In difesa, l’Europa faccia di più. Il premier sposa la linea americana
L’incontro del presidente del Consiglio Giorgia Meloni con il presidente degli Stati Uniti Joe Biden è stata l’occasione per affrontare i temi cruciali della difesa, sia dal punto di vista bilaterale, sia da quello dei legami che uniscono le due sponde dell’Atlantico nella Nato. Temi su cui la diplomazia italiana ha lavorato fin dalla missione a Washington del ministro della Difesa, Guido Crosetto. Oltre a ribadire l’assoluta intenzione di entrambi i Paesi di continuare a sostenere l’Ucraina nel suo sforzo di resistenza dall’invasione russa, l’incontro ha permesso ai due leader di discutere in profondità l’architettura stessa della difesa che interessa direttamente l’Italia e gli Stati Uniti.
Rispondendo in conferenza stampa a una domanda sull’autonomia europea, Giorgia Meloni ha ribadito ulteriormente come a suo giudizio, l’Europa abbia “abdicato” alle proprie responsabilità. Un tema che secondo il presidente del consiglio è emerso anche nel corso del vertice Nato di Vilnius. Se l’Europa desidera avere un’autonomia politica, è il ragionamento, è tempo che agisca di conseguenza. Lungi dall’essere una visione alternativa all’alleanza transatlantica, il punto del premier è chiaro “deve esistere una colonna americana e una colonna europea della Nato”.
Una interpretazione che è assolutamente in linea con quanto si chiede da molto tempo dagli Stati Uniti, indipendentemente dall’inquilino della Casa Bianca. Per Meloni, “gran parte del peso della Difesa” globale ed europea è stato portato dai soli Usa. Una condizione che, come sottolineano tutte le riflessioni strategiche a stelle e strisce, non può continuare, soprattutto di fronte alle sfide globali che attendono lo strumento militare americano, Cina in primis. Una posizione esplicitamente assunta anche dal capo del governo italiano.
Il tema, naturalmente, si lega immediatamente allo sforzo nazionale di aumentare la spesa militare. Un impegno che, ha tenuto a ricordare il presidente, il suo partito ha preso anche da “unico partito di opposizione”. Quello del 2% del Pil da destinare alla difesa è del resto un tema su cui il governo si è impegnato fin dal primo giorno, senza tuttavia nascondere le difficoltà di raggiungere l’obiettivo date le condizioni economiche del nostro Paese, come più volte espresso anche dal ministro Crosetto. Ma l’impegno ribadito da Meloni a Biden traccia una linea da seguire. Non si tratta, infatti, di conseguire dall’oggi al domani tale traguardo – impegno irrealizzabile e poco credibile – quanto invece di dare segnali e rassicurazioni visibili e quantificabili della traiettoria intrapresa dall’Italia in questo senso, di graduale e sistematico aumento delle spese per l’apparato militare.
Una priorità di cui potrebbe beneficiare l’Alleanza, naturalmente, ma anche il Paese stesso. “I nostri destini sono indissolubilmente legati” ha detto Meloni, aggiungendo però che i rispettivi interessi possono “non essere sempre perfettamente sovrapposti”. Ancora una volta, non si tratta di agire in maniera slegata o “terza” rispetto a quelli che sono gli interessi transatlantici, quanto piuttosto assumersi la responsabilità di quei dossier su cui gli Usa non hanno immediato interesse o nei quali non possono agire.
Un esempio di questo, portato proprio da Meloni, è quello dell’Africa, del Sahel e del Mediterraneo allargato. Qui “c’è margine per ciascuno di fare il proprio lavoro” ha detto il premier, portando avanti un lavoro “nell’interesse di tutti”. Autonomia, dunque, ma come valore aggiunto per l’Alleanza, nella speranza che i Partner possano seguire la strada indicata dall’Italia. Il riconoscimento che Washington ha riconosciuto alla leadership italiana nella regione, del resto, potrebbe anche fungere da stimolo per gli altri Paesi europei in questo senso.
PRIVACYDAILY
Primo semestre di Leonardo. Ecco i risultati, in attesa del nuovo Piano industriale
Di fronte all’aumento nella richiesta di sicurezza, legata al contesto geopolitico internazionale, è sicuramente cresciuta la domanda di sistemi di Difesa tradizionali, a cui però si aggiungono anche le necessità di sicurezza nei nuovi domini dello spazio e del cyber. È quanto emerge dai risultati per il primo semestre ottenuti da Leonardo, il primo sotto la presidenza di Stefano Pontecorvo, che confermano le Guidance per l’intero anno formulate in sede di predisposizione del bilancio al 31 dicembre 2022. I primi sei mesi dell’anno hanno registrato risultati solidi, soprattutto in termini di crescita degli ordini, aumento di profittabilità e rafforzamento della performance di cassa. A fare la differenza per il gruppo di piazza Monte Grappa è intervenuto appunto il potenziamento dei settori a maggior crescita, quello extra-atmosferico e quello informatico.
I numeri
Nel primo semestre dell’anno i ricavi si sono attestati a 6,9 miliardi di euro, +6,4% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Il flusso di cassa operativo (Focf) è negativo per circa 517 milioni, in netto miglioramento rispetto al dato del 2022, negativo per 973 milioni. L’indebitamento scende ben del 24%, arrivando a 3,637 miliardi, dai quasi 4,8 milioni del 2022, grazie al minore assorbimento di cassa. Con ordini pari a 8,7 miliardi, il portafoglio ordini arriva alla cifra record di a 40 miliardi, assicurando una copertura di lavoro ben superiore a due anni e mezzo. Una crescita trainata soprattutto dall’ottima performance della divisione Elicotteri grazie agli ordini del ministero della Difesa austriaco e della Us Air force, oltre a una crescita degli ordinativi per l’Elettronica per la difesa e sicurezza. L’Ebita è pari a 430 milioni, +5,7%. Si conferma, quindi, il solido il business legato al settore militare e governativo.
La Guidance
Il Gruppo conferma dunque le previsioni per l’intero anno formulate in sede di predisposizione del Bilancio 2022. Per l’anno in corso si prevedono nuovi ordinativi pari a circa 17 miliardi, con un occhio particolare per i nuovi mercati in espansione. Per i ricavi la Guidance indica una forbice tra 15 e 15,6 miliardi, comunque, in crescita rispetto al 2022 grazie anche “alla ripresa delle consegne di B-787” da parte della divisione Aerostrutture. Anche la redditività è prevista in aumento, con Ebita previsto tra 1,2 e 1,3 miliardi. Il flusso di cassa è atteso a circa 600 milioni, mentre l’indebitamento dovrebbe scendere a 2,6 miliardi.
Il commento
Per Roberto Cingolani, amministratore delegato, “l’azienda si dimostra solida e i risultati sono promettenti, anche prospetticamente”. Per l’ad, il gruppo è “in una fase di predisposizione del nuovo Piano industriale che vedrà la luce all’inizio del prossimo anno”. Pilastri di questo nuovo Piano saranno “il consolidamento del core business con un focus particolare sui prodotti per la difesa e l’allargamento a nuove iniziative, con il potenziamento dei settori a maggior crescita, come spazio e cyber-sicurezza”. Per Cingolani, l’obbiettivo è dare “un rinnovato impulso alla digitalizzazione di tutto il nostro portafoglio prodotti per accrescere ulteriormente la nostra competitività su tutti i mercati, in Italia e all’estero”.
Nucleo climatico
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Il racconto di #NoiSiamoLeScuole questa settimana è dedicato all’Istituto Comprensivo “Federigo Tozzi” di Chianciano Terme, in provincia di Siena!
Il vecchio edificio ha ospitato intere generazioni di studenti del territorio, ma ora, grazie al PNR…
Ministero dell'Istruzione
Il racconto di #NoiSiamoLeScuole questa settimana è dedicato all’Istituto Comprensivo “Federigo Tozzi” di Chianciano Terme, in provincia di Siena! Il vecchio edificio ha ospitato intere generazioni di studenti del territorio, ma ora, grazie al PNR…Telegram
La faziosità che impedisce di affrontare i problemi
Dalla lezione di un grande studioso della democrazia, Giovanni Sartori, si ricava che quando la polarizzazione politica è elevata l’opposizione tende ad essere «irresponsabile»: si contrappone frontalmente al governo su tutto. Senza ombra di realismo. Ciò spiega la drastica e repentina mutazione che subiscono i partiti quando passano dall’opposizione al governo e viceversa. Giorgia Meloni, prima di vincere le elezioni, aveva (tranne che sull’Ucraina) la tipica postura dell’oppositore irresponsabile nel senso di Sartori. Meloni al governo è un’altra cosa. Il Pd ha fatto il tragitto contrario: era una cosa quando faceva parte della maggioranza di governo guidata da Mario Draghi, è un’altra cosa fuori dall’area di governo. Quando sono all’opposizione il partito di destra o il partito di sinistra si fanno guidare, rispettivamente, dal principio pas d’ennemis à droite (niente nemici a destra) e pas d’ennemis à gauche (niente nemici a sinistra). Ciò alimenta la costante delegittimazione reciproca fra governi e partiti di opposizione. Riflette le divisioni che esistono nel Paese. Ma tende anche a perpetuarle e a esasperarle.
Viviamo in una fase storica nella quale la polarizzazione politica è aumentata in tante democrazie (si pensi agli Stati Uniti) ma l’Italia fa storia a sé. La nostra era una democrazia polarizzata (quando molte altre non lo erano) ai tempi della Guerra fredda. Ed è rimasta tale. Con l’aggravante che mentre un tempo l’esistenza di forti partiti riusciva a contenere, almeno in parte, le pressioni divaricanti, oggi che quei forti partiti non ci sono più l’opera di contenimento è assai più faticosa e spesso impossibile.
Le conseguenze sono pesanti. Quando predomina lo spirito di fazione affrontare i problemi del Paese diventa impossibile. Sia perché chi governa — ovviamente costretto ora a fare i conti con la realtà — non può mai liberarsi completamente delle scorie accumulate nella fase dell’opposizione irresponsabile. Sia perché non è pungolato da una opposizione che sappia confrontarsi con i problemi anziché innalzare muri ideologici. I problemi del Paese sono noti: insufficiente crescita economica, declino demografico, mali antichi dell’amministrazione, malfunzionamento dell’amministrazione della giustizia, deterioramento del sistema scolastico, prestazioni di welfare mal distribuite e con ampie sacche di inefficienza, necessità di governare i flussi migratori, obbligo di conciliare le misure per fronteggiare il cambiamento climatico con la salvaguardia della forza industriale del Paese. Grandi e difficilissimi problemi che richiederebbero una convergenza di intenti, chiamare il Paese a riconoscersi in alcune idee-forza. Una cosa è dividersi, come è normale in democrazia, su proposte diverse ma volte a uno stesso scopo. Altro è dare libero sfogo allo spirito di fazione e a uno scontro ideologico che inghiotte tutto e che nasconde anziché rendere visibili i termini del problema che si dovrebbe affrontare.
Prendiamo, ad esempio, il caso della scuola. Basta leggere i risultati dei test Invalsi per capire che stiamo segando il ramo su cui siamo seduti. Stiamo dilapidando, prima ancora di averlo formato, un grande capitale umano. Ma senza capitale umano non si va da nessuna parte. I successi economici «asiatici» (della Cina e non solo), da tanti ammirati, sono, prima di tutto, il prodotto di sistemi educativi di prim’ordine. Qualunque professore con una lunga esperienza sorride quando sente dire che ci sono tanti giovani bravi e preparati. Certo che ci sono, come ci sono sempre stati. Ma il problema di un sistema educativo è, prima di tutto, quello di preparare decentemente la fascia media (i bravi, quelli che hanno vocazione per lo studio, se la cavano comunque). Il cedimento strutturale della scuola ha riguardato la fascia media. È in questa fascia che l’impreparazione dilaga. Con gravi danni, in prospettiva, per l’economia e le professioni. E anche per la democrazia. Interessi corporativi e faziosità ideologica impediscono di ammetterlo. E di cercare i rimedi.
Oppure si prenda il tema dell’immigrazione. In un Paese in crisi di natalità c’è un grande bisogno di immigrati. Ma c’è anche bisogno di assorbirli senza provocare forti «sbreghi» nel tessuto sociale e culturale. Qualcuno può affermare che il tema, da quando si è imposto all’opinione pubblica, sia stato affrontato, da destra e da sinistra, in modo non ideologico? C’è ora qualche segnale di un atteggiamento più pragmatico ma è ancora troppo presto per giudicare. È comunque un altro argomento su cui il riconoscimento di un interesse comune dovrebbe spingere a cercare convergenze anziché contrapposizioni frontali.
Se la polarizzazione politica impedisce di riconoscere la natura delle sfide e di cercare convergenze, dobbiamo allora sperare nell’emergere di forze capaci di affrontare con pragmatismo i problemi che incombono e che riescano a mettere nell’angolo gli ideologizzati delle varie fazioni? Dobbiamo cioè aspettare che si formi, al centro dello schieramento, una opposizione responsabile? Si sente spesso dire che esisterebbero vaste praterie che aspettano solo di ricevere una offerta politica credibile. Qualche tempo addietro lo pensava anche chi scrive. Ma forse era un’illusione. In un sistema polarizzato, chi rifiuta lo spirito di fazione fatica a fare passare messaggi che prendano di petto i problemi. La faziosità occupa la scena. Non solo una offerta politica credibile del tipo indicato, al momento, non si vede. Ma se ci fosse non è detto che avrebbe successo, che riuscirebbe a intercettare tanti elettori.
In teoria la democrazia appartiene al novero dei regimi moderati. In un regime moderato la demagogia è tenuta a freno, relegata ai margini dello spazio pubblico. Per questa ragione, forse, la forte polarizzazione registrata negli ultimi anni in tante democrazie occidentali potrà essere prima o poi riassorbita. Però il nostro Paese non ha mai conosciuto la suddetta moderazione. Fino ad oggi, tuttavia, la democrazia italiana è riuscita a sopravvivere. Forse è l’eccezione che conferma la regola. Forse è solo il frutto di fortunate circostanze. Caso e fortuna hanno comunque giocato a nostro favore. Si spera che continuino a farlo.
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“Estate 2023. Viaggiare veloci e sicuri, ma senza rinunciare alla privacy”
Nuovo appuntamento con la rubrica Privacy weekly, tutti i venerdì su StartupItalia. Uno spazio dove potrete trovare tutte le principali notizie della settimana su privacy e dintorni.
Quando Sinéad diede del «buono a nulla» a Itamar Ben Gvir
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di Michele Giorgio
(questo articolo è stato pubblicato in origine dal quotidiano Il Manifesto)
Pagine Esteri, 28 luglio 2023 – Nel 1997 la giovane, brava e famosa Sinéad O’Connor avrebbe dovuto esibirsi a Gerusalemme in un festival organizzato da donne israeliane e palestinesi dal titolo «Due Capitali, Due Stati». La musicista e cantante irlandese fu costretta a rinunciare al concerto per le minacce di morte giunte dall’Ideological Front, organizzazione guidata da un giovane israeliano, Itamar Ben Gvir. «Gruppi ebraici di destra hanno minacciato di uccidere me e la mia band. Non sono disposta a morire per le stronzate di qualcun altro, né sono disposta a mettere a rischio la mia band, quindi non siamo andati», spiegò O’Connor. Ben Gvir non si assunse la responsabilità delle minacce. Però alla radio israeliana si vantò di aver causato in qualche modo la cancellazione del concerto, parte di un evento che, spiegò, considerava un attacco al controllo di Israele sull’intera Gerusalemme, anche della zona araba rivendicata dai palestinesi come capitale del loro futuro Stato indipendente. O’Connor reagì affidando alla Associated Press un comunicato in cui accusava Ben Gvir di «non aver combinato nulla di buono nella vita» e lo ammoniva dicendogli che «Dio non premia coloro che portano il terrore ai bambini del mondo».
L’articolo pubblicato nel 1997 dal quotidiano Haaretz sulla polemica tra Ben Gvir e O’Connor
Mercoledì l’artista irlandese che ha fatto cantare al mondo intero Nothing Compares 2 U è morta lasciando sgomenti i suoi tanti fan. Invece l’estremista Itamar Ben Gvir, sconosciuto ventisei anni fa, oggi è il ministro della Sicurezza nazionale, uno degli incarichi più rilevanti del governo dello Stato ebraico. Ieri mattina, incurante anche dalle rassicurazioni date dal presidente israeliano Herzog sul rispetto dello status quo dei luoghi santi di Gerusalemme, Ben Gvir è di nuovo entrato sulla Spianata delle moschee di Gerusalemme in occasione del Tisha B’Av, il giorno che commemora la distruzione del Tempio ebraico. Questa è la terza «visita» di Ben-Gvir al sito da quando il premier Benyamin Netanyahu ha vinto le elezioni lo scorso novembre.
E come le altre non ha avuto motivazioni turistiche. «Questo il luogo più importante per il popolo di Israele. Dobbiamo tornare e mostrare la nostra autorità…In questo giorno, in questo luogo, dobbiamo ricordare che siamo tutti fratelli. Siamo le stesse persone. Quando un terrorista guarda fuori dalla finestra, non può distinguerci» ha detto il ministro – descritto come un suprematista anche da tanti israeliani – in riferimento alle proteste di massa, l’ultima ieri sera, in corso in Israele contro la riforma giudiziaria voluta dal governo di estrema destra religiosa al potere. Qualche ora prima delle rivendicazioni di Ben Gvir sulla Spianata delle moschee (ritenuta dalla tradizione ebraica il luogo dove sorgeva il Tempio), un ragazzo palestinese di 14 anni, Faris Abu Samra, è ucciso durante uno scontro a fuoco innescato da un raid dell’esercito israeliano nella città di Qalqiliya (Cisgiordania). Sale a 202 il numero dei palestinesi uccisi quest’anno da soldati e coloni israeliani, 37 dei quali adolescenti e bambini e 11 donne. Una trentina sono gli israeliani uccisi da palestinesi.
Alla passeggiata di Ben Gvir hanno partecipato il deputato del Likud Amit Halevi, il ministro dello sviluppo del Negev e della Galilea Yitzhak Wasserlauf e il rabbino Shimshon Elboim, del gruppo «Monte del Tempio». Dura la protesta del ministero degli esteri palestinese: «Il governo israeliano sostiene ufficialmente raid e aggressioni contro la moschea di Al Aqsa e i tentativi di cambiare lo status quo… Netanyahu ha la responsabilità diretta di questa provocazione». Proteste sono giunte anche da Giordania, Egitto e Stati uniti. Per rappresaglia un gruppo affiliato ad Hamas ha rivendicato il lancio di un razzo artificiale da Jenin verso una colonia israeliana. Pagine Esteri
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In Cina e Asia – Meloni parla con Biden di Bri e annuncia che andrà in Cina
Meloni parla con Biden di Bri, ma niente annunci sull'uscita dell'Italia. E la premier andrà in Cina
Accordo Vaticano-Vietnam per l’apertura di un ufficio della Santa Sede ad Hanoi
Giappone: politica economica più flessibile e rendimenti decennali oltre lo 0,5%
Huawei vuole tornare a produrre i propri chip già dal 2023
Corea del Nord: parata militare a Pyongyang per il 70° anniversario dell'armistizio
Giappone: nel 2022 popolazione diminuita di 800 mila unità
Cina: vietato l’accesso ai diplomatici canadesi al processo di Kris Wu
Myanmar: Aung San Suu Kyi trasferita agli arresti domiciliari
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Dalla Cina "diritti umani” e uguaglianza per tutti
All’assioma ormai consolidato secondo il quale lo sviluppo materiale, il progresso, e la crescita economica, rientrino tra i diritti umani, Pechino ha aggiunto un nuovo postulato: che lo stesso valga per “l’uguaglianza delle relazioni, attraverso l’apprendimento delle differenze culturali.”
L'articolo Dalla Cina “diritti umani” e uguaglianza per tutti proviene da China Files.
PRIVACYDAILY
Report 2022 - Stato dei # diritti digitali e dell'inclusione in 24 paesi africani
#Africa #AI #digitalrights #Londa
Questa edizione di Londa si concentra su questioni trasversali che interessano i diritti digitali e la libertà di Internet nel 2022. Valuta inoltre l'impatto e le prestazioni del Universal Service Fund’s nei 24 paesi esaminati
Grazie a @Davide Tommasin ዳቪድ per la segnalazione
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Export della difesa. Cosa può succedere con la riforma dell’Uama
Il Consiglio dei ministri ha approvato in esame preliminare un regolamento che modifica l’organizzazione della Farnesina. Tra le misure adottate ce n’è una che riguarda l’Unità per le autorizzazioni dei materiali d’armamento, l’Uama, nella quale si chiarisce ulteriormente che tra le competenze dell’unità rientra l’applicazione di tutti i regimi di controllo di importazioni ed esportazioni non attribuiti ad altra struttura del ministero. Tra questi sono inclusi i regimi sanzionatori e gli embarghi e i regimi di controllo previsti dai regolamenti anti-tortura e contro la pena di morte.
In pratica, si specifica il fatto che è l’ente delegato a supervisionare l’import-export militare a gestire i dossier relativi a quali sono quei Paesi verso i quali è possibile esportare materiale d’armamento. Nella vigente legislazione infatti, contenuta nel decreto del Presidente della Repubblica del 19 maggio 2010, n. 95, è esplicato solo il ruolo di rilascio delle autorizzazioni per l’interscambio di armamenti e dei certificati per le imprese. Quello che può sembrare una mera chiarificazione di qualcosa già in atto, potrebbe invece essere il primo passo verso una modifica più profonda della supervisione che lo Stato attua nei confronti del mercato della difesa.
Al momento, infatti, il ministro plenipotenziario che guida l’Uama ha una responsabilità diretta circa le decisioni da prendere sulla possibilità o meno di esportare (o importare) da un determinato Paese. Spetta a questo funzionario, dunque, una decisione molto delicata e un esame molto approfondito sull’aderenza di potenziali partner commerciali internazionale ai prerequisiti legali previsti dalla legge italiana, primo fra tutto il rispetto dei diritti umani. Compito non facile e potenzialmente foriero di implicazioni enormi.
Da più parti, dunque, si è più volte invocata una riforma che modifichi l’autorità, e quindi la responsabilità, di tali decisioni. Tra le misure suggerite c’è il trasferimento di queste competenze al livello di una commissione ad hoc di ministri, sotto l’egida della Presidenza del Consiglio, che coinvolga tutti i dicasteri interessati al tema, dagli Esteri alla Difesa, l’Impresa, l’Economia e così via. L’obiettivo è rendere quella che adesso è una responsabilità, anche personale, di una sola figura una responsabilità invece condivisa a livello politico. Una volta effettuata questa decisione dall’esecutivo, l’Uama potrebbe semplicemente occuparsi di rilasciare le dovute documentazioni e supervisionare la corretta applicazione amministrativa delle misure previste dalla legge.
Una modifica di questo tipo permetterebbe di accelerare i procedimenti sui permessi all’esportazione di sistemi d’arma, settore su cui si basa non solo la sostenibilità finanziaria del settore della difesa, ma l’economia stessa del Paese. Quasi il 70% del fatturato industriale del settore, infatti, dipende dall’export, un fatturato che vale 17 miliardi di euro, più o meno un intero punto percentuale di Pil. Del resto è stata proprio la Federazione aziende italiane per l’aerospazio, la difesa e la sicurezza (Aiad), nella sua ultima assemblea a Roma, ospitata del Centro alti studi della Difesa (Casd), a lanciare l’allarme sulla flessione dell’export della difesa italiano, con le autorizzazioni all’esportazioni in continua decrescita dal 2016.
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Ministero dell'Istruzione
#Scuola: per rafforzare le segreterie scolastiche in questa fase nella quale le scuole sono chiamate ad attuare la parte più consistente delle azioni previste dal #PNRR, si è previsto uno stanziamento di 50 milioni di euro per il 2023, così che, già …Telegram
Prenotare un volo Ryanair attraverso un'agenzia di viaggi online potrebbe riservare una brutta sorpresa noyb ha presentato un reclamo contro Ryanair. Quando si prenota tramite un'agenzia di viaggi online, la compagnia aerea spinge alcuni clienti a sottoporsi a un processo di riconoscimento facciale invasivo
Ben-Gvir sulla Spianata delle Moschee: “dobbiamo mostrare qui la nostra autorità”
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Pagine Esteri, 27 luglio 2023. Il ministro israeliano di estrema destra, Itamar Ben-Gvir ha passeggiato questa mattina sulla Spianata delle Moschee, a Gerusalemme, rilasciando dichiarazioni sulla proprietà israeliana del sito islamico. Non è la prima incursione del Ministro della Sicurezza e leader del partito suprematista ed estremista Potere Ebraico, il quale per tre volte, da quando Netanyahu è tornato al potere, è entrato il complesso della Moschea di Al-Aqsa, luogo di culto per la religione islamica.
La visita è avvenuta questa mattina, in occasione della Tisha B’Av, la giornata ebraica dedicata alla commemorazione della distruzione dei templi e all’esilio del popolo ebraico.
Ben-Gvir ha dichiarato, durante la “passeggiata” che “questo è il luogo più importante per il popolo di Israele e dobbiamo mostrare la nostra autorità“. Durante la visita dello scorso Maggio aveva detto “Noi siamo i proprietari di Gerusalemme e dell’intera Terra d’Israele“, riferendosi anche ai Territori palestinesi occupati e a Gerusalemme. Dichiarazioni alle quali erano seguite proteste e condanne da parte di organismi internazionali e leader mondiali.
Hamas ha immediatamente reagito dichiarando, per bocca del suo portavoce, che “le incursioni nel complesso costituiscono un’escalation della guerra religiosa di occupazione che Israele sta conducendo contro Gerusalemme e Al-Aqsa. Il popolo palestinese proteggerà l’identità islamica di Al-Aqsa a qualsiasi costo“.
Il ministero degli Esteri palestinese ha chiesto l’intervento del presidente degli Stati Uniti Joe Biden e della comunità internazionale per proteggere i luoghi sacri di Gerusalemme: “condanniamo l’ingresso di Itamar Ben-Gvir e di altri coloni. Il governo israeliano fornisce il sostegno ufficiale ai continui raid e aggressioni contro la moschea di Al-Aqsa e i tentativi di cambiare lo status quo. Il premier Benjamin Netanyahu ha la responsabilità diretta e piena di questo evento provocatorio“.
Anche il portavoce del ministero degli Esteri giordano ha letto una dichiarazione di condanna per le provocazioni israeliane che potrebbero portare, ha detto, ad una crisi regionale.
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Belt and Road, la Cina mette in guardia Meloni da scelte «geopolitiche»
Sul Global Times si elencano i risultati positivi dell'iniziativa. Per salvare l’etichetta l’uscita dalla Belt and Road non andrà annunciata in Usa
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#40 / Di telecamere, peculiari attivisti e strane priorità
Entro il 2025 mille nuove telecamere a Roma
Il sindaco Gualtieri ha già dato disposizioni per far sì che Roma sia sicura per residenti e turisti in occasione del Giubileo del 2025: mille nuove telecamere, una sala operativa super smart per la polizia e un SOC (Cybersecurity Operation Center) per garantire la sicurezza delle telecamere e della sala operativa1. La sicurezza della sicurezza prima di tutto.
Di tutta questa sicurezza, ne saranno certamente felici gli amici romani. Finalmente potranno essere ripresi in tempo reale mentre vengono derubati in metro.
Hey, il portafoglio sparirà comunque e nessuno certamente sarà né catturato né processato — ma almeno saprete che da qualche parte c’è un vigile urbano che vi osserva, che veglia su di voi, e che prova tanta compassione. Mentre sorseggia il suo caffé con panna.
Lo so, forse sono eccessivamente critico. Magari le telecamere funzionano davvero come mezzo di repressione del crimine. In effetti, Milano è la città con più telecamere d’Italia ed è anche la più sicura. Che gli operatori del 112 la chiamino amichevolmente la Gotham City d’Italia è solo uno scherzo. È sicurissima, fidatevi. Soprattutto in zona Stazione Centrale, che è letteralmente invasa di telecamere.
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Blade Runners, gli attivisti che non ci meritiamo
Non tutti la pensano come Gualtieri e altri sindaci illuminati che non vogliono altro che il nostro benessere e sicurezza. In UK in particolare è da poco nato un movimento chiamato “Blade Runners” che ha una missione particolare: distruggere ogni telecamera di videosorveglianza nella città di Londra2.
A loro la sorveglianza di massa non piace, e non gli piace neanche l’espansione illimitata delle nuove ZTL videosorvegliate che da qualche tempo vengono spacciate come soluzione contro il cambiamento climatico.
Questi gentiluomini, che chiaramente non ci meritiamo, stanno progressivamente distruggendo e smantellando ogni telecamera. Un esponente, rimasto anonimo, ha recentemente dichiarato che non si fermeranno fino a che non le avranno distrutte tutte “no matter what”.
Pare che la loro azione sia stata così efficiente finora da aver messo in crisi le autorità locali, che potrebbero perfino decidere di sospendere il progetto ULEZ, simile alla Area B di Milano (una ZTL), per mancanza di apparati di sorveglianza.
Nel dissociarmi da queste terribili notizie di danneggiamento di proprietà pubblica, mi limito a dire che sarebbe davvero terribile se nascessero gruppi di emulazione in altre città europee, vista la fatica e l’amore che i nostri sindaci impiegano per tenerci al sicuro.
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Le strane priorità della Bank of England
La Bank of England ha deciso di dedicare il settimo piano del suo edificio a bagni unisex, o per meglio dire “gender neutral”. La decisione segue una serie di politiche inclusive e alcune dichiarazioni peculiari, anch’esse inclusive, come ad esempio il fatto che chiunque possa avere una gravidanza3.
Voi pensavate che alla Bank of England fossero impegnatissimi a scongiurare la più grande crisi finanziaria del secolo e contrastare l’inflazione (che loro stessi hanno causato). E invece no. Qua bisogna essere inclusivi. Ma perché parlarne su queste pagine?
Perché la questione dei bagni “gender neutral” riguarda molto da vicino anche la privacy e la dignità delle donne, per ovvi e oggettivi motivi, che però oggi sembrano essere fuori dalla portata delle più elevate menti dei nostri continenti.
Condividere un bagno o uno spogliatoio con persone dell’altro sesso può infatti essere un’esperienza negativa per molte donne, che magari preferirebbero non farsi guardare nude da persone dotate di prostata (questo è linguaggio inclusivo?).
D’altronde, se così non fosse, potremmo tutti già oggi usare bagni e spogliatoi uguali per tutti. Se nel corso della storia umana abbiamo deciso di separarli, forse un motivo c’era.
Nella letteratura in materia di privacy (in particolare Solove) si fa spesso riferimento all’impatto di azioni che in qualche modo invadono la sfera privata fisica della persona contro la sua volontà. L’esposizione forzosa di funzioni corporee o di nudità, unita alla sensazione di intrusione nella propria sfera privata, può infatti causare notevoli disagi psicologici nelle persone, oltre ad alterazioni dei loro comportamenti e perfino aumentare il rischio di micro-conflitti e violenze.
Senza contare che i bagni, in generale, sono spesso frequentati anche da bambini — o da adulti con capacità intellettuali di bambini, nel caso delle Banche Centrali.
Quale genitore sarebbe felice di sapere che nel bagno o nello spogliatoio in cui si cambia sua figlia tredicenne dopo l’allenamento è presente anche una persona dotata di prostata di mezza età che ha deciso da un momento all’altro di farsi chiamare Jessica?
In che modo un’imposizione così violenta, che viola la privacy e la dignità delle donne a favore di alcune persone dotate di prostata, può dichiararsi inclusiva? Dov’è finito il femminismo di una volta?
Torna la Privacy Week
Torna la Privacy Week, quest’anno alla sua terza edizione. Un festival di cinque giorni a Milano in cui si alterneranno tanti eventi interessanti come hackaton, interviste, dibattiti, tavole rotonde, serate e incontri di networking. Anche quest’anno tutti gli eventi potranno essere visti comodamente da casa su www.privacyweek.it, mentre per alcuni ci si potrà anche registrare e partecipare dal vivo per chi volesse (posti limitati).
Privacy Week 2023 si terrà dal 25 al 29 settembre e naturalmente ci sarò anch’io, per chi volesse scambiare due chiacchiere dal vivo. Il palinsesto, che è ancora in corso di definizione, è già descritto qui.
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Meme della settimana
Citazione della settimana
“Don't feel sorry for yourself. Only assholes do that.”
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romatoday.it/politica/sicurezz…
Giornata Nazionale del Cinema per la Scuola: appuntamento a Palermo dal 16 al 18 ottobre per promuovere le opere audiovisive realizzate nell'ambito del Piano Nazionale Cinema e Immagini per la Scuola.
Ministero dell'Istruzione
#NotiziePerLaScuola Giornata Nazionale del Cinema per la Scuola: appuntamento a Palermo dal 16 al 18 ottobre per promuovere le opere audiovisive realizzate nell'ambito del Piano Nazionale Cinema e Immagini per la Scuola.Telegram
Zaki libero, Assange sepolto vivo. I due volti dell'Occidente | l'interferenza
«Il mondo occidentale esulta per la liberazione del giovane Zaki e nello stesso tempo seppellisce vivo Assange mentre ha già lasciato che fossero seppelliti vivi il leader palestinese di Al Fatah, Marwan Barghouti, e il curdo Ocalan, entrambi imprigionati da più di vent’anni e destinati a non uscire più, come del resto lo stesso Assange, “colpevole” di aver denunciato i crimini dell’esercito americano in Iraq.»
I "fili" di Meta potrebbero creare o distruggere il Fediverso: la promessa di rendere Threads compatibile con ActivityPub ha diviso i sostenitori del Fediverso
"La comunità di Fediverse è stata messa in moto, a causa della paura e dell'odio per Meta, e anche dell'entusiasmo", afferma Dmitri Zagidulin, uno sviluppatore che guida il gruppo del World Wide Web Consortium (W3C) responsabile della discussione sul futuro di ActivityPub. La prospettiva che Meta si unisca al movimento decentralizzato ha persone che cercano di ravvivare i loro progetti e prepararsi per i riflettori. “Ci sono riunioni furiose. Contributi in corso di richiesta. Richieste pull. Spinge per una migliore sicurezza, una migliore esperienza utente. Meglio tutto", dice.
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Il futuro meccanismo dei social network dipenderà dal successo (o flop) di Threads
La scommessa di Meta è quella di creare un unico grande sistema di condivisione dei contenuti in modo che le varie app social siano interoperabili tra loro, grazie al protocollo di rete chiamato #ActivityPub
Malumori interni a parte, l’ultima parola spetterà a #Meta: se la compagnia implementerà gli strumenti necessari per aderire al fediverso, difficilmente la si potrà fermare. Non sarà la salvezza di Internet come prefigura qualcuno, ma ne vedremo sicuramente delle belle. Tra queste, forse, anche il definitivo tramonto di #Twitter. Chissà.
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Ten MEPs ask EU Commission for a moratorium on tracking of users
Ten Members of the European Parliament asked the European Commission on Wednesday (19 July) for a moratorium on tracking users online, and more details on how it intends to apply the EU's new digital rules in this domain.
Perquisita la sede della testata di alimentazione Gift Great Italy Food Trade e la casa dell'avvocato giornalista Dario Dongo della testata online
@Giornalismo e disordine informativo
Milano - "Cinque funzionari della squadra mobile di Pescara si sono presentati presso la sede del sito di informazione indipendente Gift (greatitalianfoodtrade.it) su ordine del sostituto procuratore incaricato e del procuratore capo della Procura di Pescara, per perquisire la sede operativa del sito web. Al termine dell'azione, protrattasi per 6 ore, sono stati sequestrati tutti i dispositivi (cellulare, tablet, computer portatile) del fondatore, Dario Dongo, giornalista, tra i massimi esperti di diritto alimentare europeo". Lo ha reso noto l'ufficio stampa milanese di Gift e del Fatto Alimentare, due media specializzati sull'alimentazione e l'industria alimentare, al centro anche di inchieste di rilievo giudiziario.
Protesta dei sindacati dei Cronisti per tutela delle fonti giornalistiche un secco NO a qualsiasi forma di intimidazione e limiti alla libertà di stampa.
PS: Gift ItalyFoodTrade è un media online specializzato sull'alimentazione e l'industria alimentare, al centro anche di inchieste giornalistiche di rilievo giudiziario.
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#39 / Di cacche di cane e privacy
Il piccolo comune di Béziers invaso dalle cacche di cane - oppure no
Robert Ménard è il sindaco di Béziers, un piccolo comune sulla costa della Francia meridionale. Robert Ménard ha un problema: le cacche di cane lasciate in giro per strada.
Cosa farebbe una persona normale per affrontare questa grave piaga sociale? Magari cercherebbe di sensibilizzare i cittadini; o forse potrebbe distribuire “gratuitamente” bustine per raccogliere la cacca dei cani. O magari, non farebbe proprio nulla e penserebbe a risolvere questioni più importanti di qualche cacca per terra.
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E invece no. Il caro Robert non è certo una persona qualunque e non si farà intimorire da qualche cacca di cane. La soluzione è tanto semplice quanto grottesca: obbligare tutti i residenti a schedare il DNA del loro cane, cosicché attraverso i campioni dalle feci lasciate in terra si possa scovare il colpevole a quattro zampe e — di riflesso — il suo padrone.
“È necessario punire i cittadini per farli comportare meglio”, afferma Robert France Bleu Radio.
Hey Robert, ma siamo sicuri che punire i cittadini per modificare il loro comportamento sia il ruolo di un sindaco?
Anche Alto Adige, Genova e Roma sommerse dalla cacca di cane - oppure no
Robert Ménard non è però solo nel suo dramma. Ho infatti scoperto che anche in Alto Adige sarà obbligatoria dal 31 dicembre 2023 la profilazione genetica di tutti i cani residenti1. Lo scopo, a dire dell’assessore provinciale Arnold Schuler è identificare gli escrementi dei cani e sanzionare i proprietari che non raccolgono. Accidenti, non pensavo che anche in Alto Adige fosse così pieno di cacche di cane da richiedere tali interventi.
Pare che diverse città e regioni siano interessate al “progetto pilota” dell’Alto Adige. Ad esempio gli assessori del comune di Genova hanno incontrato Schuler per valutare la possibilità di rendere obbligatoria questa profilazione genetica. E dire che a Genova ci vado spesso e non ho mai pestato una cacca di cane. Evidentemente sono molto fortunato.
Anche a Roma qualcuno è impegnato nell’arduo compito di mitigare il flagello delle deiezioni canine. Il consigliere del XV municipio Max Petrassi (Italia Viva)2 ha però avuto un’idea originale e innovativa: obbligare i cittadini romani a schedare geneticamente i loro cani e poi effettuare test sulle cacche per scovare i malfattori e multarli. Aspetta… dove l’ho già sentita questa?
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Il business delle cacche di cane
Okay qui c’è qualcosa che puzza. Possibile che tutte queste menti illuminate siano improvvisamente arrivate alla stessa conclusione? Mah. Più probabile invece che ci sia qualche azienda, come PooPrints — che fattura più di 7 milioni di euro l’anno — che ha inventato questa articolata soluzione per risolvere un non-problema.
Più probabile che sindaci, consiglieri e assessori, ben poco illuminati, vogliano far bella figura emulando altri che prima di loro sono cascati nelle braccia del dipartimento marketing di qualche azienda con troppa fuffa da vendere.
In effetti basta googlare per vedere molti esempi di altre città che hanno adottato soluzioni tecnologiche uguali a quelle proposte in Francia e Italia: Tel Aviv3, Denver4, Mallorca5…
Esiste davvero un problema globale di cacche non raccolte, o questi politici stanno invece usando soldi estorti ai cittadini per inventare complessi schemi di sorveglianza e tassazione occulta?
Sì, perchè schedare geneticamente il cane significa anche sorvegliare indirettamente il proprietario. Come dichiarato anche dall’azienda PooPrints6, una volta schedato il DNA del cane sarà possibile tracciarlo ovunque nel mondo, e con lui il suo padrone.
Qualcuno potrebbe dire che ci sono modi migliori per sorvegliare le persone. Certo, ma non per questo bisogna sottovalutare e accettare un ulteriore ingerenza dello Stato nella nostra vita.
Per quanto riguarda la tassazione occulta invece non c’è molto da dire: queste schedature genetiche si pagano (circa €65). Chi non lo fa, sarà sanzionato. Un buon modo per far cassa, anche senza raccogliere cacche in giro. In Alto Adige si stimano 45.000 cani registrati, che equivale a un’entrata di quasi 3 milioni di euro. Così, de botto.
Le grandi cose arrivano dalle piccole cose
La questione, abbastanza ridicola, dovrebbe farci riflettere sul potenziale distruttivo della tecnologia nelle mani di politici che non vedono l’ora di spendere i nostri soldi per inventarsi fantasiosi modi per renderci la vita più difficile.
A qualcuno potrà sembrare una piccola cosa; perfino una misura ragionevole per insegnare una lezione agli incivili. Se non fosse che, dato il copia-incolla di questa incredibile “soluzione” è molto probabile che la cacca del cane non sia altro che un pretesto, e che gli incivili siano in verità ben pochi.
In ogni caso: grandi cose vengono costruite a partire dalle piccole. Ieri era l’obbligo di microchip, oggi è la schedatura genetica. Domani sarà un collare GPS collegato alle forze dell’ordine. O qualche altra diavoleria che inevitabilmente finirà per intaccare quel poco di privacy che ci rimane, pure quando interagiamo col nostro cane.
Ma parliamo anche della questione ontologica. È evidente che l’oggetto dell’intervento non è il cane, ma il padrone. Il cane, in quanto avente una relazione diretta col padrone, è uno strumento attraverso cui estrarre risorse e punire i cittadini; d’altronde sono loro ad essere responsabili del comportamento del cane, no?
Perché allora non fare lo stesso coi bambini? Perché non obbligare ogni genitore a legare un braccialetto elettronico con GPS alla caviglia dei figli? Qual è la differenza tra un cane che caga davanti alla porta di casa del sindaco e un ragazzino che gli disegna un pisello sul muro? Entrambi sono soggetti all’autorità e alla responsabilità del padrone/genitore.
Meme del giorno
Citazione del giorno
“It's only because of their stupidity that they're able to be so sure of themselves.”
Franz Kafka
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news.provincia.bz.it/it/news/p…
roma.repubblica.it/cronaca/202…
timesofisrael.com/tel-aviv-wil…
denverpost.com/2019/12/07/denv…
theolivepress.es/spain-news/20…
cnbc.com/2018/12/19/pooprints-…
chiamare il verde pedonale a #Roma, e ricevere in cambio inutili cinguettii elettronici
Mi piacerebbe che la funzione del pulsante fosse specificata: con il miraggio di attraversare prima inneschiamo solo indesiderato inquinamento acustico.
la bocca piccola dei secchioni della spazzatura di #Roma
Non mi sorprende che la gente lasci tutto in terra invece di dover lottare spingendo faticosamente, e vedo vecchietti che si fanno venire un infarto sotto al sole nel civico tentativo di riuscire a fare la differenziata.
Chi vuole sbarazzarsi abusivamente dei calcinacci tranquillamente alza il coperchio.
MESsaggio dal capitale: “Tutto mio” | La Città Futura
"Gli Stati in crisi e che vi ricorrono, infatti, vengono sottoposti a vincoli finanziari pesanti e i pochi poteri residui in fatto di politica economica che le regole di Maastricht ancora consentono verrebbero espropriati dal capitale finanziario, il quale non solo imprimerebbe una nuova pressione ai diritti sociali ma impedirebbe anche di rispondere adeguatamente alla recessione che ormai interessa quasi tutta l’eurozona."
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Etica informatica e Intelligenza Artificiale | By Civico Settanta
L'etica informatica e l'intelligenza artificiale sono strettamente interconnesse. L'intelligenza artificiale (IA) è una tecnologia che si basa sull'elaborazione di enormi quantità di dati, al fine ditalium.co
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iam0day
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Basso Daniele, Robaque, skariko, Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂, gpuccio87, L'unico Dee, cela96, Vega, Vanadio_Scaraf e UprisingVoltage like this.
Basso Daniele
in reply to Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂ • • •Sono troppo ottimista forse?
Comunque per ora non ho visto nessuno che usi threads, non ho idea di come cercarlo né c'è apertura da questo, la cosa che lo colleghi al mio account Instagram + che non possa cancellarlo sono due contro che non voglio permettermi.
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Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂, Vanadio_Scaraf e UprisingVoltage like this.