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Taiwan: chiara deterrenza e messaggio forte necessari per scoraggiare la bellicosità di Pechino


La decisione di spostare il potenziale incontro tra il Presidente Tsai e il Presidente della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti Kevin McCarthy in California per evitare la potenziale ira di Pechino è un errore geopolitico che incoraggerà ulteriormente la Cina e indebolirà la determinazione e la deterrenza di principio di Taiwan e dell’Occidente. Fa […]

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Il @GPDP_IT ha annunciato l’avvio di una campagna di comunicazione istituzionale, denominata “Finalmente un po’ di #privacy“, finalizzata alla promozioni dei temi della protezione dei dati, della privacy e dell’educazione digitale.
in reply to Franc Mac

L’obiettivo della campagna è informare i cittadini su alcune situazioni quotidiane e comportamenti che possono avere conseguenze sulla privacy. Il Garante, impersonato da un attore negli spot televisivi, spiega i pericoli e indica come limitare i rischi.
garanteprivacy.it/finalmente-u…

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Dalle munizioni ai carri armati. Il punto dei ministri della Difesa a Stoccolma


È in arrivo una nuova intesa sulle linee guida per aumentare la produzione di munizioni, utili a rifornire le forze ucraine nel conflitto contro la Russia. Ad annunciare la notizia è stato il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, presente anch

È in arrivo una nuova intesa sulle linee guida per aumentare la produzione di munizioni, utili a rifornire le forze ucraine nel conflitto contro la Russia. Ad annunciare la notizia è stato il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, presente anche lui all’apertura dei lavori della riunione informale dei ministri della Difesa dell’Unione europea, ospitata dalla capitale svedese di Stoccolma. Facendo sapere della presenza di progetti congiunti, il numero uno della Nato ha fatto sapere che “gli alleati hanno già firmato contratti” a questo scopo, dal momento che “il ritmo attuale di consumo rispetto alla produzione non è sostenibile e dobbiamo potenziare l’offerta”. La priorità rimane, quindi, continuare a sostenere Kiev, grazie a dei piani – al momento al vaglio – del valore di circa un miliardo di euro e la decisione della Commissione europea di prorogare la protezione temporanea dell’Ucraina di un altro anno, fino a marzo del 2024. Esprimendosi propensa a prorogarla ancora fino a marzo 2025, se necessario. Finora ammontano a più di quattro milioni il numero di persone che hanno ottenuto protezione immediata nell’Ue, di cui oltre tre milioni nella prima metà del 2022.

Economia di guerra e le tre fasi del piano europeo

“Siamo arrivati a un momento cruciale del nostro sostegno per l’Ucraina, è assolutamente obbligatorio che ci si muova in una sorta di economia di guerra per l’industria della Difesa, dobbiamo fare ‘whatever it takes’ per fornire l’Ucraina di munizioni”, ha spiegato il commissario europeo per il Mercato interno, Thierry Breton, arrivando alla ministeriale di Stoccolma. Per realizzare l’obiettivo, è stato presentato un piano in tre fasi. A spiegarne i dettagli l’Alto rappresentante dell’Ue per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell: “In primo luogo, vogliamo assicurarci di mobilitare tutto quello che possiamo dalle scorte esistenti; secondo, ci vogliamo assicurare di aumentare drasticamente la nostra capacità di produrre in Europa, specialmente per potenziare la nostra industria della Difesa; terzo, vogliamo mettere anche dei fondi dal bilancio Ue per velocizzare questo potenziamento dell’industria della Difesa”. Ma quanti fondi saranno destinati a ogni pilastro? Nel suo intervento Borrell ha spiegato che il Fondo europeo per la pace (Epf) è pronto a mobilitare tutte le risorse necessarie. L’Ue si prepara così a finanziare il primo pilastro del piano con un miliardo di euro. Mentre, per il secondo punto, sarà destinata “una cifra significativa”, senza però fornire ulteriori dettagli. Di tutti questi fondi “L’Epf paga il 60%, il restante 40% è a carico degli Stati membri”, ha precisato ancora l’Alto rappresentante.

La situazione sul campo

L’aggressione russa in territorio ucraino prosegue e la situazione sul campo è a un punto critico, considerando anche ciò che sta accadendo intorno a Bakhmut, che ha visto violenti combattimenti negli ultimi giorni. “Bakhmut potrebbe cadere in mani russe nei prossimi giorni”, ha infatti avvisato Stoltenberg. Tuttavia, anche se il territorio venisse preso dalle forze di Mosca, “questo non sarà necessariamente una svolta nella guerra, ma evidenzia solo che non dobbiamo sottovalutare la Russia e dobbiamo continuare a sostenere l’Ucraina”, ha ribadito ancora il segretario dell’Alleanza.

Munizioni a Kiev…

“Abbiamo bisogno di munizioni, munizioni, munizioni”, ha avvertito in modo inequivocabile il ministro della Difesa ucraino, Oleksii Reznikov. L’appello è stato prontamente accolto dai Paesi europei e, mentre la Commissione europea indaga meccanismi che aumentino le capacità di produzione dell’industria militare europea, Borrell ha avvisato di aver presentato una proposta ad hoc – concepita insieme all’Agenzia europea di Difesa (Eda) da lui stesso presieduta – che dovrà essere discussa dai ministri. Nel dettaglio, a detta del ministro ucraino, il suo Paese “ha bisogno di centomila munizioni al mese”. “La nostra priorità numero uno sono i sistemi di difesa aerea, e ancora munizioni da artiglieria da 155 millimetri, veicoli da combattimento per la fanteria e più carri armati come i Leopard”, ha continuato ancora Reznikov, accogliendo poi il piano del ministro della Difesa estone, Hanno Pevkur, che prevede un milione di munizioni da 155 millimetri per l’artiglieria ucraina. Nel fornire nuove munizioni a Kiev, per Borrell, “la prima cosa da fare è usare ciò che abbiamo a disposizione. Se poi gli Stati membri sono pronti a fornire di più, ne sarò felice. Ma oggi dobbiamo essere realistici e pragmatici e discutere delle misure che possono essere adottate oggi”, ha detto Borrell.

… anche da altri Paesi

“Se ci sono consegne di munizioni all’Ucraina da altri Stati non europei non dobbiamo escluderle, il primo focus dovrebbe essere aiutare Kiev e trovare il modo migliore per farlo”, ha osservato il ministro della Difesa svedese, Pål Jonson, in riferimento al nodo delicato e ancora da sciogliere che riguarda la provenienza delle munizioni destinate a Kiev. Puntare soltanto sull’industria europea o acquistare anche dal mercato globale? Al momento sul punto ancora non è stato raggiunto un accordo.

Carri armati in arrivo

La Polonia è pronta a inviare altri dieci carri armati Leopard 2 all’Ucraina nei prossimi giorni. A confermarlo, il ministro della Difesa del Paese, Mariusz Blaszczak. Dopo i quattro mezzi già consegnati a fine febbraio, ora il Paese dovrà mantenere l’iniziale promessa che vedeva la consegna di 14 carri armati. Mentre la Germania ha reso noto che i 18 carri armati promessi da Berlino a Kiev – a cui si aggiungono anche i tre concessi dal Portogallo – sono in consegna in Ucraina questo mese. Nel corso della conferenza stampa a margine della ministeriale, Blaszczak ha anche parlato di una riunione da fare insieme all’omologo tedesco, Boris Pistorius, in merito alla “scarsa disponibilità di pezzi di ricambio per i Leopard”, per ovviare la quale “siamo pronti ad aprire un centro servizi in Polonia che si occupi della riparazione e della manutenzione dei carri armati Leopard inviati all’Ucraina”.

Ucraina nega coinvolgimento nel sabotaggio del Nord Stream

Dopo che il New York Times aveva attribuito il sabotaggio dello scorso settembre del Nord Stream, nel Mar Baltico, a un gruppo filo ucraino, è arrivata la smentita direttamente dalla ministeriale e da Reznikov. “Per me è una storia un po’ strana perché non corrisponde al vero, non siamo implicati. Penso che l’indagine delle autorità ufficiali entrerà nei dettagli…sarebbe quasi un complimento per le nostre forze speciali. Ma non si tratta di una nostra attività”, ha infatti spiegato il ministro ucraino. Sulla questione è intervenuto anche Stoltenberg, precisando che “ci sono indagini nazionali in corso e non possiamo dire nulla finche’ non termineranno”. Gli ultimi sabotaggi delle infrastrutture critiche sottomarine hanno mostrato l’urgenza di provvedere alla loro sicurezza e in questo frangente agirà anche la Nato. A detta di Stoltenberg infatti: “Dopo gli attacchi abbiamo stabilito una cellula per coordinarci, anche con il settore privato, a tale scopo”.


formiche.net/2023/03/riunione-…



RIFORME, IN FONDAZIONE IL CONFRONTO COL MINISTRO CASELLATI. CASSESE: “PER CAMBIARE LA COSTITUZIONE SERVE UNA ASSEMBLEA ELETTA COME DICE LA FLE” 


“Lo strumento principe per una riforma della Costituzione è quello di istituire un’assemblea costituente, come proposto dalla Fondazione Luigi Einaudi”, è quanto ha affermato ieri il professore Sabino Cassese durante un evento organizzato dalla Fondazione

“Lo strumento principe per una riforma della Costituzione è quello di istituire un’assemblea costituente, come proposto dalla Fondazione Luigi Einaudi”, è quanto ha affermato ieri il professore Sabino Cassese durante un evento organizzato dalla Fondazione Luigi Einaudi per parlare di riforme. Insieme al presidente della Fondazione Giuseppe Benedetto, all’incontro ha partecipato il ministro per le Riforme istituzionali e la semplificazione normativa Maria Elisabetta Alberti Casellati.

In un’Aula Malagodi strapiena e con ospiti illustri, parlamentari e giuristi, il presidente Benedetto, nel portare i saluti istituzionali, ha sottolineato come la Fondazione Luigi Einaudi cerchi ancora una volta di anticipare i tempi prospettando al ceto politico la via maestra per la riforma delle Istituzioni: l’elezione con metodo proporzionale di un’Assemblea per la riforma della seconda parte della Costituzione.

“Non ho pregiudizi nei confronti di nessun metodo per arrivare a una riforma costituzionale”, ha detto il ministro Casellati, che ha poi indicato quella che, a suo avviso, è la via da seguire: “Credo che la forma migliore per intervenire sia quella prevista dall’articolo 138. La mia preferenza è imboccare l’art. 138 attraverso il metodo dell’ascolto, perché la maggioranza non ha una posizione precostituita su una forma istituzionale rispetto a un’altra”.

Riguardo all’ipotesi di un’elezione diretta del Capo dello Stato o del governo, il ministro ha però sottolineato: “Qualunque legge riuscissimo a fare ci sarà una norma transitoria, perché sarebbe una sgrammaticatura istituzionale pensare che l’approvazione di una legge possa portare a un’elezione immediatamente diretta e far cadere, per dire, il mandato del presidente della Repubblica o del presidente del Consiglio”. Una nuova legge che dovesse prevedere l’elezione diretta del presidente della Repubblica, ha concluso, “entrerebbe in vigore nel 2029, dopo la fine del mandato del presidente Mattarella”.

All’inizio dell’incontro, il Segretario generale della Fondazione Luigi Einaudi, Andrea Cangini, ha presentato il disegno di legge costituzionale, redatto dalla Fondazione e sostenuto dal professor Cassese, per dare vita ad un’Assemblea per la riforma della Costituzione.

“Sono passati esattamente quarant’anni da quando, con la Commissione Bozzi, il Parlamento provò per la prima volta a mettere mano a una riforma organica dello Stato. Il tentativo fallì, così come fallirono gli innumerevoli tentativi successivi. Abbiamo visto costituire ad hoc commissioni bicamerali e monocamerali, abbiamo assistito a tentativi ex articolo 138: è stato vano”, ha detto Cangini.

“La Fondazione Luigi Einaudi – ha sottolineato – ritiene che procedere per temi sia un errore. Serve una riforma di sistema, sottratta alle insidie delle dinamiche politiche contingenti, filtrata dalla competenza e largamente condivisa”.

“C’è solo un modo per conseguire lo scopo: eleggere con metodo proporzionale una snella Assemblea per la riforma della Costituzione composta da cento esperti indicati dai partiti, che passino al vaglio dei cittadini-elettori”, ha concluso Cangini.

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Per i vent'anni dalla nascita, Iuppiter Group, società di editoria, comunicazione e produzione, dà vita al nuovo progetto editoriale 'Occhio di carta' che promuove il culto del cartaceo, un ribellismo costruttivo, il ritorno al conflitto delle idee e al primato della parola.
in reply to Pëtr Arkad'evič Stolypin

Il primo numero della rivista, 180 pagine con cadenza quadrimestrale, si apre con lo speciale: "Pasolini, che dire? Il poeta, il profeta e il narciso: educazione alla critica totale".


Oggi, 8 marzo, per la Giornata internazionale della donna si è svolto al Ministero un incontro tra il Ministro Giuseppe Vaditara e alcune rappresentanti del mondo della scuola, per valorizzare l’impegno nei confronti delle studentesse, nonché il lavo…


Il termine "Geopolitica", dopo decenni di oblio è tornato alla ribalta del linguaggio mediatico e della pubblicistica. Ciò è senz’altro dovuto all’esaurirsi delle grandi narrazioni novecentesche – comunismo, socialismo, socialdemocrazia, liberalismo, persino la dottrina sociale cristiana – e al ritorno sulla scena politiche dello Stato che i teorici della “fine della storia” avevano bollato come obsoleto.

La cifra di lettura del XXI secolo sembra essere quella del confronto tra stati in un’anarchia delle potenze, e non del confronto tra ideologie o tra classi – ad esempio delle ultime due ideologie a proprio modo universalistiche affacciatesi sulla scena strategica negli ultimi due decenni e cioè il liberalismo e liberismo occidentale contro l’islamismo radicale, esauritasi la prima nella grande crisi del 2008 e la seconda arretrata proprio sul piano geopolitico.

Il risveglio dalle illusioni universalistiche è stato brusco: il mondo intellettuale si è fatto trovare impreparato ed ha dovuto riattivare una linea di pensiero per troppo tempo trascurata. Il termine geopolitica è diventato così vittima di una vera e propria bulimia, sino ad essere utilizzato quale sinonimo di “Relazioni Internazionali”, “Politica Estera” e financo di “Strategia Militare”, discipline imprescindibili alla geopolitica, sicuramente non separabili da questa ma ad ogni modo ben distinte. Occorre ribadirlo: la geopolitica studia il rapporto tra statualità e spazio: chiaramente per farsi un quadro geopolitico della politica di uno stato non si può prescindere dal quadro economico, sociologico, demografico, militare, culturale, antropologico (come correttamente sottolinea il moderno filone della geopolitica critica).

(Continua)

msn.com/it-it/notizie/other/ec…



Contrastare l’Iran in Ucraina e nel Caucaso meridionale


Gli ultimi cinque anni hanno dimostrato che l’allora presidente degli Stati Uniti Donald Trump aveva ragione a mollare l’accordo sul nucleare iraniano. Da allora l’Iran si è dimostrato ancora di più agente di instabilità ed esportatore di estremismo e terrorismo. L’Iran ha intrapreso varie forme di aggressione militare e terrorismo contro una serie di paesi […]

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Una crisi incombente nello Stato separatista della Moldavia


Il prossimo conflitto nell’ex Unione Sovietica potrebbe essere in fermento in Transnistria, la regione separatista non riconosciuta della Moldavia. La piccola forza (circa 1.500) di “peacekeeper” russi e altre truppe russe che proteggono la regione dagli anni ’90 si trova ora in una posizione strategicamente disperata, tagliata fuori dalla Russia da un’Ucraina ostile e irrimediabilmente […]

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La regione italiana con più detenuti? L’ Emilia-Romagna


E’ la regione per eccellenza e tradizione progressista e di sinistra. Come dice la canzone, Emilia-Romagna “sognante fra l’oggi e il domani”, “vera, aperta, finta, strana, chiusa, anarchica, verdiana”. La regione dove abita la neo-segretaria del Partito Democratico Elly Schlein; ma è la regione dove abita, e di cui è presidente anche il suo principale […]

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Confronto sulla Separazione delle Carriere con Carlo Calenda


Nel quadro del confronto con tutte le forze politiche interessate e prendendo spunto dal libro del nostro Presidente “Non diamoci del tu”, il giorno 21 marzo 2023 alle ore 17:30 presso la nostra sede, in via della Conciliazione 10, Carlo Calenda si confro

Nel quadro del confronto con tutte le forze politiche interessate e prendendo spunto dal libro del nostro Presidente “Non diamoci del tu”, il giorno 21 marzo 2023 alle ore 17:30 presso la nostra sede, in via della Conciliazione 10, Carlo Calenda si confronterà con il Presidente Giuseppe Benedetto sul tema della Separazione delle Carriere.

Modera il Segretario Generale della Fondazione Luigi Einaudi Andrea Cangini

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Il Parlamento europeo ha deciso di fare chiarezza su un punto critico e controverso della legge sull’AI, adottando la definizione utilizzata dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE). Anche la maggior parte delle altre definizioni è stata concordata,...


C’è tempo fino a domani (alle ore 23.59) per iscriversi al Corso di “Protezione dei dati personali e tutela dei diritti fondamentali – Clinica legale privacy”, attivo presso il Dipartimento di Giurisprudenza Università Roma Tre, di cui ho l’onore di essere il titolare. L’idea alla base del corso – come, d’altra parte, nella tradizione delle cliniche...


Il taglio del reddito di cittadinanza proposto dal governo Meloni è un'infamia. Questo è un governo classista che riesce a essere più antipopolare di Draghi.


L’ora dei carosElly | La Fionda

«Poco importa se poi tra il dire “cose di sinistra” e il farle sul serio, c’è di mezzo il mare. Poco importa se l’orizzonte resta sempre quello di un riformismo buono per ogni stagione, in cui la rappresentanza degli interessi dei ceti subalterni rimane confinata in una vaga lotta alle diseguaglianze che negli ultimi anni ha prodotto risultati pressoché nulli. Poco importa se il primato del mercato e il credo atlantista non siano sostanzialmente in discussione. Se i proclami di voler porre un freno alla precarietà arrivino dopo quindici anni di scelte liberiste ed antipopolari, se la guerra va alimentata con nuove armi “finché ci sarà bisogno”. E nulla conta neppure il fatto che fino all’altroieri l’autonomia differenziata, un progetto che potrebbe scardinare l’unità nazionale del paese, piacesse tanto alla neo-segretaria quanto al suo sfidante, quasi al pari dei governatori di centrodestra.»

lafionda.org/2023/03/08/lora-d…



Tigray, A Causa della Mancanza di Contanti, le Banche Non Forniscono Servizi Sufficienti


Tigray : Si dice che i cinque miliardi di birr inviati dalla Banca nazionale siano finiti in una settimana Le banche che hanno riaperto le…

Tigray : Si dice che i cinque miliardi di birr inviati dalla Banca nazionale siano finiti in una settimana


Le banche che hanno riaperto le loro filiali nella regione del Tigray e forniscono servizi, è stato rivelato che non forniscono servizi sufficienti ai propri clienti a causa della mancanza di denaro.

Sebbene i clienti si rivolgano a diverse filiali bancarie per spendere soldi, è stato capito dai dirigenti della banca e dai clienti con cui il giornalista ha parlato che non potevano ottenere più della piccola somma di denaro data loro dal numero limitato di filiali gestite da pochi banche.

Un mese fa, il primo ministro Abiy Ahmed (Dr.) ha avuto una discussione con gli alti dirigenti del TPLF, secondo quanto stabilito, sebbene la Banca nazionale dell’Etiopia avesse inviato cinque miliardi di birr nella regione del Tigray, si è appreso che il i soldi sono stati spesi entro una settimana.

Secondo la portata del servizio clienti fornito dalle banche e dalla divisione della Banca nazionale, dei cinque miliardi di birr in contanti inviati nel Tigray, un miliardo di birr è stato dato a Waggan e Ansa Banks ciascuno, mentre i restanti tre miliardi di birr sono stati dati alla Banca Commerciale d’Etiopia.

Secondo una persona che è il manager di uno dei distretti del Tigray della Commercial Bank of Ethiopia, che ha parlato con il giornalista e ha chiesto di non essere nominato, poiché la società era in difficoltà, quando il denaro è stato approvato, la banca che guidava spendeva fino a 50.000 birr al giorno per un individuo senza ulteriori restrizioni.

Il manager, che ha detto di averlo fatto pensando che i soldi sarebbero stati restituiti alla banca, ha spiegato che la situazione nella regione non ha migliorato il sistema imprenditoriale e il denaro non torna alla banca. Ha aggiunto che delle sole 24 filiali della Banca commerciale dell’Etiopia a Mekele, tranne una, lavorano tutte in rete e la maggior parte delle filiali ha smesso di pagare per mancanza di fondi.

“Pochissimi rami stanno dando due o tremila birr adesso. Stanno prelevando denaro da ciò che raccolgono dalle società che mettono denaro in banca come obbligo”, ha detto, aggiungendo che le filiali hanno esaurito il denaro dato loro dalla Banca nazionale e stanno pagando solo una piccola somma di denaro ottengono dal mercato.

Ethio Telecom, Ethiopian Airlines e alcune stazioni Total Energy sono tra le poche organizzazioni che stanno depositando i soldi delle vendite in banca, e il manager ha detto che non hanno altri soldi per pagare. “Il contante viene ancora venduto come merce in città. Se la parte interessata non lo ferma, sarà molto difficile per noi”, ha detto.

Il dirigente ha affermato che la Commercial Bank of Ethiopia ha distribuito i tre miliardi di birr che le erano stati assegnati in meno di cinque giorni, oltre alla mancanza di denaro dal governo e alle vendite private, la società ha ritirato i contanti per mancanza di fiducia. “Cinque miliardi di birr sarebbero sufficienti se la gestione della liquidità e il sistema aziendale venissero adeguati”, ha affermato.

Ato Gesutou Tadese, direttore della Wealth Collection and Branch Banking di Wagen Bank, ha detto al giornalista che sebbene la sua banca funzioni bene, altre banche sono a corto di liquidità, quindi anche loro sono sotto pressione. Il direttore ha spiegato che Wogan Bank non ha avuto molti problemi nell’adeguare le sue operazioni, come l’acquisizione di grandi organizzazioni di trasferimento di denaro e il denaro ricevuto dalla Banca nazionale.

Per quanto riguarda i prelievi dei clienti dalla banca, Wagen Bank sta lavorando in conformità con il National Bank Act e la banca è responsabile delle circostanze, ha affermato. Non lo incoraggiamo “, ha affermato.

Wagan Bank ha 122 filiali che fornivano servizi prima della guerra, comprese le regioni di Amhara e Afar, ma sono state danneggiate durante la guerra. Si dice che una filiale nella regione di Afar non abbia iniziato a fornire servizi. È stato anche sottolineato che 87 delle 112 filiali nel Tigray sono ora aperte e forniscono servizi.

Il professore associato Amha Kahsai, che insegna all’Ider Hospital dell’Università di Mekele e ha affermato di non aver ricevuto uno stipendio negli ultimi 21 mesi, ha riferito al giornalista ciò che ha osservato: quando cinque miliardi di birr sono stati inviati nella regione del Tigray, le banche sono state dando 50.000 birr al giorno. Ma hanno detto che hanno ridotto la quantità di denaro che stanno dando e ora molti sportelli bancari non hanno contanti.

Sebbene non abbia subito molestie per prelevare denaro a causa del mancato pagamento dello stipendio, come visto dalla sua famiglia e dai suoi amici, sta ritirando solo duemila birr da una certa filiale. “Il mio amico voleva inviarmelo dall’estero, ma non è stato possibile perché il mio conto in banca era chiuso. Anche se il mio conto viene aperto, se sono abbastanza fortunato da ricevere più di duemila birr, non vale niente”, ha detto il professore associato.

“Poiché le persone muoiono ogni volta, il denaro salva vite e compra medicine e cibo. “Non è come il grano che aiuta e chiede l’elemosina, ma la società sta aspettando i propri soldi, fissando la porta della banca”, ha detto.

Il direttore della Banca Commerciale del Tigray, che ha detto al giornalista di aver ripetutamente chiesto alla Banca Nazionale di dar loro più soldi, ha detto di non aver ricevuto alcuna risposta, ha detto che i dipendenti del governo e i pensionati non hanno ancora ricevuto il pagamento stipendi, e se gli viene ordinato di iniziare a pagarli, il problema sarà peggiore.

Ha detto che solo la “grande filiale” nella città di Mekele fornisce un servizio non-stop e la quantità di denaro che può essere prelevata da questa filiale è di soli tremila birr. “La fila qui in filiale è lunghissima”, ha aggiunto.

Ha detto che i contanti vengono venduti come merce in città e anche dal centro del paese, le persone trasferivano denaro ad altre persone e lo ritiravano su commissione.


FONTE: ethiopianreporter.com/116592/


tommasin.org/blog/2023-03-08/t…



Ucraina: nove anni di guerra e di menzogne | AFV

«Mentre i media occidentali hanno celebrato il falso storico del “primo anniversario della guerra”, sono in realtà nove anni che il popolo ucraino è vittima delle politiche criminali del proprio governo, controllato dai burattinai occidentali e dalle milizie neonaziste.»

ancorafischiailvento.org/2023/…



OPINIONE. Il significato di Sabra e Chatila per una palestinese


I legami tra i profughi palestinesi e la loro terra d'origine non saranno mai annullati da massacri, leggi o risoluzioni. Sono parte della natura stessa di un popolo che ha pagato i crimini commessi dagli europei L'articolo OPINIONE. Il significato di Sa

di Rania Hammad –

Pagine Esteri 8 marzo 2023 – Sabato 4 marzo a RomeArt Factory alla Garbatella c’era una sala piena di gente fervente e commossa per la proiezione del documentario “Il Cielo di Sabra e Chatila” della regista Eliana Riva. Il film, prodotto da Pagine Esteri di Michele Giorgio racconta e ricorda una delle pagine più buie e tragiche della storia palestinese, ma anche del mondo. Erano presente Stefania Limiti del comitato “Per non dimenticare Sabra e Chatila”, comitato che visita e commemora quel genocidio ogni anno da quell’orribile settembre 1982. L’evento era promosso da Assopace Palestina, con la partecipazione di Luisa Morgantini.

Io, Rania Hammad, ho portato la testimonianza di una palestinese della diaspora e discendente di un rifugiato palestinese del 1948. Io, insieme a oltre 7 milioni di palestinesi, richiamo alla memoria e rievoco quel diritto al ritorno, diritto sancito dalla legalità internazionale e inestinguibile. Non è una soluzione politica che rivendica il mio diritto, ma è il fatto stesso di esistere noi come popolo e come identità con i nostri diritti, che lo rivendica.

Vedere un film sui massacri di Sabra e Chatila in un bel pomeriggio quasi primaverile, col contrasto tra la luce fuori e il buio dentro, è stato destabilizzante ed emotivamente pesante, soprattutto per i palestinesi presenti, perché i massacri di Sabra e Chatila, come altri massacri, sono un trauma individuale e collettivo, che subiamo.

Il film suscita emozioni forti e si conclude con un messaggio di speranza, quello di un popolo che resiste e persevera, e che non potrà mai essere sconfitto, perché la sua causa è giusta.

E allora sì, sono una palestinese della diaspora, così mi identifico, così mi definisco, così rispondo alla domanda di dove sei? Sono palestinese. A scapito di tutte quelle narrazioni imposte su di noi, sul fatto che non esistiamo come popolo, o che non siamo né profughi né in diaspora. Noi siamo ancora qui 4 generazioni dopo a dire che siamo noi che definiamo chi siamo e siamo noi a parlare di noi. Esistiamo come palestinesi.

Sono anche figlia e discendente di un palestinese espulso dalla propria terra e casa nel 1948 da un paese vicino a San Giovanni D’acri, Akka, nel Nord della Palestina storica, e quindi faccio parte di quella categoria di palestinesi che sono registrati come profughi del 1948 dall’agenzia ONU Unrwa, agenzia speciale creata ad hoc per occuparsi dei profughi palestinesi fino a quando non sarebbero potuti tornare alle loro case. E stiamo parlando di circa 7 milioni di palestinesi adesso. I miei parenti sono ancora lì nei campi di Beirut, i miei cugini sono nati lì e aspettano di far ritorno nel paese d’origine. Per loro non esiste che una patria, quella patria. Il desiderio di far ritorno non nasce solo dal fatto che non siano integrati in Libano o non ne siano cittadini, o dalla discriminazione che vivono. Questo desiderio di far ritorno è, invece, un fatto scontato, cioè rivendicare e pretendere di ritornare lì da dove sono stati cacciati i loro genitori o nonni. I profughi palestinesi possono essere cittadini in Giordania o avere pari diritti in Siria, ma alla fine la loro terra di origine è la Palestina. Credo sia ovvio, dunque, perché si continui a chiedere di risolvere la questione dei rifugiati e si chieda che si rispetti quel diritto sancito dalla legalità internazionale e ribadito nella risoluzione Onu 194, cioè il diritto al ritorno in Palestina. Ma quel diritto è anche mio, non è che si estingue col tempo né si cancella, solo perché ho un passaporto italiano.

Israele ha certamente tante spine nel fianco, i palestinesi presenti sul territorio, i profughi e le diaspore che rivendicano tutti la stessa e unica cosa, lo Stato indipendente palestinese e pari diritti. Non ci sono altre soluzioni. E siamo un po’ troppi per sparire.

La diaspora palestinese crede e sostiene ancora il ritorno, e crede in un futuro di libertà. Come palestinesi della diaspora manteniamo uno stretto legame con la nostra terra d’origine, e con il nostro popolo dentro e fuori la Palestina, e passiamo il nostro patrimonio e eredità culturale ai nostri figli. Questo avviene in maniera normale e spontanea, come qualsiasi famiglia normalissima che parla delle vicende storiche e politiche, di storia vissuta, di cultura, e valori, siamo gente normale che impara la propria madre lingua, trasmette le proprie tradizioni e usanze, cucina i piatti tipici, ricorda con nostalgia il proprio paese, e quello si tramanda da padre e madre in figli e non morirà mai. D’altronde non è così che i popoli mantengono le loro caratteristiche uniche e speciali? Perché pensiamo che i palestinesi siano diversi? Cioè che la nostra storia o cultura possa sparire, o addirittura noi sparire? Questo legame con la terra e la lotta per i nostri diritti domina la nostra esistenza, e i nostri sogni li passiamo alle future generazioni trasmettendo loro i nostri ideali. Questo ponte tra passato e futuro, questa catena non si può spezzare, muore solo se non facciamo più figli. E detto francamente, Israele non può eliminare 7 milioni di palestinesi dentro, piú altri 7 milioni fuori dai confini, tra cui alcuni anche in Europa e negli Stati Uniti, e politicamente attivi e determinati. Credo che un giorno, non so quando, uno Stato democratico, una Palestina unita e unificata nella quale ci siano condizioni eque e paritarie per tutti, per l’intera popolazione, indipendentemente dalla religione, o dall’etnia, ci sarà.

L’egemonia della narrazione Israeliana ha creato una serie di distorsioni nel modo in cui si inquadrano le vicende in Palestina. Non è uno scontro etnico, o religioso, e non è uno scontro che dura da secoli. E assolutamente non è, e rifiutiamo le accuse dell’odio razziale o dell’antisemitismo, uno scontro con gli ebrei.

È una questione territoriale, di gente che è sempre stata lì e che non è mai stata da nessun’altra parte, cioè è nativa di quella terra, e di persone che invece sono arrivate da tutto il mondo, appoggiati dalle potenze e dagli armamenti, e si sono insediati. Ma questo ormai lo sanno anche i sassi.

La continua presenza dei palestinesi sulla terra rappresenta il principale ostacolo strutturale al colonialismo di insediamento dello Stato di Israele, ma anche le tante diaspore palestinesi che continuano a mettere la Palestina al centro della loro vita, sono un ostacolo all’idea che Israele ha di avere più terra possibile con meno palestinesi possibile. Quindi anche se il movimento di liberazione palestinese è indebolito e frammentato a causa di tutto quello che Israele ha fatto negli anni, espellendo i palestinesi nel ‘48, e poi nel ‘67, causando la dispersione, assediando Gaza e separandola dalla Cisgiordania, colonizzando la Cisgiordania ormai piena di insediamenti di coloni illegali, il popolo palestinese continua a dimostrare di avere una capacità straordinaria di resilienza, mantiene viva la lotta legittima di liberazione attraverso attività di resistenza, manifesta pacificamente nella Cisgiordania e a Gaza con la Marcia del Ritorno, e insieme a loro si uniscono, come abbiamo visto con gli avvenimenti a Gerusalemme Est, anche i palestinesi al interno dei confini dello Stato israeliano. Non mi sembra che nessun palestinese abbia rinunciato alle rivendicazioni storiche o all’autodeterminazione. Gli israeliani possono dire che siamo deboli, e lo siamo militarmente, o che siamo divisi cioè separati, e lo siamo perché sono riusciti nel loro intento a farci questo, ma non siamo così divisi come pensano loro.

Il ruolo della diaspora è quello di sostenere il nostro popolo in Palestina e dentro Israele, chiedendo pari diritti e libertà, diciamo che siamo pienamente consapevoli della superiorità militare israeliana e anche delle continue conquiste territoriali, nonché delle nostre divisioni interne, ma questo non sopprime né spegne la solidità e compattezza di un popolo che resiste e persevera sulla propria terra con il sostegno e l’attivismo delle diaspore che stanno creando reti di solidarietà mai viste prima, cioè si stanno finalmente unendo i movimenti per i diritti umani ed hanno capito di poter diventare molti più forti insieme e che le loro battaglie sono transnazionali e intersezionali, si sta combattendo lo stesso sistema di oppressione.

Lo smembramento e frammentazione del popolo non ha significato l’indebolimento dell’identità palestinese, anche lì dove manca il luogo fisico, la patria alla quale tornare, e neanche la mancanza di una leadership che accontenti tutti, la indebolirà. Nonostante i tentativi di Israele di distruggere il tessuto sociale e legami della società palestinese, i palestinesi, riescono a mantenere una connessione con la loro terra e storia millenaria, e consiglio il libro dello storico palestinese Nur Masalha “Una storia di 4000 anni” e anche quello di Rashid Khalidi “La guerra dei 100 anni”, e il libro del ricercatore storico Salman Abu Sitta, appena tradotto in italiano “La mappa del mio ritorno” insomma, non solo ricordiamo e scriviamo la nostra storia ma diciamo chiaramente che la nostra presenza sulla terra non è mai stata interrotta, c’è la continuità ed è per questo che il patriottismo palestinese e l’identità palestinese continuano a essere forti anzi, sempre piú forti. La pulizia etnica, gli espropri, e l’oppressione che sono iniziati nel 1948 e che non si sono arrestati, sono tuttora in corso da 74 anni, non hanno affievolito l’identità nazionale, anzi è sentita ovunque i palestinesi si trovino, anche nelle giovani generazioni, che attraverso internet e i social sono collegati tra di loro, e sono quelli più attivi nei movimenti di solidarietà e nelle varie campagne, anche quella del boicottaggio, BDS.

Abbiamo grandi scrittori, poeti, musicisti, artisti, docenti universitari, e registi da premio Oscar, che stanno dimostrano ogni giorno la loro dedizione alla Palestina e che con il loro lavoro dentro e fuori la Palestina continuano ad arricchire il nostro patrimonio culturale e contribuiscono a far conoscere e a diffondere la nostra narrativa.

L’esempio più eclatante di questa saldezza la vediamo negli arabi israeliani, e cioè i palestinesi cittadini di Israele: è evidente che loro non solo mantengono fortemente la loro identità nazionale palestinese, ma la proteggono e difendono, e questa è resistenza. Proteggiamo e rivendichiamo il nostro patrimonio culturale anche quando si tenta di rubarcelo, come l’hummus, la dabka, e il tatreez. Eppure, la tutela del patrimonio culturale dei popoli è vista come un valore inestimabile e da salvaguardare, quindi perché a noi questo non viene riconosciuto? Siamo così speciali?

Forse perché non fa comodo a Israele? Perché Israele e i suoi amici ci vorrebbero invisibili?

Bisogna dire però che c’è anche un aspetto più drammatico della nostra condizione di popolo in diaspora, un intreccio molto particolare, è cioè che noi siamo vittime delle vittime, e non solo vittime delle vittime, ma siamo anche la diaspora della diaspora. Pensiamo al fatto assurdo che la nascita dello Stato di Israele e la fine della cosiddetta diaspora ebraica segna la tragedia e la nuova diaspora dei palestinesi.

Io personalmente non riesco a parlare di me, senza parlare di loro. Non riesco a pensare alla mia diaspora senza pensare alla loro, e non solo perché il termine stesso diaspora, è storicamente associato alla diaspora ebraica, è che non riesco a separare noi da loro, non posso non pensare a ciò che hanno subito, come vittime di crimini perpetrati da una Europa violenta e razzista, senza pensare che noi abbiamo pagato ma non abbiamo nessuna colpa, e non abbiamo mai nutrito quel disprezzo gratuito dentro di noi verso di loro. Per quello ripongo la mia speranza negli ebrei della diaspora e in Israele, negli ebrei degli Stati Uniti, e spero che siano loro a cambiare rotta, senza dover essere costretti, sanzionati. Che lo capiscano da soli. Ecco, i palestinesi hanno a che fare con tutto questo, con il colonialismo di insediamento mantenuto attraverso la mitologia e la religiosità.

Non è una realtà facile nemmeno per loro.

Edward Said diceva che siamo come parte di una sinfonia, e che il nostro destino è la storia disperata degli estremi, con tragedie, perdite, e sacrifici e dolore ma non c’è simmetria, c’è un lato colpevole e ci sono le vittime e oggi i palestinesi sono le vittime.

È un rapporto unico e molto particolare ma che non può restare irrisolto, solo perché non osiamo parlarne chiaramente, cioè dobbiamo affrontare tutti questi temi, della nostra storia, della loro storia, ed avere il coraggio di essere onesti e di dire cosa sta succedendo davvero, dobbiamo o dovete scrollarvi di dosso tutti i sensi di colpa, anche perché ora abbiamo all’interno della società israeliana e soprattutto tra gli ebrei “nella diaspora” anti-sionisti, o ebrei che rifiutano che questi crimini vengano perpetrati a nome loro, e che vogliono difendere e proteggere la loro fede, perché non accettano di vederla deformata dallo Stato di Israele. Ci dobbiamo unire a loro, noi tutti, e anche i palestinesi e condannare insieme a voce alta la violazione dei diritti umani, per non dimenticare che avevamo detto mai più. Mai più per proteggere loro, ma adesso mai più per proteggere noi.

L'articolo OPINIONE. Il significato di Sabra e Chatila per una palestinese proviene da Pagine Esteri.



Oggi, 8 marzo, si celebra la Giornata internazionale della donna, istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

Qui il videomessaggio del Ministro Giuseppe Valditara ▶ youtu.be/Sjcft9U1_pQ



a cura di Alba Vastano - Prima era soltanto la solitudine, la vergogna, il malessere delle donne molestate sul lavoro (‘che vuoi che sia’). Poi è inizia


La guerra è l’espressione più violenta del patriarcato. Vogliamo gridarlo ancora più forte, oggi che l’Europa e l’Italia sono in guerra. Oggi che torn


INTERVISTA A TAMARA ESSENZA E A MR FA


Oggi presentiamo TAMARA ESSENZA e MR FA. Salve a tutti sono tamara_essenza, questo è un nome inventato. Penso tantissimo, sento tantissimo, ho amato tre volte nella vita, adoro gli animali.

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#arte #dipinti



Il Ministero dell’Istruzione e del Merito celebra la Giornata internazionale della donna con un’esposizione di libri di Grazia Deledda, una delle più grandi scrittrici del Novecento, premio Nobel per la letteratura e simbolo straordinario di riscatto…


New Kind of Kicks-Febbraio 2023


🎧 #RECENSIONE:

👉 New Kind of Kicks-Febbraio 2023

Questo mese vi presentiamo :66cl, Adwud,Autobahns/S.G.A.T.V., Beta Maximo/Teo Wise/Deebeat Ramone/Emitter, Bibione, Duodenum, Punk Xerox, Buio Omega, Burnout Ostwest, Carvento, Falana, Class, Contra/Spam , Day Residue, Flipe VI/Kamuflase, Geishas Of Doom, Gobs, Joaco Van, Les Lullies , Mind/Knot , Mirth ,Ponys Auf Pump, Schwund, Splizz, Szlauch, Tetsuo Punk Terror/Dr. Wolfenstein, Yonic South....

iyezine.com/new-kind-of-kicks-…



«Non solo le dichiarazioni vergognose delle prime ore ma, ogni giorno che passa emergono elementi di misero cinismo politico come causa della strage di Cutro -


📌 Domani, 8 marzo, inizia Didacta Italia, la principale manifestazione sulla scuola italiana e la formazione degli insegnanti, con oltre 800 eventi formativi, tra workshop, seminari e convegni.


Oggi, 7 marzo, la Francia si ferma in occasione di un nuovo sciopero generale contro il progetto di legge che prevede l’innalzamento dell’età pensionabile


Come procede l'integrazione di Fediverso in Tumblr?

@Che succede nel Fediverso?

Stanno testando "tutti i protocolli", inclusi ActivityPub, Bluesky e Nostr.

Uno dei loro timori è che Tumblr possa sopraffare qualsiasi protocollo decida di utilizzare.

Il post di TechCrunch


How is Tumblr’s Fediverse integration coming along?

They’re testing “all the protocols” including ActivityPub, Bluesky, and Nostr.

One of their fears is that Tumblr will overwhelm any protocol it opts to use.

techcrunch.com/2023/03/04/this…

@fediversenews


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Unknown parent

mastodon - Collegamento all'originale
QuasiMagia 🌀 マルコ
@irrisolvibile Si, ma è improbabile che accada dall'oggi al domani.
Sarebbe una cosa graduale, e comunque al momento vedo poco probabile che un'istanza diventi tanto grossa da "fagocitare" gli altri.
Unknown parent

@Alessandro :fediverso: con gli attuali ritmi di crescita, nessuna istanza può diventare così grande da ospitare 420 milioni di utenti. Almeno non nei prossimi 10 anni! 😅

Il punto però è che non devono esserci istanze troppo grandi e già il volume in cui è arrivata attualmente mastodon.social sono abnormi.

Quando gli utenti complessivi del fediverso saranno dell'ordine di qualche decina di milioni, si ragionerà sul carico reciproco tra istanze

@QuasiMagia 🌀 マルコ



RILEGGIAMO: L’agente segreto di Joseph Conrad


Londra 1894: Verloc conduce una vita tranquilla insieme alla moglie Winnie con la quale gestisce un piccolo negozio; con loro vive Stevie, fratello minore di Winnie.

Da anni, Verloc lavora come agente segreto per il governo del suo paese che lo ha incaricato di infiltrarsi in un gruppo di anarchici e di organizzare un attentato. Costretto ad agire nel silenzio, convince Stevie ad aiutarlo, senza immaginare che questa scelta metterà in moto conseguenze drammatiche. #LIBRO @L’angolo del lettore #rileggiamo

iyezine.com/lagente-segreto-di…

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Sul muro di scudi invocato a Firenze da Azione Studentesca


#AzioneStudentesca a #Firenze è rimasta coinvolta in un piccolo incidente di percorso, con sei militanti (i due terzi degli effettivi, verrebbe da malignare) che hanno fatto il pieno di capi d'accusa per essere venuti alle mani durante un #volantinaggio davanti a un obitoriale #liceo cittadino.
Non avevano calcolato il fatto che ormai ci sono due cellulari per ogni suddito, tutti dotati di fotocamere per lo meno passabili.

Nell'immediato i risultati sono stati la fine dell'agibilità politica -pare che alcuni dei coinvolti abbiano addirittura cambiato scuola, date le attestazioni non proprio di stima ricevute dai compagni- il rinvio di iniziative pianificate da mesi e una manifestazione di segno contrario che ha convogliato in piazza #SantaCroce una ragguardevole quantità di detrattori.
Adesso invocano il muro di scudi.
Contestualizzando la cosa, si capisce che in un'epoca in cui da una parola in su sono cause e querele come se piovesse, ai risultati immediati farà seguito un futuro gramo.
Più che un muro di scudi farà comodo una pila di quattrini.
Che difatti è quello che chiedono, battendo cassa come #punkabbestia qualsiasi.

IoNonStoConOriana reshared this.