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Giorgia Meloni e la laicità (dimenticata) dello Stato


Adesso, si consolida sempre più, addirittura quotidianamente, l’abitudine o forse la propensione al pianto, al piagnucolio, più precisamente. I politicanti piangono. Deve esserci qualche sondaggista che ha spiegato loro che piagnucolare fa incassare consensi. Io non sarei molto d’accordo, ma non sono un politico e nemmeno un politicante, quindi non mi posso pronunciare in merito. […]

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Tigray – Emergency Coordination Center Operational Update – 23 Dic. 2022


Questo che segue sono le slide del PDF scaricabile cliccando il link Regional Emergency Coordination Center 23-12-2022

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Turchia: obiettivo Asia


L’incontro del vertice del Consiglio dei capi di Stato dell’Organizzazione degli Stati turchi si è tenuto l’11 novembre 2022 a Samarcanda, nel mezzo della lotta in corso tra la Russia e l’Occidente per l’influenza in Asia centrale, assumendo un carattere sempre più non compromettente. Il 29 settembre, cioè poco più di un mese prima, in […]

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Giappone: la nuova strategia di sicurezza nazionale è un cambio di paradigma?


Con il rilascio della nuova Strategia di Sicurezza Nazionale (NSS) del Giappone, abbiamo visto un coro di commentatori discutere la nuova strategia dal punto di vista dell’allontanamento dalla costituzione pacifista del Giappone. L’ Hindustan Times lo definisce un punto di svolta, mentre il China Daily ha definito la nuova strategia ” sconcertante “. In una dichiarazione sul […]

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Belgrado schiera l’esercito al confine dopo due settimane di blocchi stradali che ha esacerbato la tensione con Pristina. Ma per gli analisti un conflitto aperto è per ora improbabile.


The first Russia-Africa summit, held in 2019, spurred talks of “Russia’s return to Africa” after years of disengagement south of the Sahara.


Ingabbiati


La notizia può essere curiosa, ma freddina. Ai più dirà poco. Ma meno dice loro e più li riguarda, perché dietro una faccenda giudiziaria ce n’è un’altra di enorme portata e valore collettivo. La notizia è che Meta, la società di Zuckerberg che possiede e

La notizia può essere curiosa, ma freddina. Ai più dirà poco. Ma meno dice loro e più li riguarda, perché dietro una faccenda giudiziaria ce n’è un’altra di enorme portata e valore collettivo. La notizia è che Meta, la società di Zuckerberg che possiede e governa i suoi social media, a seguito di una class action è stata costretta a pagare 725 milioni di dollari, per chiudere la faccenda. La contestazione mossa dai coalizzati che hanno fatto causa è quella di avere reso accessibili i loro dati personali a Cambridge Analytica, che li ha utilizzati per favorire Trump e Brexit. Si tratta della più alta cifra mai pagata da un privato, a seguito di un’azione collettiva.

Vabbè, interessante, ma a noi che ce ne importa, posto che tanto Zuckerberg povero non diventa? Ci interessa molto. E non solo per un aspetto tecnico, ovvero che quel genere di cause in Italia non si possono fare, visto che, come al solito, abbiamo chiamato class action quel che manco le somiglia, denominando “cavallo” un cane, senza poi poterlo sellare. Ma questo è il meno. La vera sostanza della notizia consiste nella premessa: i miei dati sono preziosi. Perché?

In fondo i miei dati sono già pubblici e di scarso valore. Magari non conoscete il mio indirizzo di casa (né sapreste cosa farvene), ma più o meno sapete tutto di me e le mie opinioni provo a diffonderle giorno dopo giorno. Perché qualcuno dovrebbe essere interessato a comprarle? Per come funzionano quei canali sociali, non di rado veri strumenti asociali. Nessuno paga per sapere cosa pensa la sora Cesira o il sor Augusto, ma per aggregare atteggiamenti, pregiudizi, prevenzioni e fissazioni di gruppi distinti, in modo da conoscere la chiave con cui far loro pensare quel che si desidera.

I dati hanno valore non in quanto consentono di entrare in contatto con Tizio o Caio, ma in quanto consentono di farli entrare in recinti dove trovano i loro simili, per poi condurli come una mandria. Se un certo numero di persone mostra di credere che esistano guardiani dell’universo che governano i nostri destini (e questa è letteratura), allora li spingo in un recito e, al momento giusto, farò loro sapere che il candidato a me sgradito è al servizio del lato oscuro (e questo è cinema). Certo che è roba da cretini, ma quelli già credevano ai guardiani. Se si crea omogeneità contro l’immigrazione posso portarne i succubi dentro un recinto e poi far sapere loro che c’è un disegno del primo millennio e una profezia che li vedrà tutti morti e sostituiti prima della prossima primavera. Certo che è da svalvolati, ma a me serviva per favorire delle donazioni ai guerrieri che si oppongono. E così via. Ovvio che l’umanità non è composta (solo) da cretini, ma succedono due cose:
a. gli aggregati di cretini si moltiplicano;
b. la politica e la società non possono non tenerne conto e, quindi, si mettono a fare i conti con i mandriani di scimuniti, i quali hanno trovato la formula per nobilitarli: in democrazia il mio tonto vale quanto il tuo astuto e se lo neghi sei per la ditttaura.

Questa roba è micidiale, ecco perché quella class action non è una notiziuola secondaria o solo curiosa. Ma c’è ancora un aspetto da esplorare: perché, a parte l’essere cretini, funziona quel frazionare in gruppi manovrabili? Perché ciascuno di noi tende a sentirsi confortato dal fatto che altri la pensino allo stesso modo. Qualche volta si viene presi dal dubbio di avere torto e di star diventando fessi, ma poi si pensa al Tale, stimabile e accreditato, che la pensa come noi e ci si tranquillizza. Ancora una volta, quindi, il digitale non ha creato un mondo, ma ne ha reso più potenti alcuni aspetti.

A chi vende i dati per manomettere le democrazie s’infliggano pene severe, ma l’antidoto migliore è vecchio come il mondo ed è anche bellissimo: ascoltare. Le opinioni più interessanti siano non quelle uguali alla mia, ma quelle diverse. Non (necessariamente) per cambiare idea, ma per mettere alla prova le mie. A salvarci dai mandriani non sarà mai il mettere in ceppi il digitale, ma il liberare La Ragione.

La Ragione

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Come la battaglia per il Donbass ha plasmato il successo dell’ Ucraina


Mentre la guerra russo-ucraina entra nell’inverno, gli ucraini hanno motivo di essere cautamente ottimisti sull’andamento della guerra. A seguito di un’offensiva strategica alla fine di agosto in più regioni, le forze ucraine hanno riconquistato quasi tutto l’oblast di Kharkiv, parti dell’oblast di Donetsk e la riva destra dell’oblast di Kherson. Diversi fattori hanno consentito le […]

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Cina, USA e l’ arte della guerra dei chip


I politici statunitensi e cinesi si stanno infliggendo colpi incisivi a vicenda. L’amministrazione Biden è meno roboante nei discorsi rispetto al suo predecessore, pur essendo più rumorosa nelle sue azioni politiche. Tuttavia, le restrizioni che mirano a rallentare l’ascesa della Cina alla frontiera tecnologica dei semiconduttori potrebbero involontariamente aiutarla a organizzare investimenti e strategie commerciali […]

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The first Russia-Africa summit, held in 2019, spurred talks of “Russia’s return to Africa” after years of disengagement south of the Sahara.


Difesa europea: gli USA non dicano NO a Macron


La scorsa settimana il Presidente francese Emmanuel Macron ha lanciato un altro appello per ridurre la dipendenza della sicurezza europea dagli Stati Uniti. Di ritorno da un incontro in Giordania, Macron ha spiegato il suo punto di vista a un gruppo di giornalisti: “Un’alleanza non è qualcosa su cui dovrei fare affidamento. È qualcosa che […]

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Ucraina: Bakhmut, Fortezza della Libertà


In vista delle vacanze di Natale, il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha effettuato una visita ufficiale negli Stati Uniti. Mentre si trovava a Washington DC, ha regalato al popolo americano un simbolo che ci sta molto a cuore: una bandiera ucraina firmata dai Guardiani, come chiamiamo i difensori di Bakhmut, una città dell’Ucraina orientale che sta […]

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Natale nello spazio


A quanto pare ‘Natale con i tuoi’, l’antico detto recitato ad ogni pie’ sospinto, sembra non avere origini religiose, ma più che altro di patriarcato, che come tante abitudini ha ristretto diversi atteggiamenti di indipendenza a una più rigida regola di conservazione familiare. Ma per Natale è un po’ per tutti la voglia di trascorrere […]

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The first Russia-Africa summit, held in 2019, spurred talks of “Russia’s return to Africa” after years of disengagement south of the Sahara.

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Recensione del Casinò Mystake – Minigiochi Dino e Pollo


Dal suo rilascio nel 2020, il casinò Mystake ha guadagnato un gran numero di utenti fedeli. Se siete alla ricerca di un casinò online facile da usare, MyStake è la scelta migliore. Siete liberi di giocare quando e dove volete. Il sito web può essere utilizzato in nove lingue diverse: Inglese, francese, italiano, spagnolo, russo, […]

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Report Corno d’Africa, EEPA n. 339- 27 dicembre 2022


Negoziati di pace (per 27 dicembre) Il portavoce del Tigray, Getachew Reda, afferma che la delegazione etiope che ha visitato Mekelle il 26 dicembre è…

Negoziati di pace (per 27 dicembre)

  • Il portavoce del Tigray, Getachew Reda, afferma che la delegazione etiope che ha visitato Mekelle il 26 dicembre è stata accolta calorosamente nel Tigray.
  • Questa delegazione, guidata dal presidente del parlamento etiope, Tagesse Chafo, è stata la prima a visitare Mekelle in due anni, dallo scoppio della guerra nel novembre 2020, e ha seguito un secondo round di negoziati tenutosi dai comandanti a Nairobi il 22 dicembre.
  • Redwan Hussein, il capo negoziatore dell’accordo sulla cessazione delle ostilità (CoH), afferma che il primo ministro Ahmed Abiy è stato informato della visita.
  • Dopo il briefing, il primo ministro Abiy ha incaricato i direttori dell’azienda di accelerare la ripresa dei servizi nel Tigray, secondo Redwan Hussein.
  • Il ministro di Stato del ministero dei servizi di comunicazione del governo etiope, Selemawit Kassa, ha definito l’arrivo “un momento storico”, secondo Tigrai TV .
  • Getachew Reda afferma che la visita mostra la maggiore fiducia tra le parti, dimostrata dal fatto che la delegazione di alto livello non ha portato il proprio personale di sicurezza.
  • A seguito della visita, l’amministratore delegato di Ethiopian Airlines, Mesfin, che ha partecipato alla visita della delegazione etiope, afferma che dal 28 dicembre riprenderanno i voli regolari per Mekelle nel Tigray.

Situazione nel Tigray (al 27 dicembre)

  • Adigrat ha subito un terremoto M 5.5 – 64 km ENE di Ādīgrat, Etiopia il 26-12-2022 12:21:07 (UTC) 14.488°N 40.015°E10.0 km di profondità.
  • Ethiopian Electric Utility (EEU) ha annunciato che 80 città sono state ricollegate alla rete elettrica dopo che erano state tagliate a causa dei danni alle infrastrutture elettriche durante la guerra nel Tigray.
  • Un aggiornamento dell’Emergency Coordination Center (ECC) in Tigray del 23 dicembre riporta che il 22 dicembre circa “2853mt in oltre 80 camion” di aiuti umanitari sono stati distribuiti ad Adwa, Axum e Shire. La fornitura include: cibo, carburante e articoli medici.
  • Una seconda fornitura è prevista per il 23 dicembre.
  • Il rapporto aggiorna che, dal 16 novembre, più di 74.100 tonnellate di scorte di cibo e carburante sono state portate attraverso i quattro corridoi umanitari nel Tigray.
  • I quattro corridoi aperti sono il percorso Semera-Mekelle, il percorso Gondat Debark, il percorso Gondar Humera e il percorso Kombolcha-Mekelle.
  • L’ECC è preoccupato per le aree che sono totalmente o parzialmente fuori dalla portata di cibo e altri rifornimenti.
  • Le aree difficili da raggiungere sono: Erob, Ganta Afeshum, Gulo Mekeda e Zala Anbesa città nella zona orientale; Adet, Adwa, Aheferom, Ahsea, Chila, Edaga Arbi, Egela, Emba Sienti, Endafelasi, Enticho town e Rama nella zona centrale; e Asgede e Zana nella zona nord-occidentale)
  • L’ECC riferisce che in 46 woredas (aree) e città è prevista una valutazione di emergenza della sicurezza alimentare, a partire da metà gennaio 2023.
  • Le organizzazioni umanitarie menzionano i seguenti problemi: problemi di liquidità finanziaria, problemi di comunicazione, problemi di accesso, mancanza di petrolio e mancanza di informazioni.

Situazione in Etiopia (al 27 dicembre)

  • Secondo Addis Standard (AS), l’Etiopia Financial Intelligence Services ha sospeso oltre 20 milioni di dollari che secondo lui sarebbero stati accumulati ”illegalmente”
  • AS ha aggiunto che si sospettava che 85 persone fossero coinvolte nel presunto accumulo di 20.226.585 USD.
  • La delegazione che ha visitato Mekelle ieri ha annunciato che i servizi bancari e di telecomunicazione riprenderanno a Mekelle la prossima settimana, afferma Ethiopian Broadcasting Corporation.
  • Abe Sano, presidente della Commercial Bank of Ethiopia, ha affermato che la banca ha dispiegato i suoi 18 esperti a Mekelle per fare i preparativi per avviare i servizi di panificazione, ha aggiunto EBC.

Situazione internazionale (al 27 dicembre)

  • Hirut Zemene, ambasciatore dell’Etiopia presso i paesi del Benelux (Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo) e le istituzioni dell’UE, ha dichiarato che i paesi “si sono impegnati a sostenere pienamente l’attuazione e il proseguimento del partenariato economico” a seguito dell’accordo CoH.

Link di approfondimento:


FONTE: martinplaut.com/2022/12/27/eep…


tommasin.org/blog/2022-12-27/r…



Oromia, Prove di Attacchi di Droni all’Interno di Aree Civili in Etiopia


Gli osservatori affermano che l’elogio e il sostegno americani apparentemente incondizionati potrebbero aver incoraggiato il primo ministro premio Nobel a eliminare i rivali in patria.…

Gli osservatori affermano che l’elogio e il sostegno americani apparentemente incondizionati potrebbero aver incoraggiato il primo ministro premio Nobel a eliminare i rivali in patria.


La mattina del 2 novembre, la città etiope di Bila, a circa 300 miglia a ovest della capitale, Addis Abeba, era in fermento mentre la gente andava a fare la spesa e si recava a scuola e al lavoro. In pochi secondi, la scena si è trasformata nel caos, quando le munizioni lanciate dai droni hanno squarciato un trafficato hub di trasporto, uccidendo dozzine di civili.

“Ho visto giovani studenti in uniforme tra i corpi”, ha detto a New Lines un testimone oculare, il cui nome è stato nascosto per motivi di sicurezza .

Mentre i feriti urlavano in agonia, gli astanti in preda al panico sono fuggiti dall’area, temendo un possibile attacco successivo, secondo due testimoni oculari. Nessuno dei due ha detto che c’erano obiettivi militari legittimi nell’area.

“Da quel giorno, le persone qui hanno persino paura della vista degli aerei nel cielo”, ha detto uno dei testimoni oculari.

Negli ultimi tre mesi, dozzine di attacchi come quello di Bila sono diventati una nuova caratteristica di un conflitto in escalation nella regione di Oromia in Etiopia, mentre il governo dispiega una flotta di droni armati per combattere quelli che dice essere ribelli armati. Decine di civili sono stati uccisi in Oromia, la più vasta regione dell’Etiopia, che ospita oltre un terzo dei 120 milioni di abitanti del paese.

I funzionari hanno tenuto la bocca chiusa sull’attacco aereo e ai giornalisti è proibito visitare città controllate dai ribelli come Bila. Eppure resoconti strazianti di ciò che è accaduto a Bila sono finiti sui social media. Un video di due minuti mostra decine di corpi sparsi lungo il ciglio della strada; un uomo si lamenta mentre gli astanti scioccati, parlando in oromo, esaminano i resti dei morti. Il video e le fotografie dell’attacco sono stati condivisi centinaia di migliaia di volte.

New Lines ha geolocalizzato le immagini in un’area centrale della città di Bila, a poche centinaia di metri dal principale terminal degli autobus della città e dal suo municipio. I dintorni catturati nel filmato sembrano coerenti con le descrizioni dei testimoni oculari dell’area colpita dal drone, inclusa la sua vicinanza a una banca e alla chiesa di San Gabriele. L’analisi della clip non ha trovato prove che fosse stata falsificata o manomessa.
A sinistra, una delle fotografie ampiamente condivise in cui si vedono due corpi (sfocati). Un'ulteriore foto e video della stessa area sono stati utilizzati per individuare la posizione rispetto a quella vista nello screenshot di Google Earth sulla destra.A sinistra, una delle fotografie ampiamente condivise in cui si vedono due corpi (sfocati). Un’ulteriore foto e video della stessa area sono stati utilizzati per individuare la posizione rispetto a quella vista nello screenshot di Google Earth sulla destra.
Sebbene l’Etiopia sia guidata dal primo ministro premio Nobel per la pace Abiy Ahmed, negli ultimi anni il paese è diventato sinonimo di guerra.

Il conflitto in Oromia ha preceduto la guerra civile nel Tigray


Il conflitto in Oromia ha preceduto la guerra civile nel Tigray, ma la brutalità nel Tigray ha messo in ombra la storia di Oromia. I ricercatori stimano che la guerra nel Tigray abbia provocato oltre mezzo milione di morti. Prima di un accordo di cessate il fuoco che ponesse fine ai combattimenti nel Tigray a novembre, gli esperti avevano espresso il timore che il conflitto potesse portare al genocidio.

Un anno dopo la sua nomina a primo ministro nel 2018, Abiy ha vinto il Nobel per il suo ruolo nel porre fine all’ostilità politica con la vicina Eritrea e nel rilasciare decine di migliaia di prigionieri politici. La mossa ha spinto gli Emirati Arabi Uniti a trasferire miliardi di dollari in Etiopia, che è stata a corto di valuta estera, mentre i legislatori statunitensi su entrambi i lati della navata hanno cantato le lodi di Abiy.

C’era grande attesa anche in casa per Abiy, che è Oromo. Anni di paralisi e rivolte antigovernative innescate in gran parte dai giovani manifestanti Oromo, ampiamente conosciuti come Qeeroo, avevano lasciato il paese instabile e teso.

Le rivolte avevano forzato la fine di quasi tre decenni di governo autocratico delle élite etniche del Tigray. Abiy aveva promesso agli attivisti Oromo e ai militanti armati in esilio il diritto di tornare a casa senza subire persecuzioni.

Molti hanno accettato l’offerta, compresi i leader dell’Oromo Liberation Front (OLF), che è stata depenalizzata come organizzazione. Nonostante l’accoglienza da eroe nella capitale etiope per il ritorno dei leader e dei combattenti dell’OLF nell’agosto 2018, i colloqui mirati al disarmo e alla reintegrazione dell’OLF come partito politico alla fine hanno raggiunto un vicolo cieco.

All’inizio del 2019, l’ala armata dell’OLF aveva interrotto i legami con la sua leadership politica e aveva ripreso a combattere sotto il nome di Oromo Liberation Army (OLA), con il comandante militare Jaal Marroo come leader. In risposta, Abiy ha lanciato un’offensiva contro l’OLA.

L’ex peacekeeper delle Nazioni Unite iniziò gradualmente a tornare indietro su alcune delle sue riforme più apprezzate. Dall’inizio del 2020, la repressione della stampa indipendente e dell’opposizione politica dell’Etiopia ha portato migliaia di persone dietro le sbarre.

Gli osservatori hanno suggerito che l’elogio e il sostegno americani apparentemente incondizionati potrebbero aver incoraggiato Abiy a eliminare i rivali in casa. Avendo dispiegato i suoi militari per reprimere le rivolte armate in più zone di guerra in tutto il paese, le forze di Abiy hanno compiuto numerose atrocità, tra cui la pulizia etnica e lo stupro armato, con alcuni esperti che hanno espresso il timore che i crimini commessi dalle sue truppe nel Tigray possano costituire un genocidio.

È molto diverso da quanto previsto dal premio Nobel. Dal 2019, i crimini di guerra hanno portato l’Etiopia a subire un congelamento del bilancio dell’Unione europea e la sua rimozione da un lucroso trattato commerciale americano.

Nel Tigray, i combattimenti si sono notevolmente attenuati dopo il cessate il fuoco di novembre. Ma le cose si stanno solo intensificando in Oromia, sede dei combattenti ribelli dell’OLA. Negli ultimi mesi, l’arma preferita di Abiy nell’affrontare l’insurrezione è stato il drone armato.

Acquistato a buon mercato da Iran, Emirati Arabi Uniti e Turchia nel 2021, l’arsenale di aerei senza pilota dell’Etiopia ha ucciso oltre un centinaio di civili nel Tigray durante due settimane nel gennaio di quest’anno, di cui almeno 50 in un campo per sfollati. Ora schierati ancora una volta, i droni hanno esacerbato le sofferenze umane in tutta Oromia, una regione anch’essa devastata dalla siccità e dalla violenza comunitaria.

Inizialmente un’insurrezione su scala minore, i combattimenti in Oromia si sono trasformati negli ultimi tre anni in una guerra di logoramento che ha visto ripetutamente passare di mano atrocità, sfollamento di massa di civili e controllo del territorio. Si stima che migliaia, se non decine di migliaia, abbiano perso la vita.

Impantanati dai combattimenti nel nord dell’Etiopia, le forze governative hanno fatto pochi progressi nell’ovest del paese. Il lancio di una tanto pubblicizzata offensiva “finale” da parte dell’esercito etiope all’inizio di quest’anno non è riuscito a far capitolare i ribelli. Il mese scorso, secondo quanto riferito, i combattenti dell’OLA hanno catturato altre due città nell’Etiopia occidentale, tra cui Mendi, dove hanno saccheggiato banche e rapito funzionari amministrativi.

Sebbene l’aviazione etiope affermi che i suoi bombardamenti su sospette roccaforti dell’OLA hanno avuto luogo dal 2019, fino a poco tempo fa erano relativamente rari. Una recente proliferazione della tecnologia dei droni ha portato a un notevole aumento degli attacchi aerei.

A ottobre, l’Etiopia ha iniziato a intensificare la sua campagna aerea prendendo di mira parti dell’Oromia controllate dai ribelli con attacchi di droni, in risposta all’avanzata dell’OLA nel distretto di Shewa occidentale della regione. Sono i civili, tuttavia, che hanno sopportato il peso maggiore delle vittime legate agli attacchi aerei.

Il 22 ottobre, un attacco di droni ha preso di mira un raduno pubblico in un complesso scolastico fuori dalla città di Ch’obi, 90 miglia a nord-ovest di Addis Abeba. I sopravvissuti lo descrivono come un massacro di civili disarmati.

“Questo è sconveniente: donne, bambini e anziani fino a 80 anni sono morti senza una ragione apparente”, ha detto Gutu Deressa, un testimone oculare della carneficina raggiunto una settimana dopo l’attacco. (I nomi di Deressa e di altri testimoni sono stati cambiati per proteggere le loro identità.)

“Finora abbiamo registrato la morte di 86 persone, ma molti sono rimasti feriti e sospetto che il numero sia più alto”.
Si dice che le immagini diffuse dagli attivisti dell'OLA e di Oromo mostrino i componenti del drone che ha ucciso 86 persone riunite in un villaggio fuori dalla città di Ch'obi il 22 ottobre, secondo i resoconti dei testimoni oculari.Si dice che le immagini diffuse dagli attivisti dell’OLA e di Oromo mostrino i componenti del drone che ha ucciso 86 persone riunite in un villaggio fuori dalla città di Ch’obi il 22 ottobre, secondo i resoconti dei testimoni oculari.
Gemechu Abdissa, 64 anni, che risiede in una comunità agricola della zona, ha spiegato a New Lines che, il giorno dell’attacco aereo, gli anziani avevano convocato una riunione della comunità per discutere del deterioramento della sicurezza e dei problemi economici.

“Intorno alle 11, i droni hanno iniziato a sorvolarci. Poi le bombe hanno cominciato a esplodere”, ha ricordato Gemechu. “Le persone spaventate hanno iniziato a correre in direzioni diverse, alla disperata ricerca di un riparo di qualsiasi tipo; alcuni si nascondono sotto gli alberi. È stato molto più tardi, molto tempo dopo che le cose si erano calmate, che la gente è tornata per cercare i dispersi e identificare i morti”.

“Abbiamo curato dozzine di civili… compresi alcuni che in seguito sono morti per le ferite riportate”, ha detto un operatore sanitario in una clinica di Ch’obi, che ha chiesto l’anonimato per motivi di sicurezza.

“La nostra clinica ha ricevuto da 15 a 20 corpi morti e mutilati”, ha detto l’operatore sanitario, aggiungendo che le vittime hanno riportato ferite comprese ustioni e lacerazioni dovute alle esplosioni.

I funzionari dell’ufficio di sicurezza regionale di Oromia non hanno risposto alle richieste di commento. Finora i funzionari governativi non hanno rilasciato dichiarazioni pubbliche sul recente aumento dell’attività dei droni in Oromia.

Dall’attacco del 22 ottobre a Ch’obi, sono stati segnalati circa una dozzina di altri attacchi mortali di droni, incluso uno il 9 novembre nella città di Mendi. I residenti raggiunti da New Lines hanno confermato che mentre la serie di attacchi aerei all’inizio di novembre ha coinciso con un’impennata dei combattimenti tra ribelli e forze governative, tra le vittime c’erano bambini che tornavano a casa da scuola.

Secondo il principale partito di opposizione politica della regione, l’Oromo Federalist Congress, tra il 19 e il 23 ottobre centinaia di persone sono morte in quattro diversi attacchi di droni su città e villaggi controllati dai ribelli. periodo di tempo, la BBC ha fissato il bilancio delle vittime a 70.

Una devastante siccità che ha devastato i raccolti in tutta l’Africa orientale ha esacerbato la situazione nella regione. Il Programma alimentare mondiale stima che la siccità abbia lasciato 10 milioni di persone nell’Etiopia occidentale e meridionale bisognose di aiuti alimentari di emergenza. Ad agosto, l’OLA ha proposto un cessate il fuoco a livello regionale per consentire alle agenzie umanitarie di fornire assistenza alimentare alle popolazioni colpite dalla siccità. Il governo non ha risposto all’offerta.

La scarsità di cibo e la violenza in tutta Oromia hanno contribuito al triste record mondiale dell’Etiopia di 5,1 milioni di sfollati interni in un solo anno solare (2021).

La caccia all’uomo dell’esercito etiope per Jaal Marroo e il suo tentativo di pacificare la regione hanno portato alla morte di decine di persone sospettate di affiliazione o simpatia per l’OLA. Entro il 2020, Amnesty International aveva accusato le truppe etiopi e la polizia speciale di Oromia, una forza paramilitare regionale finanziata dal governo, di normalizzare la detenzione di massa, le uccisioni extragiudiziali e la tortura.

“Il prendere di mira i civili nei bombardamenti aerei evidenzia il tipo di tattiche di guerra che il regime [etiope] ha scelto di perseguire”, ha affermato Etana Habte, analista di affari etiopi e assistente professore di storia alla James Madison University in Virginia.

“Poiché l’OLA si è impegnata nella guerriglia e le forze governative non sono ancora state in grado di sconfiggerli, [l’esercito etiope] è apparentemente convinto che colpire la popolazione civile, percepita come sostenitrice e ospite dell’OLA, sia l’approccio migliore. ”

Da parte sua, i ribelli dell’OLA sono stati accusati di una serie di rapimenti e omicidi di funzionari locali, nonché della pianificazione e dell’esecuzione di massacri della minoranza etnica Amhara della regione. Uno dei più noti è avvenuto il 18 giugno di quest’anno, quando sono stati uccisi oltre 300 civili.

Sia l’OLA che il governo etiope negano il coinvolgimento in qualsiasi atrocità, incolpandosi a vicenda quando emergono notizie di uccisioni di massa.

Negli ultimi mesi, le segnalazioni di milizie irregolari provenienti dai vicini Amhara che saccheggiano le città di Oromia e uccidono i residenti sono aumentate con una frequenza allarmante. La Commissione etiope per i diritti umani, sostenuta dallo stato, ha accusato i militanti di aver effettuato raid transfrontalieri che hanno ucciso decine e sfollato fino a 20.000 persone alla fine di agosto. La gente del posto, nel frattempo, afferma che i militanti sono membri di “Fano”, un gruppo di milizie di etnia Amhara che ha precedentemente combattuto a fianco dell’esercito etiope.

Almeno 700.000 persone recentemente sfollate dalle loro case in alcune parti della regione dell’Oromia hanno bisogno di assistenza alimentare, secondo un rapporto dell’UNOCHA pubblicato a novembre, che ha citato “le ostilità in corso nell’Oromia occidentale” come causa dell’esodo.

La verifica delle rivendicazioni e delle domande riconvenzionali di Oromia è spesso complessa, poiché l’insicurezza, le interruzioni delle comunicazioni e le chiusure stradali indotte dalla guerra rendono inaccessibile gran parte della regione. Ai giornalisti è vietato recarsi nelle aree controllate dai ribelli e sono stati puniti per averlo fatto.

Come per la guerra nel Tigray, i giornalisti hanno fatto affidamento su immagini satellitari e filmati trapelati dalla regione per portare alla luce i fatti sulle accuse.

Il filmato geolocalizzato del massacro di Bila è servito a corroborare le crescenti affermazioni degli attivisti per i diritti di Oromo secondo cui anche gli operatori di droni hanno preso di mira indiscriminatamente aree urbane densamente popolate.

“I droni dovrebbero prendere di mira operazioni militari, convogli o strutture di addestramento. Quello di Bila ha preso di mira assolutamente i civili”, ha detto Samuel Bekele, un attivista per i diritti di Oromo e figlio dell’importante politico del partito di opposizione Bekele Gerba, che proviene da Bila.

“Il fatto che sia atterrato vicino a una stazione degli autobus la dice lunga su chi fossero gli obiettivi. Devi essere molto attento a condurre operazioni a terra, figuriamoci da droni senza pilota a migliaia di piedi dal suolo.

Nel frattempo, sono emerse immagini di ciò che il portavoce dell’OLA Odaa Tarbii sostiene essere parti di un drone bomba turco utilizzato nell’attacco di Ch’obi del 22 ottobre. New Lines non ha potuto verificare in modo indipendente l’autenticità delle immagini, ma le ha mostrate ad Amelia Smith, analista della difesa statunitense ed esperta di droni militari, che ha affermato che sembravano mostrare le alette di coda di un MAM-L, un MAM-L di fabbricazione turca a guida laser. bomba.

Smith ha spiegato che i MAM-L sono capaci di una notevole precisione – atterrando entro 45 piedi dal loro bersaglio bloccato – il che renderebbe piccola la probabilità che un colpo sbagliato colpisca bersagli non intenzionali. “È improbabile che un attacco del genere manchi l’obiettivo prefissato e colpisca una folla”, ha detto.

Billene Seyoum, un portavoce di Abiy, non ha risposto a una richiesta via e-mail di commento sulla valutazione e sulle prove di Smith di un attacco di droni contro i civili a Bila.

Mentre le zone di Oromia si avvicinano al quarto anniversario di guerra, i droni potrebbero rivelarsi tragicamente un metodo molto più conveniente per garantire che il massacro continui senza sosta. Per le comunità che si avviano verso il nuovo anno, tagliate fuori da un mondo sempre più abituato alla sofferenza umana lontano dalle coste occidentali, le prospettive appaiono cupe.


Autori:

  • Zecharias Zelalem, giornalista freelance con un focus sul Corno d’Africa e l’Etiopia in particolare
  • Bileh Jelan, giornalista freelance che si occupa di Etiopia, Corno d’Africa e Medio Oriente

FONTE: newlinesmag.com/reportage/evid…


tommasin.org/blog/2022-12-27/o…

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La Costituzione è stata promulgata 75 anni fa, è ora di riformarla


Il 27 dicembre di settantacinque anni fa, nel 1947, a Roma, a Palazzo Giustiniani, ai sensi della XVIII Disposizione transitoria della Costituzione, apponendo in calce la propria firma, Enrico de Nicola, capo provvisorio dello Stato, promulgò la Costituzi

Il 27 dicembre di settantacinque anni fa, nel 1947, a Roma, a Palazzo Giustiniani, ai sensi della XVIII Disposizione transitoria della Costituzione, apponendo in calce la propria firma, Enrico de Nicola, capo provvisorio dello Stato, promulgò la Costituzione italiana, appena approvata qualche giorno prima – il 22 dicembre – dall’Assemblea Costituente. Unico documento controfirmato non solo dal presidente del Consiglio Alcide De Gasperi (a sgravio della responsabilità del capo provvisorio dello Stato), ma anche dal presidente dell’Assemblea costituente Umberto Terracini (a riprova della conformità di quel testo rispetto a quello approvato dall’Assemblea), la firma di Enrico de Nicola è il segno grafico più importante nella storia della Repubblica, non soltanto dal punto di vista simbolico.

Con esso infatti De Nicola attestava agli italiani, in modo ufficiale, l’esistenza del testo della Costituzione; ne dava una sua eccezionale, perché doppia, pubblica contezza – «affinché ogni cittadino possa prenderne cognizione» – tanto tramite la pubblicazione nello stesso giorno in Gazzetta Ufficiale, quanto tramite l’affissione del testo «nella sala comunale di ciascun Comune della Repubblica per rimanervi esposto durante tutto l’anno 1948», come previsto dal c. 2 della XVIII Disp. trans.

Infine, anche per evitare di utilizzare, ex art. 5 del d.l.lgt. n. 98 del 16 marzo 1946, il potere monarchico della sanzione regia – che sarebbe stato un vero e proprio controsenso applicare alla Costituzione repubblicana! -, marcava la discontinuità, sottolineando il termine di entrata in vigore, ossia il «1° gennaio 1948». Oggi allora che quel diritto costituzionale transitorio non soltanto si è fatto passato ma addirittura storia, in quella firma dobbiamo ritrovare un monito chiaro: quello di non perdere l’opportunità di ammodernare la nostra democrazia, dando alla Parte II della Costituzione una meccanica più adeguata ai tempi che stiamo vivendo. Senza travolgerne evidentemente né la sua anima né il suo spirito.

Se ha un senso infatti quel “ritorno alla politica” che con decisione alcuni partiti hanno inteso dare, facendo brutalmente terminare in anticipo il governo Draghi, questo si deve manifestare innanzitutto per affrontare con consapevolezza, dialogo e fiducia reciproca, tanto le note inadeguatezze della Parte II della Costituzione (dal bicameralismo, al rapporto tra lo Stato e le Autonomie, ad un governo debole ed instabile anche rispetto agli altri governi europei, solo per citarne tre) quanto per fronteggiare la questione rappresentativa, la cui naturale
trasformazione non è stata adeguatamente accompagnata proprio da quelle istituzioni di cui era espressione; istituzioni che invece sono state lasciate progressivamente in balìa di un populismo che ha trovato non poca linfa proprio in quelle disfunzioni, che eppure sono ampiamente note e da decenni invero denunciate. Consapevole allora sia dei fallimenti in tema, sia che non basta dire “no” per migliorare il quadro, la politica stavolta non perda l’opportunità: che siamo ancora in tempo infatti per “riscoprire” le istituzioni come bastioni di stabilità. E per dare a quella firma, a settantacinque anni dalla sua apposizione, un rinnovato valore.

Il Sole 24 Ore

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Il Ponte sullo Stretto come il Muos di Niscemi e Sigonella - Infoaut

"In passato avevamo già invitato a guardare ai rischi che il ponte portava con sé anche sotto questo profilo. Ci avevano guardati un po’ perplessi. Il ponte ci metterebbe in pericolo, farebbe da traino ad una ulteriore forte militarizzazione e ad un più asfissiante controllo del territorio proprio perché naturale obbiettivo strategico in caso di conflitto. Eccoci serviti. Lucio Caracciolo ce lo sbatte in faccia senza neanche prepararci con parole di circostanza. E a chi pensa che con il ponte i propri figli non emigrerebbero più potremmo consigliare di arruolarli, che forse lì di lavoro ne troverebbero."

infoaut.org/crisi-climatica/il…



Cos’è la scala di Mohs e come viene usata per valutare le pietre


Elaborata nel 1812 dal mineralogista tedesco Friedrich Mohs, la scala di Mohs è oggi un vero e proprio punto di riferimento quando si tratta di determinare il valore di una pietra preziosa. Non a caso, si sente spesso parlare della scala di Mohs nell’ambito della valutazione diamanti, poiché è anche grazie a questo parametro che […]

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Babbo Mes


In questi giorni si è tenuti a credere a Babbo Natale. Se proprio non ci si riesce, si può ben fingere. Ma se riuscite anche a credere che Giorgia Meloni abbia detto no al Mes, allora siete pronti a credere a tutto. Perché la presidente del Consiglio ha a

In questi giorni si è tenuti a credere a Babbo Natale. Se proprio non ci si riesce, si può ben fingere. Ma se riuscite anche a credere che Giorgia Meloni abbia detto no al Mes, allora siete pronti a credere a tutto. Perché la presidente del Consiglio ha annunciato il contrario: sarà ratificato.

Ha detto che la ratifica è questione di secondaria importanza e, comunque, riguarda il Parlamento. Giusto: non è niente di che, dimostrandosi inutilissima la sceneggiata fin qui allestita, e riguarda il Parlamento (così risponde Meloni a quelli che chiedono: perché non lo ha ratificato Draghi?), dove, però, se non ricordo male, è la destra ad avere la maggioranza. Sarà interessante vedere se oseranno lasciare “libertà di coscienza”, manco fosse l’aborto o l’eutanasia, di sicuro devono garantire l’approvazione. Mentre è singolare che il Partito democratico non sia sulla posizione di Azione, a reclamare la lesta votazione. Perché ci sta che l’opposizione voglia sottolineare la contraddizione, a meno che non voglia gareggiare nel contraddirsi.

Certo, Meloni ha detto che firma con il sangue l’assicurazione che l’Italia non accederà al Meccanismo europeo di stabilità. Posizione netta, ma da illusionista, perché nessuno pensava di accedervi. In ballo c’è la ratifica. E siccome ha anche detto che l’Italia non bloccherà gli altri, posto che o ratificano tutti o la riforma salta, ne discente che l’annuncio di Meloni è: l’Italia ratifica il Mes.

Ma non accontentiamoci, parliamo dell’uso, perché concedere margini di ombra e bugia significa dovere passare ancora anni a far i conti con tesi bislacche. Il Mes esiste già, tanto è vero che è stato utilizzato. Punto rilevante, visto che qualcuno sostiene non sia mai stato utilizzato da nessuno. Esiste da dopo il crollo greco, perché è vero che la Grecia è stata salvata (sal-va-ta) dagli aiuti europei, italiani compresi, ma in quel momento mancava lo strumento necessario. Che è stato approntato dopo. Da quel momento cinque Paesi vi hanno fatto ricorso, ciascuno traendone vantaggi. Di che si tratta?

È un meccanismo che stabilizza Paesi che hanno difficoltà a finanziarsi e si trovano a pagare, per i propri debiti, tassi d’interesse troppo alti, rischiando squilibri permanenti. Il che toglie da mezzo l’altra obiezione strampalata: fa aumentare i tassi d’interesse, no: rimedia alla loro eccessiva crescita. Il fondo può essere utilizzato anche in caso di fallimenti bancari, per garantire risparmiatori che, altrimenti, potrebbero perdere i loro soldi. Speriamo non accada, ma ove accadesse l’imminente ratifica è una buona assicurazione, che integra il fondo di risoluzione. In entrambi i casi si tratta di una assicurazione che consente l’accesso a tassi agevolati. Naturalmente con delle condizioni. Ovviamente e giustamente, visto che si tratta di soldi nostri, di noi cittadini europei. Poi c’è il caso tragedia: la bancarotta. Un Paese, come capitò alla Grecia, che bara sui propri conti e, a un certo punto, non può più rimborsare i creditori. Il Mes assicura una procedura ordinata e il rispetto di un ordine nei rimborsi e nelle perdite. Naturale che nessuno si alzi la mattina dicendo: oggi chiedo il Mes. Sarebbe come alzarsi e dire: oggi mi faccio ricoverare al pronto soccorso. L’importante è andare a dormire sapendo che esistono. Tutto qui. E non è poco.

E allora perché si parlò del Mes a proposito della sanità e della pandemia? Perché non era l’attivazione del Mes, ma l’accesso, sempre a tassi bassi, ai fondi colà immobilizzati, senza le condizionalità della tragedia e per scopi sanitari. Anche su quello montarono una sceneggiata, salvo dire oggi che sarebbe bene discutere sull’uso non solo emergenziale dei fondi Mes. Esatto, bravi, è quel che si realizzò allora.

Morale della favola natalizia: Meloni è incoerente, ma fa bene ad esserlo, è cosa giusta e giova all’Italia. Sarebbe stato meglio dirlo apertamente, senza scomodare il sangue. Sarebbe cresciuta lei e la destra. Sarà per un’altra volta.

La Ragione

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RiFlussi


Nel 2023 potranno entrare in Italia 82mila immigrati regolari, lavoratori provenienti da fuori l’Unione europea. Questo stabilisce il decreto flussi, accompagnando la quantità degli ammessi con un paio di nuove regole. La preoccupazione è che, così come s

Nel 2023 potranno entrare in Italia 82mila immigrati regolari, lavoratori provenienti da fuori l’Unione europea. Questo stabilisce il decreto flussi, accompagnando la quantità degli ammessi con un paio di nuove regole. La preoccupazione è che, così come sono state annunciate, non funzionino e, non funzionando, il ricorso agli irregolari e al lavoro nero resti un pessimo rimedio.

La prima osservazione è relativa al numero, che è, più o meno, quello degli ammessi nel corso dell’anno che si avvia alla conclusione. Da un lato, nei conti economici dei governi (plurale, perché oramai è ripetuto da diversi passaggi), la cifra necessaria a tenere in equilibrio i conti previdenziali è più del doppio: 170mila all’anno. Perché si continua a ripetere un cosa e farne un’altra? Sarebbe comprensibile se non vi fosse offerta di lavoro sufficiente, ma è vero il contrario, ovvero non si trova manodopera a sufficienza. Il che porta al secondo rilievo: abbiamo passato la stagione dei raccolti, per limitarci all’agricoltura, sentendo ripetere dalle imprese del settore che non riuscivano a completarli nei tempi stabiliti, per mancanza di persone disposte a lavorare, quindi, visto che quel numero del decreto flussi comprende gli stagionali, tanto varrebbe programmarlo sulla base non delle richieste (che così non si finirebbe più), ma partendo da quel che è mancato qualche mese prima.

La seconda osservazione è relativa alla novità, che per non sbagliare copiamo dal documento ufficiale: <<si prevede che il datore di lavoro che voglia assumere all’estero un cittadino non comunitario, debba verificare presso il centro per l’impiego competente l’indisponibilità di un lavoratore presente sul territorio nazionale a ricoprire il posto di lavoro per il profilo richiesto>>. Quindi, burocratese a parte, la logica è: l’impresa ha bisogno di personale, ritenendo di assumere stranieri; prima di farlo si rivolge al centro per l’impiego, che accerta domanda e offerta; senza quell’autorizzazione, frutto dell’accertamento, non può procedere. Il fatto che si stiano preparando gli <<appositi moduli>> mette i brividi. Perché i centri per l’impiego non funzionano; nessun imprenditore assume stranieri per capriccio; se ci fossero stati connazionali pronti a fare quel lavoro, posto che gli allarmi si susseguono, si sarebbero manifestati. Messa così, quindi, la trafila finirà con il fare arrivare l’autorizzazione a novembre per la vendemmia di settembre, mentre l’immigrato sarebbe in viaggio a Natale, quando si stappa.

Ma messo così, quel meccanismo, serve non a trovare lavoratori, bensì a cancellare sussidiati con il reddito di cittadinanza. Perché la sola cosa che il centro per l’impiego saprà fare è chiamare i sussidiati, prospettare il lavoro, incassare il rifiuto e avviare la pratica per la cancellazione. Che va anche bene (ma non per l’impresa, che del lavoratore ha bisogno ora), se non fosse che cancellando il vincolo della vicinanza capiterà anche che giunga l’offerta di un lavoro a 900 euro al mese, lontano duemila chilometri da casa. Che non ha senso ed è economicamente insostenibile. Non mi commuove il taglio del reddito di cittadinanza, che non avrei mai adottato, ma l’irragionevolezza della trovata.

Il tutto partendo dal solito presupposto pauperistico, secondo cui importiamo solo lavoro a bassissimo grado di formazione e valore aggiunto, mentre invece avremmo bisogno di cercarne di qualificato e ad alto valore. Se mi serve un ingegnere informatico e l’ho trovato all’estero, devo prima chiedere se uno che progetta ponti è disposto a venire da me? Non è ragionevole. Questo genere di scambio equivalente vale solo per manodopera bracciantile. Il che già esclude gli italiani siano interessati (inutile fingere il contrario) e dimostra un’idea dell’Italia che è all’opposto di quella che fa numeri notevoli nelle esportazioni e nella tecnologia. Certo che serve ogni tipo di lavoro, ma per sfoltire l’assistenzialismo parassitario ci sono altri sistemi, senza intralciare chi deve produrre.

La Ragione

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Questi ultimi 7 giorni, davvero poco è stato detto o fatto qui sul sitoctt. Ho creato questa sezione per usarla come diario generico, ma solo ora sto ...



#uncaffèconluigieinaudi☕ – Qualunque sia la struttura formale dello Stato…


Qualunque sia la struttura formale dello Stato, il potere spetta sempre ad una piccola minoranza da Maior et sanior pars, in “Idea”, gennaio 1945 L'articolo #uncaffèconluigieinaudi☕ – Qualunque sia la struttura formale dello Stato… proviene da Fondazio
Qualunque sia la struttura formale dello Stato, il potere spetta sempre ad una piccola minoranza

da Maior et sanior pars, in “Idea”, gennaio 1945

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Matteo Renzi, oltre l’arroganza (non) c’è di più…


Mi voglio prendere una libertà alla fine di queste ‘feste’ di una tristezza ineguagliata e ineguagliabile. Credo che sia indubbio, così. Altro che riunioni di famiglia, allegria, figli, nipoti. Puah! Al di là della scarsa verosimiglianza affettiva di molte di queste riunioni, il clima cupo di guerra e la paura inespressa di malattia, ci pervade. […]

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Ormai, si sa, più passa il tempo e più finisco con l'esplorare dettagli sempre più minuti del Fediverso. Oggi racconto un po' di una piattaforma di qu...


PODCAST. Netanyahu ha il suo governo. Domina la destra estrema, pugno di ferro con i palestinesi


Il premier israeliano è sotto processo per corruzione e dipende dall’appoggio dei leader di Otzmah Yehudit e Sionismo religioso, Itamar Ben Gvir e Bezalel Smotrich, che hanno preteso e ottenuto ministeri importanti e poteri straordinari. L'articolo PODCA

di Eliana Riva

(Benyamin Netanyahu in una foto di Hudson Institute)

Pagine Esteri, 23 dicembre 2022 – Benyamin Netanyahu sebbene sia alla testa di un’alleanza che ha conquistato 64 dei 120 seggi della Knesset è stato in grado di sciogliere la riserva solo pochi minuti prima della scadenza dell’incarico ricevuto dal capo dello stato Herzog. Peraltro non ha ancora comunicato la lista dei ministri. Un segno evidente di debolezza politica per un personaggio descritto in passato come il “re” della politica. Il premier infatti è sotto processo per corruzione e dipende dall’appoggio dei leader di Otzmah Yehudit e Sionismo religioso, Itamar Ben Gvir e Bezalel Smotrich, che al voto del primo novembre hanno ottenuto un successo senza precedenti e per questo hanno preteso e ottenuto ministeri importanti e poteri straordinari. La nuova maggioranza sarà composta dal Likud di Netanyahu, il partito Sionismo religioso (destra estrema), la formazione Otzmah Yehudit (erede del movimento razzista Kach), i due partiti ultraortodossi Shas e Ebraismo unito nella Torah e il piccolo ma agguerrito partito omofobo Noam. Gli analisti prevedono che farà uso del pugno di ferro con i palestinesi. Abbiamo intervistato a Gerusalemme Michele Giorgio, corrispondente del quotidiano Il Manifesto e direttore di Pagine Esteri.
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AFGHANISTAN. Ora i Talebani vietano alle donne anche di lavorare nelle ONG


Il divieto arriva pochi giorni dopo il bando delle studentesse dalle università. Le conseguenze umanitarie saranno drammatiche. Già quattro ONG, tra le quali Save The Children, costrette ad abbandonare il Paese. L'articolo AFGHANISTAN. Ora i Talebani vie

di Valeria Cagnazzo

Pagine Esteri, 26 dicembre 2022 – Erano già state escluse dalle scuole e dalle università. Con un nuovo decreto i talebani hanno vietato adesso alle donne afghane anche di lavorare nelle Organizzazioni Non Governative (ONG). In una lettera diramata il 24 dicembre scorso il Ministero dell’Economia ha, infatti, disposto il bando delle donne locali dal lavoro nelle ONG, sia nazionali che internazionali. La minaccia alle organizzazioni umanitarie che dovessero trasgredire è la perdita della licenza per continuare a lavorare nel Paese.

Secondo il governo talebano, negli ospedali e nelle altre strutture dove si svolge il lavoro delle organizzazioni umanitarie le lavoratrici afghane non avrebbero indossato adeguatamente l’hijab. Poiché con il loro abbigliamento e il loro comportamento non rispettavano la Sharia, dovranno pertanto abbandonare i loro posti di lavoro.

Una perdita immane, una ferita drammatica non solo per le centinaia di donne finora impegnate nelle ONG operanti in Afghanistan e per le loro famiglie, ma per tutto il Paese. L’ennesimo atto dei talebani per silenziare e annientare metà della popolazione afghana, che potrebbe essere quello definitivo, quello decisivo a far calare il buio sull’Afghanistan.

Quasi la totalità della popolazione afghana dipende oggi dall’aiuto delle organizzazioni umanitarie. Dopo vent’anni di occupazione occidentale e poi l’ascesa del regime talebano, le sanzioni internazionali e il congelamento dei fondi del Paese, per milioni di afghani l’unica possibilità di accesso a beni di primaria sopravvivenza nel dilagare della malnutrizione e di ricevere cure mediche deriva proprio dal lavoro delle ONG. Il nuovo decreto del governo de facto potrebbe renderlo adesso impossibile.

1/4 Our teams started working in #Afghanistan more than forty years ago and have provided medical assistance to millions of people since then. Women are the ones who’ve made it possible. Without them, there can be no healthcare. pic.twitter.com/ykdCX25VUv

— MSF Afghanistan (@MSF_Afghanistan) December 25, 2022

L’ONG premio Nobel per la Pace Medici Senza Frontiere, impegnata da oltre quarant’anni nel Paese, è stata tra le prime a commentare la decisione. “In un Paese che dipende largamente dal supporto umanitario e che si confronta con una povertà dilagante alimentata dalla disoccupazione alle stelle, le donne giocano un ruolo fondamentale nel fornire aiuto medico e nessuna organizzazione potrà assistere la comunità locale senza di loro”, scrive l’ONG su Twitter. E ancora sottolinea “Senza di loro, non ci può essere assistenza medica. Escludere le donne dalla vita pubblica, mette a rischio tutti”.

Il lavoro delle donne afghane nelle ONG è stato, infatti, fondamentale in questi anni, soprattutto nell’assistenza a donne e bambini nei reparti ospedalieri a loro dedicati, in un Paese in cui le pazienti possono essere assistite solo da personale femminile e in cui oltre la metà della popolazione è costituita da minori. Escludere le donne dal lavoro umanitario avrà l’effetto di escludere le organizzazioni umanitarie dall’Afghanistan.

Una conseguenza che inizia già a verificarsi. Con un comunicato congiunto, Save the Children, il Norvegian Refugee Council e CARE hanno annunciato la sospensione delle loro attività in Afghanistan. “ Non possiamo raggiungere efficacemente bambini, donne e uomini in situazioni di disperato bisogno in Afghanistan senza il nostro staff femminile. Mentre cerchiamo di ottenere chiarezza su questo annuncio, sospenderemo i nostri programmi, pretendendo che uomini e donne possano ugualmente continuare a lavorare per la nostra assistenza salvavita in Afghanistan”.

“Devastated that the authorities in #Afghanistan have decided to suspend women’s right to work in NGOs. I have seen firsthand how essential our female staff are to our humanitarian response.” Inger Ashing @SaveCEO_Intl @save_children @Save_globalnews t.co/O44eDXEUzN

— Save the Children Global Media (@Save_GlobalNews) December 24, 2022

Con un altro comunicato, anche l’International Rescue Committee (IRC) ha dichiarato sospese le sue attività nel Paese, sottolineando come oltre 3.000 dei suoi 8.000 impiegati in Afghanistan siano donne.

Sono ore tragiche e delicate. Decine di ONG e i rappresentanti delle Nazioni Unite, riuniti nell’Humanitarian Country Team, si sono incontrati a Kabul per decidere se sospendere immediatamente tutti i progetti delle ONG attualmente attivi in Afghanistan. Come un taglio alla corrente, un black out istantaneo su tutto il Paese. Ospedali chiusi, missioni sospese, operatori umanitari e aiuti internazionali rispediti indietro da dov’erano venuti, per lasciare la popolazione afghana abbandonata a se stessa: lo scenario peggiore per un Paese sprofondato nel fondo della sua catastrofe, ma per il quale al momento non sembrerebbero esserci alternative.

Il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, si è detto profondamente turbato dalla notizia. “Le Nazioni Unite e i loro partner, che includono ONG nazionali e internazionali, aiutano oltre 28 milioni di afghani che dipendono dall’aiuto umanitario per sopravvivere”, si legge in un comunicato del 24 dicembre. “Il divieto alle donne di lavorare con la comunità internazionale per salvare vite e fornire mezzi di sussistenza in Afghanistan causerà ulteriori indicibili difficoltà al popolo afghano”.

Preoccupazione per il bando è stata espressa anche dalla Farnesina, che sottolinea il ruolo fondamentale delle donne nei lavori di assistenza.

Forte preoccupazione dell’Italia per la decisione delle Autorità di fatto di impedire alle donne operatrici umanitarie di lavorare in Afghanistan. Decisione inaccettabile e contraria a principi diritto umanitario. Il ruolo delle donne nelle attività di assistenza è insostituibile pic.twitter.com/wgmyIIPX0Q

— Farnesina 🇮🇹 (@ItalyMFA) December 25, 2022

Non è certo per la presunta vocazione delle donne per i lavori di cura e assistenza, retaggio di altri maschilismi nostrani, che l’attuale norma potrebbe rappresentare la catastrofe definitiva per l’Afghanistan. Colpendo di nuovo le donne, questa volta sembra che i talebani stiano riuscendo a liberarsi definitivamente anche degli occhi e delle ingerenze occidentali rappresentate dalle ONG nel territorio. Un proverbio afghano recita “Chi ti nutre, ti comanda”, ed è inevitabile immaginare chi fossero i primi destinatari di questo divieto. Con il bando delle donne, i talebani potrebbero apporre i sigilli definitivi al Paese. Le donne rinchiuse nelle case e le ONG fuori dai confini dell’Afghanistan. Il buio totale, il silenzio assoluto per i diritti umani.

Il Presidente della Missione delle Nazioni Unite in Afghanistan, Ramiz Alakbarov, intanto, ha incontrato nella mattinata di oggi 26 dicembre il Ministro dell’Economia del governo talebano Mohammad Hanif, per chiedere la revoca del divieto. E’ questa adesso la speranza, le ONG aspettano con il fiato sospeso.

Acting UNAMA head @RamizAlakbarov met Taliban Economy Minister Mohammad Hanif today in Kabul, calling for reversal of decision to ban women from NGO & INGO humanitarian work. Millions of Afghans need humanitarian assistance and removing barriers is vital.

— UNAMA News (@UNAMAnews) December 26, 2022

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"L’informazione è potere. Ma come con ogni tipo di potere, ci sono quelli che se ne vogliono impadronire. L’intero patrimonio scientifico e culturale, pubblicato nel corso dei secoli in libri e riviste, è sempre più digitalizzato e tenuto sotto chiave da una manciata di società private. Vuoi leggere le riviste con i più famosi risultati scientifici? Dovrai pagare enormi somme a editori come Reed Elsevier."

devol.it/it/guerrilla-open-acc…



#uncaffèconluigieinaudi☕ – Lo Stato rispetta tutte le idee…


Lo Stato rispetta tutte le idee, anche quelle più ripugnanti all’uomo libero; ma non tollera che la propaganda delle idee antiliberali assuma forme nocive all’ordine pubblico ed alla sicurezza della nazione da Maior et sanior pars, in “Idea”, gennaio 1945
Lo Stato rispetta tutte le idee, anche quelle più ripugnanti all’uomo libero; ma non tollera che la propaganda delle idee antiliberali assuma forme nocive all’ordine pubblico ed alla sicurezza della nazione


da Maior et sanior pars, in “Idea”, gennaio 1945

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fondazioneluigieinaudi.it/unca…



Ucraina: ‘Nessuno può rubarci il Natale’


L’Ucraina è uno dei cinque Paesi al mondo che celebra ufficialmente due Natali: il 25 dicembre e il 7 gennaio, in linea con i calendari gregoriano e giuliano. Sebbene il Paese sia solitamente molto festoso in questo periodo dell’anno, questo Natale sarà particolarmente toccante per gli ucraini, che si trovino nelle trincee, lontano dalle loro […]

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Buon Natale a tutti!


Gianpiero Rosati rilegge l’opera del poeta augusteo come un moderno «discorso del desiderio» che conferma le più accreditate tesi novecentesche: Ovidio e il teatro del piacere, Carocci
@Filologia - Gruppo Forum
ilmanifesto.it/ovidio-come-gir…

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✨ Il Ministero dell’Istruzione e del Merito augura a tutte e a tutti buone feste!

Qui il messaggio del Ministro Giuseppe Valditara ▶ miur.gov.it/web/guest/-/messag…



De-dollarizzazione: sempre più nazioni cercano alternative alla valuta americana - L'Indipendente

"Come scrive Bloomberg, dunque, «il Re Dollaro potrà ancora regnare per i decenni a venire, ma lo slancio crescente per le transazioni in valute alternative non mostra segni di rallentamento […]. E la volontà del governo statunitense di usare la sua valuta nelle battaglie geopolitiche ironicamente può indebolire la sua capacità di perseguire tali metodi in modo altrettanto efficace in futuro»."

lindipendente.online/2022/12/2…



Ucraina: Patriot dagli USA? Decisivi no, utili forse


Tre giorni fa, il Presidente dell’ Ucraina, Volodimyr Zelensky, si è recato in visita negli Stati Uniti dove è stato ricevuto alla Casa Bianca e al Congresso. Un evento ‘storico’ se è vero che era il primo viaggio del leader ucraino dallo scoppio del conflitto e, non a caso, ha avuto come destinazione Washington, ovvero […]

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Ho letto una caratteristica di #GrapheneOS che trovo meravigliosa: quella di poter impostare dei profili utente isolati.
Per me sarebbe la soluzione perfetta per avere un solo device e separare le app che sono costretto a tenere per lavoro (WA, voip aziendale, Teams) in un profilo, mantenendo l'altro pulito e senza servizi Google.

Purtroppo questo significa dover acquistare un Pixel dal 6 in su, i cui prezzi del ricondizionato sono tristemente vicini al nuovo.

Mi chiedevo: si tratta di una caratteristica esclusiva o ci sono altri OS #android che permettono di ottenere uno scenario simile?

in reply to J. Alfred Prufrock

Non volevo fare una domanda oziosa, ho provato a documentarmi prima di lasciare qui una domanda, ma senza riuscire a venirne a capo.
Leggo che #lineageos implementa SELinux, ma serve a imporre delle policies su cosa possa fare o non fare un processo. Molto importante, ma mi sembra un concetto diverso; immagino che sia così anche per /e/, che lo deriva
Unknown parent

friendica (DFRN) - Collegamento all'originale
J. Alfred Prufrock

@matchboxbananasynergy really useful insights and advice, thank you!

I am very much oriented towards GrapheneOS, it seems to me that it is a well-designed system, and that it offers concrete and efficient solutions to have (a little) more control over one's device.

So I'm starting to keep an eye on the ads for a Pixel 😁



Twitter Files, depistaggi politici e psy-ops


Continua il viaggio nei Twitter Files diffusi da Elon Musk. Il ruolo dell'FBI nella censura e depistaggio della storia di Hunter Biden e le psy-ops del Pentagono.

In queste settimane numerosi giornalisti sono alle prese con documenti e comunicazioni riservate di Twitter diffusi da Elon Musk. Li chiamano “Twitter Files”.

I primi cinque Twitter Files hanno rivelato i meccanismi interni alla moderazione di Twitter, tra manager politicizzati con deliri di onnipotenza e interferenze da parte dell’intelligence. Oggi scaveremo ancora un po’ nella tana del bianconiglio, per portare allo scoperto le attività di censura, manipolazione e propaganda politica da parte dell’FBI e del Pentagono — con la collaborazione di Twitter.

Se non sai di cosa sto parlando ti consiglio di leggere prima qui:

Immagine/fotoPrivacy Chronicles

Twitter Files, una sintesi

Nelle scorse settimane Elon Musk ha distribuito ad alcuni giornalisti migliaia di documenti e comunicazioni riservate di Twitter. L’analisi di questi documenti ha dato vita a un piccolo cataclisma. Le prime notizie che arrivano dai “Twitter Files” raccontano di…
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7 days ago · 12 likes · 2 comments · Matte Galt

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Ancora sul laptop di Hunter Biden


Nel primo articolo dedicato ai Twitter Files abbiamo visto come nel 2020 Twitter abbia censurato a tutto spiano ogni notizia relativa al contenuto del laptop abbandonato di Hunter Biden (figlio di Joe Biden) e di come abbiano anche shadowbannato e sospeso diverse persone che osavano parlarne sul social network.

Ciò che non traspariva pienamente era il ruolo attivo dell’intelligence — in particolare dell’FBI — in tutta questa vicenda.

La storia per l’FBI, come racconta Michael Shellenberger, inizia a dicembre 2019 — quando il proprietario di un negozio di riparazione di computer del Delaware (J.P. Mac Isaac) comunicò all’agenzia federale di avere ricevuto un laptop di proprietà di Hunter Biden. Nel laptop, a suo dire, c’erano delle informazioni che potevano dimostrare l’esistenza di alcuni reati commessi da Hunter Biden. Passarono alcuni giorni e Mac Isaac venne chiamato a comparire per consegnare il laptop nelle mani dell’FBI.

Passarono i mesi e non accadde nulla. Così Mac Isaac decise ad agosto 2020 di inviare una email a Rudy Giuliani (politico repubblicano ed ex sindaco di New York) per spiegare tutta la faccenda e informarlo dei suoi sospetti sul contenuto del laptop.

Tenete presente che a novembre 2020 si sarebbero tenute le elezioni presidenziali. Una storia che raccontava di possibili reati legati a Biden sarebbe stata una pistola fumante per i repubblicani contro la campagna elettorale di Biden. Fu probabilmente per questo che Rudy Giuliani decise di spifferare tutto al New York Post.

Il 14 ottobre 2020 il New York Post pubblicò la storia. Come sappiamo, nel giro di poche ore, Twitter avviò una penetrante opera di censura, giustificata con la scusa della diffusione di possibile materiale “hackerato”.

Ma perché mai Twitter avrebbe dovuto pensare che le notizie sul laptop di Hunter Biden fossero collegate ad operazioni di hacking? Non c’era nulla che lo lasciasse presumere. E come facevano ad essere così preparati a censurare una storia che apparentemente non aveva violato alcuna policy?

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Twitter, succursale dell’FBI


Una spiegazione plausibile è che i team di moderazione di Twitter fossero stati preparati e indotti ad agire in quel modo. Ma da chi? Beh, dall’FBI.

I Twitter Files mostrano infatti che già dai primi mesi del 2020, dopo aver preso possesso del laptop, l’FBI avviò una serie di incontri con Twitter per discutere del rischio di possibili campagne di “hack and dump” che avrebbero potuto essere realizzate dai russi a ridosso delle elezioni.

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In realtà, come racconta Michael Shellenberger e come affermato anche da Twitter in vari comunicati, nel 2020 ci furono ben poche attività legate ad “interferenze russe”.

Nonostante tutto, l’FBI continuò per tutto l’anno un’opera di persuasione sui rischi di un possibile “hack and dump”. Fu ad agosto 2020 che l’FBI contattò nuovamente Twitter, attraverso Yoel Roth, condividendo alcuni documenti riservati che indicavano il rischio di possibili future attività di “hack and dump” del collettivo hacker russo APT28. Il mese successivo, lo stesso Yoel Roth partecipò a un’esercitazione organizzata dall’Aspen Institute su un possibile scenario di “hack and dump” riguardante proprio Hunter Biden e Joe Biden.

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Sempre in quel periodo, a settembre 2020 — un mese prima dello scoop del New York Post — Yoel Roth e Elvis Chan (agente FBI) crearono un network cifrato per le comunicazioni tra Twitter e l’FBI e una virtual war room” — come se fossero in preparazione per una vera emergenza.

E in effetti erano ben preparati. In poche ore Twitter fu in grado di censurare sistematicamente ogni notizia riguardante il contenuto del laptop di Hunter Biden. Eppure… di hacker russi non c’era traccia, così come non c’era traccia di violazioni.

Lo disse chiaramente Roth in una comunicazione interna: “it isn’t clearly violative of our Hacked Materials Policy, nor is it clearly in violation of anything else, but this feels a lot like a somewhat subtle leak operation” e le confermano anche le seguenti comunicazioni interne:

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Nonostante questo, le pressioni e le influenze dell’FBI avevano colpito nel segno e raggiunto il loro obiettivo. Forse, anche grazie ai numerosi ex-agenti e consulenti dell’intelligence che in quel periodo lavoravano dentro Twitter. Come ad esempio Dawn Burton, ex capo dello staff del Direttore dell’FBI James Comey (2013-2017) e assunto da Twitter nel 2019 come “Director of Strategy”.

O forse, grazie ai $3.4 milioni di dollari che l’FBI ha pagato a Twitter per i suoi servizi da fine 2019 a inizio 2021.

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Il depistaggio politico dell’FBI


A questo punto vale la pena ripercorrere brevemente i fatti, per capire meglio la gravità di questi eventi:

  • L’FBI prese possesso del laptop di Hunter Biden già nel 2019 — un anno prima che uscisse la storia sul NY Post
  • L’FBI conosceva i contenuti del laptop e sapeva che Rudy Giuliani aveva passato le informazioni al NY Post, poiché era sotto sorveglianza
  • L’FBI sapeva che il contenuto del laptop era reale e che non aveva nulla a che fare con propaganda e o hacker russi, ma nonostante questo spinsero Twitter a censurare i contenuti sotto il falso pretesto dell’influenza russa nelle elezioni
  • L’FBI pagò Twitter più di 3 milioni di dollari da fine 2019 a inizio 2021
  • Nel 2020 Hunter Biden era oggetto di indagini da parte dei senatori repubblicani Grassley e Johnson

Insomma, è molto probabile che, come affermato anche da Michael Shellenberger, l’attività dell’FBI fosse un vero e proprio depistaggio politico — una campagna di disinformazione per screditare politicamente i contenuti del laptop di Hunter Biden, che sarebbero usciti, e che avevano il potere di affossare Joe Biden durante le elezioni.

A tutti gli effetti, l’FBI potrebbe aver agito come strumento di censura e disinformazione politica con l’aiuto (a caro prezzo) di Twitter — proprio quelle cose da cui i legislatori di tutto il mondo cercano di proteggerci, togliendoci libertà di parola.

Michael Shellenberger scriveva due giorni fa: “At this point, members of Congress should be extremely concerned that FBI is engaged in a cover-up. There needs to be an aggressive investigation of the apparent politicization of the FBI by Congress, and perhaps even a Special Counsel in the DoJ to investigate what happened”.

L’FBI non ha mancato di rispondere alle accuse, con un eccellente esempio di gaslighting:

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Cari lettori, siamo certamente un branco di complottisti senza cervello.

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Twitter, arma per le psy-ops militari


Se la censura e disinformazione politica dell’FBI non vi basta, continuiamo con il Twitter Files numero 8, di Lee Fang (20 dicembre).

Il thread di Lee approfondisce il ruolo e l’acquiescienza di Twitter nelle “psy-op” (operazioni per influenzare psicologicamente l’opinione delle masse) portate avanti dal Pentagono. Per anni Twitter ha dichiarato di combattere le campagne di propaganda di stato sulla piattaforma, salvo scoprire che erano loro stessi a supportarle.

Le prime avvisaglie di questa particolare partnership arrivano nel 2017, quando il CENTCOM (Comando combattente unificato delle forze armate degli Stati Uniti) inviò a Twitter una lista di 52 account di lingua araba che sarebbero stati usati per “amplificare certi messaggi”.

Gli ufficiali chiesero a Twitter di verificare gli account fake (spunta blu) e di “whitelistarli”.

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Il “whitelisting”, da quello che ho capito, è sostanzialmente uno shadowban al contrario: gli account whitelisted sono immuni da attività di moderazione (immagino anche automatizzata) e hanno più visibilità degli accout normali. Gli account whitelisted furono usati, pare, per generare news e meme capaci di influenzare l’opinione pubblica in Yemen, Syria, Iraq, Kuwait e molti altri paesi.

Molti di questi account furono usati per promuovere la guerra in Yemen — una guerra che ha portato alla morte di migliaia di civili e distrutto la vita a milioni di persone.

Ad esempio, uno di questi era l’account @yemencurrent, che veniva usato per diffondere notizie sugli attacchi droni da parte degli Stati Uniti, enfatizzando la precisione degli attacchi aerei, capaci di risparmiare i civili e ammazzare soltanto “terroristi” con grande accuratezza.

Diverse comunicazioni interne mostrano che i manager di alto livello di Twitter sapevano dell’esistenza di questo vasto network di account fake usati per operazioni di manipolazione e propaganda dal Department of Defense, ma scelsero di chiudere un occhio — evitando così di sospenderli. Alcuni di questi account erano ancora attivi fino a pochi mesi fa.

Noi e loro


Mentre i nostri governi ci avvertivano dei pericoli della propaganda russa e cinese; mentre censuravano fonti d’informazione con la scusa della guerra e del covid; mentre promuovevano leggi liberticide contro la “disinformazione” come il Digital Services Act… mentre facevano tutto questo per noi — loro facevano l’esatto opposto: disinformazione, censura politica e propaganda per manipolare l’opinione pubblica.

La speranza è che i Twitter Files possano essere uno spunto per riflettere sugli enormi pericoli che arrivano proprio dalla manipolazione psicologica violenta e subdola dei nostri governi, sempre più “grandi” e sempre più lontani dallo scrutinio dei cittadini. Com’è possibile che un’agenzia come l’FBI possa essere usata così spudoratamente per fini politici? In quali altre occasioni è accaduta la stessa cosa?

Ancora una volta i fatti dimostrano che la “lotta alla disinformazione” non è altro che una lotta per il controllo dell’informazione e per la manipolazione delle masse. D’altronde, è così che i governi di tutto il mondo riescono a sopravvivere.

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