Twitter Files: dalla censura politica al ban di Trump
Nelle scorse settimane Elon Musk ha distribuito ad alcuni giornalisti migliaia di documenti e comunicazioni riservate di Twitter. L’analisi di questi documenti ha dato vita a un piccolo cataclisma.
Le prime notizie che arrivano dai “Twitter Files” raccontano di inquietanti scoperte sui meccanismi di “moderazione” della piattaforma, tra top manager e team di moderazione palesemente politicizzati e sistematiche ingerenze da parte delle agenzie di intelligence. La storia raccontata finora dai giornalisti che hanno messo mano ai Twitter Files, attraverso dei lunghi thread pubblicati proprio su Twitter, parte dal 2020 e arriva fino ai giorni nostri.
Il materiale pare sia molto, e c’è sicuramente ancora tanto da raccontare, ma oggi voglio dare la possibilità ai lettori di farsi un’idea, ripercorrendo insieme le parti più rilevanti di tutta la vicenda.
Iniziamo.
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Gli strumenti di Twitter
Come racconta Matt Taibbi nel primo thread sui Twitter Files, nel corso del tempo Twitter fu costretta a sviluppare e costruire degli strumenti di censura che durante i primi anni di vita della piattaforma erano invece assenti.
Presto molte persone si resero conto della potenza di questi strumenti, e pian piano furono messi a disposizione di autorità governative ed esponenti di partiti politici che di volta in volta chiedevano alla piattaforma di rimuovere contenuti sgraditi. Nel 2020 le richieste di questo tipo erano praticamente una prassi consolidata.
Questi strumenti di “moderazione” erano a disposizione, in teoria, di ogni parte politica. Il problema è che sembra che non ci fossero dei canali ufficiali a cui fare riferimento, ma che fosse invece un’attività che veniva fatta attraverso contatti personali con dipendenti interni di Twitter.
Perché dico che è un problema? Dovete sapere che prima dell’arrivo di Elon Musk e dei licenziamenti collettivi, più del 98% dei dipendenti di Twitter erano dichiaratamente Democratici (cioè progressisti di sinistra) — come mostrano dai dati riportati da Matt Taibbi nel suo primo thread.
Per un mero dato statistico, i Democratici avevano quindi molte più possibilità di ottenere la rimozione di contenuti rispetto ai Repubblicani.
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La censura arbitraria dei progressisti
La giornalista Bari Weiss, nel secondo thread dedicato ai Twitter Files conferma poi ciò che molti “complottisti” dicevano da tempo, nonostante le dichiarazioni pubbliche contrarie da parte di Vijaya Gadde: sì, lo shadow ban esiste.
Il team di moderazione di Twitter aveva infatti l’abitudine di creare delle vere e proprie blacklist di utenti a cui limitare la visibilità e la reach dei contenuti.
Il gruppo interno che gestiva questo tipo di censura era chiamato “Strategic Response Team - Global Escalation Team”. Nel gruppo, dice Bari Weiss, c’erano Vijaya Gadde (Legal, Policy, and Trust) e Yoel Roth (Trust & Safety), oltre ai CEO — prima Jack Dorsey e poi Parag Agrawal.
Gli account più colpiti da queste blacklist e shadowban erano quelli di persone della destra conservatrice e in generale account con opinioni contrarie a quelle progressiste in merito a questioni riguardanti LGBT o sulle elezioni presidenziali del 2020.
Un esempio paradigmatico fu quello di Chaya Raichik, “Libs of TikTok” (che seguo con molto piacere, anche su substack), che solo all’inizio del 2022 fu bannata per ben sei volte. Nel suo caso il pregiudizio politico era evidente: non solo l’account veniva sospeso arbitrariamente, ma Twitter non fece nulla per bannare le persone che doxxarono l’indirizzo di residenza di Chaya e che regolarmente la minacciavano di morte. Se non sbaglio, qualcuno di quei post è ancora online.
Le motivazioni che sostenevano la maggior parte delle censure di post e sospensione degli account erano puramente politiche, in base alle idee dei team di moderazione e dei manager come Yoel Roth.
Proprio lui scrisse nel 2021: “The hypothesis underlying much of what we’ve implemented is that if exposure to, e.g., misinformation directly causes harm, we should use remediations that reduce exposure, and limiting the spread/virality of content is a good way to do that”.
Cosa si intende Roth per “misinformation”? Ovviamente, tutto ciò che è contrario alla narrativa Dem e alle sue personalissime idee.
Al contrario di quanto pubblicamente affermato da Twitter nel corso degli anni, molte delle scelte di rimozione di contenuti non erano fatte sulla base di elementi oggettivi, ma in base a interpretazioni personali degli executives e dei team di moderazione, per poi essere giustificate di volta in volta con le policy più adeguate.
Un chiaro esempio dell’arbitrarietà e dei pregiudizi dei team di moderazione viene da uno scambio tra Yoel Roth e un collega il 7 gennaio 2021, in cui discutono su come “moderare” il movimento “#stopthesteal”, che durante l’elezione del 2020 sosteneva ci fossero gravi irregolarità nel processo elettorale, soprattutto per quanto riguarda i voti via posta.
Il movimento, ritenuto fonte di disinformazione, venne presto censurato da Twitter. L’obiettivo in quel caso era duplice: da una parte censurare i post degli esponenti del movimento, e dall’altra lasciare libertà al “counterspeech”, cioè ai post dei progressisti di sinistra che usavano lo stesso hashtag per sostenere tesi contrarie.
Un altro esempio di arbitrarietà e faziosità politica arriva da queste comunicazioni del 7 di gennaio 2021 (24 ore prima del ban di Trump), in cui il team di moderazione si trova a discutere perfino su come punire gli utenti che ripostavano foto dei tweet di Trump senza alcun intento politico, ma per criticare le scelte di moderazione di Twitter, come in questo caso:
Il ban di Trump
La terza, quarta e quinta parte dei Twitter Files affrontano invece gli eventi che portarono l’8 gennaio 2021 al ban di Trump — il caso di deplatforming più famoso e più grave al mondo. La storia prosegue con i contributi di Matt Taibbi e Michael Shellenberger, che offrono uno spaccato sui mesi e giorni precedenti al ban di Trump.
Già dai primi mesi del 2020 Twitter era un insieme scomposto di sistemi di sorveglianza e di censura automatizzati e persone con il potere di censurare arbitrariamente chiunque (beh, non proprio chiunque) sulla base di pregiudizi puramente ideologici e politici.
Come se questo non bastasse, man mano che le elezioni si avvicinavano gli executives di alto livello come Yoel Roth iniziavano ad intrattenere sistematicamente relazioni con FBI e varie altre agenzie federali come l’Homeland Security e la National Intelligence. Era in questi incontri che spesso si decideva come e quali tweet censurare. Principalmente, ça va sans dire, di Trump e altri account Repubblicani — che in quel periodo erano molto attivi per denunciare problemi col processo elettorale.
A conferma della frequenza e normalità degli incontri ci sono alcuni scambi tra il team marketing di Twitter e il Policy Director Nick Pickles. Il team chiedeva se fosse possibile descrivere il processo di moderazione di Twitter come un misto di “machine learning, human review e partnership con esperti”, a cui Nick rispose: “non so se definirei FBI e DHS come esperti”.
La pressione politica fuori e dentro Twitter in quel periodo si poteva tagliare con il coltello.
In questo periodo Trump era già stato sospeso diverse volte. Secondo le policy di Twitter, ci sono una serie di “strike” prima che l’account possa essere bannato definitivamente. A Trump ne rimaneva uno; un’ultima violazione, di una qualsiasi policy interna, avrebbe causato il suo ban definitivo.
Trump però non era una persona qualunque. I suoi tweet avevano un valore “pubblico” non indifferente. La questione era nota anche internamente a Twitter, che infatti ha una “public interest policy” che prevede delle eccezioni in caso di violazioni per tweet e account che abbiano un certo valore nell’interesse pubblico.
Proprio per questo, il 7 gennaio 2021 l’onnipresente Yoel Roth scrive a un collega che nel caso di Trump l’idea era quella di "bypassare le tutele del “public interest e fare in modo che potesse essere bannato alla prima violazione di una qualsiasi policy interna". La decisione ai piani alti era già presa da tempo. Trump doveva essere bannato, bisognava solo trovare una qualsiasi giustificazione.
La pressione interna in quei giorni era altissima. Vi ricordo che molti dipendenti in Twitter erano progressisti democratici, che dopo gli eventi del 6 gennaio ce l’avevano a morte con Trump e con chiunque la pensasse diversamente da loro (ma questo è ricorrente). Nelle chat interne circolavano affermazioni come queste:
“Non capisco la decisione di non bannare Trump data la sua istigazione alla violenza”
“Dobbiamo fare la cosa giusta e bannare il suo account”
“Ha chiaramente tentato di sovvertire il nostro ordine democratico… se non è questo un buon motivo per bannarlo, non so cosa possa esserlo”
Come riporta di nuovo Bari Weiss nella quinta parte dei Twitter Files, l’8 gennaio 2021 — a poche ore dal ban di Trump — il Washington Post pubblicò perfino una lettera aperta firmata da 300 dipendenti di Twitter che chiedevano a Jack Dorsey di bannare per sempre Trump — a prescindere da qualsiasi valutazione di merito.
Quel giorno Trump postò due volte:
Poche ore dopo il primo tweet Vijaya Gadde scrisse in una chat interna: “potremmo interpretare ‘American Patriots […] will not disrespected or treated unfairly in any way, shape or form’ come una istigazione alla violenza”.
L’istigazione alla violenza sarebbe stato l’ultimo strike necessario per bannare Trump definitivamente. L’interpretazione però era controversa e neanche Vijaya era sicura di questa strada. Sempre nella stessa chat qualcuno disse che “American Patriot” poteva essere inteso come un chiaro riferimento ai manifestanti violenti di Capitol Hill (6 gennaio 2021) e questo avrebbe causato la violazione della “Glorification of Violence policy”.
Insomma, non c’era più alcun criterio di valuazione, se non la fantasia dei moderatori nell’interpretare il contesto del tweet di Trump. La tensione era talmente alta che nelle ore successive al tweet Trump venne definito come il leader di un’organizzazione terroristica — comparabile perfino a Hitler.
Alla fine anche la “leadership” di Twitter dovette cedere alle pressioni, sia interne che esterne, e Trump venne bannato definitivamente a causa della supposta violazione della policy contro l’istigazione alla violenza.
Social Network… o strumento di sorveglianza dell’intelligence?
Il sesto e ultimo (per ora) thread sui Twitter Files, scritto poche ore prima dell’uscita di questa newsletter, mostra come le agenzie di intelligence, in particolare FBI e DHS, avessero da tempo rapporti continuativi, amichevoli e molto stretti con diversi referenti di Twitter. Uno su tutti Yoel Roth, che tra gennaio 2020 e novembre 2022 pare che abbia scambiato più di 150 email con l’FBI.
Ma l’FBI non si limitava a interagire con Twitter. L’agenzia aveva istituito una vera e propria task force di sorveglianza e analisi di post e account sulla piattaforma. L’ingerenza arrivava a tal punto da chiedere “informalmente” a Twitter i dati di localizzazione degli account flaggati — senza alcun mandato né indagine che giustificasse questa richiesta.
Contrasto al terrorismo? Indagini su crimini federali? Niente di tutto questo: pura sorveglianza e censura politica in materia elettorale. Venivano colpiti perfino di account satirici. Ma è questo il mandato dell’FBI? E davvero siamo disposti ad accettare un abuso di potere di questo tipo?
Un commento
La storia dei Twitter Files non è ancora finita, e certamente ci sono ancora molte domande che meritano risposta. Che dire di tutta la censura sul covid? Solo da poco Twitter ha annunciato di aver disattivato i filtri automatizzati su quei contenuti. E che dire di tutti gli account che sono stati ingiustamente silenziati e shadow-bannati da gennaio 2021 a oggi? Che ruolo ha avuto l’intelligence americana nella gestione occidentale della pandemia e nel flusso delle informazioni?
Politici e intellettuali, per lo più di sinistra, da anni tentano di persuaderci del bisogno di combattere la disinformazione. Ci dicono che è pericolosa, che bisogna proteggere le persone. Ma da cosa?
In un mondo dove tutto ormai è relativo e non esiste più alcun criterio oggettivo — in cui un giudice della Corte Suprema è incapace perfino di dare una definizione di donna; in cui per mesi si è detto tutto e il contrario di tutto su COVID e vaccini… cosa significa disinformazione?
La verità è che la lotta alla "disinformazione" non esiste. Esiste però una chiara volontà di censurare opinioni e idee che non siano aderenti all’ideologia dominante. Perché l’informazione è potere. Chi controlla l’informazione controlla le idee, che come sappiamo sono più potenti dei proiettili.
Controllare l’informazione serve per plasmare una narrativa capace di rendere le persone sempre più dipendenti dal sistema; convincerle a subire qualsiasi angheria e limitazione di libertà — per il loro bene. Non c’è nulla di nuovo, è così che i governi creano una massa di zombie pronti ad accettare qualsiasi cosa pur di sentirsi al sicuro.
È il modello cinese, quel modello che fin dal 1997 punisce chiunque diffonda informazioni potenzialmente sovversive dell’ordine stabilito. Il modello che i progressisti di tutto il mondo, da Washington a Bruxelles, vogliono applicare ai social network. Il Digital Services Act — non mi stancherò mai di ripeterlo — è questa cosa qua.
Allora oggi dobbiamo chiederci: perché mai qualcuno dovrebbe avere il potere di decidere fino a che punto può spingersi il pensiero prima di diventare illegale? E che impatto ha la censura (e l’annessa sorveglianza di massa) sul nostro mondo? Quanto di ciò che stiamo vivendo in questi anni è frutto dell’evoluzione naturale degli eventi e quanto invece è conseguenza del controllo e della manipolazione delle informazioni da parte di un nucleo ristretto di persone?
Leggi la seconda parte dei Twitter Files
Twitter Files: depistaggi politici e psy-ops
In queste settimane numerosi giornalisti sono alle prese con documenti e comunicazioni riservate di Twitter diffusi da Elon Musk. Li chiamano “Twitter Files”. I primi cinque Twitter Files hanno rivelato i meccanismi interni alla moderazione di Twitter, tra manager politicizzati con deliri di onnipotenza e interferenze da parte dell’intelligence. Oggi sc…
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2 months ago · 2 likes · Matte Galt
Perché è importante avere medici che lavorano all'interno dei media? Il pubblico deve essere più alfabetizzato scientificamente?
Il pubblico deve essere più istruito scientificamente?
In questo episodio bonus, i produttori di RSC Hiren Joshi e Lizzy Ratcliffe parlano in modo approfondito con il medico di famiglia preferito di ITV, il dottor Hilary Jones. Il dottor Hilary condivide 40 anni di saggezza medica, la sua esperienza di lavoro nei media e riflette sulle sfide mediche presenti nella resistenza antimicrobica.
cc @Salvo Di Grazia @Carlo Gubitosa :nonviolenza:
technologynetworks.com/tn/vide…
Do the Public Need To Be More Scientifically Literate? With Dr. Hilary Jones
Why is it important to have doctors working within the media? Do the public need to be more scientifically literate? What advances have we seen in diagnostics? And how can this help GPs in the UK?Technology Networks
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Rapporto Oxfam sulle disuguaglianze: come dobbiamo tassare ora i super ricchi per combattere la disuguaglianza
@Notizie dall'Italia e dal mondo
Stiamo vivendo un momento senza precedenti di molteplici crisi. Decine di milioni di persone in più soffrono la fame. Altre centinaia di milioni affrontano aumenti impossibili del costo dei beni di prima necessità o del riscaldamento delle loro case.
Il collasso climatico sta paralizzando le economie e vedendo siccità, cicloni e inondazioni costringere le persone a lasciare le loro case.
Milioni di persone stanno ancora vacillando per il continuo impatto del COVID-19, che ha già ucciso oltre 20 milioni di
persone. La povertà è aumentata per la prima volta in 25 anni. Allo stesso tempo, queste molteplici crisi hanno tutte dei vincitori. I più ricchi sono diventati drammaticamente più ricchi e i profitti aziendali hanno raggiunto livelli record, provocando un'esplosione di disuguaglianza.
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L’Italia tra il 2% Nato e le norme Ue. Cos’ha detto Crosetto
“Lo scenario internazionale ci pone di fronte a sfide difficili e problematiche per tutti. È necessaria un’Alleanza forte e coesa e, al contempo, una maggiore cooperazione bilaterale tra Paesi alleati e partner, non solo nel campo militare e nel rapporto tra Forze Armate, ma anche nel settore industriale e tecnologico”. Così il ministro della Difesa, Guido Crosetto, al termine del Consiglio Atlantico in formato ministri della Difesa che si è tenuto ieri e oggi presso il quartier generale della Nato.
IL MEETING
“Un meeting molto positivo”, ha aggiunto il ministro, commentando le due intense giornate di lavori che lo hanno visto impegnato anche in numerosi incontri bilaterali a con i suoi omologhi titolari di Ministeri della Difesa. La ministeriale è stata l’occasione per fare il punto sugli scenari futuri che la Nato dovrà affrontare e sulle necessità economiche, finanziarie e militari dei Paesi che vogliono contribuire all’Alleanza. I ministri si sono confrontati, in particolare, sull’Ucraina, nonché sull’attuale postura dell’Alleanza in previsione del Summit di Vilnius che si terrà a luglio.
FINLANDIA E SVEZIA
Alla sessione odierna, dedicata alla deterrenza e difesa, hanno anche preso parte, quali rappresentanti di Paesi invitati, i ministri della Difesa finlandese e svedese. “L’ingresso di Finlandia e Svezia nella Nato sarà un valore aggiunto per la nostra difesa collettiva” ha affermato Crosetto.
IL SOSTEGNO ALL’UCRAINA
Ieri il ministro ha incontrato l’omologo ucraino Oleksii Reznikov al quale ha ribadito il più convinto sostegno dell’Italia, insieme agli alleati e partner di Nato e Unione europea, all’Ucraina. Un impegno che mira a garantire la libertà, il diritto all’integrità territoriale, all’indipendenza e alla difesa del popolo ucraino.
L’OBIETTIVO 2%
Tema al centro della riunione e in vista del summit di Vilnius è l’obiettivo Nato del 2% del Pil speso in difesa. L’Italia, ha ricordato Crosetto, è sotto il 2%. “Ci siamo impegnati, tutti i governi si sono impegnati a raggiungerlo entro una data che varia a seconda del governo e a seconda della riunione della Nato” a cui si partecipa. “Mi sono permesso di inserire nelle dibattito, anche se non era sul tavolo, il tema di coniugare l’impegno per la spesa al 2% con i limiti dei parametri europei che obbligano una scelta di quel tipo a subire altri tagli. Ho posto un tema che va al di là della Nato”, e riguarda “soprattutto gli alleati che fanno parte della Nato ma che sono membri dell’Unione europea”. A chi chiedeva se vi sia stata una risposta a questa questione da parte dei paesi Ue membri della Nato, e se qualcuno abbia sostenuto l’idea di uno scorporo del 2% della spesa per la Difesa dal calcolo del deficit nel Patto di stabilità, il ministro ha replicato: “Non facciamo domande e risposte in questi meeting, ognuno fa dei ragionamenti e gli altri sentono quello che i colleghi dicono”.
Il tema “l’ho posto perché l’impegno che pretendono molti alleati della Nato è quello di raggiungere cifre del 3-4%, e alcune nazioni sono già al 4%”, ha continuato. “Io ho parlato della difficoltà in Italia di raggiungere già l’obiettivo che ci siamo dati, e tutti i governi hanno dichiarato di voler raggiungere il 2%. Bisogna essere seri, non si può venire qua e raccontare cose diverse; io ho raccontato quelle che erano le problematiche italiane di collegare quel 2% al bilancio che ogni anno deve approvare il Paese, e alle regole che l’Europa impone collegate col bilancio”.
Così la Difesa può valorizzare le proprie strutture
Efficientamento energetico, progetti di caserme verdi, autosufficienza e interazione con il pubblico civile. Questi e molti altri temi sono stati affrontati durante la conferenza “La valorizzazione e la gestione del patrimonio immobiliare della difesa”, a cui hanno partecipato i relatori Salvatore Farina, presidente del Centro Studi dell’Esercito e già capo di Stato Maggiore dell’Esercito, Giancarlo Gambardella, direttore della Direzione dei Lavori e del Demanio del Segretariato generale della Difesa, Nicola Latorre, direttore generale dell’Agenzia Industrie Difesa, e Andrea Tanzi, presidente di Architecture and Engineering for Defence (Aedef), tenutasi presso il Centro Studi Americani e moderata da Giorgio Rutelli, direttore di Formiche.net.
Il tema della ristrutturazione e messa in efficienza delle caserme e dei distretti militari è direttamente collegato al benessere del personale impiegato, ricorda il generale Farina. Le problematiche che oggi si riscontrano principalmente nelle caserme sono l’obsolescenza delle strutture stesse e il fatto di essere scarsamente efficienti dal punto di vista energetico, oltre ad essere spesso collocate in zone urbane centrali.
Per questi motivi, i nuovi piani già in atto prevedono la costruzione o lo sfruttamento di siti già esistenti tenendo a mente i criteri di standardizzazione e modularità delle unità immobiliari. Il tutto nella cornice della tutela ambientale, del contenimento dei costi e della vicinanza alle aree addestrative. Le nuove strutture di Roma, Pordenone, Foggia e Salerno fungono in questo senso da iniziative-pilota.
Il progetto, che ha ricevuto uno stanziamento da 1,4 miliardi di euro e prevede di arrivare a 4 miliardi, prevede anche un’inedita iniziativa: l’apertura delle aree non sensibili delle strutture alla cittadinanza. La proposta aprirebbe le porte di alcune delle strutture sportive, sociali e ricreative ai familiari dei militari ma anche ai civili.
Ulteriore questione che si pone è quella della valorizzazione degli immobili non più utili per le funzioni militari. Il generale Gambardella si sofferma sul punto. Alcune strutture vengono oggi utilizzate dal mondo universitario, come testimoniato ad esempio dai nuovi poli di Università Cattolica e Università di Padova, oppure dalla futura cessione della caserma Amione di Torino ad amministrazioni pubbliche, con grande risparmio per le casse dello Stato.
Per altre, fa notare il generale, si aprono prospettive interessanti se la Difesa riesce a mettersi nell’ottica dell’imprenditore per rendere gli immobili appetibili sul mercato. Un atteggiamento che si concentra sulla valorizzazione del contesto territoriale per attirare grossi investitori del mercato real estate enfatizzando i possibili usi dell’immobile.
Questi sviluppi, in alcuni casi facilitati dal Pnrr, rischiano di avere carattere occasionale, fa notare Latorre. È quantomai opportuno, dunque, renderli degli sforzi strutturali che tendano all’autonomia del sistema della Difesa. Anche, possibilmente, con un accordo quadro tramite l’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani e la Conferenza Stato-Regioni, perché il problema maggiore non è la mancanza di fondi ma la capacità di gestirli.
Pubblico e privato trovano un punto comune nelle infrastrutture, ricorda Andrea Tanzi. Aedef è un consorzio in grado di governare tutti i processi di engineering multidisciplinare a servizio delle infrastrutture per la Difesa, integrando le discipline richieste ed adeguando la propria offerta tecnica. Che si riscontra, ad esempio, nello stabilimento di Cameri per gli F-35, nei servizi della scuola internazionale di volo a Decimomannu, nei servizi di supervisione per la base Eurofighter in Kuwait, o nello stabilimento elicotteristico in Algeria, per citarne alcuni.
Gli aiuti Nato alla Turchia passano dal terminal di Taranto
Ieri i ministri della Difesa della Nato, riuniti a Bruxelles per partecipare al Consiglio atlantico nel quartiere generale dell’alleanza, hanno osservato prima dell’inizio dell’incontro un minuto di silenzio per esprimere il loro cordoglio verso le popolazioni di Turchia e Siria, colpite lo scorso 6 febbraio dai devastanti terremoti che hanno provocato almeno 41.000 morti.
Nelle stesse ore il comando Nato di Napoli ha annunciato via Twitter che sono iniziati i preparativi per l’invio di 1.000 container di aiuti alla Turchia per il terremoto che ha colpito il Sud del Paese. L’alleanza, tramite la sua Nato Support and Procurement Agency, ha cominciato a trasferirli al terminal container San Cataldo di Taranto gestito dal gruppo turco Yilport. Il presidente Yuksel Yildirim segue da vicino le operazioni, ha spiegato la società.
#NATO Support and Procurement Agency (#NSPA) has begun moving containers stored at its Southern Operational Centre in #Taranto, Italy to their port of embarkation for shipment to Türkiye. pic.twitter.com/V7tBHPmofQ— NATO JFC Naples (@JFC_Naples) February 14, 2023
Si tratta di un rifugio semi-permanente in grado di ospitare almeno 2.000 persone destinato alla provincia di Hatay. I container dovrebbero essere inviati in due spedizioni da 500 ciascuna. La prima spedizione dovrebbe partire la prossima settimana, ha spiegato il comando Nato di Napoli.
This semi-permanent shelter is capable of housing at least 2,000 people displaced by the earthquakes in #Türkiye, and consists of more than 1,000 shipping containers. pic.twitter.com/matLGt2XJg— NATO JFC Naples (@JFC_Naples) February 14, 2023
Domani Jens Stoltenberg, segretario generale della Nato, sarà in visita in Turchia. Nella sua agenda ci sono incontri con il presidente Recep Tayyip Erdoǧan e con Mevlüt Çavuşoğlu, ministro degli Esteri, oltre a un sopralluogo nelle aree colpite dai terremoti. Sarà l’occasione “per continuare a discutere con loro di come la Nato e gli alleati della Nato possano fornire sostegno ai soccorsi e contribuire ad alleviare le sofferenze e le conseguenze del terribile terremoto”, ha dichiarato Stoltenberg oggi. Ringraziando i Paesi membri per quanto già fatto, ha raccontato poi di aver concluso la riunione chiedendo un sostegno “ancora maggiore” alla Turchia. “C’è urgente bisogno di un maggior numero di voli strategici”, ha aggiunto.
(Foto: Twitter @JFC_Naples)
Recedenti
Non è stupefacente che si vada in così pochi a votare. Non si tratta solo dell’ultima tornata, ma di una deriva in atto da tempo. Non è questione che riguardi questa o quella parte politica, ma la politica tutta. Altrimenti la frattura fra il discorso politico, in generale il discorso pubblico, e la realtà diventa davvero pericolosa.
Quando si fa cenno alla distanza fra “i politici” (che è già definizione indiscriminata, sicché qualunquista) e la vita di ogni giorno ci si riferisce, per lo più, al tema dei privilegi lontani dai bisogni. Ma è un approccio moralistico, inconcludente, cui il personale politico risponde provando a usare il linguaggio della “gente”, con ciò stesso comunicando che lo ritiene un frullato fra superficiale, rozzo e volgare. Tutta commedia, tutta fuffa. La frattura c’è, ma si allarga da un’altra parte, che è poi quella in cui si trovano tanti dei non votanti.
Il nostro discorso pubblico, che sia fatto dalla politica o dalla comunicazione, ha un vocabolario limitato ai disastri e alla miseria, corredato di concetti che cavalcano i soprusi e le ingiustizie. Siccome poi le cose non cambiano, trattasi di un gigantesco piagnisteo inutile. A questo si aggiunga che avendo un’intonazione rivendicativa, va a finire che, stando sempre sulle premesse e mai nel concreto, finisce con il rivendicare cose opposte. È invece sprovvisto di tesi, idee e suggestioni che maneggino il positivo, la crescita, il progresso. Vediamo perché e il danno che provoca.
L’intera campagna elettorale nazionale, che ha portato alle elezioni del settembre scorso, è stata condotta cantando i salmi della recessione. La gara era a chi si doleva e condoleva di più, a chi andava promettendo più aiuti e sostegni. Una congrega di recedenti. Ma mentre questo andava in scena, il governo Draghi, nella Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza, avvertiva che la crescita 2022 sarebbe stata superiore al previsto e quella del 2023 pari a un +0.6%. Crescita meno sostenuta, ma pur sempre crescita. Che sarebbe l’opposto della recessione. Vabbè, ma Draghi barava per magnificarsi, gli altri che dicevano? Tutti (dalla Commissione Ue all’Ocse) segnalavano crescita, più contenuta, salvo il Fondo monetario. E tutti si sbagliavano, perché all’inizio dell’anno era già acquisito il +0.4% e ora le previsioni volgono verso un +0.8%. Siccome non ci sono né trucchi né miracoli è segno che l’Italia produttiva funziona maglio di quanto si creda, difatti a dicembre si raggiungeva il 60.5% della popolazione attiva occupata (che non è molto, ma lo è per l’Italia) e semmai il problema era ed è quello dei lavoratori mancanti.
Se non ci si tappasse gli occhi davanti a tutto questo ci si concentrerebbe sul cosa può essere fatto per rendere migliore la vita dell’Italia produttiva, sforzandosi di portare quel modello dove le cose non funzionano. Invece si parte dalle cose che non funzionano, le si erige a simbolo d’Italia e ci si pone il problema di come portare via soldi alla parte produttiva per finanziare l’improduttiva. Volete anche il voto?
Abbiamo discusso per settimane di regionalismo differenziato. Il governo ha varato un testo (campa cavallo), dicendo che più si delega e meglio funzioneranno le cose. Poi ne succedono due: a. alle elezioni per le preziosissime regioni non vanno che pochissimi; b. al Consiglio dei ministri di domani (giovedì) dovrebbe arrivare il testo di un decreto relativo al Pnrr, che centralizza competenze e responsabilità, in modo da non perdere il treno. Non conosco il testo, ma concetto corretto. Solo che è diverso da quanto sostenuto una settimana prima del voto.
Non è mica un problema del solo governo o della sola destra: è un costume generalizzato. Che presuppone l’Italia produttiva funzioni e pedali comunque, mentre i voti si vanno a cercare allargando la spesa pubblica corrente e spendendo parole di consolazione e rivendicazione. Così la frattura s’allarga, sentendosi traditi e presi in giro gli uni e gli altri.
L'articolo Recedenti proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
L’evento
Ora è finito. Dalla minoritaria posizione di chi non ne ha seguito una sola serata (tutte nottate, per la precisione), dall’ancor più ristretta cerchia di quanti non ne hanno detto una parola, in corso d’opera, porto il mio omaggio al significativo evento. Noi non seguaci del Festival siamo indicati come spocchiosi elitari. Non ho nulla contro le élite, ma ho l’impressione che siano gli entusiasti a sottovalutare, nel bene e nel male, almeno tre aspetti.
1. È uno dei pochi eventi del secolo scorso che porta nel presente l’antico modello comunicativo. Un trionfo del broadcasting: una cosa avviene in un punto, da quello viene trasmesso in tutti gli altri, e anche chi non lo segue è al corrente di quel che accade, perché diventa argomento di generale comunicazione e conversazione. Nel mondo digitale il pubblico si frammenta, ciascuno guarda o ascolta quello che gli pare, destrutturando le basi del discorso comune. Il Festival s’impone come evento e ribalta i rapporti di forza, mettendo il digitale al servizio dell’unicità. Quanti si ostinano a sfuggire verranno comunque raggiunti dall’eco di quel che colà accade.
Si può essere felici o costernati che ciò accada per un concorso canoro, ma è irrilevante. Quel che conta è che si tratta di un esempio, raro, di argomento comune sul quale si possono avere opinioni opposte. Le democrazie funzionavano così e hanno cominciato a funzionare meno da quando ciascuno non ha solo la propria opinione, ma anche la propria realtà. E se il vecchio modello offriva troppo potere agli ideatori del discorso comune, quello della frammentazione offre troppi spazi ai mestatori della sua demolizione.
2. Il Festival ha successo perché ci sono le canzoni, ma ci tiene a non essere un Festival delle canzoni. Non ho misuratoti particolari, ma credo che la gran parte del pubblico segua le canzoni, mentre la pressoché totalità del discorso di contorno è su altro. E il resto, anno dopo anno, da tanti e tanti anni, è sapientemente costruito per far parlare chi non sa cantare. Non c’è Festival senza polemica del Festival. E qui diventa lo specchio di quel che l’intellettualità poco pensata suppone sia la sensibilità degli italiani. Destra e sinistra va sempre bene, in un Paese fazioso, ma il sesso è una miniera inesauribile. Perché sia sfruttato appieno si deve essere rompitori di tabù, che se non ci sono più tocca inventarseli. Tabù, che ridere: <<Che bella pansé che tieni/ che bella pansé che hai/ me la dai?…>>. Nino Taranto, 1953. Poi Renato Carosone. Oggi sarebbero lapidati.
Gli scandalizzati odierni, da mostrare in scena, non sono il pastore sardo e la casalinga di Voghera, di arbasiniana memoria, ma le tatuate beghine del politicamente corretto, pronte a tremar d’indignazione libertaria se solo t’azzardi a dire che una slinguazzata organizzata e solo una gran cafonata, sicché a quel punto le beghine del conformismo che s’immagina anticonformista tuonano: omofobia. Oh beghine care, la fobia, ovvero la paura, è un problema serio, ma non è che l’ossessività sia da meno. L’idea che un complimento spinto sia violenza, se intersessuale, mentre una lingua in bocca sia passione, se omo, pareggia le beghine odierne a quelle del <<non lo fo per piacer mio, ma…>>.
In quanto alla destra e alla sinistra, disse già tutto Giorgio Gaber nel monologo su chi era comunista, del 1991: c’è chi era comunista perché lo spettacolo lo richiedeva, c’è chi era comunista perché prima era fascista. I coraggiosi portatori delle idee scontate.
3. Tuona la destra: fuori la sinistra dalla Rai. Calmatevi. L’avete lottizzata a turno. Fu già di destra, conservando la sinistra, e fu già di sinistra, conservando la destra. Ora rilottizzerete, ma non provateci nemmeno a far credere che sia una svolta. Ascoltate Amadeus, che se ne intende: gli ascolti chiudono il discorso. Verissimo, ma quale? Quello del servizio pubblico, perché quando s’usa quel metro quella che vi spartite è una televisione commerciale, posseduta dallo Stato e finanziata da contribuenti che non vorrebbero contribuire.
Andate pure avanti così, ma amerei non lo faceste a mie spese.
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Turchia: il terremoto potrebbe ribaltare il panorama politico
La mattina presto del 6 febbraio, due terremoti hanno devastato la Turchia sudorientale e la Siria settentrionale, facendo crollare edifici in un raggio sorprendente di diverse centinaia di chilometri. Più di 22.000 persone sono morte e altre decine di migliaia sono rimaste ferite. Giorni dopo, sopravvissuti e vittime rimangono tra le macerie. Con ogni probabilità, […]
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Ucraina: la Russia bombarda solo per bombardare
“Ero quasi addormentato, verso le 10 o le 11, quando ho guardato fuori dalla finestra ed era come un’alba rossa”, ha detto Alla, 64 anni, le cui finestre dell’edificio vicino sono state distrutte dall’esplosione. Il vetro era sparso per terra e la porta accanto il proiettile ha lasciato un buco aperto sei piani più in […]
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Il Giappone e il miglioramento delle condizioni di lavoro nel settore agricolo
Nel 2019, il governo giapponese ha introdotto la legge di riforma dello stile di lavoro che ha cercato di aumentare la diversità sul posto di lavoro e migliorare le condizioni di lavoro. Ma la riforma non è stata discussa a sufficienza in uno dei settori che ne ha più bisogno: l’agricoltura. L’industria agricola in Giappone […]
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L’Event Horizon Telescope ha scrutato nel cuore di una quasar | Passione Astronomia
"L’Event Horizon Telescope ha osservato la lontana quasar NRAO 530 per studiare l’oggetto e il ruolo dei campi magnetici nella sua formazione."
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Latinoamericana di Ernesto “Che” Guevara
Questo diario è il resoconto del lungo viaggio in moto attraverso l’America Latina intrapreso dal “Che” – ancora studente della facoltà di medicina – con il suo amico e compagno di studi Alberto Granado, tra il ‘51 e il ‘52.
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GMaps WV - Le Alternative
"Come utilizzare Google Maps senza installare Google Maps e senza i Servizi di Google? Provate utilizzando l'ottima GMaps WV!"
LINK --> lealternative.net/2023/02/13/g…
È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione e del Merito.
Ministero dell'Istruzione
#NotiziePerLaScuola È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione e del Merito.Telegram
Lavorare per conusmare di più | Comune-info
"Non è una teoria complottista quella che vede i consumatori ultimi ingranaggi di un meccanismo che punta a massimizzare produzione e profitti (per pochi) impoverendo la maggior parte di noi. L’esplosione di servizi finanziari, anche particolarmente rischiosi, per rateizzare in ogni modo i pagamenti ne rappresentano il suggello."
Hellripper - Warlocks grim & withered hags
Terzo disco per lo scozzese James McBain aka Hellripper la sua devastante creatura musicale votata allo speed metal e al black metal senza alcun compromesso.
Il giardino dei Finzi Contini di Giorgio Bassani
Saranno le leggi razziali fasciste emanate in Italia dal 1938 in poi, ad avvicinare i tre giovani che, spesso, s’incontreranno nel vasto e magnifico giardino di casa Finzi-Contini, centro pulsante del libro.
iyezine.com/il-giardino-dei-fi…
Il giardino dei Finzi Contini di Giorgio Bassani - 2023
Il giardino dei Finzi Contini di Giorgio Bassani: Saranno le leggi razziali fasciste emanate in Italia dal 1938 in poi, ad avvicinare i tre giovani che, spesso, s’incontreranno nel vasto e magnifico giardino di casa Finzi-Contini, centro pulsante del…Marco Sommariva (In Your Eyes ezine)
Attacchi informatici ed altre sciagure: 5 minacce di un futuro tremendo
#web #internet
Di attacchi informatici ed altre sciagure: 5 minacce di un futuro tremendo
Gli attacchi informatici sono sempre più frequenti e sofisticati. Per fronteggiarli serve un mix di competenze umane e tecnologie.Gianluca Riccio (FuturoProssimo)
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Chiude l'istanza mastodon.lol a causa dei #SJW di #HogwartsLegacy
Questo è lo sfogo dell'amministratore
Mastodon.lol chiuderà il 9 maggio 2023, 3 mesi da oggi.
Informazioni su come migrare su un server diverso: docs.joinmastodon.org/user/mov…Non lo farò più. Non ne vale la pena. Attacchi personali che mi chiamano tra tutte le persone un nazista, un TERF, un antisemita...
Congratulazioni per aver distrutto qualcosa a cui tenevo così profondamente. Spero tu sia felice.
Un ultimo messaggio prima che qualcuno cerchi di assassinare ulteriormente il mio personaggio: Fanculo i nazisti. Fanculo i TERF. JK Rowling può morire in un incendio per quello che mi interessa.
L'autore non voleva dare spazio ai Social Justice Warrior che hanno deciso di spoilerare l'ultimo videogioco basato sulla saga di Harry Potter e di distruggere l'ambiente di un'istanza mastodon gestita per amore e piacere. E loro l'hanno accusato di essere un nazista.
Perché? ma naturalmente... "per un bene superiore"!
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Che succede nel Fediverso? reshared this.
"Abbiamo provato a gestire un'istanza Mastodon ed è stato terribile!" E no, non stiamo parlando di poliversity.it :-)
Allevare un mastodonte in giardino è pericoloso!
FT Alphaville è un servizio quotidiano di notizie e commenti per i professionisti dei mercati finanziari creato dal Financial Times nell'ottobre 2006. A novembre scorso i responsabili del sito hanno pensato di aprire un'istanza Mastodon, ma hanno dovuto confrontarsi con la tipica flessibilità e il leggendario coraggio che contraddistingue gli Inglesi quando il rischio di un'iniziativa non ricade su una société anonyme o una limited company o più semplicemente qualche outsourcer indiano o maltese...
Ecco tutta la storia
Qualche mese fa, FT Alphaville ha pensato che sarebbe stato divertente ospitare un server Mastodon. Ragazzi, abbiamo sbagliato!
È quindi con sollievo e rammarico che annunciamo la chiusura di Alphaville.club, la casa completamente non ufficiale di questo blog sul Fediverso. Le nostre ragioni sono elencate di seguito per intero ma, per riassumere, Mastodon si è rivelato più fastidioso di quanto valesse.
Se ti sei registrato tramite Alphaville.club, il passaggio a un server esistente dovrebbe essere semplice . Intendiamo dare a tutti tre mesi per liberare (come suggerisce il Mastodon Server Covenant ) anche se se il traffico scende a zero ci riserviamo il diritto di staccare la spina prima.
Nel frattempo, a beneficio dei miliardari bisognosi e/o del team Distressed Debt & Special Situations di Morgan Stanley, ecco alcune cose che abbiamo imparato sul perché assumersi la responsabilità di un sito di social media è una cattiva idea:
I rischi di conformità, sicurezza e reputazione sono sostanziali e crescono in modo imprevedibile. Sebbene in gran parte ipotetici, questi rischi sono stati giudicati abbastanza seri da esercitare una gestione ai massimi livelli . Quelle persone hanno cose migliori da fare che ripulire il nostro casino.
Il lato legale è tutto questo ancora una volta mille volte. Prendiamo, ad esempio, lo UK Investigatory Powers Act 2016. Le persone diligenti hanno passato anni a capire come le sue parole imprecise si applicano alle organizzazioni dei media. Queste stesse conclusioni valgono per una sorta di silos di contenuti generati dagli utenti, ma non realmente decentralizzato? Non so. L'unico posto per scoprirlo con certezza sarebbe in tribunale, e preferiremmo proprio di no.
I proprietari dei server Mastodon sono responsabili delle diffamazioni dei loro utenti? È improbabile ma, quando la diffamazione coinvolge i giudici, non impossibile. Ancora una volta, il valore della scoperta è controbilanciato dal costo della scoperta.
Gli amministratori di Mastodon hanno accesso ai messaggi diretti di tutti per impostazione predefinita. FTAV non ha alcun interesse a scivolare senza invito nei DM di nessuno e il modo migliore per dimostrarlo è rimuovere tutte le opportunità.
Tutto quanto sopra è scritto dal punto di vista del Regno Unito, ma gli avvocati sono letteralmente ovunque . Probabilmente ce n'è uno dietro di te in questo momento.
E il GDPR ? Rimozione del Digital Millennium Copyright Act? Normative sul commercio elettronico ? CAN-SPAM? FTAV tratta i dati degli utenti con una combinazione di disinteresse e disinteresse, ma ciò non è sufficiente a garantire il rispetto di tutte le leggi e normative globali pertinenti.
Per ovvi motivi, non possiamo usare il trucco di BigTech di concentrare gli sforzi di lobbying mettendo tutti i nostri server in Lussemburgo o in Irlanda.
La proprietà responsabile di una rete di social media richiede backup giornalieri, memorizzazione nella cache dei livelli, monitoraggio dei tempi di inattività, bilanciamento del carico e un mucchio di cose tecnologiche che probabilmente non darebbero problemi a una persona che non possiede una rete di social media.
Nessuna delle cose appena citate è divertente.
I servizi cloud funzionano secondo il principio del California Hotel: è facile iniziare, ma non appena entri, sei bloccato. Dopo appena un mese la nostra presenza Fediverse appena visibile occupava 160 gigabyte e ogni aggiornamento obbligatorio del server ha avuto un effetto esponenziale sul costo, misurato in contanti o carbonio. Nuclearizzare tutto sembra davvero l'unica via d'uscita.
L'utilizzo di build software e servizi cloud di terze parti significa fidarsi dei loro termini e condizioni, il che richiede di leggerli effettivamente.
Una rata di interessi sul nostro debito sindacato scadrà già alla fine di gennaio e non possiamo licenziare il personale o riconquistare inserzionisti, non avendo nessuno dei due.
Come abbiamo detto a novembre, Alphaville.club era una cosa non ufficiale che sarebbe vissuta o sarebbe morta in base ai propri meriti. Abbiamo scoperto che la risposta è stata "sarebbe morta" - ma per quanto gli esperimenti falliti non siano piacevoli, il nostro non è costato a nessuno $ 44 miliardi. Questo è già qualcosa,
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Accipuffa, dobbiamo lavorare per gestire un server e un'applicazione con utenti. Eccheccazzo: noi mica ci si vuole sbattere, ti pare? Non siamo abituati a lavorare: noi scriviamo su un social e qualcun altro fa il resto. Già scrivere 140 caratteri fa sudare...
🤦🏻♂️ Vabbè, meglio perderli che trovarli.
@fediverso @informapirata
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Ale Pole
in reply to Informa Pirata • • •Anche se mi permetto di rabbuiarmi un pochino all’idea che dietro ci sia Google, azienda che ha costruito il suo impero (e lo mantiene) grazie ai dati che riesce ad estrapolare dalle nostre vite.
Ma è un pensiero da colazione frettolosa…
Informa Pirata
in reply to Ale Pole • •