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Parola di Godfathers. L’Ai è più urgente del cambiamento climatico, ma meno pericolosa delle bombe atomiche


Geoffrey Hinton e Jurgen Schmidhuber sono d’accordo su un fatto: non è possibile fermare la corsa all’AI, ma bisogna preoccuparsi di governarla Se vuoi leggere il mio pezzo nella rubrica Governare il futuro su Huffington Post la trovi qui huffingtonpost.it/rubriche/gov…


guidoscorza.it/parola-di-godfa…



Ora le opposizioni colgano l’occasione: non agguati, ma confronto serio e nel merito


Il Dubbio, 9 maggio 2023, pagina 4 L'articolo Ora le opposizioni colgano l’occasione: non agguati, ma confronto serio e nel merito proviene da Fondazione Luigi Einaudi. https://www.fondazioneluigieinaudi.it/ora-le-opposizioni-colgano-loccasione-non-aggu


PRIVACY DAILY 111/2023


Alcuni ministri del governo britannico hanno avvertito che WhatsApp potrebbe sparire dal Regno Unito. Le opzioni per una risoluzione amichevole si stanno rapidamente esaurendo. Al centro del contenzioso c’è l’Online Safety Bill, un provvedimento legislativo che riguarderà quasi tutti gli aspetti della vita online in Gran Bretagna. Il disegno di legge, che è alla Camera... Continue reading →


Attacco improvviso israeliano su Gaza, numerosi morti e feriti tra i palestinesi


I raid hanno preso di mira alcuni comandanti del Jihad Islami ma sono stati uccisi anche civili, tra cui almeno tre bambini. L'articolo Attacco improvviso israeliano su Gaza, numerosi morti e feriti tra i palestinesi proviene da Pagine Esteri. https://p

della redazione

Pagine Esteri, 9 maggio 2023Almeno 12 palestinesi sono stati uccisi e altri 20 feriti nell’attacco improvviso lanciato nella notte da Israele contro la Striscia di Gaza. Tra i morti ci sono tre bambini e una o più donne. Obiettivo ufficiale dell’offensiva aerea denominata “Scudo e Freccia” sono stati alcuni leader di spicco del Jihad Islami colti di sorpresa nelle loro abitazioni ed uffici. Inizialmente il bombardamento condotto, pare, anche con droni killer, ha preso di mira Jihad al-Ghanam, Khalil al-Bahtini, membro del Consiglio militare e comandante della regione settentrionale nelle Brigate al-Quds (l’ala armata del Jihad) e Tariq Ezz al- Din e i suoi due figli, Ali e Mayar.

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Tra gli uccisi figura anche il dottor Jamal Khaswan, direttore del consiglio di amministrazione dell’ospedale Al-Wafa.

Poi l’aviazione israeliana ha preso di mira numerosi obiettivi che il portavoce militare israeliano ha descritto come campo militari e siti per la fabbricazione di razzi ed esplosivi. Gli attacchi hanno provocato altre vittime, alcune delle quali civili. Il ministro della difesa israeliano Yoav Gallant ha scritto su Twitter che “l’esercito e lo Shin Bet (intelligence, ndr) hanno svolto la loro missione con precisione, contro la leadership del Jihad islami nella Striscia di Gaza”. Non ha fatto alcun riferimento ai bambini e alle altre vittime civili.

In previsione di una probabile escalation, le autorità di Gaza hanno annunciato la chiusura degli istituti scolastici e il rinvio degli esami previsti per oggi fino a nuovo avviso. L’orario di lavoro nelle istituzioni governative è stato ridotto al minimo necessario. Anche l’Unrwa (Onu) ha annunciato che, al fine di garantire la sicurezza degli studenti e del personale docente e scolastico, le lezioni saranno sospese. Altrettanto avverrà nelle università.

A Gaza tutti si attendono una guerra ampia. Il Jihad, si prevede, lancerà i suoi razzi contro Israele in risposta agli attacchi subiti e alle uccisioni. Poi dovrebbe cominciare un attacco massiccio da parte di Israele che ha già avvertito la sua popolazione nei pressi di Gaza di restare in casa e nei rifugi. I media israeliani sostengono che il governo Netanyahu vorrebbe tenere fuori dal conflitto il movimento Hamas, la principale forza militare a Gaza. Ma il capo dell’ufficio politico di Hamas, Ismail Haniyeh, ha replicato che “il nemico ha fatto un errore nelle sue stime e pagherà il prezzo del suo crimine” e che “l’aggressione ha preso di mira tutto il nostro popolo e la resistenza è unita nell’affrontarla”. Pagine Esteri

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Gli Usa "arruolano” l’Asia-Pacifico, ma c’è chi protesta


Gli Usa
In Australia manifestazione contro la base per sottomarini a propulsione nucleare Aukus. Nelle Filippine si contesta la reintroduzione dell'addestramento militare obbligatorio per gli studenti universitari. In Giappone e Corea del Sud malumori sul disgelo suggellato dal vertice tra Kishida e Yoon a Seul

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Pier Paolo Pasolini - Studio sulla rivoluzione antropologica in Italia - 10/06/1974


2 giugno: sull'«Unità» in prima pagina c'è il titolo delle grandi occasioni e suona: «Viva la repubblica antifascista.»
Certo, viva la repubblica antifascista. Ma che senso reale ha questa frase? Cerchiamo di analizzarlo.
Essa in concreto nasce da due fatti, che la giustificano del resto pienamente: 1) La vittoria schiacciante del «no» il 12 maggio, 2) la strage fascista di Brescia del 28 dello stesso mese.
La vittoria del «no» è in realtà una sconfitta non solo di Fanfani e del Vaticano, ma, in certo senso, anche di Berlinguer e del partito comunista. Perché? Fanfani e il Vaticano hanno dimostrato di non aver capito niente di ciò che è successo nel nostro paese in questi ultimi dieci anni: il popolo italiano è risultato - in modo oggettivo e lampante - infinitamente più «progredito» di quanto essi pensassero, puntando ancora sul vecchio sanfedismo contadino e paleoindustriale.

Ma bisogna avere il coraggio intellettuale di dire che anche Berlinguer e il partito comunista italiano hanno dimostrato di non aver capito bene cos'è successo nel nostro paese negli ultimi dieci anni. Essi infatti non volevano il referendum; non volevano la «guerra di religione» ed erano estremamente timorosi sull'esito positivo delle votazioni. Anzi, su questo punto erano decisamente pessimisti. La «guerra di religione» è risultata invece poi un'astrusa, arcaica, superstiziosa previsione senza alcun fondamento.
Gli italiani si sono mostrati infinitamente più moderni di quanto il più ottimista dei comunisti fosse capace di immaginare. Sia il Vaticano che il Partito comunista hanno sbagliato la loro analisi sulla situazione «reale» dell'Italia.
Sia il Vaticano che il partito comunista hanno dimostrato di aver osservato male gli italiani e di non aver creduto alla loro possibilità di evolversi anche molto rapidamente, al di là di ogni calcolo possibile.
Ora il Vaticano piange sul proprio errore. Il pci invece, finge di non averlo commesso ed esulta per l'insperato trionfo.

Ma è stato proprio un vero trionfo?
Io ho delle buone ragioni per dubitarne. Ormai è passato quasi un mese da quel felice 12 maggio e posso perciò permettermi di esercitare la mia critica senza temere di fare del disfattismo inopportuno.
La mia opinione è che il cinquantanove per cento dei «no», non sta a dimostrare, miracolisticamente, una vittoria del laicismo, del progresso e della democrazia: niente affatto: esso sta a dimostrare invece due cose:
1) che i «ceti medi» sono radicalmente - direi antropologicamente - cambiati: i loro valori positivi non sono più i valori sanfedisti e clericali ma sono i valori (ancora vissuti solo esistenzialmente e non «nominati») dell'ideologia edonistica del consumo e della conseguente tolleranza modernistica di tipo americano. E' stato lo stesso Potere - attraverso lo «sviluppo» della produzione di beni superflui, l'imposizione della smania del consumo, la moda, l'informazione (soprattutto, in maniera imponente, la televisione) - a creare tali valori, gettando a mare cinicamente i valori tradizionali e la Chiesa stessa, che ne era il simbolo.
2) che l'Italia contadina e paleoindustriale è crollata, si è disfatta, non c'è più, e al suo posto c'è un vuoto che aspetta probabilmente di essere colmato da una completa borghesizzazione, del tipo che ho accennato qui sopra (modernizzante, falsamente tollerante, americaneggiante ecc.).
Il «no» è stato una vittoria, indubbiamente. Ma la reale indicazione che esso dà è quella di una «mutazione» della cultura italiana: che si allontana tanto dal fascismo tradizionale che dal progressismo socialista.
Se così stanno le cose, allora, che senso ha la «strage di Brescia» (come già quella di Milano)? Si tratta di una strage fascista, che implica dunque una indignazione antifascista? Se son le parole che contano, allora bisogna rispondere positivamente. Se sono i fatti allora la risposta non può essere che negativa; o per lo meno tale da rinnovare i vecchi termini del problema.
L'Italia non è mai stata capace di esprimere una grande Destra. E' questo, probabilmente, il fatto determinante di tutta la sua storia recente. Ma non si tratta di una causa, bensì di un effetto. L'Italia non ha avuto una grande Destra perché non ha avuto una cultura capace di esprimerla. Essa ha potuto esprimere solo quella rozza, ridicola, feroce destra che è il fascismo. In tal senso il neo-fascismo parlamentare è la fedele continuazione del fascismo tradizionale. Senonché, nel frattempo, ogni forma di continuità storica si è spezzata. Lo «sviluppo», pragmaticamente voluto dal Potere, si è istituito storicamente in una specie di epoché, che ha radicalmente «trasformato», in pochi anni, il mondo italiano.
Tale salto «qualitativo» riguarda dunque sia i fascisti che gli antifascisti: si tratta infatti del passaggio di una cultura, fatta di analfabetismo (il popolo) e di umanesimo cencioso (i ceti medi) da un'organizzazione culturale arcaica, all'organizzazione moderna della «cultura di massa». La cosa, in realtà, è enorme: è un fenomeno, insisto, di «mutazione» antropologica. Soprattutto forse perché ciò ha mutato i caratteri necessari del Potere. La «cultura di massa», per esempio, non può essere una cultura ecclesiastica, moralistica e patriottica: essa è infatti direttamente legata al consumo, che ha delle sue leggi interne e una sua autosufficienza ideologica, tali da creare automaticamente un Potere che non sa più che farsene di Chiesa, Patria, Famiglia e altre ubbìe affini.

L'omologazione «culturale» che ne è derivata riguarda tutti: popolo e borghesia, operai e sottoproletari. Il contesto sociale è mutato nel senso che si è estremamente unificato. La matrice che genera tutti gli italiani è ormai la stessa. Non c'è più dunque differenza apprezzabile - al di fuori di una scelta politica come schema morto da riempire gesticolando - tra un qualsiasi cittadino italiano fascista e un qualsiasi cittadino italiano antifascista. Essi sono culturalmente, psicologicamente e, quel che è più impressionante, fisicamente, interscambiabili. Nel comportamento quotidiano, mimico, somatico non c'è niente che distingua - ripeto, al di fuori di un comizio o di un'azione politica - un fascista da un antifascista (di mezza età o giovane: i vecchi, in tal senso possono ancora esser distinti tra loro). Questo per quel che riguarda i fascisti e gli antifascisti medi. Per quel che riguarda gli estremisti, l'omologazione è ancor più radicale.
A compiere l'orrenda strage di Brescia sono stati dei fascisti. Ma approfondiamo questo loro fascismo. E' un fascismo che si fonda su Dio? Sulla Patria? Sulla Famiglia? Sul perbenismo tradizionale, sulla moralità intollerante, sull'ordine militaresco portato nella vita civile? O, se tale fascismo si autodefinisce ancora, pervicacemente, come fondato su tutte queste cose, si tratta di un'autodefinizione sincera? Il criminale Esposti - per fare un esempio - nel caso che in Italia fosse stato restaurato, a suon di bombe, il fascismo, sarebbe stato disposto ad accettare l'Italia della sua falsa e retorica nostalgia? L'Italia non consumistica, economa e eroica (come lui la credeva)? L'Italia scomoda e rustica? L'Italia senza televisione e senza benessere? L'Italia senza motociclette e giubbotti di cuoio? L'Italia con le donne chiuse in casa e semi-velate? No: è evidente che anche il più fanatico dei fascisti considererebbe anacronistico rinunciare a tutte queste conquiste dello «sviluppo». Conquiste che vanificano, attraverso nient'altro che la loro letterale presenza -
divenuta totale e totalizzante - ogni misticismo e ogni moralismo del fascismo tradizionale.
Dunque il fascismo non è più il fascismo tradizionale. Che cos'è, allora?
I giovani dei campi fascisti, i giovani delle SAM, i giovani che sequestrano persone e mettono bombe sui treni, si chiamano e vengono chiamati «fascisti»: ma si tratta di una definizione puramente nominalistica. Infatti essi sono in tutto e per tutto identici all'enorme maggioranza dei loro coetanei. Culturalmente, psicologicamente, somaticamente - ripeto - non c'è niente che li distingua. Li distingue solo una «decisione» astratta e aprioristica che, per essere conosciuta, deve essere detta. Si può parlare casualmente per ore con un giovane fascista dinamitardo e non accorgersi che è un fascista. Mentre solo fino a dieci anni fa bastava non dico una parola, ma uno sguardo, per distinguerlo e riconoscerlo.
Il contesto culturale da cui questi fascisti vengono fuori è enormemente diverso da quello tradizionale. Questi dieci anni di storia italiana che hanno portato gli italiani a votare «no» al referendum, hanno prodotto - attraverso lo stesso meccanismo profondo - questi nuovi fascisti la cui cultura è identica a quella di coloro che hanno votato «no» al referendum.
Essi sono del resto poche centinaia o migliaia: e, se il governo e la polizia l'avessero voluto, essi sarebbero scomparsi totalmente dalla scena già dal 1969.
Il fascismo delle stragi è dunque un fascismo nominale, senza un'ideologia propria (perché vanificata dalla qualità di vita reale vissuta da quei fascisti), e, inoltre, artificiale: esso è cioè voluto da quel Potere, che dopo aver liquidato, sempre pragmaticamente, il fascismo tradizionale e la Chiesa (il clerico-fascismo che era effettivamente una realtà culturale italiana) ha poi deciso di mantenere in vita delle forze da opporre - secondo una strategia mafiosa e da Commissariato di Pubblica Sicurezza - all'eversione comunista. I veri responsabili delle stragi di Milano e di Brescia non sono i giovani mostri che hanno messo le bombe, né i loro sinistri mandanti e finanziatori. Quindi è inutile e retorico fingere di attribuire qualche reale responsabilità a questi giovani e al loro fascismo nominale e artificiale. La cultura a cui essi appartengono e che contiene gli elementi per la loro follia pragmatica è, lo ripeto ancora una volta, la stessa dell'enorme maggioranza dei loro coetanei. Non procura solo a loro condizioni intollerabili di conformismo e di nevrosi, e quindi di estremismo (che è appunto la conflagrazione dovuta alla miscela di conformismo e nevrosi).
Se il loro fascismo dovesse prevalere, sarebbe il fascismo di Spinola, non quello di Caetano: cioè sarebbe un fascismo ancora peggiore di quello tradizionale, ma non sarebbe più precisamente fascismo. Sarebbe qualcosa che già in realtà viviamo, e che i fascisti vivono in modo esasperato e mostruoso: ma non senza ragione.

pubblicato sul Corriere della Sera il 10 giugno 1974 con il titolo «Gli italiani non sono più quelli»

da: pasolinipuntonet.blogspot.com/…



BETLEMME. Israele demolisce scuola palestinese co-finanziata dall’Unione Europea


Israele ha ignorato l'appello dell'UE che condanna il gesto, ricorda che le demolizioni sono illegali per il diritto internazionale e che il diritto dei bambini all'istruzione deve essere rispettato. L'articolo BETLEMME. Israele demolisce scuola palestin

Pagine Esteri, 8 maggio 2023. Frequentata da decine di bambini e bambine palestinesi, la scuola di Jubbet ab-Dib è stata demolita domenica dal governo israeliano che occupa la Cisgiordania.

L’abbattimento è stato reso esecutivo dopo la sentenza del tribunale distrettuale che si è espresso in merito a una petizione presentata dall’organizzazione Regavim, una ONG di destra di cui il ministro israeliano delle finanze, Bezazel Smotrich è cofondatore. In un tweet l’organizzazione ha festeggiato il risultato:

¹Following our petition, Civil Administration forces tore down an illegal Palestinian school, built in the Herodian Nature Reserve & Heritage Site in Gush Etzion. pic.twitter.com/9kmY71bRXE

— Regavim (@RegavimEng) May 7, 2023

Costruita sei anni fa anche grazie ai fondi dell’Unione Europea, l’istituto scolastico accoglieva gli studenti e le studentesse di Jubbet ab-Dib come quelli di Beit Ta’mir.

Prima che venisse realizzata, le bambine e i bambini della scuola dovevano percorrere tre chilometri al giorno per raggiungere l’istituto più vicino. Gli abitanti, in segno di protesta, hanno allestito sulle macerie una tenda che continuerà ad ospitare le lezioni.

L’Unione Europea ha condannato la demolizione, definendola una violazione del diritto all’istruzione. Bruxelles era già intervenuta, chiedendo alle autorità israeliane di non distruggere l’istituto:

“L’Unione europea condanna la demolizione della scuola finanziata dall’UE a Jubbet Adh Dhib, nel territorio palestinese occupato, effettuata domenica mattina dalle forze di difesa israeliane. L’UE ha seguito da vicino questo caso e ha chiesto alle autorità israeliane di non effettuare la demolizione che colpisce direttamente 81 bambini e la loro istruzione.

#Palestinian pupils in #Bethlehem had their school demolished yesterday by Israeli forces. Another 57 schools are at risk across the #WestBank. It is nearly impossible for Palestinians to get permits to construct or rehabilitate structures. #StopDemolitions pic.twitter.com/yeiPijp8uS

— OCHA oPt (Palestine) (@ochaopt) May 8, 2023

L’UE ricorda che le demolizioni sono illegali ai sensi del diritto internazionale e che il diritto dei bambini all’istruzione deve essere rispettato. L’UE invita Israele a fermare tutte le demolizioni e gli sgomberi, che non faranno che aumentare le sofferenze della popolazione palestinese e rischiano di infiammare le tensioni sul terreno.

Lo scorso anno sono state demolite o sequestrate dalle autorità di occupazione un totale di 954 strutture in tutta la Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, il numero più alto registrato dal 2016. Più dell’80% delle strutture demolite (781) si trovava nell’Area C. In totale, 1.032 persone sono state sfollate a causa delle demolizioni. Quest’anno sta già seguendo una tendenza simile e preoccupante”. Pagine Esteri

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Nel Pd non c’è spazio per il merito e le idee liberali


Caro Direttore, nei prossimi giorni presenterò le mie dimissioni dal Senato che dovranno poi essere approvate dall’Aula. Non è stata una scelta facile e La ringrazio per l’opportunità di spiegarne le motivazioni. Lascio il Senato per andare a dirigere, a

Caro Direttore, nei prossimi giorni presenterò le mie dimissioni dal Senato che dovranno poi essere approvate dall’Aula. Non è stata una scelta facile e La ringrazio per l’opportunità di spiegarne le motivazioni. Lascio il Senato per andare a dirigere, a titolo gratuito, un nuovo Programma per l’Educazione nelle Scienze Economiche e Sociali rivolto agli studenti delle scuole superiori offerto dall’Università Cattolica di Milano. L’idea è di costituire un gruppo di esperti senior di alto livello che, pro bono, visiteranno le scuole per condividere con gli studenti le loro esperienze accumulate in una vita lavorativa. L’obiettivo è di svolgere circa 150 visite all’anno, forse di più. I temi trattati comprenderanno le tendenze di breve e lungo termine dell’economia italiana, le politiche monetarie e di bilancio, le tematiche strutturali soprattutto rispetto all’inserimento nel mondo del lavoro, la sostenibilità economica e ambientale, la finanza, l’interazione tra economia e diritto, la costituzione italiana e l’importanza della comunicazione per le politiche economiche e sociali. Le presentazioni non comporterebbero costi per le scuole coinvolte. Ci sarebbero poi presentazioni serali per centri culturali, circoli per gli anziani e così via.

Credo molto in questo progetto, anche perché penso sia importante che chi ha avuto tanto dalla vita e ha accumulato esperienze sia disposto a condividerle con giovani e altri. Rispetto alla mia attuale posizione al Senato, due cose hanno reso più facile accettare la proposta fattami dall’Università Cattolica. Primo, in questo momento storico mi sembra che nella vita parlamentare ci sia molta, troppa animosità. Spesso le posizioni sono espresse “per partito preso” e i dibattiti sono solo un’occasione per attaccare l’avversario. Non intendo criticare i miei colleghi. Una forte contrapposizione tra maggioranza e opposizione è probabilmente inevitabile in questo momento storico, ma i dibattiti estremizzati non sono nelle mie corde. Forse allora, nel mio piccolo, posso essere più utile al Paese tornando a commentare le politiche economiche dall’esterno, dicendo quello che penso senza il rischio di autocensurarmi. Secondo, è innegabile (basta vedere la composizione della nuova Segreteria) che l’elezione di Elly Schlein abbia spostato il Pd più lontano dalle idee liberaldemocratiche in cui credo. Ho grande stima di Elly Schlein e non credo sbagli a spostare il Pd verso sinistra. La scelta alle primarie è stata netta e i sondaggi la premiano. Un Pd più a sinistra può trasmettere un messaggio più chiaro agli elettori, cosa essenziale per un partito politico. Ciò detto, mi trovo ora a disagio su diversi temi.

Una questione chiave è il ruolo che il “merito” debba avere nella società. Il principio del merito era molto presente nel documento dei valori del Pd del 2008, l’ultimo disponibile quando decisi di candidarmi. Manca invece in quello approvato a gennaio 2023 e nella mozione Schlein per le primarie. A livello più specifico, di recente ci sono stati diversi casi in cui non ho condiviso le posizioni prese dal Pd, per esempio su aspetti del Jobs Act, sull’aumento delle accise sui carburanti, sul freno al Superbonus e sul compenso aggiuntivo per insegnanti che vivono in aree dove il costo della vita è alto, come suggerito da Valditara. Ho posizioni diverse da Elly Schlein anche sui termovalorizzatori, sull’utero in affitto e in parte anche sul nucleare. Qualcuno dice che, date queste differenze, dovrei cambiare gruppo parlamentare. Non sarebbe giusto, anche perché sono stato eletto col proporzionale e quindi senza una scelta diretta sul mio nome da parte degli elettori. Il primo dei non eletti mi sostituirà senza perdite di seggi per il Pd. Mi sembra la scelta più corretta. L’autore è senatore indipendente nel gruppo del Pd

La Repubblica

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Giordania bombarda in Siria, uccide narcotrafficante con la moglie e sei figli


L'ucciso, Marai Al Ramathan, era considerato uno dei maggiori trafficanti di droga dal territorio siriano verso la Giordania e i Paesi del Golfo. L'articolo Giordania bombarda in Siria, uccide narcotrafficante con la moglie e sei figli proviene da Pagine

della redazione

Pagine Esteri, 8 maggio 2023 – Il ministero degli esteri giordano non conferma ma più fonti affermano che è da attribuire all’aviazione del regno hashemita l’attacco di ieri contro il villaggio di Al Shaab (Suwayda) nella Siria meridionale che ha ucciso Marai al Ramathan e la sua famiglia che comprendeva la moglie e sei figli.

Al Ramathan era considerato uno dei maggiori trafficanti di droga dal territorio siriano verso la Giordania e i Paesi del Golfo, specializzato nel contrabbando del Captagon (un anfetaminico). Da Amman si sono limitati a commentare che “Gli stupefacenti rappresentano una grande minaccia per il Regno hashemita, la regione e il mondo”. Al Ramathan era stato arrestato dalle autorità siriane lo scorso dicembre e poi rilasciato il 20 aprile.

Il Captagon, consumato particolarmente in Arabia saudita, crea una forte dipendenza e, secondo gli specialisti, sarebbe un “farmaco di transizione” per sostanze ancora più forti. L’Occidente e alcuni paesi arabi accusano le autorità siriane di non agire contro i narcotrafficanti se non addirittura di collaborare con loro. Damasco smentisce queste accuse. Pagine Esteri

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Va ricordato al ministro Calderoli che la destra non ha ricevuto alle ultime elezioni il voto della maggioranza degli italiani e nemmeno quello dei votanti. Il



Presentazione del libro “Non diamoci del Tu – La separazione delle carriere” – 17 maggio 2023, Pescara


17 maggio 2023, ore 20:30 Ristorante Sea River – Da Michele, Via Valle Roveto, 37, Pescara Interviene Giampiero di Florio, Procuratore della Repubblica di Chieti Sarà presente l’autore Partecipazione su invito. L'articolo Presentazione del libro “Non dia

17 maggio 2023, ore 20:30

Ristorante Sea River – Da Michele, Via Valle Roveto, 37, Pescara

Interviene

Giampiero di Florio, Procuratore della Repubblica di Chieti

Sarà presente l’autore

Partecipazione su invito.

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La Siria riammessa nella Lega araba


Damasco era stata sospesa su pressione delle monarchie del Golfo dopo l'inizio delle proteste popolari nel 2011 L'articolo La Siria riammessa nella Lega araba proviene da Pagine Esteri. https://pagineesteri.it/2023/05/08/medioriente/la-siria-riammessa-n

Della redazione

Pagine Esteri, 8 maggio 2023 – La Siria torna nella Lega Araba dopo 12 anni. Lo hanno stabilito i ministri degli Esteri arabi nel corso di un vertice che si è tenuto al Cairo segnato da un acceso dibattito su questo tema. Il Qatar, sostenitore dei Fratelli musulmani nemici del presidente siriano Bashar Assad, si è opposto lungamente alla normalizzazione con Damasco.

La Siria era stata sospesa 12 anni fa dalla Lega araba all’inizio di una ampia protesta popolare contro Assad – nel periodo della “primavera araba” – trasformatasi in conflitto armato alimentato da potenze occidentali e arabe che ha causato la morte di quasi mezzo milione di persone e 10 milioni di profughi in Turchia, Libano e Giordania e di sfollati interni.

La riammissione della Siria giunge in una fase di riconciliazione diffusa nel mondo arabo e islamico che di recente ha visto, in modo particolare, la normalizzazione delle relazioni tra Iran e Arabia saudita e tra Siria e Arabia saudita. Pagine Esteri

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#NotiziePerLaScuola

È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione e del Merito.



Leaked EU Council legal analysis: EU chat control plans for indiscriminately searching private messages doomed to failure


The Council’s official Legal Service opinion on the legality of the proposed Child Sexual Abuse Regulation (CSAR), also named “Chat control”, has been leaked. The Council legal … https://aeur.eu/f/6ql

The Council’s official Legal Service opinion on the legality of the proposed Child Sexual Abuse Regulation (CSAR), also named “Chat control”, has been leaked. The Council legal experts advise EU governments that the EU Commission’s proposal of ordering e-mail, messaging and chat providers to search all private messages for allegedly illegal material and report them to the police (“detection orders”) likely fails to comply with fundamental rights, thus would probably be annulled by the European Court of Justice. The experts also voice concerns regarding generalised age verification for communications services.

Specifically the Council analysis states:

  • “if the screening of communications metadata was judged by the Court proportionate only for the purpose of safeguarding national security, it is rather unlikely that similar screening of content of communications for the purpose of combating crime of child sexual abuse would be found proportionate” (par. 75).
  • “There is a clear risk”, the analysis notes, “that in order to be effective, detection orders would have to be extended to other providers and lead de facto to a permanent surveillance of all interpersonal communications.” (par. 46)
  • The Council analysis warns that by authorising generalised access to personal communications of citizens not even remotely connected with child sexual exploitation, “the right to confidentiality of correspondence would become ineffective and devoid of content” and the legislation risks compromising “the essence of the fundamental right to respect for private life” (par. 56).
  • It points out that the proposed “detection orders” aimed at all users of a telephony, e-mail, messenger, chat service or of a “part or component” of a service “highly probably” constitute “general and indiscriminate” surveillance (par. 47) which the highest EU Court has consistently dismissed and annulled. It contradicts the EU Commission’s and the Parliament Rapporteur’s claims that such orders are “targeted”.
  • The Council analysis advises: “If the Council were to decide to maintain interpersonal communications within the scope of the regime of the detection order, the regime should be targeted in such a way that it applies to persons in respect of whom there are reasonable grounds to believe that they are in some way involved in, committing or have committed a child sexual abuse offence…” (par. 79). This concurs with the recent assessment of the European Parliament’s research service (EPRS) for the Civil Liberties Committee. [2]
  • Concerning the proposed age verification requirements for e-mail, messaging and chat services, the experts warn age verification “would necessarily add another layer of interference with the rights and freedoms of the users”. “Such process [age verification] would have to be done either by (i) mass profiling of the users or by (ii) biometric analysis of the user’s face and/or voice or by (iii) digital identification/certification system.”

Pirate Party Member of the European Parliament Patrick Breyer, shadow rapporteur (negotiator) for his group in the Civil Liberties Committee (LIBE) and long-time opponent of mass surveillance of private communications, comments:

“The EU Council’s services now confirm in crystal clear words what other legal experts, human rights defenders, law enforcement officials, abuse victims and child protection organisations have been warning about for a long time: obliging e-mail, messaging and chat providers to search all private messages for allegedly illegal material and report to the police destroys and violates the right to confidentiality of correspondence. A flood of mostly false reports would make criminal investigations more difficult, criminalise children en masse and fail to bring the abusers and producers of such material to justice. According to this expertise, searching private communications for potential child sexual exploitation material, known or unknown, is legally feasible only if the search provisions are targeted and limited to persons presumably involved in such criminal activity.

I call on EU governments to take a U-turn and stop the dystopian China-style chat control plans which they now know violate the fundamental rights of millions of citizens! No one is helping children with a regulation that will inevitably fail before the European Court of Justice. The Swedish government, currently holding the EU Council Presidency, must now immediately remove blanket chat control as well as generalised age verification from the proposed legislation. Governments of Europe, respect our fundamental right to confidential and anonymous correspondence now!

I have hopes that the wind may be changing regarding chat control. What children really need and want is a safe and empowering design of chat services as well as Europe-wide standards for effective prevention measures, victim support, counselling and criminal investigations.”

The legal analysis was discussed in the EU Council working group on 27 April, and could be discussed in mid-May at the level of the Member States’ representatives. The Swedish Council Precidency recently proposed to adopt the indiscriminate detection regime without changes. Even after hearing about the legal limits, some governments seem unwilling to align the proposal with fundamental rights requirements. In a leaked position paper circulated one day after the legal opinion was sent, 10 countries – including the upcoming EU presidency Spain – took the extreme position of supporting the Commission’s original proposal without substantial changes, including where it calls for backdooring secure end-to-end encryption.


patrick-breyer.de/en/leaked-eu…



La guerra e le spese militari nel mondo. L’opinione di Mastrolitto e Scanagatta


Papa Francesco parla spesso della grande vergogna della guerra e delle spese crescenti per gli armamenti. È una vergogna perché queste enormi risorse potrebbero, in spirito di solidarietà, essere destinate ai tantissimi Paesi che vivono al di sotto della

Papa Francesco parla spesso della grande vergogna della guerra e delle spese crescenti per gli armamenti. È una vergogna perché queste enormi risorse potrebbero, in spirito di solidarietà, essere destinate ai tantissimi Paesi che vivono al di sotto della soglia di povertà e sono nella miseria.

Non dimentichiamo che la nostra Costituzione all’articolo 11 stabilisce che “l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Ci si chiede come questo dettato costituzionale possa andare d’accordo con l’impegno del nostro Paese con la Nato (North Atlantic Treaty Organisation) di portare al 2% le spese militari rispetto al prodotto interno lordo. Attualmente l’Italia ha un’incidenza delle spese militari sul prodotto interno lordo dell’1,22%. Va tuttavia ricordato che dei Paesi aderenti alla Nato, una parte significativa si colloca al di sotto della soglia del 2% delle spese militari rispetto al prodotto interno lordo.

Ma non è di questo che si vuole parlare, ma dei dati a livello mondiale delle spese crescenti per gli armamenti, anche in connessione con la guerra tra la Russia e l’Ucraina che coinvolge tutti i Paesi della Nato.

L’ultimo dato disponibile (anno 2021), indica che le spese militari a livello mondiale sono ammontate a 2.113 miliardi di dollari. Si tratta di un valore molto vicino al prodotto interno lordo dell’Italia e a più della metà del prodotto interno lordo della Germania.

Negli ultimi vent’anni, le spese militari mondiali sono raddoppiate, con un tasso di crescita medio annuo superiore al 3,5%.
La graduatoria dei Paesi in base al rapporto tra spese militari e prodotto interno lordo vede i primi posti l’Oman, l’Arabia Saudita, l’Algeria, gli Emirati Arabi Uniti e il Kuwait con valori che variano tra il 6 e il 9%. Considerando i Paesi più significativi, scendendo nella graduatoria, troviamo Israele con il 5%, Russia e Ucraina con il 3,9%, Stati Uniti d’America con il 3,42%, India con il 2,4%, Regno Unito con il 2,14%, Polonia con il 2%, Cina con l’1,9%, Turchia con l’1,89%, Francia con l’1,84%, Portogallo con l’1,52%, Brasile con l’1,5%, Germania con l’1,38%, Italia con l’1,22%. Molti Paesi Europei si collocano al di sotto della soglia del 2%, compresa l’Italia che occupa la novantaseiesima posizione della graduatoria.

Il quadro muta in modo sostanziale se guardiamo la graduatoria delle spese militari in valore assoluto. Al primo posto troviamo gli Stati Uniti d’America con 667 miliardi di dollari. In seconda posizione si colloca la Cina con 482 miliardi, in terza l’India con 227 e in quarta la Russia con 157 miliardi. Questi quattro Paesi coprono quasi tre quarti della spesa complessiva mondiale in armamenti. Indicazioni interessanti si colgono scendendo nella classifica nella spesa militare in valori assoluti. L’Arabia Saudita copre il quinto posto con 142 miliardi di dollari, seguita dal Regno Unito con 63 miliardi. La Germania e la Francia si collocano solo al settimo e all’ottavo posto, rispettivamente con 58 e 53 miliardi di dollari. In nona posizione troviamo il Brasile con 49 miliardi, seguito dalla Turchia con 41. L’Italia sta all’undicesimo posto con 28 miliardi di dollari, seguita dalla Polonia con 23.

È interessante confrontare i primi dodici Paesi per importo delle spesse militari che abbiamo sopra considerato, con l’aiuto economico ai Paesi poveri nella forma di donazioni sempre di dodici Paesi che risultano primi nella graduatoria a livello mondiale. Nelle prime tre posizioni per doni concessi troviamo gli Stati Uniti (23,5 miliardi di dollari), il Regno Unito (12,5) e il Giappone (11,2). Nelle ultime tre posizioni si collocano Spagna (3,8), Italia (3,6) e Norvegia (3,0). Il totale dei doni dei dodici Paesi considerati ammonta a 97,12 miliardi di dollari, pari al 4,6% delle spese militari a livello mondiale. Si tratta di una percentuale irrisoria rispetto alle risorse che tutti i Paesi del mondo destinano alle spese per gli armenti.

Un altro dato interessante riguarda il confronto tra le spese complessive per armenti a livello mondiale, cioè 2.113 miliardi di dollari, e la somma dei prodotti interni dei Paesi poveri che uguaglia il totale delle spese stesse. La somma dei prodotti interni dei 99 Paesi più poveri uguaglia l’ammontare delle spese militari effettuate in tutto in mondo. Si tratta quindi di oltre la metà di tutti i Paesi del mondo. Se, ipoteticamente, le suddette spese militari fossero tutte destinate a doni al centinaio di Paesi poveri, i loro prodotti interni lordi raddoppierebbero.

Possiamo trarre alcune conclusioni dai dati che abbiamo presentato. Per prima cosa si è visto che la stragrande maggioranza delle spese militari a livello mondiale è concentrata in quattro Paesi: Stati Uniti d’America, Cina, India e Russia. La teoria degli imperi rimane confermata rispetto alle democrazie di tipo liberale.

L’Europa si conferma il fanalino di coda, in mancanza di una politica comune di difesa e di una politica estera comune. Tale debolezza dell’Europa risulta ulteriormente confermata con riferimento alle spese militari dei Paesi che fanno parte della Nato.

Rispetto alla Nato c’è da osservare che non si tratta di un rapporto di tipo multilaterale tra i Paesi che ne fanno parte, ma di un rapporto bilaterale tra i singoli Paesi e gli Stati Uniti d’America perché sono questi ultimi a fornire indicazioni precise ad ogni Paese aderente sugli armamenti da acquistare e sulle linee di strategia militare da seguire.
Colpisce l’incidenza delle spese militari sul prodotto interno lordo dell’Ucraina, quasi il 4%. Una percentuale del tutto simile a quella della Russia. I Paesi dell’Europa orientale presentano incidenze delle spese militari sul prodotto interno lordo pari o superiori al 2%, mentre i Paesi dell’Europa occidentale si collocano al di sotto di tale soglia.

La dimensione delle spese per armamenti a livello mondiale è colossale ed è pari al reddito complessivo di più della metà dei Paesi nel mondo. I doni dei Paesi ricchi a favore di quelli poveri sono caduti ad un livello di autentica insignificanza, con valori inferiori al 5% delle spese militari mondiali. Anche se ai doni sarebbero preferibili gli investimenti diretti dei Paesi ricchi nei PVS, soprattutto a causa della loro instabilità economica e politica. Il valore della solidarietà è quasi scomparso e siamo alle prese con una guerra che si svolge certamente nel territorio di un solo Paese, ma che coinvolge anche tutti i Paesi della Nato.


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"Promozione del libro e della lettura": approvate le graduatorie relative alle scuole Capofila per l'iniziativa "Che storia! La lettura come ponte tra scuola e famiglia", ammesse al finanziamento.

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Brezza - Dialogue Mapping


Brezza è il nome del nuovo inizio per Fabio che in questi ultimi tre anni ha prodotto molto e ricomincia da qui. "Dialogue mapping" è un disco di ambient elettroacustico, nato prendendo le mosse dall'improvvisazione dal vivo alla quale si aggiungono poi elementi diversi, come quando si disegna e si aggiungono linee, oggetti, persone e anche assenze e ombre.

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LOUD AS GIANTS – EMPTY HOMES


I Loud As Giants sono una coppia di musicisti di cui basta il nome per capire che la materia trattata è di alta qualità : Justin K. Broadrick e Dirk Serries. @Musica Agorà

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The Court of Justice confirmed that there is no "threshold" for GDPR damages


La Corte di giustizia ha confermato che non esiste una "soglia" per i danni da GDPR Oggi la CGUE ha emesso la prima decisione sui danni emotivi ai sensi del GDPR. (c) Katarina Dzurekova


noyb.eu/en/court-justice-confi…




Per colpa di gente che non sa leggere delle regole, mi sono venuti i demoni in capa mentre svolgevo un esame che doveva essere facilissimo.


I miei stupidi intenti - Bernardo Zannoni


"La storia di un animale, di una faina che scopre il mondo, le sue verità e le sue menzogne. Come fosse un personaggio strappato a Camus, e al tempo stesso a un film della Pixar. Un esordio sorprendente.

«Esistono vari modi di strillare un libro magnifico. Ma solo un modo è giusto per I miei stupidi intenti: leggetelo, leggete questo romanzo in stato di grazia».

Marco Missiroli

Questa è la lunga vita di una faina, raccontata di suo pugno. Fra gli alberi dei boschi, le colline erbose, le tane sotterranee e la campagna soggiogata dall’uomo, si svela la storia di un animale diverso da tutti. Archy nasce una notte d’inverno, assieme ai suoi fratelli: alla madre hanno ucciso il compagno, e si ritrova a doverli crescere da sola.
Gli animali in questo libro parlano, usano i piatti per il cibo, stoviglie, tavoli, letti, accendono fuochi, ma il loro mondo rimane una lotta per la sopravvivenza, dura e spietata, come d’altronde è la natura. Sono mossi dalle necessità e dall’istinto, il più forte domina e chi perde deve arrangiarsi. È proprio intuendo la debolezza del figlio che la madre baratta Archy per una gallina e mezzo. Il suo nuovo padrone si chiama Solomon, ed è una vecchia volpe piena di segreti, che vive in cima a una collina. Questi cambiamenti sconvolgeranno la vita di Archy: gli amori rubati, la crudeltà quotidiana del vivere, il tempo presente e quello passato si manifesteranno ai suoi occhi con incredibile forza. Fra terrore e meraviglia, con il passare implacabile delle stagioni e il pungolo di nuovi desideri, si schiuderanno fra le sue zampe misteri e segreti. Archy sarà sempre meno animale, un miracolo silenzioso fra le foreste, un’anomalia. A contraltare, tra le pagine di questo libro, il miracolo di una narrazione trascinante, che accompagna il lettore in una dimensione non più umana, proprio quando lo pone di fronte alle domande essenziali del nostro essere uomini e donne.
I miei stupidi intenti è un romanzo ambizioso e limpido, ed è stato scritto da un ragazzo di soli venticinque anni. Come un segno di speranza, di futuro, per chi vive di libri."

sellerio.it/it/catalogo/Miei-S…

Roberto Resoli reshared this.



Non solo una questione di #privacy: "Ministro Piantedosi, il riconoscimento facciale nei luoghi pubblici è una pessima idea!" L'appello di Diletta Huyskes di #PrivacyNetwork_ su Wired


Il riconoscimento facciale mina i diritti di movimento, di espressione e di partecipazione. È una questione che va oltre la privacy e la sicurezza e dobbiamo affrontarla consci dei rischi e degli impatti sulle nostre vite.

@Etica Digitale (Feddit)

Il riconoscimento biometrico, specie quando implementato da autorità pubbliche, apre a una serie di rischi e minacce che vanno ben oltre, e che riguardano profondamente il cuore della libertà e della democrazia. L’esistenza stessa di questi strumenti nei luoghi pubblici, come le stazioni per esempio, dove transitano migliaia di persone diverse ogni giorno a prescindere da cosa fanno e dove il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi, vuole installare telecamere con riconoscimento facciale per questioni di sicurezza, sottopone chiunque a una sorveglianza continua.

wired.it/article/riconosciment…

Il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi MASSIMO DI VITA/ARCHIVIO MASSIMO DI VITA/MONDADORI PORTFOLIO VIA GETTY IMAGES

Questa voce è stata modificata (2 anni fa)
in reply to The Privacy Post

@The Privacy Post diffondere la paura così da portare le persone a chiedere "sicurezza" in cambio di libertà: è la strategia della destra

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Hanno fatto la festa al lavoro | Coniare Rivolta

"Il Consiglio dei ministri del 1° maggio 2023 sarà ricordato come uno dei momenti più alti dell’odio verso i lavoratori e i poveri manifestato da questo Governo, ma anche come esito prevedibile di una politica economica che la cosiddetta opposizione (politica e sindacale) contesta in maniera ingenua e approssimativa, quando va bene, o esplicitamente da destra (!) quando va male."

coniarerivolta.org/2023/05/02/…



Prova senza `titolo` con #hashtag @menzione, _underscore e €strani &simboli

@Test: palestra e allenamenti :-)

Testar non nuoce

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Fr. #29 / Di statali cinesi, scetticismi e cypherpunk


Nel frammento di oggi: Statali cinesi pagati in digital yuan / Scetticismo verso il dollaro digitale ai piani alti / Cypherpunk e altre storie (DOMÌNI Podcast) / Un'intervista sul Digital Services Act

Gli statali cinesi saranno pagati in digital yuan


È notizia della scorsa settimana1 che la città di Changshu, della provincia di Jiangsu, inizierà a pagare i dipendenti pubblici con lo yuan digitale a partire da questo mese. Il progetto è iniziato lo scorso anno e ci sono già stati dei test da luglio a settembre 2022 che hanno incluso circa 4.900 persone e un importo pari a 2.54 milioni di digital yuan.

6907527“Le città di Changshu e Suzhou implementano il pagamento completo dello stipendio in renminbi digitale per i dipendenti pubblici”

In realtà, pare che un altro test fosse già iniziato nella città di Suzhou, che ha da poco concluso il primo quadrimestre del pilot. In 4 mesi sono state accumulate dalla città 8 milioni di transazioni, per un valore cumulativo di 170 miliardi di yuan. La città riporta circa 26 milioni di wallet personali e quasi 2 milioni di wallet “pubblici”.

Iscriviti adesso

La provincia di Jiangsu vuole creare un ecosistema integrato che possa portare a un’espansione incrementale già da gennaio 2024, includendo anche aree chiave come il commercio al dettaglio, gli stipendi privati e il turismo. Al momento sembra che ben 26 province siano impegnate in test di vario tipo, ma quella di Jiangsu promette di essere la provincia più all’avanguardia sul fronte del digital yuan entro il 2025.

Tempo fa scrivevo che il modo migliore per abituare le persone a usare le CBDC fosse obbligarle a pagarci tributi, imposte, tasse e bolli di vario tipo. Ma in effetti, la Cina fa ancora scuola: quale modo migliore se non sfruttare i dipendenti pubblici?

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Scetticismo verso il dollaro digitale


Michelle Bowman, membro della Federal Reserve Board of Governors, ha di recente offerto la sua opinione in merito all’evoluzione del dollaro in un discorso presso la Georgetown University2.

La sua è un’opinione che non ci si aspetterebbe da parte di chi dovrebbe essere tra i primi e più convinti propositori delle nuove CBDC. Eppure secondo Michelle è difficile pensare che il dollaro digitale possa sostituire sistemi come FedNow, una infrastruttura per i pagamenti elettronici in tempo reale sviluppata dalla Federal Reserve.

Aggiunge poi, c’è il rischio che una CBDC programmabile possa essere in contrasto con la flessibilità e libertà delle monete fisiche o dei depositi bancari, e c’è anche il rischio che questo possa portare alla politicizzazione dei sistemi di pagamento e nel modo in cui la moneta viene usata.

Attenzione però, per quanto ciò sia vero, a Michelle non interessa la vostra di libertà, ma quella della Federal Reserve. Infatti aggiunge: una CBDC con questo tipo di controllo potrebbe minacciare l’indipendenza della Federal Reserve.

Una moneta politicizzata non è altro che un sistema di social scoring sotto mentite spoglie. Negli Stati Uniti qualcuno, anche nella stessa banca centrale, si fa queste domande (anche se per i motivi sbagliati). Da noi, tutto tace. Eppure, l’euro digitale è quasi pronto.

Cypherpunk e altre storie, un viaggio nella storia della sorveglianza di massa


Nell’episodio di oggi del DOMÌNI Podcast parlo di sorveglianza di massa, del movimento cypherpunk e di molto altro, partendo dal 1930. Sì, perché è una storia lunga un secolo ormai.

6907531

Ascolta il Podcast su Spotify

Perché il Digital Services Act è una legge molto, molto pericolosa


Sempre in tema di interviste, oggi ne è uscita una su Atlantico Quotidiano in cui parlo del Digital Services Act, la nuova legge europea per la “lotta alla disinformazione” e molto altro.

In realtà di lotta alla disinformazione c’è ben poco, come ho già avuto occasione di ripetere più volte. È più una questione di controllo dell’informazione.

Leggi l'intervista

Meme del giorno


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Citazione del giorno

La rivoluzione in Inghilterra è stata fatta unicamente in vista della libertà, mentre quella di Francia è stata fatta principalmente in vista dell'eguaglianza.

Alexis de Tocqueville

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js.people.com.cn/n2/2023/0424/…

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cointelegraph.com/news/us-whol…


privacychronicles.substack.com…



Il referendum sulle armi in Ucraina è a rischio ammissibilità, perché in una democrazia matura non ci sono scorciatoie

@Politica interna, europea e internazionale

Alcune considerazioni in punta di diritto sui referendum la cui raccolta delle firme è iniziata il 23 aprile scorso, con due quesiti sull’invio di armamenti

È iniziata il 23 aprile scorso la raccolta delle firme per il cosiddetto referendum pacifista, con due quesiti sull’invio di armamenti.

Il primo, promosso dal comitato “Generazioni future”, si propone di abrogare la disposizione (d.l. n. 185/2022, convertito in l. n. 8/2023) che proroga «fino al 31 dicembre 2023, previo atto di indirizzo delle Camere, l’autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell’Ucraina». Il secondo quesito, presentato dal comitato Ripudia la Guerra, intende revocare all’esecutivo il potere di derogare al divieto di esportazione, transito e via dicendo di armi a paesi coinvolti nei conflitti. Il passaggio è nella norma della legge sull’invio di armamenti che consente tale deroga qualora essa sia disposta con «deliberazioni del Consiglio dei Ministri, da adottare previo parere delle Camere» (n. 185/90).

L'articolo su @Valigia Blu a firma di @Vitalba è il miglior filo d'Arianna nel labirinto della complessità normativa

Qui il testo completo