Problemi di salute o disciplinari? I dubbi sul caso Qin Gang
Dopo una fulminante ascesa, Qin Gang non è più a capo degli esteri. Scomparso da settimane, ieri è stato sostituito. I social impazziscono e Pechino non dirada i dubbi
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L’innovazione europea è multidominio. Ecco l’impegno di Elt Group
Terrestre, aereo, navale, cyber e spazio. La partecipazione di Elt Group alle attività di ricerca e sviluppo finanziati nell’ambito dell’European defence funds (Edf) coinvolge l’azienda in tutti i domini operativi, dai tradizionali a quelli del futuro. La Commissione europea ha infatti selezionato i 41 programmi del Work program 2022, nove dei quali vedono la partecipazione da protagonista della società basata a Roma. In questi programmi, l’azienda fornisce il suo contributo grazie soprattutto alla competenza e capacità di innovazione nelle operazioni nello spazio elettromagnetico (Emso) e nel campo cyber.
La partecipazione all’Edf
Il gruppo è coinvolto nelle iniziative dell’Edf fin dalle sue fasi propedeutiche, attraverso la partecipazione al Preliminary actions defence research (Padr) e European defence industrial development programs (Edidp) per lo sviluppo di capacità di difesa comuni. Anche prima dell’istituzione del fondo comune, Elt Group ha maturato e consolidato le sue competenze grazie alla partecipazione a diversi programmi congiunti della difesa tra Paesi europei, come l’Eurofighter Typhoon, le Fremm, l’elicottero NH90 e attualmente partecipa anche allo sviluppo del futuro caccia di sesta generazione Gcap.
Nuovi domini…
Nel dominio spazio, Elt partecipa al progetto Spider che mira alla creazione di una costellazione di satelliti per missioni di Intelligence sorveglianza e ricognizione militari con incluso payload Sigint, e nel dominio cyber con il progetto Newsroom mirato a superare le attuali limitazioni della cyber situational awareness (Csa). Sempre in ambito tecnologico, Elt è presente nei progetti Tiresyas ed Epicure, rispettivamente per contrastare le minacce emergenti aumentando la resilienza dei sensori sviluppare e per l’assemblaggio e collaudo di semiconduttori in outsourcing (Osat) e sostenere i fornitori di tecnologia in Europa nel campo del packaging avanzato per le esigenze della difesa.
… e tradizionali
Nei domini tradizionali, a partire dal dominio aereo, il gruppo italiano partecipa ai progetti React II, per la capacità di attacco elettronico aereo, follow-on del progetto Edidp 2019, e Fasett, nuovo aereo da trasporto per gli Stati membri Ue. Nel dominio navale è presente nei progetti E-Nacsos, per la sorveglianza navale, ed Euroguard, per l’integrazione di tecnologie innovative in una unità navale sperimentale per operazioni costiere. Infine, nel dominio terrestre è sul progetto Latacc per rafforzare la capacità collaborativa fra posti di commando, veicoli, soldati e assetti unmanned in conflitti ad alta intensità.
L’innovazione di Elt Group
Come ricordato di recente dal presidente di Elt Group, Enzo Benigni, “l’innovazione è una cosa seria”, soprattutto in un’epoca in cui l’evoluzione tecnologica procede a una velocità sorprendente “per gli stessi tecnici”. Senza innovazione si diventa rapidamente obsoleti, ed Elt Group ha infatti messo questi concetti al centro del proprio piano industriale Tenet 2030, per cogliere al meglio le possibilità offerte dalle proprie competenze nei nuovi domini dello spazio, del cyber e della bio-difesa. L’azienda, del resto, ha celebrato il proprio importante traguardo proprio in campo spaziale, mettendo in orbita il suo primo payload finanziato dall’azienda, il sistema Scoprio. Il satellite, la cui missione è raccogliere i dati marittimi non classificati analizzati dal segmento di terra presso il quartier generale di Elt a Roma, è solo l’ultimo traguardo della società, i cui prossimi obiettivi sono il sistema in orbita stratosferica EuroHAPS e il sistema di contromisura per impedire l’acquisizione di immagini da parte di satelliti ostili, Zenital jammer.
Grazie anche alla Fle ho scoperto le virtù del dubbio
Orwell entrò nella mia vita che ero molto giovane, fine dei Sessanta, e ancora non avevo letto “1984”, il suo romanzo sul mondo totalitario a venire. Sul retro di copertina della mia prima tessera del Pci (Lenin sul fronte) al punto 10, conclusivo, era scritto: “Difendere il partito da ogni attacco”. Per educazione o diseducazione totalizzante, non ero dunque predisposto al dubbio, sebbene mio padre notasse, con una sfumatura di ironia, che l’articolo 10 si prestava a un equivoco di tipo militare, lontano dall’idea di una via italiana o democratica al socialismo. Ero un ragazzo, l’assenza di dubbio mi dava conforto, incoraggiamento e spinta. Ora se faccio da vecchio un quiz estivo della Fondazione Einaudi, quasi quarant’anni dopo l’uscita da destra dal partito e la conversione all’anticomunismo militante, in anticipo sul crollo del Muro e la ridenominazione, mi viene come risultato un incredibile: “Liberale classico”. Mi viene da ridere, ovviamente, e ripenso all’epoca in cui la disciplina spazzava via per statuto ogni forma di dubbio.
Per quattro decenni i miei nuovi amici, da Aron a Popper, mi hanno spiegato le virtù infinite del dubbio, cuore e anima di ogni pensiero critico. Alla nuova filosofia della congettura e della confutazione, del fallibilismo, della verifica in termini di fatto, dell’esperienza, del metodo rigidamente improntato alla flessibilità etica e epistemologica del dubitare su tutto e di tutto, ma non di tutti, ché al mondo ci sono anche amicizia e amore, mi sono conformato da vero conformista, da neofita di un liberalismo debole e acquisito. Incorporata l’idea che il dubbio sia il sale della terra, per via di una lettera di Orazio a Massimo Lollio, in cui lo invitava a essere saggio a costo di sprofondare nella medietà o mediocrità del dubbio, con la famosa formula Sàpere àude, poi trasformata da Kant nel simbolo illuminista dell’autonomia critica, osare servirsi della propria intelligenza, non dipendere da nessun dogma e limitarsi a conoscere ciò che si può conoscere con certezza, sempre dopo aver dubitato di ogni cosa, ho accettato il primato umano e divino del dubbio nel pensiero.
Nel frattempo deve essere successo qualcosa perché una persona che è degna di stima come Ezio Mauro su Repubblica ha degradato il dubbio, anzi il Grande Dubbio, a una forma di fanatismo ai limiti del negazionismo climatico, tale da far correre al pianeta seri rischi di sopravvivenza. In più, si desume da tutto il ragionamento a sorpresa, il dubbio è meloniano, larussiano, abascaliano, lepenista, salviniano, magari trumpiano, è costitutivamente di destra, conservatore se non reazionario, e serve a minare la certezza della scienza, il ruolo delle classi dirigenti, ha una natura populista intrinseca, si sposa bene con gli affari propri, gli interessi meschini e particolari; il Grande Dubbio “spoglia il potere di quella potestà metafisica che gli riconosceva la capacità di dare un nome alle cose, dunque di interpretarle, rappresentarle e risolverle davanti al popolo; un autentico retaggio di antica maestà cancellato dalla ribellione nei confronti delle élite, che è la vera anima trasversale dei populismi di varia natura” (Ezio Mauro). E così, dopo un’intera vita spesa a emendarmi dalla certezza maestosa e metafisica del platonico e giovanpaolino “splendore della verità” o “veritatis splendor”, eccomi tornato in compagnia di Mauro all’articolo 10: “Difendere il partito da ogni attacco”. In questo caso il partito preso. Il succedaneo del comunismo, l’ambientalismo apocalittico.
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Prepararsi all’imprevisto, serve una strategia integrata. La proposta di Elisabetta Trenta
Il 22 luglio all’aeroporto internazionale del Golfo Persico in Iran è stata registrata una temperatura di 66°C, quasi ai limiti della resistenza umana. È uno degli ultimi avvertimenti alla politica sulla necessità di prepararsi a un mondo più caldo e più pericoloso dove non solo le pandemie o i missili, ma anche il calore stesso, o le piogge, possono diventare dei killer. Da tempo l’unica costante della nostra società sembra essere diventata la crisi, causata da guerre, pandemie, minacce terroristiche, clima estremo o migrazioni di massa. Di fronte all’aumentare in numero e intensità degli eventi estremi, la politica e le amministrazioni pubbliche hanno l’obbligo di prepararsi ad affrontarli.
Pianificare per l’imprevisto
Nell’epoca dell’incertezza pianificare per il futuro sulla base delle probabilità che un evento accada è un errore perché, come ha dimostrato Nassim Nicholas Taleb, se basiamo le decisioni sul probabile, saremo sempre impreparati per il “cigno nero”, quell’evento rarissimo e imprevedibile ma dalle conseguenze catastrofiche. Purtroppo, la nostra mente, per aiutarci a semplificare la complessità della realtà, compie degli errori che ci fanno escludere la possibilità dell’esistenza dei cigni neri.
Le fallacie mentali
Il primo è l’errore di conferma, che facciamo quando cerchiamo solo le prove di ciò che pensiamo già, ignorando le tesi contrarie. Per questo, finché non vediamo un cigno nero, pensiamo che tutti i cigni siano bianchi: abbiamo automaticamente escluso l’imprevisto. Un altro errore è quello della “fallacia narrativa”, per la quale troviamo legami causa-effetto tra gli eventi anche quando non ci siano. Questo ci fa sentire sicuri, perché spiegarsi un evento significa possedere la chiave per controllarlo. Ma, il più delle volte, quel legame causa-effetto non esiste. Infine il terzo errore è quello di trascurare tutte le cause che non vediamo, anche se il non vederle non significa che non ci siano. L’eccessiva consapevolezza delle nostre conoscenze può avere, però, delle conseguenze negative.
Prepararsi al peggio
Oggi possiamo dire che il piano pandemico non aggiornato, una delle cause per cui l’Italia si è fatta trovare impreparata alla pandemia, possa essere dipeso anche da questa fallacia della mente che tende a escludere il ripetersi di un evento rarissimo, come era stata l’epidemia Sars del 2003. Capire che l’arroganza epistemica della politica e dell’amministrazione siano state una delle cause dei troppi morti da Covid è essenziale per cambiare rotta, perché solo una leadership proattiva può salvarci dagli effetti delle crisi. Occorre prepararsi al peggio, senza essere catastrofisti, perché è necessario essere pronti a proteggere le nostre società in modo proporzionato ai rischi cui sono esposte. Preparazione e resilienza sono gli elementi essenziali della capacità di un governo per affrontare in maniera efficace una crisi.
La Strategia di sicurezza nazionale sistemica integrata e multidimensionale
Questo era stato un elemento importante del programma di governo nel 2018 quando ho proposto al presidente del Consiglio la realizzazione di una Strategia di sicurezza nazionale sistemica integrata e multidimensionale, da elaborare in sinergia tra tutti i ministeri e agenzie e con la collaborazione dell’industria, dell’accademia, della ricerca e del settore privato. Una siffatta strategia è lo strumento utile al Paese per fare fronte, in maniera adeguata, alle nuove crisi ed emergenze nel campo della sicurezza e difesa perché́ l’approccio sistemico permette di aumentare la resilienza collaborativa, intesa come capacità di risposta dell’intero apparato statale a qualsiasi evento che possa perturbarne sicurezza, stabilità interna e governabilità̀ e che arrechi pregiudizio al regolare svolgimento della vita dei cittadini. Dotarci di una siffatta strategia ci consentirà di preparaci ad affrontare ogni genere di minaccia ottimizzando i budget di tutte le amministrazioni coinvolte, perché la caratteristica di una crisi è che non resterà mai circoscritta all’ambito in cui nasce. Una crisi sanitaria diventa presto una crisi economica, sociale e finanziaria come una crisi climatica potrebbe sfociare facilmente in un conflitto o in una guerra.
Fondi europei alla difesa, serve una strategia che punti alla leadership. Il punto di Nones
Degli oltre ottocento milioni di euro assegnati dall’Unione europea ai progetti di ricerca e sviluppo nell’ambito dell’European defence fund, lo strumento della Commissione per promuovere la cooperazione in materia di difesa, l’Italia parteciperà a 31 dei 41 programmi vincitori. Si tratta di uno stanziamento di circa il 74% dei fondi complessivi stanziati per il Work programme 2022. Il nostro Paese, e in particolare Leonardo, parteciperanno a progetti che riguardano l’intera gamma dei domini operativi, dai tradizionali terra, mare e aria, ai nuovi dello spazio e del cyber. La società di piazza Monte Grappa, soprattutto, si è aggiudicata la guida del programma Tiresyas (Technology innovation for European radar system applications), relativo allo studio di una nuova famiglia di sensori multi-dominio aria-mare-terra. Del significato del risultato, e soprattutto delle implicazioni di lungo periodo per il nostro Paese, Airpress ne ha parlato con il professor Michele Nones, vice presidente dell’Istituto affari internazionali (Iai).
Il punto di Nones
La prima riflessione che occorre fare è che si conferma come l’Edf stia diventando il principale strumento attraverso il quale si cerca di sviluppare una capacità tecnologica e industriale europea. Al di là degli importanti accordi a livello intergovernativo che ci sono stati nel passato, e che continueranno ad esserci, che riguardano prevalentemente lo sviluppo e poi la produzione di grandi sistemi d’arma, è importante che l’Europa faccia una attività propedeutica relativa ai programmi di ricerca e di sviluppo, fino al livello dei cosiddetti dimostratori tecnologici.
Dunque, per quanto tutti questi programmi debbano essere chiaramente orientati sulla base delle esigenze delle Forze armate europee e nella prospettiva di dare una risposta a queste esigenze, il programma Edf si muove con grande libertà, perché non implica automaticamente una produzione successiva, ma ne crea invece i presupposti. Ovviamente, a condizione che i risultati attesi siano conseguiti e, soprattutto, lo siano in maniera tempestiva. Lo sforzo congiunto europeo, dunque, è sicuramente un tassello importante nella costruzione di una Europa della difesa
Ciò detto, tuttavia, siamo al secondo anno dell’esercizio Edf, con i risultati del 2022 che si cominciano a vedere adesso. Si possono, allora, trarre alcune iniziali valutazioni. La prima cosa che emerge da un’analisi dei dati Edf 2021-2022 è che la Francia emerge come il principale Paese impegnato nelle attività di ricerca e sviluppo. Lo è sia in termini di ritorni economici all’interno dei vari programmi sia, soprattutto, a livello di leadership dei programmi stessi. L’essere team leader, quindi a capo di un consorzio a cui partecipano imprese e soggetti di altre nazioni, rappresenta di per sé un valore aggiunto per lo Stato interessato, perché ne dimostra la dinamicità e il fatto che gli altri partecipanti ne riconoscano il ruolo guida, al di là del fatto che poi possano essere più o meno presenti nei singoli programmi.
Quindi, una valutazione complessiva deve riguardare sia il numero di progetti a cui si partecipa, sia l’entità dei finanziamenti che vengono percepiti da ciascun Paese. Il punto è assicurare un rapporto il più possibile equilibrato tra il finanziamento che ogni Paese alloca al bilancio europeo, e quindi all’Edf, e quello che è il suo ritorno economico e finanziario. In generale, il punto di riferimento che si utilizza in questo tipo di valutazioni è quello di tenere conto che se nel nostro caso l’Italia partecipa grosso modo al 13% del bilancio comunitario, è importante che possa poi, attraverso i bandi assegnati, ricevere una quota analoga. Ovviamente questo vale quando all’interno di quel settore il Paese intenda avere una posizione importante, e quindi consideri strategiche le attività che vengono finanziate. Nel caso della difesa, l’Italia è sicuramente uno dei grandi player europei, e quindi deve mantenere l’ambizione di vedere riconosciuto questo suo ruolo.
Un aspetto che sicuramente potrebbe essere migliorato, e che era stato evidenziato fin dal primo anno dell’European defence fund, è quello dei programmi a guida italiana. Questo perché ci sono delle attività di ricerca e sviluppo nelle quali l’Italia ha delle grandi capacità, che le vengono riconosciute anche a livello europeo (come è evidente nei programmi Pesco), e quindi può avere l’ambizione di potere essere lei a guidare i progetti di questi segmenti. Ovviamente non può farlo sempre, ma dato che i bandi sono annuali, l’Italia deve poter realizzare questo tipo di ambizione. Ciò comporta un grande sforzo e una grande determinazione da parte industriale, ma anche il sostegno dell’intero sistema-Paese. Nella costruzione dei progetti e dei consorzi che li devono presentare bisogna poter garantire l’impegno complessivo delle capacità industriali e tecnologiche, ma anche delle capacità di guida e di indirizzo da parte dello Stato. Ancora prima, bisogna che sia ben chiaro e definito quali siano i segmenti sui quali il sistema-Paese vuole puntare, che non possono essere lasciati solo alla discrezionalità delle imprese del settore, ma che devono essere il risultato di un confronto fra aziende, Forze armate e autorità politica, che favorisca la conclusione di questa strategia. Forse sarebbe il caso di riconsiderare alcuni dei suggerimenti che erano contenuti nella direttiva per la politica industriale del ministero della Difesa del 2021 e che potrebbero aiutare nella direzione di migliorare la possibilità dell’Italia di partecipare più attivamente alle iniziative europee.
Esercitazioni militari nell’Indo-Pacifico, si scalda il fronte sino-russo
La contromossa sino-russa all’intensificarsi della diplomazia militare Nato nel Pacifico non si è certo fatta attendere. Dopo la notizia dell’apertura di un liaison office in Giappone, iniziativa volutamente omessa dalle dichiarazioni ufficiali dell’ultimo incontro dell’Alleanza a Vilnius, i due Paesi hanno immediatamente annunciato lo svolgimento di un’esercitazione navale comune, la Northern/Interaction, nel mar del Giappone. Lo specchio d’acqua su cui si affacciano, oltre al Giappone, anche le due Coree, la Russia e la Cina, è fondamentale per questi ultimi due Paesi. Gli stretti di Soya, Tsushima e Tsugaru, in particolare, sono punti-chiave per garantire la sicurezza nazionale sino-russa.
Le esercitazioni, della durata di quattro giorni, sono state pianificate dal comando del teatro settentrionale dell’Esercito popolare di liberazione (Pla). La Cina partecipa con i cacciatorpediniere missilistici Guiyang e Qiqihar (che ha ospitato il comando congiunto), le due fregate missilistiche Zaozhuang e Rizhao e la nave da rifornimento Taihu. La Russia ha inviato le unità antisommergibili Admiral Tribunts e Admiral Panteleev assieme alle corvette Gremyashy e Aldar Tsydenzhapov. Relativamente alle forze aeree, i due Paesi hanno schierato più di trenta velivoli, tra aerei da caccia, velivoli antisom ed elicotteri. Fonti cinesi riportano anche che Pechino avrebbe inviato a Vladivostok aerei da trasporto Y-20, velivoli Aewc KJ-500, caccia J-16 e, per la prima volta, l’elicottero multiruolo Z-20. Si tratta di una mossa molto significativa che dimostra l’alto livello di integrazione delle due Forze armate, soprattutto perché conferma che le forze aree cinesi sono già in grado di operare da basi russe. La capacità di operare indistintamente da più basi in ambo i territori, che si aggiunge all’attività di pattugliamento congiunto già in corso nel mar del Giappone e nel mare Cinese orientale, dimostra che il salto di qualità verso una completa integrazione delle due Forze armate è ormai avvenuto.
È un risultato abbastanza sorprendente, in quanto la convergenza tra Cina e Russia non è frutto di un percorso che parte da molto lontano. La Cina ha iniziato infatti a partecipare alle esercitazioni annuali russe solo nel 2018, con “Vostok 2018” cui hanno fatto seguito Tsentr 2019 e Kavkaz 2020. Dal canto suo, la Russia ha partecipato alle esercitazioni cinesi solo nel 2021 con la Western/Interaction, condotta nella regione autonoma dello Ningxia Hui, nella Cina nord-occidentale. Una tappa molto significativa di questo processo è stato l’invio, nel 2022, di diverse componenti delle forze terrestri, navali e aeree cinesi in Russia per partecipare alle esercitazioni Vostok 2022, che si sono svolte in tredici siti russi e in diverse aree di interesse strategico nel mar del Giappone.
Al momento dell’annuncio di Northern/Interaction, il ministero della Difesa cinese ha sottolineato come questa esercitazione abbia uno scopo operativo, cioè quello di approntare le capacità necessarie al mantenimento della sicurezza delle rotte marittime strategiche per ambo i Paesi, ma soprattutto geopolitico. Tramite lo sviluppo di più strette relazioni militari, Cina e Russia intendono infatti segnalare la propria volontà di imporsi come attori-chiave nel Pacifico che, nelle parole del governo cinese, ne siano i “reali garanti di pace e stabilità” tramite un livello ottimale di deterrenza. Queste attività addestrative complesse andranno inoltre ad aumentare grazie alla possibilità di rotazione tra i cinque i comandi strategici cinesi e potranno dunque interessare diversi teatri strategici e scenari di conflitto nel Pacifico, tra i quali ovviamente Taiwan.
Se la potenza navale di superfice russa è di per sé poco credibile, la crescita della Marina cinese sotto il profilo quantitativo e qualitativo desta invece una certa preoccupazione, sebbene non si configuri ancora come una minaccia tangibile. A questo bisogna aggiungere una riflessione sulla capacità di proiezione aerea di Pechino. Diverse fonti Osint suggeriscono come la Cina stia accelerando i piani di produzione del caccia J-20, caccia a decollo convenzionale che sarebbe stato prodotto fino ad oggi in circa cinquecento esemplari, equipaggiati da un sistema di propulsione notevolmente migliorato rispetto alle precedenti versioni. Anche la produzione di caccia Stovl FC-31, progetto basato sulla falsariga dell’americano F-35B e in dotazione alla Marina del Pla, sembra aver superato i problemi legati al peso eccessivo del bimotore di quinta generazione che ne limitavano l’impiego su unità anfibie dotate di sistemi di lancio skyjump, sebbene non si conosca ancora con precisione il numero di velivoli in servizio effettivo.
L’ipotesi di una convergenza sino-russa nel Pacifico ha indubbiamente spinto Stati Uniti e Giappone a intensificare i propri sforzi al fine di garantirsi la superiorità aerea nel teatro operativo, raggiungibile sia tramite l’acquisizione di velivoli di quinta generazione sia tramite lo sviluppo di un caccia di sesta generazione. In questo senso va vista la partecipazione del Giappone al Global combat air program (Gcap), il programma per lo sviluppo del caccia di sesta generazione Tempest nel quale, assieme al Regno Unito e all’Italia, il Paese ha un ruolo di punta.
Venendo al Pacifico, sotto il profilo aero-navale, gli Stati Uniti dispongono di una presenza importante che comprende, tra le altre, sette portaerei convenzionali – come la Uss Nimitz – che dal 2019 sono in grado di operare velivoli F-35C e le nuove unità anfibie di classe America, che possono a loro volta imbarcare fino a 13 F-35B garantendo al contempo un’efficace piattaforma di proiezione per le forze da sbarco. Per quanto riguarda il Giappone, da tempo Tokyo ha avviato un piano di ammodernamento delle proprie forze di difesa e il Paese ha recentemente deciso di aumentare il proprio lotto di F-35 prevedendo l’acquisto di 105 unità nella versione F-35A e 42 unità nella configurazione F-35B, che intende operare grazie alle due portaelicotteri di classe Izumo attualmente in via di conversione in assetto da portaerei leggere con capacità anfibia. Inoltre, come sappiamo, il Giappone ha appena siglato un partenariato strategico con l’Italia finalizzato proprio ad aumentare le sinergie operative per quello che è ormai stato soprannominato come il “caccia del mondo libero”.
Roma si è infatti impegnata ad acquisire sessanta velivoli nella configurazione convenzionale destinata all’Aereonautica militare (F-35A) e trenta velivoli nella versione a decollo e atterraggio verticale per la Marina (F- 35B) che andranno a formare il gruppo di volo delle navi Trieste e Cavour, che è attesa proprio nel Pacifico tra la fine del 2023 e l’inizio del 2024. A ciò si aggiunge la ripresa, dopo circa vent’anni, delle esercitazioni congiunte tra la Marina militare italiana e la Forza marittima di autodifesa giapponese. Nel quadro di questa nuova attività addestrativa congiunta, il Ppa Morosini ha fatto scalo alla base navale di Yokosuka nell’ambito di un dispiegamento di cinque mesi nella regione che comprende sia attività operative che di supporto logistico, inclusa la manutenzione e le attività di riparazione navale.
Italia e Giappone spingono inoltre per un progressivo intensificarsi della cooperazione nei settori della difesa e della sicurezza che comprende meccanismi di sinergia nei settori dell’Intelligence e cyber-warfare. Ci auspichiamo che la sinergia si estenda anche alla forza da sbarco, coinvolgendo la nostra Forza di proiezione dal mare, visto l’alto numero di unità navali anfibie previste nel teatro. La convergenza delle due marine, che include anche il profilo della proiezione aerea, è comunque un’ottima aggiunta alla già assodata interoperatività tra i partner Nato e potrà garantire all’Alleanza livelli ottimali di readiness mettendola in grado di controbilanciare il profilo di deterrenza sino-russo.
Per l’Italia il Pacifico è un territorio per certi versi inesplorato. Ma va notato che Roma non è completamente nuova all’Asia orientale, dove da qualche anno ha avviato una strategia di consolidamento di vecchi e nuovi partenariati strategici. Questa svolta della diplomazia navale di Roma, tradizionalmente incentrata sul Mediterraneo, è iniziata nel 2007, quando l’Italia è diventata il primo Paese europeo a essere ammesso come partner di dialogo nel Forum delle isole del Pacifico, l’organizzazione internazionale che ha come obiettivo l’accrescimento della cooperazione tra i Paesi che si affacciano sull’oceano Pacifico. Lo sforzo di Roma è proseguito anche nel 2021, in occasione della costituzione della trilaterale Italia-India-Giappone che proprio quest’anno ha portato diversi frutti: oltre al rilancio della cooperazione con la Corea del Sud in stallo dal 2018, l’Italia ha formalizzato due partnership strategiche molto significative con Tokyo e New Delhi e un memorandum d’intesa con Manila nel settore delle relazioni industriali.
Il rinnovato interesse dell’Italia per il teatro asiatico, oggi considerato una sorta di Mediterraneo allargato, è coerente con la dottrina Nato e la posizione dell’Ue che considerano la sicurezza dell’Europa come inseparabile da quella dell’Asia orientale. Con il continuo aumentare del numero dei quadri di crisi, e soprattutto la necessità sempre più ovvia di contenere la Cina, l’Italia sembra aver finalmente compreso la necessità di diventare pienamente un attore-chiave nel contesto degli equilibri internazionali, anche e soprattutto per garantire la sicurezza e l’interesse nazionale del nostro Paese.
Resta infine l’incognita delle capacità sottomarina. L’imponente flotta di sottomarini russi, peraltro tecnologicamente molti sviluppati e con livelli di readiness ottimali, potrebbe rappresentare la vera minaccia per Giappone, Corea del Sud, Taiwan e gli interessi occidentali nel Pacifico. C’è sempre più interesse per la guerra sottomarina, come denotano i diversi progetti cinesi e indiani attualmente in corso o il recente accordo Aukus tra gli Stati Uniti, il Regno Unito e l’Australia. L’accordo comprende il trasferimento di un numero dai tre a cinque sottomarini di classe Virginia alla marina australiana a partire dal 2032, lo sviluppo congiunto da parte del Regno Unito e dell’Australia di un nuovo sottomarino di classe Aukus che entrerà in servizio intorno al 2040 e un impegno multimiliardario da parte di tutti e tre i Paesi per espandere la comune capacità industriale sottomarina. Vista la minaccia convenzionale e nucleare che può derivarne, o quantomeno con l’intento di contenere l’espansione di Pechino nel Pacifico, è ovviamente auspicabile che gli attori Nato attivi nel teatro, inclusa l’Italia, continuino ad investire nel settore della guerra sottomarina, incluso lo sviluppo di unità di superficie in configurazione antisom, e che il dispiegamento delle forze navali alleate nel pacifico divenga rapidamente avvicendabile e scalabile, seppure a costo di irritare oltre a Pechino e Mosca anche il regime di Pyongyang.
Giornata Nazionale del Cinema per la Scuola: appuntamento a Palermo dal 16 al 18 ottobre per promuovere le opere audiovisive realizzate nell'ambito del Piano Nazionale Cinema e Immagini per la Scuola.
Ministero dell'Istruzione
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Tre palestinesi uccisi dall’esercito israeliano in Cisgiordania
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della redazione
Pagine Esteri, 25 luglio 2023 – Tre giovani palestinesi sono stati uccisi la scorsa notte sul monte Gerizim nei pressi della città di Nablus, nella Cisgiordania sotto occupazione militare. Saad Al-Kharraz, Montaser Salama e Nour Al-Arda, tutti di Nablus, sono stati colpiti, secondo la versione fornita dalle autorità israeliane, quando hanno aperto il fuoco contro una pattuglia militare.
Secondo testimoni oculari palestinesi, si sarebbe trattato invece di un agguato dell’esercito israeliano a un’auto con a bordo i giovani, probabilmente membri di un gruppo armato e ricercati dalle forze di occupazione. Sempre i palestinesi denunciano che i militari israeliani avrebbero impedito alle ambulanze di raggiungere l’auto con a bordo di tre colpiti.
Sabato scorso, un palestinese di 18 anni era stato ucciso dall’esercito israeliano a Sebastia. Il giovane Mohammad Mhalfa, era in auto quando è stato colpito, secondo fonti mediche palestinesi. Pagine Esteri
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SONDAGGI. Arabi sempre più lontani dagli Stati uniti e vicini a Russia e Cina
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della redazione
Pagine Esteri, 25 luglio 2023 – L’opinione pubblica araba sta cambiando riguardo al ruolo delle grandi potenze in Medio Oriente, con importanti implicazioni per il futuro della regione. Mentre le principali potenze internazionali continuano a sfidarsi, i sondaggi mostrano un aumento della insoddisfazione nei confronti degli Stati Uniti e, in misura minore, dell’Unione europea (Ue). Russia e Cina, al contrario, sono diventate più popolari in tutta la regione.
Lo scorso anno, un sondaggio condotto dalla BBC su giovani arabi ha mostrato un calo della popolarità degli Stati Uniti, con una solida maggioranza, circa il 57 percento, che considera gli Usa un nemico anziché un alleato. La Russia, invece, è vista come un alleato di primo piano dal 70 percento dei giovani intervistati, solo il 26 percento la considera una nemica.
La Fondazione Friedrich Ebert, associata al Partito Socialdemocratico Tedesco (SPD), ha recentemente condotto un sondaggio simile che ha coinvolto le popolazioni di nove paesi arabi, oltre a Turchia, Iran e Israele.
Il sondaggio ha rivelato che in cinque paesi, tra cui gli Emirati Arabi Uniti, l’Egitto e la Giordania, tutti tradizionali alleati di Washington, l’opinione pubblica ha maggiore fiducia nella Russia rispetto agli Stati Uniti. Sette paesi hanno visto la guerra in Ucraina come un conflitto geopolitico tra Russia e Occidente, piuttosto che come una guerra tra due paesi, e tutti e nove i paesi hanno indicato gli Stati Uniti come il maggior beneficiario della guerra.
Tutti i paesi oggetto del sondaggio appoggiano il ritiro militare degli Stati Uniti dalla regione araba, e sette di questi affermano che la possibile uscita di scena americana renderà il Medio Oriente più sicuro e migliorerà le relazioni nelle regione. Anche l’opinione pubblica negli Emirati e in Qatar, due dei più stretti alleati di Washington, sostiene che la presenza russa è più vantaggiosa per la regione araba rispetto a quella statunitense.
Tutti i paesi oggetto del sondaggio concordano sul fatto che l’Europa si affida troppo agli Stati Uniti per la sua Difesa e i cittadini di sette paesi, tra cui Egitto, Arabia Saudita e Giordania, in maggioranza si oppongono a una maggiore presenza militare europea nella regione. Per quanto riguarda l’ordine globale attuale, sei paesi affermano che il mondo è già multipolare e che lo diventerà ancora di più, mentre tre paesi vedono un’unipolarità persistente che cambierà presto.
Un altro sondaggio condotto da Arab Barometer per conto della BBC mostra che la Cina è più popolare degli Stati Uniti in otto dei nove paesi arabi presi in esame.
VINCERE LA GUERRA DELLA PROPAGANDA
Sui social media, il malessere arabo per la guerra tra Russia e Ucraina è evidente. Ma è principalmente rivolto contro gli Stati Uniti e all’Ue, considerati responsabili di aver provocato la Russia in una guerra che è economicamente dannosa per la loro stessa regione.
Attraverso una vasta gamma di fonti, tra cui giornali governativi e privati locali, gli editorialisti arabi accusano gli Usa e l’Ue di “doppia morale”. Fanno notare la risposta attiva degli occidentali alla guerra russa in Ucraina, rispetto alla loro passività di fronte a molti conflitti nel mondo, compresi gli attacchi continui di Israele a Gaza. Molti argomentano che l’invasione dell’Ucraina da parte di Putin non è peggiore dell’invasione statunitense dell’Iraq sotto il presidente George W. Bush.
Ci sono anche altre ragioni, più profonde, per questo crescente malcontento arabo verso l’Occidente. Il pubblico arabo non dimenticato la lunga storia del colonialismo occidentale nella regione, il costante favore occidentale a sostegno di Israele e le invasioni statunitensi dell’Afghanistan e dell’Iraq. Molti della generazione della Primavera Araba, inoltre, si sono sentiti abbandonati dall’Occidente, che ha continuato a sostenere i regimi autoritari della regione in cambio di vantaggi economici e politici. Tutti questi fattori hanno contribuito a alimentare sia correnti islamiste che nazionaliste antioccidentali negli ultimi anni.
Nonostante il suo coinvolgimento diretto in Siria, la Russia ha guadagnato una popolarità significativa in molti paesi arabi. Mosca è vista come un ostacolo al dominio degli Stati Uniti nella regione e il suo sostegno per prezzi agevolati in termini di cereali e carburante ad alcuni paesi arabi ha contribuito a conquistare i cuori e le menti delle popolazioni locali.
Molti arabi vedono la Cina come una potenza non coloniale che negli ultimi anni si è concentrata sulla costruzione di relazioni economiche senza ambizioni politiche esplicite. La Cina è diventata il maggiore partner commerciale dei paesi arabi e l’influenza di questi nuovi legami si è manifestata quando gli Stati arabi hanno appoggiato unilateralmente Pechino contro le recenti visite ufficiali statunitensi ed europee a Taiwan.
UN BILANCIO PRAGMATICO
Nonostante questo sostegno pubblico alla Russia e alla Cina, che si allinea alle politiche perseguite dai governi arabi, è improbabile che si verifichi a breve termine uno spostamento politico strategico verso la Cina e la Russia a spese degli Stati Uniti e dell’Europa.
La protezione militare e politica fornita dagli Stati Uniti ai paesi del Golfo non può essere sacrificata facilmente e la maggior parte degli eserciti arabi si basa pesantemente su armi prodotte negli Stati Uniti. Gli arabi non possono voltare le spalle ai progressi tecnologici occidentali o al bilancio commerciale di miliardi di dollari tra arabi, europei e statunitensi.
Tuttavia, i paesi arabi agiranno in modo pragmatico e realistico. Potrebbero gradualmente ridurre la loro forte dipendenza dall’Occidente e cercare di diversificare le loro alleanze politiche, economiche e militari, sia con la Russia e la Cina che con paesi confinanti come l’Iran, la Turchia e persino Israele. E come recentemente argomentato anche da un conservatore come l’ex segretario di stato Henry Kissinger, a seguito del riavvicinamento tra Arabia Saudita e Iran mediato dalla Cina, il Medio Oriente multipolare sarà “un nuovo gioco con nuove regole”.
L’analisi di Kissinger è evidente non solo nelle recenti intese saudita-iraniane, ma anche in altri significativi cambiamenti regionali. Egitto, Turchia e Iran hanno stabilito nuove relazioni, e cinque paesi arabi, tra cui gli Emirati Arabi Uniti, l’Algeria e il Bahrain, hanno espresso interesse a entrare nel BRICS, un blocco geopolitico che include Cina, Russia, India, Brasile e Sudafrica. È previsto che il BRICS supererà presto per dimensioni economiche il G7.
I paesi arabi potrebbero continuare ad approfondire le loro alleanze con i paesi orientali, cercando di creare un’alternativa al modello occidentale. Pagine Esteri
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In Cina e Asia – Corea del Nord, Pechino invia la prima delegazione da inizio pandemia
I titoli di oggi:
Corea del Nord, la Cina invia la prima delegazione da inizio pandemia
Taiwan, al via i giochi militari di Han Kuang
Borsa, Pechino chiede di rivedere le "note negative" sulla Cina in fase di quotazione
Pakistan, un nuovo mandato d'arresto per Imran Khan
India, netizen infuriati contro una citazione hindu in Oppenheimer
Cambogia, quasi pronta la base cinese a Ream
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“INTELLIGENZA ARTIFICIALE, TRA PAURE E OPPORTUNITÀ”
INTELLIGENZA ARTIFICIALE, TRA PAURE E OPPORTUNITÀ. Ne scrivo su LiberEtàQui il link all’anteprima libereta.it/test/wp-content/up…
PRIVACYDAILY
Chopsticks – "Cavallette per aperitivo”, il consumo di insetti in Cina
Il consumo di insetti in Cina è diffuso nel sud del Paese, mentre nelle grandi città è considerata un'attrazione per turisti. Chopsticks, la rubrica sul cibo cinese a cura di Livio di Salvatore
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Etiopia, la crisi umanitaria in Tigray continua, ma per l’Italia si è risolto tutto con l’accordo di Pretoria
In Etiopia, precisamente nello stato regionale del Tigray, il 4 novembre 2020 è iniziata una guerra definita una veloce “azione di polizia” dal Premier etiope Aby Ahmed Ali.
Guerra per fermare i membri del partito TPLF -Tigray People’s Liberation Front e tutti i suoi sostenitori. Il casus belli è stato l’attacco alle caserme del nord in cui erano dislocati i militari dell’ ENDF – Ethiopian National Defence Forces. Attaccati da parte di membri del TPLF, ma rivendicato dai leader tigrini come azione preventiva e difensiva dettata da tensioni pregresse.
Dichiarazioni contese e rivendicazioni sulle responsabilità e giustificazioni che però sul campo, fin da subito hanno determinato attività fratricide e i risvolti etnici e genocidi verso milioni di civili di etnia tigrina.
Massacri, esecuzioni extragiudiziali (o bruciati vivi), stupri e fame come armi di guerra. Campi e raccolti bruciati, bestiame rubato o macellato come strategia per affamare il popolo del Tigray, droni per attaccare target considerati dalla difesa etiope, magazzini o aree occupate dai così detti “dissidenti”, “ribelli” e definiti terroristi dalla legge etiope a partire dal maggio 2021: sistematicamente bombardati per mezzo droni in aree di mercati, residenziali come asili. Decine di migliaia di vittime. Target di bombardamenti, distruzioni e saccheggi anche in luoghi di culto, chiese, monasteri, patrimoni dell’ umanità e culturali. Attaccati anche le strutture sanitarie ed ospedali. Le forze alleate amhara direttamente coinvolte in attività di pulizia etnica e sostituzione demografica sfollando i tigrini dal Tigray occidentale.
Le forze militari coinvolte: quelle tigrine, il TDF – Tigray Defence Forces e la fazione etiope dell’ ENDF- Ethiopian National Defence Forces con le forze militari regionali Amhara, la milizia Fano e ufficiosamente l’esercito eritreo.
L’esercito del Presidente eritreo Isaias Afwerki ha invaso fin dall’inizio il suolo etiope nella regione tigrina, ma per molti mesi Abiy Ahmed Ali ha sempre negato la loro presenza.
Come il suo alleato etiope, il dittatore eritreo Isaias Afwerki nel febbraio 2023, ospitato dal Presidente Ruto in Kenya, ha negato platealmente in un comizio pubblico tutti i crimini di guerra di cui si è macchiato il suo esercito: stupri, saccheggi, distruzioni e massacri. Tra i ranghi delle truppe eritree sono stati mandati a morire in prima linea anche cadetti dell’ esercito somalo formati in Eritrea negli anni precedenti, falsamente informati che sarebbero stati preparati per missioni somale in Qatar.
Come parlare di guerra civile, come categorizzata dai media occidentali, se nel conflitto hanno partecipato anche “forze esterne” come eritrei e somali?
La legge etiope del maggio 2021 ha legittimato indirettamente e normativamente la persecuzione di persone di etnia tigrina per il solo sospetto di essere collusi con i membri del TPLF, considerati dissidenti. Oltre alle confermate attività di pulizia etnica nella zona del Tigray occidentale da parte delle forze amhara, ci sono state deportazioni, arresti di massa e detenzioni di tigrini di ogni età e sesso, donne in gravidanza e bambini. Arresti e detenzioni in abuso del diritto umanitario come denunciato molteplici volte dalle agenzie internazionali come HRW – Human Rights Watch e Amnesty Int. Ancora oggi su queste detenzioni non si hanno notizie. Sono stati arrestati anche uomini e donne di chiesa.
Uno dei casi eclatanti, per cui in Italia si è parlato di Tigray, è stato l’arresto di dei frati, sacerdoti e dei volontari salesiani. Campanilismo mediatico.
Approfondimento:
Etiopia, Perseguire Crimini Contro l’Umanità: Dov’é La Legge?
La guerra è stata combattuta per 2 anni nel totale blackout comunicativo (interrotte linee telefoniche e dati/internet) ed elettrico: considerato il più lungo blackout della storia.
Alcun media, giornalista o comparto umanitario poteva entrare nel Tigray.
Il governo etiope si è fatto artefice per volontà politiche, di aver bloccato l’accesso umanitario per milioni di persone in Tigray macchiandosi di crimini di guerra, come denunciato da un report del team di esperti sul diritto umanitario dell’ONU. Il report ha indicato che tutte le forze in guerra hanno perpetrato crimini verso i civili.
- La guerra attualmente è stata definita la più atroce degli ultimi anni.
- Le stime parlano di più di 600.000 morti e vittime tra i civili.
- Si stimano centinaia di migliaia di stupri verso donne di etnia tigrina come arma di guerra e vendetta per non far più generare nuove generazioni di tigrini.
Nonostante il 2 novembre 2022 si sia arrivato a negoziati e alla firma di un accordo di cessazione ostilità tra governo centrale etiope e TPLF, diversi punti dell’accordo dopo 9 mesi sono ancora disattesi: il ritiro delle “forze straniere” dalla regione, ermeticamente definite così le forze amhara e quelle eritree (Eritrea che non è stata interpellata o inclusa nei negoziati)
Gli amhara occupanti ancora oggi il Tigray occidentale perché rivendicato tale area come giuridicamente di loro proprietà, ma accusati dopo la firma dell’accordo, di continuare a perpetrare attività di pulizia etnica e di sostituzione demografica.
L’ esercito eritreo anche se in gran parte si è ritirato in Eritrea, diversi gruppi sono ancora presenti ed hanno ripiegato defilandosi in aree periferiche dei grandi centri e in aree rurali. Oggi sono ancora presenti nella woreda [distretto] di Irob perpetrando abusi e denunciati pochi mesi fa di aver bloccato il supporto umanitario in zona Zalambessa.
La giustizia di transizione, per cui il governo etiope ha dichiarato volontà di seguirne il processo e per cui l’ IRA, il governo temporaneo in Tigray (costituito come da accordo di Pretoria) ha dato piena disponibilità e collaborazione, è in totale stallo sia in Etiopia che dal punto di vista diplomatico internazionale.
I media in Italia, durante i 2 anni di guerra genocida, non hanno dato giusto risalto e prodotto alcuna informazione per dar degna visibilità e denuncia alla disumanità ed alle atrocità che stavano accadendo a milioni di persone.
Le istituzioni italiane del governo attuale e precedente non hanno ancora dato una risposta ai tanti appelli della diaspora che chiede giustizia, trasparenza e supporto per famigliari e società tigrina che da troppo sta soffrendo.
Oggi, dopo 9 mesi dai negoziati mediati dall’ Unione Africana a Pretoria, Sud Africa e conseguente firma dell’accordo, i media italiani si sono sentiti legittimati a chiudere completamente l’informazione sulle conseguenze che ha prodotto quella guerra.
Oggi in Tigray si parla ancora di migliaia di morti per fame (quelli censiti ufficialmente – non avremo mai modo di sapere l’esatto numero di persone morte silenziosamente per fame). A causa dello scandalo del dirottamento del materiale alimentare umanitario e di corruzione all’interno del sistema militare e governativo etiope, il WFP – World Food Programme e l’ USAID a marzo 2023 hanno bloccato il supporto al Tigray ed a giugno 2023 in altre aree dell’Etiopia, lasciando 20 milioni di persone bisognose in balia degli eventi e dei loro destini.Grazie a Duke Burbridge per la condivisione di questo grafico.
Approfondimento:
Lo scandalo del dirottamento del materiale alimentare umanitario
La tregua regge, ma milioni di persone sono ancora in balia degli eventi senza supporto
Secondo il Tigray Regional Health Bureau, tra marzo e aprile, c’è stato un aumento del 28% nel numero di bambini sotto i cinque anni che muoiono per malnutrizione acuta. La colpa è stata imputata principalmente alla cessazione degli aiuti delle agenzie umanitarie al Tigray.
I bambini vengono ricoverati con cure speciali per malnutrizione in tutta Etiopia a un ritmo allarmante nel 2023. Nel Tigray, per ragioni poco trasparenti, i bambini ricoverati per malnutrizione acuta grave – SAM – non vengono dimessi.
Recentemente grazie ad un altro aggiornamento dal ricercatore Duke Burbridge è stato messo in luce che oltre la distribuzione di generi alimentari è sospesa dalla fine di marzo 2023, l’assistenza nutrizionale ai neonati e alle madri in gravidanza o che allattano è stata dimezzata già ad aprile.Etiopia, Tigray: La distribuzione di generi alimentari è sospesa dalla fine di marzo. L’assistenza nutrizionale ai neonati e alle madri incinte o che allattano è stata dimezzata ad aprile.
La ricostruzione della società regionale tigrina non vede ancora la luce in fondo al tunnel.
Osservatori già nel 2022 indicavano una regressione di decenni sullo sviluppo socio economico che ha comportato la guerra per lo stato regionale del Tigray.
Sistema scolastico distrutto, milioni di giovani studenti tra pandemia e guerra hanno perso più di 3 anni di formazione ed educazione. Oggi ci sono difficoltà perché manca il materiale, le strutture, ma anche per la mancata bonifica del suolo dagli ordigni bellici inesplosi (per cui anche gli agricoltori sono rimasti feriti durante le attività di aratura). Molti edifici scolastici oggi sono occupati da migliaia di sfollati che non possono tornare a casa per paura o per mancanza di mezzi di sussistenza. Il sistema sanitario è stato distrutto per il 90%, dichiarato già nel 2021: oggi le conseguenza per i malati ed i pazienti sono catastrofiche perché se ci sono piccoli passi positivi, comunque la fornitura di materiale igienico/sanitario e medicinali è ancora sotto la soglia che permetterebbe di assistere e curare le persone.
Recentemente, luglio 2023, è stato condiviso uno studio sul’impatto di devastazione e conseguenze che ha prodotto la guerra di 2 anni su bambini, ragazzi, genitori e insegnanti considerando il contesto formativo e dell’istruzione.
Di seguito una inforgrafica riassuntiva:
Fonti informative video per raccontare la catastrofe attuale in Tigray
Tigrai TV è una delle poche fonti informative che evidenzia e denuncia costantemente le attuali gravi carenze alimentari e sanitarie (problemi dei civili e delle decine di migliaia di sfollati, IDP) condividendo per mezzo video le testimonianze dirette delle persone che oggi cercano solo di sopravvivere.
Di seguito vengono segnalate le notizie degli ultimi mesi sulla crisi umanitaria in atto.
- Nella zona centrale del Tigray, viene denunciato che la mancanza di trasporti verso le strutture sanitarie aggrava la situazione dei pazienti.
- Mentre a Samre la fame e la mancanza di cibo ogni giorno continua a far aumentre il numero di morti tra i bambini.
- Pazienti diabetici e bambini a Gijet soffrono per l’assenza di medicine.
- I malati di cancro ai reni nel Tigrai continuano a soffrire a causa della scarsità di cure mediche essenziali.
- Gli agricoltori di Dogua Temben affermano che la loro produttività agricola (proprio nel periodo delle piogge idoneo alla coltivazione) è minacciata dalla scarsità di fertilizzanti.
- Le malattie precedentemente monitorate e tenute sotto controllo hanno ripreso a circolare come epidemie.
- La sospensione degli aiuti da parte di WFP e USAID sta peggiorando le condizioni di vita degli IDP, degli sfollati disabili con malattie croniche.
- In tutto questo catastrofico contesto di crisi umanitaria, le forze Amhara continuano a rappresentare una minaccia per la sicurezza nelle zone di confine, sottraendo fertilizzanti agli agricoltori dle Tigray.
- Il 15 luglio a Shire le decine di campi IDP che accolgono migliaia di sfollati, sono stati sommersi da acqua e fango a causa delle alluvioni del periodo. Ironia tragica e drammatica, non è solo la mancanza d’acqua ad uccidere le persone, ma alle volte è la troppa acqua che può ammazzare.
Da fonte amica e informata sui fatti, ma che si terrà anonima per tutelare la sua incolumità, giungono notizie e conferme che in Tigray in zona di confine con l’Eritrea la situazione è ancora instabile. I civili non hanno alcuna protezione e i gruppi eritrei continuano a saccheggiare e reprimere i tigrini. Gli sfollati interni, IDP, se tornano a casa rischiano la vita. Tutto il contesto aggravato dalla mancanza di supporto alimentare.
Sul numero di IDP non c’è trasparenza. Le dichiarazioni dello IOM non danno chiarimenti sul numero aggiornato di quante persone sfollate ci siano oggi in Tigray. In un ultimo report pubblicato viene dichiarato infatti: “La regione Tigray è stata coperta in questo round, ma i dati sono stati condivisi separatamente.” Nel report non ci sono note, dettagli ed informazioni su tali dati separati.
L’ Emergency Coordination Center – ECC del Tigray ha condiviso un aggiornamento operativo datato 21 luglio 2023
L’aggiornamento del 21 luglio 2023, come riporta Duke Burbridge su Tghat, ha sottolineato che il report è parziale e manca l’esposizione di diverse criticità e che la sospensione del cibo sta causando l’aumento di sfollamenti nel Tigray. Mentre il JEOP ha completato la raccolta dei dati per nuovi obiettivi, il WFP sta lottando per fare progressi.
Gli sfollati di Endabaguna non hanno ricevuto cibo.
Duke Burdbridge ha voluto riassumere i punti fondamentali del report dell’ ECC Tigray che riporto di seguito:
Accessibilità regionale
- Una bozza di mappa dell’accessibilità mostra che alcune aree nella zona sud e nord-ovest sono considerate accessibili ora, ma le rotte di rifornimento nel Tigray sono tutte sospese ad eccezione del corridoio Semera-Mekelle.
Cluster Alimentare
- La sospensione del cibo sta contribuendo a un aumento degli sfollati nel Tigray e i 37.000 sfollati interni di Endabaguna non hanno ancora ricevuto cibo.
- Le aree del Tigray sono ancora inaccessibili, comprese la zona orientale (Erob [Irob], Zala Anbesa [Zalambessa], Gulo Mekeda), la zona centrale (Egela) e la zona nord-occidentale (Dima, Tahtay Adiyabo).
- Ci sono ancora tasse informali (shake down) [tangenti da pagare] lungo le rotte verso il Tigray.
- Segnala che è in fase di implementazione un nuovo sistema di targeting. Il JEOP sembra aver completato la raccolta dei dati nella zona centrale, orientale, sud-orientale e metà della zona meridionale. Il WFP è ancora alla fase 1 di 3.
- Menziona uno sforzo collettivo per “monitorare la situazione”, verificare i rapporti di morte non confermati e confutare qualsiasi disinformazione.
- è aumentato l’accattonaggio osservabile nelle principali città, i bambini sono esposti allo sfruttamento mentre cercano di lavorare per il cibo.
- le madri malnutrite e i loro bambini sono maggiormente a rischio durante il parto, ma non fornisce alcuna informazione su come ciò abbia avuto un impatto su madri e bambini nel Tigray.
- Segnala che la mancanza di assistenza alimentare è un fattore importante nella bassa iscrizione e frequenza scolastica.
- Riferisce che alcuni allevatori sono costretti a vendere i loro animali da tiro e da riproduzione per il cibo.
- Ribadisce che l’assistenza alimentare e gli input agricoli sono urgentemente necessari per facilitare il ritorno degli sfollati dalle aree agricole in tempo per piantare.
Distretto Agricoltura
- Viene coltivato solo il 42% della superficie totale coltivata nel Tigray.
- Solo il 19% dei fertilizzanti e il 12% dei semi necessari sono stati ricevuti nel Tigray.
- Le infestazioni da parassiti sono presenti in 34 woreda, nella maggior parte dei casi non ci sono sostanze chimiche da controllare.
- Gli input agricoli sono estremamente necessari e scarseggiano.
Contesto Istruzione
- I programmi di alimentazione scolastica sono stati tagliati dal WFP per la pausa estiva, ancora in corso in altri siti per 7.634 bambini.
- Il resoconto della visita ad Adigrat ha mostrato che 3 scuole su 4 erano ancora utilizzate per ospitare sfollati interni. In alcuni casi le lezioni si tengono accanto alle aree in cui vivono gli sfollati.
Contesto Salute
- l’ECC riferisce che circa il 75% delle strutture sanitarie sta segnalando ora, che è ancora al di sotto della media nazionale, questo include il 100% delle strutture del sud-est e di Mekelle; 99% di Centrale; 80% del nord-ovest; 77% dell’est; 50% del sud.
- Segnala importanti focolai di malaria e infezioni acute del tratto respiratorio (ritenuto essere COVID 19); possibile focolaio di morbillo nelle città di Ofla, Hawzen, Adi-Gudom, Asgeda, Adi-Haki, Shire, Hintalo e Axum.
- Segnala un’epidemia di pertosse a Endamekoni.
- Il report non segnala casi di colera. [NB questo è allarmante a causa delle recenti segnalazioni e conferme di 13.000 casi di colera e 100 morti nel Tigray]
Continua la poca trasparenza che è un fattore aggravante per poter gestire e coordinare le attività per tutelare le vite di milioni di persone.
Poi arrivano le foto che, senza tanti giri di parole, dimostrano la situazione delle persone nelle tante aree rurali, sono la maggior parte che costituiscono la morfologia del Tigray.
Questo è Kiros Kiflu. Ha avuto una vita felice con sua moglie e sei figli. Possedeva 5 acri di terreno agricolo e più di 25 capi di bestiame. Kiflu non è mai stato affamato o indigente. Due anni fa è stato #sfollato dalla sua casa a Humera, Tigray occidentale (zona di attività di pulizia etnica da parte amhara) Kiflu oggi, però, non sa dove siano i suoi figli e sua moglie. Ha perso tutti i suoi averi oltre ad essere separato dalla sua famiglia. Oggi tutto ciò che ha è la roccia che usa come cuscino, una stuoia che è metà di quanto è alto ed il suo bastone.
La giustizia per le vittime lascia spazio agli accordi economici per “stabilità e sviluppo” dei governanti
Il governo etiope fin dall’inizio ha cercato di screditare e delegittimare le investigazioni del team di esperti di diritto umanitario ONU – ICHREE – propagandandola come attività di ingerenza esterna verso l’Etiopia come Stato Sovrano e rivendicando la sua sovranità mascherandola da campagna pro panafricanismo dal basso, dal popolo.
Approfondimento:
Quattro Modi in Cui il Governo Etiope Manipola i Media – AA African Arguments
HRW – Human Rights Watch recentemente in risposta ha dichiarato:
“I tentativi dell’Etiopia di porre fine al mandato dell’ICHREE durante il suo mandato non hanno precedenti. Non solo suggerisce che gli Stati possono manovrare politicamente per ribaltare le decisioni del Consiglio dei diritti umani per evitare il controllo indipendente e la responsabilità, ma potrebbe anche costituire un pericoloso precedente per quanto riguarda il controllo internazionale e l’impunità per le violazioni dei diritti altrove.”
Per i crimini di guerra in cui il governo etiope è implicato, l’America a partire dal 1 gennaio 2022 ha messo in vigore la sanzione che l’ha vista esclusa dall’African Growth and Opportunity Act – AGOA.
HRW come per l’Etiopia, ha bacchettato, anche le dichiarazioni del segretario americano Antony Blinken:
“Nella sua determinazione sulle atrocità di marzo, Blinken ha sostanzialmente riconosciuto che le violazioni [in Tigray] non erano cessate, affermando che “le violazioni dei diritti umani nell’Etiopia settentrionale [media ed istituzioni fanno fatica a citare Tigray n.d.a.] sono notevolmente diminuite”, non che si fossero fermate. Avrebbe dovuto seguire la determinazione dell’atrocità con sforzi per renderla importante in modi concreti. Può ancora.”
Nel contempo gli USA di Joe Biden confermano la loro posizione rivolta all’economia e legittimati dall’accordo di Pretoria, con Europa a seguire, stanno riprendendo e continuando a ripristinare e normalizzare le relazioni e accordi economici con il governo etiope.
La stessa America cha recentemente ha ritrattato la sua posizione in tutela dei diritti umani con uno smacco per la memoria e la giustizia di tutte le vittime della guerra genocida iniziata in Tigray. A detta di una recente notifica interna del Dipartimento del Tesoro americano, la revoca legale unilaterale di tale designazione per l’Etiopia per cui non è più coinvolta in un “modello di gravi violazioni dei diritti umani”, aprirà la strada per poter riprendere l’invio di aiuti economici USA ed internazionali al paese dell’Africa orientale.
Anche l’Italia del governo Meloni ha firmato accordi triennali con il governo etiope di Abiy Ahmed Ali per un totale di 182 milioni di euro per accordi di cooperazione, supporto della filiera agro alimentare e sostanzialmente per crescita e sviluppo economico. La stessa premier Meloni e i media italiani a seguire, hanno rilanciato in maniera propagandistica parole come “Piano Mattei” per l’Africa (di cui non si hanno ancora dettagli) e accordi e stretta sui legami economici con l’Etiopia, ma alcuna parola in tutela di giustizia e diritti degli individui, dei milioni di persone prese in mezzo a guerre non loro.
Da ricordare che in tutto questo la priorità sono le persone e le loro vite e le persone non mangiano soldi.
WFP aveva dichiarato che avrebbe ripreso la consegna di nuovi round di materiale alimentare a partire da fine luglio, ma ancora oggi, ad una settimana da fine mese, non ci sono comunicati ed aggiornamenti ufficiali dall’agenzia umanitari.
Sono quasi 6 milioni di persone oggi in Tigray ad attendere, oltre che giustizia per le centinaia di migliaia di vittime, cibo e cure mediche.
Un totale di 20 milioni in tutta Etiopia ad attendere supporto alimentare urgente, conseguenza di guerra e siccità.
L’accordo di tregua era necessario, ma la crisi umanitaria è ancora in atto.
Mai come oggi, il cibo ed il supporto medico sono letteralmente di vitale importanza per tutelare la vita di milioni di persone.
È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione e del Merito.
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“Digital Framework e trasferimento dei dati negli USA”
Domani avrò il piacere di partecipare a partire dalle 15.30 al webinar organizzato da ASSODATA “Digital Framework e trasferimento dei dati negli USA” Qui le informazioni complete assodata.it/webinar-dpf-25-lug…
Zaki libero, Assange sepolto vivo. I due volti dell'Occidente | l'interferenza
«Il mondo occidentale esulta per la liberazione del giovane Zaki e nello stesso tempo seppellisce vivo Assange mentre ha già lasciato che fossero seppelliti vivi il leader palestinese di Al Fatah, Marwan Barghouti, e il curdo Ocalan, entrambi imprigionati da più di vent’anni e destinati a non uscire più, come del resto lo stesso Assange, “colpevole” di aver denunciato i crimini dell’esercito americano in Iraq.»
I "fili" di Meta potrebbero creare o distruggere il Fediverso: la promessa di rendere Threads compatibile con ActivityPub ha diviso i sostenitori del Fediverso
"La comunità di Fediverse è stata messa in moto, a causa della paura e dell'odio per Meta, e anche dell'entusiasmo", afferma Dmitri Zagidulin, uno sviluppatore che guida il gruppo del World Wide Web Consortium (W3C) responsabile della discussione sul futuro di ActivityPub. La prospettiva che Meta si unisca al movimento decentralizzato ha persone che cercano di ravvivare i loro progetti e prepararsi per i riflettori. “Ci sono riunioni furiose. Contributi in corso di richiesta. Richieste pull. Spinge per una migliore sicurezza, una migliore esperienza utente. Meglio tutto", dice.
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Il futuro meccanismo dei social network dipenderà dal successo (o flop) di Threads
La scommessa di Meta è quella di creare un unico grande sistema di condivisione dei contenuti in modo che le varie app social siano interoperabili tra loro, grazie al protocollo di rete chiamato #ActivityPub
Malumori interni a parte, l’ultima parola spetterà a #Meta: se la compagnia implementerà gli strumenti necessari per aderire al fediverso, difficilmente la si potrà fermare. Non sarà la salvezza di Internet come prefigura qualcuno, ma ne vedremo sicuramente delle belle. Tra queste, forse, anche il definitivo tramonto di #Twitter. Chissà.
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Ministero dell'Istruzione
#NoiSiamoLeScuole questa settimana racconta l’Istituto Omnicomprensivo “Giano dell'Umbria-Bastardo”, in provincia di Perugia che sarà demolito e ricostruito grazie alla linea di investimento dedicata dal #PNRR alla costruzione di 212 Nuove Scuole.Telegram
Ten MEPs ask EU Commission for a moratorium on tracking of users
Ten Members of the European Parliament asked the European Commission on Wednesday (19 July) for a moratorium on tracking users online, and more details on how it intends to apply the EU's new digital rules in this domain.
Perquisita la sede della testata di alimentazione Gift Great Italy Food Trade e la casa dell'avvocato giornalista Dario Dongo della testata online
@Giornalismo e disordine informativo
Milano - "Cinque funzionari della squadra mobile di Pescara si sono presentati presso la sede del sito di informazione indipendente Gift (greatitalianfoodtrade.it) su ordine del sostituto procuratore incaricato e del procuratore capo della Procura di Pescara, per perquisire la sede operativa del sito web. Al termine dell'azione, protrattasi per 6 ore, sono stati sequestrati tutti i dispositivi (cellulare, tablet, computer portatile) del fondatore, Dario Dongo, giornalista, tra i massimi esperti di diritto alimentare europeo". Lo ha reso noto l'ufficio stampa milanese di Gift e del Fatto Alimentare, due media specializzati sull'alimentazione e l'industria alimentare, al centro anche di inchieste di rilievo giudiziario.
Protesta dei sindacati dei Cronisti per tutela delle fonti giornalistiche un secco NO a qualsiasi forma di intimidazione e limiti alla libertà di stampa.
PS: Gift ItalyFoodTrade è un media online specializzato sull'alimentazione e l'industria alimentare, al centro anche di inchieste giornalistiche di rilievo giudiziario.
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#39 / Di cacche di cane e privacy
Il piccolo comune di Béziers invaso dalle cacche di cane - oppure no
Robert Ménard è il sindaco di Béziers, un piccolo comune sulla costa della Francia meridionale. Robert Ménard ha un problema: le cacche di cane lasciate in giro per strada.
Cosa farebbe una persona normale per affrontare questa grave piaga sociale? Magari cercherebbe di sensibilizzare i cittadini; o forse potrebbe distribuire “gratuitamente” bustine per raccogliere la cacca dei cani. O magari, non farebbe proprio nulla e penserebbe a risolvere questioni più importanti di qualche cacca per terra.
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E invece no. Il caro Robert non è certo una persona qualunque e non si farà intimorire da qualche cacca di cane. La soluzione è tanto semplice quanto grottesca: obbligare tutti i residenti a schedare il DNA del loro cane, cosicché attraverso i campioni dalle feci lasciate in terra si possa scovare il colpevole a quattro zampe e — di riflesso — il suo padrone.
“È necessario punire i cittadini per farli comportare meglio”, afferma Robert France Bleu Radio.
Hey Robert, ma siamo sicuri che punire i cittadini per modificare il loro comportamento sia il ruolo di un sindaco?
Anche Alto Adige, Genova e Roma sommerse dalla cacca di cane - oppure no
Robert Ménard non è però solo nel suo dramma. Ho infatti scoperto che anche in Alto Adige sarà obbligatoria dal 31 dicembre 2023 la profilazione genetica di tutti i cani residenti1. Lo scopo, a dire dell’assessore provinciale Arnold Schuler è identificare gli escrementi dei cani e sanzionare i proprietari che non raccolgono. Accidenti, non pensavo che anche in Alto Adige fosse così pieno di cacche di cane da richiedere tali interventi.
Pare che diverse città e regioni siano interessate al “progetto pilota” dell’Alto Adige. Ad esempio gli assessori del comune di Genova hanno incontrato Schuler per valutare la possibilità di rendere obbligatoria questa profilazione genetica. E dire che a Genova ci vado spesso e non ho mai pestato una cacca di cane. Evidentemente sono molto fortunato.
Anche a Roma qualcuno è impegnato nell’arduo compito di mitigare il flagello delle deiezioni canine. Il consigliere del XV municipio Max Petrassi (Italia Viva)2 ha però avuto un’idea originale e innovativa: obbligare i cittadini romani a schedare geneticamente i loro cani e poi effettuare test sulle cacche per scovare i malfattori e multarli. Aspetta… dove l’ho già sentita questa?
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Il business delle cacche di cane
Okay qui c’è qualcosa che puzza. Possibile che tutte queste menti illuminate siano improvvisamente arrivate alla stessa conclusione? Mah. Più probabile invece che ci sia qualche azienda, come PooPrints — che fattura più di 7 milioni di euro l’anno — che ha inventato questa articolata soluzione per risolvere un non-problema.
Più probabile che sindaci, consiglieri e assessori, ben poco illuminati, vogliano far bella figura emulando altri che prima di loro sono cascati nelle braccia del dipartimento marketing di qualche azienda con troppa fuffa da vendere.
In effetti basta googlare per vedere molti esempi di altre città che hanno adottato soluzioni tecnologiche uguali a quelle proposte in Francia e Italia: Tel Aviv3, Denver4, Mallorca5…
Esiste davvero un problema globale di cacche non raccolte, o questi politici stanno invece usando soldi estorti ai cittadini per inventare complessi schemi di sorveglianza e tassazione occulta?
Sì, perchè schedare geneticamente il cane significa anche sorvegliare indirettamente il proprietario. Come dichiarato anche dall’azienda PooPrints6, una volta schedato il DNA del cane sarà possibile tracciarlo ovunque nel mondo, e con lui il suo padrone.
Qualcuno potrebbe dire che ci sono modi migliori per sorvegliare le persone. Certo, ma non per questo bisogna sottovalutare e accettare un ulteriore ingerenza dello Stato nella nostra vita.
Per quanto riguarda la tassazione occulta invece non c’è molto da dire: queste schedature genetiche si pagano (circa €65). Chi non lo fa, sarà sanzionato. Un buon modo per far cassa, anche senza raccogliere cacche in giro. In Alto Adige si stimano 45.000 cani registrati, che equivale a un’entrata di quasi 3 milioni di euro. Così, de botto.
Le grandi cose arrivano dalle piccole cose
La questione, abbastanza ridicola, dovrebbe farci riflettere sul potenziale distruttivo della tecnologia nelle mani di politici che non vedono l’ora di spendere i nostri soldi per inventarsi fantasiosi modi per renderci la vita più difficile.
A qualcuno potrà sembrare una piccola cosa; perfino una misura ragionevole per insegnare una lezione agli incivili. Se non fosse che, dato il copia-incolla di questa incredibile “soluzione” è molto probabile che la cacca del cane non sia altro che un pretesto, e che gli incivili siano in verità ben pochi.
In ogni caso: grandi cose vengono costruite a partire dalle piccole. Ieri era l’obbligo di microchip, oggi è la schedatura genetica. Domani sarà un collare GPS collegato alle forze dell’ordine. O qualche altra diavoleria che inevitabilmente finirà per intaccare quel poco di privacy che ci rimane, pure quando interagiamo col nostro cane.
Ma parliamo anche della questione ontologica. È evidente che l’oggetto dell’intervento non è il cane, ma il padrone. Il cane, in quanto avente una relazione diretta col padrone, è uno strumento attraverso cui estrarre risorse e punire i cittadini; d’altronde sono loro ad essere responsabili del comportamento del cane, no?
Perché allora non fare lo stesso coi bambini? Perché non obbligare ogni genitore a legare un braccialetto elettronico con GPS alla caviglia dei figli? Qual è la differenza tra un cane che caga davanti alla porta di casa del sindaco e un ragazzino che gli disegna un pisello sul muro? Entrambi sono soggetti all’autorità e alla responsabilità del padrone/genitore.
Meme del giorno
Citazione del giorno
“It's only because of their stupidity that they're able to be so sure of themselves.”
Franz Kafka
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#39 / Di cacche di cane e privacy
Il piccolo comune di Béziers invaso dalle cacche di cane - oppure no
Robert Ménard è il sindaco di Béziers, un piccolo comune sulla costa della Francia meridionale. Robert Ménard ha un problema: le cacche di cane lasciate in giro per strada.
Cosa farebbe una persona normale per affrontare questa grave piaga sociale? Magari cercherebbe di sensibilizzare i cittadini; o forse potrebbe distribuire “gratuitamente” bustine per raccogliere la cacca dei cani. O magari, non farebbe proprio nulla e penserebbe a risolvere questioni più importanti di qualche cacca per terra.
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E invece no. Il caro Robert non è certo una persona qualunque e non si farà intimorire da qualche cacca di cane. La soluzione è tanto semplice quanto grottesca: obbligare tutti i residenti a schedare il DNA del loro cane, cosicché attraverso i campioni dalle feci lasciate in terra si possa scovare il colpevole a quattro zampe e — di riflesso — il suo padrone.
“È necessario punire i cittadini per farli comportare meglio”, afferma Robert France Bleu Radio.
Hey Robert, ma siamo sicuri che punire i cittadini per modificare il loro comportamento sia il ruolo di un sindaco?
Anche Alto Adige, Genova e Roma sommerse dalla cacca di cane - oppure no
Robert Ménard non è però solo nel suo dramma. Ho infatti scoperto che anche in Alto Adige sarà obbligatoria dal 31 dicembre 2023 la profilazione genetica di tutti i cani residenti1. Lo scopo, a dire dell’assessore provinciale Arnold Schuler è identificare gli escrementi dei cani e sanzionare i proprietari che non raccolgono. Accidenti, non pensavo che anche in Alto Adige fosse così pieno di cacche di cane da richiedere tali interventi.
Pare che diverse città e regioni siano interessate al “progetto pilota” dell’Alto Adige. Ad esempio gli assessori del comune di Genova hanno incontrato Schuler per valutare la possibilità di rendere obbligatoria questa profilazione genetica. E dire che a Genova ci vado spesso e non ho mai pestato una cacca di cane. Evidentemente sono molto fortunato.
Anche a Roma qualcuno è impegnato nell’arduo compito di mitigare il flagello delle deiezioni canine. Il consigliere del XV municipio Max Petrassi (Italia Viva)2 ha però avuto un’idea originale e innovativa: obbligare i cittadini romani a schedare geneticamente i loro cani e poi effettuare test sulle cacche per scovare i malfattori e multarli. Aspetta… dove l’ho già sentita questa?
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Il business delle cacche di cane
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Esiste davvero un problema globale di cacche non raccolte, o questi politici stanno invece usando soldi estorti ai cittadini per inventare complessi schemi di sorveglianza e tassazione occulta?
Sì, perchè schedare geneticamente il cane significa anche sorvegliare indirettamente il proprietario. Come dichiarato anche dall’azienda PooPrints6, una volta schedato il DNA del cane sarà possibile tracciarlo ovunque nel mondo, e con lui il suo padrone.
Qualcuno potrebbe dire che ci sono modi migliori per sorvegliare le persone. Certo, ma non per questo bisogna sottovalutare e accettare un ulteriore ingerenza dello Stato nella nostra vita.
Per quanto riguarda la tassazione occulta invece non c’è molto da dire: queste schedature genetiche si pagano (circa €65). Chi non lo fa, sarà sanzionato. Un buon modo per far cassa, anche senza raccogliere cacche in giro. In Alto Adige si stimano 45.000 cani registrati, che equivale a un’entrata di quasi 3 milioni di euro. Così, de botto.
Le grandi cose arrivano dalle piccole cose
La questione, abbastanza ridicola, dovrebbe farci riflettere sul potenziale distruttivo della tecnologia nelle mani di politici che non vedono l’ora di spendere i nostri soldi per inventarsi fantasiosi modi per renderci la vita più difficile.
A qualcuno potrà sembrare una piccola cosa; perfino una misura ragionevole per insegnare una lezione agli incivili. Se non fosse che, dato il copia-incolla di questa incredibile “soluzione” è molto probabile che la cacca del cane non sia altro che un pretesto, e che gli incivili siano in verità ben pochi.
In ogni caso: grandi cose vengono costruite a partire dalle piccole. Ieri era l’obbligo di microchip, oggi è la schedatura genetica. Domani sarà un collare GPS collegato alle forze dell’ordine. O qualche altra diavoleria che inevitabilmente finirà per intaccare quel poco di privacy che ci rimane, pure quando interagiamo col nostro cane.
Ma parliamo anche della questione ontologica. È evidente che l’oggetto dell’intervento non è il cane, ma il padrone. Il cane, in quanto avente una relazione diretta col padrone, è uno strumento attraverso cui estrarre risorse e punire i cittadini; d’altronde sono loro ad essere responsabili del comportamento del cane, no?
Perché allora non fare lo stesso coi bambini? Perché non obbligare ogni genitore a legare un braccialetto elettronico con GPS alla caviglia dei figli? Qual è la differenza tra un cane che caga davanti alla porta di casa del sindaco e un ragazzino che gli disegna un pisello sul muro? Entrambi sono soggetti all’autorità e alla responsabilità del padrone/genitore.
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“It's only because of their stupidity that they're able to be so sure of themselves.”
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La DPA belga ha permesso alle testate giornalistiche di comprarsi l'esenzione dalla conformità al GDPR Oggi la noyb presenta un reclamo contro 15 siti di notizie belgi che utilizzano banner cookie illegali. Tra questi ci sono testate giornalistiche come RTL Belgio, Het Laatste Nieuws e L'Avenir
How to create and protect an anonymous identity
Have you ever thought of creating an anonymous identity online with which to interact or spread your ideas without fear of repercussions?
Easier said that done.
Technology is seldom enough to keep an identity anonymous. Being truly anonimous takes a lot of effort, planning and risk assessment — based on who you are, where you live and what you want to do with your anonymous identity.
“Even a poor plan is better than no plan at all.”
Mikhail Chigorin
Today I’d like to offer you a glimpse of what you should keep in mind to protect your real identity. Before starting, however, we should clarify one issue: privacy and anonymity are not the same thing. They shouldn't be confused, and they cannot be protected in the same way.
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Differences between privacy and anonymity
Privacy is many things.
However, as far as we are concerned here, we can say that it’s also the power to keep certain information confidential with respect to the outside world. For example, you might want to keep your communications or transactions confidential towards certain people or organisations. Privacy is therefore something that belongs to content: what we say or what we do.
Anonymity, on the other hand, belongs to identity.
Being anonymous means not being identifiable. Anonymity is often used as a way to give up privacy safely. For example, you may decide that you need an anonymous identity precisely to spread your thoughts publicly without fear of backlashes.
And then, there is pseudonymity: a “soft” form of anonymity. It’s the ability to create a digital identity recognizable by the public, but not immediately and easily referable to you.
This is the main difference: if you’re truly anonymous, your what you do or write cannot be referable to you, ever. If you’re pseudoanonimous, someone with a lot of resources (e.g. an intelligence agency) might be able to re-identify you. The simplest, and least secure example of a pseudoanonimous identity is being registered to a social network such as Twitter or Reddit using a nickname instead of your real name. You’re still quite easily identifiable though, since they keep track of IP addresses and other metadata.
Pseudonymity is therefore not anonymity.
But above all, always remember that privacy, as well as anonymity, are dynamic states of information that will change according to the context: between full identifiability and absolute anonymity (which does not exist, except in specific contexts) there are infinite gradations.
Our digital identities
Most of us have at least two digital identities: a private one and a work one.
In addition to these two identities, some people may need to create other identities to protect themselves: whistleblowers, journalists, political dissidents, researchers or anyone who wants to express their opinion without being prosecuted or discriminated against — like dangerous libertarian extremists that believe in the Non Aggression Principle. In these cases it might be useful to create an anonymous identity that can mitigate the risk of identification.
But being anonymous online isn't easy. To hope to be so, you need the right tools, but above all a plan that will allow you to have an adequate level of security.
Ten rules of thumb
Now that we have made the necessary introductions, we can move on to seeing how to create and protect our anonymous identity, thanks to a few principles borrowed from the world of OPSEC (Operations security). The following rules, to be understood more as "general principles" are designed to help you protect your online identity and to increase your level of anonymity:
1. Like Fight Club
The first rule is… don't talk about your anonymous identity or your plan. Never reveal the details of your security system or the tools you use to anyone. Not even to close friends or family members.
Basically: Shut the Fuck Up.
2. Start from scratch
If you already have an identity, make sure it's not tainted. If you are not able to assess the risk of contamination (see rule n. 3) and the various vulnerabilities, better create an identity from scratch.
The identities and tools used (e.g. means of communication) can also change on a regular basis to mitigate the risk over time. That way, if an identity is discovered or surveilled, the compromise will be less severe.
Fun fact: this site allows you to create fictitious identities full of realistic details.
3. Don't taint your identities
Having one or more anonymous identities is useless if you don't pay attention to contaminations. Anonymity is a delicate balance that is easily broken.
Don't ever use the same email, account, browser, or login credentials. Separate as much as possible the devices, operating systems, and wi-fi networks with which you access the Internet. Don't communicate with the same people through different identities.
The level of identity segmentation should increase depending on your risk profile. The higher the risk, the more the identities must remain separate.
4. Stay in character
Create a background and stay in character. Avoid creating over-the-top identities that lack credibility or identities that you can't handle easily. If you are a 40 year old man who doesn’t speak French, don't try to pass yourself off as a french female teenager.
5. Trust no one
The zero-trust approach is a good habit in many aspects of life. Don't trust anyone, and especially don't trust anyone who says you can trust them.
Reducing the required level of trust automatically decreases the risk of exposure as well. Don't give anyone the power to blackmail or expose you. The oldest intelligence trick is to buy (or coerce) information from people.
6. Don't expose yourself unnecessarily
Don't brag about your security protocols and avoid any behavior that may ring an alarm somewhere. Do not draw too much attention to particularly sensitive issues and avoid getting reported for any kind of violation.
7. Recognize your limits
Don't overcomplicate things and only do what you 100% understand. If you don't understand a tool or the full implications of what you're doing, don't do it. Keep it easy!
8. Leave no traces
Store only the essential information you need, and securely delete everything else. Delete or better yet — do not record any information, documents, logs that are not strictly necessary. If you can't help it, use encrypted documents (and adequately protect private keys). Avoid storing documents and encryption keys on public clouds.
9. No personal details
Avoid giving real personal details when interacting with people from your anonymous identity. Do not give information about your real gender/age/ethnicity. Avoid talking about your interests, hobbies, or any other information that can help identify you. Avoid posting photos and identification marks. Giving out personal details can lead to being identified.
10. Watch out for anomalies
Being anonymous is very difficult, and it is even more difficult if you surround yourself with anomalies that can be exploited to profile you and track your real-life identity. For example, writing weird coded messages that make no sense on Twitter is an anomaly. The best thing is to blend in and be as normal as possible, to stay in the background noise.
In summary
- Shut the f*ck up
- Do not trust anybody
- Compartmentalize identities and means of communication
- Leave no traces
- Remember that intelligence and law enforcement also follow the same rules:
Thanks for reading!
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chiamare il verde pedonale a #Roma, e ricevere in cambio inutili cinguettii elettronici
Mi piacerebbe che la funzione del pulsante fosse specificata: con il miraggio di attraversare prima inneschiamo solo indesiderato inquinamento acustico.
la bocca piccola dei secchioni della spazzatura di #Roma
Non mi sorprende che la gente lasci tutto in terra invece di dover lottare spingendo faticosamente, e vedo vecchietti che si fanno venire un infarto sotto al sole nel civico tentativo di riuscire a fare la differenziata.
Chi vuole sbarazzarsi abusivamente dei calcinacci tranquillamente alza il coperchio.
MESsaggio dal capitale: “Tutto mio” | La Città Futura
"Gli Stati in crisi e che vi ricorrono, infatti, vengono sottoposti a vincoli finanziari pesanti e i pochi poteri residui in fatto di politica economica che le regole di Maastricht ancora consentono verrebbero espropriati dal capitale finanziario, il quale non solo imprimerebbe una nuova pressione ai diritti sociali ma impedirebbe anche di rispondere adeguatamente alla recessione che ormai interessa quasi tutta l’eurozona."
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Etica informatica e Intelligenza Artificiale | By Civico Settanta
L'etica informatica e l'intelligenza artificiale sono strettamente interconnesse. L'intelligenza artificiale (IA) è una tecnologia che si basa sull'elaborazione di enormi quantità di dati, al fine ditalium.co
Poliverso & Poliversity reshared this.
A proposito di Zeri, ricordiamo il grande Federico
Federico Zeri (Roma, 12 agosto 1921 – Mentana, 5 ottobre 1998) è stato uno storico dell'arte e critico d'arte italiano.
Ricordiamo chi ha inventato lo Zero
मुक्त ज्ञानकोश विकिपीडिया से
शून्य
Estela C de Tres Zapotes.jpg
ईपीआई-ओल्मेक स्क्रिप्ट।
शून्य (०) एक अंक है जो संख्याओं के निरूपण के लिये प्रयुक्त आजकी सभी स्थानीय मान पद्धतियों का अपरिहार्य प्रतीक है। इसके अलावा यह एक संख्या भी है। दोनों रूपों में गणित में इसकी अत्यन्त महत्वपूर्ण भूमिका है। पूर्णांकों तथा वास्तविक संख्याओं के लिये यह योग का तत्समक अवयव है।
ग्वालियर दुर्ग में स्थित एक छोटे से मन्दिर की दीवार पर शून्य (०) उकेरा गया है जो शून्य के लेखन का दूसरा सबसे पुराना ज्ञात उदाहरण है। यह शून्य आज से लगभग १५०० वर्ष पहले उकेरा गया था।[1]
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iam0day
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Basso Daniele, Robaque, skariko, Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂, gpuccio87, L'unico Dee, cela96, Vega, Vanadio_Scaraf e UprisingVoltage like this.
Basso Daniele
in reply to Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂ • • •Sono troppo ottimista forse?
Comunque per ora non ho visto nessuno che usi threads, non ho idea di come cercarlo né c'è apertura da questo, la cosa che lo colleghi al mio account Instagram + che non possa cancellarlo sono due contro che non voglio permettermi.
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Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂, Vanadio_Scaraf e UprisingVoltage like this.