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Ecco come gli impegni commerciali hanno circoscritto le regole dell'UE per accedere ai codici sorgente dell'IA

@Etica Digitale (Feddit)

La capacità delle autorità pubbliche e dei revisori esterni di accedere al codice sorgente dell'intelligenza artificiale in un prossimo regolamento dell'UE è stata limitata sulla base di un accordo commerciale digitale, secondo documenti interni della Commissione europea.

I documenti interni sono stati ottenuti tramite una richiesta FOIA da parte di Kristina Irion, professore di diritto all'Università di Amsterdam, che mostra diverse richieste del dipartimento commerciale della Commissione al dipartimento di politica digitale sul progetto di legge sull'IA.

L'AI Act è una proposta legislativa fondamentale per regolamentare l'intelligenza artificiale in base al suo potenziale di causare danni. Le richieste riguardano la restrizione delle disposizioni del regolamento relative alla divulgazione del codice sorgente, allineandole agli impegni commerciali dell'UE.

Per Irion, i documenti indicano una preoccupante inversione di quello che dovrebbe essere l'approccio giusto perché "l'UE dovrebbe utilizzare la politica commerciale per promuovere la sua agenda legislativa, non lasciare che i precedenti impegni commerciali influenzino il suo processo decisionale digitale".

Qui l'articolo completo di di @Luca Bertuzzi per EURACTIV

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AMNESTY: Con il riconoscimento facciale Israele segrega e controlla i palestinesi


Red Wolf, è un sistema che l'esercito israeliano utilizza per monitorare i movimenti palestinesi nei territori occupati. L'articolo AMNESTY: Con il riconoscimento facciale Israele segrega e controlla i palestinesi proviene da Pagine Esteri. https://pagi

della redazione

Pagine Esteri, 3 maggio 2023 – Stai tornando a casa a piedi, ma devi attraversare un posto di blocco per arrivarci. Ti guardi intorno e vedi telecamere con tecnologia di riconoscimento facciale non regolamentata che ti scansionano per determinare se puoi passare.

Questa è distopia? No. È Red Wolf, un sistema che l’IDF utilizza per monitorare i movimenti palestinesi nei territori occupati.

A Red Wolf è dedicato l’ultimo rapporto di Amnesty International, basato anche su testimonianze di soldati israeliani, che descrive in dettaglio un sistema di sorveglianza invadente che Israele utilizza per controllare i movimenti dei palestinesi.

Le foto ai palestinesi vengono scattate contro la loro volontà e inserite all’interno di un sistema che non si preoccupa dei loro diritti. I palestinesi sono costretti a cedere le loro informazioni biometriche personali, molto spesso a loro insaputa e mai con il loro consenso.

Un ex soldato ha spiegato come funziona Red Wolf: “Se qualcuno è passato spesso di lì, il computer lo riconosce. Perché scatta foto a tutti quelli che passano di lì. E tu, come soldato, non devi far altro che attendere che il sistema impari ad associare la carta d’identità (del palestinese) al volto nella foto scattata in precedenza.

Red Wolf fa parte di un più ampio sistema di sorveglianza che include “Blue Wolf”, una app che i soldati israeliani usano per scansionare i volti dei palestinesi, esposta per la prima volta in un articolo del Washington Post nel 2021 sulla base delle testimonianze raccolte dalla ong Breaking the Silence. Pagine Esteri

L'articolo AMNESTY: Con il riconoscimento facciale Israele segrega e controlla i palestinesi proviene da Pagine Esteri.

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📲 Generazioni Connesse fa tappa a Procida per un nuovo appuntamento del Safer Internet Centre, il progetto dedicato ai rischi e alle potenzialità della rete, in partenariato con le principali realtà italiane che si occupano di sicurezza in Rete: Auto…

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Accatastare


Nel decreto festivo è previsto uno sgravio fiscale (il cuneo) fatto in deficit. Sgravare a debito è come la droga: dà assuefazione, tolleranza ed è mortale. Non è di destra o di sinistra, è condiviso spendarolismo. La materia fiscale ha molte tecnicalità,

Nel decreto festivo è previsto uno sgravio fiscale (il cuneo) fatto in deficit. Sgravare a debito è come la droga: dà assuefazione, tolleranza ed è mortale. Non è di destra o di sinistra, è condiviso spendarolismo.

La materia fiscale ha molte tecnicalità, ma è un errore credere che sia pane per i soli denti dei commercialisti. Una delle conseguenze di un sistema infernalmente complicato è far perdere di vista il suo significato. Stabilire a chi, per cosa e quanto togliere, per poi decidere a chi, per cosa e quanto dare, è materia eminentemente politica e risponde all’idea che ciascuno ha di equità. Proporre meno tasse senza aggiungere quali spese tagliare è un raggiro. Abitudine diffusissima.

Maggiori sono le spese, maggiore è il debito che si accumula e maggiore sarà il prelievo fiscale. Pochi italiani (non a torto) hanno creduto alla spending review, ma senza quella la diminuzione della pressione fiscale è una bubbola. Con l’aggravante che il prelievo percentuale sul Pil è molto alto, ma altissimo per chi paga veramente. Si usino le banche dati, incrociandole e favorendo i pagamenti elettronici. Ostacolarli fu uno dei primi errori di questo governo. Non servono anatemi contro il contante, basta agevolare. Nell’incrocio dei dati deve essere assicurata la riservatezza delle faccende private. I soldi miei li spendo dove mi pare. Ma se la presunta privacy impedisce l’incrocio, quello non è un favore a chi vuole farsi gli affari propri ma a chi vuole che i propri li paghino gli altri, agli evasori.

Tassiamo troppo i redditi da lavoro. Per incentivare assunzioni e regolarizzazioni introduciamo sgravi che poi divengono a loro volta distorsivi, modellando il mercato a una convenienza che non è quella produttiva. Per questo il sistema fiscale non si riforma a spizzichi e bocconi, ma in modo coerente e complessivo. Tassiamo poco il patrimonio. Se lecitamente accumulato è frutto di guadagni sui quali sono già state pagate le tasse, ma si giova anche della spesa pubblica: una casa senza fogne perde valore. Basta dire “patrimonio” che già parte l’urlo «Patrimoniale!», ma sbaglia sia chi la demonizza sia chi la adora. La casa del nonno era una e si stava in sette fratelli; quelle del padre erano due e in famiglia quattro in tutto; il figlio ne ha ereditate tre e messo al mondo un solo nipote; il quale vive altrove, in affitto, ma è una piccola potenza immobiliare. In questo modo il patrimonio immobiliare si depaupera e a tutelarlo non serve dire che puoi avere il riscaldamento a carbone. Per valorizzare il patrimonio si deve conoscerlo: serve la revisione del catasto.

Nel 2013 il governo Monti la propose al Parlamento. Fu poi approvata nella legislatura successiva, ma il governo (Renzi) lasciò cadere la delega. Altri dieci anni buttati. Per favorire non i proprietari di casa, in un Paese in cui lo siamo quasi tutti, ma quelli che la casa manco l’hanno accatastata, gli evasori totali e i facoltosi che hanno trasformato in regge (bravi) i palazzetti dei centri storici. S’è fregato il ceto medio che ha comprato casa nuova fuori dal centro, visto che sembrano più ricchi di quelli con l’altana sulla piazza centrale. Lo stesso ceto medio che genera la gran parte del gettito da tassazione sui redditi.

Ci vuole scienza, per occuparsi di fisco, ma serve anche coscienza. A pagare non è il lavoro ma i lavoratori, non è il patrimonio ma i cittadini con un patrimonio. Perlopiù le stesse persone. A quelli che pagano la politica multicolore propone di continuo esenzioni e detrazioni per ingraziarseli – in questo modo accatastando un sistema pazzotico in cui si può essere guidati solo da un buon commercialista – oppure sgravi in deficit, vale a dire tasse future. A quelli che non pagano si offrono due diversi prodotti: da destra, la difesa dalla “persecuzione”; da sinistra, il conforto che i “veri evasori” sono gli altri. E la giostra riparte, con la giugulare della spesa corrente improduttiva aperta e la rivolta fiscale sopita dalle scappatoie.

La Ragione

L'articolo Accatastare proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



Messaggio ucraino o false flag? Il punto di Alegi sull’attacco al Cremlino


È ancora troppo presto per una ricostruzione tecnica di quanto avvenuto a Mosca. Le poche immagini e notizie disponibili non consentono di valutare tecnicamente i parametri di fattibilità di un attacco ucraino al Cremlino condotto attraverso l’uso di dron

È ancora troppo presto per una ricostruzione tecnica di quanto avvenuto a Mosca. Le poche immagini e notizie disponibili non consentono di valutare tecnicamente i parametri di fattibilità di un attacco ucraino al Cremlino condotto attraverso l’uso di droni. Questo non vuol dire però che non si possa fare una valutazione politica di quanto accaduto.

Al primo punto c’è che un attacco al Cremlino era un timore diffuso. Non a caso, già diversi mesi fa erano circolate le immagini di sistemi missilistici difensivi sui tetti del palazzo presidenziale. Più di recente, era stato dichiarato da Mosca il rinvenimento di un drone ucraino UJ-22, con testata da 17 kg, ottocento chilometri all’interno della Russia. Questo indica che entrambe le parti ritenevano possibile un attacco.

Sventato un attacco con due droni sul Cremlino. Mosca: "E' stato un attentato terroristico ucraino alla vita di Putin". Il presidente: "Risponderemo". Ma Kiev ribatte: "Non abbiamo nulla a che fare con l'attacco"t.co/NloGjfPhJz

— Agenzia ANSA (@Agenzia_Ansa) May 3, 2023

Il secondo punto riguarda lo scopo dell’attacco. Colpire Mosca con due droni, con un limitato carico bellico, indica che si cercasse più di colpire il morale russo che non la distruzione di obbiettivi (o l’uccisione di soggetti specifici).

In questo senso, ci troveremmo in una versione tecnologica del volo su Vienna di D’Annunzio del 1918, volta a sottolineare la vulnerabilità dell’avversario e a esercitare pressioni sull’opinione pubblica per indurla a sua volta a premere sulla leadership politica. Il messaggio ucraino sarebbe duplice. Uno, far sentire il peso della guerra alla popolazione di Mosca, finora largamente risparmiata persino dalla mobilitazione. L’altro messaggio sarebbe insinuare il dubbio che Putin non sia in grado non solo di sconfiggere gli ucraini, ma neanche di proteggere i russi.

In questo senso non è necessario che il messaggio raggiunga l’intera popolazione. Basta, infatti, che venga percepito dalle élite o da personaggi più influenti del mondo russo. In questo caso l’ipotesi sarebbe quella di cercare di indurre un “25 luglio”, in cui la classe politica ritira la delega data all’autocrate per manifesto fallimento degli obiettivi prefissi.
I droni, insomma, farebbero da megafono all’invito di Prigožin di qualche giorno fa di dichiarare raggiunti gli obiettivi della “operazione militare speciale”, chiudere l’avventura ucraina e trattare per consolidare quanto ottenuto.

Ammesso e non concesso che questo sia lo scenario, bisogna poi chiedersi se davvero il messaggio arrivi a destinazione e se le élite russe siano convinte di avere ormai più da perdere che da guadagnare continuando a sostenere Putin. Si tratta di una domanda legittima, ma di un calcolo difficilissimo, che sicuramente è in corso presso le intelligence di tutto il mondo, ma al quale resta comunque molto complicato dare una risposta definitiva.

Tutto questo, bene inteso, se effettivamente si tratta di droni ucraini e non, con un po’ di complottismo, di droni russi che fingono di essere ucraini per trasformare le vittime in aggressori che attaccano le città russe. Chissà se tra qualche mese la risposta non ci arrivi da qualche documento pubblicato su Discord.


formiche.net/2023/05/punto-ale…



Digitalizziamo l’Italia – Primo appuntamento organizzato dal nuovo Osservatorio Digitale della Fondazione


Martedì 16 Maggio alle ore 10:30 in via della Conciliazione 10, la Fondazione Luigi Einaudi e Oliver Wyman vi aspettano per il primo di una serie di appuntamenti organizzati dal nuovo Osservatorio Digitale della Fondazione, con l’obiettivo di lavorare ins

Martedì 16 Maggio alle ore 10:30 in via della Conciliazione 10, la Fondazione Luigi Einaudi e Oliver Wyman vi aspettano per il primo di una serie di appuntamenti organizzati dal nuovo Osservatorio Digitale della Fondazione, con l’obiettivo di lavorare insieme e fare sistema al fine di sostenere la digitalizzazione delle medie imprese e sfruttare le potenzialità dei distretti italiani del Big Data e dell’intelligenza artificiale.

Saluti istituzionali
Giuseppe Benedetto, Presidente della Fondazione Luigi Einaudi

InterverrannoValentino Valentini, Viceministro, Ministero delle Imprese e del Made in Italy
Andrea Cangini, Segretario Generale della Fondazione Luigi Einaudi
Fabio Tomassini, Consigliere di amministrazione, Fondazione Luigi Einaudi
Gianluca Sgueo, Coordinatore Dipartimento Digitale, Fondazione Luigi Einaudi
Marco Grieco, Partner, Oliver Wyman
Roberto Scaramella, Partner, Oliver Wyman

Evento su invito. Partecipazione previa iscrizione fino a esaurimento posti.

L'articolo Digitalizziamo l’Italia – Primo appuntamento organizzato dal nuovo Osservatorio Digitale della Fondazione proviene da Fondazione Luigi Einaudi.





Non solo una questione di #privacy: "Ministro Piantedosi, il riconoscimento facciale nei luoghi pubblici è una pessima idea!" L'appello di Diletta Huyskes di #PrivacyNetwork_ su Wired


Il riconoscimento facciale mina i diritti di movimento, di espressione e di partecipazione. È una questione che va oltre la privacy e la sicurezza e dobbiamo affrontarla consci dei rischi e degli impatti sulle nostre vite.

@Etica Digitale (Feddit)

Il riconoscimento biometrico, specie quando implementato da autorità pubbliche, apre a una serie di rischi e minacce che vanno ben oltre, e che riguardano profondamente il cuore della libertà e della democrazia. L’esistenza stessa di questi strumenti nei luoghi pubblici, come le stazioni per esempio, dove transitano migliaia di persone diverse ogni giorno a prescindere da cosa fanno e dove il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi, vuole installare telecamere con riconoscimento facciale per questioni di sicurezza, sottopone chiunque a una sorveglianza continua.

wired.it/article/riconosciment…

Il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi MASSIMO DI VITA/ARCHIVIO MASSIMO DI VITA/MONDADORI PORTFOLIO VIA GETTY IMAGES

Questa voce è stata modificata (2 anni fa)
in reply to The Privacy Post

@The Privacy Post diffondere la paura così da portare le persone a chiedere "sicurezza" in cambio di libertà: è la strategia della destra

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Hanno fatto la festa al lavoro | Coniare Rivolta

"Il Consiglio dei ministri del 1° maggio 2023 sarà ricordato come uno dei momenti più alti dell’odio verso i lavoratori e i poveri manifestato da questo Governo, ma anche come esito prevedibile di una politica economica che la cosiddetta opposizione (politica e sindacale) contesta in maniera ingenua e approssimativa, quando va bene, o esplicitamente da destra (!) quando va male."

coniarerivolta.org/2023/05/02/…



Prova senza `titolo` con #hashtag @menzione, _underscore e €strani &simboli

@Test: palestra e allenamenti :-)

Testar non nuoce

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È disponibile da oggi la seconda puntata de “Il #MinistroRisponde”!

In questo secondo...

È disponibile da oggi la seconda puntata de “Il #MinistroRisponde”!

In questo secondo appuntamento viene posto l’accento sull’importanza dell’educazione stradale nelle scuole: dai corsi mirati per gli studenti delle secondarie superiori alle misure…

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In Cina e Asia – La Cina vota risoluzione Onu che condanna la Russia


In Cina e Asia – La Cina vota risoluzione Onu che condanna la Russia onu
I titoli di oggi:

La Cina vota risoluzione Onu che condanna la Russia
Cina: divieti di uscita come strumento politico
Cina: boom di turisti durante la festa dei lavoratori
La Cina rafforza i rapporti economici con la Mongolia
Anche la Corea del Nord ha un problema di natalità

L'articolo In Cina e Asia – La Cina vota risoluzione Onu che condanna la Russia proviene da China Files.



PRIVACY DAILY 106/2023


Nei Paesi Bassi l’Autoriteit Persoonsgegevens (AP) ha convocato il ministro degli Esteri Wopke Hoekstra per ottenere spiegazioni sull’uso di un algoritmo segreto e potenzialmente illegale per valutare i richiedenti il visto. Secondo un’indagine del NRC e del collettivo giornalistico Lighthouse Reports, dal 2015 il ministero degli Affari esteri ha utilizzato il sistema di profilazione per... Continue reading →


Fr. #29 / Di statali cinesi, scetticismi e cypherpunk


Nel frammento di oggi: Statali cinesi pagati in digital yuan / Scetticismo verso il dollaro digitale ai piani alti / Cypherpunk e altre storie (DOMÌNI Podcast) / Un'intervista sul Digital Services Act

Gli statali cinesi saranno pagati in digital yuan


È notizia della scorsa settimana1 che la città di Changshu, della provincia di Jiangsu, inizierà a pagare i dipendenti pubblici con lo yuan digitale a partire da questo mese. Il progetto è iniziato lo scorso anno e ci sono già stati dei test da luglio a settembre 2022 che hanno incluso circa 4.900 persone e un importo pari a 2.54 milioni di digital yuan.

6907527“Le città di Changshu e Suzhou implementano il pagamento completo dello stipendio in renminbi digitale per i dipendenti pubblici”

In realtà, pare che un altro test fosse già iniziato nella città di Suzhou, che ha da poco concluso il primo quadrimestre del pilot. In 4 mesi sono state accumulate dalla città 8 milioni di transazioni, per un valore cumulativo di 170 miliardi di yuan. La città riporta circa 26 milioni di wallet personali e quasi 2 milioni di wallet “pubblici”.

Iscriviti adesso

La provincia di Jiangsu vuole creare un ecosistema integrato che possa portare a un’espansione incrementale già da gennaio 2024, includendo anche aree chiave come il commercio al dettaglio, gli stipendi privati e il turismo. Al momento sembra che ben 26 province siano impegnate in test di vario tipo, ma quella di Jiangsu promette di essere la provincia più all’avanguardia sul fronte del digital yuan entro il 2025.

Tempo fa scrivevo che il modo migliore per abituare le persone a usare le CBDC fosse obbligarle a pagarci tributi, imposte, tasse e bolli di vario tipo. Ma in effetti, la Cina fa ancora scuola: quale modo migliore se non sfruttare i dipendenti pubblici?

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Scetticismo verso il dollaro digitale


Michelle Bowman, membro della Federal Reserve Board of Governors, ha di recente offerto la sua opinione in merito all’evoluzione del dollaro in un discorso presso la Georgetown University2.

La sua è un’opinione che non ci si aspetterebbe da parte di chi dovrebbe essere tra i primi e più convinti propositori delle nuove CBDC. Eppure secondo Michelle è difficile pensare che il dollaro digitale possa sostituire sistemi come FedNow, una infrastruttura per i pagamenti elettronici in tempo reale sviluppata dalla Federal Reserve.

Aggiunge poi, c’è il rischio che una CBDC programmabile possa essere in contrasto con la flessibilità e libertà delle monete fisiche o dei depositi bancari, e c’è anche il rischio che questo possa portare alla politicizzazione dei sistemi di pagamento e nel modo in cui la moneta viene usata.

Attenzione però, per quanto ciò sia vero, a Michelle non interessa la vostra di libertà, ma quella della Federal Reserve. Infatti aggiunge: una CBDC con questo tipo di controllo potrebbe minacciare l’indipendenza della Federal Reserve.

Una moneta politicizzata non è altro che un sistema di social scoring sotto mentite spoglie. Negli Stati Uniti qualcuno, anche nella stessa banca centrale, si fa queste domande (anche se per i motivi sbagliati). Da noi, tutto tace. Eppure, l’euro digitale è quasi pronto.

Cypherpunk e altre storie, un viaggio nella storia della sorveglianza di massa


Nell’episodio di oggi del DOMÌNI Podcast parlo di sorveglianza di massa, del movimento cypherpunk e di molto altro, partendo dal 1930. Sì, perché è una storia lunga un secolo ormai.

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Ascolta il Podcast su Spotify

Perché il Digital Services Act è una legge molto, molto pericolosa


Sempre in tema di interviste, oggi ne è uscita una su Atlantico Quotidiano in cui parlo del Digital Services Act, la nuova legge europea per la “lotta alla disinformazione” e molto altro.

In realtà di lotta alla disinformazione c’è ben poco, come ho già avuto occasione di ripetere più volte. È più una questione di controllo dell’informazione.

Leggi l'intervista

Meme del giorno


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Citazione del giorno

La rivoluzione in Inghilterra è stata fatta unicamente in vista della libertà, mentre quella di Francia è stata fatta principalmente in vista dell'eguaglianza.

Alexis de Tocqueville

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js.people.com.cn/n2/2023/0424/…

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cointelegraph.com/news/us-whol…


privacychronicles.substack.com…



Scienza aperta: community over commercialization. Di Paola Galimberti per ROARS

@Scienza e innovazione

Negli ultimi 10 anni sono molte le iniziative sviluppatesi a livello europeo a sostegno della scienza aperta. Le politiche stesse di finanziamento dei progetti hanno tracciato un percorso molto chiaro.

Il titolo di questo post riprende il tema lanciato in questi giorni per la Open access week: comunità più che commercializzazione. Ci sembrano particolarmente opportune le domande poste nella call: Cosa si perde quando un numero sempre più ristretto di aziende controlla la produzione di conoscenza anziché i ricercatori stessi? Qual è il costo dei modelli di business che si basano su livelli estremi di profitto? Quando la raccolta e l’uso dei dati personali iniziano a minare la libertà accademica? La commercializzazione può mai funzionare a sostegno dell’interesse pubblico? Quali opzioni per l’utilizzo di infrastrutture controllate dalla comunità esistono già che potrebbero servire meglio gli interessi della comunità di ricerca e del pubblico (come i server di preprint, i repository e le piattaforme editoriali aperte)? Come possiamo spostare il default verso l’utilizzo di queste opzioni orientate alla comunità?

@Filosofia e filosofie

roars.it/scienza-aperta-commun…Link all'articolo di Paola Galimberti pubblicato da ROARS

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Ecco come cresce l’intesa militare Italia-Iraq. La visita di Crosetto


Rafforzamento della collaborazione tra Forze armate e cooperazione nella lotta al terrorismo, da realizzare anche attraverso la collaborazione in ambito economico e commerciale. Sono questi i temi al centro dell’incontro a Baghdad del ministro della Difes

Rafforzamento della collaborazione tra Forze armate e cooperazione nella lotta al terrorismo, da realizzare anche attraverso la collaborazione in ambito economico e commerciale. Sono questi i temi al centro dell’incontro a Baghdad del ministro della Difesa, Guido Crosetto, con il primo ministro dell’Iraq, Muhammad Shia’a Al-Sudani, e l’omologo ministro, Thabet Muhammad Saeed Al-Abbasi. Il ministro Crosetto, accolto dall’ambasciatore italiano nel Paese mediorientale, Maurizio Greganti, ha portato i saluti del presidente del Consiglio italiano, Giorgia Meloni, al primo ministro iracheno, esprimendo anche “il desiderio di una maggiore cooperazione reciproca tra i due Paesi”. Nel corso della visita, il ministro ha anche incontrato il personale militare italiano operativo nel Paese nel contesto dell’operazione Prima Parthica.

(GUARDA LE FOTO DELLA VISITA DI CROSETTO)

Prossima visita in Italia

Nel corso del vertice è stata anche annunciata da Al-Sudani la prossima visita di una delegazione irachena di alto livello in Italia. Per il primo ministro iracheno, infatti, l’incontro ha riguardato i progressi delle relazioni tra i due Paesi amici e i modi per consolidare la cooperazione congiunta nei settori della sicurezza, a vari livelli. “Le illustri relazioni tra l’Iraq e l’Italia attraverso la cooperazione bilaterale in vari settori – ha detto Al-Sudani – sottolineano il desiderio dell’Iraq di lavorare all’interno di questi binari, in un modo che serva gli interessi comuni e la sicurezza della regione e del mondo”. Da parte sua, il ministro Crosetto ha accolto positivamente l’annuncio della visita irachena: “La ricerca di numerosi dossier di cooperazione contribuiranno allo sviluppo delle relazioni tra i due Paesi”.

Un fitto programma

Nel corso della visita, Crosetto ha incontrato diversi vertici istituzionali iracheni e le forze italiane impiegate sul territorio. Oltre ai già citati, il ministro ha infatti avuto un colloquio con il Presidente della Repubblica dell’Iraq, Abdul Latif Rashid, ponendo l’accento sul fatto che “Italia e Iraq sono legati da storici rapporti basati su grande collaborazione. L’auspicio è che tali legami possano intensificarsi ulteriormente attraverso nuove forme di cooperazione”. Successivamente, il ministro ha avuto inoltre l’occasione di incontrare il personale italiano impiegato nella missione Nato in Iraq (Nmi), il cui “prezioso operato a favore della stabilità dell’Iraq rappresenta un onore per il nostro Paese, ma anche una grande responsabilità”, secondo Crosetto. Ad accoglierlo, il generale italiano a comando della missione, Giovanni Maria Iannucci. In ultimo, il ministro Crosetto ha visitato l’Ambasciata d’Italia a Bagdad, per rendere omaggio ai caduti dell’attentato del 12 novembre 2003: “La Difesa è una grande famiglia in cui il ricordo dei propri caduti ne perpetua l’eroismo ed il senso del dovere”.

Cooperazione a tutto campo

Partendo dall’importante centralità strategica del Paese per l’Asia occidentale, il ministro Crosetto ha evidenziato come “l’Iraq sia cruciale per la stabilità regionale”. È proprio da questa premessa che si può ancor più intensificare la cooperazione bilaterale tra i due Paesi in diverse direzioni: lotta al terrorismo, sinergie private, sicurezza delle infrastrutture, sviluppo di partenariati industriali e addestramento delle forse del Paese. A ribadire il ruolo di primo piano del nostro Paese in questi e in altri campi è stato lo stesso premier Al-Sudani, che ha infatti elogiato il ruolo dell’Italia “nella lotta al terrorismo, nell’eliminazione delle forze Isis e nell’addestramento delle forze di sicurezza irachene nell’ambito della missione Nato”. Aggiungendo inoltre che sono “grandi e promettenti” le opportunità di cooperazione tra Roma e Bagdad, sottolineando così la “prosecuzione della cooperazione di sicurezza con l’Iraq nel campo dell’addestramento delle forze di sicurezza irachene”.


formiche.net/2023/05/visita-mi…



Elicotteri e missili, ecco il contratto che avvicina Madrid agli F-35


Un contratto di quasi un miliardo di euro per l’acquisto di elicotteri multi-missione e missili per la difesa terra-aria. È quanto assegnato da Madrid al gigante statunitense della Difesa, Lockheed Martin, per l’acquisto di otto elicotteri MH-60R Romeo e

Un contratto di quasi un miliardo di euro per l’acquisto di elicotteri multi-missione e missili per la difesa terra-aria. È quanto assegnato da Madrid al gigante statunitense della Difesa, Lockheed Martin, per l’acquisto di otto elicotteri MH-60R Romeo e un nuovo lotto di missili Patriot. Con questo accordo, il governo spagnolo sembra essersi definitivamente orientato verso l’acquisizione di materiale militare made in Usa, una scelta che assume anche una valenza politica alla vigilia dell’incontro tra il premier Pedro Sanchez e il presidente Usa Joe Biden il 12 maggio alla Casa bianca, dove all’ordine del giorno ci sarà, tra le altre cose, la collaborazione militare e industriale.

L’intesa con Lockheed

All’interno del contratto con Lockheed, il ministero della Difesa madrileno ha autorizzato l’acquisto di otto MH-60R Romeo con 820,5 milioni di euro, destinati a sostituire la flotta di SH-60B attualmente in uso, anch’essi – tra l’altro – prodotti dalla Lockheed Martin. L’obbiettivo è fornire alla Marina militare spagnola, presso cui gli elicotteri sono stanziati, di coprire le sue necessità e potenziare le sue capacità multi-missione e di appoggio logistico. Accanto agli elicotteri, Madrid ha anche disposto l’acquisto, con 145 milioni, di nuovi Patriot, missili terra-aria per la difesa tattica di punto e uno dei principali prodotti del gigante statunitense. Attualmente, una delle batterie missilistiche spagnole è schierata in Turchia, parte dello schieramento di difesa aerea della Nato.

F-35 per Madrid

Accanto a questi sistemi e piattaforme già assegnati, importante sarà anche un’altra partita che vedrà il governo di Madrid interagire con Lockheed. La Marina militare spagnola ha infatti la necessità di sostituire i suoi attuali aerei AV-8B Harrier, caccia a decollo corto e atterraggio verticale di quarta generazione destinati a venire ritirati. Nonostante il contratto da sei miliardi e 250 milioni non sia ancora stato aggiudicato, il favorito è il caccia di quinta generazione F-35B, attualmente l’unico aereo di quinta generazione sul mercato capace di operare sulle portaerei. Una scelta simile, insomma, a quella operata dalla Marina militare italiana, anche lei impegnata nella sostituzione dei suoi AV-8B+ con i Lightning II.

L’interesse spagnolo

L’interesse spagnolo per l’F-35 era già stato manifestato l’anno scorso quando il quotidiano spagnolo El Pais, commentando sui ritardi accumulati dal programma Future combat air system (Fcas), in cui la Spagna è impegnata dal 2019 insieme a Francia e Germania, rivelò come le Forze armate di Madrid sarebbero state interessate ad acquistare un’alternativa per poter sostituire gli attuali F-18. Secondo il giornale, gli ufficiali dell’Aeronautica militare “non hanno dubbi sulle loro preferenze: l’F-35, il velivolo di quinta generazione prodotto dalla Lockheed Martin americana, è il loro preferito”.


formiche.net/2023/05/contratto…



I tre paradossi che hanno reso la politica impotente


Nel suo editoriale di sabato, il direttore Mattia Feltri ci ha ricordato i due paradossi su cui si è fondata la cosiddetta Seconda repubblica, nelle cui trentennali code ancora ci dibattiamo. Il primo consiste nell’aver cancellato per via giudiziaria i pa

Nel suo editoriale di sabato, il direttore Mattia Feltri ci ha ricordato i due paradossi su cui si è fondata la cosiddetta Seconda repubblica, nelle cui trentennali code ancora ci dibattiamo. Il primo consiste nell’aver cancellato per via giudiziaria i partiti espressione delle culture liberal-democratiche che fino a quel momento avevano governato il Paese lasciando in campo solo gli “eredi delle macellerie novecentesche”. Cioè i post comunisti del Pds e i post fascisti del Msi. Il secondo paradosso consiste nel non aver capito che la gragnola di monetine lanciate sulla testa di Bettino Craxi avrebbe delegittimato non solo il leader socialista ma l’intera politica, condannando il dibattito pubblico ad un’inarrestabile deriva demagogica e l’Italia intera all’inevitabile stallo in un eterno presente.

Aggiungerei un terzo paradosso, la cancellazione dei partiti politici in quanto tali. Cioè in quanto strutture organizzate e appositamente finanziate. Strutture da cui dipende(va) la formazione, attraverso un lungo cursus honorum, del ceto politico e la definizione, attraverso un duro ma regolato confronto interno, della linea politica. E con esse la svalutazione dell’idea stessa del professionismo in politica, frettolosamente sostituita con un leaderismo presunto autoreggente e con un nuovismo pericolosamente prossimo al nichilismo.

Formalmente, a determinare quest’ultima involuzione parossistica sono stati gli stessi politici, ma lo hanno fatto incalzati dalla demagogia populistica di un sistema mediatico ignaro del fatto che politica e informazione sono facce della stessa moneta, sì che a svalutarne una si svaluta inesorabilmente anche l’altra. Non c’è, pertanto, da sorprendersi se i partiti oggi perdono iscritti tanto quanto i giornali perdono lettori. Una nemesi.

Questi, dunque, i vizi d’origine della “nuova” stagione politica, e con tutta evidenza da quei vizi non ci siamo più ripresi. Lo testimoniano le difficoltà sostanziali delle due leader del momento, momento teoricamente costituente un nuovo ordine interno ed internazionale. Giorgia Meloni ed Elly Schlein sono, infatti, l’una il negativo dell’altra e per certi aspetti rappresentano due facce della medesima medaglia. La prima, Giorgia Meloni, è appesantita da un’identità politica e trattenuta da radici culturali passate da cui fatica a liberarsi. La seconda, Elly Schlein, è talmente priva di identità politica e di radici culturali da essere identificata in un trench dal colore indefinibile.

Entrambe faticano a darsi un registro politico e un’identità coerenti con la realtà della fase storica che le vede protagoniste; entrambe appaiono imprigionate nella rete della demagogia, dell’irrealtà e delle semplificazioni esasperate tessuta filo dopo filo con ordinaria irresponsabilità negli anni trascorsi all’opposizione l’una del governo l’altra del partito. Una rete che gli ha consentito di arrivare dove sono, ma che ora sembra impedirgli di muoversi per giungere dove vorrebbero.

Huffington Post

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sConcerto


La fregola dell’annuncio ha giocato un brutto scherzo ma, a parte l’inciampo maldestro e la segnalazione del sotterraneo sobbollire nelle file della maggioranza parlamentare, è il merito che induce a dubitare. In vista del primo maggio, per far concorrenz

La fregola dell’annuncio ha giocato un brutto scherzo ma, a parte l’inciampo maldestro e la segnalazione del sotterraneo sobbollire nelle file della maggioranza parlamentare, è il merito che induce a dubitare. In vista del primo maggio, per far concorrenza al concerto (divertimento & retorica), il governo ha seminato lo sconcerto nel correre ad assicurare un taglio del cuneo fiscale. Se per farlo è necessario uno scostamento di bilancio – quindi un maggiore deficit, quindi un maggiore debito (a tassi più alti) – l’annuncio sarà un mezzo raggiro.

Il cuneo fiscale è la differenza fra il costo del lavoratore per il datore di lavoro e la cifra netta che il lavoratore stesso effettivamente incassa. Tale differenza è alta in tutti i grandi Paesi europei e l’Italia non è in testa a questa classifica del prelievo (guida la Francia). È alta perché sono i Paesi con sistemi sociali e previdenziali più ampi e costosi, a cominciare dalla spesa per le pensioni (non a caso in Francia la necessaria riforma e restrizione ha creato scompiglio). In teoria quei prelievi sono una forma di assicurazione forzosa: sei obbligato a versare oggi quel che potrai avere domani. In realtà non funziona così, perché i sistemi a ripartizione (come il nostro) utilizzano i versamenti odierni non per accantonarli e conservarli per il futuro, ma per pagare i pensionati di oggi. Quelli di domani saranno pagati dai lavoratori di domani, che è poi la ragione per cui se diminuiscono i lavoratori e aumentano i pensionati il sistema non regge. In queste condizioni il prelievo previdenziale è molto simile a un prelievo fiscale, talché paghi non per quel che avrai ma per quel che si spende ora. Se faccio diminuire il cuneo non diminuendo le spese ma aumentando deficit e debito, sto promettendo maggiore pressione fiscale futura. Chi la pagherà? I lavoratori dipendenti, come i dati Irpef confermano anno dopo anno. Ovvero gli stessi che oggi dovrebbero essere grati per il beneficio. Se ne fossero consapevoli la gratitudine scemerebbe.

Stabilire chi e quanto tassare – quindi poi chi e quanto beneficiare – è una scelta eminentemente politica. Destra e sinistra è giusto ed è bene che siano diverse. Se solo ne parlassero e se solo alle parole seguissero atti coerenti. Quando la coperta è corta si deve scegliere chi coprire e chi lasciare all’agghiaccio. Ma quando la sindrome della coperta corta si produce su un unico corpo di lavoratori (talché la scelta è fra gli alluci e il naso) somiglia a un raggiro. Non è più una scelta politica, ma un politicismo che spera di non essere sgamato.

La magra parlamentare sarà presto dimenticata, come il trambusto vistosi ieri, ma l’ingrassare del debito non diretto a investimenti e non creatore di ricchezza – figlio dell’incapacità di ridurre la spesa corrente e contrastare decentemente l’evasione fiscale – peserà negli anni a venire e sarà indimenticabile. Come già lo è.

Il che innesca un circolo vizioso. Perché se il governo evita le scelte e sposta incassi e spese, al sindacato non resta che chiedere “di più”, mentre l’opposizione si guarda bene dal richiamare la realtà dei conti, sperando di raccogliere voti promettendo altri sconti. È così che una grande società industriale nega la realtà a sé stessa e usa il bilancio pubblico non per recuperare gli scompensi, ma per produrli e rimandarli. Una politica che rinuncia alla visione del futuro e un sindacato che rinuncia a ricordarsi che lavoratori e contribuenti sono le medesime persone.

L’alternativa c’è, consistendo nel far vedere in cosa la spesa per investimenti e le riforme che aggiornino e spianino il letto del fiume su cui scorre l’acqua del lavoro e dell’impresa possono costare oggi e giovare subito dopo. Ma non viene praticata in un Paese in cui nessuno crede che altri siano in grado di assicurare nulla già soltanto per domani mattina. Quindi ci si tiene lo sconcerto e si va al concerto. Così si festeggia il lavoro e gli si fa la festa in un colpo solo.

La Ragione

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L’inciviltà via social contro l’inciviltà in treno: il danno esponenziale


Nessuno avrebbe dovuto rispondere a un gesto forse incivile e magari illegale con un gesto inequivocabilmente incivile e, verosimilmente, illegale come condannare le tre alla gogna mediatica. Non nel 2023, non in quella parte del mondo che ha bandito la legge del taglione dal suo ordinamento Se vuoi leggere il mio pezzo nella rubrica Governare... Continue reading →


Andrea Cangini-Coca web


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Il referendum sulle armi in Ucraina è a rischio ammissibilità, perché in una democrazia matura non ci sono scorciatoie

@Politica interna, europea e internazionale

Alcune considerazioni in punta di diritto sui referendum la cui raccolta delle firme è iniziata il 23 aprile scorso, con due quesiti sull’invio di armamenti

È iniziata il 23 aprile scorso la raccolta delle firme per il cosiddetto referendum pacifista, con due quesiti sull’invio di armamenti.

Il primo, promosso dal comitato “Generazioni future”, si propone di abrogare la disposizione (d.l. n. 185/2022, convertito in l. n. 8/2023) che proroga «fino al 31 dicembre 2023, previo atto di indirizzo delle Camere, l’autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell’Ucraina». Il secondo quesito, presentato dal comitato Ripudia la Guerra, intende revocare all’esecutivo il potere di derogare al divieto di esportazione, transito e via dicendo di armi a paesi coinvolti nei conflitti. Il passaggio è nella norma della legge sull’invio di armamenti che consente tale deroga qualora essa sia disposta con «deliberazioni del Consiglio dei Ministri, da adottare previo parere delle Camere» (n. 185/90).

L'articolo su @Valigia Blu a firma di @Vitalba è il miglior filo d'Arianna nel labirinto della complessità normativa

Qui il testo completo



#NotiziePerLaScuola

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Hamas rinuncia alle criptovalute, impone nuove tasse a Gaza


L'annuncio è delle Brigate Ezzedin Al Qassam, braccio armato del movimento islamista, per proteggere i donatori sul punto di essere individuati da Israele. A Gaza proteste per le tasse e i dazi doganali introdotti dal governo di Hamas L'articolo Hamas ri

di Michele Giorgio

(questo articolo è stato pubblicato il 30 aprile dal quotidiano Il Manifesto)

Pagine esteri, 2 maggio 2023 – Le Brigate Ezzedin Al Qassam, l’ala militare del movimento islamico Hamas, rinuncia alle donazioni in botcoin, una delle sue principali fonti di sostegno economico per proteggere i donatori sul punto di essere individuati da Israele. «Lo facciamo per la sicurezza dei donatori e per evitare loro qualsiasi danno», spiega in un comunicato il gruppo armato. La notizia ha fatto emergere un campo di battaglia poco conosciuto dello scontro tra Hamas e Israele. Da tempo le due parti utilizzano strumenti digitali per la propaganda e la disinformazione ma il ruolo delle criptovalute è rimasto abbastanza in ombra. A Gaza dicono che le agenzie di intelligence israeliane sarebbero in grado di arrivare alle persone che hanno trasferito fondi grazie ai bitcoin. Il pericolo ha indotto le Brigate Al Qassam a ritornare a metodi di finanziamento più tradizionali sebbene siano apparse, per un lungo periodo di tempo, un passo avanti rispetto agli sforzi di Israele per bloccare l’accesso o smantellare la sua rete finanziaria online. A marzo 2022 il canale Telegram «Izz al-Din al-Qassam Brigades» aveva sollecitato circa centottantamila dei suoi follower online a inviare bitcoin a un account registrato dall’organizzazione. «Prenota una quota a sostegno della resistenza tramite il link per la donazione di bitcoin», scrisse il movimento islamico in un messaggio. Poi le cose sono cambiate.

Colpire l’avversario nei bitcoin è uno strumento già utilizzato in altre guerre non convenzionali. Nel 2020, sollecitato da Israele, il Dipartimento di Giustizia degli Stati uniti smantellò diverse reti, inclusa quella di Hamas, rintracciando e sequestrando tutti i 150 conti di criptovaluta che spostavano fondi verso le casse delle Brigate Al Qassam. Il colpo rallentò ma non bloccò la capacità di Hamas di raccogliere fondi con la criptovaluta. Poi nel luglio 2021 il ministro della difesa israeliano Benny Gantz ha ordinato il sequestro di una «rete di portafogli elettronici». Il governo israeliano ha quindi ordinato il blocco di 30 portafogli di criptovaluta di proprietà di una società di Gaza. Le criptovalute, come Bitcoin, forniscono un alto grado di anonimato e ciò le rende attraenti. Ma negli ultimi anni è diventato più facile tracciare il loro movimento e identificare le fonti dei trasferimenti. Fino a spingere l’ala armata di Hamas a puntare su altre fonti di finanziamento.

«Chi si occupa delle finanze per le Brigate Al Qassam ha visto che le attività di contrasto di Israele si sono fatte molto efficaci. Ora dovrà trovare altre strade» ci diceva ieri un giornalista di Gaza che ha chiesto l’anonimato. I bitcoin, ha aggiunto, hanno garantito l’autonomia finanziaria al gruppo armato, permettendo all’esecutivo di Hamas di governare gli oltre due milioni di civili a Gaza, compito che si è rivelato più complesso nel corso degli anni e non solo per il rigido blocco israeliano di quella porzione di territorio palestinese. La necessità di reperire fondi per il funzionamento, almeno parziale, di ministeri e servizi pubblici, ha spinto il movimento islamista a prendere decisioni impopolari, a cominciare l’introduzione di nuove tasse e dazi doganali su vari tipi di merci importate che aggravano la condizione degli abitanti. Di recente non sono mancati gli scioperi, in particolare dei commercianti che già facevano i conti con l’inflazione causata da problemi alla catena di approvvigionamento globale generati dalla guerra Russia-Ucraina. «La nostra gente affronta la fame, la povertà e la disoccupazione da 16 anni, con un tasso di disoccupazione del 47% che tra i giovani sale al 70%. Queste tasse complicano ulteriormente la vita di tutti», spiega l’economista Samir Abu Mudallah, ricordando che circa i due terzi della popolazione di Gaza sopravvivono con pacchi alimentari. Pagine Esteri

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Cina-Mondo: Gli e-book di China Files n°19


Cina-Mondo: Gli e-book di China Files n°19 6890323
È ora disponibile il nuovo e-book di China Files, un dossier che offre alcune riflessioni sulla politica estera cinese degli ultimi anni. Ecco come ottenere una copia e sostenere il lavoro della redazione con un contributo libero

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In Cina e Asia – Marcos è arrivato negli Usa


In Cina e Asia – Marcos è arrivato negli Usa marcos negli Usa
I titoli di oggi:
Marcos è arrivato negli Usa
Ding Liren è il primo cinese campione del mondo di scacchi
Cina, la ledership presterà maggiore attenzione ai reclami dei cittadiniù

Uzbekistan, vince il "si" al referendum costituzionale
Onu, la Cina chiede più rappresentanza per i paesi in via di sviluppo nel Consiglio di sicurezza
Corea del Sud e Cina i due paesi dove è più costoso crescere figli, rivela uno studio
Myanmar, Qin: "Non c'è una soluzione rapida"

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PRIVACY DAILY 105/2023


I provider di Internet e gli operatori wireless in Brasile sabato hanno smesso di bloccare Telegram, dopo che un giudice federale ha parzialmente rivisto la sentenza che sospendeva il funzionamento dell”app di social media per la mancata consegna di dati sulle attività neonaziste. Secondo un comunicato stampa fornito dalla corte federale che ha emesso la... Continue reading →


TERRITORI OCCUPATI. Morto in prigione Khader Adnan, faceva lo sciopero della fame


Il detenuto del Jihad Islami aveva già fatto un passato altri lunghi digiuni contro il carcere senza processo. L'articolo TERRITORI OCCUPATI. Morto in prigione Khader Adnan, faceva lo sciopero della fame proviene da Pagine Esteri. https://pagineesteri.i

della redazione

Pagine Esteri, 2 maggio 2023 – Il prigioniero politico palestinese Khader Adnan (Jihad) è morto in un carcere israeliano dopo 86 giorni di sciopero della fame contro la sua “detenzione amministrativa” (senza processo). Adnan, figura politica molto nota in Cisgiordania, già in passato aveva fatto in carcere altri quattro lunghi digiuni di protesta contro la detenzione senza processo. Sciopero generale a Gaza, in Cisgiordania, Gerusalemme Est.

Tre razzi lanciati da Gaza sono caduti nel sud di Israele senza causare danni. In Cisgiordania due coloni israeliani sono stati feriti da colpi sparati da un’auto.

Si attendono manifestazioni e raduni di protesta ovunque nei Territori palestinesi occupati. Pagine Esteri.

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Thailandia al voto: scelta tra riforme e status quo filo-militare


Thailandia al voto: scelta tra riforme e status quo filo-militare elezioni Thailandia
È tutto pronto per le elezioni in Thailandia del 14 maggio. Il Pheu Thai domina nei sondaggi ma è difficile che riuscirà a governare da solo, mentre i partiti filo-militari sanno di poter contare sui 250 voti del senato non elettivo

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News da Marte #15 - Coelum Astronomia

"Bentornati su Marte! Oggi abbiamo parecchia carne al fuoco con aggiornamenti da terra, dall’aria e dallo spazio. Iniziamo con questi ultimi. Non solo MRO In questa rubrica vediamo spesso immagini e resoconti del Mars Reconnaissance Orbiter della NASA, ma ci sono numerosi altri satelliti artificiali attorno a Marte."

coelum.com/news/news-da-marte-…

#15


Missioni internazionali, Meloni conferma linea transatlantica e interesse nazionale


Ucraina, Libia, Niger, Burkina Faso e non solo. Il Consiglio dei ministri, su proposta del presidente Giorgia Meloni e del ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale Antonio Tajani, ha deliberato la prosecuzione delle missioni intern

Ucraina, Libia, Niger, Burkina Faso e non solo. Il Consiglio dei ministri, su proposta del presidente Giorgia Meloni e del ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale Antonio Tajani, ha deliberato la prosecuzione delle missioni internazionali e delle iniziative di cooperazione allo sviluppo in corso e l’avvio di nuove missioni internazionali per il 2023.

La deliberazione – si legge sul comunicato del Consiglio dei ministri – è stata approvata previa comunicazione al Presidente della Repubblica ed è accompagnata da una relazione analitica che ha il fine di riferire alle Camere sull’andamento delle missioni internazionali delle Forze armate e delle Forze di polizia, nonché sullo stato degli interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, per il periodo 1° gennaio 2022 – 31 dicembre 2022, riportando, nelle schede allegate per ciascuna missione, le informazioni di sintesi. Il documento indica inoltre le missioni internazionali che il governo intende proseguire nel periodo 1° gennaio 2023-31 dicembre 2023, nonché gli interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione da porre in essere nel medesimo periodo.

Per quanto riguarda la prosecuzione delle missioni in corso, l’Italia, in considerazione del complesso quadro geo-strategico, contraddistinto da persistenti e duraturi fattori di instabilità e aggravato dal conflitto russo-ucraino, continua a operare nella zona del cosiddetto Mediterraneo allargato. All’esterno del Mediterraneo allargato, permane l’esigenza di mantenere una presenza navale nell’area indo-pacifica.

“La strategia di impiego dello strumento militare continua a basarsi sulla tradizionale adesione alle iniziative delle Organizzazioni Internazionali di riferimento per il nostro Paese (Onu, Nato, Eu), non tralasciando la possibilità di cooperare, all’interno di coalizioni ad hoc, con Paesi e attori con i quali condividiamo rapporti di collaborazione o alleanze”, viene specificato nel comunicato del cdm.

Le nuove missioni per l’anno 2023 riguardano la partecipazione di personale militare alle seguenti: missione Ue denominata European Union Military Assistance Mission in Ucraina (Eumam Ucraina); missione Ue denominata European Union Border Assistance in Libya (Eubam Libia); missione Ue denominata European Union Military Partnership Mission in Niger (Eumpm Niger); missione bilaterale di supporto nella Repubblica del Burkina Faso.

L’Italia conferma dunque la sua presenza all’interno del quadro di impegno complesso transatlantico, con il governo Meloni che batte un colpo sul posizionamento atlantista. Ma non solo, perché l’impegno in quei quadranti per Roma è fortemente strategico. Al di là del conflitto russo Ucraina, dove la necessità strategica italiana è appunto mostrarsi affidabile con gli alleati del blocco Nato e con parte dei Paesi like-minded dell’Indo Pacifico, come Giappone e Corea del Sud; per l’Italia c’è parecchio altro.

Se le attività venture all’interno della regione indo-pacifica sono parte di un ampliamento in divenire delle visioni di politica estera, quelle nel quadrante del Mediterraneo allargato sono una conferma della volontà italiana di segnare la presenza nella fascia di diretta proiezione geopolitica. E allora su tutte, la più simbolica, quella in Libia. E più quelle nel Sahel (Niger, Burkina Faso). La fascia è soggetta a pesanti destabilizzazioni di carattere securitario, indotte dal proliferare due gruppi armati e dal moltiplicarsi di crisi istituzionali — come quella recentissima in Sudan. Qui l’Italia trova interessi che vanno dal tema sicurezza stretto (potenziali rischi di sviluppi terroristici e immigrazione) a perdita di influenza a beneficio di attori rivali (con riflessi sul quadro economico/commerciale e politico).


formiche.net/2023/05/missioni-…



L'elettrico è il futuro (checchè ne dicano i no-tutto)


Scherzi a parte, la mobilità elettrica è il futuro. Se anche Lamborghini (non Elettra) sta pensando ad una top-car elettrica non ci possono essere dubbi.
L'imprenditore del settore mobilità avveduto ha già capito questo e si è già dato da fare. Da buoni italiani però ci prendiamo sempre all'ultimo e allora corriamo da mamma a piangere inventandoci scuse bambinesche.
lamborghini.com/it-en/modelli/…

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“Privacy and Data Protection in Software Services” di Roberto Senigaglia, Claudia Irti, Alessandro Bernes (Springer)


“Privacy and Data protection in software services”, Roberto Senigaglia, Claudia Irti e Alessandro Bernes (Editors) pubblicato dalla Springer, con i suoi numerosi contributi scientifici e innovativi, ha come obiettivo la creazione di un ponte tra ambiti che di solito vengono tenuti separati: gli strumenti tecnologici e le regole giuridiche che, specie nel mondo digitale attuale,... Continue reading →