Meloni e la necessità di “aprire al centro”
A chi conosce un po’ di storia d’Italia e vede la piega che sta prendendo il governo Meloni vengono subito alla mente due confronti, due ricordi, pur sapendo bene che il primo non piacerà molto all’attuale presidente del Consiglio. È il confronto con il governo che costituì Mussolini all’indomani della marcia su Roma, e con quello che costituì De Gasperi dopo la vittoria del 18 aprile. Nel novembre del 1922 il futuro duce si guardò bene dall’assegnare il ministero della Guerra ad Amerigo Dumini o a qualche altro scherano dello squadrismo: lo diede invece al maresciallo Diaz; tanto meno si rivolse a Roberto Farinacci per il ministero dell’Istruzione: chiamò Giovanni Gentile.
Ancor più e meglio De Gasperi, il quale, pur disponendo nel ’48 di una maggioranza assoluta in Parlamento non chiese a don Sturzo di fare il presidente della Repubblica. Lo chiese al liberale Luigi Einaudi, e allo stesso modo non diede lo strategico ministero degli Esteri a Dossetti o a un suo fedelissimo, lo diede al repubblicano Sforza. Ora, sia Mussolini che De Gasperi avevano, benché su scala maggiore, lo stesso problema cha si è presentato a Meloni. Entrambi i loro governi rappresentavano due fratture di portata drammatica rispetto al corso precedente della storia del Paese, due veri e propri terremoti politici carichi di un forte significato anche simbolico. Nel primo caso era la fine dell’Italia liberale, nel secondo la fine della conventi o ad excludendum dei cattolici dalla direzione dello Stato, che risaliva al Risorgimento. Ebbene, sia Mussolini che De Gasperi capirono che era loro interesse, proprio perciò, formare due esecutivi e addirittura scegliere un capo dello Stato che grazie ad una oculata scelta di nomi, cercassero di attutire quanto più possibile, agli occhi del Paese prima che a quelli dei loro avversari, la portata della rottura di cui sopra.
Capirono cioè che era un loro interesse mostrarsi, come si dice, inclusivi, scegliendo di essere affiancati da persone non appartenenti alla propria parte anche se naturalmente non ostili. E sicuramente lo fecero, si badi, non già per una qualche forma di debolezza o di sfiducia nelle proprie capacità. Al contrario: perché non solo si sentivano sicuri del fatto loro ma perché ognuno di essi intendeva che il proprio governo rappresentasse una vera rottura e l’apertura di una fase politica davvero nuova e destinata a durare, come in effetti fu. Immagino che una eguale ambizione abbia tuttora anche la nostra attuale presidente del Consiglio. Si dà il caso però che il risultato elettorale le abbia consegnato la guida di una coalizione nella quale il principale interesse dei suoi alleati è quello di renderle la vita difficile, mettendo ogni giorno potenzialmente in crisi il suo governo. Ne risulta che un obiettivo più che mai vitale di Giorgia Meloni non possa che essere quello di accrescere al massimo il proprio bottino di voti alla prossima occasione elettorale. Magari a spese dei suddetti alleati, ma ben più plausibilmente andando a pescare nel grande bacino costituito dagli italiani i quali la volta scorsa non le hanno dato il voto, o non hanno votato o hanno disperso il proprio voto parcheggiandolo da qualche parte. E cioè nell’elettorato definibile genericamente moderato o centrista che dir si voglia, il quale prima di darle il suo consenso ha voluto però vederla all’opera.
A Giorgia Meloni doveva essere evidente, insomma, che il suo interesse, una volta divenuta presidente del Consiglio, era quello di aprire al centro, come si dice. Che solo da lì poteva venirle la forza per consolidare la sua leadership realizzando il disegno di dar vita a una grande forza liberal-conservatrice, così da rimodellare il sistema politico italiano dando inizio a una fase davvero nuova della sua storia. Viceversa la presidente del Consiglio, lungi dal battere questa strada ha preso quella opposta. A cominciare dalla composizione del governo, infatti, invece di cercare di dare a questo un respiro nazionale, invece di aprire nelle molte nomine successive a chi rappresentava mondi e culture diverse dalle sue, invece di mostrarsi capace di ricercare e di accogliere nella propria compagine qualche significativa eccellenza del Paese disposta a collaborare con il suo tentativo, Giorgia Meloni si è rinchiusa in una sorta di «ridotto della Valtellina» identitario o, se si preferisce evitare infelici memorie, in una sorta di quadrato di Villafranca costituito da compagni quasi di scuola, da fedelissimi della prim’ora, da vecchi militanti amici, da congiunti e parenti stretti: che tutti quindi le devono tutto.
Il carattere schietto della presidente, abituata al parlare franco, non se la prenderà se le diciamo che non è così, però, che si costruisce una leadership autorevole. Non è così che si entra in sintonia con la maggioranza effettiva del Paese e se ne diventa la guida, non è così che si attua una grande svolta politica, e soprattutto non è così che si ottengono buoni risultati di governo. In politica la fedeltà a tutta prova può servire nel momento aspro dello scontro; ma quando invece si tratta di decidere, di organizzare e di agire nell’interesse della collettività, allora serve altro. Servono le competenze, le idee, l’immagine pubblica, le relazioni, le capacità. Serve l’impegno sincero a far parte di una squadra, di un governo appunto: che è cosa diversa da una schiera di pretoriani.
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Chatcontrol, il regolamento europeo che spia tutti i cittadini con la scusa di proteggere i minori dagli abusi on line, può favorire la colpevolizzazione delle vittime
Il video mostra meglio di qualunque discorso quanto la scansione indiscriminata di testi, immagini e video causata da #chatcontrol potrebbe essere utilizzata per inibire, colpevolizzare o, addirittura, ricattare le vittime!
Il post di @Patrick Breyer
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La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili. Ecco perché CHATCONTROL è incompatibile con l'art. 15 della Costituzione Italiana
In particolare, vogliamo estrapolare questi passaggi, estremamente interessanti alla luce del Regolamento #chatcontrol:
Una inviolabilità della libertà e segretezza che stabilisce un collegamento immediatamente percepibile con l’art. 2 Cost. e qualifica il diritto in parola quale espressione del nucleo essenziale dei valori della personalità, il cui contenuto “non può subire restrizioni o limitazioni da alcuno dei poteri costituiti se non in ragione dell’inderogabile soddisfacimento di un interesse pubblico primario costituzionalmente rilevante” e “sempreché l’intervento limitativo posto in essere sia strettamente necessario alla tutela di quell’interesse” e nei limiti stabiliti dallo stesso art. 15 Cost. [Corte cost. sent. n. 366/1991]
Senza la previsione dell’inviolabilità della comunicazione privata verrebbe pregiudicato lo spazio vitale che circonda la persona e, con esso, la stessa possibilità di esistere e svilupparsi in armonia con i postulati della dignità umana.
"...la disposizione costituzionale riserva all’autorità giudiziaria (da intendersi come pubblico ministero, giudice per indagini preliminari, giudice del dibattimento) la concreta limitazione della libertà e della segretezza, escludendo l’intervento di organi e poteri diversi, così come la richiesta che il provvedimento sia motivato per assicurare il controllo giurisdizionale nei gradi successivi di giudizio." e "Diversamente dagli articoli 13 e 14 Cost., l’art. 15 Cost. non prevede espressamente l’intervento preventivo, nel caso di urgenza, dell’autorità di pubblica sicurezza."
Il commento completo della prof.ssa Califano, è disponibile qui
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Khaled El Qaisi, ennesima proroga: altri 11 giorni di detenzione senza accuse
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Pagine Esteri, 21 settembre 2023. È da poco terminata l’udienza prevista per oggi, 21 settembre, in merito alla situazione del ricercatore italo-palestinese Khaled El Qaisi, arrestato lo scorso 31 agosto dalle autorità israeliane al valico di Allenby, al confine tra Cisgiordania e Giordania. In un comunicato stampa l’avvocato della famiglia del ricercatore ha fatto sapere che il tribunale ha deciso di estendere di ulteriori 11 giorni il periodo di detenzione. Khaled El Qaisi rimane quindi recluso nella prigione di Petah Tikwa, dove viene sottoposto a interrogatori quotidiani, senza la presenza del suo legale.
Di seguito il comunicato:
COMUNICATO 21 settembre 2023
Aggiornamento sulla detenzione di Khaled El Qaisi, italo-palestinese, trattenuto dalle autorità israeliane al valico di frontiera di “Allenby” e tuttora detenuto.
Il 21 settembre, come previsto, si è tenuta l’udienza relativa alla proroga del suo trattenimento in carcere conclusasi con un’ulteriore estensione della detenzione per altri 11 giorni.
Il tribunale ha deciso che, al termine di questa lunga proproga, sempre finalizzata alla raccolta di elementi, entro un massimo di 3 giorni a partire dal 1° ottobre, le investigazioni dovranno presentare delle accuse poiché il termine per questa forma di detenzione cautelare decadrebbe.
Khaled dunque fino ad allora, senza che siano state formulate delle accuse a suo carico, resterà recluso nella prigione di Petah Tikwa nella quale è stato quotidianamente sottoposto a interrogatorio, sempre senza la presenza del suo difensore.
Vista la perdurante e allarmante situazione detentiva di Khaled e del mancato rispetto dei suoi diritti facciamo nuovamente appello per la sua immediata liberazione.
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Welfare State e Welfare Society
Messina, 13 Ottobre 2023 ore 10:00 – Aula Magna I, Dipartimento di Economia, Università di Messina
Saluti istituzionali
Prof. Antonino Metro, Direttore della Classe III, Accademia Peloritana dei Pericolanti Prof. Michele Limosani, Direttore del Dipartimento di Economia, Università di Messina
Relatori:
Introduzione ai lavori
Prof.ssa Emma Galli, Ordinario di Scienza delle Finanze, Università La Sapienza, Roma
Seguendo le orme di Luigi Einaudi: l’uguaglianza dei punti di partenza a livello individuale e territoriale
Prof. Giuseppe Sobbrio, Emerito di Scienza delle Finanze, Università di Messina
Rischi, sistemi di welfare e mercati assicurativi in un mondo globalizzato
Prof.ssa Elsa Fornero, Ordinario di Politica Economica, Università di Torino
Autonomia regionale differenziata: la riforma delle disuguaglianze?
Prof. Pietro Navarra, Ordinario di Scienza delle Finanze, Università di Messina
Politiche di welfare e servizi sociali nell’ottica del PNRR
Prof.ssa Veronica Grembi, Ordinario di Scienza delle Finanze, Università La Sapienza, Roma
Interventi programmati:
Prof.ssa Elena D’Agostino, Associato di Scienza delle Finanze, Università di Messina
Prof. Marco Alberto De Benedetto, Associato di Scienza delle Finanze, Università della Calabria
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Real child protection instead of Big Brother scanning: 5-point plan for the deadlocked EU Council negotiations on child sexual abuse bill (chat control)
Due to the massive protests against the EU plans for the indiscriminate searching of all private messages using error-prone algorithms (CSAR), there is currently no qualified majority for the Spanish Council Presidency’s plan to have an even more extreme form of the proposal adopted by EU governments on 28 September. Germany now proposes to first adopt the draft regulation without the provisions on „detection orders“ (dubbed „chat control“). Pirate Party Member of the European Parliament and negotiator for the Greens/European Free Alliance group, Patrick Breyer, has a different proposal:
“Neither the extreme proposal of EU Commission and Council Presidency nor blocking the entire regulation have majority support. The proposed scanning of private messages is the most toxic part of the plans, but the problems go far beyond that. We therefore need a new approach that focuses on preventive child protection instead of mass surveillance and paternalism. The latest text proposal by the Council Presidency needs to be fundamentally revised in at least 5 points to achieve a consensus:
- No indiscriminate chat control: Instead of blanket scanning of private messages, the judiciary should only be able to order searches of the messages and uploads of suspects. This is the only way to avoid a disproportionate mass surveillance regime inevitably failing in court and achieving nothing at all for children. There must also be no untargeted ‘voluntary chat control’ by internet corporations.
- Protect secure encryption: So-called client-side scanning to subvert secure encryption must be explicitly ruled out in the text. The proposed general committments to encryption in the text are worthless if scanning and diverting of messages take place even before the process of encryption has taken place. Our personal devices must not be perverted into scanners and bugs in our pockets.
- Protect the right to anonymity: Remove the proposed mandatory age checks by all communication services to safeguard the right to communicate anonymously. Whistleblowers risk falling silent if they would have to show ID or their face before being able to leak violations of the law.
- Content removal instead of mere blocking: Instead of trying and failing to block illegal content via access providers or search engines, it should become mandatory for hosters and law enforcement agencies to remove or have removed reported illegal material at the source.
- No app censorship for young people: Excluding young people from commonplace apps like Whatsapp, Instagram or games as proposed is an entirely unacceptable means of protecting them from grooming risks. Instead, the default settings of the services must become more privacy-friendly and secure by design.
The EU’s push for introducing blanket chat control scanning of private correspondence is unprecedented in the free world. It divides child protection organisations, victims of abuse, other stakeholders, the Parliament and the Council. It is time for a fresh start that is based on consensus. I am convinced that we can protect children much better by adopting a new, consensual approach now, and I call on governments to open up for a fresh start.”
Oggi, dalle ore 10.00, presso la Sala “Aldo Moro” del MIM si svolge l’evento #BackToSchool 2023.
Potete seguire la diretta qui ▶️ youtube.com/watch?v=hF1i0WWrUO…
Ministero dell'Istruzione
Oggi, dalle ore 10.00, presso la Sala “Aldo Moro” del MIM si svolge l’evento #BackToSchool 2023. Potete seguire la diretta qui ▶️ https://www.youtube.com/watch?v=hF1i0WWrUO4Telegram
“Il neurodato non sia merce di scambio”
Neuroscienze e neurotecnologie hanno travalicato i confini clinici e terapeutici e si avviano alla conquista dei mercati. Dobbiamo scongiurare il rischio che i nostri pensieri diventino “merci digitali” scambiate sui mercati globali. Ne ho parlato con Raffaele D’Ettore in una lunga intervista sul Messaggero
MAMADOU. Immigrazione: “20 anni di fallimenti. Il governo spreca denaro”
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di Daniela Volpecina –
Pagine Esteri, 21 settembre 2023. Mamadou Kouassi Pli Adama è il mediatore culturale che, con la sua storia, ha ispirato il film di Matteo Garrone “Io, Capitano“, vincitore del Leone d’argento all’ultima Mostra del Cinema di Venezia. Quindici anni fa Mamadou ha intrapreso infatti il viaggio della speranza che lo ha condotto in Italia.
Lo abbiamo incontrato all’indomani della presentazione del film in sala per affrontare alcuni temi caldi del momento. Dal caso Lampedusa al nuovo decreto anticlandestini del governo Meloni passando per gli accordi con Libia e Tunisia, le politiche europee e la proposta del presidente Mattarella sui canali di ingresso regolari.
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In Cina e in Asia – La Cina accusa gli Usa di spiare Huawei
La Cina accusa gli Usa di spiare Huawei
L’Ue chiede alla Cina di fare di più per la pace in Ucraina
L’ex viceministro Lui alla guida del dipartimento reclami del Partito comunista cinese
La Cina facilita il processo di richiesta del visto per gli stranieriù
Al via le prime manovre navali congiunte dell’ASEAN
Il Giappone chiede alla Cina di rimuovere una boa dalla ZEE giapponese
Corea del Sud: indagini nelle basi Usa su contrabbando di stupefacenti
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“L’utilizzo legale della videosorveglianza come strumento di prova”
A partire dale 10.00 avrò il piacere di intervenire ai lavori delle GIORNATE DELLA POLIZIA LOCALE 2023 organizzata dall’Unione Polizia locale italiana per discutere di “L’utilizzo legale della videosorveglianza come strumento di prova” Qui tutte le informazioni all’evento unionepolizialocaleitaliana.it…
ARMENIA-AZERBAIJAN. Tajani si propone mediatore ma l’Italia sta con Baku
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di Antonio Mazzeo
Pagine Esteri, 21 settembre 2023 – “Alla luce delle tensioni in atto, a New York ho voluto incontrare il ministro degli Esteri azero Jeyhun Bayramov sottolineando la necessità di dialogo e moderazione per trovare una soluzione diplomatica nel Nagorno Karabakh; l’ Azerbaijan è un partner importante: lavoriamo insieme anche contro i trafficanti di esseri umani”. Il vicepresidente del Consiglio e titolare della Farnesina, Antonio Tajani, si è autoproposto come mediatore tra i governi di Azerbaijan e Armenia per scongiurare l’escalation bellica nel Caucaso meridionale. Peccato però che in questi anni l’Italia e il suo complesso militare-industriale abbiano scelto di schierarsi solo a fianco delle autorità azere e non certo per contrastare il traffico di persone. Baku è stata fondamentale infatti per gli affari e i profitti delle grandi holding dell’energia e delle armi italiane.
Appena tre mesi fa, in occasione della visita a Roma di un’alta delegazione militare azera, Leonardo Spa (società controllata per il 30,2% dal Ministero dell’Economia e delle Finanze) ha firmato con il governo dell’Azerbaijan un contratto per la fornitura di due aerei da trasporto tattico C-27J “Spartan”. Prodotti presso il sito produttivo di Torino Caselle, i C-27J sono velivoli in grado di svolgere diverse tipologie di missioni, dal trasporto di uomini e mezzi da guerra, agli aviolanci di paracadutisti e materiali, al supporto alle truppe schierate in combattimento. Con una lunghezza di 22,70 metri e una larghezza di 28,70, l’aereo cargo può raggiungere la velocità di crociera di 583 Km/h e un’autonomia di volo poco inferiore ai 6.000 km. Lo “Spartan” è già operativo con le forze armate di Italia, Slovenia, Grecia, Romania, Bulgaria, Stati Uniti d’America, Australia, Lituania, Messico, Perù, Slovacchia, Marocco, Zambia, Kenia e Ciad. In Azerbaijan i due cargo di Leonardo andranno ad affiancare la coppia di Ilyushin Il-76 di fabbricazione russa a disposizione del reparto di trasporto e proiezione aerea dell’Aeronautica militare azera.
“Inizialmente legata ai settori energetici, la collaborazione tra Italia e Azerbaijan si estende anche ai prodotti dell’industria della Difesa grazie al prezioso contributo offerto dal gruppo di lavoro del Ministero della Difesa italiano”, si legge nella nota stampa di Leonardo Spa con cui l’8 giugno 2023 è stata annunciata la vendita dei due velivoli da trasporto. “Il programma di acquisto del C-27J è stato perfezionato nell’ambito di un tavolo tecnico tra il Ministero della Difesa Italiano e la controparte Azera. L’intesa si inserisce nell’ambito dell’ampio programma di ammodernamento delle Forze Armate Azere che guardano con sempre maggiore interesse ai prodotti dell’industria italiana”. (1)
Come sempre accade nel nostro paese in tema di esportazione di materiale bellico, nessuna forza politica di governo o di opposizione ha ritenuto opportuno esprimere preoccupazione per le pericolose conseguenze della commessa di Leonardo. L’accordo è stato invece stigmatizzato dal Coordinamento delle Organizzazioni e Associazioni Armene in Italia. “Osserviamo con estrema preoccupazione non solo il rafforzamento dell’arsenale bellico azero, con crescenti forniture e addestramenti anche dallo Stato italiano, ma soprattutto l’assoluta assenza di Roma, ormai appiattita sulle posizioni del regime azero, nelle discussioni internazionali sul contenzioso armeno-azero, come peraltro ben evidenziato dalla mancata partecipazione ai recenti vertici organizzati sul tema dall’Unione europea”, rilevava il Coordinamento.
Contro il governo Meloni è stata lanciata anche l’accusa di “immobilismo” di fronte alla crisi umanitaria in Nagorno Karabakh. “La popolazione armena è isolata da oltre sei mesi dal resto del mondo a causa del blocco azero lungo il corridoio di Lachin”, aggiungevano le associazioni armene. “L’Italia non ha inoltre inteso intervenire, a differenza di quanto fatto da altre nazioni europee, per ottenere la liberazione di almeno alcuni prigionieri di guerra armeni ancora illegalmente detenuti nelle carceri azere a quasi tre anni dalla fine della guerra”. (2)
La cooperazione industriale-strategica tra il regime azero e il gruppo Leonardo ha preso il via nel 2012 con la vendita di 10 elicotteri prodotti dalla controllata Augusta Westland alla compagnia aerea nazionale “Azerbaijan Airlines” per il trasporto offshore e del personale VIP, i servizi medici d’emergenza, la ricerca e il salvataggio. Gli otto velivoli modello AW139 e i due AW189 sono stati consegnati a partire del 2013; il loro valore è stato stimato in 115 milioni di euro.
Il 20 febbraio 2020, alla vigilia dell’ennesimo scontro a fuoco tra Armenia e Azerbaijan che ha causato la morte di centinaia di civili, l’allora amministratore delegato di Leonardo, Alessandro Profumo e il ministro della Difesa azero Zakir Hasanov, avevano sottoscritto una Dichiarazione d’Intenti in vista di un più articolato accordo di cooperazione industriale per la fornitura alle forze armate del paese caucasico di caccia-addestratori avanzati Alenia Aermacchi M-346 “Master”. Insieme ai velivoli l’Azerbaijan ha espresso l’intenzione di acquisire il Ground Based Training System, un sistema integrato che consente agli allievi pilota di familiarizzare con le procedure addestrative e anticipare a terra le attività che saranno sviluppate in volo.
L’intesa è stata raggiunta in occasione della visita in Italia del Presidente dell’Azerbaijan, Ilham Aliyev, dove ha incontrato il Presidente della Repubblica Sergio Matteralla ed il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte. “Quello con Leonardo sarà un accordo davvero importante”, ha dichiarato Ilham Aliyev sul sito web ufficiale della Presidenza della Repubblica dell’Azerbaijan. “Esso consentirà di aprire una nuova pagina nella nostra collaborazione e di modernizzare ancora di più la nostra infrastruttura difensiva, una delle mie priorità di governo”.
L’Aermacchi M-346FA (foto Leonardo)
L’M-346 “Master” è stato progettato per l’addestramento dei piloti dei cacciabombardieri di quinta generazione come l’Eurofighter “Typhoon” e l’F-35A Joint Strike Fighter di Lockheed Martin, ma l’Aeronautica azera ha espresso l’intenzione di includere nella commessa anche la versione del velivolo per l’attacco aereo già consegnata da Leonardo a Israele. “In questo modo gli azeri potrebbero implementare i missili da crociera turchi della Roketsan SOM-B1 appena acquistati e modernizzare di conseguenza la componente aerotattica”, ha rivelato Ares Osservatorio Difesa. (3)
Leonardo Spa ha inoltre firmato l’1 marzo 2017 un accordo con la società petrolifera statale azera SOCAR per “incrementare la sicurezza fisica e cyber delle infrastrutture per gli approvvigionamenti energetici e garantire maggiore efficienza alle attività della società azera attraverso proprie tecnologie”. Al centro dell’accordo, in particolare, la “sicurezza” del gasdotto in via di realizzazione da parte di SOCAR per fare arrivare in Europa oltre 20 miliardi di metri cubi l’anno di metano azero. Lungo oltre 4.000 km., il gasdotto parte dal Caucaso meridionale, attraversa la Georgia (tratto Scpx), quindi la Turchia (Tanap), la Grecia e l’Albania per arrivare in Puglia (Tap). Tra le aziende italiane partner di questo maxi-progetto energetico spicca in particolare il gruppo Snam S.p.A. di San Donato Milanese, mentre in qualità di sub-contractor compaiono ENI, Maire Tecnimont e Saipem. (4)
Anche il ministro della Difesa Guido Crosetto si è speso recentemente per perorare gli interessi delle grandi holding italiane dell’energia e delle armi. Il 12 gennaio 2023 Crosetto si è recato in visita ufficiale in Azerbaijan per una serie di colloqui istituzionali, primo fra tutti quello con il Presidente della Repubblica Ilham Aliyev. “Il Ministro Crosetto e il Presidente Aliyev si sono confrontati sulle prospettive di espansione della cooperazione nei settori dell’energia, delle costruzioni, del turismo, dell’agricoltura, dell’industria della difesa e altri ancora”, riporta la nota della Difesa. Aliyev ha definito “particolarmente proficua” la relazione bilaterale con l’Italia, citando proprio il funzionamento del Corridoio meridionale del gas, il maxi-gasdotto realizzato con i fondi dell’Unione europea. “L’iniziativa, lanciata nel 2008, aveva l’obiettivo di ridurre la dipendenza energetica dell’Europa da Mosca, una necessità resa più urgente dopo l’invasione dell’Ucraina il 24 febbraio scorso, e che ha reso ancora più strategica la regione del Caucaso”, annota Formiche.net. “Aumentare la capacità dell’infrastruttura, dunque, potrebbe far crescere i metri cubi di gas naturale che arrivano in Italia”. (5)
A Baku, Guido Crosetto ha incontrato anche il Ministro della Difesa, generale Zakir Hasanov (con il quale ha firmato un protocollo d’intenti sulla cooperazione nel campo della formazione e dell’istruzione delle forze armate), nonché il Capo dei Servizi di Sicurezza, generale Ali Naghiyev. Grande enfasi nelle parole espresse a conclusione della missione: “L’Italia conferma il suo contributo per un ulteriore rafforzamento delle relazioni tra Azerbaigian e NATO e tra Azerbaigian e Unione Europea”, ha dichiarato Crosetto. (6) Pagine Esteri
Note:
- leonardo.com/it/press-release-…
- crisiswatch.it/2023/06/22/aere…
- aresdifesa.it/gli-m-346-conqui…
- leonardocompany.com/it/press-r…
- formiche.net/2023/01/difesa-en…
- difesa.it/Primo_Piano/Pagine/I…
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Un angolo di Palestina nel cuore di Garbatella
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di M.M.
Giovedì 21 e venerdì 22 alla Villetta Social Lab di Roma, nel cuore del quartiere Garbatella, l’appuntamento con Beit Al Falastini, in arabo la casa palestinese. L’evento è organizzato da Assopace Palestina, Amnesty International Italia e il Movimento degli Studenti Palestinesi, fondato nel giugno del 2023, in precedenza conosciuti come Giovani Palestinesi di Roma. Le due giorni sono dedicati alla scoperta della cultura palestinese attraverso l’arte come mezzo di resistenza culturale.
Nella prima giornata, il 21 settembre, ci saranno – tra i vari ospiti – lo scrittore e giornalista palestinese Ramzy Baroud, direttore del Palestinian Chronicle, che presenterà il suo libro L’ultima terra. A seguire, si confronteranno in un dibattito aperto Triestino Marinello, Professore ordinario presso l’Università John Moores di Liverpool, Tina Marinari, coordinatrice Amnesty International Italia e Luisa Morgantini, presidente di Assopace Palestina e già vice Presidente del Parlamento Europeo. Sarà anche un’occasione per accendere un riflettore sullo studente italo palestinese Khaled El Quasi, che si trova in stato di arresto presso le carceri israeliane dallo scorso 31 agosto. La detenzione amministrativa israeliana è da tempo sotto i riflettori della comunità internazionale. Amnesty International, nel suo ultimo rapporto parla di 5mila prigionieri politici detenuti in Israele, tra i quali almeno 1260 sono in carcere senza accusa né processo. In conclusione, la proiezione di due documentari: Mate Superb di Hamdi Alhroud e Ave Maria di Basil Khalil.
ZeroCalcare
La seconda giornata, venerdì 22 settembre, ospiterà Federica Stagni, ricercatrice della Normale Superiore, e Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, che discuteranno sul libro Dieci miti su Israele di Ilan Pappé. L’artista Michele Rech, conosciuto come ZeroCalcare e Diletta Ballotti, attivista digitale, parleranno del rapporto tra arte e resistenza insieme ad una rappresentante dei ragazzi di Gaza FreeStyle. Saranno accompagnati dalla danza tradizionale palestinese e dalle note elettriche della dj Mary Gehnyei. L’evento Beit Al Falastini vuole mostrare una Palestina attraverso gli occhi di noi palestinesi nati in diaspora. La Palestina non è solo un muro lungo oltre 730 km, ma anche fervore e resistenza culturale. Sotto il peso dell’occupazione militare, la resistenza culturale diventa un’arma potentissima”, dichiara la Presidente degli Studenti Palestinesi, Maya Issa.
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“Cybersecurity e Digitalizzazione: evoluzioni normative e fattori abilitanti per competere in Europa”
Ne ho parlato oggi intervenendo al convegno “Cybersecurity e Digitalizzazione: evoluzioni normative e fattori abilitanti per competere in Europa”
Ministero dell'Istruzione
Domani, giovedì 21 settembre, a Roma, dalle ore 10.00, presso la Sala “Aldo Moro” del MIM, si svolgerà l’evento #BackToSchool 2023.Telegram
Le risorse e l’immagine del governo passano per il taglio della spesa pubblica
L’economia ristagna, lo spread cresce e, tra assalti alle banche, minacce alle compagnie aeree e corteggiamenti delle destre nazionaliste di Marine Le Pen e di Alice Weider, l’Italia sta assistendo passivamente all’erosione di quella credibilità internazionale che partner europei e mercati internazionali ci avevano inaspettatamente riservato. C’è solo una mossa che consentirebbe al governo guidato da Giorgia Meloni di mettere un po’ di fieno nella cascina dei conti pubblici e di guadagnarsi il rispetto del mondo: avviare un serio ed inflessibile piano di tagli alla spesa pubblica.
Portiamo in spalla un fardello ormai prossimo ai 2900 miliardi e non c’è osservatore nazionale o internazionale che non sostenga che l’unica cosa seria da fare sarebbe alleggerirlo. Nessun governo ha mai osato tanto. Se ad osare, col beneplacito dei leader della maggioranza, fosse il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti il governo Meloni si guadagnerebbe il rispetto del mondo, Istituzioni europee comprese, e la fiducia degli investitori internazionali.
Non solo. Come scrive oggi l’Istituto Bruno Leoni, tagliare la spesa pubblica sarebbe anche l’unico modo per reperire le risorse necessarie a quel taglio radicale delle tasse che il centrodestra promise in campagna elettorale e che con tutta evidenza risulta oggi impossibile. “Le forze dell’attuale maggioranza – scrive l’Istituto intitolato allo studioso liberale – hanno puntato molto su una riforma fiscale dirompente. Non si può fare? Si potrebbe, ma al prezzo di tagli significativi e ponderati alla spesa pubblica”. La Fondazione Luigi Einaudi si associa a tale auspicio.
L'articolo Le risorse e l’immagine del governo passano per il taglio della spesa pubblica proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
Weekly Chronicles #46
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Privacy vs sicurezza pubblica, l’eterno dilemma?
Come bilanciare le necessità di sicurezza pubblica con la nostra privacy? È giusto riempire le nostre città di telecamere? Quando è troppo o quando è poco? Sono alcune delle domande che mi sono state fatte da un giornalista del Sole24Ore parlando proprio del tema della criminalità e della videosorveglianza.
In verità ritengo che non ci sia nulla da bilanciare. Se pensiamo alla sicurezza pubblica come alla protezione dell’incolumità fisica delle persone, allora siamo messi male.
La videosorveglianza non ha alcun impatto reale sulla criminalità violenta. Un criminale violento, per definizione, non teme la legge e non teme punizioni, o non sarebbe tale. Sono molto recenti gli episodi di stupri e accoltellamenti in pieno giorno e in zone trafficatissime e sorvegliatissime come la Stazione Centrale di Milano.
Anche il web è pieno zeppo di video di criminali che noncuranti di telecamere e smartphone commettono reati violenti come rapine senza batter ciglio (un esempio). Altri, i più folli, si filmano addirittura da soli mentre ammazzano passanti innocenti per sport (un esempio).
Togliamoci dalla testa la funzione preventiva della videosorveglianza; esiste solo sui libri. Non funziona, se non limitatamente in casi molto specifici. Questo studio evidenzia infatti come i crimini non violenti e pianificati, come i piccoli furti commessi dai borseggiatori, sono parzialmente influenzati dalla presenza di telecamere (-20% di borseggi nel campione osservato). Tuttavia, lo stesso studio afferma senza ombra di dubbio che i crimini legati a droga o commessi da persone violente (quindi non pianificati, come uno stupro) non sono affatto influenzati dalla presenza di telecamere.
Riempire le nostre città di telecamere non ha senso.
Ciò detto, dobbiamo riconoscere che l’utilità delle telecamere riguarda esclusivamente l’amministrazione della giustizia. Il video è una prova che può essere usata in giudizio per ottenere un ristoro (in un mondo ideale) o perseguire il criminale.
Il bilanciamento allora, è presto fatto.
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Lo Stato dovrebbe rinunciare a ogni pretesa di sorveglianza nelle strade pubbliche e incentivare invece la diffusione privata di telecamere possedute dai cittadini. La diffusione capillare di telecamere sarebbe bilanciata dalla decentralizzazione del possesso e quindi del potere di controllo che ne deriva.
Le forze dell’ordine ne potrebbero comunque usufruire. Non è fuori dal mondo: la polizia già usa strumenti privati per coadiuvare le indagini. Ad esempio, l’accesso ai tabulati telefonici dei servizi di telecomunicazione o ai sistemi di tracciamento GPS di Google. Lo stesso può farsi per le videoregistrazioni.
Per un approfondimento sul tema vi rimando a questo articolo che scrissi nel 2021, ma ancora attualissimo:
Di tutto questo ne parleremo anche la prossima settimana durante la Privacy Week, il festival della privacy e delle nuove tecnologie. Vi consiglio tantissimo di registrarvi sul sito e seguire lo streaming!
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Anche l’Online Safety Bill è quasi legge
La legge inglese contro la pedopornografia e contro “contenuti illegali” potenzialmente pericolosi è stata approvata dal parlamento e presto sarà legge. L’Online Safety Bill è una legge che in qualche modo riunisce le finalità dei Regolamenti europei Digital Services Act (in vigore) e Chatcontrol (in discussione).
Ha lo scopo di “migliorare la sicurezza di Internet”, di mitigare il rischio derivante dalla diffusione di contenuti illegali e di proteggere i minori online — qualsiasi cosa voglia dire.
Tra le varie cose, obbligherà le aziende che offrono servizi di comunicazione a introdurre algoritmi e misure tecniche per sorvegliare proattivamente comunicazioni, video e immagini inviate attraverso i loro servizi. Le conseguenze potrebbero essere devastanti per tutte le aziende che offrono servizi di comunicazione cifrate end-to-end, trovandosi a dover decidere se rispettare la legge o tutelare i loro utenti.
Non è un caso che Signal, famosa organizzazione no profit che sviluppa l’omonimo sistema di comunicazione privacy-friendly, abbia già affermato tempo fa che avrebbe cessato l’erogazione dei servizi nel Regno Unito se la legge fosse passata.
Vedremo che succederà ora che la legge, in effetti, è quasi passata.
Offuscare la tua casa su Google Maps
Mi sono da poco trasferito e ho notato che, nonostante io viva in una piccola stradina laterale di un piccolo paese di periferia, la macchina spiona di Google Maps non mi ha risparmiato. Devo ammettere che non sono abituato ad avere casa mia esposta così a tutto il mondo, e la cosa mi ha turbato abbastanza.
Allora, non mi restava che chiedere a Google di offuscare tutto. Il processo è abbastanza semplice ma non tutti lo conoscono. Ecco una breve guida:
- Apri Google Maps: vai al sito web di Google Maps o apri l'app sul tuo smartphone
- Localizza la tua casa: Inserisci il tuo indirizzo nella barra di ricerca o naviga manualmente fino alla tua casa
- Passa alla vista stradale:
- Su Desktop: Clicca e trascina l’omino giallo (trovato nell'angolo in basso a destra) sulla strada davanti alla casa
- Su Mobile: Tocca la posizione e seleziona l'opzione Vista Stradale
- Identifica l'Area da offuscare:
- Su Desktop: Naviga fino alla vista che mostra chiaramente la tua casa
- Su Mobile: Pizzica per ingrandire o scivola per regolare la vista fino a quando la tua casa è visibile e centrata
- Clicca su “Segnala un problema”:
- Tocca l'icona del menu a tre punti (solitamente nell'angolo in alto a destra) e seleziona "Segnala un problema."
Compila il modulo:
- Trascina il riquadro rosso sulla tua casa per specificare l'area che desideri sfocare.
- Ti verrà chiesto perché vuoi sfocare l'immagine. Scegli l'opzione "la mia casa" e fornisci dettagli aggiuntivi se necessario.
Weekly Memes
Weekly Quote
“If you only read the books that everyone else is reading, you can only think what everyone else is thinking.”
Haruki Murakami
English version
Privacy vs. Security, the Eternal Dilemma
How to balance the needs of public security with our privacy? Is it right to fill our cities with cameras? When is it too much or too little? These are some of the questions I was asked by a journalist, discussing the topics of crime and video surveillance.
In truth, I believe there's nothing to balance. Video surveillance has no real impact on violent crime. A criminal, by definition, does not fear the law and does not fear punishment, or they wouldn't be a criminal. Violent criminals, in particular, are not particularly sensitive.
Moreover, the web is full of videos showing criminals committing violent crimes like robberies without a care for cameras and smartphones (an example). Others, the most insane and violent ones, even film themselves killing innocent passersby for sport (an example).
Let's dispel the notion that video surveillance has a preventive function; it only exists in books. It doesn't work.
That being said, we must acknowledge that the utility of cameras is solely related to the administration of justice. Video is evidence that can be used in court to seek redress (in an ideal world) or to prosecute the criminal.
The balance is then easily struck.
The state should abandon any claims to surveillance and instead encourage the private proliferation of cameras owned by citizens. This way, the widespread use of cameras would be balanced by the decentralization of ownership and thus the power of control that derives from it.
Law enforcement could still make use of them. It's not far-fetched; the police already use private tools to assist in investigations. For example, access to phone call records from telecommunications services or GPS tracking systems from Google. The same can be done for video recordings.
We will also discuss all of this next week during Privacy Week, the privacy and new technologies festival. I highly recommend registering on the website and following the livestream!
The Online Safety Bill is almost law
The English law against child pornography and potentially dangerous "illegal content" has been approved by parliament and will soon become law. The Online Safety Bill is a law that somehow combines the purposes of the European Regulations Digital Services Act (in effect) and Chatcontrol (under discussion).
Its purpose is to "improve Internet safety," mitigate the risk arising from the spread of illegal content, and protect minors online—whatever that may mean.
Among other things, it will compel companies offering communication services to introduce algorithms and technical measures to proactively monitor communications, videos, and images sent through their services. The consequences could be devastating for all companies that offer end-to-end encrypted communication services, as they will have to decide whether to comply with the law or protect their users.
It's no accident that Signal, a well-known nonprofit organization that develops the privacy-friendly communication system of the same name, stated some time ago that it would cease providing services in the UK if the law were passed.
We'll see what happens now that the law is, in fact, almost passed.
Blur Your House on Google Maps
I recently moved and noticed that, despite living on a small side street in a small suburban town, Google Maps' spying car did not spare me. I must admit I'm not used to having my house exposed to the whole world, and it bothered me quite a bit.
So, all that was left for me to do was to ask Google to blur everything. The process is quite simple, but not everyone is aware of it. Here's a brief guide:
- Open Google Maps: Go to the Google Maps website or open the app on your smartphone.
- Locate your house: Enter your address in the search bar or manually navigate to your house.
- Switch to street view: On Desktop: Click and drag the yellow figure (usually found in the lower right corner) onto the street in front of your house. On Mobile: Tap the location and select Street View.
- Identify the Area to Blur: On Desktop: Navigate to the view that clearly shows your house. On Mobile: Pinch to zoom in or slide to adjust the view until your house is visible and centered.
- Click "Report a Problem": Tap the three-dot menu icon (usually in the upper right corner) and select "Report a Problem."
- Drag the red box over your house to specify the area you want to blur. You'll be asked why you want to blur the image. Choose the option "my home" and provide additional details if necessary.
Future of Privacy Forum and Leading Companies Release Best Practices for AI in Employment Relationships
Expert Working Group Focused on AI in Employment Launches Best Practices that Promote Non-Discrimination, Human Oversight, Transparency, and Additional Protections.
Today, the Future of Privacy Forum (FPF), with ADP, Indeed, LinkedIn, and Workday — leading hiring and employment software developers — released Best Practices for AI and Workplace Assessment Technologies. The Best Practices guide makes key recommendations for organizations as they develop, deploy, or increasingly rely on artificial intelligence (AI) tools in their hiring and employment decisions.
Organizations are incorporating AI tools into their hiring and employment practices at an unprecedented rate. When guided by a framework centered on responsible and ethical use, AI hiring tools can help match candidates with relevant opportunities and inform organizations’ decisions about who to recruit, hire, and promote. However, AI tools present risks that, if not addressed, can impact job candidates and hiring organizations and pose challenges for regulators and other stakeholders.
FPF and the AI working group recommend:
- Developers and deployers should have clearly defined responsibilities regarding AI hiring tools’ operation and oversight;
- Organizations should not secretly use AI tools to hire, terminate, and take other actions that have consequential impacts;
- AI hiring tools should be tested to ensure they are fit for their intended purposes and assessed for bias;
- AI tools should not be used in a manner that harmfully discriminates, and organizations should implement anti-discrimination protections that go beyond laws and regulations as needed;
- Organizations should not use facial characterization and emotion inference technologies in the hiring process absent public disclosures supporting the tools’ efficacy, fairness, and fitness for purpose;
- Organizations should implement AI governance frameworks informed by the NIST AI Risk Management Framework;
- Organizations should not claim that AI hiring tools are “bias-free;” and
- AI hiring tools should be designed and operated with informed human oversight and engagement.
“When properly designed and utilized, AI must process vast amounts of personal data fairly and ethically, keeping in mind the legal obligations organizations have to those with disabilities and people from underrepresented, marginalized and multi-marginalized communities. This is why developers and deployers of AI in the employment context should use these Best Practices to show their commitment to ethical, responsible, and human-centered AI tools in compliance with civil rights, employment and privacy laws.”
Amber Ezzell, FPF Policy Counsel“The intersection between hiring, employment, and AI tools presents complex opportunities and challenges for organizations, particularly concerning issues of equity and fairness in the workplace. Our Best Practices will guide U.S. companies as they create and use AI technologies that impact workers, ensuring that they address key issues regarding non-discrimination, responsible AI governance, transparency, data security and privacy, human oversight, and alternative review procedures.”
John Verdi, Senior Vice President of Policy at FPF
Leading policy frameworks, including the NIST’s AI Risk Management Framework (AI RMF), Civil Rights Principles for Hiring Assessment Technologies, the Data and Trust Alliance’s initiative Algorithmic Safety: Mitigating Bias in Workforce Decisions, and more, helped inform the Best Practices guide.
“AI tools can help candidates discover and describe their skills and find new opportunities that match their experience. The Best Practices assist organizations in instituting guardrails around using AI systems responsibly and ethically.”
Jack Berkowitz, ADP’s Chief Data Officer“The use of automated technology in the workplace can result in better matches for both job seekers and employers, increased access to diverse candidates and a broader pool of applicants, and greater access to hiring tools for small to mid-sized businesses. These Best Practices provide concrete guidance for using the tools responsibly.”
Trey Causey, Indeed’s Head of Responsible AI“We know that a responsible and principled approach to AI can lead to more transparency and better matching of job seeker skills to employer needs. The Best Practices are a real step forward and reflect the accountability needed to ensure these technologies continue to power opportunity for all members of the global workforce.”
Sue Duke, LinkedIn’s VP of Global Public Policy“Since 2019, Workday has partnered with government officials and thought leaders like the Future of Privacy Forum to advance smart safeguards that cultivate trust and drive responsible AI. We’re proud to have co-developed these Best Practices, which offer policymakers a roadmap to responsible AI in the workplace and call on other organizations to join us in endorsing them.”
Chandler Morse, Workday’s Vice President of Public Policy
While existing anti-discrimination laws can apply to the use of AI tools for hiring, the AI governance field is still maturing. FPF’s Best Practices engages the broader AI governance field in the ethical use and development of AI for employment. The guide may also be updated to reflect developing AI regulatory requirements, frameworks, and technical standards.
Read the full Best Practices Guide Here
Anche quest’anno le scuole hanno animato, assieme a tanti ospiti, la cerimonia di inaugurazione dell’anno scolastico, #TuttiAScuola.
Potete rivivere i momenti più belli della giornata in questo video ▶️ youtube.com/watch?v=IVMY0bWK7y…
Ministero dell'Istruzione
Anche quest’anno le scuole hanno animato, assieme a tanti ospiti, la cerimonia di inaugurazione dell’anno scolastico, #TuttiAScuola. Potete rivivere i momenti più belli della giornata in questo video ▶️ https://www.youtube.com/watch?v=IVMY0bWK7yoTelegram
Il 10 ottobre EDRi esporrà davanti al Parlamento Europeo un grande collage di tutte le foto utilizzando l'hashtag CELEBRATEENCRYPTION su Twitter, Facebook, Mastodon e Instagram
Per partecipare all'iniziativa #CelebrateEncryption, promossa da @EDRi condividi sui social media le foto di te e dei tuoi amici che promuovono la privacy e celebrano la crittografia. Qui puoi trovare alcune idee.
E scrivi nel commento perché la crittografia è importante per te!
#CELEBRATEENCRYPTION
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La stanchezza dell’Occidente
Spetterà agli esperti militari valutare i rapporti di forza, gli equilibri sul terreno, nel momento in cui l’inverno rallenterà l’offensiva ucraina. Ciò che appare al momento plausibile è che — a meno di clamorose e poco probabili novità sul fronte diplomatico — la guerra russo-ucraina continuerà anche nel prossimo anno. Ciò obbliga a interrogarsi sulla saldezza futura del fronte occidentale, sulla capacità delle democrazie americana ed europee di continuare a sostenere la resistenza ucraina all’invasione. Se quel sostegno venisse meno si aprirebbe la strada alla vittoria russa. Negli Stati Uniti, una parte dei repubblicani è favorevole ad abbandonare
l’Ucraina al suo destino e Joe Biden potrebbe essere in grave difficoltà se le elezioni del novembre 2024 si tenessero con la guerra ancora in atto.
L’Europa non è da meno.
La stanchezza dell’opinione pubblica è palpabile e registrata dai sondaggi. La principale causa è che il prolungarsi del conflitto ha fatto evaporare, per molti europei, la drammaticità, e il senso di pericolo, che tutti avevano avvertito nelle sue fasi iniziali. L’assuefazione del pubblico amplia la libertà di manovra delle forze — assai visibili in Francia, in Germania, in Italia — che sono sempre state schierate con Putin. O per una autentica vicinanza al regime russo o, più semplicemente, per anti americanismo. Non avendo potuto conquistare subito l’Ucraina, avendo dovuto ripiegare su una guerra di posizione, è sulla stanchezza occidentale e sulla volubilità delle nostre opinioni pubbliche che Putin conta per conquistare l’agognato
trofeo o, nella peggiore delle ipotesi (dal suo punto di vista), per mantenere il controllo dei territori conquistati. Disponendo di una riserva illimitata di uomini e molte più risorse, se l’Ucraina fosse privata del sostegno occidentale, Putin riuscirebbe a schiacciare quello che considera un insetto.
Se ciò avvenisse, il mondo occidentale, e l’Europa per prima, si troverebbero in guai molto seri. Non solo assisteremmo alla tragedia della popolazione ucraina esposta alle vendette di un potere spietato, privo di vincoli che possano impedire rappresaglie efferate. Ma dovremmo anche affrontare un radicale cambiamento degli equilibri geopolitici. Ci sarebbe una immediata e irrimediabile perdita di credibilità della Nato e degli Stati Uniti. La Russia eserciterebbe a quel punto pressioni difficilmente contrastabili per spingere le democrazie europee ad accettarne influenza e diktat. In un tempo forse piuttosto breve la qualità della vita pubblica delle democrazie europee cambierebbe. Perché esse dovrebbero fare i conti, anche nella loro vita interna, con il potere russo. Un grande pensatore politico, Alexis de Tocqueville, nell’Ottocento, sosteneva che le democrazie, per la loro volubilità, sono assai meno attrezzate dei regimi autoritari a tenere una linea coerente di politica estera. È ciò su cui conta Putin per spuntarla in Ucraina. La tesi di Tocqueville è stata spesso contestata. Si è notato che, nonostante la loro apparente fragilità, le democrazie sono in grado di contare, nei momenti di crisi, su una riserva di legittimità e di consenso interno normalmente superiore a quella a cui può attingere un regime autoritario. Si è visto, soprattutto, che, se coinvolte in guerre, le democrazie sono in grado di mettere in campo risorse ,e una volontà di combattere da parte
della popolazione, che i regimi autoritari non possono nemmeno sognarsi. La determinazione degli ucraini nella resistenza ai russi sta lì a testimoniare, del resto, quanta verità in ciò ci sia. Però è anche vero che una cosa è combattere per la «propria» vita e quella dei propri cari, per la «propria» libertà, per la «propria» terra, un’altra cosa è rimanere impegnati in uno sforzo prolungato nel tempo di sostegno a un popolo combattente. E se, almeno in questi casi, la tesi di Tocqueville fosse corretta?
Da quando è iniziata l’invasione, i governi dell’Unione, in accordo con la Nato, hanno tenuto la barra sufficientemente dritta (ma non dimentichiamo certe incertezze e ambiguità, per esempio di parte tedesca). Ma in democrazia ciò che davvero conta in ultima istanza è l’orientamento dell’opinione pubblica. Se cambiano umori e atteggiamenti degli elettori, cambia anche, prima o poi, la posizione dei governi. È un problema per l’America. Ed è un problema per l’Europa. Le democrazie europeo-occidentali ,protette dalla pax americana, hanno potuto godere dei benefici della pace — stabilità delle loro democrazie e benessere — dalla Seconda guerra mondiale in poi. Gli europei hanno così perduto la memoria delle tragedie della prima metà del secolo XX.
Hanno cominciato a pensare che la storia, con i suoi furori e anche le sue nefandezze, non li riguardasse più. I drammi dovuti alla ferocia umana appartenevano a mondi geograficamente e culturalmente lontani. Potevano guardare le immagini di quei drammi in televisione, comodamente seduti in poltrona. Era la variante europea della «fine della storia». Tutto ciò è comprensibile. È psicologicamente difficile per chi ha creduto di avere conquistato definitivamente una condizione di pace civile, rendersi conto che il mondo è di nuovo assai pericoloso. Anche per noi.
Le parole, in queste condizioni, cadono nel vuoto. Ricordate cosa si diceva in Europa dopo il rovinoso abbandono dell’Afghanistan da parte degli Stati Uniti? Si diceva, anche in Italia, che la sicurezza dell’Europa era a rischio e che era ormai venuto il momento di dare vita a una solida difesa europea. Alle parole non sono seguiti i fatti. Per la semplice ragione che le opinioni pubbliche (e anche gran parte delle classi dirigenti) non credono sul serio che i cambiamenti in
atto impongano, pur senza rinunciare alla Nato e alla partnership con gli Stati Uniti, di investire risorse significative a favore della propria sicurezza. Per dire che la stanchezza che si avverte in settori dell’opinione pubblica occidentale, ed europea in particolare, di fronte alla guerra in atto, ha ragioni storiche profonde che possono essere spiegate. Un grande storico britannico, Arnold Toynbee, in un’altra epoca, in un altro frangente anch’esso difficile per l’Europa,
osservò: historyis again on the move , la storia è di nuovo in movimento. Se noi europei ne saremo consapevoli, se manterremo, nei mesi e negli anni a venire, la necessaria lucidità, aiuteremo gli ucraini a salvarsi. E aiuteremo noi stessi.
L'articolo La stanchezza dell’Occidente proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
Non serve cercare colpevoli a tutti i costi. La tragedia di Torino vista da Alegi
La morte della piccola Laura è una di quelle tragedie che nessuno vorrebbe mai accadesse. Una vita stroncata ad appena cinque anni non può avere senso, con tutto il suo significato di potenziale umano perduto per sempre e le inevitabili domande su come sia accaduto e come si possa evitarne il ripetersi.
Proprio per questo, è necessario rispettare il dolore evitando di trasformarlo nella ricerca di un capro espiatorio, o peggio di strumentalizzarlo a sostegno di ideologie e pregiudizi. Da Lidia Ravera al Codacons fino all’ultimo profilo Twitter, si sono scatenati tuttologi, antimilitaristi, ambientalisti, rigoristi e chi più ne ha, più ne metta.
L’incidente all’MB.339 delle Frecce tricolori in decollo dall’aeroporto di Torino-Caselle è una sequenza di fatalità, individualmente improbabili. Uno stormo di uccelli attraversa il cielo dell’aeroporto mentre gli aerei decollano. Uno o più uccelli colpiscono un aereo. Un motore si spegne, costringendo un pilota a lanciarsi. L’aereo rimbalza al suolo, sfonda la rete, salta un fosso, attraversa una strada. Colpisce un’auto, dalla quale i genitori riescono a estrarre due bambini. Prima di poter tirare fuori la bimba, l’auto esplode. Come nel celebre modello interpretativo di James Reason, i buchi si sono allineati e attraverso di loro è passato il disastro.
L’inchiesta dell’Ispettorato sicurezza volo spiegherà in ogni dettaglio le cause dell’evento, senza cercare il colpevole a tutti i costi. La magistratura verificherà l’esistenza di eventuali profili penali, tentando di mantenersi al di sopra delle emozioni. Nell’attesa, che non sarà breve, si possono forse fare alcune considerazioni.
Primo, Torino non è Ramstein, perché l’impatto con uno stormo di volatili durante la fase di decollo non è paragonabile a un errore durante l’esecuzione di una figura acrobatica. Qualsiasi altro aereo in decollo da Caselle avrebbe potuto subire lo stesso incidente, così come i volatili avrebbero potuto colpire un MB.339 a Rivolto o su qualsiasi altro aeroporto. Chi propone l’accostamento tra i due incidenti non sa di cosa parla.
Secondo, gli MB.339 sono in perfette condizioni. L’anzianità del progetto non compromette l’aerodinamica, il comportamento in volo o la sicurezza. Rende soltanto più costoso e lungo ottenere i livelli di qualità necessari. È per questo che l’Aeronautica militare ne ha previsto da tempo la sostituzione con gli M-345, il cui sviluppo è in ritardo per motivi indipendenti da essa.
Terzo, l’inquinamento. Poiché il Rolls-Royce Viper 632 ha una spinta di circa 1800 chili, l’intera pattuglia “spinge” circa un quarto dei Trent Xwb di un Airbus A350. Calcolando 32 esibizioni di mezz’ora e raddoppiando prudenzialmente per la diversa concezione dei motori, l’intera stagione acrobatica incide quanto un andata-ritorno da Roma a New York. Un po’ poco per urlare allo scandalo.
Quarto, non interessano a nessuno. Dal Gran premio di Monza alla sagra della salsiccia (davvero!), le centinaia di richieste che l’Aeronautica militare riceve ogni anno, così come le centinaia di migliaia di persone che si assiepano alle loro manifestazioni, testimoniano il grande seguito delle Frecce tricolori. Sono numeri che pochi eventi pubblici italiani fanno.
Quinto, il costo. È difficile capire quali voci di spesa calcolare, separando i costi di struttura (la base) da quelli dell’attività di volo generica (che andrebbe fatta comunque) o specifica. In più, bisognerebbe conteggiare anche il valore delle Frecce tricolori come contributo alla promozione del Paese e dell’industria, nonché come strumento di reclutamento per Forze armate che da oltre vent’anni sono divenute completamente volontarie. Non è un caso che nessuna delle forze aeree di riferimento abbia chiuso la propria pattuglia acrobatica.
Sesto, l’inutilità della Pattuglia. Le Frecce tricolori non sono un’eccezione italiana ma rispecchiano una tradizione presente in tutto il mondo. Dagli Asas de Portugal agli Zhetysu, passando per Krisatki e Sarang, nel 2022 erano censite 65 pattuglie acrobatiche militari, più nove temporanee e tre in corso di approntamento, senza trascurare le sei esibizioni in coppia.
Settimo, l’aereo militare. Benché progettato per addestrare piloti militari, l’MB.339 non è un caccia o un aereo da combattimento. È del tutto improprio associarlo a Top Gun o missioni di guerra.
In conclusione, buona parte delle critiche alle Frecce tricolori sono materialmente errate e si collegano a valutazioni esterne alla loro realtà operativa e fattuale. Da un certo profilo, le obiezioni sono legate più a criteri personali che a considerazioni oggettive, e potrebbero, con la stessa assoluta legittimità, essere applicate a qualsiasi altra attività, dai musei di arte contemporanea al teatro sperimentale, dal ponte sullo Stretto alle zip line. Dall’altro, gli attacchi di questi giorni recuperano temi da sempre presenti nella retorica antimilitare e antioccidentale, collegandoli strumentalmente alla tragedia di Torino senza aggiungere nulla in termini di analisi e riflessione.
Per carità, in un Paese libero anche queste opinioni hanno pieno diritto di essere espresse. Però sarebbe meglio concentrarsi sugli atti concreti, come la sicurezza delle strade perimetrali o la pulizia degli ambienti circostanti gli aeroporti, evitando di dare l’impressione di speculazione politica. O almeno così imporrebbe il rispetto sincero per la piccola vittima.
You live in a digital neofeudalism
The Middle Ages are often invoked to describe a dark, brutal period without freedom, where the masses were at the mercy of a few feudal lords and rulers who fought over lands and resources.
They say life back then wasn't much to write home about. Fortunately, today we are much more civilized. At least, that’s what they say.
We have discovered representative democracy, expelled the cowardly monarchs who plagued us, eliminated the scourge of serfdom, and forgotten the picturesque chivalric orders with their oaths of loyalty to the rulers. But is it really so?
My impression is that representative democracy and the proliferation of eccentric ideas about social justice and social equity have actually created the conditions for the resurgence of a global digital neo-feudalism.
At the apex of this new feudal pyramid, we undoubtedly have a small but powerful elite of people with vast wealth and power who use supranational tools, both known and unknown, to exercise and manifest their will.
Among them, first and foremost, is the International Monetary Fund (IMF), a financial instrument of the United Nations and the ultimate authority for much of the world. Then there are central banks like the Federal Reserve Bank or the European Central Bank.
Lastly, we must not forget supranational administrative entities such as the World Health Organization (WHO), the aforementioned United Nations (UN), or the somewhat obscure Financial Action Task Force (FATF), which, nevertheless, has a huge impact on our lives. And how could we forget our beloved European Union and the globalist think-tank that is the World Economic Forum?
The combination of people and supranational structures makes up what we could define today as the head of the empire.
Call for Nominations: 14th Annual Privacy Papers for Policymakers
The Future of Privacy Forum (FPF) invites privacy scholars and authors with an interest in privacy issues to submit finished papers to be considered for FPF’s 14th annual Privacy Papers for Policymakers (PPPM) Award. This award provides researchers with the opportunity to inject ideas into the current policy discussion, bringing relevant privacy research to the attention of the U.S. Congress, federal regulators, and international data protection agencies.
The award will be given to authors who have completed or published top privacy research and analytical work in the last year that is relevant to policymakers. The work should propose achievable short-term solutions or new means of analysis that could lead to real-world policy impact.
FPF is pleased to also offer a student paper award for students of undergraduate, graduate, and professional programs. Student submissions must follow the same guidelines as the general PPPM award.
We encourage you to share this opportunity with your peers and colleagues. Learn more about the Privacy Papers for Policymakers program and view previous year’s highlights and winning papers on our website.
FPF will invite winning authors to present their work at an annual event with top policymakers and privacy leaders in spring 2024 (date TBD). FPF will also publish a printed digest of the summaries of the winning papers for distribution to policymakers in the United States and abroad.
Learn more and submit your finished paper by October 20th, 2023. Please note that the deadline for student submissions is November 3rd, 2023.
informapirata ⁂ reshared this.
Tutto pronto per #TuttiAScuola! Come sempre le scuole saranno protagoniste e animeranno la cerimonia assieme a tanti ospiti.
Vi aspettiamo tra poco in diretta dall’Istituto Tecnico “Saffi-Alberti” di Forlì!
▶️ https://youtube.
Ministero dell'Istruzione
Tutto pronto per #TuttiAScuola! Come sempre le scuole saranno protagoniste e animeranno la cerimonia assieme a tanti ospiti. Vi aspettiamo tra poco in diretta dall’Istituto Tecnico “Saffi-Alberti” di Forlì! ▶️ https://youtube.Telegram
Una critica femminista al regolamento CHATCONTROL. La politica digitale femminista si interroga criticamente se l’uso delle tecnologie paternalistiche.
«...la non negoziabilità dei diritti fondamentali fa parte di una prospettiva di politica digitale femminista. Il diritto alla privacy e il diritto alla protezione contro la violenza non dovrebbero essere contrapposti. Sono tutti essenziali per la partecipazione sociale e democratica di tutti, in particolare dei gruppi sottorappresentati e, non ultimi, dei bambini e degli adolescenti.
Le proposte politiche devono essere sottoposte a una valutazione dell’impatto contestuale e sociale in modo che l’uso delle tecnologie prescritto dalla legge non oscuri i problemi esistenti o addirittura crei nuove sfide. Il passato dimostra che tali valutazioni d’impatto di solito coprono solo il livello giuridico o tecnico. Tuttavia, per creare soluzioni davvero sostenibili ed eticamente responsabili, è necessario includere anche fattori civili ed economici. Anche la realizzazione tecnica deve essere accompagnata criticamente e analizzata iterativamente. Perché non è chiaro quali soluzioni si stiano sviluppando riguardo alle normative aperte alla tecnologia. È quindi ancora più importante che il legislatore sia responsabile della creazione di una base che stabilisca una linea rossa chiara per le tecnologie altamente problematiche dal punto di vista etico e giuridico.
Il regolamento CSA mostra la complessità del rapporto tra problemi sociali e potenziali soluzioni digitali e quanto rapidamente il tecnosoluzionismo possa portare a conseguenze negative indesiderate. È responsabilità dei legislatori svelare tali complessità e sviluppare approcci risolutivi personalizzati e convenienti che riducano al minimo gli impatti negativi.»
Il neofeudalesimo digitale
Il medioevo viene spesso chiamato in causa per indicare un periodo buio, brutale, senza libertà, in cui le masse erano alla mercé di pochi signori e sovrani che si contendevano terre e risorse.
La vita, dicono, non doveva essere granché. Fortunatamente, oggi siamo molto più civilizzati.
Abbiamo scoperto la democrazia rappresentativa, scacciato i vili monarchi che ci affliggevano, eliminato la piaga della servitù della gleba e dimenticato i pittoreschi ordini cavallereschi, coi loro giuramenti di fedeltà ai sovrani. Ma è davvero così?
La mia impressione è che la democrazia rappresentativa e la proliferazione di strampalate idee di giustizia ed equità sociale abbiano invero creato i presupposti per la reviviscenza di un neofeudalesimo digitale globale.
All’apice della nuova piramide feudale abbiamo certamente una piccola ma poderosa elite di persone con tanti soldi e potere che usano strumenti sovranazionali conosciuti e sconosciuti per esercitare e manifestare la loro volontà.
Tra questi troviamo prima di tutto il Fondo Monetario Internazionale (IMF), strumento finanziario delle Nazioni Unite e di ultima istanza per gran parte del mondo. Poi ci sono le banche centrali, come la Federal Reserve Bank o la Banca Centrale Europea.
Infine, non bisogna dimenticare enti sovranazionali amministrativi come l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), le già citate Nazioni Unite (ONU) o il semisconosciuto Gruppo di Azione Finanziaria Internazionale (FATF), che però ha un enorme impatto sulle nostre vite. E come dimenticare poi la nostra beneamata Unione Europea e il think-tank globalista che è il World Economic Forum?
L’insieme di persone e strutture sovranazionali compone quello che oggi potremmo definire come la testa dell’impero.
sbarrax aka Marco Frattola reshared this.
Privatocrazia sanitaria, in Italia il 60% dei fondi per la salute pubblica finisce ai privati. Il monito di Nicoletta Dentico | AFV
"La situazione ha raggiunto livelli più che allarmanti: almeno il 60% dei fondi pubblici finisce in mano ai privati, in particolare per l’acquisto di servizi medici e farmacologici; più del 50% delle istituzioni sanitarie che si occupano di malattie croniche sono in mano ai privati, così come lo sono più dell’80% delle istituzioni di assistenza sanitaria residenziale. I tagli della prossima legge di bilancio assecondano questa metastasi.”
Lisa Beat and the Liars - Sheena Is A Beat Rocker
Fate vostro questo disco e suonatelo quando - disgraziatamente - cambieranno l'ora, farà freddo ed alle cinque del pomeriggio sarà buio, chissà forse potrebbe farvi tornare ai fasti dell'estate o quantomeno mettervi allegria facendovi intravvedere un raggio di sole. @Musica Agorà
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Lisa Beat and the Liars - Sheena Is A Beat Rocker 2023
Per loro fortuna queste caratteristiche non mancano a Lisa e i suoi Liars che, nei tre pezzi che compongono questo sfizioso singolo, danno sfoggio di quella fantasia che necessita per confrontarsi con dei veri e propri classicissimi.In Your Eyes ezine
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Podcast Punk !
The Saint and allkillersnofillers present: The Adventure with the Saint episodi n°44 Judith Il miglior podcast rocknroll del globo terracqueo !!!! @Musica Agorà
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The Saint and allkillersnofillers present: The Adventure with the Saint episodi n°44 Judith
The Saint and allkillersnofillers present: The Adventure with the Saint episodi n°44 Judith Il miglior podcast rocknroll del globo terracqueo !!!!In Your Eyes ezine
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Privacy e riconoscimento facciale; con iBorderCTRL si comincia ovviamente dai migranti e non finirà bene: «La macchina della verità alle frontiere dell'Europa è stata un assegno in bianco»
«Mentre assegnano 4,5 milioni di euro del programma di ricerca Horizon 2020 a iBorderCTRL, una sorta di macchina della verità da usare alle frontiere, gli esperti della Commissione europea sanno già che questa tecnologia di analisi dei micro-movimenti del volto e di identificazione delle bugie, una sorta di Lie to me, la serie tv con Tim Roth, in versione algoritmo, potrà porre dei grossi problemi. Tanto che nello stesso documento con cui finanziano il progetto, datato 18 gennaio 2016, scrivono che “la proposta si affida pesantemente a un sistema automatico di rilevazione delle bugie, che pone una serie di rischi che non sono adeguatamente affrontati”.»
L'articolo di Luca #Zorloni prosegue qui su Wired Italia
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Piero Bosio
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