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Girovagando su Facebook tra i gruppi dedicati all'aeronautica ho trovato una bella storia, con un tocco umoristico, dedicata allo "spirito di corpo", scritta da un pilota di G-91.
Ho voluto ricondividerla nel fediverso, cogliendo anche l'occasione per accennare dell'esistenza di Feddit su quell'altro social là, che male non fa.


Le relazioni tra Repubblica Democratica del Congo (RDC) e Ruanda sono in una fase di costante deterioramento dallo scorso giugno.


Interessante articolo: Ostinarsi all'uso di Whatsapp: come perseverare inconsapevolmente. I perché dei nostri «No»
notes.nicfab.it/it/posts/nowa/

Antonino Campaniolo 👣 reshared this.



Il Sole in un incredibile video in 8K! | Passione Astronomia

I dettagli del Sole, la nostra Stella, come non li abbiamo mai visti grazie alla sonda Solar Dynamics Observatory della NASA

passioneastronomia.it/il-sole-…



Mercati finanziari: facciamo il punto sulle strategie più gettonate per investire in criptovalute


Sempre più persone decidono di investire in criptovalute per il semplice motivo che questo asset è ormai sempre più conosciuto e in grado di risultare particolarmente interessante. Analisti e investitori cercano costantemente di comprendere quali possano essere le crypto in grado affermarsi nel prossimo futuro e quindi di acquisire un valore significativo, come successo negli […]

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Caso Soumahoro, il problema è democratico, non personale - Kulturjam

"Tutto si riduce a questioni di comunicazione. Una manciata di saggi, lontani dall’umidità delle sezioni, ragionano su come impacchettare il prodotto perché possa accattivare i consumatori per la prossima campagna pubblicitaria. Per individuare parole d’ordine spendibili nella futura competizione di mercato, nella quale le star più seducenti venderanno le proprie militanze. Perlopiù indistinguibili l’una dall’altra."

kulturjam.it/politica-e-attual…



Colombia: la ‘paz total’ del Presidente ex guerrigliero


'Paz total', pace totale. E' il grande progetto di Gustavo Petro, il primo Presidente di sinistra della Colombia, economista ed ex guerrigliero. Pace con tutti i 26 gruppi di guerriglieri che, dopo 70 anni di conflitto. Dal 21 novembre sono partiti i dialoghi con l'ELN. Ecco gli ostacoli

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Friendica è un software magnifico da utilizzare e, anche se è sicuramente meno immediato e facile da usare rispetto a mastedon, rappresenta ad oggi l'ambiente che consente la migliore esperienza d'uso nel fediverso.

PURTROPPO PERÒ non consente agli utenti di operare segnalazioni su contenuti inappropriati, nemico consente agli amministratori di leggere le segnalazioni provenienti dalle istanze #mastodon, #pleroma, #misskey o #lemmy

Se riscontrate contenuti inappropriati su #poliverso, segnalateli perciò direttamente a noi oppure ad @Signor Amministratore

in reply to Signor Amministratore ⁂

ieri ho provato con il computer... Non saprei fare il tethering: non riesco a far andare internet con l'hotspot del telefono 🤷‍♀️
in reply to Eileen194

@Eileen194 mi sono dimenticato di dirtelo, ma ti ricordo che il tethering funziona solo se il tuo computer dispone di una scheda di rete wi-fi. In ogni caso ti basta andare sulle impostazioni del telefono e cercare la voce WiFi, Tethering o router wi-fi, decidere il nome della rete e stabilire una password. A quel punto devi attivare il tethering e connetterti dal tuo computer sulla rete wi-fi con lo stesso nome che hai dato tu. Per curiosità però mi sapresti dire con quale gestore internet di rete fissa ti colleghi? E infine, hai provato a connetterti attraverso Tor browser? Tor è un sistema che ti permetterebbe di bypassare eventuali blocchi del tuo gestore di rete fissa


Holodomor, genocidio per fame


Durante la guerra russa all’Ucraina, l’esercito di Putin si è appropriato delle scorte di grano delle regioni conquistate, ne ha impedito l’esportazione, e ha usato la distribuzione di cibo nelle zone occupate come uno strumento per il controllo e la sott

Durante la guerra russa all’Ucraina, l’esercito di Putin si è appropriato delle scorte di grano delle regioni conquistate, ne ha impedito l’esportazione, e ha usato la distribuzione di cibo nelle zone occupate come uno strumento per il controllo e la sottomissione della popolazione. L’uso del ricatto della fame nei confronti della popolazione è un’eco sinistra della più grande catastrofe, insieme alla Seconda guerra mondiale, della storia ucraina.

In questo inverno di guerra cade infatti il novantesimo anniversario dello Holodomor, lo “sterminio per fame” (dalle parole ucraine holod , “fame”, e moryty, “portare all’esaurimento, uccidere”). La grande carestia in Ucraina fu la più grande tra quelle provocate dalla violenta campagna di asservimento di più di cento milioni di contadini e nomadi allo stato sovietico, ovvero la loro concentrazione forzata nelle fattorie collettive, una misura decisa alla fine del 1929 da Stalin per estrarre più facilmente il raccolto da parte di un regime impegnato in una forsennata espansione dell’industria pesante e militare

Il grano sottratto ai contadini era sia usato per nutrire città ed esercito, sia esportato, insieme al legname e altre materie prime, in modo da ottenere valuta forte e importare tecnologia per l’industria: una politica che l’incompetenza economica, l’ideologia comunista, e le pratiche violente abituali fin dalla guerra civile portarono il gruppo di Stalin a mettere in atto attraverso l’abolizione del mercato legale e un programma di sfruttamento violento degli agricoltori.

Per spezzare preventivamente la resistenza contadina e allo stesso tempo dotare le nuove fattorie collettive di attrezzi agricoli e bestie da soma, i contadini più intraprendenti (a cui lo stato affibbiò l’etichetta spregiativa di kulak , ovvero strozzini e sfruttatori rurali, una categoria pseudo-classista che fu poi estesa a chiunque si opponesse alla collettivizzazione) furono deportati con le loro famiglie verso la Siberia, la Russia del nord, il Kazakistan: in tutto 2,25 milioni nella prima metà degli anni trenta.

Queste deportazioni non impedirono comunque una vastissima ondata di rivolte nelle campagne, particolarmente imponenti in Ucraina, Kazakistan e nel Caucaso, in cui contadini male armati uccisero centinaia di comunisti e amministratori. Almeno il 10 per cento dei contadini deportati morì poi di fame (soprattutto quelli abbandonati nelle steppe kazache all’apice della carestia): la morte di centinaia di migliaia di loro fu un evento parte del “grappolo” di distinte carestie provocate dalla collettivizzazione.

Nei primi anni trenta una serie di carestie regionali si diffuse infatti – paradossalmente – nelle principali regioni cerealicole sovietiche: l’Ucraina, il Caucaso settentrionale e la regione del Volga.

La carestia in Kazakistan ebbe una dinamica differente.

Nell’estate del 1930, il Cremlino decise di usare il bestiame dei kazachi, il più grande popolo nomade-pastorale sovietico, per nutrire la popolazione di Mosca, Leningrado e altri centri industriali, e per fare fronte alla mancanza di forza da traino nelle fattorie collettive in Russia (i contadini avevano macellato e mangiato il bestiame, o l’avevano venduto sul mercato nero, piuttosto che consegnarlo allo stato).
Le violente e caotiche campagne di requisizione dei successivi due anni lasciarono ai kazachi un decimo degli animali che avevano nel 1929, provocandone la morte di massa per fame: un terzo della popolazione (circa 1,5 milioni di persone) perse la vita, la proporzione più alta di
qualsiasi popolo sovietico

Anche grazie al saccheggio del bestiame kazaco, per ragioni legate alla stabilità del regime durante le carestie gli abitanti di Mosca e Leningrado furono nutriti meglio di tutti gli altri abitanti delle città sovietiche dal sistema di razionamento statale, che escludeva la popolazione rurale. Gli storici stimano che le carestie sovietiche dei primi anni trenta uccisero circa 6 milioni di persone, concentrate in Ucraina (più di metà delle vittime), Kazakistan (un quarto delle vittime) e nel Caucaso settentrionale. La denutrizione e le malattie epidemiche a essa collegate uccisero centinaia di migliaia di persone anche in Russia, in particolare nella regione del Volga(soprattutto
nella Repubblica autonoma dei tedeschi del Volga) e negli Urali.

La carestia in Ucraina, la più grande in questo “grappolo” di eventi collegati, deve essere pensata come formata da due fasi distinte: la prima nel 1932, quando morirono circa 250 mila persone a causa delle requisizioni di grano e della disorganizzazione del ciclo agricolo dovuta a collettivizzazione e deportazioni; poi, tra gennaio e luglio 1933, la seconda fase mieté più di 3 milioni di vite. La dilatazione della carestia fu causata dalle misure feroci prese a partire dal tardo autunno del 1932 per spezzare sia la refrattarietà contadina al lavoro nelle fattorie collettive, sia quella che era percepita come una resistenza da parte degli apparati inferiori ucraini del Partito e dello stato. Il circolo vizioso tra quote di approvvigionamento eccessive e resistenza attiva e passiva dei contadini portò Stalin a sviluppare quella che lo storico Terry Martin ha definito “l’interpretazione nazionale” dell’opposizione dei contadini ucraini alle politiche bolsceviche.

Secondo Stalin, che qualche anno prima aveva definito i contadini “l’esercito” di qualsiasi movimento nazionalista, gli agricoltori ucraini resistevano alle politiche statali a causa dei loro sentimenti nazionalisti. Per il dittatore, questa resistenza equivaleva a un tentativo di minare gli sforzi sovietici di industrializzazione e di mettere perciò in pericolo l’esistenza stessa dello stato, minacciato da potenziali guerre sia in Europa sia in Asia. Tale interpretazione fu poi estesa ad altre aree: il Kuban con le sue vaste popolazioni ucraine e cosacche (i cosacchi erano stati etichettati, anche se non coerentemente, come gruppo nemico durante la Guerra civile) e, in misura minore, la Bielorussia.

A partire dal novembre 1932, gli inviati plenipotenziari di Mosca (Lazar Kaganovich si recò inUcraina) adottarono misure letali, tra cui il divieto di consegnare qualsiasi tipo di merce ai villaggi che non avessero rispettato le quote di consegna del grano, e soprattutto multe e requisizioni punitive di ogni alimento scovato dalle squadre di requisizione. Per le comunità rurali queste misure equivalevano a una condanna a morte. Kaganovich aumentò poi le requisizioni di grano, comprese le riserve di sementi, a partire dalla fine di dicembre.

Queste misure si accompagnarono a un’ondata repressiva da parte della polizia politica, che arrestò circa 210 mila persone in Ucraina tra l’estate 1932 e la fine del 1933, un numero molto più elevato rispetto a qualsiasi altra regione sovietica. Lo stato decise quindi di usare la carestia già in corso come un’arma sterminatrice contro i contadini ucraini. Questa decisione, presa a Mosca molto probabilmente a metà novembre, ingigantì il disastro, condannò a morte milioni di persone, e aumentò la fuga di massa dalle campagne verso le città e le altre repubbliche sovietiche.

Nel gennaio 1933 il Cremlino decise di criminalizzare la migrazione dei profughi della carestia, che minacciava di privare le fattorie collettive della residua forza lavoro. Il 22 gennaio una direttiva segreta firmata da Stalin ordinò di impedire la fuga dei contadini dall’Ucraina e dal Kuban. Due mesi dopo, 225 mila profughi erano stati arrestati; l’85 per cento di loro fu rimandato ai luoghi di origine, dove molti trovarono la morte per fame, mentre il resto fu esiliato o imprigionato nei campi del Gulag, che era in espansione proprio per la massa di contadini arrestati e deportati durante la collettivizzazione.

Le misure di repressione connesse con le campagne di ammasso del grano si accompagnarono a una svolta nelle politiche culturali. Nel dicembre 1932 il Politbjuro di Mosca ridimensionò le politiche di ucrainizzazione istituite nel 1923 che promuovevano la lingua e la cultura ucraine, e incrementavano la presenza degli ucraini nel Partito comunista e nell’amministrazione statale dell’Ucraina sovietica. Nella regione russa del Kuban, abitato da milioni di ucraini, l’insegnamento in ucraino fu vietato. Le repressioni contro le Chiese e contro l’intellighenzia ucraine, già iniziate nel 1930, si intensificarono.

Una vasta purga si abbatté sugli apparati in Ucraina: nel corso del 1933 un quarto dei membri del Partito fu espulso; il 70 per cento dei segretari distrettuali fu rimosso dall’incarico, così come la metà dei presidenti delle fattorie collettive: centinaia di loro furono processati e giustiziati per sabotaggio della campagna di ammassi. Membri dell’élite comunista ucraina furono accusati di aver difeso i contadini contro lo stato e di connivenza con la loro resistenza, portando a una ondata di arresti e anche di suicidi, come quello di Mykola Skrypnyk, che aveva
guidatol’ucrainizzazione come commissario del popolo all’istruzione fin dal 1927. Mosca si rifiutò di aiutare le zone più colpite fino alla primavera del 1933, quando fu inviato del grano per garantire la semina, e dunque il grano per lo stato, ma la morte di massa ebbe fine solo con il raccolto nella tarda estate.

La carestia non fu usata per uccidere il maggior numero possibile di ucraini, ma come arma per sottomettere i contadini ucraini a costo di un loro parziale sterminio. Anche i contadini russi e i nomadi kazachi furono assoggettati al nuovo sistema di lavoro nelle fattorie collettive, ma tra le regioni sovietiche, solo in Ucraina erano presenti dei fattori aggiuntivi che portarono il Cremlino a trasformare la carestia in un’arma di sterminio. L’Ucraina era la repubblica sovietica in cui l’inclusione dei non-russi nell’amministrazione locale aveva avuto maggior successo, e in cui i quadrilocali si opposero maggiormente alle politiche del Cremlino; l’Ucraina era la regione sovietica con la più forte tradizione nazionalista, unita a un recente passato di insurrezioni contadine durante la guerra civile combattuta un decennio prima; l’Ucraina era infine in una posizione geopolitica critica: una terra di confine prossima a stati nemici come la Polonia e, dal gennaio 1933, la Germania ormai hitleriana.

Le altre principali regioni cerealicole erano lontane da confini pericolosi,l'”indigenizzazione” dei quadri del Partito e dello stato aveva avuto meno successo, e la resistenza nazionalista e contadina antibolscevica era stata più debole. Dato questo contesto politico e geopolitico, fu in Ucraina che una delle numerose carestie regionali provocate dalle campagne di collettivizzazione e deportazione fu trasformata da Stalin e dai suoi collaboratori nello Holodomor, lo sterminio che impose l’asservimento della popolazione rurale superstite allo stato staliniano.

Il Foglio

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Le ‘spade di Damocle’ su Trump 2024


Non si può dire che l’ufficializzazione della candidatura di Donald Trump alla corsa presidenziale del 2024 giunga inaspettata. Dopo la sconfitta nelle elezioni del 2020, l’ex Presidente ha manifestato in più occasioni la sua intenzione di tornare alla Casa Bianca, sostenuto in questo dal consenso di una fetta importante dell’elettorato repubblicano. Negli ultimi due anni, ‘The […]

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Whistleblowing: ‘fai un fischio’ all’ impresa responsabile


Il whistleblowing è una opportunità aziendale ed etica. Spesso è rappresentato con l’immagine di un fischietto che potrebbe sembrare una ‘deminutio capitis’, ma è invece l’etica aziendale con impatto. Infatti, il concetto di whistleblowing identifica una persona che lavora in un’impresa o in ente pubblico o privato che denuncia illeciti commessi al suo interno, le […]

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Il World Economic Forum presenta il proprio disegno per la scuola del futuro

«L’istruzione è vista sempre più come preparazione al lavoro da cui scompaiono o diventano molto marginali lo sviluppo del senso critico, la formazione culturale personale e l’ambito teorico per privilegiare la dimensione pratica. L’obiettivo del WEF è presto detto: sfornare “macchine” – formate su precisi modelli curricolari prefissati – da dare in pasto alle aziende, predisponendo modelli educativi che sono nient’altro che un ponte verso il paradigma liberal-capitalista del lavoro.»

lindipendente.online/2022/11/2…



Mercatino di Natale Che stella


Dal 7 al 23 dicembre parteciperò al mercatino di Natale Che Stella, organizzato da Music for Peace, a Genova Sampierdarena, con un banchetto di Dalo Creazioni, oggetti e gioielli in legno lavorati a mano!! Veniteci a trovare!!


Oggi il Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara ha partecipato a Job&Orienta, all’evento “Idee, tecnologie e sostenibilità. È tempo di ITS”.

“È in luoghi come questo che si costruisce il futuro dell’Italia.



Oggi, #25novembre, si celebra in tutto il mondo la Giornata internazionale per l'eliminazione...

Oggi, #25novembre, si celebra in tutto il mondo la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, istituita dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1999.



Recensione di Rosita Del Coco del libro “Non diamoci del tu. La separazione delle carriere”


« A chi non darebbe fastidio vedere l’arbitro – che, sia chiaro, ha condotto benissimo la gara – la sera dopo la partita, a cena, festeggiare la vittoria di una delle due squadre che poco prima aveva arbitrato?». È da questo interrogativo, apertamente pro

«A chi non darebbe fastidio vedere l’arbitro – che, sia chiaro, ha condotto benissimo la gara – la sera dopo la partita, a cena, festeggiare la vittoria di una delle due squadre che poco prima aveva arbitrato?».

È da questo interrogativo, apertamente provocatorio, che muovono le brillanti riflessioni di Giuseppe Benedetto, consegnate al saggio “Non diamoci del tu. La separazione delle carriere”, edito da Rubbettino nel 2022, con la prefazione di Carlo Nordio.

Un volume agile, che si legge tutto d’un fiato, con cui l’Autore si incarica di sviscerare uno dei temi più controversi della giustizia penale, destinato ad occupare “instancabilmente” il dibattito scientifico e politico: la (comune) collocazione ordinamentale dei giudici e dei magistrati del pubblico ministero.

A tal fine, lo scritto ripercorre le tappe, i dibattiti e gli scontri che hanno attraversato la storia del nostro processo penale: dalla spinta garantista sottesa alla promulgazione del nuovo codice di procedura penale, alla stagione – «reazionaria» – avviata dalla Corte costituzionale nel giugno del 1992, fino alla presa di posizione legislativa, volta a ribadire l’adesione a quell’ideale accusatorio, che, oggi, a più di vent’anni dalla riforma dell’art. 111 Cost., appare affievolito.

Un percorso culminato in un disegno rimasto sostanzialmente incompiuto, a cagione dell’assenza di un serio adeguamento dell’organizzazione del pubblico ministero al mutato rito. A stagliarsi con chiarezza sullo sfondo della ricostruzione storica sono, infatti, le ambiguità̀ e le aporie – tutte insolute – del nostro assetto processuale, in cui proprio la mancanza di un deciso ripensamento dei temi dell’ordinamento giudiziario ha finito per ostacolare la effettiva rimozione dell’ibridismo, tipico della esperienza inquisitoria, tra la figura del giudice terzo ed imparziale e quella dell’inquirente.

Con un duplice effetto, del quale le pagine di Giuseppe Benedetto, restituiscono una nitida fotografia. Anzitutto, una “giurisdizionalizzazione” silente del pubblico ministero, il quale viene comunemente (mal)inteso alla stregua di organo rappresentativo di una parte imparziale all’interno della dialettica processuale. In secondo luogo, una proclamazione meramente à la carte della terzietà del giudice, la cui collocazione ordinamentale, vicina a quella del pubblico ministero, ne “contamina” il ruolo: l’equidistanza, formalmente sancita nelle norme del codice, è tradita dalla prossimità̀ delle funzioni, dovuta alla presenza di un unico organo di governo autonomo.

Due conseguenze nefaste della contiguità̀ tra giurisdizione e pubblica accusa, che rendono subalterno il cittadino-imputato, alterando, di fatto, la struttura triadica del processo.

Come abbiamo già avuto modo di osservare in un nostro precedente scritto[1], l’idea del pubblico ministero-organo di giustizia conduce, infatti, alla creazione di una vera e propria presunzione di infallibilità̀ para- giurisdizionale di tale organo. Una presunzione a sua volta rinfocolata dalla retorica di un principio di obbligatorietà̀ dell’azione penale troppo spesso orientato verso la legittimazione di metodi procedurali a vocazione autoritaria.

Si pensi, nella prospettiva da ultimo indicata, al costante richiamo, nella prassi, al canone di obbligatorietà̀ per sponsorizzare, a vari livelli, una visione del processo caratterizzata dalla egemonia del pubblico ministero e da un ideale di ricerca della verità̀ dai connotati tipicamente inquisitori. Basti, al proposito, richiamare il rapporto tracciato dalla giurisprudenza di legittimità̀ e costituzionale tra principio di obbligatorietà̀ e poteri probatori del giudice dibattimentale anche in funzione di supplenza delle omissioni del pubblico ministero.

Un’ipertrofica estensione concettuale ed operativa del principio cristallizzato nell’art. 112 Cost. che, invece di potenziarne la portata, lo ha svuotato della propria forza concettuale, strettamente connessa alle dinamiche dell’azione.

In tal senso va letto anche l’uso anomalo del canone della completezza delle indagini, presupposto e corollario del principio di obbligatorietà̀. Anziché́ stimolare una attenta e seria riflessione sulla anatomia dell’errore e del pregiudizio investigativo, e sulle sacche di discrezionalità̀ inevitabilmente connesse alle opzioni selettive sottese ai profili organizzativi del lavoro del pubblico ministero, l’imperativo della completezza investigativa ha finito per trasformarsi nel presupposto logico da cui inferire la pretesa giurisdizionalizzazione dell’organo dell’accusa.

Ma la simbiosi “pubblico ministero-organo di giustizia” è destinata a cedere il passo all’ovvio rilievo che un soggetto deputato a svolgere funzioni d’accusa, qualunque ne sia la natura, persegue comunque un interesse di parte.

Anzi. Sul punto, le pagine di Non diamoci del tu ben evidenziano un dato fondamentale, all’apparenza controintuitivo: «più̀ il pubblico ministero è parte e più̀ il cittadino è garantito», perché «il giudice è veramente imparziale solo se l’accusatore è inequivocabilmente parte».

La struttura triadica del processo, quale conditio per la realizzazione del rito adversary, è, tuttavia, incrinata dalla commistione e reciproca contaminazione delle funzioni e delle carriere al di fuori della scena processuale. È la mancata separazione di queste ultime la responsabile delle principali storture che emergono quotidianamente dalla pratica giudiziaria e di cui il volume dà lucidamente conto: la espansione del potere inquisitorio delle procure, con la costante ricerca del consenso da parte dei pubblici ministeri e la estrema mediatizzazione del processo penale; nonché la conseguente assenza di legittimazione del potere giurisdizionale davanti all’opinione pubblica.

Scrive, al proposito, icasticamente l’Autore: «l’avviso di garanzia è diventato sentenza non perché́ vi siano dei cattivi strateghi dell’informazione, ma perché́ il cittadino non addetto ai lavori ha difficoltà a distinguere i ruoli, pensa che i magistrati siano tutti uguali e che, dunque, se la colpevolezza è indicata dal pubblico ministero o dal giudice tutto sommato non cambia nulla. È necessaria una svolta culturale, che non giungerà̀ da sola, ma attraverso riforme che distinguano gli organi giudicanti da quelli requirenti, che rendano palese anche a un giovane delle scuole medie la differenza profondissima tra i ruoli. In questa nuova dimensione, in cui è limpido il carattere di parzialità̀ dell’ufficio di Procura, la giurisdizione non potrà̀ che essere centrale, perché́ ogni piccolo passo verso una delle posizioni in campo la comprometterebbe alla radice».

Dalla malattia, dunque, al rimedio. Ma come superare definitivamente ogni sorta di ibridismo giuridico tra le due figure, affinché la giurisdizione recuperi centralità e credibilità? È necessario risalire al peccato originale del fallimento del codice accusatorio, che, secondo la ricostruzione privilegiata nel volume, si consuma all’interno del CSM, dove pubblici ministeri e giudici decidono assieme delle sorti delle proprie carriere, cosicché «il PM di una corrente è in grado di influenzare la nomina del presidente di un Tribunale», con buona pace dei principi sanciti dalla Costituzione e della legge, che diventano, di fatto, «un nobile auspicio piuttosto che un baluardo per i diritti fondamentali del cittadino».

Di qui, la proposta contenuta nel citato disegno di legge, alla cui illustrazione è dedicata la seconda parte del libro. Si tratta, nello specifico, di un progetto di riforma che si muove lungo tre direttrici: il riequilibrio dei rapporti tra imputato e pubblico ministero; la trasparenza dei processi decisionali interni all’ordine giudiziario; la razionalizzazione del carico pendente sugli uffici di Procura.

In questa triplice prospettiva viene prefigurata una revisione delle disposizioni costituzionali dedicate alla disciplina dell’ordinamento giudiziario, diretta, anzitutto, alla costituzione di due distinti Consigli Superiori, della Magistratura giudicante e della Magistratura requirente, destinati ad occuparsi separatamente di carriere, sanzioni disciplinari e trasferimenti.

Ciò permetterebbe all’organo giudicante di acquisire nuova centralità̀, affrancandolo dalle logiche odierne, in cui il Consiglio Superiore della Magistratura, dominato dal sistema correntizio, appare ostaggio della cultura dell’accusa, che è destinata a prevaricare le ragioni della giurisdizione, a cagione dell’evidente maggior peso mediatico delle Procure.

Del resto, come osserva Carlo Nordio nella Prefazione, «anche prescindendo dagli intrallazzi correntizi e dalle baratterie di cariche emerse dai recenti scandali, la ragione si rifiuta di ammettere che il pubblico accusatore possa promuovere o bocciare un giudice davanti al quale, un attimo prima, ha perorato una tesi che magari gli è stata respinta. Perché́ se decisioni così rilevanti continuano a essere prese congiuntamente, allora non stupisce che poi nel processo emergano rapporti di anomala collaborazione».

Così, l‘istituzione di due distinti Consigli Superiori della Magistratura si prefigge di garantire più efficacemente l’indipendenza istituzionale del giudice.

Organi di autogoverno dei quali, inoltre, si propone – opportunamente – di mutare la composizione, portando la componente laica da 1/3 a 1/2, senza però incidere sulla maggioranza, che rimarrebbe in capo ai membri togati grazie alla presenza di diritto del Procuratore Generale della Cassazione, nel Consiglio requirente, e del Primo Presidente della Cassazione, nel Consiglio giudicante.

Ciò consentirebbe, nelle intenzioni dei proponenti, di revisionare il funzionamento del Consiglio Superiore, allo scopo di restituirgli, insieme a un serio sistema di valutazione professionale, quell’aurea di rispettabilità̀ imprescindibile per l’amministrazione trasparente e armonica della giustizia. I membri nominati dal Parlamento, esperti in materie giuridiche, potrebbero, infatti, contribuire in modo indipendente a esprimere un giudizio sulla professionalità̀ del singolo magistrato.

Un ripristino di meritocrazia che appare cruciale alla luce dei recenti fatti di cronaca, nonché del nuovo ruolo assunto dalla giurisdizione.

Sotto quest’ultimo profilo, le riflessioni di Benedetto si lasciano particolarmente apprezzare. L’Autore sottolinea il trend degli ultimi decenni verso un radicale cambiamento del ruolo riservato alla giurisdizione, non più̀ mera esecutrice delle norme, ma soggetto che partecipa all’evoluzione del diritto. Le lacune della regolamentazione normativa, l’oscurità̀ della legge e l’immobilismo del Parlamento hanno, in effetti, finito per affidare un compito inedito al giudice. Ne discende l’esigenza, dibattuta in tutti i Paesi occidentali, di ripensare i rapporti col Parlamento, al fine di garantire una maggiore legittimazione democratica del potere giudiziario.

Ebbene, in quest’ottica si colloca l’incremento del numero dei membri laici, professori universitari e avvocati da almeno quindici anni nominati dal Parlamento in seduta comune, che potrà̀ indirettamente accrescere la legittimazione dell’ordine giudiziario, così da renderlo più̀ forte in futuro per l’assunzione di decisioni orientate al riconoscimento di nuovi diritti.

Infine, l’ultimo punto della proposta di riforma esaminata è diretto ad integrare l’art. 112 Cost. nei seguenti termini: «Il Pubblico Ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale nei casi e nei modi previsti dalla legge». L’integrazione mira ad affidare al Parlamento il compito di stabilire criteri di priorità nell’esercizio dell’azione penale, allo scopo precipuo di razionalizzare, in maniera trasparente, il carico di lavoro dei pubblici ministeri. Il che appare in linea con l’auspicio, da tempo formulato in sede scientifica, di legittimare, disciplinandone limiti e contenuti, quella discrezionalità̀ che anche oggi, nei fatti, i pubblici ministeri esercitano a causa del numero elevato di procedimenti pendenti presso gli uffici di Procura.

Si tratta, nel complesso, di un disegno riformatore equilibrato, nella misura in cui aspira a risolvere le principali contraddizioni della nostra giustizia penale, senza incorrere nella principale obiezione tradizionalmente sollevata dall’opzione favorevole alla separazione delle carriere: vale a dire quella di consentire l’esercizio di un controllo politico a discapito dell’indipendenza dell’ordine giudiziario.

Non diamoci del tu ha il pregio di illustrare in maniera approfondita tale progetto, attraverso una riflessione “laica” e non prevenuta intorno ad un tema spesso ostaggio di un peculiare ostracismo ideologico e di un dibattito fondato su asserti di deciso impulso conservativo difficilmente giustificabili sul piano tecnico-giuridico.

Un approccio da cui l’Autore rifugge apertamente, prendendosi carico di stigmatizzare anche le altre obiezioni che surrettiziamente vengono mosse alle proposte di separazione delle carriere, attraverso l’analisi della disciplina della collocazione ordinamentale dei magistrati nelle più importanti democrazie occidentali.

La prospettiva comparata consente, infatti, di sgretolare alcuni “falsi miti” costruiti intorno al tema oggetto del volume, come l’idea secondo cui le carriere sarebbero divise solo nei Paesi di Common Law, o la preoccupazione circa il rischio di dare vita, tramite la costituzione di un ordine autonomo e distinto dei Pubblici Ministeri, ad una corporazione di “super-poliziotti” dai poteri illimitati.

Nell’ultima parte del libro risiedono, così, pagine preziose. Guardare all’esperienza anglosassone, tedesca, francese e portoghese significa rendersi conto di come la pubblica accusa italiana goda, in realtà, di uno status del tutto eccezionale, che lo rende, probabilmente l’accusatore più̀ potente al mondo, senza tradursi in una sua maggiore capacità investigativa e “repressiva”.

Il che testimonia l’urgenza di affrancare il dibattito italiano da atteggiamenti intrisi di stentoree affermazioni di principio, ma di sostanziale chiusura verso ogni forma di rinnovamento concettuale e culturale.

A questa impellente esigenza risponde il saggio Non diamoci del tu. A beneficio del lettore, Giuseppe Benedetto svolge al meglio tale compito, con una analisi lucida e profonda, arricchita dalla sensibilità che evidentemente deriva dal quotidiano contatto con la pratica del processo penale.

In conclusione: se nella premessa l’Autore esordisce confidando che “Non diamoci del tu” «è il libro che avev[a] in mente di scrivere da tempo», la riflessione finale del lettore è che “Non diamoci del tu” è il libro che avrebbe voluto leggere da tempo.

[1] R. Del Coco, La maschera e il volto della consulenza tecnica d’accusa, in Proc. pen. giust., 2021, p. 669 ss.

L'articolo Recensione di Rosita Del Coco del libro “Non diamoci del tu. La separazione delle carriere” proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



La magistratura di oggi e quella della quale l’Italia avrebbe bisogno, nel primo incontro della Scuola di Liberalismo della Fondazione Einaudi – certastampa.it


Pubblici ministeri che, in aula, dopo la lettura di una sentenza, dicono che “non andranno più a prendere il caffè” col giudice. Cene e incontri, vicinanze sconvenienti e, purtroppo, anche con riflessi negativi sulle sentenze. La storia, recente e non, de

Pubblici ministeri che, in aula, dopo la lettura di una sentenza, dicono che “non andranno più a prendere il caffè” col giudice. Cene e incontri, vicinanze sconvenienti e, purtroppo, anche con riflessi negativi sulle sentenze. La storia, recente e non, del nostro Paese racconta di rapporti tra magistrati che vanno ben oltre quelli che la legge considera leciti. E’ questa, la deriva malata di un “sistema” (come efficacemente descritto nel libro dell’ ex presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, Palamara) che trova il suo spunto “peccato originale” nella mancata separazione delle carriere.

E’ stato questo il tema del primo evento della sezione abruzzese della Scuola di liberalismo della Fondazione Einaudi, che prepara il campo al primo vero e proprio “anno accademico” del 2023. Ospite dell’incontro, il Presidente della Fondazione Einaudi, l’avvocato Giuseppe Benedetto, che ha voluto presentare a Teramo, in “prima” assoluta, il suo libro “Non diamoci del Tu: La separazione delle carriere”, che ospita anche una interessante prefazione del ministro della Giustizia Carlo Nordio e uno scritto di Leonardo Sciascia, su quella che dovrebbe essere la sofferenza del magistrato chiamato al giudizio.

All’incontro, introdotto dal presidente della Fondazione Einaudi in Abruzzo, Alfredo Grotta, che ha visto la sala dell’Hotel Abruzzi affollata da un pubblico interessato, hanno preso parte l’ex senatore Paolo Tancredi, l’ex vicepresidente del Consiglio Regionale Paolo Gatti e Andrea Davola, ricercatore della Fondazione Einaudi e autore della postfazione. Moderatrice del dibattito, la docente di Diritto Processuale Penale nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Teramo, Rosita Del Coco.

Negli interventi dei relatori, che hanno anche voluto portare testimonianze personali, sono stati analizzati tutti gli aspetti negativi della mancata separazione delle carriere, cominciando dal dettato del Codice Penale – nei fatti quasi utopia – che impone al pubblico ministero di cercare anche le prove a discolpa dell’imputato. Nei fatti, non succede, e poiché la Costituzione, pur considerando la magistratura come unico ordine, soggetto ai poteri dell’unico Consiglio Superiore, non prevede alcun principio che imponga o al contrario precluda la configurazione di un’unica carriera o di carriere separate dei magistrati addetti rispettivamente all’una o all’altra funzione, o che impedisca di limitare o di condizionare più o meno severamente il passaggio dello stesso magistrato, nel corso della sua carriera, dalle une alle altre funzioni, la Fondazione invoca una netta divisione dei ruoli, delle funzioni e delle carriere.

Con la riforma Cartabia, giunta a destinazione dopo una complicata mediazione politica tra posizioni molto distanti nel governo di larghe intese con a capo Mario Draghi, i passaggi di funzioni sono stati ridotti da 4 a 1, cosa che dovrebbe nei fatti ridurre ai minimi le effettive richieste di transizione da una funzione all’altra, ma che la stessa Fondazione Einaudi considera l’inizio di un non più rinviabile percorso di vera e più profonda riforma.

Certa Stampa

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La magistratura di oggi e quella della quale l’Italia avrebbe bisogno, nel primo incontro della Scuola di Liberalismo della Fondazione Einaudi


Pubblici ministeri che, in aula, dopo la lettura di una sentenza, dicono che “non andranno più a prendere il caffè” col giudice. Cene e incontri, vicinanze sconvenienti e, purtroppo, anche con riflessi negativi sulle sentenze. La storia, recente e non, de

Pubblici ministeri che, in aula, dopo la lettura di una sentenza, dicono che “non andranno più a prendere il caffè” col giudice. Cene e incontri, vicinanze sconvenienti e, purtroppo, anche con riflessi negativi sulle sentenze. La storia, recente e non, del nostro Paese racconta di rapporti tra magistrati che vanno ben oltre quelli che la legge considera leciti. E’ questa, la deriva malata di un “sistema” (come efficacemente descritto nel libro dell’ ex presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, Palamara) che trova il suo spunto “peccato originale” nella mancata separazione delle carriere.

E’ stato questo il tema del primo evento della sezione abruzzese della Scuola di liberalismo della Fondazione Einaudi, che prepara il campo al primo vero e proprio “anno accademico” del 2023. Ospite dell’incontro, il Presidente della Fondazione Einaudi, l’avvocato Giuseppe Benedetto, che ha voluto presentare a Teramo, in “prima” assoluta, il suo libro “Non diamoci del Tu: La separazione delle carriere”, che ospita anche una interessante prefazione del ministro della Giustizia Carlo Nordio e uno scritto di Leonardo Sciascia, su quella che dovrebbe essere la sofferenza del magistrato chiamato al giudizio.

All’incontro, introdotto dal presidente della Fondazione Einaudi in Abruzzo, Alfredo Grotta, che ha visto la sala dell’Hotel Abruzzi affollata da un pubblico interessato, hanno preso parte l’ex senatore Paolo Tancredi, l’ex vicepresidente del Consiglio Regionale Paolo Gatti e Andrea Davola, ricercatore della Fondazione Einaudi e autore della postfazione. Moderatrice del dibattito, la docente di Diritto Processuale Penale nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Teramo, Rosita Del Coco.

Negli interventi dei relatori, che hanno anche voluto portare testimonianze personali, sono stati analizzati tutti gli aspetti negativi della mancata separazione delle carriere, cominciando dal dettato del Codice Penale – nei fatti quasi utopia – che impone al pubblico ministero di cercare anche le prove a discolpa dell’imputato. Nei fatti, non succede, e poiché la Costituzione, pur considerando la magistratura come unico ordine, soggetto ai poteri dell’unico Consiglio Superiore, non prevede alcun principio che imponga o al contrario precluda la configurazione di un’unica carriera o di carriere separate dei magistrati addetti rispettivamente all’una o all’altra funzione, o che impedisca di limitare o di condizionare più o meno severamente il passaggio dello stesso magistrato, nel corso della sua carriera, dalle une alle altre funzioni, la Fondazione invoca una netta divisione dei ruoli, delle funzioni e delle carriere.

Con la riforma Cartabia, giunta a destinazione dopo una complicata mediazione politica tra posizioni molto distanti nel governo di larghe intese con a capo Mario Draghi, i passaggi di funzioni sono stati ridotti da 4 a 1, cosa che dovrebbe nei fatti ridurre ai minimi le effettive richieste di transizione da una funzione all’altra, ma che la stessa Fondazione Einaudi considera l’inizio di un non più rinviabile percorso di vera e più profonda riforma.

Certa Stampa

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#uncaffèconluigieinaudi – In questa lotta altissima per il risorgimento morale


In questa lotta altissima per il risorgimento morale dell’Italia ci saranno forse delle soste (nel Parlamento); ma a farle cessare provvederà l’incessante vigile voce del paese da Corriere della Sera, 21 marzo 1906 L'articolo #uncaffèconluigieinaudi – In
In questa lotta altissima per il risorgimento morale dell’Italia ci saranno forse delle soste (nel Parlamento); ma a farle cessare provvederà l’incessante vigile voce del paese


da Corriere della Sera, 21 marzo 1906

L'articolo #uncaffèconluigieinaudi – In questa lotta altissima per il risorgimento morale proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



In occasione della Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, il...

In occasione della Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, il Ministero dell’Istruzione e del Merito si unisce alle iniziative di sensibilizzazione: oggi e domani il Palazzo dell’Istruzione si illumina di rosso, dan…



Da oggi fino al 26 novembre torna, alla Fiera di Verona, JOB&Orienta, lo storico Salone nazionale dell’orientamento.

“A.A.A. Accogliere, accompagnare, apprendere in un mondo che cambia”, è il titolo di questa XXXI° edizione.

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Manovra, come al solito vincono gli intoccabili. Per noi c’è il bastone - Contropiano

«660mila percettori di reddito occupabili (e, chissà, forse anche i 173mila che già lavorano ma percepiscono stipendi così miseri che devono essere integrati con il RdC) vengono così segnati dal marchio dell’infamia, perché nemici della “nazione”, improduttivi, parassiti.

Bisogna dunque costringerli. E l’arma di costrizione è la fame – oltre che lo stigma. Senza alcun reddito saranno obbligati a cercare e soprattutto ad accettare qualunque lavoro, a qualunque condizione e in qualunque luogo. È una logica propria non solo del Governo Meloni, ma anche di politici come Renzi e di ampi pezzi del mondo imprenditoriale.»

contropiano.org/news/politica-…



Kick-off for EU database of public domain works and digital access to scientific works


With yesterday’s budget vote, the EU Parliament approved the funding of two pilot projects in the field of free knowledge initiated by the Pirate Party’s MEP Patrick Breyer in cooperation with …

With yesterday’s budget vote, the EU Parliament approved the funding of two pilot projects in the field of free knowledge initiated by the Pirate Party’s MEP Patrick Breyer in cooperation with civil society.

The first pilot project “Public EU directory of works in the public domain and under free licenses”, is funding a feasibility study for the creation of a database of public domain works. The development of such a database shall provide legal certainty for platforms, providers, galleries, libraries, archives and museums, as well as other non-profit organizations that work with public domain or freely licensed content.

The second project, “The Role of Copyright Laws in facilitation of distance education and research” intends to strengthen schools, universities and the cultural sector. The pilot project will assess copyright obstacles for online teaching and will focus on possible adaptions to the legal framework in order to enhance an appropriate balance of the interests of the authors and the use for educational and research purposes in the public interest. In addition, public access to culture and education shall be increased, in particular by granting licenses to libraries.

Patrick Breyer, Member of the European Parliament for the Pirate Party and digital freedom fighter, comments:

The Pirate‘s fight for free knowledge has never been as important as during the pandemic, when schools and libraries often were closed. We finally need legal certainty. Business interests must no longer stand in the way of digital learning and research. The pilot projects I have proposed are an important first step in bringing the laws into line with the needs of our digital knowledge society.”

patrick-breyer.de/en/kick-off-…



"Gli interventi sulle pensioni sono stati irrisori, mentre si continua a favorire anche attraverso la tassazione i ceti più abbienti, introducendo i primi assaggi di una futura tassazione piatta. Hanno colpito il Reddito di Cittadinanza proseguendo la guerra ai poveri, già ingaggiata dai precedenti governi. Hanno ridotto gli sgravi sulle bollette per le famiglie, confermando per intero solo quelli alle imprese. "

contropiano.org/news/politica-…




"Giochi troppo!": il libro di Andrea Corinti è figlio del lockdown del 2020 ed è un invito alla riflessione su quanto il videogioco sia importante nelle nostre vite


"GIOCHI TROPPO!": IL LIBRO DI ANDREA CORINTI È FIGLIO DEL LOCKDOWN DEL 2020 ED È UN INVITO ALLA RIFLESSIONE SU QUANTO IL VIDEOGIOCO SIA IMPORTANTE NELLE NOSTRE VITE

Segnaliamo alla comunità di @Videogiochi qesto libro di @Xab :archlinux: in cui i videogiochi non vengono demonizzati ma raccontati in una chiave di lettura che, seppur scanzonata, vanta solidi studi e riferimenti alle spalle.

Seguono le interviste a tre videogiocatori molto particolari per provare a raccontare cosa sia il videogioco oggi, ipotizzando cosa potrebbe diventare domani.

Qui è possibile visitare il sito dell'autore e trovare i link per l'acquisto (purtroppo solo Amazon)

Questa voce è stata modificata (2 anni fa)

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Unknown parent

@Giovanni questo va chiesto a @Xab :archlinux: 😀

Videogiochi reshared this.

Unknown parent

mastodon - Collegamento all'originale
Xab

@unruhe perché non avevo abbastanza autostima per trovarmi un editore ed era l'autoproduzione più conveniente ahimè (non ne vado fiero confesso)

Prima o poi mi piacerebbe fare la versione ebook, appena ho un po' di tempo ci ragiono anche per gestire immagini e grafici

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I social network sono morti. Come si crea un'alternativa vera? L'articolo di di Edward Ongweso Jr su Vice


I SOCIAL NETWORK SONO MORTI. I COSIDDETTI “SOCIAL MEDIA” SONO PENSATI PER CONSUMO E PUBBLICITÀ, NON PER LE PERSONE. ORA CHE STANNO CROLLANDO, COME SI CREA UN’ALTERNATIVA VERA?

Segnaliamo a tutta la comunità de @Le Alternative questo articolo molto interessante comparso su Vice e segnalato su mastodon da @Chiara [Ainur] [Айнұр]

La "crisi di Twitter" ha infatti messo in ombra la crisi di Facebook, i suoi licenziamenti, il mancato ROI sul Metaverso, la sua irrilevanza per le elezioni di mid term e il Vietnam globale che i suoi prodotti di punta (Whatsapp e Instagram) stanno subendo da Telegram e soprattutto da TikTok.

Ma la crisi dei social è una realtà.

I cosiddetti “social media” sono pensati per consumo e pubblicità, non per le persone. Ora che stanno crollando, come si crea un’alternativa vera?
Articolo di Edward #Ongweso Jr, Trad. Di Giacomo Stefanini e Giulia Trincardi, su #Vice

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Non perdetevi l'incontro di #attiviamoenergiepositive su #mastodon #twitter e il #fediverso!
Oggi martedì 22 novembre alle 17 🐘
Con Paolo Melchiorre, Francesco Macchia e Angelo Rindone

Clicca qui per seguire la live alle h.17
👉 attiviamoenergiepositive.it/

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Costi ambientali dei dispositivi di IA


Cosa rende possibile l'esistenza dell'IA e quali sono le conseguenze della sua costruzione? Dall’estrazione mineraria per la costruzione dei dispositivi all’installazione di cavi sottomarini per Internet, l’articolo propone alcuni esempi di sfruttamento a

L’immagine di Internet come cloud lo rende un ambiente apparentemente intangibile, quasi post-fisico. Tale percezione contribuisce a creare un’ingenua fiducia nel suo scarso impatto ecologico. A ciò si aggiungono le dichiarazioni del settore tecnologico, apparentemente a favore della sostenibilità ambientale, che fanno in realtà parte della creazione di un’immagine pubblica opaca e non veritiera.

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Digital Service Package: come regolare le piattaforme digitali?


L'UE approva il Digital Service Package, cosa significa che ciò che è illegale offline deve essere illegale anche online? Una breve analisi di Privacy Network.

Il 5 luglio 2022, al termine della sessione plenaria del Parlamento Europeo, è stato approvato il Digital Services Package, il primo set normativo composto dal Digital Service Act (DSA) e dal Digital Markets Act (DMA), volto a regolare rispettivamente i servizi e il mercato digitali al fine di creare uno spazio online più sicuro e aperto, fondato sul rispetto dei diritti fondamentali dei cittadini.

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Privacity reshared this.



Diritti Digitali per la Comunità Queer


Attraverso l’analisi di tre tipologie di piattaforme differenti - app di ride sharing, social network e app di dating - cerchiamo di mostrare come la condizione di possibilità per l’implementazione di un design inclusivo sia lo scardinamento del binarismo

L’intelligenza artificiale (IA) pervade le nostre vite tramite app di varia tipologia, assistenti digitali, sistemi di rating, dispositivi smart. Diversamente dalla prospettiva che la presenta come strategia oggettiva ed equa per la gestione di determinati compiti, l’IA è intrinsecamente priva di neutralità, in quanto potenzialmente soggetta ad un uso duale. Infatti certi algoritmi...

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Safe Cities e Colonialismo Digitale in Sudafrica


In risposta ai problemi di governance dei governi africani, la Cina esporta in Sudafrica i suoi dispositivi di controllo, determinando una vera e propria invasione digitale del Paese. Dipinta come soluzione smart a problemi sociali, la sorveglianza tramit

La sorveglianza biometrica costituisce un framework di tecnologie invasive che ricercano negli individui specifiche caratteristiche identitarie, al fine non dichiarato di attuare una profilazione di massa. Nel caso specifico del Sudafrica questo si inserisce in un ecosistema più ampio creatosi attorno al progetto Safe Cities del gigante cinese Huawei. Guidato dall’idea che la tecnologia sia la...

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Il tracciamento dei contatti nei luoghi di lavoro in Italia


Collana di articoli per esaminare vantaggi e svantaggi del contact-tracing, a cura del Dipartimento Ricerca. “Il tracciamento dei contatti nei luoghi di lavoro in Italia” è la sesta parte della collana.

Parte 1: Tracciamento dei contatti, le origini Parte 2: Il contact-tracing nel XXI secolo: dalla MERS al COVID-19 Parte 3: L’approccio europeo e italiano al tracciamento dei contatti Parte 4: Il tracciamento dei contatti fuori dall’Italia Parte 5: Il tracciamento dei contatti: questioni etiche Se l’osservazione delle iniziative sviluppate dai vari Paesi europei aiuta a chiarire il quadro delle...

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Oggi, #22novembre, è la Giornata nazionale per la sicurezza nelle scuole, istituita dal Parlamento italiano il 13 luglio 2015.

Qui la lettera alle scuole del Ministro Giuseppe Valditara ▶️ miur.gov.



Le stringhe terminate con valore nullo sono il più grande errore della storia dell'informatica


My password is just every Unicode codepoint concatenated into a single UTF-8 string.
xkcd.com/2700/