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Stefano Galieni* Il 25 luglio del 1998, 25 anni fa, l’allora Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, (c’era il primo governo Prodi) eman


di Dino Greco - La necessità di imporre, con la forza della legge, un salario minimo orario e, a fortiori, mensile, si rende improrogabile di fronte al dila


Come la guerra in Ucraina ridisegnerà lo scenario geopolitico europeo


La sicurezza e la stabilità del continente europeo sono sempre state una priorità fondamentale per gli Stati Uniti. Un elemento chiave di questa stabilità era, seppur sotto traccia, quello di impedire la nascita di un’entità unificante che potesse trasfor

La sicurezza e la stabilità del continente europeo sono sempre state una priorità fondamentale per gli Stati Uniti. Un elemento chiave di questa stabilità era, seppur sotto traccia, quello di impedire la nascita di un’entità unificante che potesse trasformare l’Europa in un potente concorrente strategico.

Durante la guerra fredda, quando l’Unione Sovietica era il principale avversario, la presenza fisica militare statunitense fu considerata la soluzione migliore per arrivare all’obiettivo e la Nato l’elemento operativo per raggiungerlo. In virtù di una minaccia comune, l’unificazione militare delle nazioni europee occidentali nella Nato permise di bloccare il dominio dell’Urss sul continente, mentre una abile politica di divide et impera impedì la trasformazione della nascente Ue in una entità politica abbastanza forte da competere con la leadership degli Stati Uniti.

Dopo la guerra fredda, per quasi trent’anni, l’allargamento a est dell’Ue e della Nato è stato funzionale a espandere l’area di sicurezza e stabilità in Europa, riducendo al contempo le possibilità di una rinascita della Russia e quindi di una rinnovata minaccia. La ridotta rilevanza della Nato, dovuta al meno probabile confronto militare, fu compensata da un maggiore sforzo nell’affrontare la stabilizzazione e la pacificazione di diverse aree del mondo divenute instabili anche a causa della fine del confronto bipolare, della frammentazione geopolitica e del conseguente vuoto di potere.

L’ascesa della Cina come nuovo concorrente strategico e il naturale spostamento verso il Pacifico degli interessi statunitensi, insieme a un costo valutato troppo alto per risultati troppo limitati dello sforzo di stabilizzazione a livello mondiale, hanno portato gli Usa a ricercare una nuova strategia per risolvere un importante dilemma geopolitico: come affrontare la nuova minaccia nel Pacifico pur continuando a garantire la stabilità del continente europeo nei termini voluti. In sintesi, le domande a cui dare risposta erano:

Come migliorare la capacità degli alleati europei di esprimere una loro più credibile deterrenza nei confronti della Russia insieme a una capacità di affrontare in modo più autonomo le questioni di sicurezza regionale, impedendo allo stesso tempo all’Unione europea di diventare un centro di potere indipendente?

Come allineare i Paesi dell’Ue in un nuovo confronto strategico, guidato dagli Stati Uniti, con la Cina in forte crescita?

Come prevenire ogni possibile influenza o potere della Russia sull’Europa o un’intesa euro-russa basata su interessi economici comuni?

Per la prima domanda, la risposta fu trovata nei nuovi impegni Nato (2% del Pil per la difesa e 20% di quello per gli investimenti), nella richiesta di una maggiore condivisione degli oneri (burden sharing) e nel consentire agli Stati membri dell’Ue di sviluppare una maggiore coordinazione e collaborazione in materia di difesa. Allo stesso tempo, tuttavia, gli Usa hanno ricercato e mantenuto una forte intesa bilaterale per la difesa con i Paesi dell’Est (e non solo), anche attraverso la fornitura privilegiata di equipaggiamenti americani, per garantire il predominio della Nato su qualsiasi iniziativa Ue ed evitare qualsiasi disaccoppiamento (decoupling) militare tra Usa e Ue.

Per dare risposta alla seconda domanda, la soluzione è stata trovata mantenendo una forte rilevanza della Nato quale organismo non solo per la difesa collettiva dell’Europa, ma anche come principale riferimento per la Difesa tout-court, aprendo allo stesso tempo sempre più la Nato ai partner asiatici. Inoltre, sviluppando un accresciuto dibattito tra gli alleati sulle possibili minacce provenienti dall’area del Pacifico, l’obiettivo rimane quello di portare la Nato a essere più coinvolta nel nuovo shift strategico degli Stati Uniti, assicurando in tal modo, come minimo, un allineamento delle nazioni europee con gli Stati Uniti nel nuovo confronto geopolitico.

Passando al terzo punto, il modo per ridurre le crescenti relazioni Ue-Russia, basate sullo scambio di prodotti e risorse finanziarie in cambio di risorse naturali, è stato a lungo problema irrisolto per gli Usa. Senza alcuna minaccia evidente, infatti, le considerazioni economiche sono sempre state predominanti su quelle geopolitiche e strategiche, specialmente nelle nazioni europee abituate a considerare la pace permanente come un obiettivo raggiunto e la deterrenza degli Stati Uniti attraverso la Nato come un dato di fatto per sempre.

L’aggressione russa all’Ucraina ha generato un cambiamento in questa situazione, aprendo a uno scenario con due possibili esiti.
Pragmaticamente, sia in caso di guadagni territoriali Ucraini con l’offensiva in corso o di uno stallo intorno a una linea da stabilire, il confronto militare attivo Ucraina-Russia diminuirà fino a quasi diventare residuale, a causa del fatto che entrambi i contendenti sono esausti e bisognosi di tempo per recuperare. Anche con una solida tregua, tuttavia, un conflitto congelato o una disputa irrisolta nell’est europeo creeranno comunque un nuovo scenario geopolitico.

Un esito sicuramente positivo del conflitto in corso per gli Stati Uniti, quindi, sarebbe una Europa divisa in tre aree geopolitiche: una Russia indebolita, bisognosa di molto tempo per riprendersi, con molti problemi interni e limitata dalle sanzioni in corso, e uno spazio europeo gestito da un debole coordinamento dell’Ue e composto da due parti distinte, una orientale (Baltico, Paesi nordici, sud-est europeo e Ucraina) e una occidentale composta dalle originarie nazioni dell’Ue. Queste due diverse entità geopolitiche faranno entrambe parte del blocco europeo formalmente a guida Ue, pacificato e stabile, ma il primo gruppo (orientale) resterà politicamente molto più orientato agli Stati Uniti e alla Nato, per evidenti e pressanti esigenze di difesa verso la Russia.

Operativamente, tale blocco impedirà ogni possibile evoluzione dell’Ue verso l’obiettivo di diventare un attore geopolitico significativo. Al secondo gruppo di nazioni, quindi, sarà impedito di raggiungere un più alto grado di unità mediante un più alto grado di autonomia strategica, così condannando tutte le nazioni europee a un ruolo subordinato agli Stati Uniti e all’irrilevanza geopolitica. Situazione, quest’ultima, certamente non favorevole al perseguimento dei legittimi interessi delle singole nazioni o comuni.

Gli Stati membri originari dell’Ue, tuttavia, potrebbero evitare questo scenario cogliendo l’opportunità della mutata situazione di sicurezza e agendo rapidamente per prevenire le condizioni che potrebbero portare a tale risultato. Invece di occuparsi di attività di breve termine e corto respiro, i Paesi più willing and able dell’Ue dovrebbero concordare un’agenda politica con chiare attività da fare per ridefinire l’architettura di sicurezza e difesa dell’Ue, gli obiettivi e i mezzi per raggiungerli, eventualmente accettando, come è stato con l’euro, un iniziale diverso grado di integrazione.

Questa strategia comporterebbe in qualche modo un ritorno alle origini nell’utilizzo della Pesco o la messa a punto di un nuovo analogo strumento per consentire agli Stati membri originari dell’Ue (con qualche altro partner) di accelerare la costruzione di un’Europa della difesa più integrata sul piano politico, militare e industriale in grado di esprimere un’adeguata sovranità strategica, lasciando aperta la strada per successivi allargamenti ma solo a condizione che non avvenga a discapito della condivisione di questo obiettivo.


formiche.net/2023/07/ridisegna…



Air diplomacy, così l’Aeronautica italiana si esercita in Giappone


L’Aeronautica militare e la Forza di autodifesa giapponese (Jasdf) condurranno una esercitazione militare congiunta che vedrà i velivoli delle due Forze armate addestrarsi insieme su diverse attività in scenario operativo sul sedime della base aerea giapp

L’Aeronautica militare e la Forza di autodifesa giapponese (Jasdf) condurranno una esercitazione militare congiunta che vedrà i velivoli delle due Forze armate addestrarsi insieme su diverse attività in scenario operativo sul sedime della base aerea giapponese di Komatsu. L’esercitazione, che si svolgerà dal 4 all’8 agosto, vedrà rischierare in Giappone diversi assetti aerei. L’Italia porterà in Giappone velivoli dalle caratteristiche di impiego molto diverse, inclusi i caccia di quinta generazione F-35, i tanker KC-767A, il nuovissimo Caew (Conformal airborne early warning) G-550 e i velivoli da trasporto tattico C-130J. L’invio di mezzi e personale nel Paese del Sol levante richiederà una complessa e minuziosa operazione logistica, che sarà anche un importante test della rete di comando e controllo e della propria capacità di proiettare, sostenere e far operare assetti in un teatro lontano (definita expeditionary).

La presenza italiana nell’Indo-Pacifico

L’iniziativa congiunta nell’arcipelago ha sicuramente l’importante ruolo di rafforzare i legami tra Roma e Tokyo ed è volta ad accrescere ulteriormente le competenze delle reciproche Forze aeree in termini di interoperabilità e di capacità operativa, rientra nell’ambito dei più ampi rapporti di collaborazione tra Italia e Giappone, e rappresenta anche un ulteriore tassello nell’interessamento del nostro Paese nella regione dell’Indo-Pacifico. Questo rapporto, che include anche l’accordo tra Aeronautica militare e Jasdf per la formazione dei piloti presso l’International flight training school (Ifts), basata a Decimomannu, è caratterizzato anche dalla collaborazione sul progetto per il caccia di nuova generazione Global combat air programme (Gcap).

Collaborazione italo-giapponese

A fine giugno, tra l’altro, si sono incontrati a Palazzo Aeronautica a Roma i ministri della Difesa dei Paesi Gcap. Presenti per l’Italia Guido Crosetto, ministro della Difesa, per il Regno Unito Ben Wallace, segretario alla Difesa, e per il Giappone Atsuo Suzuki, viceministro della Difesa. L’incontro si è svolto in un clima positivo, e ha permesso di compiere passi in avanti verso la costituzione del consorzio alla base del Gcap. Il vertice è seguito a quello avvenuto a marzo in Giappone, quando Crosetto e Wallace incontrarono il ministro Yasukazu Hamada per discutere i prossimi passi verso lo sviluppo congiunto del Gcap, a margine del Dsei Japan, la principale manifestazione dedicata al settore della Difesa integrato giapponese. Una nuova riunione a tre potrebbe tenersi entro l’autunno. E, se la rotazione venisse rispettata, si dovrebbe tenere su suolo britannico, con la presenza del viceministro Suzuki.

Il Gcap

Il progetto del Global combat air programme prevede lo sviluppo di un sistema di combattimento aereo integrato, nel quale la piattaforma principale, l’aereo più propriamente inteso, provvisto di pilota umano, è al centro di una rete di velivoli a pilotaggio remoto con ruoli e compiti diversi, dalla ricognizione, al sostegno al combattimento, controllati dal nodo centrale e inseriti in un ecosistema capace di moltiplicare l’efficacia del sistema stesso. L’intero pacchetto capacitivo è poi inserito all’intero nella dimensione all-domain, in grado cioè di comunicare efficacemente e in tempo reale con gli altri dispositivi militari di terra, mare, aria, spazio e cyber. Questa integrazione consentirà al Tempest di essere fin dalla sua concezione progettato per coordinarsi con tutti gli altri assetti militari schierabili, consentendo ai decisori di possedere un’immagine completa e costantemente aggiornata dell’area di operazioni, con un effetto moltiplicatore delle capacità di analisi dello scenario e sulle opzioni decisionali in risposta al mutare degli eventi.

Il programma congiunto

L’avvio del programma risale a dicembre del 2022, quando i governi di Roma, Londra e Tokyo hanno concordato di sviluppare insieme una piattaforma di combattimento aerea di nuova generazione entro il 2035. Nella nota comune, i capi del governo dei tre Paesi sottolinearono in particolare il rispettivo impegno a sostenere l’ordine internazionale libero e aperto basato sulle regole, a difesa della democrazia, per cui è necessario istituire “forti partenariati di difesa e di sicurezza, sostenuti e rafforzati da una capacità di deterrenza credibile”. Grazie al progetto, Roma, Londra e Tokyo puntano ad accelerare le proprie capacità militari avanzate e il vantaggio tecnologico. Ad aprile, tra l’altro, l’Italia ha lanciato la Gcap acceleration initiative per accelerare lo sviluppo di tecnologie relative al Global combat air programme. Destinata a aziende e centri di ricerca, lo scopo dell’iniziativa è raccogliere le migliori proposte volte per la piattaforma Gcap per lavorare insieme a soluzioni innovative che possano essere applicate nel processo di maturazione tecnologica.

Le altre esercitazioni del Giappone

L’esercitazione italiana seguirà quella in corso sempre in Giappone tra Parigi e Tokyo, la prima tra jet di combattimento tra i due Paesi. La Forza di autodifesa aerea giapponese parteciperà con tre caccia F-15 e due F-2, un aereo da trasporto KC-767 e un aereo da trasporto C-2, mentre la Forza aerea e spaziale francese schiererà due caccia Dassault Rafale, un aereo da trasporto Airbus A330 Multi-Role Tanker e un aereo da trasporto Airbus A400M, oltre a un contingente di circa 120 militari. L’iniziativa dimostra soprattutto il forte impegno della Francia ad espandere la propria presenza nell’Indo-Pacifico. L’ambito aereo nella quale l’esercitazione franco-giapponese è anche significativo, dal momento che Tokyo fa parte del programma per il caccia di sesta generazione con Italia e Uk Gcap, parallelo (e concorrente) a quello franco-tedesco Fcas.


formiche.net/2023/07/air-diplo…



Spagnoletta


Il risultato delle elezioni spagnole parla alla politica e alle democrazie. Se un governo (e quale) sarà possibile costituirlo o se, invece, gli elettori saranno nuovamente chiamati alle urne, è un tema spagnolo. Interessante per tutti noi, ma pur sempre

Il risultato delle elezioni spagnole parla alla politica e alle democrazie. Se un governo (e quale) sarà possibile costituirlo o se, invece, gli elettori saranno nuovamente chiamati alle urne, è un tema spagnolo. Interessante per tutti noi, ma pur sempre spagnolo. Ma le indicazioni di quegli elettori rappresentano un filo che si dipana per l’intera Unione europea, avvolto in una spagnoletta che sarà bene non perdere.

Si è andati avanti per mesi a considerare imminente una vittoria della destra reazionaria. Una destra che è tale sul piano dei diritti individuali, ma che lo è anche nel valutare i rapporti fra il proprio Paese e l’Ue. Reazionaria perché capace di raccogliere i consensi di quanti intendono reagire negativamente sia sul piano del costume, compreso quello familiare e sessuale, sia su quello dell’integrazione europea. Quella destra, su cui aveva scommesso anche Giorgia Meloni, ha perso. Ha preso meno voti che nel 2019 e non è nelle condizioni di assicurare ai popolari, qualora lo volessero, il completamento di una maggioranza parlamentare.

Il dato decisivo – che parla a tutte le democrazie – è che, mentre il mondo della comunicazione insegue e spettacolarizza gli estremismi, la stragrande maggioranza degli elettori premia due partiti diversi e alternativi, ma pur sempre nell’area della ragionevolezza e della responsabilità: i popolari e i socialisti, di destra e sinistra, ma né reazionari né rivoluzionari. Le due famiglie che assicurano la maggioranza anche al Parlamento europeo.

Nel caso spagnolo i popolari ridiventano il partito di maggioranza relativa, mentre i socialisti, che comunque guadagnano voti e seggi dopo avere governato, diventano il secondo partito. La differenza fra loro è appena dell’1,3%, raccogliendo il consenso del 66,7% degli elettori. In una democrazia è ineludibile l’esistenza di un partito di maggioranza relativa, ma lo è anche il fatto che non ha i voti per governare da solo. Da qui in poi contano la responsabilità e la capacità politica e da qui in poi abbandoniamo i confini spagnoli per parlare di tutte le democrazie.

Certo che funzionano quando maggioranze diverse si alternano al governo, restando dentro un condiviso quadro istituzionale, ma devono funzionare anche quando gli elettori decidono di non consegnare a nessuno, in esclusiva, le chiavi del governo. A quel punto sono i protagonisti della politica che devono stabilire se chiedere agli elettori di cambiare parere o se tocca a loro cambiare il modo di operare. Noi italiani siamo stati un ottimo laboratorio: abbiamo ripetutamente spaccato la grande maggioranza dei ragionevoli e abbiamo inseguito maggioranze autonome e autosufficienti, così consegnando i ragionevoli in ostaggio agli esaltati. Lo ha fatto la destra e lo ha fatto la sinistra. Con risultati simili: incapacità di governare e governi logorati non dall’opposizione affilata, ma dagli sfregi interni alla maggioranza.

Prendere atto che nessuno ha la maggioranza per governare non significa automaticamente mettersi a governare assieme, secondo lo schema delle grandi coalizioni. Certo è meglio cambiare apertamente posizioni circa le alleanze, piuttosto che – come da noi – avviare un’orgia trasformista per tenere assieme alleanze che non hanno alcun’altra omogeneità se non quella di volere vincere. E anziché avviare l’assurda lamentazione sui “governi non eletti” (posto che non si eleggono da nessuna parte), meglio responsabilmente rispettare gli elettori: uno di noi governerà, in qualche modo, ma riconosce all’altro di avere pari forza e legittimità, ergo si collabora sulle riforme e nessuno, salvo accordo, s’azzarda a cambiare le regole istituzionali.

Se non si vuole consegnare la scena politica, europea e nazionale, agli estremismi minoritari si deve avere la capacità di dare sostanza alla grande maggioranza degli elettori. Le democrazie e i Parlamenti servono a questo, anche se nell’era della bassa istruzione e dell’esaltazione propagandistica si è finito con il trascurarlo.

La Ragione

L'articolo Spagnoletta proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



di Ezio Locatelli* - Non c’è che dire. Sono tante le iniziative portate avanti in questo momento dal partito, dai banchetti di raccolta firme a quelle con


In Cina e Asia – L’Assemblea nazionale del popolo squalifica Qin Gang dalla carica di ministro degli Esteri


In Cina e Asia – L’Assemblea nazionale del popolo squalifica Qin Gang dalla carica di ministro degli Esteri qin gang
I titoli di oggi:
Cina, l'Assemblea nazionale del popolo squalifica Qin Gang dalla carica di ministro degli Esteri
Corea del Nord, arrivano le delegazioni russa e cinese. E Kim visita le tombe dei soldati cinesi
Pacifico, Blinken a Tonga per aprire una nuova ambasciata
Myanmar, la giunta emette una nuova banconota e scatta il panico inflazionistico

L'articolo In Cina e Asia – L’Assemblea nazionale del popolo squalifica Qin Gang dalla carica di ministro degli Esteri proviene da China Files.



Lo sportswashing dietro il calcio milionario dei sauditi


Il mondo guarda ai contratti faraonici per i calciatori stranieri che militeranno nel campionato saudita e dimentica le gravi accuse di violazioni di diritti umani e politici nel regno dei Saud L'articolo Lo sportswashing dietro il calcio milionario dei

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di Michele Giorgio

(questo articolo è stato pubblicato in origine dal quotidiano Il Manifesto)

Pagine Esteri, 26 luglio 2023 – Per i club di tutto il Golfo e non solo dell’Arabia saudita qualche star del calcio internazionale era già transitata negli anni scorsi. Si trattava di calciatori decisi a chiudere la carriera incassando qualche milione di dollari con poco sforzo. Per gli Emirati è passato da allenatore persino il più grande di tutti, Diego Maradona. Però non si era mai vista una valanga di milioni di dollari come quella che i club sauditi investono dal 2021 nel calcio mondiale. Con ingaggi stratosferici stanno mettendo sotto contratto calciatori di altissimo livello. Il primo è stato Cristiano Ronaldo, a fine carriera ma sempre in forma, che in Arabia saudita guadagna 200 milioni di euro a stagione. E quest’anno i sauditi saccheggiano anche il campionato italiano al quale hanno strappato un talento cristallino come Milinkovic-Savic, 28enne e all’apice della carriera, che nella sua nuova squadra, l’Al-Hilal di Riyadh, la più vincente del campionato locale, troverà l’ex difensore di Napoli e Chelsea Kalidou Koulibaly. L’Al Nassr, dove gioca Ronaldo, ha preso il centrocampista dell’Inter Marcelo Brozovic.

Il fenomeno saudita è stato paragonato ad altri simili visti di recente, come la Cina che però si è sgonfiato abbastanza prestp. Dietro c’è una strategia anche politica del controverso, a dir poco, principe ereditario Mohammed bin Salman che evidentemente ha inserito il calcio nel suo piano Vision 2030 di «modernizzazione» del regno. Non è per caso che i quattro top club sauditi – Al Hilal, Al Ittihad, Al Nassr e Al Ahli – siano ora controllati al 75% dal Public Investment Fund (Pif) – il fondo di investimento da 650 miliardi di dollari del governo saudita – che le controlla al 75 per cento. Il Pif due anni fa ha comprato anche il Newcastle in Premier e il team di F1 Aston Martin.

Secondo le notizie che girano, la Saudi Premier League (Spl) sotto la spunta di Mns punterebbe a diventare in 5-6 anni una delle dieci migliori leghe dal punto di vista tecnico, commerciale, finanziario e mediatico così da aprire la strada al Mondiale in Arabia saudita che salderebbe i conti con i cugini-rivali del Qatar. Ma le ombre sono tante su queste ambizioni in apparenza sportive e di puro interesse economico. Ed è forte il sospetto di sportwashing, ossia di una imponente operazione di immagine che attraverso il pallone punta a nascondere o, peggio, a far dimenticare completamente alla comunità internazionale le accuse di gravi violazioni di diritti umani e politici che l’Arabia saudita si porta dietro da sempre, assieme alla criminalizzazione dell’omosessualità e alla negazione di diritti fondamentali per le donne. Accuse a cui si aggiungono il brutale omicidio nel 2018 del giornalista dissidente Jamal Khashoggi di cui, si afferma da più parti, il mandante sarebbe stato proprio Mohammed bin Salman, e i crimini attribuiti a Riyadh per i bombardamenti in Yemen che dal 2015 hanno ucciso migliaia di civili.

E lo sportwashing funziona. Post e messaggi positivi sull’Arabia saudita da parte di Cristiano Ronaldo si stanno dimostrando efficaci. Così come è stata efficace la decisione presa dai Saud di ospitare finali di coppa di club europei e altri eventi sportivi, incluso il Gran Premio di F1. E se Lionel Messi ha scelto un’altra lega per chiudere la sua fenomenale carriera, comunque il campione argentino è stato ingaggiato per promuovere il regno in giro per il mondo. Da mesi e in queste ultime settimane in modo particolare, milioni di italiani e cittadini europei seguono le notizie da Riyadh solo per i petrodollari che vanno nelle tasche di questo o quel calciatore.

Nel frattempo nel rapporto sull’Arabia saudita 2022-23 di Amnesty International si legge che «Le autorità hanno preso di mira persone che avevano esercitato pacificamente i loro diritti alla libertà d’espressione e associazione» che «I difensori dei diritti umani sono stati maltrattati in carcere o soggetti a divieti di viaggio come condizione per il loro rilascio» e ancora che «I tribunali hanno emesso condanne alla pena capitale contro persone, anche minorenni, al termine di processi gravemente irregolari», tra cui membri di una tribù che si erano opposti allo sgombero dalle loro case. I lavoratori migranti hanno continuato a subire abusi e sfruttamento e, aggiunge Amnesty, «l’entrata in vigore di una legge sullo status personale, ha codificato a livello legislativo il sistema di tutoraggio maschile e la discriminazione contro le donne». Sarebbero migliaia i prigionieri di coscienza in Arabia saudita. Pagine Esteri

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PRIVACYDAILY


N. 143/2023 LE TRE NEWS DI OGGI: Il dipartimento degli Affari interni ha reso note le informazioni personali di oltre 50 partecipanti che hanno risposto a un sondaggio sulla sicurezza informatica, secondo quanto rivelato da Guardian Australia.I nomi, le ragioni sociali, i numeri di telefono e le e-mail dei partecipanti al sondaggio sono stati pubblicati... Continue reading →


#40 / Di telecamere, peculiari attivisti e strane priorità


Entro il 2025 mille nuove telecamere a Roma / Blade Runners, gli attivisti che non ci meritiamo / Le strane priorità della Bank of England / Torna la Privacy Week / Meme e citazione della settimana.

Entro il 2025 mille nuove telecamere a Roma


Il sindaco Gualtieri ha già dato disposizioni per far sì che Roma sia sicura per residenti e turisti in occasione del Giubileo del 2025: mille nuove telecamere, una sala operativa super smart per la polizia e un SOC (Cybersecurity Operation Center) per garantire la sicurezza delle telecamere e della sala operativa1. La sicurezza della sicurezza prima di tutto.

Di tutta questa sicurezza, ne saranno certamente felici gli amici romani. Finalmente potranno essere ripresi in tempo reale mentre vengono derubati in metro.

Hey, il portafoglio sparirà comunque e nessuno certamente sarà né catturato né processato — ma almeno saprete che da qualche parte c’è un vigile urbano che vi osserva, che veglia su di voi, e che prova tanta compassione. Mentre sorseggia il suo caffé con panna.

Lo so, forse sono eccessivamente critico. Magari le telecamere funzionano davvero come mezzo di repressione del crimine. In effetti, Milano è la città con più telecamere d’Italia ed è anche la più sicura. Che gli operatori del 112 la chiamino amichevolmente la Gotham City d’Italia è solo uno scherzo. È sicurissima, fidatevi. Soprattutto in zona Stazione Centrale, che è letteralmente invasa di telecamere.

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Blade Runners, gli attivisti che non ci meritiamo


Non tutti la pensano come Gualtieri e altri sindaci illuminati che non vogliono altro che il nostro benessere e sicurezza. In UK in particolare è da poco nato un movimento chiamato “Blade Runners” che ha una missione particolare: distruggere ogni telecamera di videosorveglianza nella città di Londra2.

A loro la sorveglianza di massa non piace, e non gli piace neanche l’espansione illimitata delle nuove ZTL videosorvegliate che da qualche tempo vengono spacciate come soluzione contro il cambiamento climatico.

Questi gentiluomini, che chiaramente non ci meritiamo, stanno progressivamente distruggendo e smantellando ogni telecamera. Un esponente, rimasto anonimo, ha recentemente dichiarato che non si fermeranno fino a che non le avranno distrutte tutte “no matter what”.

Pare che la loro azione sia stata così efficiente finora da aver messo in crisi le autorità locali, che potrebbero perfino decidere di sospendere il progetto ULEZ, simile alla Area B di Milano (una ZTL), per mancanza di apparati di sorveglianza.

Nel dissociarmi da queste terribili notizie di danneggiamento di proprietà pubblica, mi limito a dire che sarebbe davvero terribile se nascessero gruppi di emulazione in altre città europee, vista la fatica e l’amore che i nostri sindaci impiegano per tenerci al sicuro.

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Le strane priorità della Bank of England


La Bank of England ha deciso di dedicare il settimo piano del suo edificio a bagni unisex, o per meglio dire “gender neutral”. La decisione segue una serie di politiche inclusive e alcune dichiarazioni peculiari, anch’esse inclusive, come ad esempio il fatto che chiunque possa avere una gravidanza3.

Voi pensavate che alla Bank of England fossero impegnatissimi a scongiurare la più grande crisi finanziaria del secolo e contrastare l’inflazione (che loro stessi hanno causato). E invece no. Qua bisogna essere inclusivi. Ma perché parlarne su queste pagine?

Perché la questione dei bagni “gender neutral” riguarda molto da vicino anche la privacy e la dignità delle donne, per ovvi e oggettivi motivi, che però oggi sembrano essere fuori dalla portata delle più elevate menti dei nostri continenti.

Condividere un bagno o uno spogliatoio con persone dell’altro sesso può infatti essere un’esperienza negativa per molte donne, che magari preferirebbero non farsi guardare nude da persone dotate di prostata (questo è linguaggio inclusivo?).

D’altronde, se così non fosse, potremmo tutti già oggi usare bagni e spogliatoi uguali per tutti. Se nel corso della storia umana abbiamo deciso di separarli, forse un motivo c’era.

Nella letteratura in materia di privacy (in particolare Solove) si fa spesso riferimento all’impatto di azioni che in qualche modo invadono la sfera privata fisica della persona contro la sua volontà. L’esposizione forzosa di funzioni corporee o di nudità, unita alla sensazione di intrusione nella propria sfera privata, può infatti causare notevoli disagi psicologici nelle persone, oltre ad alterazioni dei loro comportamenti e perfino aumentare il rischio di micro-conflitti e violenze.

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Senza contare che i bagni, in generale, sono spesso frequentati anche da bambini — o da adulti con capacità intellettuali di bambini, nel caso delle Banche Centrali.

Quale genitore sarebbe felice di sapere che nel bagno o nello spogliatoio in cui si cambia sua figlia tredicenne dopo l’allenamento è presente anche una persona dotata di prostata di mezza età che ha deciso da un momento all’altro di farsi chiamare Jessica?

In che modo un’imposizione così violenta, che viola la privacy e la dignità delle donne a favore di alcune persone dotate di prostata, può dichiararsi inclusiva? Dov’è finito il femminismo di una volta?

Torna la Privacy Week


Torna la Privacy Week, quest’anno alla sua terza edizione. Un festival di cinque giorni a Milano in cui si alterneranno tanti eventi interessanti come hackaton, interviste, dibattiti, tavole rotonde, serate e incontri di networking. Anche quest’anno tutti gli eventi potranno essere visti comodamente da casa su www.privacyweek.it, mentre per alcuni ci si potrà anche registrare e partecipare dal vivo per chi volesse (posti limitati).

Privacy Week 2023 si terrà dal 25 al 29 settembre e naturalmente ci sarò anch’io, per chi volesse scambiare due chiacchiere dal vivo. Il palinsesto, che è ancora in corso di definizione, è già descritto qui.

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Meme della settimana


Citazione della settimana

“Don't feel sorry for yourself. Only assholes do that.”
Haruki Murakami

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romatoday.it/politica/sicurezz…

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standard.co.uk/news/london/bla…

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telegraph.co.uk/business/2023/…



Problemi di salute o disciplinari? I dubbi sul caso Qin Gang


Problemi di salute o disciplinari? I dubbi sul caso Qin Gang 8467100
Dopo una fulminante ascesa, Qin Gang non è più a capo degli esteri. Scomparso da settimane, ieri è stato sostituito. I social impazziscono e Pechino non dirada i dubbi

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L’innovazione europea è multidominio. Ecco l’impegno di Elt Group


Terrestre, aereo, navale, cyber e spazio. La partecipazione di Elt Group alle attività di ricerca e sviluppo finanziati nell’ambito dell’European defence funds (Edf) coinvolge l’azienda in tutti i domini operativi, dai tradizionali a quelli del futuro. La

Terrestre, aereo, navale, cyber e spazio. La partecipazione di Elt Group alle attività di ricerca e sviluppo finanziati nell’ambito dell’European defence funds (Edf) coinvolge l’azienda in tutti i domini operativi, dai tradizionali a quelli del futuro. La Commissione europea ha infatti selezionato i 41 programmi del Work program 2022, nove dei quali vedono la partecipazione da protagonista della società basata a Roma. In questi programmi, l’azienda fornisce il suo contributo grazie soprattutto alla competenza e capacità di innovazione nelle operazioni nello spazio elettromagnetico (Emso) e nel campo cyber.

La partecipazione all’Edf

Il gruppo è coinvolto nelle iniziative dell’Edf fin dalle sue fasi propedeutiche, attraverso la partecipazione al Preliminary actions defence research (Padr) e European defence industrial development programs (Edidp) per lo sviluppo di capacità di difesa comuni. Anche prima dell’istituzione del fondo comune, Elt Group ha maturato e consolidato le sue competenze grazie alla partecipazione a diversi programmi congiunti della difesa tra Paesi europei, come l’Eurofighter Typhoon, le Fremm, l’elicottero NH90 e attualmente partecipa anche allo sviluppo del futuro caccia di sesta generazione Gcap.

Nuovi domini…

Nel dominio spazio, Elt partecipa al progetto Spider che mira alla creazione di una costellazione di satelliti per missioni di Intelligence sorveglianza e ricognizione militari con incluso payload Sigint, e nel dominio cyber con il progetto Newsroom mirato a superare le attuali limitazioni della cyber situational awareness (Csa). Sempre in ambito tecnologico, Elt è presente nei progetti Tiresyas ed Epicure, rispettivamente per contrastare le minacce emergenti aumentando la resilienza dei sensori sviluppare e per l’assemblaggio e collaudo di semiconduttori in outsourcing (Osat) e sostenere i fornitori di tecnologia in Europa nel campo del packaging avanzato per le esigenze della difesa.

… e tradizionali

Nei domini tradizionali, a partire dal dominio aereo, il gruppo italiano partecipa ai progetti React II, per la capacità di attacco elettronico aereo, follow-on del progetto Edidp 2019, e Fasett, nuovo aereo da trasporto per gli Stati membri Ue. Nel dominio navale è presente nei progetti E-Nacsos, per la sorveglianza navale, ed Euroguard, per l’integrazione di tecnologie innovative in una unità navale sperimentale per operazioni costiere. Infine, nel dominio terrestre è sul progetto Latacc per rafforzare la capacità collaborativa fra posti di commando, veicoli, soldati e assetti unmanned in conflitti ad alta intensità.

L’innovazione di Elt Group

Come ricordato di recente dal presidente di Elt Group, Enzo Benigni, “l’innovazione è una cosa seria”, soprattutto in un’epoca in cui l’evoluzione tecnologica procede a una velocità sorprendente “per gli stessi tecnici”. Senza innovazione si diventa rapidamente obsoleti, ed Elt Group ha infatti messo questi concetti al centro del proprio piano industriale Tenet 2030, per cogliere al meglio le possibilità offerte dalle proprie competenze nei nuovi domini dello spazio, del cyber e della bio-difesa. L’azienda, del resto, ha celebrato il proprio importante traguardo proprio in campo spaziale, mettendo in orbita il suo primo payload finanziato dall’azienda, il sistema Scoprio. Il satellite, la cui missione è raccogliere i dati marittimi non classificati analizzati dal segmento di terra presso il quartier generale di Elt a Roma, è solo l’ultimo traguardo della società, i cui prossimi obiettivi sono il sistema in orbita stratosferica EuroHAPS e il sistema di contromisura per impedire l’acquisizione di immagini da parte di satelliti ostili, Zenital jammer.


formiche.net/2023/07/innovazio…



Grazie anche alla Fle ho scoperto le virtù del dubbio


Orwell entrò nella mia vita che ero molto giovane, fine dei Sessanta, e ancora non avevo letto “1984”, il suo romanzo sul mondo totalitario a venire. Sul retro di copertina della mia prima tessera del Pci (Lenin sul fronte) al punto 10, conclusivo, era sc

Orwell entrò nella mia vita che ero molto giovane, fine dei Sessanta, e ancora non avevo letto “1984”, il suo romanzo sul mondo totalitario a venire. Sul retro di copertina della mia prima tessera del Pci (Lenin sul fronte) al punto 10, conclusivo, era scritto: “Difendere il partito da ogni attacco”. Per educazione o diseducazione totalizzante, non ero dunque predisposto al dubbio, sebbene mio padre notasse, con una sfumatura di ironia, che l’articolo 10 si prestava a un equivoco di tipo militare, lontano dall’idea di una via italiana o democratica al socialismo. Ero un ragazzo, l’assenza di dubbio mi dava conforto, incoraggiamento e spinta. Ora se faccio da vecchio un quiz estivo della Fondazione Einaudi, quasi quarant’anni dopo l’uscita da destra dal partito e la conversione all’anticomunismo militante, in anticipo sul crollo del Muro e la ridenominazione, mi viene come risultato un incredibile: “Liberale classico”. Mi viene da ridere, ovviamente, e ripenso all’epoca in cui la disciplina spazzava via per statuto ogni forma di dubbio.

Per quattro decenni i miei nuovi amici, da Aron a Popper, mi hanno spiegato le virtù infinite del dubbio, cuore e anima di ogni pensiero critico. Alla nuova filosofia della congettura e della confutazione, del fallibilismo, della verifica in termini di fatto, dell’esperienza, del metodo rigidamente improntato alla flessibilità etica e epistemologica del dubitare su tutto e di tutto, ma non di tutti, ché al mondo ci sono anche amicizia e amore, mi sono conformato da vero conformista, da neofita di un liberalismo debole e acquisito. Incorporata l’idea che il dubbio sia il sale della terra, per via di una lettera di Orazio a Massimo Lollio, in cui lo invitava a essere saggio a costo di sprofondare nella medietà o mediocrità del dubbio, con la famosa formula Sàpere àude, poi trasformata da Kant nel simbolo illuminista dell’autonomia critica, osare servirsi della propria intelligenza, non dipendere da nessun dogma e limitarsi a conoscere ciò che si può conoscere con certezza, sempre dopo aver dubitato di ogni cosa, ho accettato il primato umano e divino del dubbio nel pensiero.

Nel frattempo deve essere successo qualcosa perché una persona che è degna di stima come Ezio Mauro su Repubblica ha degradato il dubbio, anzi il Grande Dubbio, a una forma di fanatismo ai limiti del negazionismo climatico, tale da far correre al pianeta seri rischi di sopravvivenza. In più, si desume da tutto il ragionamento a sorpresa, il dubbio è meloniano, larussiano, abascaliano, lepenista, salviniano, magari trumpiano, è costitutivamente di destra, conservatore se non reazionario, e serve a minare la certezza della scienza, il ruolo delle classi dirigenti, ha una natura populista intrinseca, si sposa bene con gli affari propri, gli interessi meschini e particolari; il Grande Dubbio “spoglia il potere di quella potestà metafisica che gli riconosceva la capacità di dare un nome alle cose, dunque di interpretarle, rappresentarle e risolverle davanti al popolo; un autentico retaggio di antica maestà cancellato dalla ribellione nei confronti delle élite, che è la vera anima trasversale dei populismi di varia natura” (Ezio Mauro). E così, dopo un’intera vita spesa a emendarmi dalla certezza maestosa e metafisica del platonico e giovanpaolino “splendore della verità” o “veritatis splendor”, eccomi tornato in compagnia di Mauro all’articolo 10: “Difendere il partito da ogni attacco”. In questo caso il partito preso. Il succedaneo del comunismo, l’ambientalismo apocalittico.

Il Foglio

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Il 25 luglio 1998 venne varato il testo unico sull'immigrazione, la cd "Turco Napolitano" con i voti di tutte le sinistre. Giungeva durante una discussione che


#NotiziePerLaScuola

Giornata Nazionale del Cinema per la Scuola: appuntamento a Palermo dal 16 al 18 ottobre per promuovere le opere audiovisive realizzate nell'ambito del Piano Nazionale Cinema e Immagini per la Scuola.



Tre palestinesi uccisi dall’esercito israeliano in Cisgiordania


Sono stati colpiti sul monte Gerizim nei pressi della città di Nablus L'articolo Tre palestinesi uccisi dall’esercito israeliano in Cisgiordania proviene da Pagine Esteri. https://pagineesteri.it/2023/07/25/medioriente/tre-palestinesi-uccisi-dallesercit

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della redazione

Pagine Esteri, 25 luglio 2023 – Tre giovani palestinesi sono stati uccisi la scorsa notte sul monte Gerizim nei pressi della città di Nablus, nella Cisgiordania sotto occupazione militare. Saad Al-Kharraz, Montaser Salama e Nour Al-Arda, tutti di Nablus, sono stati colpiti, secondo la versione fornita dalle autorità israeliane, quando hanno aperto il fuoco contro una pattuglia militare.

Secondo testimoni oculari palestinesi, si sarebbe trattato invece di un agguato dell’esercito israeliano a un’auto con a bordo i giovani, probabilmente membri di un gruppo armato e ricercati dalle forze di occupazione. Sempre i palestinesi denunciano che i militari israeliani avrebbero impedito alle ambulanze di raggiungere l’auto con a bordo di tre colpiti.

Sabato scorso, un palestinese di 18 anni era stato ucciso dall’esercito israeliano a Sebastia. Il giovane Mohammad Mhalfa, era in auto quando è stato colpito, secondo fonti mediche palestinesi. Pagine Esteri

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Secondo il nuovo regolamento digitale dell’UE, le piattaforme online devono permettere ai revisori di valutare i loro algoritmi. Ma rimangono diversi interrogativi su questo ambito inedito. La legge sui servizi digitali (DSA) introdurrà un regime specifico per le piattaforme online...


SONDAGGI. Arabi sempre più lontani dagli Stati uniti e vicini a Russia e Cina


I sondaggi mostrano un aumento della insoddisfazione nei confronti degli Stati Uniti. Russia e Cina, al contrario, sono diventate più popolari nella regione mediorientale L'articolo SONDAGGI. Arabi sempre più lontani dagli Stati uniti e vicini a Russia e

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della redazione

Pagine Esteri, 25 luglio 2023 – L’opinione pubblica araba sta cambiando riguardo al ruolo delle grandi potenze in Medio Oriente, con importanti implicazioni per il futuro della regione. Mentre le principali potenze internazionali continuano a sfidarsi, i sondaggi mostrano un aumento della insoddisfazione nei confronti degli Stati Uniti e, in misura minore, dell’Unione europea (Ue). Russia e Cina, al contrario, sono diventate più popolari in tutta la regione.

Lo scorso anno, un sondaggio condotto dalla BBC su giovani arabi ha mostrato un calo della popolarità degli Stati Uniti, con una solida maggioranza, circa il 57 percento, che considera gli Usa un nemico anziché un alleato. La Russia, invece, è vista come un alleato di primo piano dal 70 percento dei giovani intervistati, solo il 26 percento la considera una nemica.

La Fondazione Friedrich Ebert, associata al Partito Socialdemocratico Tedesco (SPD), ha recentemente condotto un sondaggio simile che ha coinvolto le popolazioni di nove paesi arabi, oltre a Turchia, Iran e Israele.

Il sondaggio ha rivelato che in cinque paesi, tra cui gli Emirati Arabi Uniti, l’Egitto e la Giordania, tutti tradizionali alleati di Washington, l’opinione pubblica ha maggiore fiducia nella Russia rispetto agli Stati Uniti. Sette paesi hanno visto la guerra in Ucraina come un conflitto geopolitico tra Russia e Occidente, piuttosto che come una guerra tra due paesi, e tutti e nove i paesi hanno indicato gli Stati Uniti come il maggior beneficiario della guerra.

Tutti i paesi oggetto del sondaggio appoggiano il ritiro militare degli Stati Uniti dalla regione araba, e sette di questi affermano che la possibile uscita di scena americana renderà il Medio Oriente più sicuro e migliorerà le relazioni nelle regione. Anche l’opinione pubblica negli Emirati e in Qatar, due dei più stretti alleati di Washington, sostiene che la presenza russa è più vantaggiosa per la regione araba rispetto a quella statunitense.

Tutti i paesi oggetto del sondaggio concordano sul fatto che l’Europa si affida troppo agli Stati Uniti per la sua Difesa e i cittadini di sette paesi, tra cui Egitto, Arabia Saudita e Giordania, in maggioranza si oppongono a una maggiore presenza militare europea nella regione. Per quanto riguarda l’ordine globale attuale, sei paesi affermano che il mondo è già multipolare e che lo diventerà ancora di più, mentre tre paesi vedono un’unipolarità persistente che cambierà presto.

Un altro sondaggio condotto da Arab Barometer per conto della BBC mostra che la Cina è più popolare degli Stati Uniti in otto dei nove paesi arabi presi in esame.

VINCERE LA GUERRA DELLA PROPAGANDA

Sui social media, il malessere arabo per la guerra tra Russia e Ucraina è evidente. Ma è principalmente rivolto contro gli Stati Uniti e all’Ue, considerati responsabili di aver provocato la Russia in una guerra che è economicamente dannosa per la loro stessa regione.

Attraverso una vasta gamma di fonti, tra cui giornali governativi e privati locali, gli editorialisti arabi accusano gli Usa e l’Ue di “doppia morale”. Fanno notare la risposta attiva degli occidentali alla guerra russa in Ucraina, rispetto alla loro passività di fronte a molti conflitti nel mondo, compresi gli attacchi continui di Israele a Gaza. Molti argomentano che l’invasione dell’Ucraina da parte di Putin non è peggiore dell’invasione statunitense dell’Iraq sotto il presidente George W. Bush.

Ci sono anche altre ragioni, più profonde, per questo crescente malcontento arabo verso l’Occidente. Il pubblico arabo non dimenticato la lunga storia del colonialismo occidentale nella regione, il costante favore occidentale a sostegno di Israele e le invasioni statunitensi dell’Afghanistan e dell’Iraq. Molti della generazione della Primavera Araba, inoltre, si sono sentiti abbandonati dall’Occidente, che ha continuato a sostenere i regimi autoritari della regione in cambio di vantaggi economici e politici. Tutti questi fattori hanno contribuito a alimentare sia correnti islamiste che nazionaliste antioccidentali negli ultimi anni.

Nonostante il suo coinvolgimento diretto in Siria, la Russia ha guadagnato una popolarità significativa in molti paesi arabi. Mosca è vista come un ostacolo al dominio degli Stati Uniti nella regione e il suo sostegno per prezzi agevolati in termini di cereali e carburante ad alcuni paesi arabi ha contribuito a conquistare i cuori e le menti delle popolazioni locali.

Molti arabi vedono la Cina come una potenza non coloniale che negli ultimi anni si è concentrata sulla costruzione di relazioni economiche senza ambizioni politiche esplicite. La Cina è diventata il maggiore partner commerciale dei paesi arabi e l’influenza di questi nuovi legami si è manifestata quando gli Stati arabi hanno appoggiato unilateralmente Pechino contro le recenti visite ufficiali statunitensi ed europee a Taiwan.

UN BILANCIO PRAGMATICO

Nonostante questo sostegno pubblico alla Russia e alla Cina, che si allinea alle politiche perseguite dai governi arabi, è improbabile che si verifichi a breve termine uno spostamento politico strategico verso la Cina e la Russia a spese degli Stati Uniti e dell’Europa.

La protezione militare e politica fornita dagli Stati Uniti ai paesi del Golfo non può essere sacrificata facilmente e la maggior parte degli eserciti arabi si basa pesantemente su armi prodotte negli Stati Uniti. Gli arabi non possono voltare le spalle ai progressi tecnologici occidentali o al bilancio commerciale di miliardi di dollari tra arabi, europei e statunitensi.

Tuttavia, i paesi arabi agiranno in modo pragmatico e realistico. Potrebbero gradualmente ridurre la loro forte dipendenza dall’Occidente e cercare di diversificare le loro alleanze politiche, economiche e militari, sia con la Russia e la Cina che con paesi confinanti come l’Iran, la Turchia e persino Israele. E come recentemente argomentato anche da un conservatore come l’ex segretario di stato Henry Kissinger, a seguito del riavvicinamento tra Arabia Saudita e Iran mediato dalla Cina, il Medio Oriente multipolare sarà “un nuovo gioco con nuove regole”.

L’analisi di Kissinger è evidente non solo nelle recenti intese saudita-iraniane, ma anche in altri significativi cambiamenti regionali. Egitto, Turchia e Iran hanno stabilito nuove relazioni, e cinque paesi arabi, tra cui gli Emirati Arabi Uniti, l’Algeria e il Bahrain, hanno espresso interesse a entrare nel BRICS, un blocco geopolitico che include Cina, Russia, India, Brasile e Sudafrica. È previsto che il BRICS supererà presto per dimensioni economiche il G7.

I paesi arabi potrebbero continuare ad approfondire le loro alleanze con i paesi orientali, cercando di creare un’alternativa al modello occidentale. Pagine Esteri

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PRIVACYDAILY


N. 142/2023 LE TRE NEWS DI OGGI: Un filmato di Donald Trump arrestato dagli agenti di polizia nelle strade di New York. Un video che mostra il futuro apocalittico degli Stati Uniti se Joe Biden otterrà un secondo mandato presidenziale. Una dichiarazione di Re Felipe VI che si scusa con i catalani per non essere... Continue reading →


Etiopia, la crisi umanitaria in Tigray continua, ma per l’Italia si è risolto tutto con l’accordo di Pretoria


In Etiopia, precisamente nello stato regionale del Tigray, il 4 novembre 2020 è iniziata una guerra definita una veloce “azione di polizia” dal Premier etiope Aby Ahmed Ali. Guerra per fermare i membri del partito TPLF -Tigray People’s Liberation Front e

In Etiopia, precisamente nello stato regionale del Tigray, il 4 novembre 2020 è iniziata una guerra definita una veloce “azione di polizia” dal Premier etiope Aby Ahmed Ali.

Guerra per fermare i membri del partito TPLF -Tigray People’s Liberation Front e tutti i suoi sostenitori. Il casus belli è stato l’attacco alle caserme del nord in cui erano dislocati i militari dell’ ENDF – Ethiopian National Defence Forces. Attaccati da parte di membri del TPLF, ma rivendicato dai leader tigrini come azione preventiva e difensiva dettata da tensioni pregresse.

Dichiarazioni contese e rivendicazioni sulle responsabilità e giustificazioni che però sul campo, fin da subito hanno determinato attività fratricide e i risvolti etnici e genocidi verso milioni di civili di etnia tigrina.

Massacri, esecuzioni extragiudiziali (o bruciati vivi), stupri e fame come armi di guerra. Campi e raccolti bruciati, bestiame rubato o macellato come strategia per affamare il popolo del Tigray, droni per attaccare target considerati dalla difesa etiope, magazzini o aree occupate dai così detti “dissidenti”, “ribelli” e definiti terroristi dalla legge etiope a partire dal maggio 2021: sistematicamente bombardati per mezzo droni in aree di mercati, residenziali come asili. Decine di migliaia di vittime. Target di bombardamenti, distruzioni e saccheggi anche in luoghi di culto, chiese, monasteri, patrimoni dell’ umanità e culturali. Attaccati anche le strutture sanitarie ed ospedali. Le forze alleate amhara direttamente coinvolte in attività di pulizia etnica e sostituzione demografica sfollando i tigrini dal Tigray occidentale.

Le forze militari coinvolte: quelle tigrine, il TDF – Tigray Defence Forces e la fazione etiope dell’ ENDF- Ethiopian National Defence Forces con le forze militari regionali Amhara, la milizia Fano e ufficiosamente l’esercito eritreo.

L’esercito del Presidente eritreo Isaias Afwerki ha invaso fin dall’inizio il suolo etiope nella regione tigrina, ma per molti mesi Abiy Ahmed Ali ha sempre negato la loro presenza.

Come il suo alleato etiope, il dittatore eritreo Isaias Afwerki nel febbraio 2023, ospitato dal Presidente Ruto in Kenya, ha negato platealmente in un comizio pubblico tutti i crimini di guerra di cui si è macchiato il suo esercito: stupri, saccheggi, distruzioni e massacri. Tra i ranghi delle truppe eritree sono stati mandati a morire in prima linea anche cadetti dell’ esercito somalo formati in Eritrea negli anni precedenti, falsamente informati che sarebbero stati preparati per missioni somale in Qatar.

Come parlare di guerra civile, come categorizzata dai media occidentali, se nel conflitto hanno partecipato anche “forze esterne” come eritrei e somali?

La legge etiope del maggio 2021 ha legittimato indirettamente e normativamente la persecuzione di persone di etnia tigrina per il solo sospetto di essere collusi con i membri del TPLF, considerati dissidenti. Oltre alle confermate attività di pulizia etnica nella zona del Tigray occidentale da parte delle forze amhara, ci sono state deportazioni, arresti di massa e detenzioni di tigrini di ogni età e sesso, donne in gravidanza e bambini. Arresti e detenzioni in abuso del diritto umanitario come denunciato molteplici volte dalle agenzie internazionali come HRW – Human Rights Watch e Amnesty Int. Ancora oggi su queste detenzioni non si hanno notizie. Sono stati arrestati anche uomini e donne di chiesa.

Uno dei casi eclatanti, per cui in Italia si è parlato di Tigray, è stato l’arresto di dei frati, sacerdoti e dei volontari salesiani. Campanilismo mediatico.


Approfondimento:

Etiopia, Perseguire Crimini Contro l’Umanità: Dov’é La Legge?


La guerra è stata combattuta per 2 anni nel totale blackout comunicativo (interrotte linee telefoniche e dati/internet) ed elettrico: considerato il più lungo blackout della storia.

Alcun media, giornalista o comparto umanitario poteva entrare nel Tigray.

Il governo etiope si è fatto artefice per volontà politiche, di aver bloccato l’accesso umanitario per milioni di persone in Tigray macchiandosi di crimini di guerra, come denunciato da un report del team di esperti sul diritto umanitario dell’ONU. Il report ha indicato che tutte le forze in guerra hanno perpetrato crimini verso i civili.

  • La guerra attualmente è stata definita la più atroce degli ultimi anni.
  • Le stime parlano di più di 600.000 morti e vittime tra i civili.
  • Si stimano centinaia di migliaia di stupri verso donne di etnia tigrina come arma di guerra e vendetta per non far più generare nuove generazioni di tigrini.

Nonostante il 2 novembre 2022 si sia arrivato a negoziati e alla firma di un accordo di cessazione ostilità tra governo centrale etiope e TPLF, diversi punti dell’accordo dopo 9 mesi sono ancora disattesi: il ritiro delle “forze straniere” dalla regione, ermeticamente definite così le forze amhara e quelle eritree (Eritrea che non è stata interpellata o inclusa nei negoziati)

Gli amhara occupanti ancora oggi il Tigray occidentale perché rivendicato tale area come giuridicamente di loro proprietà, ma accusati dopo la firma dell’accordo, di continuare a perpetrare attività di pulizia etnica e di sostituzione demografica.

L’ esercito eritreo anche se in gran parte si è ritirato in Eritrea, diversi gruppi sono ancora presenti ed hanno ripiegato defilandosi in aree periferiche dei grandi centri e in aree rurali. Oggi sono ancora presenti nella woreda [distretto] di Irob perpetrando abusi e denunciati pochi mesi fa di aver bloccato il supporto umanitario in zona Zalambessa.

La giustizia di transizione, per cui il governo etiope ha dichiarato volontà di seguirne il processo e per cui l’ IRA, il governo temporaneo in Tigray (costituito come da accordo di Pretoria) ha dato piena disponibilità e collaborazione, è in totale stallo sia in Etiopia che dal punto di vista diplomatico internazionale.

I media in Italia, durante i 2 anni di guerra genocida, non hanno dato giusto risalto e prodotto alcuna informazione per dar degna visibilità e denuncia alla disumanità ed alle atrocità che stavano accadendo a milioni di persone.

Le istituzioni italiane del governo attuale e precedente non hanno ancora dato una risposta ai tanti appelli della diaspora che chiede giustizia, trasparenza e supporto per famigliari e società tigrina che da troppo sta soffrendo.

Oggi, dopo 9 mesi dai negoziati mediati dall’ Unione Africana a Pretoria, Sud Africa e conseguente firma dell’accordo, i media italiani si sono sentiti legittimati a chiudere completamente l’informazione sulle conseguenze che ha prodotto quella guerra.

Oggi in Tigray si parla ancora di migliaia di morti per fame (quelli censiti ufficialmente – non avremo mai modo di sapere l’esatto numero di persone morte silenziosamente per fame). A causa dello scandalo del dirottamento del materiale alimentare umanitario e di corruzione all’interno del sistema militare e governativo etiope, il WFP – World Food Programme e l’ USAID a marzo 2023 hanno bloccato il supporto al Tigray ed a giugno 2023 in altre aree dell’Etiopia, lasciando 20 milioni di persone bisognose in balia degli eventi e dei loro destini.
Grazie a Duke Burbridge per la condivisione di questo grafico.Grazie a Duke Burbridge per la condivisione di questo grafico.


Approfondimento:

Lo scandalo del dirottamento del materiale alimentare umanitario


La tregua regge, ma milioni di persone sono ancora in balia degli eventi senza supporto


Secondo il Tigray Regional Health Bureau, tra marzo e aprile, c’è stato un aumento del 28% nel numero di bambini sotto i cinque anni che muoiono per malnutrizione acuta. La colpa è stata imputata principalmente alla cessazione degli aiuti delle agenzie umanitarie al Tigray.

I bambini vengono ricoverati con cure speciali per malnutrizione in tutta Etiopia a un ritmo allarmante nel 2023. Nel Tigray, per ragioni poco trasparenti, i bambini ricoverati per malnutrizione acuta grave – SAM – non vengono dimessi.

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Recentemente grazie ad un altro aggiornamento dal ricercatore Duke Burbridge è stato messo in luce che oltre la distribuzione di generi alimentari è sospesa dalla fine di marzo 2023, l’assistenza nutrizionale ai neonati e alle madri in gravidanza o che allattano è stata dimezzata già ad aprile.
Etiopia, Tigray: La distribuzione di generi alimentari è sospesa dalla fine di marzo. L'assistenza nutrizionale ai neonati e alle madri incinte o che allattano è stata dimezzata ad aprile.Etiopia, Tigray: La distribuzione di generi alimentari è sospesa dalla fine di marzo. L’assistenza nutrizionale ai neonati e alle madri incinte o che allattano è stata dimezzata ad aprile.

La ricostruzione della società regionale tigrina non vede ancora la luce in fondo al tunnel.


Osservatori già nel 2022 indicavano una regressione di decenni sullo sviluppo socio economico che ha comportato la guerra per lo stato regionale del Tigray.

Sistema scolastico distrutto, milioni di giovani studenti tra pandemia e guerra hanno perso più di 3 anni di formazione ed educazione. Oggi ci sono difficoltà perché manca il materiale, le strutture, ma anche per la mancata bonifica del suolo dagli ordigni bellici inesplosi (per cui anche gli agricoltori sono rimasti feriti durante le attività di aratura). Molti edifici scolastici oggi sono occupati da migliaia di sfollati che non possono tornare a casa per paura o per mancanza di mezzi di sussistenza. Il sistema sanitario è stato distrutto per il 90%, dichiarato già nel 2021: oggi le conseguenza per i malati ed i pazienti sono catastrofiche perché se ci sono piccoli passi positivi, comunque la fornitura di materiale igienico/sanitario e medicinali è ancora sotto la soglia che permetterebbe di assistere e curare le persone.

Recentemente, luglio 2023, è stato condiviso uno studio sul’impatto di devastazione e conseguenze che ha prodotto la guerra di 2 anni su bambini, ragazzi, genitori e insegnanti considerando il contesto formativo e dell’istruzione.

Di seguito una inforgrafica riassuntiva:

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Fonti informative video per raccontare la catastrofe attuale in Tigray


Tigrai TV è una delle poche fonti informative che evidenzia e denuncia costantemente le attuali gravi carenze alimentari e sanitarie (problemi dei civili e delle decine di migliaia di sfollati, IDP) condividendo per mezzo video le testimonianze dirette delle persone che oggi cercano solo di sopravvivere.

Di seguito vengono segnalate le notizie degli ultimi mesi sulla crisi umanitaria in atto.

  • Il 15 luglio a Shire le decine di campi IDP che accolgono migliaia di sfollati, sono stati sommersi da acqua e fango a causa delle alluvioni del periodo. Ironia tragica e drammatica, non è solo la mancanza d’acqua ad uccidere le persone, ma alle volte è la troppa acqua che può ammazzare.

Da fonte amica e informata sui fatti, ma che si terrà anonima per tutelare la sua incolumità, giungono notizie e conferme che in Tigray in zona di confine con l’Eritrea la situazione è ancora instabile. I civili non hanno alcuna protezione e i gruppi eritrei continuano a saccheggiare e reprimere i tigrini. Gli sfollati interni, IDP, se tornano a casa rischiano la vita. Tutto il contesto aggravato dalla mancanza di supporto alimentare.

Sul numero di IDP non c’è trasparenza. Le dichiarazioni dello IOM non danno chiarimenti sul numero aggiornato di quante persone sfollate ci siano oggi in Tigray. In un ultimo report pubblicato viene dichiarato infatti: “La regione Tigray è stata coperta in questo round, ma i dati sono stati condivisi separatamente.” Nel report non ci sono note, dettagli ed informazioni su tali dati separati.

L’ Emergency Coordination Center – ECC del Tigray ha condiviso un aggiornamento operativo datato 21 luglio 2023


L’aggiornamento del 21 luglio 2023, come riporta Duke Burbridge su Tghat, ha sottolineato che il report è parziale e manca l’esposizione di diverse criticità e che la sospensione del cibo sta causando l’aumento di sfollamenti nel Tigray. Mentre il JEOP ha completato la raccolta dei dati per nuovi obiettivi, il WFP sta lottando per fare progressi.

Gli sfollati di Endabaguna non hanno ricevuto cibo.


Duke Burdbridge ha voluto riassumere i punti fondamentali del report dell’ ECC Tigray che riporto di seguito:

Accessibilità regionale

  • Una bozza di mappa dell’accessibilità mostra che alcune aree nella zona sud e nord-ovest sono considerate accessibili ora, ma le rotte di rifornimento nel Tigray sono tutte sospese ad eccezione del corridoio Semera-Mekelle.

Cluster Alimentare

  • La sospensione del cibo sta contribuendo a un aumento degli sfollati nel Tigray e i 37.000 sfollati interni di Endabaguna non hanno ancora ricevuto cibo.
  • Le aree del Tigray sono ancora inaccessibili, comprese la zona orientale (Erob [Irob], Zala Anbesa [Zalambessa], Gulo Mekeda), la zona centrale (Egela) e la zona nord-occidentale (Dima, Tahtay Adiyabo).
  • Ci sono ancora tasse informali (shake down) [tangenti da pagare] lungo le rotte verso il Tigray.
  • Segnala che è in fase di implementazione un nuovo sistema di targeting. Il JEOP sembra aver completato la raccolta dei dati nella zona centrale, orientale, sud-orientale e metà della zona meridionale. Il WFP è ancora alla fase 1 di 3.
  • Menziona uno sforzo collettivo per “monitorare la situazione”, verificare i rapporti di morte non confermati e confutare qualsiasi disinformazione.
  • è aumentato l’accattonaggio osservabile nelle principali città, i bambini sono esposti allo sfruttamento mentre cercano di lavorare per il cibo.
  • le madri malnutrite e i loro bambini sono maggiormente a rischio durante il parto, ma non fornisce alcuna informazione su come ciò abbia avuto un impatto su madri e bambini nel Tigray.
  • Segnala che la mancanza di assistenza alimentare è un fattore importante nella bassa iscrizione e frequenza scolastica.
  • Riferisce che alcuni allevatori sono costretti a vendere i loro animali da tiro e da riproduzione per il cibo.
  • Ribadisce che l’assistenza alimentare e gli input agricoli sono urgentemente necessari per facilitare il ritorno degli sfollati dalle aree agricole in tempo per piantare.

Distretto Agricoltura

  • Viene coltivato solo il 42% della superficie totale coltivata nel Tigray.
  • Solo il 19% dei fertilizzanti e il 12% dei semi necessari sono stati ricevuti nel Tigray.
  • Le infestazioni da parassiti sono presenti in 34 woreda, nella maggior parte dei casi non ci sono sostanze chimiche da controllare.
  • Gli input agricoli sono estremamente necessari e scarseggiano.

Contesto Istruzione

  • I programmi di alimentazione scolastica sono stati tagliati dal WFP per la pausa estiva, ancora in corso in altri siti per 7.634 bambini.
  • Il resoconto della visita ad Adigrat ha mostrato che 3 scuole su 4 erano ancora utilizzate per ospitare sfollati interni. In alcuni casi le lezioni si tengono accanto alle aree in cui vivono gli sfollati.

Contesto Salute

  • l’ECC riferisce che circa il 75% delle strutture sanitarie sta segnalando ora, che è ancora al di sotto della media nazionale, questo include il 100% delle strutture del sud-est e di Mekelle; 99% di Centrale; 80% del nord-ovest; 77% dell’est; 50% del sud.
  • Segnala importanti focolai di malaria e infezioni acute del tratto respiratorio (ritenuto essere COVID 19); possibile focolaio di morbillo nelle città di Ofla, Hawzen, Adi-Gudom, Asgeda, Adi-Haki, Shire, Hintalo e Axum.
  • Segnala un’epidemia di pertosse a Endamekoni.
  • Il report non segnala casi di colera. [NB questo è allarmante a causa delle recenti segnalazioni e conferme di 13.000 casi di colera e 100 morti nel Tigray]

Continua la poca trasparenza che è un fattore aggravante per poter gestire e coordinare le attività per tutelare le vite di milioni di persone.

Poi arrivano le foto che, senza tanti giri di parole, dimostrano la situazione delle persone nelle tante aree rurali, sono la maggior parte che costituiscono la morfologia del Tigray.

Questo è Kiros Kiflu. Ha avuto una vita felice con sua moglie e sei figli. Possedeva 5 acri di terreno agricolo e più di 25 capi di bestiame. Kiflu non è mai stato affamato o indigente. Due anni fa è stato #sfollato dalla sua casa a Humera, Tigray occidentale (zona di attività di pulizia etnica da parte amhara) Kiflu oggi, però, non sa dove siano i suoi figli e sua moglie. Ha perso tutti i suoi averi oltre ad essere separato dalla sua famiglia. Oggi tutto ciò che ha è la roccia che usa come cuscino, una stuoia che è metà di quanto è alto ed il suo bastone.

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La giustizia per le vittime lascia spazio agli accordi economici per “stabilità e sviluppo” dei governanti


Il governo etiope fin dall’inizio ha cercato di screditare e delegittimare le investigazioni del team di esperti di diritto umanitario ONUICHREE – propagandandola come attività di ingerenza esterna verso l’Etiopia come Stato Sovrano e rivendicando la sua sovranità mascherandola da campagna pro panafricanismo dal basso, dal popolo.


Approfondimento:

Quattro Modi in Cui il Governo Etiope Manipola i Media – AA African Arguments


HRW – Human Rights Watch recentemente in risposta ha dichiarato:

“I tentativi dell’Etiopia di porre fine al mandato dell’ICHREE durante il suo mandato non hanno precedenti. Non solo suggerisce che gli Stati possono manovrare politicamente per ribaltare le decisioni del Consiglio dei diritti umani per evitare il controllo indipendente e la responsabilità, ma potrebbe anche costituire un pericoloso precedente per quanto riguarda il controllo internazionale e l’impunità per le violazioni dei diritti altrove.”


Per i crimini di guerra in cui il governo etiope è implicato, l’America a partire dal 1 gennaio 2022 ha messo in vigore la sanzione che l’ha vista esclusa dall’African Growth and Opportunity Act – AGOA.

HRW come per l’Etiopia, ha bacchettato, anche le dichiarazioni del segretario americano Antony Blinken:

Nella sua determinazione sulle atrocità di marzo, Blinken ha sostanzialmente riconosciuto che le violazioni [in Tigray] non erano cessate, affermando che “le violazioni dei diritti umani nell’Etiopia settentrionale [media ed istituzioni fanno fatica a citare Tigray n.d.a.] sono notevolmente diminuite”, non che si fossero fermate. Avrebbe dovuto seguire la determinazione dell’atrocità con sforzi per renderla importante in modi concreti. Può ancora.”


Nel contempo gli USA di Joe Biden confermano la loro posizione rivolta all’economia e legittimati dall’accordo di Pretoria, con Europa a seguire, stanno riprendendo e continuando a ripristinare e normalizzare le relazioni e accordi economici con il governo etiope.

La stessa America cha recentemente ha ritrattato la sua posizione in tutela dei diritti umani con uno smacco per la memoria e la giustizia di tutte le vittime della guerra genocida iniziata in Tigray. A detta di una recente notifica interna del Dipartimento del Tesoro americano, la revoca legale unilaterale di tale designazione per l’Etiopia per cui non è più coinvolta in un modello di gravi violazioni dei diritti umani”, aprirà la strada per poter riprendere l’invio di aiuti economici USA ed internazionali al paese dell’Africa orientale.

Anche l’Italia del governo Meloni ha firmato accordi triennali con il governo etiope di Abiy Ahmed Ali per un totale di 182 milioni di euro per accordi di cooperazione, supporto della filiera agro alimentare e sostanzialmente per crescita e sviluppo economico. La stessa premier Meloni e i media italiani a seguire, hanno rilanciato in maniera propagandistica parole come “Piano Mattei” per l’Africa (di cui non si hanno ancora dettagli) e accordi e stretta sui legami economici con l’Etiopia, ma alcuna parola in tutela di giustizia e diritti degli individui, dei milioni di persone prese in mezzo a guerre non loro.

Da ricordare che in tutto questo la priorità sono le persone e le loro vite e le persone non mangiano soldi.

WFP aveva dichiarato che avrebbe ripreso la consegna di nuovi round di materiale alimentare a partire da fine luglio, ma ancora oggi, ad una settimana da fine mese, non ci sono comunicati ed aggiornamenti ufficiali dall’agenzia umanitari.

Sono quasi 6 milioni di persone oggi in Tigray ad attendere, oltre che giustizia per le centinaia di migliaia di vittime, cibo e cure mediche.

Un totale di 20 milioni in tutta Etiopia ad attendere supporto alimentare urgente, conseguenza di guerra e siccità.

L’accordo di tregua era necessario, ma la crisi umanitaria è ancora in atto.

Mai come oggi, il cibo ed il supporto medico sono letteralmente di vitale importanza per tutelare la vita di milioni di persone.


tommasin.org/blog/2023-07-24/e…



#NotiziePerLaScuola

È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione e del Merito.



Il Ministro Giuseppe Valditara ha firmato un nuovo decreto riguardante l’assegnazione a 500 Istituzioni scolastiche delle risorse residue, pari a 95 milioni di euro, del PON “Per la scuola – Competenze e ambienti per l’apprendimento”, a valere sul Fo…


Zaki libero, Assange sepolto vivo. I due volti dell'Occidente | l'interferenza

«Il mondo occidentale esulta per la liberazione del giovane Zaki e nello stesso tempo seppellisce vivo Assange mentre ha già lasciato che fossero seppelliti vivi il leader palestinese di Al Fatah, Marwan Barghouti, e il curdo Ocalan, entrambi imprigionati da più di vent’anni e destinati a non uscire più, come del resto lo stesso Assange, “colpevole” di aver denunciato i crimini dell’esercito americano in Iraq.»

linterferenza.info/editoriali/…



I "fili" di Meta potrebbero creare o distruggere il Fediverso: la promessa di rendere Threads compatibile con ActivityPub ha diviso i sostenitori del Fediverso

@Che succede nel Fediverso?

"La comunità di Fediverse è stata messa in moto, a causa della paura e dell'odio per Meta, e anche dell'entusiasmo", afferma Dmitri Zagidulin, uno sviluppatore che guida il gruppo del World Wide Web Consortium (W3C) responsabile della discussione sul futuro di ActivityPub. La prospettiva che Meta si unisca al movimento decentralizzato ha persone che cercano di ravvivare i loro progetti e prepararsi per i riflettori. “Ci sono riunioni furiose. Contributi in corso di richiesta. Richieste pull. Spinge per una migliore sicurezza, una migliore esperienza utente. Meglio tutto", dice.

L'articolo di Gregory Barber è su Wired

in reply to Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂

Io spero che per una buona volta l'obiettivo fosse solo quello di fare concorrenza, non quello di distruggere una piattaforma che solo di recente cominciava ad essere di concorrenza..
Sono troppo ottimista forse?
Comunque per ora non ho visto nessuno che usi threads, non ho idea di come cercarlo né c'è apertura da questo, la cosa che lo colleghi al mio account Instagram + che non possa cancellarlo sono due contro che non voglio permettermi.


Il futuro meccanismo dei social network dipenderà dal successo (o flop) di Threads

@Che succede nel Fediverso?

La scommessa di Meta è quella di creare un unico grande sistema di condivisione dei contenuti in modo che le varie app social siano interoperabili tra loro, grazie al protocollo di rete chiamato #ActivityPub

Malumori interni a parte, l’ultima parola spetterà a #Meta: se la compagnia implementerà gli strumenti necessari per aderire al fediverso, difficilmente la si potrà fermare. Non sarà la salvezza di Internet come prefigura qualcuno, ma ne vedremo sicuramente delle belle. Tra queste, forse, anche il definitivo tramonto di #Twitter. Chissà.

#fediverso #threads

L'articolo di Alberto Cantoni continua su Linkiesta



#NoiSiamoLeScuole questa settimana racconta l’Istituto Omnicomprensivo “Giano dell'Umbria-Bastardo”, in provincia di Perugia che sarà demolito e ricostruito grazie alla linea di investimento dedicata dal #PNRR alla costruzione di 212 Nuove Scuole.


Il Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara ha firmato oggi il nuovo Decreto riguardante l’assegnazione delle risorse del Fondo per l’istruzione tecnologica agli ITS Academy per l’anno formativo 2023/2024, per un importo di più di 48.


Ten MEPs ask EU Commission for a moratorium on tracking of users


Ten Members of the European Parliament asked the European Commission on Wednesday (19 July) for a moratorium on tracking users online, and more details on how it intends to apply the EU's new digital rules in this domain.


euractiv.com/section/data-priv…



Perquisita la sede della testata di alimentazione Gift Great Italy Food Trade e la casa dell'avvocato giornalista Dario Dongo della testata online

@Giornalismo e disordine informativo

Milano - "Cinque funzionari della squadra mobile di Pescara si sono presentati presso la sede del sito di informazione indipendente Gift (greatitalianfoodtrade.it) su ordine del sostituto procuratore incaricato e del procuratore capo della Procura di Pescara, per perquisire la sede operativa del sito web. Al termine dell'azione, protrattasi per 6 ore, sono stati sequestrati tutti i dispositivi (cellulare, tablet, computer portatile) del fondatore, Dario Dongo, giornalista, tra i massimi esperti di diritto alimentare europeo". Lo ha reso noto l'ufficio stampa milanese di Gift e del Fatto Alimentare, due media specializzati sull'alimentazione e l'industria alimentare, al centro anche di inchieste di rilievo giudiziario.

Protesta dei sindacati dei Cronisti per tutela delle fonti giornalistiche un secco NO a qualsiasi forma di intimidazione e limiti alla libertà di stampa.

PS: Gift ItalyFoodTrade è un media online specializzato sull'alimentazione e l'industria alimentare, al centro anche di inchieste giornalistiche di rilievo giudiziario.

Qui il link alla notizia (cache di Google)



#39 / Di cacche di cane e privacy


Sindaci, consiglieri e assessori in tutto il mondo hanno deciso all'unisono di imporre la schedatura genetica dei nostri cani per risolvere un particolare "problema" / Meme e citazione del giorno.

Il piccolo comune di Béziers invaso dalle cacche di cane - oppure no


Robert Ménard è il sindaco di Béziers, un piccolo comune sulla costa della Francia meridionale. Robert Ménard ha un problema: le cacche di cane lasciate in giro per strada.

Cosa farebbe una persona normale per affrontare questa grave piaga sociale? Magari cercherebbe di sensibilizzare i cittadini; o forse potrebbe distribuire “gratuitamente” bustine per raccogliere la cacca dei cani. O magari, non farebbe proprio nulla e penserebbe a risolvere questioni più importanti di qualche cacca per terra.

Iscriviti a Privacy Chronicles per non perdere neanche un’uscita e sostieni il piano editoriale!

E invece no. Il caro Robert non è certo una persona qualunque e non si farà intimorire da qualche cacca di cane. La soluzione è tanto semplice quanto grottesca: obbligare tutti i residenti a schedare il DNA del loro cane, cosicché attraverso i campioni dalle feci lasciate in terra si possa scovare il colpevole a quattro zampe e — di riflesso — il suo padrone.

È necessario punire i cittadini per farli comportare meglio”, afferma Robert France Bleu Radio.


Hey Robert, ma siamo sicuri che punire i cittadini per modificare il loro comportamento sia il ruolo di un sindaco?

Anche Alto Adige, Genova e Roma sommerse dalla cacca di cane - oppure no


Robert Ménard non è però solo nel suo dramma. Ho infatti scoperto che anche in Alto Adige sarà obbligatoria dal 31 dicembre 2023 la profilazione genetica di tutti i cani residenti1. Lo scopo, a dire dell’assessore provinciale Arnold Schuler è identificare gli escrementi dei cani e sanzionare i proprietari che non raccolgono. Accidenti, non pensavo che anche in Alto Adige fosse così pieno di cacche di cane da richiedere tali interventi.

Pare che diverse città e regioni siano interessate al “progetto pilota” dell’Alto Adige. Ad esempio gli assessori del comune di Genova hanno incontrato Schuler per valutare la possibilità di rendere obbligatoria questa profilazione genetica. E dire che a Genova ci vado spesso e non ho mai pestato una cacca di cane. Evidentemente sono molto fortunato.

Anche a Roma qualcuno è impegnato nell’arduo compito di mitigare il flagello delle deiezioni canine. Il consigliere del XV municipio Max Petrassi (Italia Viva)2 ha però avuto un’idea originale e innovativa: obbligare i cittadini romani a schedare geneticamente i loro cani e poi effettuare test sulle cacche per scovare i malfattori e multarli. Aspetta… dove l’ho già sentita questa?

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Il business delle cacche di cane


Okay qui c’è qualcosa che puzza. Possibile che tutte queste menti illuminate siano improvvisamente arrivate alla stessa conclusione? Mah. Più probabile invece che ci sia qualche azienda, come PooPrints — che fattura più di 7 milioni di euro l’anno — che ha inventato questa articolata soluzione per risolvere un non-problema.

Più probabile che sindaci, consiglieri e assessori, ben poco illuminati, vogliano far bella figura emulando altri che prima di loro sono cascati nelle braccia del dipartimento marketing di qualche azienda con troppa fuffa da vendere.

In effetti basta googlare per vedere molti esempi di altre città che hanno adottato soluzioni tecnologiche uguali a quelle proposte in Francia e Italia: Tel Aviv3, Denver4, Mallorca5

Esiste davvero un problema globale di cacche non raccolte, o questi politici stanno invece usando soldi estorti ai cittadini per inventare complessi schemi di sorveglianza e tassazione occulta?

Sì, perchè schedare geneticamente il cane significa anche sorvegliare indirettamente il proprietario. Come dichiarato anche dall’azienda PooPrints6, una volta schedato il DNA del cane sarà possibile tracciarlo ovunque nel mondo, e con lui il suo padrone.

Qualcuno potrebbe dire che ci sono modi migliori per sorvegliare le persone. Certo, ma non per questo bisogna sottovalutare e accettare un ulteriore ingerenza dello Stato nella nostra vita.

Per quanto riguarda la tassazione occulta invece non c’è molto da dire: queste schedature genetiche si pagano (circa €65). Chi non lo fa, sarà sanzionato. Un buon modo per far cassa, anche senza raccogliere cacche in giro. In Alto Adige si stimano 45.000 cani registrati, che equivale a un’entrata di quasi 3 milioni di euro. Così, de botto.

Le grandi cose arrivano dalle piccole cose


La questione, abbastanza ridicola, dovrebbe farci riflettere sul potenziale distruttivo della tecnologia nelle mani di politici che non vedono l’ora di spendere i nostri soldi per inventarsi fantasiosi modi per renderci la vita più difficile.

A qualcuno potrà sembrare una piccola cosa; perfino una misura ragionevole per insegnare una lezione agli incivili. Se non fosse che, dato il copia-incolla di questa incredibile “soluzione” è molto probabile che la cacca del cane non sia altro che un pretesto, e che gli incivili siano in verità ben pochi.

In ogni caso: grandi cose vengono costruite a partire dalle piccole. Ieri era l’obbligo di microchip, oggi è la schedatura genetica. Domani sarà un collare GPS collegato alle forze dell’ordine. O qualche altra diavoleria che inevitabilmente finirà per intaccare quel poco di privacy che ci rimane, pure quando interagiamo col nostro cane.

Ma parliamo anche della questione ontologica. È evidente che l’oggetto dell’intervento non è il cane, ma il padrone. Il cane, in quanto avente una relazione diretta col padrone, è uno strumento attraverso cui estrarre risorse e punire i cittadini; d’altronde sono loro ad essere responsabili del comportamento del cane, no?

Perché allora non fare lo stesso coi bambini? Perché non obbligare ogni genitore a legare un braccialetto elettronico con GPS alla caviglia dei figli? Qual è la differenza tra un cane che caga davanti alla porta di casa del sindaco e un ragazzino che gli disegna un pisello sul muro? Entrambi sono soggetti all’autorità e alla responsabilità del padrone/genitore.

Meme del giorno


Citazione del giorno

“It's only because of their stupidity that they're able to be so sure of themselves.”

Franz Kafka

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Robert Ménard è il sindaco di Béziers, un piccolo comune sulla costa della Francia meridionale. Robert Ménard ha un problema: le cacche di cane lasciate in giro per strada.

Cosa farebbe una persona normale per affrontare questa grave piaga sociale? Magari cercherebbe di sensibilizzare i cittadini; o forse potrebbe distribuire “gratuitamente” bustine per raccogliere la cacca dei cani. O magari, non farebbe proprio nulla e penserebbe a risolvere questioni più importanti di qualche cacca per terra.

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È necessario punire i cittadini per farli comportare meglio”, afferma Robert France Bleu Radio.


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Anche Alto Adige, Genova e Roma sommerse dalla cacca di cane - oppure no


Robert Ménard non è però solo nel suo dramma. Ho infatti scoperto che anche in Alto Adige sarà obbligatoria dal 31 dicembre 2023 la profilazione genetica di tutti i cani residenti1. Lo scopo, a dire dell’assessore provinciale Arnold Schuler è identificare gli escrementi dei cani e sanzionare i proprietari che non raccolgono. Accidenti, non pensavo che anche in Alto Adige fosse così pieno di cacche di cane da richiedere tali interventi.

Pare che diverse città e regioni siano interessate al “progetto pilota” dell’Alto Adige. Ad esempio gli assessori del comune di Genova hanno incontrato Schuler per valutare la possibilità di rendere obbligatoria questa profilazione genetica. E dire che a Genova ci vado spesso e non ho mai pestato una cacca di cane. Evidentemente sono molto fortunato.

Anche a Roma qualcuno è impegnato nell’arduo compito di mitigare il flagello delle deiezioni canine. Il consigliere del XV municipio Max Petrassi (Italia Viva)2 ha però avuto un’idea originale e innovativa: obbligare i cittadini romani a schedare geneticamente i loro cani e poi effettuare test sulle cacche per scovare i malfattori e multarli. Aspetta… dove l’ho già sentita questa?

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Più probabile che sindaci, consiglieri e assessori, ben poco illuminati, vogliano far bella figura emulando altri che prima di loro sono cascati nelle braccia del dipartimento marketing di qualche azienda con troppa fuffa da vendere.

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In ogni caso: grandi cose vengono costruite a partire dalle piccole. Ieri era l’obbligo di microchip, oggi è la schedatura genetica. Domani sarà un collare GPS collegato alle forze dell’ordine. O qualche altra diavoleria che inevitabilmente finirà per intaccare quel poco di privacy che ci rimane, pure quando interagiamo col nostro cane.

Ma parliamo anche della questione ontologica. È evidente che l’oggetto dell’intervento non è il cane, ma il padrone. Il cane, in quanto avente una relazione diretta col padrone, è uno strumento attraverso cui estrarre risorse e punire i cittadini; d’altronde sono loro ad essere responsabili del comportamento del cane, no?

Perché allora non fare lo stesso coi bambini? Perché non obbligare ogni genitore a legare un braccialetto elettronico con GPS alla caviglia dei figli? Qual è la differenza tra un cane che caga davanti alla porta di casa del sindaco e un ragazzino che gli disegna un pisello sul muro? Entrambi sono soggetti all’autorità e alla responsabilità del padrone/genitore.

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noyb.eu/it/belgian-dpa-let-new…



chiamare il verde pedonale a #Roma, e ricevere in cambio inutili cinguettii elettronici


Ho verificato, cronometro alla mano, che il pulsante di chiamata pedonale ai semafori romani serve (quasi) solo a innescare il cicalino per gli ipovedenti, non a chiamare il verde. Poi ci sono casi (rari) dove lo scopo invece è quello, e il pulsante invece è il medesimo.
Mi piacerebbe che la funzione del pulsante fosse specificata: con il miraggio di attraversare prima inneschiamo solo indesiderato inquinamento acustico.


la bocca piccola dei secchioni della spazzatura di #Roma


Mi chiedo chi abbia progettato le bocche dei secchioni della spazzatura più piccole di un sacchetto medio. Con quale ratio?
Non mi sorprende che la gente lasci tutto in terra invece di dover lottare spingendo faticosamente, e vedo vecchietti che si fanno venire un infarto sotto al sole nel civico tentativo di riuscire a fare la differenziata.
Chi vuole sbarazzarsi abusivamente dei calcinacci tranquillamente alza il coperchio.


MESsaggio dal capitale: “Tutto mio” | La Città Futura

"Gli Stati in crisi e che vi ricorrono, infatti, vengono sottoposti a vincoli finanziari pesanti e i pochi poteri residui in fatto di politica economica che le regole di Maastricht ancora consentono verrebbero espropriati dal capitale finanziario, il quale non solo imprimerebbe una nuova pressione ai diritti sociali ma impedirebbe anche di rispondere adeguatamente alla recessione che ormai interessa quasi tutta l’eurozona."

lacittafutura.it/editoriali/me…




talium.co/doc/avgWmb/s/

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racconti distopici




Recensione Cielo di Piia Leino - Leggere distopico

@libri@feddit.it

"Helsinki, 2058. Dopo una violenta guerra civile, la società è crollata e il movimento sovranista Luce ha preso il potere sull’ex capitale della Finlandia. I dissidenti politici sono fuggiti al nord, mentre ai cittadini leali Luce ha donato Cielo, una realtà virtuale dove tutto è meraviglioso e colorato."

Continua su Leggere distopico

@libri@poliverso.org

#libri #mastolibri #libripendolari #unlibroalgiorno #libriSegreti

leggeredistopico.com/2023/07/1…