ma aprire un canale invisibile attraverso cui far arrivare il vero payload. In altre parole, prepara la strada e rende più semplice e rapido il lavoro del malware principale, che spesso entra in scena solo nella fase finale, quella più devastante. È il preludio di un attacco che si concretizza quando ormai gli aggressori hanno già ottenuto un vantaggio tattico enorme.

Somiglianze con i grandi gruppi criminali


Gli analisti del Malware Forge hanno notato una forte somiglianza tra StagerShell e strumenti già utilizzati da gruppi criminali come Black Basta. Dopo il collasso di quella sigla, molti suoi affiliati sono confluiti in organizzazioni come Akira e Cactus, molto attive anche in Italia e in particolare nel Nord-Est, la stessa area colpita da questo episodio. Non è stato possibile attribuire con certezza l’attacco, ma il contesto lascia pochi dubbi: si trattava di una campagna ransomware interrotta prima della fase di cifratura. Resta però l’ombra dell’esfiltrazione: su un Domain Controller è stato trovato un file da 16 GB, segno evidente che i dati erano già stati trafugati.

Errori banali e lezioni imparate


Questo caso mostra chiaramente come, spesso, non siano i super exploit a mettere in crisi le aziende, ma gli errori di gestione quotidiani. Un account non disabilitato, una credenziale dimenticata, un controllo mancante. A questo si somma la capacità degli attaccanti di combinare strumenti noti con tecniche di elusione avanzate, capaci di confondere antivirus e sistemi di difesa meno evoluti. È la combinazione perfetta: da una parte la leggerezza delle vittime, dall’altra la creatività dei criminali.

Il report lancia un messaggio chiaro: la sicurezza non è statica. Non basta avere firewall e antivirus se non vengono accompagnati da monitoraggio continuo, revisione costante degli accessi e capacità di risposta rapida agli incidenti. In questo caso sono stati gli alert EDR e la prontezza del Blue Team a impedire il peggio. Ma è evidente che senza un’attenzione maggiore, l’operazione avrebbe potuto concludersi con una cifratura massiva e un fermo totale dell’infrastruttura.

Gli attacchi fileless non sono un fenomeno raro né circoscritto a grandi multinazionali. Sono una realtà quotidiana, che colpisce imprese di tutte le dimensioni. Per gli attaccanti, l’Italia – e in particolare le aree produttive – è un obiettivo redditizio: catene di fornitura critiche, aziende manifatturiere che non possono fermarsi, informazioni preziose da rivendere o utilizzare come leva di ricatto. È un problema sistemico che va affrontato con consapevolezza e serietà.

Perché leggere il report


Il documento del Malware Forge non è un semplice approfondimento tecnico. È uno strumento pratico per capire come gli aggressori operano davvero, quali errori sfruttano e quali contromisure possono fare la differenza. Racconta un caso reale, con protagonisti e dinamiche concrete, e lo traduce in lezioni che ogni organizzazione può applicare. Non è teoria, è esperienza sul campo.

Pubblicare questo tipo di analisi significa trasformare la conoscenza in difesa. È l’idea che guida Red Hot Cyber: riconoscere il rischio, raccontarlo, condividere ciò che si è imparato. Non è un gesto accademico, ma un modo concreto per rendere più difficile la vita agli aggressori e più matura la comunità della sicurezza. Perché il sapere, in questo ambito, non è potere se resta chiuso in un cassetto: diventa potere solo quando è diffuso.

Una sveglia per tutti


StagerShell ci insegna che l’intrusione più pericolosa è spesso quella che non vedi. È il segnale che non ha ancora fatto rumore, la presenza silenziosa che prepara un attacco devastante. Leggere il report significa prendere coscienza di queste dinamiche e portarsi a casa tre convinzioni semplici: chiudere ciò che non serve, vedere ciò che conta, reagire senza esitazione.

La prossima intrusione potrebbe essere già iniziata. E, come StagerShell dimostra, quello che non vedi è proprio ciò che ti mette più in pericolo.

Chi sono gli specialisti di Malware Forge


Gli specialisti di Malware Forge rappresentano il cuore tecnico della sotto-community di Red Hot Cyber dedicata alla Malware Analysis. Si tratta di professionisti con competenze avanzate nell’analisi dei malware, nella reverse engineering, nella sicurezza offensiva e difensiva, capaci di ricostruire comportamenti complessi dei codici malevoli e di tradurli in informazioni pratiche per aziende, istituzioni e professionisti del settore.

Il loro lavoro non si limita alla semplice identificazione di un malware: gli specialisti studiano come gli attaccanti operano, quali vulnerabilità sfruttano, come si muovono lateralmente all’interno delle reti e come pianificano le loro campagne (anche con la collaborazione degli altri gruppi di Red Hot Cyber come HackerHood specializzati nell’hacking etico oppure Dark Lab, specializzati nella cyber threat intelligence. Grazie a questa expertise, Malware Forge produce report dettagliati e documenti tecnici, trasformando dati grezzi in intelligence operativa e tattica che permette di prevenire e mitigare attacchi reali.

Chi fosse interessato a entrare a far parte della community e collaborare con Malware Forge può trovare tutte le informazioni e le modalità di adesione in questo articolo ufficiale: Malware Forge: nasce il laboratorio di Malware Analysis di Red Hot Cyber.

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VIC-20 Gets ISA Slot, Networking


There are few computing collapses more spectacular than the downfall of Commodore, but its rise as a home computer powerhouse in the early 80s was equally impressive. Driven initially by the VIC-20, this was the first home computer model to sell over a million units thanks to its low cost and accessibility for people outside of niche markets and hobbyist communities.

The VIC-20 would quickly be eclipsed by the much more famous Commodore 64, but for those still using these older machines there are a few tweaks to give it some extra functionality it was never originally designed for like this build which gives it an ISA bus.

To begin adapting the VIC-20 to the ISA standard, [Lee] built a fixed interrupt line handled with a simple transistor circuit. From there he started mapping memory and timing signals. The first attempt to find a portion of memory to use failed as it wasn’t as unused as he had thought, but eventually he settled on using the I/O area instead although still had to solve some problems with quirky ISA timing. There’s also a programmable logic chip which was needed to generate three additional signals for proper communication.

After solving some other issues around interrupts [Lee] was finally able to get the ISA bus working, specifically so he could add a 3Com networking card and get his VIC-20 on his LAN. Although the ISA bus has since gone out of fashion on modern computers, if you still have a computer with one (or build one onto your VIC-20), it is a surprisingly versatile expansion port.

Thanks to [Stephen] for the tip!


hackaday.com/2025/08/26/vic-20…

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RDP sotto Tiro! 30.000 indirizzi IP univoci sondano i servizi esposti per attacchi mirati


I ricercatori di sicurezza di greyNoise hanno rilevato una vasta operazione di scansione coordinata contro i servizi Microsoft Remote Desktop Protocol (RDP), durante la quale gli aggressori hanno scansionato oltre 30.000 indirizzi IP unici al fine di valutare le vulnerabilità presenti nei portali di autenticazione Microsoft RD Web Access e RDP Web Client.

La metodologia di attacco si concentra sull’enumerazione dell’autenticazione basata sul tempo, una tecnica che sfrutta le sottili differenze nei tempi di risposta del server per identificare nomi utente validi senza attivare i tradizionali meccanismi di rilevamento brute force.

Questo approccio consente agli aggressori di creare elenchi completi di obiettivi per successive operazioni di credential stuffing e password spraying, mantenendo al contempo la massima discrezione operativa.

La campagna, riportano i ricercatori di GrayNoise, rappresenta una delle più grandi operazioni di ricognizione coordinate dell’RDP osservate negli ultimi anni, segnalando la potenziale preparazione per attacchi su larga scala basati sulle credenziali. L’operazione di scansione è iniziata con una prima ondata il 21 agosto 2025, coinvolgendo quasi 2.000 indirizzi IP contemporaneamente.

La tempistica della campagna coincide con il periodo di ritorno a scuola negli Stati Uniti, quando gli istituti scolastici solitamente implementano ambienti di laboratorio abilitati RDP e sistemi di accesso remoto per gli studenti in arrivo. Questa finestra di targeting è strategicamente significativa, poiché le reti educative spesso implementano schemi di nomi utente prevedibili (ID studente, formati nome.cognome) che facilitano gli attacchi di enumerazione.

L’analisi della telemetria di rete rivela che il 92% dell’infrastruttura di scansione è costituito da indirizzi IP dannosi precedentemente classificati, con traffico di origine fortemente concentrato in Brasile (73% delle origini osservate) e mirato esclusivamente agli endpoint RDP con sede negli Stati Uniti.

Tuttavia, la campagna ha subito un’escalation drammatica il 24 agosto, quando i ricercatori di sicurezza hanno rilevato oltre 30.000 indirizzi IP univoci che conducevano indagini coordinate utilizzando firme client identiche, il che indica una sofisticata infrastruttura botnet o un’implementazione coordinata di un set di strumenti. I modelli uniformi di firma client su 1.851 dei 1.971 host di scansione iniziali suggeriscono un’infrastruttura di comando e controllo centralizzata tipica delle operazioni APT (Advanced Persistent Threat).

Gli autori della minaccia stanno conducendo operazioni di ricognizione in più fasi, identificando prima gli endpoint RD Web Access e RDP Web Client esposti, quindi testando i flussi di lavoro di autenticazione per individuare vulnerabilità di divulgazione delle informazioni. Questo approccio sistematico consente la creazione di database di destinazione completi contenenti nomi utente validi ed endpoint accessibili per future campagne di sfruttamento.

I ricercatori della sicurezza hanno osservato che la stessa infrastruttura IP è stata osservata mentre eseguiva scansioni parallele per servizi proxy aperti e operazioni di web crawling, il che indica un toolkit di minacce multiuso progettato per una ricognizione completa della rete.

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