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Fincantieri guarda al Golfo. Così produrrà le sue navi negli Emirati


Firmato a Roma l’accordo tra Fincantieri ed Edge group, azienda specializzata dell’industria militare del Golfo, per un valore complessivo di trenta miliardi di euro, che prevede la creazione di una joint venture fra le due società al fine di cominciare a

Firmato a Roma l’accordo tra Fincantieri ed Edge group, azienda specializzata dell’industria militare del Golfo, per un valore complessivo di trenta miliardi di euro, che prevede la creazione di una joint venture fra le due società al fine di cominciare a produrre i design di Fincantieri direttamente negli Emirati Arabi Uniti. La firma è avvenuta a Palazzo Marina a Roma tra Hamad Al Marar, ceo e direttore generale di Edge group, e Pierroberto Folgiero, ceo e direttore generale di Fincantieri, alla presenza del sottosegretario per la Difesa, Matteo Perego di Cremnago, il capo di Stato maggiore della Marina militare, ammiraglio Enrico Credendino, il segretario generale Difesa e direzione nazionale armamenti, generale Luciano Portolano, il presidente di Fincantieri, generale Claudio Graziano, e il direttore generale della divisione Navi militari, Dario Deste.

I dettagli dell’accordo

Grazie alla firma, Fincantieri ed Edge group prevedano la creazione di una joint venture che porterà alla nascita di una filiera per la costruzione di navi militari direttamente negli Emirati Arabi, per un valore di trenta miliardi di euro. Come registrato da Folgiero, l’obiettivo dell’intesa è “creare una piattaforma industriale unica nel suo genere in grado di cogliere con massimo spirito imprenditoriale e competenze distintive le notevoli opportunità di mercato che hanno origine negli Emirati”. La joint venture si occuperà delle operazioni commerciali e dello sviluppo e protezione delle proprietà intellettuali condivise. Questo accordo servirà anche ad aumentare le capacità di Edge nella costruzione di navi militari, in particolare le fregate, e faciliterà l’ingresso di Fincantieri nei mercati del Golfo. L’intesa prevede anche lo sviluppo di un programma di costruzione di sottomarini per l’industria emiratina permettendole di sviluppare e diversificare le sue capacità di produzione underwater.

I risvolti strategici

Nel quadro dell’accordo, il sottosegretario Perego ha fatto notare l’importanza e l’impatto che tale intesa avrà per le relazioni tra Italia ed Emirati Arabi Uniti, data “la volontà politica dei due Paesi di consolidare e rafforzare i rapporti di collaborazione nel settore marittimo già avviati l’anno scorso con la visita del ministro della Difesa e della presidente Meloni”. Per il sottosegretario, quella tra Italia ed Emirati è un’importante sinergia “che traccia ulteriori traiettorie lungo le quali possono nascere significative collaborazioni strategiche e strutturate in tutti i domini della Difesa”. Inoltre, sempre secondo Perego, questo accordo avrà importanti risvolti nello sviluppo di tecnologie militari e nell’ambito economico, “la cornice in cui le due importanti aziende possono sviluppare congiuntamente soluzioni innovative nel settore navale, a vantaggio dei mercati domestici e internazionali.”

Il lato emiratino

Questo accordo è parte dell’insieme di iniziative messe in atto dai Paesi del Golfo per modernizzare le loro forze armate e diversificare le loro economie diminuendo gradualmente la dipendenza della loro economia dall’esportazione di carburanti fossili. Come sottolineato da Al Marar, “attraverso questa joint venture con Fincantieri non stiamo solo espandendo le diverse capacità di Edge nella navalmeccanica, ma stiamo stabilendo un nuovo punto di riferimento per la collaborazione e lo scambio di conoscenze nell’industria marittima globale”. Per l’amministratore delegato della società araba, la partnership “incarna il nostro impegno verso l’innovazione, facendo leva sull’incomparabile expertise di Fincantieri”.

La presenza di Fincantieri nel Golfo

Questo accordo non è l’unica iniziativa del gruppo italiano per conquistare il mercato del Golfo. Già al World defense show di Riyad, Fincantieri aveva presentato la sua nuova fregata FCx30 nelle sue tre configurazioni (leggera, antisottomarino e completa) impegnandosi a costruire l’unità multiruolo in soli trentadue mesi. La compagnia ha deciso di adottare una tempistica così ambiziosa grazie al nuovo sistema di costruzione modulare. Applicando questo nuovo approccio il gruppo triestino sarà in grado di costruire in contemporanea lo scafo e l’albero della nave riducendo ampiamente i tempi di produzione. Il progetto di modularità prevede anche lo sviluppo di un modello informatico che andrà costruito in contemporanea con la nave affinché il lavoro sul software, una volta completata l’unità, sia ridotto al minimo. L’ad Folgiero ha spiegato che queste innovazioni permetteranno a Fincantieri di ridurre il tempo di costruzione standard di una fregata, ad oggi stimato in quaranta mesi.


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La US Space Force lancia l’idea di una red line con Pechino. Di cosa si tratta


La US Space Force vuole un “telefono rosso” con Pechino, esattamente come quella nata tra Washington e Mosca dopo la Crisi dei Missili Cubani. E i motivi sembrano essere pressoché gli stessi. “Dobbiamo ottenere il consenso dei nostri alleati e partner, ma

La US Space Force vuole un “telefono rosso” con Pechino, esattamente come quella nata tra Washington e Mosca dopo la Crisi dei Missili Cubani. E i motivi sembrano essere pressoché gli stessi.

“Dobbiamo ottenere il consenso dei nostri alleati e partner, ma è anche importante avere una comprensione condivisa con i potenziali avversari, in modo che non ci siano errori di calcolo… Questo è il valore della hotline, perché le norme internazionali non sono ancora ben stabilite, nonostante gli sforzi degli Stati Uniti per assumere un ruolo di leadership in questo settore”. Come riportato da DefenseOne, con queste parole il generale Anthony Mastalir, comandante delle forze spaziali statunitensi nell’Indo-Pacifico, ha commentato all’Air & Space Forces Association Warfare Symposium, la necessità di stabilire una linea di comunicazione diretta con Pechino per prevenire l’emergere di crisi nello spazio. Una necessità emersa alla luce del proliferare delle capacità anti-satellite cinesi, e della sfida che esse rappresentano per gli Stati Uniti.

Soprattutto considerando come, rispetto alle norme nei domini marittimo e aereo, le regole di ingaggio nello spazio rimangano piuttosto “immature”, come lo stesso Mastalir ha dichiarato. “Quando si pensa a un atto ostile o a una dimostrazione di intenti ostili nello spazio, cosa si intende? E tutte le nazioni hanno una visione condivisa di simili atti?”

Le armi antisatellite in orbita (comunemente note come Asat) della Cina rappresentano una fonte di grande preoccupazione per gli Stati Uniti; così come lo sono anche le capacità di disturbo e i sistemi ad energia diretta che la Cina sta costruendo. “Ciò che mi preoccupa maggiormente sono le capacità da cui dipendono le capacità di joint combined warfare nell’area dell’Indo-Pacifico, e molte di queste sono messe a rischio dalle capacità di energia diretta che la Cina sta costruendo, non solo per ‘abbagliare’, ma per essere distruttive” ha dichiarato il militare americano.

Nella memoria delle forze armate americane è ancora nitido il ricordo di quanto, nel 2007, la Repubblica Popolare decise di distruggere uno dei suoi stessi satelliti.

I leader militari statunitensi e cinesi hanno recentemente ripristinato le comunicazioni, dopo che la Cina le aveva interrotte nel 2022 a seguito della significativa visita condotta dall’allora presidente della Camera Nancy Pelosi sull’isola di Taiwan. Tuttavia, una linea diretta per le operazioni spaziali rappresenterebbe un nuovo e più canale di comunicazione tra funzionari cinesi e americani. Anche se non è la prima volta che una proposta simile viene mossa: già in passato infatti la US Space Force aveva sottolineato quanto fosse importante istituire una “red line” che tenesse in continuo contatto Washington con Pechino e Mosca, per evitare che si verificassero incidenti di sorta nell’orbita terrestre ed extraterrestre.


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“La CNIL richiama le strutture sanitarie sull’accesso illegittimo alla cartella informatizzata dei pazienti” La Commission Nationale de l’Informatique et Des Libertés (“CNIL”), il 9 Febbraio 2024, ha annunciato di aver intimato ad alcune strutture sanitarie di intensificare le misure di sicurezza delle cartelle informatizzate dei pazienti.La diffida arriva dopo che la CNIL ha effettuato diverse …


Per alcuni politici, l'ecologia e l'inquinamento, sono problemi a "comodo"; dipendendo da chi, come e quando...
ilfattoquotidiano.it/2024/02/2…


Un'altra psicopatica europeista. Già leggere "Stati Uniti d'Europa" mi sanguinano gli occhi e inorridisco al pensiero...
imolaoggi.it/2024/02/21/bonino…


Il cazzaro fiorentino è tornato in forma a sparare le sue cazzate. Probabilmente si è risentito che in molti l'abbiano sostituito, quindi vuole tornare al vertice. Questa è la "perla" di oggi.
imolaoggi.it/2024/02/21/elezio…


Benvenuti in Itaglia, dove il politico delinquente è tutelato. Sig. Mattarella, niente da dire, o pensa solo all'Ucraina, Ue, nato e a Israele?
ilfattoquotidiano.it/2024/02/2…


Quindi che si fa Ue e nato di m...a, rimanete zitti?
lindipendente.online/2024/02/2…


di Enrico Nardelli Negli ultimi anni l'intelligenza artificiale (IA) è sulla bocca di tutti. Anche l'uomo della strada ha capito che si t...


#ilCafFLEespresso – L'(in)giustizia penale con Francesco Petrelli


Intervista con l’Avv. Francesco Petrelli, Presidente dell’Unione delle Camere penali italiane, sulle ragioni dell’astensione dei penalisti L'articolo #ilCafFLEespresso – L'(in)giustizia penale con Francesco Petrelli proviene da Fondazione Luigi Einaudi.

Intervista con l’Avv. Francesco Petrelli, Presidente dell’Unione delle Camere penali italiane, sulle ragioni dell’astensione dei penalisti

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L'articolo #ilCafFLEespresso – L'(in)giustizia penale con Francesco Petrelli proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



Rifondazione Comunista denuncia la gravità di quanto sta accadendo in queste ore in Senato. La modifica della norma sulla esenzione dalla raccolta delle firme


Ue e Giappone giocano assieme in difesa. Ecco come


L’Unione europea ha deciso di avviare negoziati con il Giappone per giungere a un accordo di partenariato per la sicurezza e la difesa. Lo riferisce la stampa giapponese, che cita i contenuti di un documento approvato lunedì dal Consiglio Affari esteri de

L’Unione europea ha deciso di avviare negoziati con il Giappone per giungere a un accordo di partenariato per la sicurezza e la difesa. Lo riferisce la stampa giapponese, che cita i contenuti di un documento approvato lunedì dal Consiglio Affari esteri dell’Unione.

Bruxelles punta a rafforzare le relazioni bilaterali con il Tokyo, negoziando un aumento della cooperazione in aree quali la sicurezza marittima, la condivisione di intelligence e la risposta ad “attacchi ibridi”, che includono tattiche non militari come “la disseminazione di informazioni false per conseguire obiettivi strategici”. La decisione europea giunge nel solco dell’impegno a “sviluppare ulteriormente il partenariato di difesa” assunto lo scorso luglio con il Giappone, in risposta alla crescente presenza militare della Cina nell’Indo Pacifico.

Nel documento, citato dalla stampa giapponese, il Giappone viene definito dall’Unione europea “un partner chiave nell’Indo-Pacifico”, area in cui la proiezione di alcuni dei 27 si sta facendo sempre più importante (tra questi c’è l’Italia). Le due parti sono, si legge ancora, “partner di lungo corso negli ambiti della pace, della sicurezza e della difesa, e hanno sviluppato significativamente le loro relazioni in queste aree negli ultimi anni”. Per questo, Bruxelles punta a “elevare la cooperazione al prossimo livello”.

Tra le aree potenzialmente interessate dal rafforzamento del partenariato di sicurezza figura la sicurezza marittima, anche tramite esercitazioni congiunte nell’Indo Pacifico. Ulteriori aree di possibile rafforzamento della cooperazione sono la protezione delle infrastrutture critiche, il coordinamento contro il terrorismo e la sicurezza e la difesa spaziale.

Nel decennio passato, l’approccio dell’Unione europea all’Indo-Pacifico era principalmente incentrato sulla connettività. La svolta è avvenuta nel 2021, all’indomani della pandemia Covid-19, con la nuova Strategia dell’Unione europea per l’Indo-Pacifico, che ha dimostrato la volontà di impegnarsi anche nella sicurezza e nella difesa. Dal vertice tra Unione europea e Giappone dell’anno scorso, poi, è emerso l’impegno a promuovere la cooperazione non solo in materia di sicurezza economica, ma anche di sicurezza e difesa, considerato in particolare che il confine militare e non militare diventato sempre più labile. In questo senso, l’Unione europea si muove in scia agli Stati Uniti e alla Nato.

La condivisione di informazioni rappresenta la base della cooperazione, anche per rafforzare la fiducia reciproca. Tocca poi all’impegno in sicurezza e difesa, dossier su cui l’Italia è in prima linea visto il Global Combat Air Programme che coinvolge anche Giappone e Regno Unito per la realizzazione dell’aereo stealth di sesta generazione.


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Londra e Riga guidano la nuova coalizione di droni per Kyiv


Londa e Riga saranno anime gemelle in uno sforzo atto a rifornire Kyiv con migliaia di droni con firs-person view (Fpv), impiegati in enormi quantità lungo il fronte come surrogati delle loitering munitions. Secondo i media lettoni, alla coalizione dovreb

Londa e Riga saranno anime gemelle in uno sforzo atto a rifornire Kyiv con migliaia di droni con firs-person view (Fpv), impiegati in enormi quantità lungo il fronte come surrogati delle loitering munitions. Secondo i media lettoni, alla coalizione dovrebbero aderire otto Stati, tra cui Germania e Paesi Bassi.

Giovedì 15 febbraio il Ministero della Difesa inglese ha diramato un comunicato stampa in cui si legge che almeno una parte dei droni che sarà inviata all’Ucraina sarà prodotta da enti della manifattura britannica, senza però identificare i fornitori di droni o specificare se Ministero della Difesa acquisterà modelli commerciali già disponibili o prodotti appositamente per un impiego militare. Quest’ordine sarà il primo impiego effettivo di un fondo di 200 milioni di sterline (pari a circa 252 milioni di dollari) istituito a gennaio dalla Gran Bretagna appositamente per fornire droni all’Ucraina. Il Primo Ministro Rishi Sunak ha annunciato a gennaio che, oltre a piccoli veicoli aerei a basso costo senza equipaggio, il Ministero della Difesa acquisterà droni d’attacco a lungo raggio, droni marini e altre tipologie nell’ambito dell’impegno.

Il Ministero della Difesa di Riga ha invece pianificato di stanziare circa dieci miliardi di euro all’anno per la produzione di questa tipologia di drone, esclusivamente con l’intento di rifornire le forze armate di Kyiv impegnate nel combattimento contro Mosca. Ma il ruolo della Lettonia non si esaurisce qui: il Paese dovrebbe ospitare una scuola di droni per gli operatori ucraini, oltre che stabilire un campo di prova per verificare le prestazioni dei droni.

Per l’Ucraina i droni si sono rivelati fondamentali nel tentativo di controbilanciare la schiacciante superiorità numerica della Russia nell’ambito delle munizioni a lungo raggio, come i proiettili d’artiglieria. I numeri parlano chiaro: attualmente l’Ucraina spara solo 2.000 proiettili contro i 10.000 della Russia. La carenza di munizioni comincia a far sentire i suoi effetti al fronte, tant’è che viene considerata una delle principali motivazioni dietro la decisione del Comando ucraino di ritirare le proprie forze dalla cittadina di Avdiivka, teatro di feroci combattimenti negli ultimi mesi a causa dei ripetuti tentativi russi di occupare la città.

Oltre a ricevere droni già assemblati l’Ucraina, così come la Russia, ne produce un gran numero anche a livello domestico, affidandosi a componenti a basso costo acquistati solitamente dalla Cina. Alcune varianti possono costare anche solo 400 dollari. L’Ucraina produce fino a 50.000 droni Fpv al mese, e spera di arrivare a produrne fino a un milione nel 2024.

“Insieme, (il Regno Unito e la Lettonia) daranno all’Ucraina le capacità di cui ha bisogno per difendersi e vincere questa guerra, per garantire che Putin fallisca nelle sue ambizioni illegali e barbariche” ha dichiarato al riguardo il ministro della Difesa britannico Grant Shapps in un comunicato.


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Il #MIM e il Comando Generale delle Capitanerie di Porto - Guardia Costiera bandiscono il #Concorso Nazionale "La Cittadinanza del Mare", rivolto alle studentesse e agli studenti delle scuole primarie e secondarie di I e II grado, statali e paritarie…


Con l’intelligenza artificiale, l’attenzione all’applicazione delle leggi sulla concorrenza è vitale e va di pari passo con la preservazione della democrazia, hanno affermato gli esperti del settore in una tavola rotonda al Parlamento europeo lunedì (19 febbraio). Nel 2023, l’autorità...


Weekly Chronicles #64


Social scoring all'italiana, sorveglianza BLE e storie di allarmi bomba.

Questo è il numero #64 di Privacy Chronicles, la newsletter che ti spiega l’Era dell’Informazione e come sopravvivere: tecnologia, sorveglianza di massa, privacy, sicurezza dei dati e molto altro.

Cronache della settimana

  • Il social scoring è il futuro del Welfare tecnocratico
  • Apple traccia i tuoi dispositivi anche se sono spenti
  • Allarmi bomba: il governo indiano vieta ProtonMail… e altre 14 app

Lettere Libertarie

  • Bitcoin: pura anarchia e sistema intersoggettivo distribuito

Rubrica OpSec

  • Errori di OpSec: impariamo dalla storia di Eldo Kim

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Il social scoring è il futuro del Welfare tecnocratico


"L'idea che dobbiamo portare avanti e studiare è quella di una tessera sanitaria a punti in modo che se conduci uno stile di vita corretto e salutare puoi guadagnare dei punti che poi ti permettono di ricevere degli incentivi".

La vita, per quelli come Bertolaso, è semplice; come un videogioco: compi le azioni giuste, aumenta il tuo personal score, vinci e salva la principessa.

E sono in molti a vederla come lui, non è certo un mistero. Da un paio d’anni in giro per l’Italia si sentono voci che sussurrano di comportamenti virtuosi, premi e punteggi — identità digitale.

Tra i primi, forse lo ricorderete, ci fu l’assessore Bugano di Bologna, quando annunciò pubblicamente il progetto di “Smart Citizen Wallet:

«Il cittadino avrà un riconoscimento se differenzia i rifiuti, se usa i mezzi pubblici, se gestisce bene l’energia, se non prende sanzioni dalla municipale, se risulta attivo con la Card cultura». Comportamenti virtuosi che corrisponderanno a un punteggio che i bolognesi potranno poi «spendere» in premi in via di definizione.»


Si scoprì solo dopo, anche grazie a un’istruttoria del Garante Privacy, che di concreto dietro all’idea di Smart Citizen Wallet non c’era ancora nulla di concreto: tutta propaganda (ma che propaganda è, quella fondata sull’idea di sorvegliare il cittadino? Eppure…).

E poi, sì, ci fu anche qualche sperimentazione — come quella fatta a Ivrea per qualche mese, con lo scopo di testare una nuova “piattaforma per l’economia comportamentale" fondata su blockchain e sponsorizzata dal governo e da TIM.

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L’idea di incentivare, diciamo così, comportamenti “virtuosi” attraverso l’azione di governo, con lo scopo di creare una società perfetta, non è certo nuova. È anzi l’idea fondante che fu usata fin dal XIX secolo in poi per giustificare moralmente il sistema statale di welfare-warfare che viviamo ancora oggi.

Il social scoring, perché di questo si tratta, è l’apice dello statalismo, nonché tappa obbligata di una società tecnocratica governata da algoritmi automatizzati e logiche di vita a debito.

Non è un caso che si parli sempre di comportamenti “virtuosi” o “corretti”: sono aggettivi necessari a rafforzare l’idea della rettitudine e dignità delle persone soltanto se rispettose del pensiero egemonico collettivo. Chi decide quali comportamenti sono virtuosi? Le masse: o meglio, le masse plagiate dalla propaganda delle solite minoranze.

E se poi, come anticipato, è anche una questione di debito: il sistema finanziario occidentale fondato sul debito e sul welfare universale sta collassando su se stesso.

Non sarà possibile curare tutti (è già così) e sarà così necessario distinguere tra chi si merita di ricevere servizi sanitari e chi invece si merita altro, magari l’eutanasia di Stato; a prescindere dal pagamento o meno delle tasse — quelle vanno pagate comunque.

Questa cosa qua è una delle conseguenze della nascente religione transumanista che mira ad addomesticare e manipolare le masse attraverso ricatti morali algoritmicamente eseguiti. Ma chi segue regolarmente queste pagine lo sa: se ne è parlato anche al G20 del 2022; il compagno Bertolaso non inventa nulla.


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Apple traccia i tuoi dispositivi anche se sono spenti


Apple usa una tecnica chiamata "offline finding" per individuare i dispositivi degli utenti anche quando non sono connessi a Internet. Fa parte del servizio “Find My”, che da qualche anno permette di ritrovare dispositivi rubati o persi anche se spenti.

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#64


In Cina e Asia – Componenti USA e UE nei missili nordcoreani dati a Mosca


In Cina e Asia – Componenti USA e UE nei missili nordcoreani dati a Mosca
Componenti USA e UE nei missili nordcoreani dati a Mosca
L'Australia potenzia la sua flotta in ottica anticinese
Myanmar, tre generali condannati a morte per la resa di Laukkai
Dati, la Cina mappa le risorse dati del Paese
Microchip, nuovi fondi governativi a Smic e Huawei

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Dalla Cina agli Usa: in migliaia scappano attraverso rotta mortale


Dalla Cina agli Usa: in migliaia scappano attraverso rotta mortale 12893133
Dalla Cina agli Usa: in migliaia scappano attraverso rotta mortale. Non è facile stimare con esattezza la portata dello zouxian. Dai dati sull’immigrazione parrebbe trattarsi quantomeno di un trend in aumento: se nel 2022 l’Ecuador ha documentato l’arrivo di circa 13.000 cittadini cinesi, nei primi undici mesi del 2023 il numero è salito a oltre 45.000. Ma perché tante ...

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VERSIONE ITALIANA UE, LA COMMISSIONE APRE UN NUOVO PROCEDIMENTO CONTRO TIKTOK PER LA VIOLAZIONE DEL DSLa Commissione europea ha avviato un procedimento formale per valutare se TikTok abbia violato il Digital Services Act dell’UE. L’indagine dovrà valutare se TikTok ha messo in atto misure adeguate per mitigare i rischi sistemici, inclusi i sistemi algoritmici che …


Relazione di Paolo Ferrero - Conferenza internazionale su: “Prigionieri politici in Turchia: dove va il sentiero della libertà e della pace” Bruxelles


Brussels Privacy Symposium 2023 Report


The seventh edition of the Brussels Privacy Symposium, jointly co-organized by the Future of Privacy Forum and the Brussels Privacy Hub, took place at the U-Residence of the Vrije Universiteit Brussel campus on November 14, 2023. The Symposium presented a

The seventh edition of the Brussels Privacy Symposium, jointly co-organized by the Future of Privacy Forum and the Brussels Privacy Hub, took place at the U-Residence of the Vrije Universiteit Brussel campus on November 14, 2023. The Symposium presented a key opportunity for a global, interdisciplinary convening to discuss one of the most important topics facing Europe’s digital society today and in the years to come: “Understanding the EU Data Strategy Architecture: Common Threads – Points of Juncture – Incongruities.”

With the program of the Symposium, the organizers aimed to transversally explore three key topics that cut through the Data Strategy legislative package of the EU and the General Data Protection Regulation (GDPR), painting an intricate picture of interplay that leaves room for tension, convergence, and the balancing of different interests and policy goals pursued by each new law. Throughout the day, participants debated the possible paradigm shift introduced by the push for access to data in the Data Strategy Package, the network of impact assessments from the GDPR to the Digital Services Act (DSA) and EU AI Act, and debated the future of enforcement of a new set of data laws in Europe.
Attendees were welcomed by Dr Gianclaudio Malgieri, Associate Professor of Law & Technology at Leiden University and co-Director of the Brussels Privacy Hub, and Jules Polonetsky, CEO at the Future of Privacy Forum. In addition to three expert panels, the Symposium opened with Keynote addresses by Commissioner Didier Reynders, European Commissioner for Justice, and Wojciech Wiewiórowski, the European Data Protection Supervisor. Commissioner Reynders specifically highlighted that the GDPR remains the “cornerstone of the EU digital regulatory framework” when it comes to the processing of personal data, while Supervisor Wiewiórowski cautioned that “we need to ensure the data protection standards that we fought for, throughout many years, will not be adversely impacted by the new rules.” In the afternoon, attendees engaged in a brainstorming exercise in four different breakout sessions, and the Vice-Chair of the European Data Protection Board (EDPB), Irene Loizidou Nikolaidou, gave her closing remarks to end the conference.

The following Report outlines some of the most important outcomes from the day’s conversations, highlighting the ways and places in which the EU Data Strategy Package overlaps, interacts, supports, or creates tension with key provisions of the GDPR. The Report is divided into six sections: the above general introduction; the ensuing section which provides a summary of the Opening Remarks; the next three sections which provide insights into the panel discussions; and the sixth and final section which provides a brief summary of the EDPB Vice-Chair’s Closing Remarks.

Editor: Alexander Thompson

Read the Report


fpf.org/blog/brussels-privacy-…



ANALISI. Gaza e la fine dell’ordine basato sulle regole


Cosa significa la guerra tra Israele e Hamas per il futuro dei diritti umani e del diritto internazionale L'articolo ANALISI. Gaza e la fine dell’ordine basato sulle regole proviene da Pagine Esteri. https://pagineesteri.it/2024/02/20/medioriente/analis

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di Agnès Camallard* – Foreign Affairs

Dopo oltre quattro mesi di conflitto, la campagna di rappresaglia di Israele contro Hamas è stata caratterizzata da una serie di crimini di guerra e violazioni del diritto internazionale. La giustificazione dichiarata da Israele per la sua guerra a Gaza è l’eliminazione di Hamas, responsabile degli orribili crimini commessi durante l’attacco del 7 ottobre in Israele: 1.139 persone, per lo più civili israeliani, uccise; altre migliaia ferite; un numero ancora imprecisato di donne e ragazze soggette a violenze sessuali; 240 persone prese in ostaggio, molte delle quali sono ancora detenute da Hamas.

In risposta, Israele ha sfollato con la forza i palestinesi, imponendo condizioni che hanno lasciato centinaia di migliaia di persone senza i bisogni umani fondamentali. Ha condotto attacchi indiscriminati, sproporzionati e diretti contro civili e “oggetti civili”, come scuole e ospedali. Circa 28.000 palestinesi sono stati uccisi, la maggior parte dei quali donne e bambini. Vaste aree di Gaza sono state polverizzate; un quinto delle infrastrutture e la maggior parte delle case sono state danneggiate o distrutte, lasciando la regione in gran parte inabitabile. Israele ha imposto un blocco prolungato, negando ai palestinesi cibo adeguato, acqua potabile, carburante, accesso a Internet, riparo e cure mediche: un’azione che equivale a una punizione collettiva. Sta detenendo i gazawi in condizioni disumane e degradanti e Israele ammette che alcuni dei detenuti sono già morti. Nel frattempo, in Cisgiordania, la violenza contro i palestinesi da parte delle forze israeliane e dei coloni è aumentata notevolmente.

Gli Stati Uniti e molti paesi occidentali hanno sostenuto Israele, fornendo assistenza militare, opponendosi agli appelli per un cessate il fuoco alle Nazioni Unite, bloccando i finanziamenti all’Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l’Occupazione (UNRWA) dei rifugiati palestinesi e respingendo il caso di genocidio del Sudafrica contro Israele presso la Corte Internazionale di Giustizia (CIG), anche mentre la carneficina continuava a consumarsi.

L’odierna complicità diplomatica nella catastrofica crisi umanitaria e dei diritti umani a Gaza è il culmine di anni di erosione dello Stato di diritto internazionale e del sistema globale dei diritti umani. Tale disintegrazione è iniziata praticamente dopo l’11 settembre, quando gli Stati Uniti hanno intrapreso la loro “guerra al terrore”, una campagna che ha normalizzato l’idea che tutto è lecito nel perseguire i “terroristi”. Per condurre la sua guerra a Gaza, Israele prende in prestito etica, strategia e tattica da questo quadro di riferimento, e lo fa con il sostegno degli Stati Uniti.

È come se le gravi lezioni morali dell’Olocausto, della Seconda guerra mondiale, fossero state dimenticate e con esse il nucleo stesso del decennale principio “Mai più”: la sua assoluta universalità, l’idea che ci protegge tutti o nessuno. Questa disintegrazione, così evidente nella distruzione di Gaza e nella risposta dell’Occidente, segna la fine dell’ordine basato sulle regole e l’inizio di una nuova era.

L’ERA DELL’UNIVERSALITÀ

L’universalità, il principio secondo cui tutti noi, senza eccezioni, siamo dotati di diritti umani in egual misura, indipendentemente da chi siamo o da dove viviamo, è al centro del sistema internazionale dei diritti umani. È stato il fondamento della Convenzione sul genocidio e della Dichiarazione universale dei diritti umani, entrambe adottate nel 1948, e ha continuato a informare nuovi strumenti per assicurare la responsabilità nel corso degli anni, tra cui la Corte penale internazionale, istituita nel 2002. Per decenni, questa infrastruttura legale ha contribuito a garantire che gli Stati rispettassero i loro obblighi in materia di diritti umani. Ha definito i movimenti per i diritti umani a livello globale e ha sostenuto le più grandi conquiste del ventesimo secolo in materia di diritti umani.

Un critico di questo sistema potrebbe obiettare che gli Stati hanno sempre reso spesso sostenuto, ma raramente applicato l’universalità. Il XX secolo abbonda di esempi di fallimenti nel sostenere la pari dignità di tutti: la violenza usata contro coloro che sostenevano la decolonizzazione, la guerra del Vietnam, i genocidi in Cambogia e in Ruanda, le guerre che hanno seguito la dissoluzione della Jugoslavia e molti altri. Tutti questi eventi testimoniano di un sistema internazionale radicato più nella disuguaglianza e nella discriminazione sistemica che nell’universalità. A ragione, si potrebbe sostenere che l’universalità non è mai stata applicata ai palestinesi che, come ha detto lo studioso palestinese americano Edward Said, dal 1948 sono invece “le vittime delle vittime, i rifugiati dei rifugiati”.

Tuttavia, il destino dell’universalità non risiede nelle mani di coloro che la tradiscono. Piuttosto, in quanto progetto perennemente ambizioso per l’umanità, la sua forza risiede innanzitutto nella sua continua proclamazione e nella sua persistente difesa. Nel corso del XX secolo, il principio di universalità ha subito innumerevoli battute d’arresto, ma la direzione generale era quella di proclamarlo, affermarlo e difenderlo. La situazione è cambiata, tuttavia, nei primi anni del XXI secolo, con lo scatenarsi della “guerra al terrore” dopo i tragici eventi dell’11 settembre.

TOGLIERSI I GUANTI

Negli ultimi 20 anni, la dottrina e i metodi della “guerra al terrorismo” sono stati adottati o imitati dai governi di tutto il mondo. Sono stati impiegati per espandere la portata e il raggio d’azione delle misure di “autodifesa” degli Stati e per dare la caccia, con minime limitazioni, a qualsiasi persona o autorità ritenuta meritevole della denominazione, vagamente definita ma ampiamente applicata, di “minaccia terroristica”.

Lo straordinario numero di morti civili a Gaza, commessi sia in nome dell’autodifesa sia per contrastare il terrorismo, è una logica conseguenza di questa prospettiva, che ha pervertito e quasi smantellato il diritto internazionale e, con esso, il principio di universalità.

Gli attacchi aerei americani in Afghanistan, Iraq, Pakistan, Somalia e Siria hanno provocato vittime civili in massa. Invariabilmente, l’esercito americano affermava di aver preso le precauzioni necessarie per proteggere i civili. Ma forniva poche spiegazioni su come distinguesse esattamente i civili dai combattenti e sul perché, se distinti correttamente, fossero stati uccisi così tanti civili.

Negli ultimi 20 anni, i governi di tutto il mondo hanno adottato metodi simili. In Siria, gli incessanti bombardamenti della Russia sulle infrastrutture civili hanno causato migliaia di morti tra i civili. Eppure, nei casi documentati da Amnesty International, le autorità russe hanno affermato che le loro forze armate stavano colpendo obiettivi “terroristici”, anche quando stavano distruggendo ospedali, scuole e mercati. Anche l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia nel 2022 è stata giustificata con riferimenti pretestuosi all’autodifesa e alle eccezioni al divieto dell’uso della forza. I suoi attacchi indiscriminati hanno causato migliaia di vittime civili, con le prove sempre più evidenti di crimini di diritto internazionale, come la tortura, la deportazione e il trasferimento forzato, la violenza sessuale e le uccisioni illegali. Anche la Cina ha invocato la “lotta al terrorismo” per giustificare l’ampia repressione di uiguri, kazaki e altre minoranze etniche prevalentemente musulmane nello Xinjiang, che si è tradotta in crimini contro l’umanità.

Il massiccio bombardamento di Gaza da parte di Israele ha radici storiche più profonde della “guerra al terrore”, tra cui l’espulsione di circa 750.000 palestinesi dalle loro case, avvenuta nel 1948 e nota come nakba, o catastrofe. Ma è anche una manifestazione dell’erosione del diritto internazionale avvenuta nel XXI secolo, in cui sono stati rispettati pochi o nessuno dei vincoli imposti dal sistema del secondo dopoguerra: non quelli della Carta delle Nazioni Unite, della legge internazionale sui diritti umani e nemmeno della Convenzione sul genocidio, come sostenuto dal Sudafrica.

DOV’È LA PROTESTA?

Subito dopo il 7 ottobre, i governi occidentali hanno condannato i crimini di Hamas ed espresso sostegno incondizionato a Israele, una risposta comprensibile e prevedibile all’orrore inflitto alla popolazione di uno stretto alleato. Ma avrebbero dovuto cambiare la loro retorica una volta che fosse diventato chiaro, come è rapidamente accaduto, che i bombardamenti di Israele su Gaza stavano uccidendo migliaia di civili. Tutti i governi, soprattutto quelli che hanno influenza su Israele, avrebbero dovuto denunciare pubblicamente e inequivocabilmente le azioni illegali di Israele e chiedere un cessate il fuoco, la restituzione di tutti gli ostaggi e la responsabilità per i crimini di guerra e altre violazioni da entrambe le parti.

Non è successo. Per i primi due mesi di guerra, l’amministrazione Biden ha ampiamente minimizzato la perdita di vite umane a Gaza. Non ha denunciato i bombardamenti incessanti e l’assedio devastante di Israele. Non ha riconosciuto il contesto del conflitto israelo-palestinese, compresi i 56 anni di occupazione militare israeliana, e ha invece accettato la narrazione antiterroristica di Israele.

Mentre la guerra continuava, l’amministrazione Biden ha continuato a difendere le tattiche di Israele. Ha ripetuto a pappagallo alcune affermazioni di Israele, non verificate e poi rinnegate, sulle atrocità di Hamas. Sebbene alla fine gli Stati Uniti si siano espressi più chiaramente sulla protezione dei civili palestinesi, si sono rifiutati di sostenere pubblicamente i passi fondamentali che avrebbero aiutato a salvare le loro vite. Invece, all’ONU, gli Stati Uniti hanno posto il veto alle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza che chiedevano pause umanitarie alla guerra. Solo il 22 dicembre hanno permesso, grazie alla loro astensione, che il Consiglio di Sicurezza adottasse una risoluzione di compromesso che chiedeva “misure urgenti per consentire immediatamente un accesso umanitario sicuro, non ostacolato e esteso” a Gaza e “le condizioni per una cessazione sostenibile delle ostilità”. Non ha mai preso pubblicamente in considerazione l’idea di interrompere i suoi trasferimenti di armi a Israele.

Pochi giorni dopo la sentenza della Corte Internazionale di Giustizia e le sue richieste di misure provvisorie per prevenire il genocidio a Gaza, gli Stati Uniti e alcuni altri governi occidentali hanno bloccato i finanziamenti all’UNRWA, che fornisce un’ancora di salvezza alla popolazione di Gaza. Questa decisione non solo ignora gli evidenti rischi di genocidio, ma serve ad amplificarli e accelerarli. Lo status di superpotenza degli Stati Uniti e la loro influenza su Israele fanno sì che Washington sia in una posizione privilegiata per cambiare la realtà sul campo a Gaza. Più di ogni altro Paese, gli Stati Uniti possono impedire al loro stretto alleato di continuare a commettere atrocità. Ma finora hanno scelto di non farlo.

Questa linea di condotta ha un costo enorme. Come ha detto un diplomatico del G-7, “abbiamo definitivamente perso la battaglia nel Sud globale. Tutto il lavoro che abbiamo fatto con il Sud globale (sull’Ucraina) è andato perduto. … Dimenticate le regole, dimenticate l’ordine mondiale. Non ci ascolteranno mai più”.

UN CAMBIAMENTO EPOCALE

Sebbene negli anni a Gaza si siano svolte le prove generali di eventi che hanno mostrato l’estremo disprezzo del diritto internazionale, la guerra potrebbe segnare la chiusura del sipario. Il rischio di genocidio, la gravità delle violazioni commesse e le inconsistenti giustificazioni da parte dei funzionari eletti nelle democrazie occidentali fanno presagire un cambiamento epocale. L’ordine basato sulle regole che ha governato gli affari internazionali dalla fine della Seconda Guerra Mondiale è in via di estinzione e potrebbe non essere possibile tornare indietro.

Le conseguenze di questo allontanamento sono fin troppo evidenti: più instabilità, più aggressività, più conflitti e più sofferenza. L’unico freno alla violenza sarà altra violenza. La fine dell’ordine basato sulle regole porterà anche una rabbia diffusa e palpabile in tutti gli strati della società, in tutti gli angoli della terra, se non tra coloro che si trovano nella posizione di raccogliere qualunque ricompensa infangata possa essere estratta dalla rottura del sistema internazionale.

Ma si possono prendere provvedimenti per evitare questo scenario disastroso. Si comincia con l’immediata cessazione di tutte le operazioni militari sia da parte di Israele che di Hamas, con l’immediato rilascio di tutti i rimanenti ostaggi civili detenuti da Hamas e di tutti i palestinesi detenuti illegalmente da Israele, e con la rimozione dell’assedio di Gaza. Le misure provvisorie della CIG per prevenire il genocidio a Gaza devono essere pienamente applicate.

Israele e il suo più grande sostenitore, gli Stati Uniti, devono accettare che l’obiettivo militare dichiarato di distruggere Hamas ha comportato un costo spropositato per le vite e le infrastrutture civili, che con ogni probabilità non può essere giustificato dal diritto internazionale. È ora più che mai importante che il Procuratore della Corte Penale Internazionale (CPI) agisca con decisione nel formulare le imputazioni per i crimini commessi da tutte le parti in conflitto.

Né le sofferenze storiche né le prospettive di pace a lungo termine in Medio Oriente, e probabilmente anche oltre, possono essere affrontate senza un processo internazionale e inclusivo che specifichi lo smantellamento del sistema di apartheid di Israele e permetta di proteggere la sicurezza e i diritti di tutte le popolazioni.

La memoria dolorosa dei torti subiti, sia di recente che nel passato, può aiutare a salvare vite umane oggi e in futuro, in Israele, nei territori palestinesi e oltre. Questo processo deve però iniziare immediatamente, perché il tempo sta per scadere. Se la storia si ripete, come spesso ci viene detto, allora dovremmo considerarci bene avvertiti. Con l’applicazione universale del diritto internazionale ormai in agonia e con nulla che possa ancora prendere il suo posto se non gli interessi nazionali brutali e la pura avidità, la rabbia diffusa può essere, e sarà, sfruttata dai molti pronti a promuovere un’instabilità ancora più ampia su scala globale.

_______________

*AGNÈS CALLAMARD è Segretaria generale di Amnesty International. Dal 2016 al 2021 è stata relatrice speciale delle Nazioni Unite sulle esecuzioni extragiudiziali, sommarie o arbitrarie.

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L'articolo ANALISI. Gaza e la fine dell’ordine basato sulle regole proviene da Pagine Esteri.



Stamattina parteciperò al presidio indetto dall'Unione Sindacale di Base dalle 10 davanti al ministero del lavoro a Roma in via Molise. Da tempo chiediamo a


Public »Going Dark« Consultation: Pirate MEPs call for an end to the undemocratic surveillance forge


The EU High-Level Group (HLG) on access to data for effective law enforcement, also known as the #EUGoingDark group, is consulting non-governmental organisations today. Newly published documents confirm criticism by Pirate Party … https://home-affairs.ec

The EU High-Level Group (HLG) on access to data for effective law enforcement, also known as the #EUGoingDark group, is consulting non-governmental organisations today. Newly published documents confirm criticism by Pirate Party Members of the European Parliament.

MEP Patrick Breyer (Pirate Party / Greens/EFA) comments:

„The #EUGoingDark work group should be dissolved! I have received the answer to my latest request for documents conceding that this group sees itself as “first step in the preparatory process of possible legislative proposals” (PDF). This makes it clear that undemocratic preliminary negotiations are conducted here with the predefined goal to re-introduce EU-wide blanket data retention of citizen’s communications data, to undermine secure encryption and to introduce the »Security by Design«-concept that should better be called »Surveilance by Design«. The group is undemocratic because NGOs and scientists are prevented from participating on an equal footing. How is equal participation supposed to work if NGOs have access neither to the actual meetings of the group and its sub-groups, nor to other participants nor to the actual work documents? It must be assumed that today’s input of NGOs has no chance of helping to shape the final result in favor of civil liberties. Meanwhile European and US-American police are forging surveillance plans behind closed doors. Belgium, for example, presented its unlawful data retention act as exemplary and spread the false claim that without data retention there is a need to resort to more intrusive methods of investigation. NGOs on the other hand, were only invited to today’s separate meeting after public pressure. The real purpose of this exercise is to keep them away from the table where the actual proposals are drafted. The results of the #EUGoingDark-group, which are to be presented as early as mid-2024, will be undemocratic and non-transparent. They must therefore not be used as legislative or political proposals. As the #EUGoingDark working group cannot achieve a useful result with this working method, the group should be dissolved.“

Marcel Kolaja, Member and Quaestor of the European Parliament for the Czech Pirate Party, comments:

“The right to privacy is a fundamental human right. Yet in recent years we have seen more and more attempts to challenge it. Whether it is the attempt to impose blanket spying on private messages or the legalisation of biometric cameras. The #EUGoingDark group is just another example of the way that many lawmakers see privacy as a burden rather than a priority. If it were a priority, we could observe a transparent debate that actively seeks out all relevant opinions. Instead, only representatives of the police or intelligence services were selectively invited, while representatives of human rights NGOs were left out. I find this practice unacceptable. The debate on privacy should be treated with the utmost respect. The #EUGoingDark group utterly fails to meet this requirement.”

Mikuláš Peksa, Member of the European Parliament for the Czech Pirate Party, comments:

“Activities and goals of this particular group present an attack on everything that keeps us safe in the online environment. We are used to see similar institutions in China’s digital dictatorship, where they persecute, bully and attack Tibetans and their fundamental rights, as well as Uighurs and other groups of citizens. In free and democratic Europe, such a thing has no place. Our private data should stay private, always.

“As Pirates, we call on the Commission to ensure the right to anonymity, free speech, access to information and right to encryption to all European citizens. Those protect not only citizens from data breaches, but also whistleblowers, human rights defenders and other activists.”

Anja Hirschel, top candidate of the German Pirate Party for the 2024 European elections, comments:

“The composition of the committee, in particular the exclusion of NGOs, already clearly shows what kind of encroachments on digital freedoms citizens are to face here: Even deeper and easier access to our data. Every previously private area is to be scrutinised in future. And this is being done by a working group that has its own interests in this data and has also avoided the public eye for the preparations themselves. Instead of the next step towards transparent citizens, we need more transparent EU policy!”

patrick-breyer.de/en/public-go…


🇬🇧 I received fully ■■■■■■ redacted participant lists of the EU’s #GoingDark anti-encryption group that is also forging plans for resurrecting #DataRetention.

👋 EU Commission
, name those responsible now!
fragdenstaat.de/a/288508 @EP_GreensEFA


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#Concorso di idee “L'Intelligenza Artificiale, tra sfide e opportunità".
L’iniziativa, promossa dal #MIM in collaborazione con l’Ordine dei Giornalisti, è rivolta alle studentesse e agli studenti delle scuole del sistema nazionale di istruzione e de…


Intervista di Laura Tussi Dal punk inglese degli anni settanta alla tragedia di Gaza, dalla nonviolenza alle sonorità folk, dalle guerre imperialiste a Ga

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In Cina e Asia – IDE in Cina ai mini da 30 anni, Pechino effettua taglio record sui mutui


In Cina e Asia – IDE in Cina ai mini da 30 anni, Pechino effettua taglio record sui mutui
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Guardia costiera cinese ferma imbarcazione turistica taiwanese per effettuare controlli
Corea del sud, medici e specializzandi si dimettono in segno di protesta contro il governo
Papua Nuova Guinea, almeno 25 persone massacrate in imboscata causata da faide tribali
Il Giappone rinnova il suo impegno per la ricostruzione dell'Ucraina
Nuova Delhi continua a investire nelle Maldive nonostante la politica di "India out"

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Africa rossa – Belt and Road: l’Africa supera il Medio Oriente


Africa rossa – Belt and Road: l’Africa supera il Medio Oriente belt and road africa
Belt and Road: l’Africa supera il Medio Oriente
Pechino come vede il Piano Mattei?
Il pallino americano per le basi militari cinesi in Africa
Il nodo gordiano del deficit africano
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L’ombra di Joseph Kabila sulle miniere congolesi
L’altro mining: l’estrazione dei bitcoin in Etiopia
Tutti pazzi per i SUV cinesi
Quel pasticciaccio brutto di Sam Pa
“Nel gioco del Mar Rosso serve un patto Occidente-Cina”

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Dopo le parole su Gaza del Presidente del Brasile, Luiz Ignacio Lula da Silva, pronunciate ad Addis Abeba, la reazione del governo israeliano non si è fatta at


Da lunedì 11 marzo partiranno le prove scritte dei #concorsi ordinari per l’assunzione in ruolo dei #docenti su posto comune e su posto di sostegno nelle scuole di ogni ordine e grado.


#NotiziePerLaScuola
È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione e del Merito
🔶 Iscrizioni, ecco i dati definitivi
🔶 Il Ministro Valditara inaugura il primo polo didattico in campo agrario in Italia
🔶 Adozione dei libr…


Antonino Campaniolo 👣 reshared this.



Asili nido, pochi posti pubblici e costi proibitivi l Pressenza

"Occorre ampliare l’attuale disponibilità dei posti negli asili comunali, rendere sostenibili i costi per le famiglie, superare la scarsa flessibilità degli orari, essere operativi anche durante l’estate. E occorre, soprattutto, porre in essere cambiamenti nelle strutture e nei servizi a supporto alle famiglie (asili, scuole, servizi post scolastici e così via) e ripensare totalmente il nostro welfare."

pressenza.com/it/2024/02/asili…



Drama about a bridge between the fediverse and Bluesky. The BBC extends their Mastodon trial. Flipboard expands their fediverse integration.


Monaco. L’Occidente alla ricerca del “nemico” per tenere insieme i pezzi l Contropiano

"Un nemico come la Russia per un po’ di tempo può aiutare a tenere insieme i pezzi ma a lungo andare potrebbe non funzionare più come catalizzatore di interessi comuni. Proprio un commentatore russo sulla Novosti, più o meno due anni fa, sottolineava che il problema dell’Occidente era il tempo: troppo poco per concludere il conflitto in Ucraina, troppo lungo per alimentarlo. Un problema che la Russia ha dimostrato di non avere."

contropiano.org/news/politica-…


in reply to Giovanni Petri

.@leviticoh Here's f(x)=20×x×exp(-x/0.25) interpolated using 20 equally spaced points (blue) and 20 Chebyshev points (red). For your function, Runge's phenomenon is not a problem.


Crescono morti e infortuni sul lavoro l l'interferenza

"Sono anni che il punto di vista assunto sul lavoro è quello delle associazioni datoriali e molti pensano, per combattere morti e infortuni, a una sorta di sistema premiante per le aziende virtuose in materia di salute e sicurezza attribuendo loro ulteriori e massicci sgravi fiscali. Eppure, anni di aiuti alle imprese non sono serviti a salvaguardare l’occupazione e a rendere sicuro il lavoro, siamo allora certi che l’aiuto economico e fiscale sia lo strumento giusto per imporre pratiche e culture della sicurezza?"

linterferenza.info/attpol/cres…



28 ONG esortano le autorità di protezione dei dati dell'UE a respingere il "paga o va bene" su Meta Il Comitato europeo per la protezione dei dati (EDPB) emetterà presto quello che probabilmente sarà il suo parere più significativo fino ad oggi Bathtup Pay or Okay


noyb.eu/it/28-ngos-urge-eu-dpa…



Un'agenzia di credito tedesca guadagna milioni grazie alla manipolazione illegale dei clienti L'azienda utilizza disegni manipolativi per impedire alle persone di ottenere una copia gratuita dei loro dati in conformità con la legge SCHUFA Complaint


noyb.eu/it/german-credit-agenc…



The Mourning After - Lately / Quit Bazar 7"


Pronti alla bisogna per assolvere nel migliore dei modi tale irrinunciabile esigenza ecco qui per me e per noi tutti, direttamente da quel di Sheffield, i veterani e collaudatissimi Mourning After ed il loro 7" licenziato in questi giorni dalla Rogue Records.

iyezine.com/the-mourning-after…

#powerpop

@Musica Agorà

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Catania. La scuola pubblica in mimetica normalizza la guerra l Contropiano

"Oltre ad una scuola sempre più aziendalizzata, che plasma il mondo studentesco allo sfruttamento schiavista del lavoro e alla precarietà lavorativa, c’è anche una scuola sempre più militarizzata. Tutto questo si traduce con la normalizzazione della guerra, della militarizzazione dei territori, e delle spese militari senza limiti."

contropiano.org/regionali/sici…



Lotta agli hacker malintenzionati: smantellato il gruppo ransomware Hive ma c’è una nuova taglia su di loro


Circa un anno fa il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha annunciato di aver smantellato il gruppo ransomware Hive (tradotto in italiano: alveare), che aveva preso di mira oltre 1.500 vittime in oltre 80 paesi in tutto il mondo. Dalla fine di luglio 2022, l'FBI era penetrata nelle reti informatiche di Hive, catturando le sue chiavi di decrittazione, evitando che le vittime dovessero pagare 130 milioni di dollari di riscatto richiesto.
Gli attacchi ransomware Hive avevano causato gravi interruzioni nelle operazioni quotidiane delle vittime in tutto il mondo e hanno influenzato le risposte alla pandemia di COVID-19. Il gruppo utilizzava un modello ransomware-as-a-service (RaaS) con amministratori, a volte chiamati sviluppatori, e affiliati. RaaS è un modello basato su abbonamento in cui gli sviluppatori o gli amministratori sviluppano un ceppo di ransomware e creano un'interfaccia facile da usare con cui farlo funzionare e quindi reclutano affiliati per distribuire il ransomware contro le vittime.
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È stato utilizzato altresì un modello di attacco definito “a doppia estorsione”. Prima di crittografare il sistema della vittima, l'affiliato avrebbe esfiltrato o rubato dati sensibili. L'affiliato ha quindi chiesto un riscatto sia per la chiave di decrittazione necessaria per de-crittografare il sistema della vittima sia per la promessa di non pubblicare i dati rubati. Gli attori di Hive hanno spesso preso di mira i dati più sensibili nel sistema di una vittima per aumentare la pressione a pagare. Dopo che una vittima aveva pagato, gli affiliati e gli amministratori dividevano il riscatto in percentuali pari a 80/20.
A distanza di poco più di 11 mesi da quando l'FBI ha dichiarato di aver chiuso la rete dell'organizzazione criminale, Il governo degli Stati Uniti ha assegnato una taglia extra di 5 milioni di dollari ai membri della banda di ransomware Hive: la seconda ricompensa del genere in un anno.
Intanto, i criminali online continuano a fare soldi con le loro richieste di estorsione, con dozzine di nuovi arrivati che sono entrati nella mischia solo lo scorso anno.
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Chainalysis, nella sua analisi del 2023 pubblicata questa settimana (leggi qui, in inglese => Ransomware Hit $1 Billion in 2023 (chainalysis.com)), ha stimato che lo scorso anno le squadre di ransomware hanno incassato più di 1 miliardo di dollari in pagamenti estorti in criptovaluta dalle vittime, rispetto ai 567 milioni di dollari del 2022. La società di analisi delle criptovalute ha anche osservato che la rimozione di Hive probabilmente ha avuto un ruolo non banale nel calo dei pagamenti di ransomware nel 2022, che altrimenti sarebbero aumentati dal 2019.
La stima di 130 milioni di dollari dell'FBI "potrebbe non raccontare tutta la storia", osserva il rapporto, perché tiene conto solo dei riscatti direttamente evitati dalle chiavi del decrittatore. Da parte sua, Chainalysis ritiene che il fallimento di Hive abbia probabilmente evitato pagamenti di ransomware per almeno 210,4 milioni di dollari.
"Durante i sei mesi in cui l'FBI si è infiltrata in Hive, il totale dei pagamenti di ransomware per tutti i ceppi ha raggiunto i 290,35 milioni di dollari", ha osservato Chainalysis. "Ma i nostri modelli statistici stimano un totale previsto di 500,7 milioni di dollari durante quel periodo di tempo, sulla base del comportamento degli aggressori nei mesi precedenti e successivi all'infiltrazione, e si tratta di una stima conservativa."


Colorado’s Approval of Global Privacy Control: Implications for Advertisers and Publishers


The privacy laws of both Colorado and California require organizations to recognize Universal Opt-Out Mechanisms (UOOMs), a tool through which a person can invoke their opt out rights broadly across all the websites they visit. While California has requir

The privacy laws of both Colorado and California require organizations to recognize Universal Opt-Out Mechanisms (UOOMs), a tool through which a person can invoke their opt out rights broadly across all the websites they visit. While California has required responding to certain UOOMs since July 2021, the Colorado Attorney General has only recently approved their first tool – the Global Privacy Control – as valid within the scope of the state law. This sets the stage for organizations within the law’s jurisdiction to take appropriate action necessary to ensure that they are recognizing and responding to any person’s use of the GPC. Below we provide information for what organizations need to know about UOOMs going forward, including particular implementation challenges that must be addressed to avoid enforcement actions for falling afoul of the law.

Background

Governor Polis signed the Colorado Privacy Act (CPA) in July 2021, making Colorado the third state to pass a comprehensive privacy law. Among other things, the act requires the Colorado Attorney General to conduct a special process for approving Universal Opt Out Mechanisms (UOOMs) for people to use as a means of invoking their opt out rights. Under Colorado law, covered entities will be required to honor these UOOMs beginning July 1, 2024.

The Colorado AG’s office closed applications for UOOM tools on November 6, 2023. After a public comment period, the Colorado AG announced that only one tool – the Global Privacy Control (GPC) – would be acknowledged on the exclusive public list of acceptable UOOMs in Colorado.

The recognition of the GPC as a valid UOOM in Colorado leaves adtech vendors, advertisers, and publishers in a broadly similar place in both California and Colorado once enforcement begins this summer: Publishers will have to respond to valid GPC requests in both states; advertisers and vendors will have to adjust business practices accordingly. Although implementations of GPC must still satisfy the requirements of the CPA, Colorado’s decision aligns their enforcement of opt-out rights with those in California, creating momentum toward a national standard.

What should Advertisers, Publishers, and Other Organizations Know About the GPC and UOOMs in U.S. law

1. Implementations of GPC must still satisfy the requirements of CPA

Under the CPA, UOOMs in Colorado must satisfy three categories of rules. By selecting a single UOOM tool, the Colorado AG’s office has indicated that this is the only tool “recognized in so far as the UOOM or any authorized implementations meet the requirements of [the Colorado Privacy Act].”

The first and second of these rules relate to Notice and Choice under Rule 5.03 and Default Settings under Rule 5.04. The notice and choice requirements ask UOOM vendors to ensure that the signal represents an “affirmative, freely given, and unambiguous choice to opt out” of targeted advertising and data sales. The requirements for default settings seek to ensure the choice remains a genuine opt-OUT with respect to the device. The default browser installed on the device cannot simply negate the selection in a user interface to transform the user-facing mechanism into what would appear to be an opt-IN for the user. For browsers or browser extensions that do not come pre-installed on the device and that are marketed as tools for exercising a user’s opt out rights, the consumer’s decision to install and use these tools is considered an affirmative, freely given, and unambiguous choice.

The final requirement for UOOMs in the CPA is to follow Technical Specifications under Rule 5.06. The technical specification requirements make the tool “universal” in the sense that it can automatically transmit the opt-out to multiple publishers while remaining in compliance with other requirements, like the notice and choice requirements and the default settings requirements, and without unfairly disadvantaging controllers.

It is noteworthy that the AG’s office distinguishes between “the UOOM” – the GPC in this case – and “any authorized implementations” of the UOOM. Several organizations, including FPF, expressed broad support of the GPC while correctly observing that the GPC is a protocol-level technical specification and is implementable in valid and invalid ways in user-facing tools. Actual implementations of the GPC vary significantly in their interface and functionality. However, it is not clear what is required for an implementation to be “authorized”. One may read the language to require some additional recognition by the Colorado AG’s office (which has not produced a list of authorized implementations) or instead to include those implementations recognized by the creators of the GPC, which lists several implementations that support the GPC on their website. It is even possible that “authorized implementations” may even refer to other authorized, yet-to-be-approved UOOMs and have nothing to do with the GPC.

Based on this analysis, it is technically possible for publishers to receive an invalid GPC signal originating from a tool that fails to implement other requirements of the CPA. However, discerning the validity of GPC signals as they are received may require publishers to implement otherwise invasive means, like browser fingerprinting.

2. GPC will be a multi-state enforcement priority for 2024

Despite the limitations of approving a technical specification, the decision in Colorado to recognize only the Global Privacy Control marks an alignment with California that the GPC should be a clear priority for organizations looking to avoid an enforcement action in 2024. Controllers in Colorado and businesses in California should earnestly implement appropriate means to receive these signals and respond in their advertising technology stack. Industry preparation should include some mechanism for differentiating data that has been opted-out of sale or sharing from data that has not.

The Colorado AG also indicated that the current public list (which, again, consists solely of the GPC) will be “prioritized for enforcement,” meaning publishers will likely be required to respond to GPC opt-out requests as soon as the enforcement date of July 1, 2024 rolls around. Any relevant on-going or concluded investigations in California since the AG settlement with Sephora have not resulted in publicly announced enforcement actions. However, it has remained an area of active interest, including recent discussions by the California Privacy Protection Agency (CPPA) regarding the possibility of requiring browser vendors to implement a feature allowing users to express their opt-out preferences to publishers.1

3. Novel mechanisms may still be reconsidered in upcoming years

In naming the GPC as the current exclusive UOOM recognized in Colorado, Colorado AG also indicated that this did “not exclude additional UOOMs from meeting the requirements” in the future. This could mean the other shortlisted opt out mechanisms (i.e., the OptOut Code or the Opt-Out Machine) or some tool that has not yet been developed may be able to be approved in the future. However, the process for submitting applications is uncertain. The website is no longer accepting submissions, and although it may be opened to new submissions in the future, no plans for doing so are currently public.

The Colorado AG also indicated that when it does accept new applications, it will also seek public comments on them in a similar process. The three applications listed in the shortlist each took different approaches to standardizing expression of user opt out preferences. The OptOut Code proposal focused on prepending a code to human-readable device names, the Opt-Out Machine proposed an automated email-based opt out mechanisms, and the Global Privacy Control (GPC) proposed using their HTTP-based protocol-level specification in Colorado, having already been recognized as a UOOM in California.

Challenges Ahead for Enforcement

Enforcement of the Colorado Privacy Act’s requirements for opt-outs will begin later this year. Although the Colorado AG selected the GPC, they did not reveal their rationale or respond substantively to the concerns raised during the comment process. As a result, specific enforcement techniques and investigative approaches are hard to predict. At least four enforcement challenges exist for Colorado: (1) responding to the GPC alone may not be enough to ensure compliance with the CPA, (2) confirmation of signals by controllers is not required making verification of the receipt of valid signals difficult, (3) invalid GPC signals are difficult to detect definitively, and (4) the current move toward enforcement is happening at a time of transition in the industry at large.

First, responding to the GPC alone is not enough for compliance with the CPA. Although the GPC specification includes optional requirements allowing publishers to confirm to users that they have received the GPC signal, this confirmation is not technically tied to any advertising that appears on the publisher site. In other words, it is possible for a publisher site to continue serving targeted ads while confirming to users that their GPC opt-out signal has been received, either intentionally or accidentally. The Colorado AG will need some mechanism for discerning whether any advertising displayed was targeted or not. For people who have invoked the GPC, publishers are likely to replace targeted advertising with contextual advertising, and these ads may be served by similar ad servers, making discernment challenging. (The opt-out also applies to the sale of personal data, but that would not be immediately obvious to an enforcement agency in a single web browsing session regardless of the GPC configuration.)

Second, optional confirmation requirements in the GPC specification are not strictly required by the CPA. Although confirmation may be useful for users, advertisers, and publishers seeking to test their configuration of their GPC tool of choice, their utility as part of regulatory enforcement remains unclear, and without them it is unclear how Colorado enforcement agencies will determine whether a signal has been received and responded to. It is worth noting here that California’s recently proposed revisions to the California Consumer Privacy Act (CCPA) would require businesses to display the status of the consumer’s choice.2

Third, invalid implementations of the GPC can transform the opt-out into a user-facing opt-in. Developers of privacy-oriented browsers and browser extensions have evinced a desire to make the user’s experience of setting up both the browser and the GPC as fast and easy as possible, but the legal environment is inherently complex. The installation and configuration process for these tools will be critical to ensuring that GPC signals are valid in each jurisdiction where they are intended to apply. The GPC signal does not embed information on which browser, extension or tool sent the signal. This can make it difficult for organizations seeking to determine a mechanism’s validity and investigators seeking to respond to GPC signals sent using an invalid mechanism or configuration. Investigators will also have to determine if the person covered by the signal is a Colorado resident.

Finally, enforcement of the CPA comes at a time when the industry is transitioning away from the third-party cookie and toward new advertising APIs, presenting an additional challenge for discernment of targeting information. Publishers will need to be able to connect receipt of the GPC signal to their new infrastructure for advertising APIs during this transition. Similarly, Colorado’s enforcement will need to be able to verify compliance with the CPA, including responses to valid GPC signals, during this industry transition. Many other states are considering comprehensive privacy laws, some with subtly different opt out rights. Colorado has indicated that they prefer a harmonious, multi-state approach where possible, but this possibility remains an open question as states consider new approaches to privacy.

Conclusion

Colorado’s adoption of the GPC as the only valid universal opt out mechanism, for now at least, represents a critical step for vendors, advertisers, publishers, and users. Broad alignment with California marks this as important outside of Colorado as well, particularly with other states adopting or considering comprehensive privacy laws. Although some challenges and open questions remain, covered entities should earnestly work towards compliance to be able to honor these UOOMs beginning July 1, 2024.

1 Note that this requirement may complicate the default setting requirements discussed earlier given Colorado’s differentiation between a browser that comes pre-installed on a device and one that does not.

2 See page 40, in § 7025 on Opt-out Preference Signals.


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