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I nomi per il dopo-Wallace alla Difesa britannica


Nei giorni scorsi Ben Wallace ha annunciato la decisione di lasciare dopo oltre quattro anni, un record dall’epoca di Winston Churchill, l’incarico di segretario alla Difesa del Regno Unito. Il passo indietro, ha spiegato al Sunday Times, si consumerà in

Nei giorni scorsi Ben Wallace ha annunciato la decisione di lasciare dopo oltre quattro anni, un record dall’epoca di Winston Churchill, l’incarico di segretario alla Difesa del Regno Unito. Il passo indietro, ha spiegato al Sunday Times, si consumerà in occasione di un prossimo rimpasto a cui il primo ministro Rishi Sunak, dovrebbe metter mano a settembre.

Nel colloquio, Wallace ha espresso il suo forte disappunto per il mancato sostegno del presidente statunitense Joe Biden alla sua candidatura come segretario generale della Nato. “Perché non sostieni il tuo più stretto alleato quando presenta un candidato? Penso che sia una domanda giusta”, ha dichiarato. Ma sulla vicenda rimangono diversi interrogativi. Due in particolare, che riguardano gli equilibri interni al Partito conservatore e le ambizioni del ministro uscente. Davvero Sunak appoggiava la candidatura di Wallace? Davvero Wallace credeva alla sua candidatura ben sapendo che ormai per quel ruolo gli alleati puntano ormai a un livello minimo di ex capi di governo?

Intanto, Wallace resterà deputato sino alla fine della legislatura, ma poi non si ricandiderà in Parlamento lasciando la politica attiva per dedicarsi di più “alla famiglia”. Sarà vero? Forse. Nel ambienti tory però c’è chi sospetta che voglia prendersi soltanto una pausa, lasciare in vista delle elezioni del 2024 che si preannunciano disastrose per il Partito conservatore e tornare per puntare alla leadership della destra britannica.

Per il successore è già partito il toto-scommesse, come da tradizione londinese. Il favorito è, secondo quanto riportato dal Telegraph, Tom Tugendhat, oggi viceministro per la Sicurezza al ministero dell’Interno. È ex militare di carriera esattamente come Wallace. Ha combattuto in Iraq e in Afghanistan. Come Wallace è un ferreo sostenitore dell’Ucraina. È stato presidente della commissione Esteri della Camera dei Comuni e in quel ruolo si è distinto per le sue posizioni fortemente critiche verso la Russia e la Cina.

Due le alternative a Tugendhat, riferisce ancora il Telegraph. La prima è la ministra Penny Mordaunt, attuale leader della Camera ai Comuni (responsabile cioè per i rapporti del governo con il parlamento) e prima e unica donna britannica alla guida della Difesa per un breve periodo nel governo guidata da Theresa May. Ma tra lei e Sunak il rapporto è pessimo. La seconda è il veterano Brandon Lewis, ex ministro fra l’altro della Giustizia, uscito temporaneamente dalle file del governo con l’ascesa di Sunak dopo averne fatto parte sotto May, Boris Johnson e Liz Truss.

Anne-Marie Trevelyan, viceministra all’Indo-Pacifico al ministero degli Esteri e già ministra per lo Sviluppo internazionale, si è autocandidata: “Sarebbe un privilegio”, ha scritto su Twitter. Ma lei potrebbe salire al livello più alto del Foreign Office nel caso in cui a guidare la Difesa dovrebbe essere James Cleverly, attuale ministro degli Esteri, un altro ex militare e convinto sostenitore dell’Ucraina. A fare il suo nome come favorito è stato il Times. Tra gli outsider ci sono James Heappey, oggi viceministro alle Forze armate, e John Glen, numero due del Tesoro.

Con la Global Britain che guarda all’Indo-Pacifico più che all’Europa risvegliata dall’invasione russa in Europa, con le elezioni alle porte, il lavoro per il successore di Wallace si preannuncia complicato. È stato lo stesso ministro uscente a indicare il tema più critico annunciando di essere pronto ad alzare la voce dai banchi della Camera dei Comuni se il primo ministro Sunak e il cancelliere Jeremy Hunt, due politici molto attenti al rigore dei conti, non manterranno la promessa di aumentare la spesa militare dall’attuale 2,16% al 2,5% del prodotto interno lordo al 2,5%.

C’è poi il tema Global combat air programme (Gcap), il progetto che vede i tre Regno Unito, Italia e Giappone collaborare per la realizzazione del velivolo da combattimento del futuro destinato a sostituire i circa 90 caccia F-2 giapponesi e gli oltre 200 Eurofighter britannici e italiani. Dopo i passi avanti dell’incontro a Roma di fine giugno, è previsto un nuovo incontro tra i ministri in autunno, probabilmente a Londra, con l’italiano Guido Crosetto e il viceministro giapponese Atsuo Suzuki (visto che Yasukazu Hamada viaggia all’estero). Potrebbe essere uno dei primi incontri del nuovo ministro della Difesa britannico.


formiche.net/2023/07/post-wall…



Perquisita la sede della testata di alimentazione Gift Great Italy Food Trade e la casa dell'avvocato giornalista Dario Dongo della testata online

@Giornalismo e disordine informativo

Milano - "Cinque funzionari della squadra mobile di Pescara si sono presentati presso la sede del sito di informazione indipendente Gift (greatitalianfoodtrade.it) su ordine del sostituto procuratore incaricato e del procuratore capo della Procura di Pescara, per perquisire la sede operativa del sito web. Al termine dell'azione, protrattasi per 6 ore, sono stati sequestrati tutti i dispositivi (cellulare, tablet, computer portatile) del fondatore, Dario Dongo, giornalista, tra i massimi esperti di diritto alimentare europeo". Lo ha reso noto l'ufficio stampa milanese di Gift e del Fatto Alimentare, due media specializzati sull'alimentazione e l'industria alimentare, al centro anche di inchieste di rilievo giudiziario.

Protesta dei sindacati dei Cronisti per tutela delle fonti giornalistiche un secco NO a qualsiasi forma di intimidazione e limiti alla libertà di stampa.

PS: Gift ItalyFoodTrade è un media online specializzato sull'alimentazione e l'industria alimentare, al centro anche di inchieste giornalistiche di rilievo giudiziario.

Qui il link alla notizia (cache di Google)



“Il GDPR in ambito assicurativo” (Giuffrè Editore) di Rudi Floreani e Stefano Petrussi


“Il GDPR in ambito assicurativo” di Rudi Floreani e Stefano Petrussi, primo volume, (Giuffrè editore) ha l’obiettivo di approfondire con approccio pragmatico le modalità di applicazione della disciplina in materia di protezione dei dati personal nel settore assicurativo e della distribuzione assicurativa. L’opera di Floreani e Petrussi nasce dall’avvertita esigenza di offrire agli attori del... Continue reading →


GAZA. Hamas paga gli stipendi ai dipendenti. Ma critiche e polemiche non cessano


Secondo molti abitanti, le casse del governo islamico non sono vuote solo a causa del blocco israeliano di Gaza e del ritardo delle donazioni qatariote. L'articolo GAZA. Hamas paga gli stipendi ai dipendenti. Ma critiche e polemiche non cessano proviene

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di Michele Giorgio*

(foto di gloucester2gaza)

Pagine Esteri, 19 luglio 2023 – Da forza di opposizione Hamas conquista consensi tra i palestinesi in Cisgiordania, a danno dell’Anp di Abu Mazen che, al contrario, continua a perdere sostegni. Eppure nella sua roccaforte Gaza dove è anche un apparato di governo, il movimento islamico è oggetto di critiche e contestazioni crescenti. Nonostante il ministero delle finanze di Hamas abbia annunciato che oggi pagherà 50mila dipendenti pubblici, superando il ritardo nell’erogazione del sussidio mensile di circa 30 milioni di dollari che riceve dal Qatar, la diminuzione delle entrate fiscali e l’aumento delle spese, a Gaza le polemiche non si spengono per i continui ritardi nel pagamento degli stipendi ai dipendenti pubblici. Decine di migliaia di famiglie sono costrette da anni a ricevere mediamente solo 1200 shekel (circa 300 euro), ossia metà dello stipendio.

Non è la prima crisi salariale che si registra a Gaza, lembo di terra senza una economia a causa dell’occupazione, dal 2006 soggetto a un blocco rigido da parte di Israele e teatro di offensive militari devastanti e sanguinose. Quest’ultima crisi però ha scatenato una quantità insolita di polemiche e critiche sui social media, espresse in alcuni casi anche da militanti di Hamas. Ammar Q. sul suo account Facebook ha commentato che «Se le autorità responsabili non sono in grado di erogare gli stipendi regolarmente, allora devono riconsiderare le loro politiche e il numero alto dei posti di lavoro nella pubblica amministrazione». Per l’insegnante Hussam S., il ritardo degli stipendi sarebbe «una manovra del governo per negare i diritti dei lavoratori». Muhammad S. facendo riferimento alle analoghe difficoltà dell’Anp in Cisgiordania, ha scritto che la crisi è «Il risultato di 16 anni di divisione (tra Gaza e Cisgiordania): due governi di incapaci che non sono in grado di pagare stipendi pieni o puntuali ai propri dipendenti».

La maggior parte dei 2,3 milioni degli abitanti di Gaza vive in povertà. Il Qatar ha erogato centinaia di milioni di dollari dal 2014 per progetti infrastrutturali e oltre ai 30 milioni di dollari per il lavoro pubblico, inoltre copre con suoi fondi anche l’acquisto (in Israele) del carburante per la centrale elettrica. Secondo alcune voci il ritardo della donazione è frutto di pressioni qatariote su Hamas. Doha intenderebbe ricordare ad Hamas che dipende dai suoi fondi e che pertanto deve restare calmo.

Vero o falso che sia, dall’inizio del 2023 è iniziato il ritardo nel pagamento degli stipendi a Gaza. Non solo. Il debito di Hamas con le banche è cresciuto dopo l’ottenimento di un prestito da circa dieci milioni di dollari ricevuto dalla Banca nazionale islamica, mentre sale il prezzo della benzina egiziana che sino ad oggi ha permesso di tenere basso il costo dei trasporti a Gaza. Di recente il governo di Hamas ha anche dovuto acquistare medicinali e saldare debiti con aziende farmaceutiche per 50 milioni di shekel (oltre 12 milioni di euro). Il viceministro Awni Al Bashar ha invitato la comunità internazionale a cessare il boicottaggio.

La popolazione intanto non è convinta che la crisi sia frutto solo del blocco israeliano e del ritardo delle donazioni qatariote. «Ogni mese decidono una nuova tassa» si lamenta Sabri K., un commerciante «paghiamo anche l’aria, dove finiscono tutti questi soldi?».

*Questo articolo è la versione aggiornata dell’originale pubblicato dal quotidiano il Manifesto il 18 luglio 2023 ilmanifesto.it/hamas-non-paga-…

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L'articolo GAZA. Hamas paga gli stipendi ai dipendenti. Ma critiche e polemiche non cessano proviene da Pagine Esteri.



In Cina e Asia -Bangladesh, un morto e centinaia di feriti nelle manifestazioni contro il governo


In Cina e Asia -Bangladesh, un morto e centinaia di feriti nelle manifestazioni contro il governo bangladesh scontri manifestazioni
I titoli di oggi:
Bangladesh, un morto e centinaia di feriti nelle manifestazioni di massa contro il governo
Soldato Usa diserta in Corea del Nord
Big tech: 200 milioni di cinesi impiegati nel settore
India, nasce la coalizione anti Bjp
Cina, Henry Kissinger incontra il ministro della Difesa cinese a Pechino
Prove di rimozione dell' hukou in Zhejiang
Funerali in Cina, dopo il Covid si preferisce la cremazione

L'articolo In Cina e Asia -Bangladesh, un morto e centinaia di feriti nelle manifestazioni contro il governo proviene da China Files.



PRIVACYDAILY


N. 138/2023 LE TRE NEWS DI OGGI: L’Unione europea (UE) e Argentina, Bahamas, Barbados, Brasile, Cile, Colombia, Costa Rica, Repubblica Dominicana, Ecuador, El Salvador, Guatemala, Honduras, Giamaica, Messico, Panama, Paraguay, Perù, Suriname, Trinidad e Tobago e Uruguay hanno deciso di approfondire il loro partenariato istituendo un’Alleanza digitale UE-LAC. L’Alleanza digitale UE-ALC è un progetto di... Continue reading →


#39 / Di cacche di cane e privacy


Sindaci, consiglieri e assessori in tutto il mondo hanno deciso all'unisono di imporre la schedatura genetica dei nostri cani per risolvere un particolare "problema" / Meme e citazione del giorno.

Il piccolo comune di Béziers invaso dalle cacche di cane - oppure no


Robert Ménard è il sindaco di Béziers, un piccolo comune sulla costa della Francia meridionale. Robert Ménard ha un problema: le cacche di cane lasciate in giro per strada.

Cosa farebbe una persona normale per affrontare questa grave piaga sociale? Magari cercherebbe di sensibilizzare i cittadini; o forse potrebbe distribuire “gratuitamente” bustine per raccogliere la cacca dei cani. O magari, non farebbe proprio nulla e penserebbe a risolvere questioni più importanti di qualche cacca per terra.

Iscriviti a Privacy Chronicles per non perdere neanche un’uscita e sostieni il piano editoriale!

E invece no. Il caro Robert non è certo una persona qualunque e non si farà intimorire da qualche cacca di cane. La soluzione è tanto semplice quanto grottesca: obbligare tutti i residenti a schedare il DNA del loro cane, cosicché attraverso i campioni dalle feci lasciate in terra si possa scovare il colpevole a quattro zampe e — di riflesso — il suo padrone.

È necessario punire i cittadini per farli comportare meglio”, afferma Robert France Bleu Radio.


Hey Robert, ma siamo sicuri che punire i cittadini per modificare il loro comportamento sia il ruolo di un sindaco?

Anche Alto Adige, Genova e Roma sommerse dalla cacca di cane - oppure no


Robert Ménard non è però solo nel suo dramma. Ho infatti scoperto che anche in Alto Adige sarà obbligatoria dal 31 dicembre 2023 la profilazione genetica di tutti i cani residenti1. Lo scopo, a dire dell’assessore provinciale Arnold Schuler è identificare gli escrementi dei cani e sanzionare i proprietari che non raccolgono. Accidenti, non pensavo che anche in Alto Adige fosse così pieno di cacche di cane da richiedere tali interventi.

Pare che diverse città e regioni siano interessate al “progetto pilota” dell’Alto Adige. Ad esempio gli assessori del comune di Genova hanno incontrato Schuler per valutare la possibilità di rendere obbligatoria questa profilazione genetica. E dire che a Genova ci vado spesso e non ho mai pestato una cacca di cane. Evidentemente sono molto fortunato.

Anche a Roma qualcuno è impegnato nell’arduo compito di mitigare il flagello delle deiezioni canine. Il consigliere del XV municipio Max Petrassi (Italia Viva)2 ha però avuto un’idea originale e innovativa: obbligare i cittadini romani a schedare geneticamente i loro cani e poi effettuare test sulle cacche per scovare i malfattori e multarli. Aspetta… dove l’ho già sentita questa?

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Il business delle cacche di cane


Okay qui c’è qualcosa che puzza. Possibile che tutte queste menti illuminate siano improvvisamente arrivate alla stessa conclusione? Mah. Più probabile invece che ci sia qualche azienda, come PooPrints — che fattura più di 7 milioni di euro l’anno — che ha inventato questa articolata soluzione per risolvere un non-problema.

Più probabile che sindaci, consiglieri e assessori, ben poco illuminati, vogliano far bella figura emulando altri che prima di loro sono cascati nelle braccia del dipartimento marketing di qualche azienda con troppa fuffa da vendere.

In effetti basta googlare per vedere molti esempi di altre città che hanno adottato soluzioni tecnologiche uguali a quelle proposte in Francia e Italia: Tel Aviv3, Denver4, Mallorca5

Esiste davvero un problema globale di cacche non raccolte, o questi politici stanno invece usando soldi estorti ai cittadini per inventare complessi schemi di sorveglianza e tassazione occulta?

Sì, perchè schedare geneticamente il cane significa anche sorvegliare indirettamente il proprietario. Come dichiarato anche dall’azienda PooPrints6, una volta schedato il DNA del cane sarà possibile tracciarlo ovunque nel mondo, e con lui il suo padrone.

Qualcuno potrebbe dire che ci sono modi migliori per sorvegliare le persone. Certo, ma non per questo bisogna sottovalutare e accettare un ulteriore ingerenza dello Stato nella nostra vita.

Per quanto riguarda la tassazione occulta invece non c’è molto da dire: queste schedature genetiche si pagano (circa €65). Chi non lo fa, sarà sanzionato. Un buon modo per far cassa, anche senza raccogliere cacche in giro. In Alto Adige si stimano 45.000 cani registrati, che equivale a un’entrata di quasi 3 milioni di euro. Così, de botto.

Le grandi cose arrivano dalle piccole cose


La questione, abbastanza ridicola, dovrebbe farci riflettere sul potenziale distruttivo della tecnologia nelle mani di politici che non vedono l’ora di spendere i nostri soldi per inventarsi fantasiosi modi per renderci la vita più difficile.

A qualcuno potrà sembrare una piccola cosa; perfino una misura ragionevole per insegnare una lezione agli incivili. Se non fosse che, dato il copia-incolla di questa incredibile “soluzione” è molto probabile che la cacca del cane non sia altro che un pretesto, e che gli incivili siano in verità ben pochi.

In ogni caso: grandi cose vengono costruite a partire dalle piccole. Ieri era l’obbligo di microchip, oggi è la schedatura genetica. Domani sarà un collare GPS collegato alle forze dell’ordine. O qualche altra diavoleria che inevitabilmente finirà per intaccare quel poco di privacy che ci rimane, pure quando interagiamo col nostro cane.

Ma parliamo anche della questione ontologica. È evidente che l’oggetto dell’intervento non è il cane, ma il padrone. Il cane, in quanto avente una relazione diretta col padrone, è uno strumento attraverso cui estrarre risorse e punire i cittadini; d’altronde sono loro ad essere responsabili del comportamento del cane, no?

Perché allora non fare lo stesso coi bambini? Perché non obbligare ogni genitore a legare un braccialetto elettronico con GPS alla caviglia dei figli? Qual è la differenza tra un cane che caga davanti alla porta di casa del sindaco e un ragazzino che gli disegna un pisello sul muro? Entrambi sono soggetti all’autorità e alla responsabilità del padrone/genitore.

Meme del giorno


Citazione del giorno

“It's only because of their stupidity that they're able to be so sure of themselves.”

Franz Kafka

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Una grave lesione dello stato di diritto. Un passo verso la democrazia illiberale. Non in Polonia, né in Ungheria ma in Italia. Il post di Marco Taradash

@Politica interna, europea e internazionale

Riproponiamo il post di Marco Taradash su quella che è a tutti gli effetti una forzatura dell'esecutivo sul terzo potere. Questo l'episodio cui si fa riferimento.

«La presidente del Consiglio Meloni ha annunciato ieri un prossimo decreto legge per correggere una interpretazione delle norme sui reati di criminalità organizzata contenuta in una sentenza della Corte di Cassazione, interpretazione che, a suo dire, indebolisce la lotta alla mafia.
Nella sentenza, che riguarda un episodio minore della criminalità camorristica, vengono riconfermate tuttavia le precedenti sentenze della Cassazione a sezioni Unite, a partire dal 2005. Ma il governo intende fornire, con decreto legge, una “interpretazione autentica” delle norme.

I giuristi potranno approfondire gli aspetti tecnici, ma il senso politico è devastante.

La sentenza richiamata è del marzo 2022. Un anno e mezzo fa. Come mai Meloni ritiene oggi di intervenire per “necessità e urgenza”?
Forse per dare l’ennesima sberla al suo ministro della Giustizia, sperando magari che le sue verificate doti di incassatore finiscano per esaurirsi e Nordio tolga il disturbo?
O forse per presentarsi alla cerimonia in onore di Paolo Borsellino con la scimitarra fra i denti e non subire le contestazioni che le considerazioni di Nordio sul concorso esterno le avrebbero potuto procurare?
Entrambe le cose, a mio parere.

Ma ciò che mi preoccupa è il precedente che si verrebbe a creare. Il Governo Meloni intende intervenire sulle sentenze dei tribunali correggendo di volta in volta attraverso decreti legge l’ermeneutica consolidata? Non siamo di fronte a un primo passo verso l’eversione costituzionale che potrebbe essere richiamato in futuro ogni volta che il governo né sentisse la necessità?
Guardate che ciò che oggi fa Meloni in Italia è ciò che i suoi alleati europei hanno già fatto nelle loro “nazioni”. Paludare una lesione al principio della separazione dei poteri del mantello corrusco della “lotta alla mafia”, ammantare un abuso di potere delle vesti insanguinate delle vittime della mafia, suscita repulsione e inquietudine.»

Link al post originale

in reply to Informa Pirata

La destra italiana si è sempre considerata sotto assedio della magistratura, quindi non mi stupiscono questi loro attacchi. D'altronde ne parlavano sempre anche prima.

Che poi, forse è corretto dire che la destra italiana è sotto assedio della magistratura, ma bisogna anche ricordare che quell'area politica è piena di politici xhe hanno commesso reati o azioni ambigue che sono meritevoli di indagini.

in reply to Hari Seldon

@Hari Seldon il vittimismo sempre e comunque è sempre stato la cifra politica dei movimenti politici identitari e incapaci. È il fatto di mostrarsi sempre sotto assedio, in un'emergenza continua non è altro che il modo più evidente con cui si esprime questo vittimismo programmatico

@Informa Pirata

in reply to Informa Pirata

Tanto è questa la "democrazia" rappresentativa. Un sistema che permette potere a fascisti non può mai essere veramente anti-fascista. Sta funzionando come previsto.
Questa voce è stata modificata (1 anno fa)

arkadij doesn't like this.



#39 / Di cacche di cane e privacy


Sindaci, consiglieri e assessori in tutto il mondo hanno deciso all'unisono di imporre la schedatura genetica dei nostri cani per risolvere un particolare "problema" / Meme e citazione del giorno.

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Robert Ménard è il sindaco di Béziers, un piccolo comune sulla costa della Francia meridionale. Robert Ménard ha un problema: le cacche di cane lasciate in giro per strada.

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È necessario punire i cittadini per farli comportare meglio”, afferma Robert France Bleu Radio.


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Anche Alto Adige, Genova e Roma sommerse dalla cacca di cane - oppure no


Robert Ménard non è però solo nel suo dramma. Ho infatti scoperto che anche in Alto Adige sarà obbligatoria dal 31 dicembre 2023 la profilazione genetica di tutti i cani residenti1. Lo scopo, a dire dell’assessore provinciale Arnold Schuler è identificare gli escrementi dei cani e sanzionare i proprietari che non raccolgono. Accidenti, non pensavo che anche in Alto Adige fosse così pieno di cacche di cane da richiedere tali interventi.

Pare che diverse città e regioni siano interessate al “progetto pilota” dell’Alto Adige. Ad esempio gli assessori del comune di Genova hanno incontrato Schuler per valutare la possibilità di rendere obbligatoria questa profilazione genetica. E dire che a Genova ci vado spesso e non ho mai pestato una cacca di cane. Evidentemente sono molto fortunato.

Anche a Roma qualcuno è impegnato nell’arduo compito di mitigare il flagello delle deiezioni canine. Il consigliere del XV municipio Max Petrassi (Italia Viva)2 ha però avuto un’idea originale e innovativa: obbligare i cittadini romani a schedare geneticamente i loro cani e poi effettuare test sulle cacche per scovare i malfattori e multarli. Aspetta… dove l’ho già sentita questa?

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Sì, perchè schedare geneticamente il cane significa anche sorvegliare indirettamente il proprietario. Come dichiarato anche dall’azienda PooPrints6, una volta schedato il DNA del cane sarà possibile tracciarlo ovunque nel mondo, e con lui il suo padrone.

Qualcuno potrebbe dire che ci sono modi migliori per sorvegliare le persone. Certo, ma non per questo bisogna sottovalutare e accettare un ulteriore ingerenza dello Stato nella nostra vita.

Per quanto riguarda la tassazione occulta invece non c’è molto da dire: queste schedature genetiche si pagano (circa €65). Chi non lo fa, sarà sanzionato. Un buon modo per far cassa, anche senza raccogliere cacche in giro. In Alto Adige si stimano 45.000 cani registrati, che equivale a un’entrata di quasi 3 milioni di euro. Così, de botto.

Le grandi cose arrivano dalle piccole cose


La questione, abbastanza ridicola, dovrebbe farci riflettere sul potenziale distruttivo della tecnologia nelle mani di politici che non vedono l’ora di spendere i nostri soldi per inventarsi fantasiosi modi per renderci la vita più difficile.

A qualcuno potrà sembrare una piccola cosa; perfino una misura ragionevole per insegnare una lezione agli incivili. Se non fosse che, dato il copia-incolla di questa incredibile “soluzione” è molto probabile che la cacca del cane non sia altro che un pretesto, e che gli incivili siano in verità ben pochi.

In ogni caso: grandi cose vengono costruite a partire dalle piccole. Ieri era l’obbligo di microchip, oggi è la schedatura genetica. Domani sarà un collare GPS collegato alle forze dell’ordine. O qualche altra diavoleria che inevitabilmente finirà per intaccare quel poco di privacy che ci rimane, pure quando interagiamo col nostro cane.

Ma parliamo anche della questione ontologica. È evidente che l’oggetto dell’intervento non è il cane, ma il padrone. Il cane, in quanto avente una relazione diretta col padrone, è uno strumento attraverso cui estrarre risorse e punire i cittadini; d’altronde sono loro ad essere responsabili del comportamento del cane, no?

Perché allora non fare lo stesso coi bambini? Perché non obbligare ogni genitore a legare un braccialetto elettronico con GPS alla caviglia dei figli? Qual è la differenza tra un cane che caga davanti alla porta di casa del sindaco e un ragazzino che gli disegna un pisello sul muro? Entrambi sono soggetti all’autorità e alla responsabilità del padrone/genitore.

Meme del giorno


Citazione del giorno

“It's only because of their stupidity that they're able to be so sure of themselves.”

Franz Kafka

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La DPA belga ha permesso alle testate giornalistiche di comprarsi l'esenzione dalla conformità al GDPR Oggi la noyb presenta un reclamo contro 15 siti di notizie belgi che utilizzano banner cookie illegali. Tra questi ci sono testate giornalistiche come RTL Belgio, Het Laatste Nieuws e L'Avenir Two people exchaning a cookie for money


noyb.eu/it/belgian-dpa-let-new…



La condanna di Patrick Zaki a 3 anni di carcere, per reati di opinione, inflitta dal tribunale del Cairo, in via definitiva, è l'ennesima visibile dimostrazion


Italia in prima linea nel sostegno all’Ucraina. Il grazie di Stoltenberg a Meloni


Sfide dell’Alleanza e ruolo dell’Italia in Ucraina. Sono stati questi i principali punti affrontati nel corso dell’incontro che ha coinvolto il segretario generale della Nato – da poco riconfermato alla guida dell’Alleanza – e la presidente del Consiglio,

Sfide dell’Alleanza e ruolo dell’Italia in Ucraina. Sono stati questi i principali punti affrontati nel corso dell’incontro che ha coinvolto il segretario generale della Nato – da poco riconfermato alla guida dell’Alleanza – e la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, reduce dal Vertice di Vilnius tenutosi la scorsa settimana. Il faccia a faccia si è tenuto a Bruxelles, proprio nella residenza di Stoltenberg, ed è stato l’occasione non solo per fare un punto sul Vertice lituano appena conclusosi, ma anche per ribadire il ruolo dell’Italia non solo nell’assistenza alla sicurezza dell’Ucraina ma anche nel presidiare i confini della Nato.

L’incontro

Secondo quanto ha riportato Palazzo Chigi, a margine del faccia a faccia si è tenuto un incontro tra Meloni e Stoltenberg che ha visto la partecipazione anche di altre personalità-chiave per la postura italiana in seno all’Alleanza, tra cui il consigliere diplomatico della premier, Francesco Talò (già rappresentante permanente d’Italia al quartier generale della Nato), e il rappresentante permanente presso la Nato, Marco Peronaci.

Sostegno all’Ucraina

“È stato bello incontrare di nuovo la presidente del Consiglio Giorgia Meloni dopo il summit della Nato della scorsa settimana”, ha esordito Stoltenberg, “l’ho ringraziata per i contributi-chiave dell’Italia alla Nato e per il sostegno incrollabile all’Ucraina”. Il nostro Paese è infatti stato in prima fila fin da febbraio scorso nel fornire supporto e sostegno a Kiev, anche grazie Ma al centro del colloquio non si è parlato soltanto di Ucraina, e si è “discusso della risposta della Nato alle sfide provenienti da tutte le direzioni, compreso il terrorismo e l’instabilità nel sud”, ha aggiunto poi il numero dell’Alleanza atlantica.

Ruolo italiano al vertice di Vilnius

La premier è stata proprio la scorsa settimana nella capitale lituana per lo storico vertice Nato, in quell’occasione aveva posto l’accento su un passaggio nevralgico: la rivendicazione da parte italiana del ruolo all’interno dell’Alleanza dopo le “incertezze” pro Cina dei governi Conte e il voler assumere decisioni all’altezza in tema di deterrenza e difesa in un momento eccezionale come l’attuale. E proprio qui si inseriva l’elemento legato all’impegno sul 2% di Pil per la difesa, che secondo la premier deve tenere conto della progressione, della sostenibilità e della responsabilità e della partecipazione al funzionamento dell’Alleanza che ogni alleato assume. La considerazione italiana è che occorra fare il meglio per rafforzare autonomia, indipendenza e capacità di difesa.


formiche.net/2023/07/ucraina-s…



Valditara: l’eccellente Studio della Fondazione Luigi Einaudi dimostra l’imprescindibilità di carta e penna


“La rete non può né deve spazzare via la carta e la penna perché lettura su carta e scrittura a mano sono insostituibili. L’apprendimento attraverso i libri non è rimuovibile dal sistema dell’istruzione”. A dirlo è il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Va

“La rete non può né deve spazzare via la carta e la penna perché lettura su carta e scrittura a mano sono insostituibili. L’apprendimento attraverso i libri non è rimuovibile dal sistema dell’istruzione”. A dirlo è il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, nel corso del convegno “Scuola digitale: il valore imprescindibile di carta e penna”, organizzato dalla Fondazione Luigi Einaudi, che si è svolto questa mattina nella Sala Zuccari del Senato. “La conoscenza, soprattutto nei primi anni di vita, passa attraverso la sollecitazione di tutti e cinque i sensi”, ha detto il ministro, “sollecitare solo la vista, come avviene con il digitale, impedirebbe lo sviluppo armonico e completo della persona. Il digitale non è rinunciabile, ma va governato”, chiarisce Valditara e aggiunge “alla logica dell’aut-aut preferisco la logica dell’et-et: valorizzare al massimo entrambe le opportunità”.

Al convegno hanno partecipato Alessandra Ghisleri, direttrice di Euromedia Research che ha presentato un sondaggio sul tema, Maria Teresa Morasso, grafologa, Massimo Ammaniti, psicoanalista, Sergio Russo, insegnante, Martina Colasante, public policy manager di Google.

Durante l’incontro il Segretario generale della Fondazione Luigi Einaudi, Andrea Cangini, ha presentato il paper “Il valore imprescindibile di carta e penna”, promosso dalla fondazione, che dà conto delle principali ricerche internazionali sull’argomento, da cui emerge un dato incontrovertibile: eliminare carta e penna dal sistema scolastico danneggerebbe le capacità cognitive dei giovani.

“Cuore del pensiero einaudiano è la centralità della persona: la politica deve limitarsi a creare le condizioni affinché ciascuna persona possa sviluppare al massimo le proprie potenzialità”, ha detto Cangini. “Far sparire carta e penna dall’orizzonte umano, e soprattutto dal perimetro dell’Istruzione, significherebbe comprimere le potenzialità dell’individuo. La nostra ricerca – sottolinea – dimostra inequivocabilmente che la scrittura a mano e la lettura su carta stimolano il cervello e mettono in moto meccanismi neurologici che gli strumenti digitali non sollecitano: farne a meno significherebbe arrecare un danno irreparabile a ciascun singolo individuo, e dunque alla società nel suo complesso”, ha concluso.

Il Rapporto, promosso da Comieco e Federazione Carta e Grafica, mette in luce inoltre gli aspetti di sostenibilità di due diversi prodotti editoriali: e-book e libri cartacei.

IL SONDAGGIO DI EUROMEDIA RESEARCH
I dati emersi dal sondaggio danno un quadro chiaro riguardo all’importante funzione che ancora oggi svolgono la carta e la penna nei processi di apprendimento. L’87,1% degli intervistati è d’accordo sull’idea di preservare e valorizzare nella scuola, soprattutto primaria, la lettura su carta e la scrittura a mano. Solo il 14,3% ritiene sia importante che un bambino, nel corso degli anni scolastici, impari prevalentemente a leggere e scrivere utilizzando strumenti digitali. È bene sottolineare però che il 64,5% condivide l’utilizzo di strumenti digitali in ambito scolastico. E riguardo alle abitudini di scrittura, l’85,1% ricorda e capisce meglio prendendo appunti a mano.

Dal sondaggio inoltre emerge un buon rapporto personale degli insegnanti con gli strumenti tecnologici e digitali. Riescono a governare l’uso di questi strumenti nell’insegnamento e si sentono adeguatamente formati, oltre a riconoscerne una certa importanza. Ma il problema, in questo contesto, è che spesso la formazione e l’aggiornamento sull’utilizzo di questi strumenti è stata a carico degli insegnanti stessi, senza un supporto a livello istituzionale. I docenti, stando a quanto si legge, hanno quindi imparato in autonomia e grazie al loro interesse l’utilizzo delle nuove tecnologie digitali.

IL VALORE IMPRESCINDIBILE DI CARTA E PENNA NEI PROCESSI DI APPRENDIMENTO: IL PAPER DELLA FONDAZIONE LUIGI EINAUDI
Con questo lavoro la Fondazione Luigi Einaudi ha messo assieme le principali ricerche scientifiche internazionali prodotte finora sull’argomento. Di seguito vengono riportati tre studi tra i tanti analizzati.

Una ricerca realizzata dalla professoressa Virginia Berninger dell’Università di Washington ha dimostrato che “in termini di costruzione del pensiero e delle idee, c’è un rapporto importante tra cervello e mano”. È la mano che plasma il cervello e “sarebbe un errore derubricare a mera questione di gusto la scelta di scrivere digitando le lettere su una tastiera rispetto al gesto grafico della mano su carta”.

Nel 2016 Susan Payne Carter, Kyle Greenberg e Michael S. Walker hanno condotto uno studio dal titolo “The Impact of Computer Usage on Academic Performance: Evidence from a Randomized Trial at the United States Military Academy”, che ha prodotto esiti notevoli. Nell’Accademia militare di West Point, su un campione di 50 classi di studenti, è stato dato in uso ad alcune solo device digitali mentre ad altre soltanto carta e penna. Al termine del semestre i dati emersi hanno dimostrato che gli studenti che non hanno lavorato con i mezzi digitali sono risultati del 20% migliori rispetto agli altri.

Il progetto di ricerca finanziato dal programma europeo COST, E-READ- Evolution of Reading in the Age of Digitalization – ha restituito dati significativi: tra il 2014 e il 2018, circa 200 studiosi europei hanno indagato, su un campione di 170mila partecipanti, l’impatto della digitalizzazione sulle pratiche di lettura. Risultato? La carta rimane il medium da preferire nella lettura di testi, soprattutto se lunghi. La lettura su carta sviluppa attività cognitive, come la concentrazione, la costruzione del vocabolario e la memoria.

Scarica il Paper in PDF

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“Smart Bus Huawei – Parole O_stili”


Oggi a partire dalle 18.00 avrò il piacere di partecipare all’evento Smart Bus Huawei – Parole O_stili nella Sala Caduti di Nassirya, Senato della Repubblica, Palazzo Madama per sensibilizzare i ragazzi sul tema dei pericoli del digitale e della privacy e per fornirgli degli strumenti di protezione, prima di tutto culturali.


guidoscorza.it/smart-bus-huawe…



ConDono


Proprio perché si tratta di una questione con forti risvolti morali, va affrontata senza moralismi. La “pace fiscale” è quella che chiede il contribuente onesto, cui vengono chiesti troppi soldi e con le entrate che inseguono le uscite, anziché le uscite

Proprio perché si tratta di una questione con forti risvolti morali, va affrontata senza moralismi. La “pace fiscale” è quella che chiede il contribuente onesto, cui vengono chiesti troppi soldi e con le entrate che inseguono le uscite, anziché le uscite che si adeguano alle entrate. La “pace fiscale” la desidera chi partecipa a una guerra fiscale continua e ossessiva, che al prelievo eccessivo unisce regole, ostacoli, complicazioni e astrusità che rendono infernale la vita delle persone per bene. L’evasione fiscale “per necessità” è una scusa elaborata per giustificare gli evasori, ma non esiste in un sistema appena appena accettabile. Se la necessità è reale, la causa sta in norme fiscali che fanno schifo, quindi si cambiano. Se invece ho speso diversamente i soldi che non mi ritrovo quando si tratta di versare al fisco, la sola necessità esistente è che questa condotta venga sanzionata e non premiata. I favoreggiatori dell’evasione fiscale provano e riprovano a corrompere anche il vocabolario.

I condoni, perché così si chiamano, hanno tutti i possibili aspetti negativi ma anche due positivi: 1. sono utili a chiudere i contenziosi passati una volta cambiate le regole; 2. servono a prendere soldi a chi non li ha versati, anziché continuare a rivolgersi soltanto a chi li versa.

Il dramma è che si sono fatti condoni – e ora li si propongono – senza che ricorra nessuna delle due condizioni. La legge delega sulla riforma fiscale si trova al Senato. Se tutto dovesse andare secondo i piani del governo potrebbe essere approvata prima della pausa estiva, il che comporta la possibilità di mettere mano ai decreti attuativi e sperare (sperare) di avere operatività all’inizio del 2024. Tenendo presente che quella legge prevede una gradualità molto estesa, fino al 2027, il che esclude la piena operatività immediata. Se si comincia ora a parlare di condoni va a finire che smettono di pagare pure i timorati del fisco.

E siccome nessuno crede più al fatto che il condono in arrivo sia l’ultimo, salta anche la seconda condizione, come dimostrano i 4 condoni fatti in 7 anni, denominati “rottamazioni” e il cui gettito è stato largamente al di sotto del previsto. A questo aggiungete che il fisco vanta crediti verso evasori per 1.153,38 miliardi, ma conta, se tutto va bene, di poterne incassare 114. Meno del 10%. Significa che il 90% dell’evaso non lo si vedrà mai più. Ecco perché i condoni non raccolgono i soldi che promettono, giacché la minaccia di andarseli a prendere con le brutte non ha credibilità.

A parte che tutti i giorni dell’anno hanno la loro ricorrenza fiscale, questa settimana noi partite Iva, alias “autonomi”, versiamo il nostro consistente obolo. Per chi onora le regole una quota enorme di quanto incassato. Ma entro la fine dell’anno arriva l’altra botta. Proprio perché paghiamo e paghiamo moltissimo, ci va la mosca al naso quando sentiamo dire una cosa vera, cioè che parte consistente dell’evasione fiscale si annida nel lavoro autonomo. Ci arrabbiamo, perché l’incapacità fiscale dello Stato finisce con il dilapidare i nostri soldi e pure con il farci aggregare agli evasori. Il millesimo condono lo prendiamo come una pernacchia in faccia e se anche sarà chiesto tutto il dovuto una cosa è pagare questa settimana, un’altra l’anno prossimo. Avrete fatto caso all’inflazione?

Dice Matteo Salvini che il condono dev’essere fatto per i bisognosi, non per «gli evasori totali, completamente ignoti al fisco, che per me possono andare in galera buttando la chiave». Non è la prima volta che si trova al governo: che fine fece la chiave? A proposito del catasto, manco chi ha una casa intera non dichiarata volevano scovare!

Dunque, senza moralismi: gli evasori non credono più alla minaccia fiscale. E non hanno torto, visto che i voti li si raccatta non promettendo di far pagare il dovuto a tutti, non annunciando meno prelievi in ragione di meno spesa, ma promettendo di favorire chi evade, assicurando che la spesa sarà sostenuta a debito. Un (con)dono avvelenato.

La Ragione

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Zes


Di Zes (Zona economica speciale) nel Meridione ne esistono già 8: 6 regionali e 2 interregionali. Buona l’idea di farne una sola per l’intera area (comprendente Abruzzo, Campania, Puglia, Basilicata, Molise, Calabria, Sicilia e Sardegna), ma non è ancora

Di Zes (Zona economica speciale) nel Meridione ne esistono già 8: 6 regionali e 2 interregionali. Buona l’idea di farne una sola per l’intera area (comprendente Abruzzo, Campania, Puglia, Basilicata, Molise, Calabria, Sicilia e Sardegna), ma non è ancora stata varata. Il ministro Raffaele Fitto ne ha parlato con il commissario europeo Margrethe Vestager: c’è un accordo di massima ma la Commissione Ue deve esaminare lo specifico progetto, che ancora non c’è. Quindi ancora non sappiamo in cosa effettivamente consisterà. Il solo paletto già posto è che non si devono infrangere le regole europee sugli aiuti di Stato. Il che rende curiosi su quali altre misure saranno previste.

Per capirsi: già da tempo nelle 8 Zes esistenti sono in vigore una riduzione del 50% dell’imposta sul reddito d’impresa e agevolazioni per contratti di sviluppo (con un valore previsto di 250 milioni di euro) ma non è successo granché, non c’è stata alcuna corsa a investire né dall’estero né da altre zone d’Italia. Come mai? E cosa lascia credere che l’unificazione ottenga risultati migliori?

Alla seconda domanda è più facile rispondere: perché creare 8 zone significa generare 8 commissari, 8 tipologie di regole diverse (magari simili, ma diverse) e 8 uffici cui ci si deve rivolgere qualora si sia interessati a investire in più di un’area. Ma cosa dovrebbe spingere a farlo? L’idea nacque negli Stati Uniti, all’inizio del secolo scorso, per superare difficoltà e diseconomie che rendevano meno conveniente investire in determinate parti dello Stato federale. Oggi i Paesi che utilizzano Zes sono 130 (Italia compresa), per all’incirca 4.300 aree interessate. La logica di una Zes è: si deroga a norme fiscali o regolamentari del Paese in cui ci si trova, in questo modo attirando investitori che altrimenti se ne starebbero lontani. Ma con il blasone Zes non ci fai nulla – come dimostrano le 8 già esistenti nel Mezzogiorno – se non si è in grado di superare le diseconomie e gli svantaggi che allontanano gli investimenti.

Ed è qui che si resta perplessi. Pare che un’idea sarebbe quella di sottoporre a un’unica autorizzazione, con il meccanismo del “silenzio assenso”, le iniziative imprenditoriali che saranno avanzate. Giusto, ma si potrebbe ben farlo in tutta Italia, tanto più che lo “sportello unico” fu già varato e vantato in passato, salvo il fatto di non essersi mai visto. Quando si parla di agevolazioni previdenziali si tratta di capire se ne saranno modificati anche gli effetti oppure si metterà la differenza in conto agli altri lavoratori o al contribuente. Quando ci s’incammina sul terreno delle agevolazioni fiscali si tratta di capire se il loro benefico effetto sugli investimenti e le produzioni trascina poi con sé una diminuzione (non meno benefica) della spesa pubblica corrente oppure un maggiore trasferimento fiscale da altre zone. In questo secondo caso non si tratterebbe di un ‘contrappeso’ al regionalismo differenziato, ma di un controsenso che cammina in direzione opposta. Essendo le due cose a cura del medesimo governo, sarebbe interessante saperlo.

Il successo di molte Zes nel mondo è dovuto anche a un diverso costo del lavoro. Il che, da noi, produce una immediata levata di scudi sindacali e la frase fatta delle “gabbie salariali”. Che fuori dalle gabbie viva liberamente una quota maggiore di lavoro nero – quindi di produzione in evasione fiscale – sembra essere considerato irrilevante. Il fallimento di altre Zes si è accompagnato alla mancanza di infrastrutture di trasporto: serve a poco sapere che produrre da una parte è più conveniente, se poi per trasportare i prodotti devo metterci troppi soldi e troppo tempo. Senza contare che nessuna Zes civile vive fuori da un rigido rispetto del diritto, il che presuppone uno Stato funzionante nell’amministrare giustizia e nel mantenere ordine pubblico. Come nel formare i cittadini, a scuola. E nel Meridione abbiamo la peggiore prova di Stato che sappia far lo Stato.

Viva le Zes. Meglio sapendo di che si sta parlando.

La Ragione

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Monica Sgherri* Una famigerata proposta di legge sta per essere discussa e votata in commissione Giustizia della Camera. E’ la n.566, prima firmataria l’


Con le affermazioni sul salario minimo Antonio Tajani ha superato ogni precedente record del suo predecessore Di Maio. Il livello di incompetenza di Tajani è


How to create and protect an anonymous identity


Sometimes technology might not be enough to protect your anonymous identity. That's why you need a plan. These 10 rules might help you protect your real identity.

Have you ever thought of creating an anonymous identity online with which to interact or spread your ideas without fear of repercussions?

Easier said that done.

Technology is seldom enough to keep an identity anonymous. Being truly anonimous takes a lot of effort, planning and risk assessment — based on who you are, where you live and what you want to do with your anonymous identity.

“Even a poor plan is better than no plan at all.”

Mikhail Chigorin

Today I’d like to offer you a glimpse of what you should keep in mind to protect your real identity. Before starting, however, we should clarify one issue: privacy and anonymity are not the same thing. They shouldn't be confused, and they cannot be protected in the same way.

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Differences between privacy and anonymity


Privacy is many things.

However, as far as we are concerned here, we can say that it’s also the power to keep certain information confidential with respect to the outside world. For example, you might want to keep your communications or transactions confidential towards certain people or organisations. Privacy is therefore something that belongs to content: what we say or what we do.

Anonymity, on the other hand, belongs to identity.

Being anonymous means not being identifiable. Anonymity is often used as a way to give up privacy safely. For example, you may decide that you need an anonymous identity precisely to spread your thoughts publicly without fear of backlashes.

And then, there is pseudonymity: a “soft” form of anonymity. It’s the ability to create a digital identity recognizable by the public, but not immediately and easily referable to you.

This is the main difference: if you’re truly anonymous, your what you do or write cannot be referable to you, ever. If you’re pseudoanonimous, someone with a lot of resources (e.g. an intelligence agency) might be able to re-identify you. The simplest, and least secure example of a pseudoanonimous identity is being registered to a social network such as Twitter or Reddit using a nickname instead of your real name. You’re still quite easily identifiable though, since they keep track of IP addresses and other metadata.

Pseudonymity is therefore not anonymity.

But above all, always remember that privacy, as well as anonymity, are dynamic states of information that will change according to the context: between full identifiability and absolute anonymity (which does not exist, except in specific contexts) there are infinite gradations.

Our digital identities


Most of us have at least two digital identities: a private one and a work one.

In addition to these two identities, some people may need to create other identities to protect themselves: whistleblowers, journalists, political dissidents, researchers or anyone who wants to express their opinion without being prosecuted or discriminated against — like dangerous libertarian extremists that believe in the Non Aggression Principle. In these cases it might be useful to create an anonymous identity that can mitigate the risk of identification.

But being anonymous online isn't easy. To hope to be so, you need the right tools, but above all a plan that will allow you to have an adequate level of security.

Ten rules of thumb


Now that we have made the necessary introductions, we can move on to seeing how to create and protect our anonymous identity, thanks to a few principles borrowed from the world of OPSEC (Operations security). The following rules, to be understood more as "general principles" are designed to help you protect your online identity and to increase your level of anonymity:

1. Like Fight Club


The first rule is… don't talk about your anonymous identity or your plan. Never reveal the details of your security system or the tools you use to anyone. Not even to close friends or family members.

Basically: Shut the Fuck Up.

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2. Start from scratch


If you already have an identity, make sure it's not tainted. If you are not able to assess the risk of contamination (see rule n. 3) and the various vulnerabilities, better create an identity from scratch.

The identities and tools used (e.g. means of communication) can also change on a regular basis to mitigate the risk over time. That way, if an identity is discovered or surveilled, the compromise will be less severe.

Fun fact: this site allows you to create fictitious identities full of realistic details.

Share

3. Don't taint your identities


Having one or more anonymous identities is useless if you don't pay attention to contaminations. Anonymity is a delicate balance that is easily broken.

Don't ever use the same email, account, browser, or login credentials. Separate as much as possible the devices, operating systems, and wi-fi networks with which you access the Internet. Don't communicate with the same people through different identities.

The level of identity segmentation should increase depending on your risk profile. The higher the risk, the more the identities must remain separate.

4. Stay in character


Create a background and stay in character. Avoid creating over-the-top identities that lack credibility or identities that you can't handle easily. If you are a 40 year old man who doesn’t speak French, don't try to pass yourself off as a french female teenager.

5. Trust no one


The zero-trust approach is a good habit in many aspects of life. Don't trust anyone, and especially don't trust anyone who says you can trust them.

Reducing the required level of trust automatically decreases the risk of exposure as well. Don't give anyone the power to blackmail or expose you. The oldest intelligence trick is to buy (or coerce) information from people.

Share

6. Don't expose yourself unnecessarily


Don't brag about your security protocols and avoid any behavior that may ring an alarm somewhere. Do not draw too much attention to particularly sensitive issues and avoid getting reported for any kind of violation.

7. Recognize your limits


Don't overcomplicate things and only do what you 100% understand. If you don't understand a tool or the full implications of what you're doing, don't do it. Keep it easy!

8. Leave no traces


Store only the essential information you need, and securely delete everything else. Delete or better yet — do not record any information, documents, logs that are not strictly necessary. If you can't help it, use encrypted documents (and adequately protect private keys). Avoid storing documents and encryption keys on public clouds.

9. No personal details


Avoid giving real personal details when interacting with people from your anonymous identity. Do not give information about your real gender/age/ethnicity. Avoid talking about your interests, hobbies, or any other information that can help identify you. Avoid posting photos and identification marks. Giving out personal details can lead to being identified.

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10. Watch out for anomalies


Being anonymous is very difficult, and it is even more difficult if you surround yourself with anomalies that can be exploited to profile you and track your real-life identity. For example, writing weird coded messages that make no sense on Twitter is an anomaly. The best thing is to blend in and be as normal as possible, to stay in the background noise.

In summary


  1. Shut the f*ck up
  2. Do not trust anybody
  3. Compartmentalize identities and means of communication
  4. Leave no traces
  5. Remember that intelligence and law enforcement also follow the same rules:

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privacychronicles.it/p/how-to-…



"Questa notte, dopo giorni di provocazioni, un gruppo di neofascisti con bastoni e a volto coperto hanno fatto irruzione nell'area dove si sta svolgendo la Fest


Oggi, martedì 18 luglio saremo davanti ai cancelli della Italoforme di Este, insieme alle lavoratrici ed ai lavoratori che lunedì scorso, senza avere ricevuto


#NotiziePerLaScuola

IX edizione del Concorso Internazionale “Poesis-Vietri sul Mare”, aperto agli studenti degli Istituti secondari di II grado italiani e all’estero.



In Cina e Asia – John Kerry a Pechino chiede di "agire con urgenza” per il clima


In Cina e Asia – John Kerry a Pechino chiede di 8323654
I titoli di oggi:
Clima, John Kerry in Cina: "Agire con urgenza"
Cina, le multinazionali accelerano il decoupling
Giappone, Kishida colleziona accordi con il Medio Oriente sugli approvvigionamenti critici
Taiwan, la Cina invia "proteste formali" per la visita di Lai negli Usa
Clima, morti in Corea del Sud e allerta rossa in Vietnam

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“Privacy Framework: liberi tutti?”


Nella rubrica Garantismi oggi ho parlato con Matteo Flora di Privacy Framework Qui il video completo all’intervista


guidoscorza.it/privacy-framewo…



Pechino annuncia nuove misure per domare l’IA


Pechino annuncia nuove misure per domare l’IA IA
Mentre molti paesi stanno studiando come regolamentare il settore, secondo gli esperti, quelle di Pechino sono le disposizioni sull’IA più complete a livello mondiale. Questo nonostante siano sparite alcune delle restrizioni previste nella prima bozza divulgata ad aprile.

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La DPA norvegese vieta temporaneamente la pubblicità comportamentale su Facebook e Instagram La DPA norvegese è la prima autorità nazionale per la protezione dei dati che dichiara illegale la pubblicità comportamentale sulle piattaforme Meta. noyb accoglie con favore questa decisione Meta Logo with checkboxes


noyb.eu/it/norway-temporary-ba…



#NotiziePerLaScuola

È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione e del Merito.



PALESTINA. Mohammed Bakri: «Possibile Jenin Jenin 2»


Non si sbilancia il regista del film «Jenin Jenin» sulla devastante operazione israeliana del 2002 nel campo profughi città palestinese. Le indiscrezioni dicono che Bakri sia pronto a girare un seguito dopo l'invasione di Jenin a inizio mese. L'articolo

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di Michele Giorgio

(questo articolo è stato pubblicato in origine dal quotidiano Il Manifesto)

Pagine Esteri, 17 luglio 2023Mohammed Bakri a Jenin è tornato varie volte dopo il 2002, l’anno in cui girò il documentario «Jenin Jenin» sulla distruzione di metà del campo profughi da parte dell’esercito israeliano durante l’operazione Muraglia di Difesa. Un film che al regista e attore palestinese, con cittadinanza israeliana, è costato un lungo scontro legale con i comandi militari, con serie conseguenze per il suo lavoro. «Speravo di non tornare mai più qui a Jenin per un’altra devastazione e per altre sofferenze…non è stato così purtroppo» dice Bakri al manifesto raccontando dei giorni che ha trascorso nel campo profughi dopo l’incursione del 4 e 5 luglio dei reparti speciali israeliani: 12 palestinesi e un soldato uccisi, oltre alla distruzione di strade e infrastrutture civili che il comune di Jenin ha calcolato in oltre 15 milioni di dollari. «La storia si ripete» commenta Bakri. «Gli abitanti, i civili inermi del campo profughi – aggiunge – pagano ancora una volta il conto più alto. Ho incontrato persone che stanno rivivendo lo stesso dramma dopo 21 anni. Oggi non ci sono le distruzioni immense del 2002 solo perché (i militari israeliani, ndr) sono rimasti nel campo 48 ore e non un mese». Il regista non si sbilancia, non conferma ma neppure smentisce l’indiscrezione che lo vuole pronto a girare «Jenin, Jenin 2». Bakri, infine, spende qualche parola per il presidente dell’Anp Abu Mazen che ieri ha visitato Jenin. «Molti (palestinesi) lo attaccano – afferma – tanti altri gli rivolgono accuse gravi, ma cosa può fare Abu Mazen per fermare Israele?». Tanti palestinesi replicano che il presidente può mostrarsi più vicino alla sua gente, adottare posizioni chiare e attuare, non solo minacciare, la fine della cooperazione di sicurezza con Israele.

In questo contesto non piò passare inosservato che l’88enne presidente palestinese nei giorni scorsi sia tornato a Jenin, che dista da Ramallah poche decine di chilometri, dopo ben 18 anni. Già questo dato da solo rappresenta un indizio per comprendere perché la popolazione di questa città, roccaforte con il suo campo profughi della militanza armata palestinese, guardi all’Autorità nazionale palestinese come una entità inutile se non addirittura ostile e complice dell’occupazione militare israeliana. Il 5 luglio Mahmoud Al Aoul, il vice di Abu Mazen alla guida del partito Fatah, è stato cacciato via da Jenin dalla folla inferocita mentre da un palco esprimeva solidarietà alle vittime dell’incursione israeliana. «Il campo profughi di Jenin è un simbolo di lotta, di fermezza e di sfida nel mondo intero» ha proclamato Abu Mazen dopo il suo arrivo rivolgendosi agli abitanti della città e del campo profughi. Al suo fianco c’erano il primo ministro, Mohammed Shtayyeh, il ministro dell’Interno, Ziyad Hab al Rih, e il governatore di Jenin Akram Rajoub. «Il popolo palestinese è unito e non lascerà mai la sua terra» ha aggiunto il presidente dell’Anp, assicurando che «la ricostruzione inizierà immediatamente e sarà rapida. Jenin diventerà migliore di quanto fosse in precedenza e con l’unità nazionale e la sicurezza costruiremo la nostra patria». Infine, ha deposto una corona di fiori al nuovo cimitero dei martiri nel campo profughi e ha recitato la Fatiha del Corano in memoria delle vittime dell’operazione israeliana, ricordandone «il ruolo nel cammino di liberazione della patria».

La visita di Abu Mazen riuscirà ad invertire la tendenza che vuole l’Anp, almeno nei sondaggi, in caduta libera nel gradimento dei palestinesi? Difficile crederlo. In ogni caso il controllo dell’Anp a Jenin al momento è pura fiction. La popolazione accusa le forze di sicurezza dell’Anp di non aver protetto i palestinesi la scorsa settimana, di essere rimaste nelle loro basi durante il raid e di non aver tentato in alcun modo di fronteggiare le truppe israeliane. L’Anp ieri è stata denunciata di nuovo per la repressione dei membri dei movimenti islamici Hamas e Jihad islami in Cisgiordania. Una linea del pugno di ferro che ha rischiato di far saltare, l’incontro al Cairo dei leader di tutte le fazioni palestinesi per un ennesimo tentativo di riconciliazione nazionale. Pagine Esteri

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chiamare il verde pedonale a #Roma, e ricevere in cambio inutili cinguettii elettronici


Ho verificato, cronometro alla mano, che il pulsante di chiamata pedonale ai semafori romani serve (quasi) solo a innescare il cicalino per gli ipovedenti, non a chiamare il verde. Poi ci sono casi (rari) dove lo scopo invece è quello, e il pulsante invece è il medesimo.
Mi piacerebbe che la funzione del pulsante fosse specificata: con il miraggio di attraversare prima inneschiamo solo indesiderato inquinamento acustico.


la bocca piccola dei secchioni della spazzatura di #Roma


Mi chiedo chi abbia progettato le bocche dei secchioni della spazzatura più piccole di un sacchetto medio. Con quale ratio?
Non mi sorprende che la gente lasci tutto in terra invece di dover lottare spingendo faticosamente, e vedo vecchietti che si fanno venire un infarto sotto al sole nel civico tentativo di riuscire a fare la differenziata.
Chi vuole sbarazzarsi abusivamente dei calcinacci tranquillamente alza il coperchio.


#NoiSiamoLeScuole questa settimana racconta l’Istituto Tecnico Agrario “Solimene” di Lavello, in provincia di Potenza!

Costruita nel 1959, è la prima scuola secondaria di II grado del territorio ad aver dato ai ragazzi l’opportunità di studiare ne…



È stato raggiunto oggi presso l’ARAN l’accordo per il rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) Comparto Istruzione, Università e Ricerca 2019/21.


MESsaggio dal capitale: “Tutto mio” | La Città Futura

"Gli Stati in crisi e che vi ricorrono, infatti, vengono sottoposti a vincoli finanziari pesanti e i pochi poteri residui in fatto di politica economica che le regole di Maastricht ancora consentono verrebbero espropriati dal capitale finanziario, il quale non solo imprimerebbe una nuova pressione ai diritti sociali ma impedirebbe anche di rispondere adeguatamente alla recessione che ormai interessa quasi tutta l’eurozona."

lacittafutura.it/editoriali/me…




talium.co/doc/avgWmb/s/

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Dal 17 al 31 luglio 2023 sarà possibile presentare l’istanza di partecipazione alle procedure per l’attribuzione dei contratti di docenza a tempo determinato.


racconti distopici




Recensione Cielo di Piia Leino - Leggere distopico

@libri@feddit.it

"Helsinki, 2058. Dopo una violenta guerra civile, la società è crollata e il movimento sovranista Luce ha preso il potere sull’ex capitale della Finlandia. I dissidenti politici sono fuggiti al nord, mentre ai cittadini leali Luce ha donato Cielo, una realtà virtuale dove tutto è meraviglioso e colorato."

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@libri@poliverso.org

#libri #mastolibri #libripendolari #unlibroalgiorno #libriSegreti

leggeredistopico.com/2023/07/1…





Ricordiamo chi ha inventato lo Zero

@Zeroverso

मुक्त ज्ञानकोश विकिपीडिया से
शून्य
Estela C de Tres Zapotes.jpg
ईपीआई-ओल्मेक स्क्रिप्ट।
शून्य (०) एक अंक है जो संख्याओं के निरूपण के लिये प्रयुक्त आजकी सभी स्थानीय मान पद्धतियों का अपरिहार्य प्रतीक है। इसके अलावा यह एक संख्या भी है। दोनों रूपों में गणित में इसकी अत्यन्त महत्वपूर्ण भूमिका है। पूर्णांकों तथा वास्तविक संख्याओं के लिये यह योग का तत्समक अवयव है।

ग्वालियर दुर्ग में स्थित एक छोटे से मन्दिर की दीवार पर शून्य (०) उकेरा गया है जो शून्य के लेखन का दूसरा सबसे पुराना ज्ञात उदाहरण है। यह शून्य आज से लगभग १५०० वर्ष पहले उकेरा गया था।[1]

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Ma il famoso messaggio di prova di #ITAlert era previsto che lo ricevessero tutti?
Perché in ufficio c'è stato un trillo in tutti i cellulari tranne il mio 😑