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Il mio contributo al convegno “Il Metaverso tra utopie e distopie: orizzonti e sfide della protezione dei dati” nella sessione dal titolo “La vita online”, organizzato dal Garante privacy in occasione della Giornata europea della protezione dei dati personali.


Migranti: Governo Meloni incapace e subdolo


Tra le cose per le quali si segnala pervicacemente questo Governo che ci troviamo a ‘comandare’ (perché tale è il suo comportamento effettivo) c’è la volontà subdola e decisa di colpire l’immigrazione, di ridurla, di fermarla, non con i mezzi della politica, ma con quelli della volenza e della sopraffazione. Al di là dei numeri, […]

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Déjà vuOggi uno sciopero nazionale sta bloccando la Francia. La ragione? L’innalzamento dell'età pensionabile a 64 anni entro il 2030, dai 62 di oggi. Uno sciopero, il secondo in due settimane, che coinvolge trasporti, scuole, raffinerie.


Anche quest’anno il Gruppo BNP Paribas celebra in tutto il mondo la Giornata della protezione dei dati personali. In tale contesto, la struttura territoriale del Data Protection Officer Italy ha organizzato a Roma, per il 1° febbraio, un evento dal titolo “La privacy che verrà”. Tema del mio intervento: “Privacy, un’opportunità di business”. Ad aprire...


Dal Tempest alla sfida cinese. Tokyo avvicina Atlantico e Pacifico (anche via Roma)


Nessun partner Nato è altrettanto vicino o capace del Giappone. A dirlo è stato il segretario generale dell’Alleanza Atlantica, Jens Stoltenberg, in visita a Tokyo per un incontro con il primo ministro nipponico, Fumio Kishida. Un incontro per parlare del

Nessun partner Nato è altrettanto vicino o capace del Giappone. A dirlo è stato il segretario generale dell’Alleanza Atlantica, Jens Stoltenberg, in visita a Tokyo per un incontro con il primo ministro nipponico, Fumio Kishida. Un incontro per parlare delle sfide alla sicurezza globale che legano il Paese del Sol levante all’Alleanza e, soprattutto, la prova della rinnovata centralità del Giappone negli affari internazionali. In particolare, la visita rappresenta la dimostrazione di quanto Atlantico e Pacifico siano ormai vicini, e di come la tendenza Nato sia di osservare sempre più da vicino il quadrante orientale, come fonte della principale minaccia strategica globale del prossimo futuro. I due leader, infatti, hanno concordato una dichiarazione congiunta che definisce l’ambizione condivisa di rafforzare ulteriormente la cooperazione Nato-Giappone.

Le minacce per Atlantico e Pacifico

Al centro del colloquio Stoltenberg e Kishida hanno discusso delle sfide crescenti che arrivano dalla regione, a partire dall’assertività globale della Cina, fino alle provocazioni militari della Corea del Nord. Anche il Giappone ha riconosciuto come la crisi aperta dall’invasione russa dell’Ucraina sta avendo delle ripercussioni che non si limitano all’Europa, definita da parte nipponica una sfida all’ordine internazionale. A preoccupare, in particolare, sono i legami tra Mosca e Pechino, con Stoltenberg che avverte come la Cina “sta osservando da vicino e sta imparando lezioni che potrebbero influenzare le sue decisioni future”. Di fronte a questo scenario è necessario che la Nato e il Giappone rimangano uniti e fermi per proteggere la libertà e la democrazia dalle spinte dei regimi autoritari contro l’ordine internazionale basato sulle regole.

Il rinnovato protagonismo di Tokyo

Il segretario generale ha inoltre elogiato il Giappone per la sua nuova Strategia di sicurezza nazionale e la Strategia di difesa nazionale, che definiscono un livello di ambizione più elevato, tra cui nuove capacità e un aumento della spesa per la difesa. I documenti erano già stati apprezzati anche da parte americana, nel corso della visita del primo ministro Kishida alla Casa bianca a metà gennaio. Nei tre testi, infatti, Tokyo ha concretizzato la volontà del Giappone di acquisire nuove capacità e di aumentare i fondi per la Difesa, raggiungendo quota 2% del Pil entro il 2027. Un ulteriore dimostrazione della volontà del Giappone di abbandonare il suo tradizionale pacifismo dopo l’invasione russa dell’Ucraina e il livello sempre più elevato di assertività cinese.

Il programma Gcap

La visita di Stoltenberg è iniziata alla base aerea di Iruma, dove ha incontrato il ministro della Difesa, Toshiro Ino, e il capo di Stato maggiore della Forza di auto-difesa aerea giapponese (Jasdf) generale Shunji Izutsu. Tra gli assetti mostrati al segretario generale, anche gli aerei cargo schierati proprio nella base che Tokyo ha impiegato per rifornire sostegno all’Ucraina. Proprio nel settore aereo, tra l’altro, Tokyo è impegnata con Londra e Roma sul progetto del caccia di sesta generazione Global combat air programme (Gcap), comunemente noto come Tempest. Per Kishida, il programma Gcap in particolare potrà gettare “le fondamenta di una cooperazione bilaterale di medio e lungo periodo nell’ambito della sicurezza”.

Un avvicinamento che passa per Roma

Legami che vedono Tokyo sempre più vicina anche al nostro Paese, con il ministro della Difesa, Guido Crosetto, che dovrebbe recarsi nell’arcipelago a breve. Durante il tour europeo di Kishida di inizio anno, il premier giapponese ha del resto incontrato a Roma il presidente Giorgia Meloni. Un vertice che era servito a elevare le relazioni italo-nipponiche a “partenariato strategico”, prevedendo anche un meccanismo di consultazioni bilaterali Esteri-Difesa simile a quello attivo tra Tokyo e Washington nel contesto dei colloqui “2+2”, la riunione periodica e sistemica tra i ministri relativi dei due Paesi.


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Giorgia Meloni in Libia: sviluppi in vista nell’ex ‘Quarta Sponda’?


Il 6 aprile 2021 Mario Draghi si recò in Libia per la sua prima visita all’estero da Presidente del Consiglio, primo fra i leader europei dopo la formazione del nuovo Governo libico di unità nazionale guidato da Abdul Hamid Dbeibah. L’Italia, dopo un lungo periodo di eclissi iniziato con la riluttante partecipazione alla ‘guerra umanitaria’ contro […]

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La Russia di nuovo contro Crosetto. L’affondo dell’amb. Razov


Nuovo attacco della diplomazia russa al governo italiano. Da giorni nel mirino c’è – non a caso, vista l’urgenza dell’invio di nuove armi all’Ucraina – Guido Crosetto, ministro della Difesa, già criticato da Dimitri Medvedev, vicepresidente del consiglio

Nuovo attacco della diplomazia russa al governo italiano. Da giorni nel mirino c’è – non a caso, vista l’urgenza dell’invio di nuove armi all’Ucraina – Guido Crosetto, ministro della Difesa, già criticato da Dimitri Medvedev, vicepresidente del consiglio di sicurezza russo. Il ministro aveva detto, durante la conferenza organizzata da Formiche e Airpress, che la terza guerra mondiale inizierebbe nel momento in cui i carri armati russi arrivassero a Kiev, rilanciando l’aiuto italiano all’Ucraina.

Oggi ad attaccarlo ci pensa Sergey Razov, ambasciatore russo a Roma. “Dall’anno scorso”, cioè in risposta all’invasione russa dell’Ucraina e sotto il governo Draghi prima e Meloni poi, l’Italia ha compiuto passi “per impedire unilateralmente i contatti, distruggere i canali di dialogo bilaterale attivi in precedenza”, scrive la feluce. “Sono sicuro”, aggiunge rivolgendosi a Crosetto, “che troverebbe molto difficile citare una qualsiasi iniziativa adottata nella stessa direzione da parte russa”.

Non fosse, ci permettiamo di evidenziare noi, per l’invasione dell’Ucraina, un Paese sovrano.

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PAKISTAN. Talebani scissionisti dietro l’attentato alla moschea. Oltre 100 i morti


La responsabilità potrebbe essere di un'ala scissionista dei Talebani del Pakistan. Il portavoce ufficiale dell'organizzazione prende le distanze dall'accaduto: "noi non attacchiamo le moschee" L'articolo PAKISTAN. Talebani scissionisti dietro l’attentat

di Eliana Riva –

Pagine Esteri, 31 marzo 2023 – Continua a salire il bilancio delle vittime dell’attentato terroristico alla moschea di Peshawar, in Pakistan. Sono almeno 100 le persone uccise dall’esplosione che ha completamente distrutto una parte dell’edificio, collassato su se stesso e sui circa 300 fedeli che si erano riuniti per la preghiera. 225, al momento, i feriti, tra cui alcuni in condizioni molto gravi.

Le vittime sono quasi tutte poliziotti. La moschea si trova in una zona che ospita uffici delle forze dell’ordine e delle forze speciali: il quartier generale della polizia, l’antiterrorismo, i servizi segreti. E proprio per questo motivo, pare, sarebbe stato preso di mira dai Talebani del Pakistan (TTP, Tehrik-e-Taliban Pakistan), che hanno rivendicato l’azione rilasciando particolari specifici sull’attentatore e sulle modalità. Un kamikaze di 25 anni sarebbe riuscito ad entrare nell’edificio con almeno 7 chilogrammi di esplosivo. In realtà, a rivendicare l’attentato è stato Omar Mukaram Khorasani, capo della fazione scissionista del TTP, il Jamaat-ul-Ahrar, come risposta all’uccisione, nell’agosto del 2022 del leader Ahrar Omar Khalid Khorasani, la cui automobile è stata distrutta in Afghanistan da una mina. I talebani hanno accusato i servizi segreti pakistani di essere i responsabili dell’omicidio.

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La detonazione è stata devastante, le fiamme sono state visibili da chilometri di distanza e hanno sbriciolato il tetto e le pareti della struttura. Le forze di sicurezza sono finite sotto accusa. Ci si chiede come sia stato possibile compiere un attentato del genere nel cuore del centro di controllo interforze, una delle zone più controllate della città, in un momento in cui i Talebani pachistani stavano intensificando i propri attacchi, prendendo di mira soprattutto i membri delle forze di sicurezza. Una nota dell’intelligence, già 10 giorni fa avvertiva di una possibile ondata di attacchi da parte del TTP.

Il portavoce ufficiale del TTP, Mohammad Khorasani, ha smentito il coinvolgimento dell’organizzazione, prendendo le distanze da Omar Mukaram Khorasani, dichiarando che i Talebani del Pakistan non prendono di mira moschee o siti religiosi e che anzi potrebbero arrivare a punire chi si macchia di tali crimini.

IL TTP è il principale gruppo anti governativo nel paese e ha intensificato i propri attacchi a partire dal mese di novembre, quando è terminato il cessate il fuoco.

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Nato e jet di sesta generazione. Incontro Italia-Svezia a SegreDifesa


Si è svolto oggi presso Palazzo Guidoni, sede di SegreDifesa, il comitato bilaterale tra Italia e Svezia. Il generale di corpo d’armata Luciano Portolano, segretario generale della Difesa e direttore nazionale degli armamenti, ha guidato la delegazione it

Si è svolto oggi presso Palazzo Guidoni, sede di SegreDifesa, il comitato bilaterale tra Italia e Svezia. Il generale di corpo d’armata Luciano Portolano, segretario generale della Difesa e direttore nazionale degli armamenti, ha guidato la delegazione italiana. Carl Göran Mårtensson, direttore nazionale degli armamenti, quella svedese.

I RAPPORTI BILATERALI

Il segretario generale, dopo aver esteso alla controparte scandinava il saluto del ministro della Difesa Guido Crosetto, ha tenuto a evidenziare come gli ottimi rapporti tra i due Paesi, le cui relazioni sono da sempre improntate alla collaborazione e alla stabilità, agevolino un proficuo scambio di informazioni. In tale contesto, le delegazioni hanno illustrato le reciproche posizioni in tema di politica di difesa e sulle prospettive nazionali circa la situazione della sicurezza in Europa, con particolare riferimento alle rispettive iniziative in supporto all’Ucraina all’interno dello Ukrainian Defence Contact Group. Mårtensson, nell’esprimere la propria soddisfazione per gli argomenti oggetto di trattazione in sede di bilaterale, ha portato i saluti dal ministro della Difesa Pål Jonson, con l’auspicio che i rapporti tra i due Paesi possano essere ulteriormente rafforzati.

I TEMI DELL’INCONTRO

Il Comitato bilaterale ha consentito di affrontare diversi argomenti in tema di procurement della difesa. In particolare, nel domino terrestre, sono state discusse alcune iniziative di cooperazione europea, quali il Multinational Cooperation on All-Terrain Vehicles (MATV) e il Main Ground Combat System (MGCS). Nel dominio navale, si è puntato a favorire lo scambio di informazioni nel settore dei siluri pesanti, con l’auspicio di una futura cooperazione tra le rispettive forze navali e, in merito al dominio aereo, si è rilevato il forte interesse svedese per il Global Combat Air Programme (GCAP), progetto lanciato quasi due mesi fa da Italia, Regno Unito e Giappone per il caccia di sesta generazione, già da tempo considerato un’iniziativa di estremo valore che determinerà le future capacità operative e industriali di settore, definendo anche i livelli di sovranità operativa e tecnologica che i Paesi partecipanti saranno in grado di esprimere. Nelle scorse settimane, Giappone e Svezia hanno firmato un accordo sul trasferimento di tecnologia e difesa che potrebbe spianare la strada per l’ingresso della seconda nel GCAP, il cui obiettivo è la fusione tra il giapponese F-X e l’anglo-italiano (e un po’ svedese) Tempest.

LO SPAZIO

Nel dominio spaziale, e più specificamente nell’ambito della cooperazione militare sulle capacità di osservazione della Terra, sarà sviluppata con la Svezia una collaborazione per valutare la possibilità di utilizzo del sito Esrange Space Center di Kyrun – all’interno del circolo polare artico – con lo scopo di incrementare le capacità operative dei satelliti della difesa italiana.

IL CONTESTO UE E NATO

In chiusura, si è discusso dell’opportunità di procurement congiunto per la proposta di progetti da finanziare in ambito europeo all’interno dello “European Defence Industry Reinforcement trough common Procurement Act” (EDIRPA), che consentirà di far fronte anche alle crescenti difficoltà di approvvigionamento di equipaggiamenti e risorse, soprattutto in questo momento storico che ha portato la Svezia a chiedere ufficialmente di poter aderire alla Nato, a seguito dell’accresciuta percezione di una minaccia russa nell’area scandinava.


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I tank a Kiev non accorceranno la guerra


Washington è riuscita a convincere Berlino a cedere i carri armati Leopard a Kiev, ma difficilmente questi cambieranno il corso del conflitto. Nel frattempo le esportazioni di armi americane vanno a gonfie vele L'articolo I tank a Kiev non accorceranno l

di Marco Santopadre*

Le foto sono tratte dal seguente link

Pagine Esteri, 30 gennaio 2023 – Nelle settimane scorse ha tenuto banco lo scontro interno ai paesi della Nato sulla fornitura all’esercito di Kiev dei carri armati di fabbricazione tedesca Leopard 2. Dopo un lungo braccio di ferro tra Washington e Berlino, alla fine il governo Scholz ha accettato di inviarne alcuni in Ucraina e di permettere agli altri paesi europei che li hanno in dotazione di fare altrettanto. Al tempo stesso anche Washington ha deciso l’invio a Kiev di alcune decine di tank Abrams.
L’Alleanza Atlantica e Volodymyr Zelenskyi si sono detti entusiasti del nuovo passo che coinvolge ulteriormente l’Europa in un’escalation che sembra avvitarsi sempre più su se stessa. Dal punto di vista militare, però, la decisione non dovrebbe avere ripercussioni tali da “accorciare la guerra”, come qualcuno ha sostenuto, o in grado di cambiare le sorti del conflitto in corso. Anche dei lanciarazzi Himars, concessi dalla Casa Bianca a Kiev alcuni mesi fa, si diceva che avrebbero segnato una svolta nella guerra, ma per quanto abbiano dato una mano non indifferente all’esercito ucraino non si sono rivelati certo risolutivi. Lo stesso presidente ucraino, d’altronde, dei carri armati “in arrivo” afferma che soprattutto sosterranno lo spirito del proprio esercito.

I tank a Kiev non cambieranno le sorti della guerraI 31 Abrams M1 statunitensi non giungeranno in Ucraina prima dell’autunno. Washington infatti non invierà parte di quelli già in dotazione alle proprie forze armate, ma dovrà aspettare che gli esemplari da spedire vengano fabbricati.
Anche i Leopard 2 tedeschi, comunque, non potranno essere inviati in Ucraina prima della fine di marzo, non è chiaro se in tempo per contrastare la grande offensiva che il generale russo Gerasimov starebbe preparando in coincidenza con l’anniversario dell’invasione.
Indubbiamente, sia i tank statunitensi sia quelli tedeschi forniranno a Kiev una potenza di fuoco e una precisione di tiro maggiori rispetto a quelle che sono in grado di garantire i carri armati di fabbricazione sovietica utilizzati dalle forze armate ucraine, peraltro decimati nel corso degli ormai 11 mesi di guerra. I carri di ultima generazione ceduti a Kiev sono anche superiori anche ai modernissimi T 90-M russi.

Ma i circa 300 mezzi corazzati che dovrebbero rimpolpare gli arsenali ucraini – di cui però Leopard e Abrams dovrebbero rappresentare appena un terzo del totale – non saranno sufficienti a tenere testa alle migliaia di carri in dotazione alle truppe russe.

Inoltre, per addestrare il personale militare ucraino ad utilizzare i mezzi tedeschi e statunitensi occorreranno diversi mesi. L’esercito di Kiev si troverà ad utilizzare diversi modelli di carro armato, compresi i Challenger promessi da Londra, creando rilevanti difficoltà logistiche alle truppe ucraine: gli uomini addestrati per gestirne un tipo non necessariamente saranno in grado di fare lo stesso con gli altri modelli. I reparti di carristi non saranno intercambiabili.
Ad essere formati dovranno poi essere anche diverse centinaia di tecnici, per non parlare del fatto che per mantenere efficiente la flotta di tank all’avanguardia servirà un’ingente e continua disponibilità di pezzi di ricambio.

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Il problema delle munizioni
Infine, c’è la non secondaria questione delle munizioni. Quelle utilizzate dai mezzi corazzati spediti a Kiev dai paesi della Nato sono di un calibro diverso rispetto a quelle sparate dai tank sovietici in uso finora alle truppe ucraine. E anche quelle, quindi, dovranno arrivare copiosamente da occidente. Ma non è affatto scontato che le forze armate ucraine possano contare sulla necessaria disponibilità di munizioni.

Così come sono restii a cedere a Kiev un numero consistente di carri armati tra i più moderni, gli eserciti della Nato difficilmente trasferiranno in Ucraina i propri stock di munizioni, anche tenendo conto che negli ultimi decenni tanto i paesi europei quanto gli Stati Uniti hanno smantellato buona parte della propria capacità produttiva. Se dopo la Seconda Guerra Mondiale Washington poteva contare su più di 80 fabbriche di munizioni, oggi ne possiede sono sei. Per invertire la tendenza, fa notare Gianandrea Gaiani in un’intervista all’AGI, all’apparato militare-industriale della Nato servirebbero investimenti miliardari e alcuni anni.
Per questo la Nato si sta rivolgendo ad altri paesi che possono contare su un assetto militare-industriale più convenzionale. Ma Washington e i suoi alleati stanno ricevendo anche dei ‘no’.

Il ‘no’ del Brasile
L’ultimo – il più significativo, finora – lo ha pronunciato il brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva. L’esponente socialdemocratico eletto presidente il 30 ottobre ha posto il veto ad un’ingente fornitura di munizioni per i Leopard destinati a Kiev chiesta dal governo tedesco. Trattandosi di munizioni da 105mm, adatti ai Leopard 1 in dotazione alle forze armate brasiliane (mentre il più moderno Leopard 2 utilizza colpi da 120mm) evidentemente Scholz intendeva trasferire a Kiev alcune decine di esemplari del vecchio modello, ipotesi accantonata nei giorni seguenti.
Secondo il quotidiano “Folha de Sao Paulo”, a proporre la vendita delle munizioni era stato, il 20 gennaio scorso, l’allora comandante dell’Esercito, generale Julio Cesar de Arruda (in seguito rimosso dal suo incarico per altre vicende) dopo aver avuto contatti con Berlino. D’altronde il Brasile, pur avendo condannato all’Onu l’invasione del 24 febbraio, mantiene una posizione neutrale per motivi economici e geopolitici rifiutandosi, ad esempio, di imporre sanzioni alla Russia.

Anche il Portogallo, che su pressioni americane nei giorni scorsi aveva promesso a Kiev alcuni dei suoi 37 Leopard, ha fatto poi sapere che l’invio è messo fortemente in dubbio «dal pessimo stato di conservazione» dei carri da combattimento in dotazione al suo piccolo esercito.

L’industria bellica USA va a gonfie vele
Le pressioni di Washington su Berlino evidenziano in modo chiaro che gli Stati Uniti stanno approfittando della crisi ucraina, oltre che per rinsaldare il proprio primato militare in Europa, anche per sostenere la produzione e l’esportazione delle proprie armi.
La scelta, ad esempio, di inviare a Kiev degli Abrams ancora da fabbricare invece di quelli già a disposizione (causando un ritardo nella consegna di molti mesi), rivela che la mossa mira a sostenere l’industria nazionale degli armamenti. Gli USA potrebbero anche approfittare del fatto che i loro alleati europei dovranno disfarsi di una parte del proprio stock di Leopard per cercare di piazzare gli Abrams, tentando di scalzare il tradizionale monopolio delle forniture tedesche nel continente.

Del resto, la crisi ucraina ha già provocato un’impennata delle vendite di armi statunitensi nel mondo negli ultimi 12 mesi. Nel 2022 le aziende belliche statunitensi ne hanno vendute per 153,7 miliardi di dollari, rispetto ai 103,4 del 2021. Il boom è del 49%.

L’acquirente principale delle armi a stelle e strisce è sempre la Germania (8,4 miliardi), che a luglio ha ordinato 35 caccia F-35. In graduatoria Berlino è seguita dalla Polonia, che ha speso 6 miliardi, il grosso dei quali per l’acquisto di 250 carri Abrams. Dietro Varsavia ci sono il Regno Unito, la Spagna e la Bulgaria; ad aprile Sofia ha ordinato otto caccia F16 per un valore di 1,7 miliardi. Nella zona dell’Indo-Pacifico, poi, spicca l’Indonesia, che ha comprato tredici F15 per un valore di 14 miliardi.

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Mosca non mostra segnali di crisi
Com’era ampiamente prevedibile, la polarizzazione dello scontro internazionale sta favorendo nettamente gli Stati Uniti, almeno nel fronte occidentale e nell’Indo-Pacifico.
Sul campo, nel frattempo, i russi hanno ripreso l’iniziativa militare anche sul terreno dopo la disordinata ritirata da Kharkiv e Kherson. «Stanno avanzando lentamente, ma progressivamente, nel Donbass, stanno scardinando le difese ucraine sull’asse Siversk a Bakhmut e stanno avanzado a Zaporizhzhia. (…) Hanno accorciato il fronte e ridotto il peso della loro inferiorità numerica facendo affluire volontari e riservisti, che stanno addestrando anche per future operazioni» dice Gaiani.

Anche Eugene Rumer, direttore del programma “Russia ed Eurasia” del think tank statunitense Carnegie Endowment for International Peace (ex membro del National Intelligence Council durante l’amministrazione Obama), in un’intervista rilasciata al quotidiano spagnolo elDiario, afferma di non vedere alcun segno di arretramento o di cedimento da parte di Mosca. «La determinazione di Putin a continuare questa guerra non è diminuita. A fine dicembre ha avvisato i russi che devono prepararsi ad una lunga guerra, non solo ad una limitata operazione militare» afferma Rumer, secondo il quale l’invio dei tank a Kiev non causerà alcuna svolta sostanziale nello scontro militare.
Il popolo russo, aggiunge, non mostra particolari segni di sofferenza o di scontento: «L’economia russa è in calo, ma solo del 3%, a differenza di quella ucraina che subisce terribili perdite». Inoltre, spiega Rumer, la guerra in Ucraina sta distraendo gli Stati Uniti dalla regione Asia-Pacifico, consumando ingenti risorse statunitensi, il che non può che far piacere alla Cinache nel frattempo, pur non sostenendo direttamente Mosca nello sforzo bellico, ha comunque guadagnato influenza sulla Russia. Per questo Pechino non avrebbe alcuna seria intenzione di convincere Vladimir Putin a fermare le operazioni militari contro Kiev, anche se effettivamente l’accelerazione militare della competizione globale danneggia la Repubblica Popolare. – Pagine Esteri

5131588* Marco Santopadre, giornalista e scrittore, già direttore di Radio Città Aperta di Roma, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e dell’Africa. Scrive, tra le altre cose, di Spagna e movimenti di liberazione nazionale. Collabora con il Manifesto, Catarsi e Berria.

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Tigray, la guerra genocida più atroce degli ultimi anni & il mutismo dei media italiani


Ieri sera, 30 gennaio 2023 il TG1 parla di Etiopia, di cambiamento climatico, di territori e popolazione senza acqua e nemmeno per 1 minuto della…

Ieri sera, 30 gennaio 2023 il TG1 parla di Etiopia, di cambiamento climatico, di territori e popolazione senza acqua e nemmeno per 1 minuto della guerra del Tigray, 2 anni di guerra genocida, pulizia etnica confermata sul popolo tigrino, crimini di guerra e contro l’umanità perpetrati su milioni di persone nello stato regionale settentrionale dell’ Etiopia: accesso umanitario bloccato per volontà politiche, fame e stupri usati come armi di guerra. Si parla di più di 600.000 morti per massacri, bombardamenti aerei, prigionieri di guerra bruciati vivi per vendetta, civili uccisi da attacchi droni o per mancanza di cibo e cure mediche.

In Tigray sono milioni gli sfollati che non possono tornare a casa, chi vive oggi nei campi IDP, per sfollati interni, rischia comunque per mancanza di supporto umanitario, alcune aree ancora assediate dalle truppe eritree che hanno invaso l’Etiopia con la connivenza tacita del governo etiope.

…e il TG1 confessa!

La confessione della RAI, servizio pubblico, che dichiara:

“Guerra del Tigray, che si è combattuta per 2 anni nell’indifferenza del mondo intero…” (compreso la RAI che si sveglia solo oggi dopo più di 2 anni con 4 parole)

Ne parla SOLO OGGI in maniera parziale, facendo un mashup con altri contesti, parla della “guerra più atroce degli ultimi anni” e ne parla nemmeno per 1 minuto con una notizia flash di striscio, dichiarando anche dettagli errati.

L’accordo di tregua “cessazione ostilità” (e non di pace) è stato siglato NON da alcune settimane: fra qualche giorno (3 febbraio) saranno 3 mesi dalla firma a Pretoria.

Ancora oggi, nonostante l’accordo medici, materiale umanitario, sanitario, alimenti e salvavita è bloccato in alcune zone perché ancora assediato dai soldati eritrei.

I giornalisti e i medici sono ancora con le mani legate: i primi perché non hanno ancora accesso per poter documentare (quel che resta di prove e contesti ormai contaminati dal troppo tempo passato) e i secondi proprio perché sono ancora in attesa di supporto logistico e materiale igienico sanitario per i loro pazienti.

NON è servizio pubblico… sono “scoop” che redazioni condividono seguendo linee editoriali politicizzate e faziose.

VERGOGNA!!!!

(minuto 25’35”)

FONTE: rainews.it/notiziari/tg1/video…


tommasin.org/blog/2023-01-31/t…



MÀS QUE UN MÒVIL | L’Autorità garante spagnola promuove una campagna per l’uso responsabili del cellulare da parte dei minori L’Agenzia Spagnola per la Protezione dei Dati (AEPD) e l’UNICEF Spagna stanno portando avanti la campagna “Màs que un mòvil” (Più che un cellulare), mirata allo scopo di sensibilizzare i genitori sui rischi che derivano...


Una mia riflessione sulle pagine di Milano Finanza. Grazie al Direttore Roberto Sommella per l’ospitralità. Qui il mio pezzo su “Milano Finanza”.


La possibile soluzione per l’Ucraina. L’ipotesi del gen. Tricarico


Assumere l’impegno formale che la Nato si fermerà ai suoi confini attuali in cambio del ritiro totale delle truppe russe dall’Ucraina e tutelare i russi di Ucraina con uno status speciale che veda riconosciuti tutti i loro diritti. Questa una ipotesi di s

Assumere l’impegno formale che la Nato si fermerà ai suoi confini attuali in cambio del ritiro totale delle truppe russe dall’Ucraina e tutelare i russi di Ucraina con uno status speciale che veda riconosciuti tutti i loro diritti. Questa una ipotesi di soluzione al conflitto russo ucraino, semplice, razionale, del tutto accettabile per le parti in causa. Vediamo perché, cercando al contempo di immaginare i verosimili impedimenti da parte di una comunità internazionale che sembra aver smarrito il buon senso e la volontà di porre fine a una guerra all’ultimo sangue.

Intanto, congelare la geografia della Nato significa probabilmente mantenere una “promessa” a suo tempo fatta a Gorbachev, in virtù della quale l’Alleanza non si sarebbe allargata di un pollice a est. Promessa da qualcuno oggi disconosciuta e comunque mai formalizzata.

Abbiamo visto poi come è andata a finire, una vera e propria migrazione di ormai tredici nuovi membri, dalla Polonia all’ultimo arrivato, il Montenegro, tutti con l’incoraggiamento e il plauso dell’Alleanza e la fissazione, tuttora condivisa e indiscussa, della politica della open door policy.

Lo stop formale all’espansione della Nato non incontrerebbe però l’entusiasmo – per usare un eufemismo – di un immaginabile gruppo di Paesi membri e, soprattutto, dell’azionista di maggioranza. Ma è altrettanto vero che quegli stessi Paesi dovrebbero spiegare con argomentazioni convincenti quale vantaggio ha l’Alleanza, tra l’altro alla ricerca di una identità in parte smarrita, a incorporare la Macedonia del Nord, la Bosnia, il Kossovo o perfino la Georgia, Paesi costituenti nel loro insieme a un vero e proprio campo minato sul cammino della distensione e della stabilità dell’area.

Per contro la Russia, che a più riprese e in tempi diversi aveva percepito, a torto o a ragione, l’allargamento della Nato come una minaccia, denunciandone l’immanenza, e rubricandolo come fattore dirimente per la propria sicurezza, dovrebbe ritenersi pienamente appagata con la chiusura delle porte ad altre candidature ai propri confini. E potrebbe, con buona ragione, portare a casa un risultato più che dignitoso agli occhi dei propri cittadini e della comunità internazionale.

Il vero problema rimarrebbe la condizione dei russi del Donbass e di Crimea, un problema che comunque vada a finire, rimarrà centrale. Prima o poi quindi, a prescindere dall’assetto finale in cui sfocerà il conflitto, le minoranze di etnia russa andranno messe al riparo dalle vecchie e dalle nuove contrapposizioni, dalle vendette per antichi e recenti rancori. Va in altre parole elaborato per loro uno status peculiare che recepisca ogni aspettativa e la tramuti in tutela, proteggendo così da discriminazioni, rivalse, persecuzioni o rappresaglie.

Non sarà agevole ma neppure difficile redigere un protocollo condiviso, garantito dalle Nazioni Unite e applicato sotto la sorveglianza di una forza multinazionale da dispiegare nell’area a cura dei Paesi meno implicati nella diatriba russo ucraina, sotto ogni profilo.

L’alternativa non è al momento in vista, tanto più che nessuno è stato in grado finora di immaginare o proporre uno end state per Russia e Ucraina. O meglio, se si vuole continuare compatti sulla linea indicata dal segretario alla Difesa statunitense, Loyd Austin il 26 aprile a Ramstein e mai smentita o modificata, secondo la quale l’obiettivo è quello di ridurre Putin all’impotenza militare, allora bisognerà che fin d’ora noi europei avviamo una accurata riflessione sulle possibili conseguenze di avere alle porte di casa una Russia in balìa di sviluppi imprevedibili e certamente difficilmente controllabili.


formiche.net/2023/01/soluzione…



La massiccia perdita di codice Yandex rivela i fattori di ranking del motore di ricerca russo


I dettagli mostrano come il quarto motore di ricerca più grande del mondo classifica le pagine web.

@Etica Digitale

Puoi cercare e fare clic su tutti i fattori sullo strumento di ricerca compilato di Rob Ousbey . Potresti notare che quasi 1.000 dei fattori di ranking hanno il tag "TG_DEPRECATED" e più di 200 sono elencati come "TG_UNUSED". Poiché il codice è del febbraio 2022 ed è stato acquisito nel luglio 2022, la ricerca di Yandex è sicuramente cambiata da allora. Ma la fuga di notizie fornisce uno sguardo raro su come vengono messe insieme le classifiche di ricerca in un sito che serve uno dei paesi più grandi del mondo.

CONTINUA QUI



#NotiziePerLaScuola

Migrazione al Cloud e Siti web: il 2 febbraio alle ore 10.00 in programma un webinar per supportare le scuole nell’implementazione dei progetti relativi agli avvisi 1.2 e 1.4.1.

Info ▶️ istruzione.



ROSSOMALPAOLO


La prima volta che ho interagito con Paolo aka Rossomalpaolo è stato in un periodo in cui ero curiosa di sperimentare i limiti del mio corpo.
Ritrovandomi a parlarne con lui, accadde che decidemmo di provare e vedere cosa accadeva.
Le foto hanno funzionato poco ma ho passato due giorni ospite a casa sua, dove non mi sono mai sentita né di troppo né fuori luogo (nonostante abbia fatto cose tipo annusare le ascelle per accertarmi di non puzzare), Milano non è un città che amo ma di quei giorni ho un bel ricordo, simile al tepore caldo della tazza da tè nelle giornate invernali.
#fotografia

iyezine.com/rossomalpaolo

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DDoS su mastodon.social

Eugen Rochko:
«Credo che mastodon.social potrebbe essere attualmente oggetto di un attacco DDoS; stiamo cercando di capire meglio. Ci dispiace per l'inconvenienza!»

mastodon.social/@Gargron/10978…

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Oggi, alle ore 20.00, si chiudono le #IscrizioniOnline per l’anno scolastico 2023/2024!

Ecco i primi dati:
📌 Cresce l’interesse per gli Istituti tecnici scelti dal 30,9%;
📌 Gli indirizzi liceali restano in testa tra le preferenze dei neoiscritti, co…



La #privacy è una questione collettiva. Il post di #FreakSpot


LA PRIVACY È UNA QUESTIONE COLLETTIVA

@Pirati Europei

Molte persone danno una spiegazione personale sul motivo per cui proteggono o meno la loro privacy. Coloro a cui non importa molto si sentono dire che non hanno nulla da nascondere. Chi ci tiene lo fa per proteggersi da aziende senza scrupoli, stati repressivi, ecc. In entrambe le posizioni si presume spesso erroneamente che la privacy sia una questione personale, e non lo è.

La privacy è sia una questione individuale che pubblica. I dati raccolti da grandi aziende e governi sono usati raramente su base individuale. Possiamo intendere la privacy come un diritto dell'individuo in relazione alla comunità, come afferma Edward Snowden :

Sostenere che non ti interessa il diritto alla privacy perché non hai nulla da nascondere non è diverso dal dire che non ti interessa la libertà di parola perché non hai niente da dire.

I tuoi dati possono essere usati per il bene o per il male. I dati raccolti inutilmente e senza autorizzazione vengono spesso utilizzati per scopi negativi.

Gli Stati e le grandi aziende tecnologiche violano palesemente la nostra privacy. Molte persone acconsentono tacitamente sostenendo che non si può fare nulla per cambiarlo: le aziende hanno troppo potere ei governi non faranno nulla per cambiare le cose. E, certamente, quelle persone sono abituate a dare potere alle aziende che fanno soldi con i loro dati e quindi dicono agli stati che non saranno una spina nel fianco quando vogliono attuare politiche di sorveglianza di massa. Alla fine, danneggia la privacy di coloro a cui importa.

L'azione collettiva inizia con l'individuo. Ogni persona dovrebbe riflettere se sta fornendo dati su se stessa che non dovrebbe, se sta incoraggiando la crescita di società anti-privacy e, cosa più importante, se sta compromettendo la privacy di coloro che gli sono vicini. Il modo migliore per proteggere le informazioni private è non divulgarle. Con la consapevolezza del problema, i progetti sulla privacy possono essere sostenuti.

I dati personali sono molto preziosi — tanto che alcuni li chiamano il “nuovo petrolio” — non solo perché possono essere venduti a terzi, ma anche perché danno potere a chi li detiene. Quando li diamo ai governi, diamo loro il potere di controllarci. Quando li diamo alle aziende, diamo loro il potere di influenzare il nostro comportamento. In definitiva, la privacy è importante perché ci aiuta a preservare il potere che abbiamo sulle nostre vite che sono così intenzionati a toglierci. Non ho intenzione di regalare o vendere i miei dati, vero?

Il post originale

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Digitalizzazione escludente


Le barriere digitali per le persone straniere nell’accesso al welfare Stando a Istat, le persone di cittadinanza straniera nel nostro paese sono più di 5 milioni. La loro permanenza è legata ad un permesso di soggiorno di categorie e durate differenti, st

Le barriere digitali per le persone straniere nell’accesso al welfare

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Stando a Istat, le persone di cittadinanza straniera nel nostro paese sono più di 5 milioni. La loro permanenza è legata ad un permesso di soggiorno di categorie e durate differenti, stabilite sulla base della motivazione per la quale arrivano in Italia. Insieme alla permanenza dovrebbero essere garantiti una serie di diritti civili tra cui l’accesso a benefit e servizi, ma come ha potuto constatare il team di ricerca non sempre è così. Il dibattito pubblico si concentra spesso su un presunto accesso indebito delle persone straniere al welfare sociale, tralasciando totalmente il fatto che la popolazione straniera presenta un tasso di povertà molto elevato (una persona su quattro vive in uno stato di povertà assoluta) e che circa il 6,6% del totale dei contributi sono versati proprio da cittadini non comunitari. Nel momento in cui ne hanno bisogno, però, in cambio ricevono solo lo 0,4% di quanto versato.

Da ormai quindici anni la digitalizzazione della Pubblica amministrazione, l’e-government è diventata un mantra tra politici e decisori, utilizzato come sinonimo di maggiore efficienza e di progresso del settore pubblico. Si fonda su un’idea per cui l’interazione tra il cittadino e gli organi dello stato avviene di default attraverso strumenti digitali, in autonomia, secondo una retorica di efficienza, rapidità, standardizzazione e semplificazione; dando origine a un contesto in cui le tecnologie diventano la premessa per l’accesso al welfare. La premessa per il welfare è di essere orientato verso il sociale, in modo che benefit e servizi siano distribuiti come beneficio per la società: i processi di digitalizzazione sembrano invece essere orientati senza tenere conto di criteri etici.

Un aspetto che non tiene troppo in considerazione le difficoltà che una sempre maggiore “tecnologizzazione” dei processi potrebbe favorire. Anche in questo settore, seppur sia difficile da intravedere, esistono inclusi ed esclusi: i primi sono i cittadini italiani (anche se in questo caso ci sono delle eccezioni, come le persone senza fissa dimora), i secondi sono le persone straniere che nel nostro Paese sono venute per ragioni di tipo economico, sociale o politico. Una dicotomia che nasce dalla falsa possibilità di accedere a portali e siti web, sia per richiedere prestazioni sociali sia per ottenere informazioni su questi ultimi.

Una situazione paradossale poiché probabilmente sono proprio le persone straniere che non hanno un contatto con il tessuto sociale italiano ad avere bisogno di accedere in modo sostanziale al welfare. Non ci sono però indagini statistiche nazionali sul livello di alfabetizzazione digitale delle persone straniere, mancanza che non permette di riconoscere il divario digitale esistente tra chi nasce in Italia e chi nel paese ci arriva per questioni lavorative, economiche o di violazione di diritti umani. Un divario digitale che non dovrebbe essere scambiato con “il saper utilizzare uno smartphone”, uno strumento che in certi casi specifici non è il migliore alleato per richiedere a un ente come Inps un beneficio sociale.

Nonostante la mancanza di dati concreti sull’alfabetizzazione digitale delle persone straniere, che ricordiamo in Italia sono più di 5 milioni, nel 2020 è stato rilasciato il Piano triennale per l’informatica nella pubblica amministrazione, con l’obiettivo di realizzare la piena digitalizzazione dei servizi pubblici sul territorio italiano.

Da allora, le pubbliche amministrazioni hanno implementato diverse iniziative. INPS dispone di un sito informativo e di un portale online dedicato all’inoltro di richieste per prestazioni sociali. INPS ha inoltre lanciato INPS Mobile, una app istituzionale che dà accesso a numerosi servizi di consultazione e di invio di documenti. Un portale, ANPR, relativo all’iscrizione anagrafica e al cambio di residenza è nelle sue fasi finali di implementazione.

Il decreto-legge n. 76/2020 ha stabilito che, a partire dal 2021, l’accesso ai servizi della Pubblica Amministrazione deve avvenire attraverso identità digitali: Sistema Pubblico di Identità Digitale (SPID), la Carta di Identità Elettronica (CIE) o la Carta Nazionale dei Servizi (CNS). Dallo stesso anno INPS non accetta altro tipo di autenticazione l’accesso ai suoi portali e ai servizi. Le identità digitali presentano però dei pre requisiti giuridici, come essere in possesso di carta d’identità o essere iscritti all’anagrafe, che possono rappresentare un ostacolo per la popolazione straniera.

In questo report sono state analizzate in dettaglio molte prestazioni sociali e benefit, quali l’assegno per il Nucleo Familiare (ANF), l’assegno mensile di invalidità civile, l’assegno di maternità per lavoratrici atipiche (Assegno di maternità dello Stato), l’assegno sociale; l’assegno unico e universale (AUU); il bonus asilo nido; la carta acquisti ordinaria; l’indennità di accompagnamento agli invalidi civili; l’indennità mensile di frequenza; la pensione di inabilità; il Reddito di Cittadinanza/Pensione di Cittadinanza; il reddito di libertà.

Per ogni prestazione sono stati considerati i requisiti di accesso e le modalità di richiesta, che in questo secondo caso spesso avviene online solo dopo un’autenticazione tramite identità digitale. È emerso un quadro variegato, per cui alcuni permessi di soggiorno e requisiti di residenza restringono le possibilità di accesso a benefit e servizi, ma non solo. I servizi online sono integralmente accessibili solo in lingua italiana, e richiedono competenze digitali nonché un livello di alfabetizzazione elevato. Stando alla situazione attuale e vista la mancanza di previsioni differenti sul tema, il processo di digitalizzazione delle Pubbliche amministrazioni – ulteriormente favorito dai finanziamenti previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) – non è uguale per tutti e a farne le spese saranno perlopiù le persone straniere, e vulnerabili.

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La Marina alla prova dell’underwater. Intervista all’amm. Credendino


Il Mediterraneo allargato è ormai riconosciuto quale scenario strategico di riferimento del nostro Paese, e la principale regione dove si svolgono gli interessi nazionali italiani. Dal Golfo Persico a quello di Guinea, passando per il Mare nostrum, la Mar

Il Mediterraneo allargato è ormai riconosciuto quale scenario strategico di riferimento del nostro Paese, e la principale regione dove si svolgono gli interessi nazionali italiani. Dal Golfo Persico a quello di Guinea, passando per il Mare nostrum, la Marina militare è chiamata a vigilare e pattugliare queste acque, anche sotto la superficie mare. Sempre più importante è, infatti, la dimensione underwater, dove passano i collegamenti energetici e delle comunicazioni. Un dominio che ha bisogno di regole, investimenti e tecnologie. Di tutto questo, Airpress ne ha parlato con il capo di Stato maggiore della Marina, ammiraglio Enrico Credendino.

Ammiraglio, l’Italia sta giocando la sua partita per concorrere alla leadership nel Mediterraneo. In questa sfida la Marina militare italiana ha un ruolo centrale. Quali sono i principali obiettivi che, di concerto con le altre Forze armate e il governo, la Marina vuole ottenere nel 2023?

Il ministero della Difesa ha di recente emanato la sua nuova Direttiva strategica per la sicurezza nel Mediterraneo allargato, il primo documento governativo per che definisce l’Italia una potenza regionale a prevalente connotazione marittima. Il documento inquadra, dunque, l’attività militare italiana nel Mare nostrum, in un’ottica interforze, multidimensionale e inter-agenzia, ma con un fattore-chiave: il mare. L’Italia riconosce la sua “marittimità”, una proiezione dove lavorano tutte le Forze armate, ma che richiede naturalmente una presenza e un elevatissimo impegno per la Marina militare, soprattutto rispetto al passato.

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Un impegno reso più importante anche dall’invasione russa…

Gli effetti della guerra in Ucraina si vedono soprattutto con l’aumento della flotta russa nel Mediterraneo, che ha raggiunto livelli anche superiori rispetto alla Guerra fredda. Al momento ci sono una decina di navi russe, ma si sono toccate quote anche di una ventina, alle quali si aggiungono le oltre venti stazionate nel Mar Nero. Una presenza che di per sé non è una minaccia diretta all’Italia, ma aumenta la tensione e richiede alla Marina di essere più presente, con una media di 15/20 unità in mare al giorno, tra navi, sommergibili e aerei. Inoltre, gli Stati Uniti hanno spostato il loro focus all’Indo-Pacifico, e sebbene ora ci sia un gruppo portaerei Usa in risposta al conflitto ucraino, prima o poi se ne andrà e quando la situazione si normalizzerà sarà dislocata in Indo-pacifico. Starà allora all’Italia assumere la responsabilità di presidiare il Mare Nostrum.

Nello scenario mediterraneo acquista un ruolo chiave la base di Taranto. Che ruolo avrà la città pugliese nel suo ruolo di Comando Multinazionale Marittimo per il Sud della Nato? Che tipo di implementazioni della struttura saranno messe in campo, e con che tempi?

Taranto rappresenta la principale base navale della Marina, con le navi combattenti di prima linea e il gruppo portaerei. A questa si associano la base aerea di Grottaglie, e la base del gruppo anfibio di Brindisi. Messe insieme, queste risorse esprimono la capacità expeditionary dell’Italia, uno dei pochi Paesi al mondo ad avere la possibilità di mettere in mare una Expeditionary Task Force (Etf), la somma tra il gruppo anfibio e il gruppo portaerei con gli F-35. In questo contesto, Taranto si sta sviluppando secondo il progetto “Base blu”, che prevede nei prossimi dieci anni un investimento importante per ammodernare le banchine e le infrastrutture della base e, insieme al cosiddetto “piano Brin”, l’arsenale. Nella base, inoltre, si sta istituendo il Comando Multinazionale Marittimo per il Sud della Nato, un comando marittimo “deployable” che sarà operativo nel 2024. Si tratterà di personale sempre pronto a imbarcarsi per gestire le operazioni in ambito Nato, lavorando con il comando Joint di Napoli o il Comando marittimo dell’Alleanza.

Le Forze armate italiane hanno ormai adottato l’approccio all-domain come dottrina per la pianificazione delle operazioni. Come si declina questo approccio per la dimensione marittima, pensiamo in particolare alle capacità anfibie o a quelle aeronavali?

La Marina è all-domain e interforze per sua stessa natura, operando sopra, sotto, sulla e vicino la superficie del mare da sempre, a fianco delle Forze Armate e, appieno, parte integrante della Difesa. Per cui abbiamo fin dalla nascita la mentalità a operare in tutte le dimensioni, e l’all-domain non è che una evoluzione di questo, con l’aggiunta del cyber e dello spazio. Inoltre, tutte le nuove unità navali sono pensate per operare nel multi-dominio, con la nave che è già, di fatto, un sistema di sistemi, dovendo integrare i diversi assetti di piattaforma e gli eventuali mezzi imbarcati, oggi, anche unmanned.

Quali sono i principali orientamenti strategici e quali le soluzioni operative individuate per garantire la sicurezza delle infrastrutture sottomarine, sempre più strategiche e la cui importanza è stata messa in risalto anche dal danneggiamento del Nord Stream 2?

Subito dopo il sabotaggio del gasdotto Nord Stream 2, avvenuto in mar Baltico nel settembre 2022, è stata attivata la missione Fondali Sicuri che prevede l’impiego di unità di superficie, cacciamine e ulteriori assetti specialistici, per la sorveglianza delle infrastrutture strategiche sottomarine nazionali. L’attenzione verso tale settore delle operazioni è altissima.

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Del resto, occorre considerare che il dominio subacqueo costituisce la nuova, vera, quinta dimensione fisica. Oggi si parla di terra, mare, cielo e spazio, e per mare si intende tutto. Invece, le leggi fisiche che regolano la dimensione subacquea sono completamente diverse da quelle che caratterizzano la superfice del mare. Peraltro, nonostante si creda che Internet viaggi prevalentemente via satellite, ben il 98% dei dati passa attraverso dorsali e connessioni situate sotto la superficie del mare. In particolare, sui fondali del Mediterraneo sono stesi cavi per le comunicazioni tra Europa, Asia e Africa, oltre alle condotte energetiche che dall’Algeria, dalla Tunisia, dall’Albania arrivano in Italia. La Marina dovrà dunque essere in grado di vigilare l’underwater, e per questo, occorrerà sviluppare nuove tecnologie, investire fondi considerevoli e, soprattutto, fare sinergia. In tal senso, in esito a una risoluzione della precedente legislatura, è stato attivato a La Spezia il Polo nazionale della subacquea, la cui guida è affidata alla Marina, e che coinvolgerà tutto il cluster marittimo che lavora sul mondo subacqueo, dai ministeri della Difesa e delle Imprese, all’università e all’industria.

Quali sono le priorità per il mondo underwater?

Il problema è che si è investito molto poco sul mondo subacqueo. Si è investito di più nel settore spaziale che in quello underwater, con il risultato che oggi conosciamo meglio la superficie di Giove che non i fondali marini, inesplorati per il 98%. Ma lo spazio è lontano, quello di cui stiamo parlando invece è casa nostra. Mancano poi delle regole, perché non c’è un’autorità per lo spazio subacqueo. Bisogna ancora definire dove inizia la dimensione subacquea: se nello spazio il confine è a cento chilometri di altezza (la cosiddetta linea di Karman), sott’acqua dov’è? Dove arriva l’onda elettromagnetica o dove arriva la luce? A livello legale, inoltre, è quasi impossibile attribuire la responsabilità in caso di incidenti, intenzionali o accidentali, a causa della difficoltà di osservare il mondo sottomarino. I satelliti non vedono sott’acqua, perché l’onda elettromagnetica non arriva sotto la superficie del mare. È un mondo le cui regole fisiche impongono soluzioni ad hoc, con profondità che nel Mediterraneo arrivano fino a cinquemila metri, dove non si può intervenire con gli operatori, perché gli scafandri ci consentono di operare fino a un massimo di circa trecento metri. Sarà quindi un mondo abitato essenzialmente da sciami di droni rilasciati da una nave madre, anch’essa unmanned, controllato anche da network di sensori di fondo, come le cortine e catene idrofoniche

Alla luce dei rapporti complicati tra Italia e Francia, ritiene che questo potrebbe avere degli impatti sulla collaborazione cantieristica tra i due Paesi?

Sinceramente non credo. Sicuramente da un punto di vista tecnico, a livello operativo, stiamo lavorando in totale sintonia con i francesi. Di recente la Marina militare italiana ha messo a disposizione del gruppo portaerei francese una nave per circa un mese, e ho ricevuto il ringraziamento personale del comandante della Marine nationale, l’ammiraglio Pierre Vandier, che tra l’altro a settembre del 2022 ha ricevuto l’onore al merito della Repubblica italiana. Io stesso sono stato l’unico capo di Forza armata straniero invitato il 14 luglio scorso alla sfilata per il Giorno della Bastiglia a Parigi.

Quali sono le missioni all’estero più sensibili per la Marina militare italiana nel 2023?

La Marina lavora ed è presente in tutto il Mediterraneo allargato. La nuova operazione Mediterraneo sicuro ha esteso l’area della missione Mare sicuro – inizialmente limitata alle acque antistanti la Libia – fino a comprendere le acque delle Baleari fino alla Siria e i Dardanelli a est, dove abbiamo sempre almeno sei unità in mare, tra navi e sommergibili. La missione è anche una dichiarazione agli alleati del fatto che l’Italia vuole assumere, e siamo seri nel farlo, la responsabilità della sicurezza nel Mediterraneo. La Marina è poi presente nel Golfo di Guinea, dove passano diversi interessi energetici e mercantili, a contrasto di un importante fenomeno di pirateria. Siamo presenti ormai da tempo in Somalia con la missione Ue Atalanta, grazie alla quale il fenomeno della pirateria in Corno d’Africa è stato posto sotto controllo e, più di recente, nello stretto di Hormuz con la nuova operazione europea Agenor-Emasoh. Prosegue, inoltre, in mar rosso, l’impegno del pattugliamento nell’ambito della Multinational Force Observers sotto egida delle Nazioni Unite e non escludo, nel 2023, l’impegno nella Maritime Task Force in Libano, anch’essa sotto Onu (Mtf – Unifil), per la quale l’Italia ha anche assicurato la disponibilità ad acquisire il Comando. Abbiamo poi una nave nell’Artico per vigilare sulla possibile apertura della rotta artica e a breve nave Morosini si addestrerà insieme agli alleati e alle marine amiche nell’Indo-Pacifico. Un’occasione anche per contribuire alla possibile esportazione del prodotto nazionale. Infine, a luglio il Vespucci partirà per il giro del mondo.

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formiche.net/2023/01/sfide-mar…




Hey ChatGPT, spiegami le privacy policy di Google, Facebook e TikTok come se avessi 13 anni.


Un esperimento con ChatGPT per riassumere in modo semplice privacy policy lunghissime e complesse.

Come forse saprete, le privacy policy di Google, Facebook e TikTok sono documenti lunghissimi che richiedono almeno 40 minuti per una lettura completa. Ma il tempo che serve per leggerle da cima a fondo non è il solo problema. Sono anche documenti complessi da comprendere e difficilmente fruibili per una persona con scarse competenze sul tema — figurarsi per un bambino che usa questi servizi!

Per questo allora ho voluto sperimentare con ChatGPT, chiedendo di tradurre in termini semplici e comprensibili per un bambino di 13 anni queste lunghissime e complesse privacy policy.

Sei già iscritto a Privacy Chronicles? No? Che aspetti!

5104462Scansiona il codice QR con il tuo wallet LN oppure clicca qui!

La fonte delle informazioni è stata la privacy policy stessa, io mi sono limitato a fornire il link. Nel prompt ho indicato a ChatGPT di includere obbligatoriamente alcuni dettagli:

  • Una sintesi dell’originale, facilmente comprensibile da un bambino di 13 anni
  • Includere una breve spiegazione del significato di dato personale
  • Includere qualche dettaglio su: dati trattati, fonti dei dati, trasferimenti dei dati ed eventuali terze parti
  • Includere qualche dettaglio sui periodi di conservazione dei dati
  • Avvertire l’utente sui rischi della profilazione, con un esempio pratico comprensibile a un bambino
  • Includere istruzioni per cambiare le impostazioni privacy e cancellare l’account
  • Se presenti, includere un avvertimento su eventuali violazioni di dati o cattiva condotta da parte del servizio.

Ho fatto diverse prove per un’oretta. Non sempre i testi prodotti erano in grado di soddisfare i requisiti richiesti. Tuttavia credo che il risultato sia comunque interessante, sia per comprendere le potenzialità di uno strumento del genere che per avere un’estrema sintesi del trattamento dati di questi tre colossi.

Purtroppo i risultati in italiano non avevano la stessa qualità di quelli in inglese, quindi vi propongo quelli:

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Google collects information about you, including your personal data, when you use their services like Google Search, Gmail, YouTube, and others. Personal data means information that can be used to identify you, like your name, email address, and location.

Google gets this information from different sources, like when you create a Google account, or when you search the internet, watch videos on YouTube, or use Google Maps. Google may also share your personal data with other companies, like advertisers, to show you ads that might interest you.

It's important to know that when Google shares your personal data with advertisers, it can be used to profile you, like what kind of things you like, what you search for online, and where you go. For example, if you search for information about animals, you might see ads for zoos or pet stores.

Google keeps your personal data for as long as they need it to provide you with their services and improve them. You can change your privacy settings at any time by going to your Google account settings, where you can choose what information Google collects and how they use it. If you want to stop using Google's services and delete your account, you can follow these easy steps:

To change your privacy settings:

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  • Go to your Google account (myaccount.google.com/)
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  • Scroll down to "Download, delete, or make a plan for your data"
  • Click on "Delete a service or your account"
  • Follow the steps to delete your account.

There have been incidents where Google has misused people's personal data, like in 2018 when Google was fined by the European Union for violating people's privacy by collecting and using their personal data for targeted advertising. So, it's important to be careful about the information you share with Google and to regularly check your privacy settings.

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Facebook collects information about you to make your experience on the platform better. This information is called "personal data." Some examples of personal data are your name, age, and what you like. Facebook gets this information from you when you sign up and use the platform, and also from other websites and apps that you use.

Facebook also collects information about what you do on the platform, such as the posts you make and the pages you follow. This is called "metadata."

Sometimes, Facebook will share your information with other companies, organizations, or people outside of Facebook. For example, if you use a game app that is made by another company and also uses Facebook, Facebook might share your information with that company so they can show you ads that are more relevant to you.

Facebook keeps your personal data for as long as you use the platform and for a short period after you stop using it, so they can provide the services you expect and protect your information.

One of the risks of using Facebook is that they use your information to show you ads. This is called "profiling and advertising." For example, if you've been searching for shoes on your phone, you might start seeing ads for shoes on Facebook. While this can be useful to see things you might be interested in, it can also be creepy.

To change your privacy settings on Facebook, go to the settings menu and click on "privacy." From there, you can control who can see your posts and information. To delete your Facebook account, go to the settings menu and click on "Your Facebook Information." Then, click on "Delete Your Account and Information."

It's important to be careful with the information you share on Facebook and to always read the privacy policy carefully. There have been some incidents where Facebook has mishandled people's information, like the Cambridge Analytica scandal in 2018. So it's important to stay informed and protect your information online.

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TikTok is an app that you can use to make short videos and share them with your friends or the world. When you use TikTok, they collect information about you, like your name, phone number, and videos you make. This is called your personal data.

TikTok gets this information from different sources, like when you sign up for the app or share your videos. They also collect data about how you use the app, like what videos you watch and how you interact with them.

TikTok shares your personal data with other companies and people that help them run the app and show you ads. For example, they might share your data with companies that help them show you ads based on what you like.

TikTok keeps your personal data for as long as they need it to run the app and show you ads. They might keep some of it even after you stop using the app, but they will keep it private and secure.

One risk of sharing your personal data is that companies like TikTok can use it to show you ads based on what they think you might like. For example, if TikTok knows you like certain types of music, they might show you ads for concerts or music festivals.

If you want to change your privacy settings on TikTok or delete your account, you can do it in the app's "Privacy and Safety" section. Just go to "Settings" and then "Privacy and Safety." If you delete your account, all of your videos and personal data will be deleted and you'll need to start over if you want to use TikTok again.

There haven't been any big issues with TikTok and personal data, but it's always a good idea to be careful when sharing information online. Make sure you know who you're sharing it with and what they're going to do with it.

If you want to change your privacy settings or delete your TikTok account, here's how:

  • Go to the Settings page on TikTok.
  • Look for the Privacy and Safety section.
  • Change your privacy settings to what you want.
  • To delete your TikTok account, go to the Delete Account page on TikTok.
  • Follow the instructions to delete your account.

In summary, TikTok collects information about you and your activity on the website and might share it with other companies to show you ads. There can be risks associated with having a profile created about you, so be careful about what personal information you share on TikTok.

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Grandiosa Muerte - Egregor


Dalla soleggiata e bella Costa Rica, che non si capisce perché in italiano diventi maschile, arriva un monolite di death metal pubblicato dalla francese Bitume Prod., cattiveria e sentore di estinzione, dolorosa e lunga peraltro.

Dietro al nome Grandiosa Muerte c’è un uomo solo saldamente al comando, il suo nome è Max Gutiérrez Sánchez, già fondatore di altri tre gruppi : Ravensouls, December’s Cold Winter, e Advent Of Bedlam. Max ha conosciuto l’abbraccio mortale del metal quando abitava in Spagna ed è lì che ha contribuito a fondare i suoi primi gruppi.

iyezine.com/grandiosa-muerte-e…

@Musica Agorà

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#NotiziePerLaScuola

È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione e del Merito.



L'EDPB determina le raccomandazioni sulla privacy per l'utilizzo dei servizi cloud da parte del settore pubblico e adotta il rapporto sulla Cookie Banner Task Force


L'EDPB determina le raccomandazioni sulla privacy per l'utilizzo dei servizi cloud da parte del settore pubblico e adotta il rapporto sulla Cookie Banner Task Force

@Etica Digitale

Bruxelles, 18 gennaio - Il commissario per la giustizia Didier Reynders ha partecipato alla riunione plenaria. Ha presentato al consiglio di amministrazione il progetto di decisione di adeguatezza per il quadro UE-USA sulla privacy dei dati e ha avuto uno scambio di opinioni con i suoi membri. Il consiglio sta attualmente lavorando al proprio parere sulla bozza di decisione, che sarà finalizzata nelle prossime settimane.

L'EDPB ha adottato una relazione sui risultati della sua prima azione di applicazione coordinata (qui si può scaricare il documento con la prima parte "2022 Coordinated Enforcement Action - use of cloud-based services by the public sector" mentre qui è disponibile la seconda "Annex: National Reports on the CEF cloud action"), incentrata sull'uso di servizi basati su cloud da parte del settore pubblico. L'EDPB sottolinea la necessità per gli enti pubblici di agire nel pieno rispetto del GDPR e include raccomandazioni per le organizzazioni del settore pubblico quando utilizzano prodotti o servizi basati su cloud. Viene inoltre reso disponibile un elenco delle azioni già intraprese dalle autorità per la protezione dei dati (DPA) nel campo del cloud computing.

Qui il comunicato completo del

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...e gli idealisti, gli ingenui, i rinunciatari ...


Di tanto in tanto è bello farsi scarrozzare per le vie della città con della musica tiepida in sottofondo. Osservare le facce della gente che cammina sui marciapiedi e immaginare quali potrebbero essere i loro pensieri e le loro storie.

("second moon" - pacifico)

youtube.com/watch?v=JaOYDJWvD-…



Il progetto del ministro Valditara: scuola-azienda e "umiliazione" | Senza Tregua

"Spesso l’alternanza scuola-lavoro viene legittimata come uno strumento di avvicinamento dei giovani al mondo del lavoro, i quali dovrebbero trovare in questa esperienza un’autentica opportunità di futuro impiego, grazie all’acquisizione di competenze richieste dal mercato del lavoro. Già ai tempi della presentazione della Buona Scuola, tale provvedimento era stato presentato come un dispositivo per arginare la disoccupazione giovanile. È nostro compito contrastare tale retorica. In primo luogo rifiutando l’idea, tutta ideologica, che la scuola debba fungere da istituzione che ha come obiettivo primario la formazione di lavoratori. Questo elemento nasconde, infatti, quella che è l’unica realtà dell’alternanza scuola-lavoro: un metodo comodo e conveniente che i padroni adottano per scaricare i costi della formazione aziendale direttamente sulle scuole e, di conseguenza, sui lavoratori contribuenti."

senzatregua.it/2023/01/29/8012…



Le persone convinte di conoscere la #scienza, conoscono *davvero* la scienza?


Non è tanto quello che sai, quanto quello che pensi di sapere

@Scienza e innovazione

Un nuovo studio pubblicato il 24 gennaio sulla rivista ad accesso aperto PLOS Biology di Cristina Fonseca della Genetics Society, UK; Laurence Hurst del Milner Centre for Evolution, Università di Bath, Regno Unito; e colleghi, rileva che le persone con atteggiamenti drastici tendono a credere di comprendere la scienza, mentre le persone neutrali sono meno sicure. Nel complesso, lo studio ha rivelato che le persone con atteggiamenti fortemente negativi nei confronti della scienza tendono ad essere troppo sicure del proprio livello di comprensione.

Qui la recensione all'articolo e qui l'accesso all'articolo originale pubblicato su Plos Biology

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in reply to Franc Mac

"la scienza" è un concetto troppo astratto... dire che qualcuno conosce "la scienza" è come dire che "conosce i libri".

Quali?
Di quale genere?
In quale lingua?

Scienza e tecnologia reshared this.

in reply to quasimagia

@quasimagia vero , peró esistono anche le generalizzazioni , usate come " tanto per intenderci".

Scienza e tecnologia reshared this.



#NotiziePerLaScuola

PNRR, Fondo Opere Indifferibili 2023: pubblicato l’elenco degli enti locali potenzialmente destinatari della preassegnazione.

Info ▶️ pnrr.istruzione.

Poliverso & Poliversity reshared this.




Fino ad, ormai, 2 mesi fa, il mio regno del Rasperino era al suo splendore massimo: l'istanza Misskey, messa su giusto 2 settimane prima, andava alla ...


La newsletter odierna di @GuerrediRete è un segnalibro fondamentale per chi vuole conoscere le tendenze del giornalismo fregafrega! #pappagallistocastici


Guerre di Rete - I pappagalli stocastici sono diventati miliardari: la newsletter di @Carola Frediani

Oltre alle interessantissimo approfondimento su "AI: chi “move fast and break things”, e chi ha dubbi", segnaliamo a tutta la comunità @Giornalismo e disordine informativo anche i seguenti argomenti trattati dalla newsletter di oggi:
- LeCun reloaded
- Hacker di Stato nordcoreani
- Italia digitale

Qui la newsletter completa



#Riprendersi la città. Guida per i cittadini, con 40 idee per riappropriarsi della città


"Recuperar la ciudad. Reclaim the city" è una guida scritta da un gruppo di attivisti spagnoli che si propone di individuare degli strumenti e delle azioni concrete per limitare lo strapotere del traffico automobilistico privato, promuovere una mobilità sostenibile e ridare alla città il suo carattere di spazio pubblico fruibile da tutti i cittadini.

La guida è disponibile sul web in spagnolo (recuperarlaciudad.notion.site/…) e in inglese (recuperarlaciudad.notion.site/…) oppure dalle stesse pagine si può scaricare una versione bilingue in formato pdf.

In italiano, al momento, è disponibile solo la prima parte della guida (l'introduzione), qui sotto trovate l'incipit e questo è il link per scaricare il testo tradotto finora: nilocram.eu/edu/Riprendersi_la…

Sono disponibili in italiano anche due numeri della newsletter curata dallo stesso gruppo di attivisti:

Perché abbiamo bisogno di più ciclistə nelle nostre città?

Promuovere la mobilità in bicicletta attraverso misure di pianificazione urbana

Buona lettura 😀

Se avete tra le mani questo testo, è probabile che vi siate resi conto dell'importanza per le persone di riappropriarsi dello spazio della città, nonché dei problemi che sorgono nel tessuto urbano quando ciò non avviene. Potreste anche essere qui perché sospettate di avere la capacità di migliorare il comune in cui vivete o perché siete alla ricerca di strumenti legali e non violenti per riprendervi la città. Siete nel posto giusto.
Questa è una guida pratica perché i cittadini possano riprendersi la città. Noi, le persone, abbiamo un potere immenso nel plasmare l'ambiente in cui viviamo, anche se per decenni lo abbiamo ceduto a comuni che non sempre si sono occupati del benessere sociale. Cosa possiamo fare per recuperare lo spazio pubblico?
Vi diamo delle alternative in modo che possiate scegliere in base alle vostre possibilità e al vostro grado di impegno. [...]

Scarica il testo da qui: nilocram.eu/edu/Riprendersi_la…
@Rivoluzione mobilità urbana🚶🚲🚋 @maupao @Marcos Martínez


Promuovere la mobilità in bicicletta attraverso misure di pianificazione urbana


Ecco la seconda traduzione dalla newsletter di #RecuperarLaCiudad (Riprendersi la città)

Qui sotto trovate la traduzione parziale della newsletter del 25 novembre 2022 intitolata:
Come promuovere la mobilità in bicicletta attraverso misure di pianificazione urbana

A partire da uno studio sulle caratteristiche delle infrastrutture ciclabili olandesi, danesi e tedesche, l’articolo presenta alcune delle misure di pianificazione urbana necessarie a garantire un uso comodo e sicuro della #bicicletta in città.

Il testo completo dell’articolo si può scaricare da qui:
nilocram.eu/edu/Riprendersi-la…

Buona lettura e... pedalate piano 😀

Come promuovere la mobilità in bicicletta attraverso misure di pianificazione urbana

"Se lo costruisci, allora verranno", dice una voce nel film "Field of Dreams" (1989) a Kevin Costner. Questa regola si applica spesso al settore della mobilità: quando si costruisce un'infrastruttura, compaiono i suoi utenti. Questo fenomeno è noto come domanda indotta (l'offerta di un bene ne aumenta il consumo).
La domanda indotta spiega, tra l'altro, come l'aumento delle infrastrutture automobilistiche sia una misura inutile per ridurre la congestione, che anzi aumenta. La domanda indotta può essere utilizzata per promuovere la mobilità sostenibile? Per rispondere a questa domanda, nel 2008 John Pucher e Ralph Buehler hanno condotto un’ analisi bibliografica presso la Rutgers University, esaminando le caratteristiche delle infrastrutture ciclabili olandesi, danesi e tedesche.
Spoiler: può funzionare e funziona benissimo.

Uso massiccio della bicicletta

I tre Paesi presi in esame erano, al momento dello studio, i tre Paesi europei con i più alti livelli di mobilità ciclistica. Gli spostamenti giornalieri in bicicletta (con distanze medie massime di 2,5 km nei Paesi Bassi, 1,6 km in Danimarca e 0,9 km in Germania), queti paesi sono anche quelli con la più alta percentuale di spostamenti effettuati pedalando (27% nei Paesi Bassi, 18% in Danimarca e 10% in Germania).
Tuttavia, non è sempre stato così. Tra il 1950 e il 1975 il numero di spostamenti in bicicletta in tutti e tre i Paesi è diminuito dal 50-85% degli spostamenti a solo il 14-35%, un periodo che coincide con la promozione dell'uso dell'automobile da parte di tutti e tre gli Stati, aumentando la capacità delle strade e aumentando l'offerta di parcheggi. Se le costruisci, allora verranno. I governi si sono resi conto dell'errore e hanno cercato di correggere le tendenze.
A metà degli anni '70 le politiche di mobilità sono cambiate, concentrandosi sui pedoni, la bicicletta e il trasporto pubblico. La maggior parte delle città ha migliorato le infrastrutture ciclabili, ha introdotto restrizioni all'uso dell'auto e ne ha reso più costoso l'utilizzo. Tra il 1975 e il 1995, l'uso della bicicletta ha raggiunto il 20-43% di tutti gli spostamenti in tutti e tre i Paesi. Il caso di Berlino è particolarmente impressionante, con un aumento del 275% degli spostamenti in bicicletta tra il 1975 e il 2001. [...]

Qui il testo completo dell’articolo:
nilocram.eu/edu/Riprendersi-la…
@Informa Pirata @Marcos Martínez @Rivoluzione mobilità urbana🚶🚲🚋


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Il fediverso non è una darknet: discussione sugli hack del #fediverso, sulle reazioni stizzite degli utenti e sul concetto di consenso


Il consenso nel Fediverso. il post di @Sindarina, Edge Case Detective (traduzione automatica)

@Che succede nel Fediverso?

Sono un po' preoccupata per il numero di persone qui che, come me, sono arrivate abbastanza di recente, e che stanno sperimentando le cosiddette reazioni "estreme" e "irragionevoli" a loro che vogliono "hackerare" il fediverso per cancellare il l'intera conversazione sul consenso come in qualche modo non rilevante.

La NSA monitora comunque tutto ciò che fai su Internet, quindi perché ti lamenti dei fratelli tecnologici che vogliono raccogliere all'aperto, yada yada.

Sembra che dobbiamo definire cosa sia effettivamente il consenso.

Esiste solo una forma di consenso dell'utente valido;

CONSENSO INFORMATO, ENTUSIASTICO, REVOCA.

Questo è tutto. Senza se, senza ma.

L'utente deve capire per cosa sta dando il consenso e l'ambito per il quale il suo consenso è valido.

Devono essere entusiasti, totalmente d'accordo con la decisione, non accettarla a malincuore perché sentono di non avere altra scelta.

E devono essere in grado di revocare tale consenso in qualsiasi momento, tra cinque minuti o tra cinque anni.

Il loro consenso dovrebbe essere limitato nel tempo e scadere automaticamente quando non interagiscono più con il tuo servizio o prodotto.

Se modifichi l'ambito, devi chiedere nuovamente il loro consenso e assicurarti che comprendano l'impatto delle modifiche che stai apportando.

L'ambito include chi possiede e gestisce il servizio o il prodotto. Se vuoi essere acquisito, devi chiedere nuovamente il loro consenso.

Il consenso dell'utente NON è trasferibile, periodo, indipendentemente dai moderni termini di servizio richiesti.

La maggior parte delle persone nel settore della tecnologia non vuole sentirlo, perché invalida la stragrande maggioranza dei loro modelli di business, dati di formazione AI/ML, operazioni di intelligence aziendale e così via. Tutto ciò che si basa sulla raccolta di dati "pubblici" diventa improvvisamente sospetto, se si applica quanto sopra.

E sì, questo include i beniamini di Internet come Internet Archive, che opera anch'esso su un modello di opt-out non consensuale.

È la conquista dell'occidente, rivendicare la proprietà senza permesso.

È così radicato nella cultura bianca e occidentale di Internet che ora ci sono intere generazioni che considerano tutto ciò che può essere letto dal crawler che hanno scritto in un fine settimana come un gioco leale, indipendentemente da quale fosse l'intenzione originale dell'utente.

Ripubblicare, riformattare, archiviare, aggregare, il tutto senza che l'utente ne sia pienamente consapevole, perché se lo fosse, si opporrebbe.

È disonesto come un ca**o, e non è diverso dagli atteggiamenti coloniali nei confronti delle risorse naturali.

"È lì, quindi possiamo prenderlo."😒

Oh, e anche, vaff****lo con il condiscendente "lawl, non sai che la NSA ti controlla comunque?!" che sembra diffuso tra le persone dei circoli infosec.

La gente lo sa. Solo perché è difficile combattere contro un'agenzia di tre o quattro lettere non significa che l'obiezione contro il prossimo tecnico che vuole indicizzare in modo invisibile i nostri dati non sia valida.

Consenso informato, consenso entusiastico, consenso revocabile. Oppure vattene.

PS: riguardo a questo posto c'è stata segnalata una lunga conversazione in inglese sull'istanza lemmy.ml. gli utenti feddit.it potranno partecipare accedendo a questo link mentre gli utenti lemmy.ml potranno accedere direttamente a quest'altro link


Il post di @Sindarina, Edge Case Detective è disponibile qui



I am a bit worried about the number of people here who, like me, are fairly recent arrivals, and who are using the so-called 'extreme' and 'unreasonable' reactions to them wanting to 'hack' the fediverse to write off the whole conversation around consent as somehow not relevant.

The NSA monitors anything you do on the internet anyway, so why are you complaining about tech bros wanting to harvest out in the open, yada yada.

It seems we need to define what consent actually is.

AGAIN.


Questa voce è stata modificata (2 anni fa)
in reply to Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂

ciao feddit‌.it! fyi, there is a lengthy lemmy thread about this mastodon thread over here, in english: lemmy.ml/post/732593 (or feddit.it/post/137240 on your instance... lemmy doesn't detect it as a cross-post because mastodon makes it easy to accidentally not use canonical URLs for things, and i am posting the link to the lemmy thread two different ways for anyone logged in to feddit.‌it who hasn't figured out the manual URL-search process for cross site interactions to be able to easily access it. 🤡🤦🤡)
Questa voce è stata modificata (2 anni fa)
in reply to Arthur Besse

@Arthur Besse Thank you for reporting this nice previous thread that already appeared on another Lemmy instance, also because this way I can re-share it from my account. And thanks to your comment, there won't even be a need to edit the original post to report the long thread on Lemmy.ml.

However, I would still have decided to publish an Italian version on feddit.it. Indeed, feddit.it is an instance dedicated to discussions in Italian that we do not crosspost conversations in English, unless at least translating the title. But in this case I had seen the original link from Friendica and I saw that it came from a post on mastodon and not on Lemmy.

I also point out that the link you sent is the right one to link the conversation on the lemmy.ml instance, but if someone wants to search for the post to interact with mastodon or Friendica or pleroma, they will have to enter the native link https in the search box ://szmer.info/post/251205 since the user is seated on the lemmy instance szmer.info

Versione in italiano:

Ti ringrazio per aver segnalato questo bel thread precedente già apparso su un'altra istanza Lemmy, Anche perché in questo modo potrò ricondividerlo dal mio account. E grazie al tuo commento non ci sarà neanche bisogno di modificare il post originario per segnalare il lungo tread su Lemmy.ml .

Tuttavia, avrei comunque deciso di pubblicare una versione italiana su feddit.it. Infatti, feddit.it è un'istanza dedicata alle discussioni in lingua italiana che non facciamo crossposting di conversazioni in inglese, se non traducendo almeno il titolo. Ma in questo caso il link originario l'avevo visto da Friendica e ho visto che nasceva da un post su mastodon e non su Lemmy.

Ti segnalo inoltre che il link che hai inviato tu è quello giusto per linkare la conversazione sull'istanza lemmy.ml, ma Se qualcuno volesse ricercare il post per interagirvi con mastodon o Friendica o pleroma, dovrà inserire nella casella di ricerca il link nativo szmer.info/post/251205 dal momento che l'utente è insediato sull'istanza lemmy szmer.info



ho una curiosità sistemistica, sicuramente molto ingenua:

due macchine virtuali ospitate dallo stesso server e in rete tra loro, per scambiarsi dati devono far passare il flusso attraverso la scheda di rete "fisica" del server?



Giornata della Memoria 2023


Il 27 gennaio 1945 l'Armata Rossa abbatté i cancelli di #Auschwitz.
Il 25 gennaio 2023 la Repubblica di #Polonia ha estromesso i rappresentanti russi dalle celebrazioni della liberazione. La guerra all'#Ucraina ha imposto l'adozione di una "cultura della cancellazione" che definire ridicola è limitativo, ma pare che a #Varsavia non aspettassero di meglio.
Il 27 gennaio 2023 si licet parva componere, i micropolitici "occidentalisti" in forza all'amministrazione comunale fiorentina Emanuele #Cocollini, Ubaldo #Bocci e Antonio #Montelatici hanno ribadito in un comunicato stampa (lo fanno circa una volta al mese) che "serve impegno costante per combattere ogni giorno tutte le forme di #antisemitismo, anche quella più moderna che si palesa come #antisionismo".
Nelle stesse ore l'esercito dello stato sionista ha compiuto una delle sue solite incursioni nella città di #Jenin facendo una decina di morti. Nel solo 2022 sono morte in episodi dello stesso genere circa centosettanta persone.
No, signori Cocollini, Bocci e Montelatici.
Criticare in modo puntuale, pedissequo e circostanziato l'operato dello stato sionista e la sua linea politica non fa di noi dei nostalgici delle camere a gas.
Fa di noi delle persone serie.
Con buona pace della vostra ostinazione.



MÄRVEL – DOUBLE DECADE


Grandissimo ritorno degli svedesi Märvel uno di gruppi di hard rock scandinavi più longevi ed apprezzati, e il perché del loro successo è racchiuso in questa doppia raccolta celebrativa.
@Musica Agorà
#metal #musica
iyezine.com/marvel-double-deca…

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