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PRIVACYDAILY


N. 132/2023 LE TRE NEWS DI OGGI: Amazon ha accettato di pagare la Federal Trade Commission (FTC) statunitense dopo essere stata accusata di non aver cancellato le registrazioni di Alexa su richiesta dei genitori. Si è scoperto che ha conservato dati sensibili per anni. Anche Ring, pagherà dopo aver dato ai dipendenti accesso illimitato ai... Continue reading →


La strage delle bambine gasate nelle scuole dal regime iraniano


Raha Hosseini abitava ad Isfahan e Mahna Rahimi Mehr a Saqqez, nella città di Jîna (Mahsa Amini), nel Kurdistan iraniano. Sono due coetanee di nove anni, vittime degli attacchi chimici registrati contro numerose scuole femminili di diverse città dell’Iran

Raha Hosseini abitava ad Isfahan e Mahna Rahimi Mehr a Saqqez, nella città di Jîna (Mahsa Amini), nel Kurdistan iraniano. Sono due coetanee di nove anni, vittime degli attacchi chimici registrati contro numerose scuole femminili di diverse città dell’Iran.

Fatemeh Razaei era una studentessa di undici anni, anche lei morta a febbraio 2023 per avvelenamento, dopo un attacco chimico avvenuto nella sua scuola.

Vittime del terrorismo biologico sono anche le scuole elementari. Un alunno di prima elementare di nome Roham Shahveisi ha perso la vita dopo un attacco chimico avvenuto a febbraio nella sua scuola.

Due ragazze delle scuole elementari di Marand, nella provincia dell’Azerbaigian orientale (Iran nordoccidentale), Fatemeh Mehdizadeh e Shabnam Jamshidi sono morte avvelenate il 7 marzo.

Il 7 aprile 2023 è toccato a Karou Pashabadi, un sedicenne di Kamyaran, nella provincia di Kermanshah, morto dopo tre settimane dal ricovero in ospedale dopo aver inalato gas venefico irrorato nella sua scuola.

Gli attacchi con gas chimici nelle scuole, in particolare femminili, sono iniziati nel novembre 2022 e, dopo oltre sette mesi, si registrano ancora episodi di veneficio.

Sono oltre 700 le scuole prese di mira in oltre 160 città del paese. Si stima che siano oltre diecimila gli studenti avvelenati. Sono almeno cinque le ragazze minorenni che hanno perso la vita.

Da diverse testimonianze degli stessi studenti e dei genitori, riportate nei report di alcune organizzazioni per i diritti umani come Amnesty internationale ed Hengaw, è emerso che il 18 aprile scorso sarebbe stato colpito da un attacco chimico anche il conservatorio femminile di Abrar nel 15° distretto di Teheran, frequentato da circa 300 allieve.

Le studentesse raccontano che hanno avvertito un odore dolce e nauseabondo, simile a quello di un detersivo, che alcune ragazze hanno cominciato a vomitare, ad accusare forte irritazione agli occhi e avere difficoltà respiratorie. Spaventate, sono subito corse verso i cancelli della scuola per abbandonare l’edificio e chiamare i soccorsi, ma hanno trovato i cancelli chiusi e hanno subito capito che erano finite in una trappola, prigioniere nella loro stessa scuola.

Pur essendo tutte le scuole del paese dotate di telecamere di video sorveglianza, non risulterebbe stata effettuata alcuna registrazione video.

Il personale didattico era assente, dislocato in parti diverse dei vari istituti.

A nulla sono valse le proteste dei genitori che hanno presidiato le scuole dei loro figli giorno e notte e che hanno manifestato per diversi giorni davanti alla Direzione generale dell’Istruzione in dozzine di città e ai quali si sono uniti anche gli insegnanti. Le forze di polizia li ha dispersi usando gas lacrimogeni fortemente urticanti e minacciandoli di morte.

Oggetto di attacchi con agenti chimici sono stati in particolare le scuole medie, i licei e dormitori universitari e alcuni casi di avvelenamento si sono registrati perfino nella metropolitana di Tehran.

Gli studenti di diversi licei e i loro genitori hanno denunciato i funzionari scolastici di alcuni istituti di aver ritardato i soccorsi alle studentesse vittime degli attacchi.

Per diversi mesi si è registrato caos negli ospedali di diverse città dove quotidianamente accorrevano le ambulanze con le studentesse che avevano urgente bisogno di ossigeno e tutto questo avveniva sotto gli occhi dei loro genitori disperati.

Sono stati minacciati e costretti al silenzio dalle autorità iraniane anche i medici che confermavano gli episodi di avvelenamento di cui erano state vittime nelle loro scuole migliaia di studentesse. Coloro che hanno cercato di diffondere la notizia di questi crimini sono stati perseguiti e imprigionati.

Le autorità sanitarie hanno confermato infatti la sintomatologia tipica da avvelenamento da agenti organofosfati che provoca forte sudorazione, eccesso di salivazione, vomito, ipermotilità intestinale, diarrea, perdita momentanea della vista, difficoltà respiratorie e paralisi, fino a all’esito della morte. Tali sintomi si possono presentare anche a distanza di due settimane dall’esposizione all’agente tossico.

Le autorità della Repubblica islamica hanno poi riconosciuto che si sono verificati episodi di avvelenamenti, ma tuttavia li hanno tollerati e non hanno ancora identificato e arrestato gli autori di tali orribili atti.

Appare evidente che il regime non riuscendo più a far rispettare l’odioso codice di abbigliamento starebbe ricorrendo alla strategia terroristica per costringere le madri a fare indossare il velo alle loro figlie.

La legge iraniana sul codice di abbigliamento impone alle donne e alle ragazze di età superiore ai nove anni di coprirsi i capelli e di nascondere le curve del proprio corpo sotto abiti lunghi e larghi.

Molte donne aderiscono ancora a questa regola, alcune per scelta e altre per paura. Ma nei parchi, nei caffè, nei ristoranti e nei centri commerciali, luoghi molto frequentati da giovani, le donne sono quasi tutte a capo scoperto. Per gran parte delle giovani donne, comprese celebrità dell’arte e dello spettacolo e le atlete, “l’era dell’hijab forzato è ormai finita”.

La pacifica ribellione dei giovani in Iran che a mani nude sfidano da circa nove mesi il regime islamico armato di tutto punto ha già determinato una profonda rivoluzione culturale che, dilagando dalla periferia al centro, punta a rovesciare l’intero assetto politico-istituzionale della Repubblica islamica nata nel 1979. I giovani della cosiddetta “Generazione Z” rifiutano ogni istituzione oppressiva di qualsiasi natura: laica o religiosa. Rifiutano l’autoritarismo e vogliono vivere e divertirsi come i loro coetanei di tutti i paesi liberi.

Ora le proteste si svolgono prevalentemente nel Kurdistan iraniano e nel Belucistan, nel capoluogo Zahedan con la consueta marcia per la libertà, dopo la preghiera del venerdì.

Il 18 febbraio un gruppo di estremisti a Qom, noto come Fadayeen-e Velayat (sostenitori kamikaze di Khamenei), gruppo estremista sciita di Hamian-e Velayat, aveva distribuito volantini in cui si dichiarava che alle ragazze era vietato studiare e che la loro istruzione equivaleva ad una dichiarazione di guerra contro il 12° imam sciita. Il gruppo aveva minacciato di diffondere gli attacchi chimici nelle scuole femminili di tutto l’Iran se queste non fossero state chiuse. Hamian-e Velayat aveva in passato già effettuato attacchi con veleno contro licei femminili e contro i derwishi su ordine di Mojtaba Khamenei, figlio della guida suprema degli ayatollah iraniani.

Hamian-e Velayat è infatti molto legata al figlio della guida suprema, l’ayatollah Ali Khamenei, e dunque dei pasdaran. L’obiettivo della parte più radicale del regime sarebbe quello di terrorizzare la popolazione.

L’avvelenamento per oltre tre mesi, iniziato nel novembre 2022, nelle scuole femminili di Qom, città sacra per gli sciiti, è stato in tutta evidenza un crimine sistematico mosso da intento malevolo di un regime misogino.

Il ruolo centrale delle ragazze iraniane nella rivoluzione in corso per l’abbattimento dell’apartheid di genere e dell’intero regime islamico ha provocato un inasprimento della repressione messa in atto per soffocare la ribellione. Il movimento giovanile di protesta accusa il regime della Repubblica islamica di volersi vendicare del coraggioso attivismo delle donne che hanno generato un moto di ribellione nonviolenta che sta scardinando le fondamenta ideologiche su cui si basa la teocrazia.

La convinzione dei giovani rivoluzionari è che dietro questi crimini contro l’umanità vi sia senza dubbio la mano degli ayatollah che avrebbero incaricato gruppi di estremisti religiosi di mettere in atto tali azioni terroristiche nei confronti delle studentesse che si oppongono all’obbligo dell’hijab per escluderle dalle scuole e tenere dunque lontane dall’istruzione pubblica le alunne senza velo che hanno già di fatto abbattuto l’apartheid di genere in Iran.

In questi ultimi mesi si sono registrati numerosi arresti di adolescenti che non indossavano l’hijab nei negozi e nei centri commerciali. A Isfahan quaranta negozi sarebbero stati chiusi perché il personale non indossava il velo. A Shandiz, nel nordovest dell’Iran, un agente delle forze volontarie paramilitari “basij” delle Guardie rivoluzionarie in borghese ha aggredito in un negozio di alimentari due donne senza l’hijab, rovesciando loro addosso un secchiello di yogurt.

In questi giorni, giovani donne delle più svariate province dell’Iran, stanno mettendo in atto numerose azioni di disobbedienza civile pubblicando, sui social, loro foto e video a capo scoperto mentre danzano e cantano nei luoghi pubblici e turistici.

“Malvagio Khamenei, ti abbatteremo”, “Abbasso i pasdaran; abbasso i basij”, gridano donne, uomini e bambini delle province del centro e di quelle più remote del paese. Dalla periferia al centro, a mani nude, uniti in una inedita sintonia. Questa è una delle caratteristiche più rivoluzionarie della ribellione dei giovani iraniani.

Gli attacchi con agenti chimici nelle scuole femminili in Iran sono solo l’ultima strategia che ha escogitato il regime degli ayatollah per terrorizzare le donne che rifiutano l’hijab e per indurle a non partecipare alle proteste, ma le iraniane con la disobbedienza civile stanno trasformando i loro foulard nell’arma più efficace e più potente contro la dittatura religiosa e gli strati profondi di misoginia e patriarcato della Repubblica islamica.

L'articolo La strage delle bambine gasate nelle scuole dal regime iraniano proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



Ben Roberts-Smith perde la causa per diffamazione, con il giudice che trova l'ex soldato SAS che ha commesso crimini di guerra

@Giornalismo e disordine informativo

Il giudice Anthony Besanko ha scoperto che i giornali hanno stabilito verità sostanziali o contestuali sulle accuse di omicidi di civili disarmati in Afghanistan

Ben Roberts-Smith VC, il soldato vivente più decorato d'Australia, ha ucciso civili disarmati mentre prestava servizio militare in Afghanistan, ha scoperto un giudice del tribunale federale.

A Sydney, il giudice Anthony Besanko ha scoperto che, sulla base delle probabilità, Roberts-Smith ha preso a calci un prigioniero ammanettato da un dirupo a Darwan nel 2012 prima di ordinare a un soldato australiano subordinato di sparare a morte al ferito.

Da Sydney, Ben Doherty per The Guardian



Vernissage: L’app per Pixelfed che trasforma Mastodon in Instagram

@Che succede nel Fediverso?

Vernissage è un’applicazione pensata per gli amanti della fotografia che desiderano condividere le loro creazioni attraverso Pixelfed, un servizio decentralizzato di condivisione di foto simile a Instagram.

Sono entrambe alternative nate in un’ottica open source, in forma decentralizzata, un po’ come il social network Mastodon. Soluzioni alternative alle app delle big tech, come Meta e Twitter, che mirano a fornire servizi senza passare per algoritmi voluti da aziende centralizzanti. Algoritmi spesso collegati a circuiti pubblicitari.

Continua su Melamorsicata



Parate militari, sfoggio di potenza, frecce tricolori e la parola "patria" che viene ripetuta. Sarebbe stato giusto che a qualcuno degli uomini e delle donne ch


Non c’è alcun materiale didattico che una Università pubblica (ma questo vale similmente per la Scuola) non possa produrre da sola, senza alcuna necessità di cederne i diritti ad editori privati
@Pirati Europei
Open science: libri didattici aperti. Un servizio per gli studenti

Invece che far pagare libri scritti da altri docenti universitari, ha più senso che le Università incentivino la autoproduzione di materiale didattico, mediante le proprie University Press, e magari dando qualche bonus (in ore di didattica o periodi di sabbatico) ai docenti che si impegnino a scrivere un manuale per il proprio corso. Idealmente, un corso universitario dovrebbe offrire gratuitamente tutto il materiale didattico, e tarare questo materiale sullo specifico insegnamento. Non c’è alcun materiale didattico che una Università pubblica (ma il discorso vale similmente per la Scuola) non possa produrre da sola, senza alcuna necessità di cederne i diritti ad editori privati.
Abbiamo chiesto a Giovanni Puccetti*, professore ordinario di Metodi Matematici dell’Economia e delle Scienze Attuariali e Finanziarie come e perché ha deciso di produrre un libro didattico open access e se secondo lui questa esperienza sarebbe esportabile in altre discipline.

cc @Scuola - Gruppo Forum

La copertina del libro di Giovanni Puccetti

]L'intervista completa è su ROARS[/url]

Unknown parent

lemmy - Collegamento all'originale
LucciolaXlanterna
Scommetto che veniva criticato dai colleghi che lo accusavano di arricchirsi vendendo i propri libri...

Scuola - Gruppo Forum reshared this.

in reply to Informa Pirata

La casa editrice Ledizioni pubblica testi universitari con licenza CC e spesso PDF gratuito.

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L'Etna e gli altri vulcani non sono la causa del cambiamento climatico
@Scienza e innovazione
Dopo l'eruzione dell'Etna, che si è verificata nei giorni scorsi, ha ripreso a circolare una vecchia bufala: i vulcani emettono più CO2 delle attività umane. L'Etna ha appena comunicato ai geni di Ultima Generazione chi comanda, sentenzia un profilo su Twitter. Chi rilancia questa bufala pensa, in questo modo, di fare una pernacchia agli attivisti e di svelare al mondo verità che avevamo tutti davanti agli occhi, ma che non vedevamo perché accecati dalla propaganda gretina e green. Perché l'idea, naturalmente, è sempre quella per cui tutto ciò che ruota attorno al cambiamento climatico sia partorito dalla testa degli attivisti. Gli scienziati non sapevano che i vulcani emettono CO2, né che il Sole è più grande della Terra, come ci informa un collaboratore del quotidiano La Verità. Vediamo come stanno le cose.

Di Antonio Scalari su Valigia Blu

Questa voce è stata modificata (2 anni fa)
in reply to Andrea Russo

questi vulcani hanno aumentato parecchio l'attività dall'inizio della rivoluzione industriale... 🤔

Fonte: co2.earth/co2-ice-core-data




#NoiSiamoLeScuole questa settimana racconta tre istituti abruzzesi: due istituti professionali e una nuova scuola costruita con i fondi PNRR.


Il FPLP condanna la continua detenzione israeliana del leader palestinese Walid Daqqah


Walid Daqqah, che deve affrontare molteplici complicazioni di salute, è in prigione dal 1986. Doveva essere rilasciato a febbraio di quest'anno, ma le autorità israeliane hanno esteso la sua pena detentiva di due anni dopo averlo accusato di aver tentato di contrabbandare telefoni cellulari in prigione.

@Politica interna, europea e internazionale

Il Fronte popolare per la liberazione della Palestina (FPLP) ha condannato i tribunali di occupazione israeliani per aver respinto l'appello per il rilascio del leader, romanziere e intellettuale palestinese imprigionato Walid Daqqah. La dichiarazione è arrivata dopo che il comitato per la libertà vigilata del servizio carcerario israeliano ha respinto il suo rilascio durante una sessione tenutasi nella prigione di Ramleh mercoledì 31 maggio. ad un altro comitato che si occupa di tali richieste per i detenuti che stanno scontando l'ergastolo.

Il post su Peoples Dispatch



Dopo dieci anni dalla stipulazione e otto anni dall’ultimo adeguamento delle tabelle salariali, i sindacati confederali hanno sottoscritto un’ipotesi di acc


Golfo Persico: gli Emirati escono dalla coalizione marittima a guida Usa


Gli Emirati Arabi Uniti escono dalle Forze marittime combinate, coalizione a guida Usa che pattuglia le acque del Golfo Persico, e stringono le relazioni con l'Iran L'articolo Golfo Persico: gli Emirati escono dalla coalizione marittima a guida Usa provi

di Redazione

Pagine Esteri, 2 giugno 2023 – Mercoledì gli Emirati Arabi Uniti hanno formalizzato il loro ritiro, avvenuto alcune settimane fa, dalle Forze marittime combinate (Cmf), i cui mezzi sono impegnati nel pattugliamento delle acque del Golfo Persico, del Mar Rosso e del Corno d’Africa.

Le Cmf hanno sede in Bahrein e comprendono 38 Paesi, tra cui l’Italia, la Francia e gli Stati Uniti, e sono state fondate nel 2001 allo scopo ufficiale di combattere “attività criminali” e “terroristiche”. Non è un segreto che uno degli obiettivi della coalizione sia però il contrasto alle attività marittime e militari dell’Iran. Il quartier generale della coalizione si trova in una base navale statunitense in Bahrein.
«Come risultato della nostra valutazione di un’efficace cooperazione in materia di sicurezza con tutti i partner, due mesi fa, gli Emirati Arabi Uniti hanno ritirato la loro partecipazione alle forze marittime combinate» ha scritto il ministero degli Esteri emiratino in una nota, nella quale comunque si afferma che il paese continuerà a collaborare con la Cmf.
Negli ultimi mesi ci sono stati diversi incidenti nel Golfo Persico, lungo la rotta di navigazione che collega i Paesi produttori di petrolio della regione – tra cui gli Emirati – e i mercati mondiali.
Una settimana dopo aver sequestrato una nave nel Golfo di Oman, i “Guardiani della rivoluzione” di Teheran hanno sequestrato a inizio maggio una petroliera battente bandiera panamense mentre transitava nello stretto di Hormuz. La nave era partita da Dubai ed era diretta ad un altro porto emiratino, quello di Fujairah. Pochi giorni dopo, gli Stati Uniti hanno annunciato di voler rafforzare la propria presenza nell’area, mentre il 21 maggio l’Iran ha dichiarato che è “possibile” garantire la sicurezza della zona in cooperazione con altri Paesi della regione escludendo però gli Stati Uniti e l’Unione Europea.

L’appello sembra essere stato accolto dagli Emirati Arabi Uniti, che starebbero cercando di assumere un ruolo maggiore nel controllo delle rotte marittime della regione e di ridurre la presenza di Washington nell’area. Al contempo, Abu Dhabi sta tessendo relazioni più strette con altre potenze, tra le quali la Cina, la Russia e l’India. In particolare, gli Emirati si stanno concentrando sulla protezione del porto di Jebel Ali, uno più importanti del Golfo Persico.

Intanto il ministro di Stato e inviato del ministero degli Esteri di Abu Dhabi, Khalifa Shaheen al Marar, è arrivato in visita ufficiale a Teheran, dove ha incontrato il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amirabdollahian. L’incontro ha lo scopo di migliorare le relazioni tra i due paesi, in particolare quelle commerciali e di incrementare la collaborazione sul fronte della sicurezza.

Gli Emirati, che pure hanno normalizzato i loro rapporti con Israele, sono stati il paese del blocco sunnita che per prima ha iniziato a intrattenere relazioni cordiali con Teheran. Emirati e Iran hanno infatti riallacciato normali relazioni diplomatiche già nel 2021. – Pagine Esteri

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PODCAST. Ancora bombe turche sul Kurdistan. Tra i problemi anche profughi e dispersi


Il punto della situazione per ezidi e curdi nell'intervista che Pagine Esteri ha realizzato con la fotoreporter Mirca Garuti andata nel Kurdistan con una delegazione italiana. L'articolo PODCAST. Ancora bombe turche sul Kurdistan. Tra i problemi anche pr

della redazione

Pagine Esteri, 2 giugno 2023 – Resta difficile la situazione per le popolazioni ezide e curde, nel Sinjar e in varie aree del Kurdistan iracheno prese di mira dalle forze armate turche. A ciò si aggiungono le politiche, che si fanno sempre più restrittive, attuate in quei territori dal governo centrale e da quello regionale. Politiche che colpiscono le delegazioni straniere che effettuano viaggi di conoscenza politica e di carattere umanitario. È questo il caso dell’Associazione “Verso il Kurdistan” di Alessandria entrata in Iraq il 20 maggio con l’intento di cominciare ad allestire un presidio sanitario a Serdest e di visitare il campo di Makhmour dei rifugiati curdi provenienti dalla Turchia. Il 26 maggio la delegazione è poi partita da Khamasor, verso Mosul. “A Makhmour, all’ultimo check point, a 20 chilometri dal campo – raccontano gli attivisti- ci sono stati sequestrati i passaporti con l’ordine di tornare subito all’aeroporto di Bagdhad”. Pagine Esteri ha intervistato la fotoreporter Mirca Garuti, parte della delegazione, che si reca regolarmente nel Sinjar.
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Le ragioni di una sfilata. La riflessione del gen. Cuzzelli


La sfilata del 2 giugno ai Fori imperiali è da un cinquantennio oggetto di discussione. Abitudine consolidata negli anni Cinquanta e Sessanta, dagli anni Settanta ha incontrato la sistematica contestazione da parte delle correnti pacifiste e antiatlantich

La sfilata del 2 giugno ai Fori imperiali è da un cinquantennio oggetto di discussione. Abitudine consolidata negli anni Cinquanta e Sessanta, dagli anni Settanta ha incontrato la sistematica contestazione da parte delle correnti pacifiste e antiatlantiche della politica e dell’opinione pubblica – fino a essere soppressa in epoca di austerità – per poi ritornare in auge dai primi anni 2000. Tuttora considerata da molti un inutile sfoggio di militarismo, la si vuole contraria sia allo spirito del popolo italiano sia ai principi fondanti della carta costituzionale. Ma è proprio così?

È un fatto assodato che dopo la fine della Seconda guerra mondiale, e con l’avvio della Guerra fredda, in Italia come altrove sia prevalso nelle opinioni pubbliche un più che legittimo sentimento di insofferenza per la tragedia appena patita, accompagnato dal giustificato rifiuto del colpevole militarismo che l’aveva generata, e da una sensazione di inutilità per tutto ciò che aveva a che fare con la difesa convenzionale, considerata pleonastica di fronte all’inevitabile olocausto nucleare che avrebbe comportato un conflitto tra i due blocchi.

Di questo atteggiamento si faranno interpreti – con finalità opposte ma nel lungo termine coincidenti – da un lato le forze politiche ideologicamente vicine all’Unione Sovietica, per ragioni fin troppo comprensibili, e dall’altro correnti di pensiero estremo del cattolicesimo militante, che faranno della rinuncia all’uso della violenza in qualunque circostanza un credo assoluto. Convinte entrambe – ma su questo ritorneremo a breve – di interpretare così lo spirito più autentico dei padri costituenti.

Questo modo di pensare, condiviso da larghi settori dell’opinione pubblica, si andrà progressivamente modificando dopo la fine del confronto bipolare, quando l’esigenza di porre rimedio al disordine internazionale condurrà l’Occidente ad intervenire in numerose situazioni conflittuali. La finalità sostanzialmente umanitaria di tali azioni porterà infatti molti a riconsiderare positivamente la liceità dell’utilizzo dello strumento militare. Purché, se proprio bisogna sparare, siano altri a farlo. Con ciò creando il formidabile ossimoro – tutto italiano – del soldato che fa la pace e non la guerra.

Nondimeno, le recenti, manifeste violazioni del diritto internazionale hanno da un lato reso necessario il ritorno a forme di difesa convenzionale che si volevano ormai dimenticate, e dall’altro hanno messo in evidenza l’assoluta inconsistenza degli atteggiamenti sinora descritti. Nonostante ciò, appellandosi ad un presunto dettato costituzionale, taluni continuano ad invocare forme di assoluto rifiuto della guerra, con ciò confondendo due principi filosofici ben distinti tra loro, ovvero il pacifismo e l’unilateralismo.

Il pacifismo, infatti, è il rifiuto della violenza come mezzo per la risoluzione delle controversie. Che non pregiudica, tuttavia, il diritto – naturale e inalienabile, al di là di ogni credo – di difendersi in caso di aggressione, una volta esaurita ogni altra forma di ragionevole convincimento della controparte. L’unilateralismo, invece, è il rifiuto dell’uso della violenza a prescindere, senza se e senza ma. In questo senso, la costituzione italiana è assolutamente pacifista. Rifiuta la guerra, ma non esclude di farla per difendere il paese, nel quadro di un sistema internazionale basato su regole condivise. E vuole che tutti i cittadini vi concorrano, nei tempi e nei modi stabiliti dalla legge.

Posizione di elementare buon senso, voluta e sottoscritta da tutti i costituenti – dei quali certamente non può essere messa in discussione la vocazione democratica – sulla quale ritorneremo tra breve. Ben diversa è invece la posizione unilateralista. Ancorché degna di rispetto come qualunque altra forma di pensiero, appare un atteggiamento sostanzialmente anticonservativo e alieno dal sentire dell’uomo comune. Un atteggiamento che consente al prepotente di farsi beffe delle regole e lascia la vittima alla mercé del suo aggressore, nell’illusione che la forza della ragione – o del sentimento – possa aprioristicamente prevalere sulla violenza. Un atteggiamento, infine, che non solo non ha nulla a che vedere con il dettato costituzionale ma che invece, in ultima analisi, ne inficia i caratteri fondativi.

È infatti evidente che tutto l’impianto della nostra costituzione, nata dalla resistenza, ha lo scopo di tutelare la libertà, sia in chiave individuale – proteggendo esplicitamente i diritti fondamentali del cittadino – sia in chiave collettiva, evocando con chiarezza il dovere della collettività di difendersi con ogni mezzo lecito qualora minacciata. Ciò perché all’epoca i costituenti avevano ben chiara la scelta di coloro che, in nome della libertà, avevano preso le armi ed erano andati in montagna a combattere perché non si poteva fare altrimenti. È dunque paradossale – per non dire incoerente o del tutto contraddittorio – l’atteggiamento di coloro che oggi sembrano ispirarsi in ogni manifestazione di pensiero alle gloriose giornate di aprile, ma che contemporaneamente rifiutano per principio quella lotta armata che sola ha potuto garantire al nostro popolo la libertà, e che oggi permette ad altri di resistere alla protervia dell’aggressore.

Ma a chi è affidato oggi il compito istituzionale di combattere? A chi è affidata la difesa della libertà dei cittadini e del Paese, in patria e, se necessario, all’estero? Chi esercita per legge il monopolio dell’uso della forza per tutelare i singoli e la collettività? Le forze armate, le forze di polizia, i corpi centrali e periferici dello stato. I partigiani di ieri, i soldati di oggi.

A loro, e al patto che li lega indissolubilmente alla collettività che difendono, è dedicata la sfilata del 2 giugno, così come fu intesa dal suo inventore, Randolfo Pacciardi. Pacciardi, combattente del primo conflitto mondiale e di Spagna, fervente antifascista, primo ministro della Difesa dell’Italia repubblicana, uomo ben consapevole dei rischi che correva la nostra fragile democrazia di fronte alle sirene totalitarie dell’epoca. Non certo un reazionario, non certo un militarista. Non certo uno che voleva mostrare i muscoli. Semplicemente un patriota che voleva ribadire un principio. Che la libertà riconquistata a caro prezzo andava difesa. Se necessario con le armi.

Riscopriamo dunque i nostri soldati, per riscoprire la forza della nostra libertà. Combattere la sfilata serve solo a dare voce a chi vuole togliercela.


formiche.net/2023/06/ragioni-s…



Il Ministero dell’Istruzione e del Merito celebra la Festa della Repubblica con un’esposizione di volumi dedicata all’anniversario del 2 giugno.


"L’amicizia senza limiti” tra Cina e Russia scricchiola anche su gas e petrolio


gas
La Cina sta approfittando della crisi per acquistare idrocarburi russi a prezzi stracciati, si è detto e scritto in più occasioni. Secondo un rapporto dello Swedish Institute of International Affairs, le importazioni di gas e petrolio russo da parte della Repubblica popolare in realtà sono cresciute solo lievemente dall'inizio della guerra.

L'articolo “L’amicizia senza limiti” tra Cina e Russia scricchiola anche su gas e petrolio proviene da China Files.



Ecco le sfide per le Forze armate. L’analisi di Monteforte


Ogni anno, la Festa della Repubblica è l’occasione per le nostre Forze armate di mostrarsi al popolo italiano, con tutti i pregi e i limiti che le contraddistinguono. La sfilata a Via dei Fori Imperiali, infatti, più che uno show di potenza, come avveniva

Ogni anno, la Festa della Repubblica è l’occasione per le nostre Forze armate di mostrarsi al popolo italiano, con tutti i pregi e i limiti che le contraddistinguono. La sfilata a Via dei Fori Imperiali, infatti, più che uno show di potenza, come avveniva in passato, è servita negli ultimi anni per farsi conoscere e per dimostrare che i soldi investiti nel loro ammodernamento e potenziamento sono stati spesi bene.

Le Forze armate si mostrino sempre più pronte

Quest’anno, però, le Forze Armate, attraverso la sfilata, dovranno anche mostrare alla popolazione, e non solo agli specialisti nazionali e alleati, la loro adeguatezza a fronteggiare la situazione che si è venuta a creare intorno a noi. Si tratta di un aspetto particolarmente importante, visto che le notizie di guerre, instabilità e sommovimenti compaiono sempre più spesso sui media, e hanno aumentato l’attenzione – a volte interessata, a volte infastidita – del grande pubblico.

Dopo ben trent’anni, dal 1991 al 2021, nei quali i compiti del nostro strumento militare erano, essenzialmente, la stabilizzazione, la prevenzione, la sorveglianza e la protezione, compiti la cui esecuzione sfuggiva spesso all’attenzione generale, comportando attività e impegni oscuri anche se onerosi, è ormai chiaro che la situazione sia cambiata profondamente.

L’instabilità internazionale

Infatti, negli ultimi tre anni, l’Occidente si è gravemente indebolito, soprattutto per la moltitudine di debiti contratti per contrastare gli effetti economici della pandemia, che ci ha colpiti in più ondate successive.

Ciò ha incoraggiato gli altri attori principali a livello internazionale a sistemare “con le cattive maniere” – per usare un eufemismo – alcune pendenze pluridecennali, se non secolari, nei confronti dei loro odiati vicini, guadagnando in tal modo prosperità, influenza e prestigio nel mondo.

La Russia, anzitutto, ha creduto di poter assoggettare l’Ucraina, come aveva fatto più volte nel passato, mentre la Cina, abbandonando la propria tradizione pacifista, vorrebbe santuarizzare, come voleva l’Ammiraglio Liu negli anni 1980, l’enorme zona di mare compresa dentro la “prima catena di isole” che circonda il proprio territorio, assoggettando la ribelle Taiwan e pretendendo di trasformare il Mar Cinese Meridionale in una zona di acque interne, dove esercitare la propria sovranità in via esclusiva.

Questa serie di iniziative, null’altro che prevaricazioni belle e buone, non solo ci hanno risvegliato dal sogno trentennale che la Storia fosse finita, ma stanno spargendo instabilità tutto intorno a noi: su terra e mare, nonché lungo le direttrici del commercio internazionale, la nostra linfa vitale.

Le sfide

Le Forze armate, quindi, hanno due sfide da affrontare. La prima è che i compiti svolti negli ultimi decenni stanno diventando sempre più difficili. Soprattutto alla luce di un mondo nel quale cresce esponenzialmente la voglia, anche da parte di ampie fasce di popolazione, di usare la violenza per risolvere i problemi in corso: quanto sta accadendo in Kosovo rischia di essere solo l’inizio di una spirale perversa. Di conseguenza, stabilizzare, prevenire, sorvegliare e proteggere richiederanno mezzi e impegno ben maggiori rispetto al passato.

La seconda sfida, per certi versi, costituisce un ritorno ai tempi della Guerra fredda; le nostre Forze armate, insieme a quelle dei nostri amici della Nato e dell’Unione, non solo devono tener lontana la minaccia posta dai Paesi che praticano la prepotenza e la prevaricazione, ma anche e soprattutto impedire le aggressioni al nostro territorio, al nostro spazio aereo e alle nostre infrastrutture critiche, su tutti i dominii operativi. Per aver successo, bisogna che le nostre Forze armate siano credibili, in termini di mezzi e personale, in modo da scoraggiare i terzi dal compiere violenze che potrebbero portare a conseguenza catastrofiche. Come dice un vecchio detto, “il cannone che non ha ancora sparato fa più impressione di quello che sta sparando”. Dissuadere è meglio che battersi.

Il 2 giugno, quindi, le Forze Armate dovranno mostrare al nostro popolo e ai nostri alleati le loro capacità e la determinazione di tenerci al di fuori della tempesta perfetta che si avvicina.


formiche.net/2023/06/forze-arm…



L’importanza del 2 giugno e della Componente militare nazionale


Anche quest’anno siamo giunti al 2 Giugno e, come sempre, ci apprestiamo a festeggiare ed esaltare il significato spirituale e storico di questa principale ricorrenza, con il consueto, grande coinvolgimento di cittadini nella parata militare dei Fori Impe

Anche quest’anno siamo giunti al 2 Giugno e, come sempre, ci apprestiamo a festeggiare ed esaltare il significato spirituale e storico di questa principale ricorrenza, con il consueto, grande coinvolgimento di cittadini nella parata militare dei Fori Imperiali a Roma.

Il valore del 2 giugno

La stima e l’affetto, che nella circostanza saranno ancora una volta suggellati tra la componente civile della Nazione e i suoi militari, sono l’ulteriore prova della vicinanza della popolazione verso le donne e gli uomini in uniforme che, con professionalità, impegno e sacrificio, operano in Italia e in tante aree del mondo per portare solidarietà, ogni volta che sia necessario, e salvaguardare le condizioni di sicurezza e pace all’interno o all’esterno del Paese, quando quelle condizioni siano minacciate.

In sostanza, la ricorrenza del 2 Giugno è occasione importantissima per riconoscere ancora una volta l’importanza della Componente militare nazionale.

Il sostegno della comunità civile

E ribadire nei suoi riguardi, anche attraverso le espressioni di solidarietà e sostegno che la comunità civile le ha sempre riservato in questa occasione, la necessità di salvaguardare la sua efficienza e le sue capacità operative.

È infatti oggi sempre più importante preservare il ruolo e la competenza della Componente militare del nostro Paese, specie in momenti, come quelli attuali, caratterizzati da un generale contesto di instabilità in cui le condizioni di sicurezza del Vecchio continente sono fortemente minacciate da conflitti, come quello in Ucraina, ma anche dai contrasti che sembravano sopiti, come quello in Kosovo, che pensavamo, erroneamente, non dovessero più determinarsi in Europa.


formiche.net/2023/06/2-giugno-…



Il 2 giugno. Una riflessione sulle ragioni del vivere insieme


Il clima e le vicende degli ultimi tre quarti di secolo ci hanno fatto cullare in una serie di illusioni, pur con tutte le vicende drammatiche che si sono verificate. Abbiamo dato per scontato che le istituzioni democratiche, nate con il referendum del 2

Il clima e le vicende degli ultimi tre quarti di secolo ci hanno fatto cullare in una serie di illusioni, pur con tutte le vicende drammatiche che si sono verificate. Abbiamo dato per scontato che le istituzioni democratiche, nate con il referendum del 2 giugno 1946, fossero una cornice inattaccabile all’interno della quale la lotta politica, per quanto aspra, si potesse svolgere con regole condivise e immutabili, abbiamo immaginato che nel quadro delle molteplici strutture multilaterali in cui il nostro Paese era incardinato il fututo sarebbe stato caratterizzato da un inarrestabile progresso economico, tecnologico e sociale, ci siamo cullati nell’idea che fossero definitivamente svanite minacce esterne al nostro territorio.

Le fragilità del panorama attuale

Sono bastati gli ultimi tre anni a costringerci ad aprire gli occhi, con l’evidenza di cambiamenti climatici che ci costringeranno a mutamenti radicali dei nostri stili di vita, con le fragilità intrinseche di un sistema economico e finanziario, che pareva non avere più bisogno di regole, con l’esplodere di una pandemia che ci ha messo di fronte da un lato all’inequivocabile esigenza di colossali investimenti nella ricerca scientifica e nelle strutture della sanità pubblica, dall’altro alla nostra fragilità come esseri umani.

Oggi infine, superati ormai i quindici mesi dall’aggressione russa all’Ucraina, l’illusione che la guerra, come l’avevano percepita e vissuta i nostri antenati nei millenni della storia, è svanita di fronte alle immagini che quotidianamente compaiono sui nostri teleschermi, cui purtroppo ci stiamo assuefacendo.

La ricorrenza del 2 giugno ci deve allora indurre a una serie di riflessioni sul fatto che non possiamo illuderci di avere certezze e che, se vogliamo continuare a operare e a vivere in un sistema che salvaguardi diritti, giustizia e democrazia, non possiamo sperare di riuscirci se non con un impegno collettivo e condiviso, in tutti gli ambiti vitali della convivenza civile: economico, sanitario, sociale, culturale, intellettuale e militare.

Cosa significa la parata del 2 giugno

In questo senso la parata del 2 giugno non costituisce una velleitaria dimostrazione di forza militare, come peraltro dimostrato dal fatto che da tempo non vengono fatti sfilare mezzi idonei a operazioni “ad alta intensità”, bensì un incontro, solennemente sottolineato, tra la società civile e chi si è impegnato a garantirle in ogni circostanza adeguati livelli di sicurezza, sia quando questa venga messa in discussione da atteggiamenti aggressivi di altri attori della scena internazionale, sia quando venga minacciata da eventi catastrofici di varia natura.

In questo senso la sfilata di unità militari unitamente a componenti organiche delle strutture civili dedicate alla sicurezza del territorio dà piena evidenza dell’integrazione funzionale di tutte le componenti dello Stato, sia a livello centrale sia locale, al fine di garantire alla società nazionale un ambiente dove i rischi siano minimizzati in modo da assicurare le condizioni necessarie a uno sviluppo armonico.

Le radici costituzionali della Repubblica

Occorre sottolineare, infine, che la presenza a questa manifestazione – di capacità più che di forza – di simboliche componenti dei Paesi, con cui condividiamo la partecipazione alle organizzazioni internazionali rivolte ad assicurare la pace e la giustizia fra le nazioni, dà un tangibile senso di concretezza proprio al dettato costituzionale come formulato nell’articolo 11 della Costituzione, spesso citato in modo colpevolmente superficiale e purtroppo strumentale.

Una ricorrenza quella del 2 giugno, dunque, per riflettere sulle ragioni del nostro vivere civile, per rinnovare l’impegno con cui 78 anni fa oltre 25 milioni di Italiani, di cui – per la prima volta – circa 13 milioni di donne, vollero esprimere la loro visione sul futuro del Paese.


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Realtà e simboli della Festa della Repubblica. Scrive il gen. Giancotti


Ognuno di noi vive una sua realtà quotidiana, spesso molto impegnata, fatta di gioie e dolori (e delle loro sfumature) sempre interconnessa in qualche modo e misura a tante altre realtà, alle vite degli altri. La storia descrive l’esistenza collettiva, in

Ognuno di noi vive una sua realtà quotidiana, spesso molto impegnata, fatta di gioie e dolori (e delle loro sfumature) sempre interconnessa in qualche modo e misura a tante altre realtà, alle vite degli altri. La storia descrive l’esistenza collettiva, in continua evoluzione, in cui queste innumerevoli esistenze sono inscritte. Molte guerre le hanno collegate o divise attraverso grandi sofferenze, la cui impronta permane nella coscienza collettiva.

Il 2 giugno del 1946, la storia del nostro Paese ha dato origine alla Repubblica italiana, scelta dalla consultazione referendaria e strutturata l’anno successivo nella Carta costituzionale. Dopo millenni di quella continua evoluzione, è stato così definito un modello di convivenza civile che, mai come prima, promuove i diritti, la dignità e la libertà delle persone e la partecipazione alla vita politica, economica e sociale. La piena realizzazione di questo modello, tra i più avanzati, è ancora in corso e le contraddizioni di una società complessa sono molte. Tuttavia, ritengo vi sia da festeggiare.

Nonostante complessità, crisi e contraddizioni, in questa nostra Storia gli indicatori di benessere, salute, istruzione, cultura, libertà, rispetto dei diritti e delle diversità e altro sono cresciuti, molto. Vi sono opportunità, come certamente anche sfide, per farli crescere ancora, anche nell’ambito di una visione europea. Se misuriamo i tempi della storia, mai la realtà quotidiana di ognuno e per così tanti di noi è stata ai livelli di oggi. Mi sento di dire: che viva la Repubblica italiana. La sua festa è un simbolo importante.

Importante è anche fermarsi un momento, di tanto in tanto, tra gli impegni a guardare le nostre realtà e riflettere su ciò che ha davvero valore per noi. Troppo spesso si perde memoria del senso dei simboli, di cui si vede soltanto l’involucro. Uno di questi è la rivista militare del 2 giugno.

Se ha valore, per esempio, poter esprimere le proprie idee, lottare per esse, se ha valore la libertà dalla paura di una qualche autorità, da una violenza aperta o strisciante come modalità sociale, insomma, se ha valore la nostra democrazia con tutti i suoi difetti, allora la difesa di tutto ciò ha un senso, come anche dedicarvi attenzione.

Questo, Padri e Madri costituenti lo hanno ben compreso. Appena usciti da un terribile conflitto, con l’articolo 11 della Carta hanno ripudiato la guerra “come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”, nonché posto un impegno per la promozione della pace e della giustizia tra le nazioni. Allo stesso tempo, hanno previsto nell’articolo 52 e altri la difesa della Patria come “sacro dovere del cittadino” e l’istituzione delle Forze armate.

Ciò lega fortemente la Festa della Repubblica con la rivista militare che essa ospita. Più volte sospesa per considerazioni politiche e finanziarie, ha comunque attraversato i decenni, per via di quel legame. Se nei regimi autoritari le parate militari possono essere esibizione di forza, nel nostro debbono essere testimonianza che ciò che ha valore sarà difeso.

Oggi, dalle finestre dei media da cui le nostre realtà quotidiane si affacciano sul mondo, assistiamo ancora una volta alla tragedia immane della guerra. La sua triste consuetudine la rimuove spesso a sfondo episodico tra i nostri molti impegni, forse più fastidiosa per le piccole conseguenze nel nostro quotidiano e la sua incertezza ansiogena che altro.

Ma non lontano da noi, le realtà quotidiane di milioni di persone sono devastate dalla morte, da mutilazioni e ferite di centinaia di migliaia di uomini e donne, da entrambe le parti. L’immensa distruzione, la violenza su scala industriale, la sofferenza della popolazione di tutte le età, la drammatica compressione di benessere, salute, istruzione, cultura, libertà, rispetto dei diritti e molto altro, crescono drammaticamente. Proprio da tutto ciò la nostra Costituzione intende difenderci.

I cittadini hanno imparato ad apprezzare le loro Forze armate. Debbono ora porre grande attenzione a esse, insieme alle istituzioni della Repubblica, per comprendere come la Difesa possa sempre meglio contribuire alla visione costituzionale. Debbono pretendere dialettica sul tema cruciale della protezione di ciò che ha valore per noi. In questo momento, la rivista militare per la Festa della Repubblica significa la necessità speciale di questa attenzione. Comunica i suoi fondamentali. Esprime lo spirito di servizio ai cittadini, insieme alle altre istituzioni, e la subordinazione alle istituzioni democratiche. Porta in evidenza quel tema cruciale ma perlopiù rimosso e lo propone al dibattito. Anche critico.

Perché tutti gli strumenti necessari possano essere utilizzati al meglio per allontanare il mostro del conflitto armato dalle nostre realtà e da quelle degli altri, perché pace e giustizia tra i popoli, il ripudio della guerra, la difesa del Paese non siano solo argomenti di corsi di diritto costituzionale, ma obiettivi di strategie lungimiranti, condivise ed efficaci. I nuovi, difficili tempi che stiamo vivendo ce lo impongono.


formiche.net/2023/06/realta-si…



Una celebrazione unitaria della festa della Repubblica


Anche quest’anno è ritornato il 2 giugno, giorno in cui si celebra la proclamazione della Repubblica italiana. “Ma il 2 giugno ritorna sempre – osserverà qualcuno – è il calendario che ce lo porta!”. Sicuramente il calendario ci porta la data, ma la festa

Anche quest’anno è ritornato il 2 giugno, giorno in cui si celebra la proclamazione della Repubblica italiana. “Ma il 2 giugno ritorna sempre – osserverà qualcuno – è il calendario che ce lo porta!”. Sicuramente il calendario ci porta la data, ma la festa ha dovuto imporla per legge Carlo Azelio Ciampi nel 2000. Perché per anni era stata oggetto delle proposte meno immaginabili.

Le origini del 2 giugno

Una ricorrenza davvero maltrattata: sospesa, spostata alla domenica successiva, o anche non celebrata, autorizzata ma senza sfilata militare, o con sfilata sì, ma ridotta, con sorvolo aereo, senza sorvolo, con cingolati, senza cingolati o solo con blindati. Se proprio i cingolati ci dovevano essere, allora ecco le ruspe, adatte anche a sterro e macerie. “Duali”, come qualcuno vorrebbe fosse tutto ciò che è militare. Siamo anche arrivati al divieto di utilizzare i cavalli, sfiorando il ridicolo con i corazzieri appiedati. Isterie politiche? Eppure, a quei tempi, Greta Thunberg ancora non era nata. Mah….

Le cause di questo trambusto non sono mai state del tutto acclarate, ma le ipotesi e le ragioni addotte nel tempo sono state più d’una: l’Italia va male perché si lavora troppo poco, e – domeniche a parte – è quindi necessario accorpare le festività nazionali e, se possibile, anche alcune di quelle religiose. Stranamente, tutto ciò senza provocare strilli di dissenso tra le più gettonate forze sindacali.

Come mai? Poi si è capito. Tra le feste nazionali, nel mirino c’erano soprattutto quelle dove erano maggiormente coinvolte le Forze Armate, considerate uno spreco di denaro pubblico. Pensieri che ancora circolano, se fino a qualche anno fa non si faceva che citare un non meglio precisato “impiego duale” dei militari in ambito civile, compresi i mezzi, l’infrastruttura e i prodotti dell’industria specializzata. Cosa andava accorpato? Naturalmente feste unitarie come il 2 giugno e il 4 novembre, da integrare nella celebrazione (purtroppo ancora oggi divisiva) del 25 aprile. Ormai solo chi è nato e vissuto a quei tempi nel Nord-Italia (ma siamo rimasti in pochi, e per poco) sa bene il perché. Agli altri, non è mai stato raccontato.

La festa di tutti gli italiani

Come abbiamo visto, anche nel dopo-Ciampi in qualche momento la celebrazione ha sofferto di momenti difficili, ma da qualche anno il 2 giugno sta ternando a essere la principale festa degli italiani. È vero, è la festa di tutti gli italiani, e non solo dei militari, “che già hanno il 4 novembre”. Ma il 2 giugno, ricordiamocelo bene, i soldati sono quelli che contribuiscono a festeggiare la Repubblica con solennità, non sono loro i “festeggiati”, come potrebbe apparire dagli applausi della folla che si assiepa in via dei Fori Imperiali.

Il supporto popolare a questa manifestazione non verrà mai a mancare, i cittadini che pagano le tasse la pretendono, e nessuno è mai riuscito a frenarne l’entusiasmo. Solo una volta ho sentito qualche grido di indignazione, ed è successo non molti anni fa quando un’alta autorità parlamentare è scesa dal palco salutando con il pugno chiuso. O quando, al passaggio della Folgore, un’altra alta carica parlamentare (questa volta di sesso femminile) pur di non applaudire si è ostentatamente voltata, fingendo di parlare con chi sedeva nella poltroncina retrostante. È successo, l’ho visto con i miei occhi (ero seduto in seconda fila) ed è confermato dai filmati. Ora ritornerò a essere presente in Tribuna volentieri, perché so che cose simili non accadranno più e mi troverò tra persone cui poter stringere la mano sarà soltanto un onore.

È davvero un momento grave e difficile, con una postura internazionale che stiamo riuscendo a consolidare e persino a migliorare. Ma, purtroppo, con una guerra di aggressione e turbolenze etnico-politiche pericolosamente vicine alla porta di casa. Siamo impegnati a reagire al meglio, offrendo con coesione ed equilibrio una presenza credibile anche in ambito alleato ed europeo. Per questo motivo, la celebrazione unitaria di questo 2 giugno 2023 ha, all’interno e all’estero, il significato tutto particolare di un’Italia compatta e ben decisa a contribuire al superamento di una pericolosa situazione di stallo nelle relazioni internazionali.


formiche.net/2023/06/2-giugno-…



Kreditauskunftei CRIF hält Daten vor Konsumenten systematisch zurück


L'agenzia di riferimento del credito CRIF nasconde sistematicamente i dati ai consumatori il procedimento di noyb contro il credit bureau CRIF sta prosciugando una palude di violazioni legali e interpretazioni ciniche del GDPR. Oltre ai punteggi di credito imprecisi e alla raccolta illegale di dati, il missing piece


noyb.eu/de/credit-agency-crif-…



Ethiopia, ethnic cleansing persists despite the truce in Tigray


In Tigray, Ethiopia, abuses and violence continue after 2 years of genocidal war that began on 4 November 2020 and was formally stopped by the cessation of hostilities by signing an agreement in Pretoria between the central government and members of the T

In Tigray, Ethiopia, abuses and violence continue after 2 years of genocidal war that began on 4 November 2020 and was formally stopped by the cessation of hostilities by signing an agreement in Pretoria between the central government and members of the TPLF on 3 November 2022

  • Local authorities and Amhara forces in Western Tigray Zone in northern Ethiopia have continued an ethnic cleansing campaign against Tigrayans since the November 2, 2022, truce agreement.
  • The Ethiopian government should suspend, investigate, and appropriately prosecute security forces and officials implicated in serious rights abuses in Western Tigray.
  • International law provides that people forcibly removed from their homes have the right to return. However, the current context in Western Tigray is not conducive for voluntary, safe, and dignified returns.

These 3 points are the incipit highlighted by the recent report by HRW – Human Rights Watch

“The November truce in northern Ethiopia has not brought about an end to the ethnic cleansing of Tigrayans in Western Tigray Zone,” said Laetitia Bader, deputy African director at Human Rights Watch. “If the Ethiopian government is really serious about ensuring justice for abuses, then it should stop opposing independent investigations into the atrocities in Western Tigray and hold abusive officials and commanders to account.”


Interviews and testimonies collected by HRW reveal that internally displaced Tigrayans in western Tigray occupied by Amhara forces and former Tigrayan prisoners illegally arrested and detained in inhumane conditions and in abuse of international humanitarian law are still seeking justice for the posthumous violence.

Displacements during the war today have turned into a policy of ethnic replacement by the Amhara, trying to erase the identity of the Tigrinya people in the occupied areas by inducing them to exchange new identity documents with Amahara instead of Tigrinya.

On 6 May 2023 the testimony of Sister Laura, during the dinner of the Amici di Adwa ONLUS, spoke of the constant work of the Salesian mission in Adwa and of the medical and health support for adults and children thanks to the Kidane Mehret hospital, one of the few who have been miraculously active, even if with almost no sanitary materials and medicines for more than 2 years.

youtube.com/embed/JO6xd05vqQU?…

On 11 May 2023, the AU – African Union Verification and Compliance Monitoring Mission (MVCM) was denied entry into Irob District by Eritrean forces at a checkpoint in Sobeya, Eastern Tigrai.

The AU did not comment to TigraiTV which released the news, but a source who wished to remain anonymous but briefed on the facts and part of the monitoring team testified that according to him the AU has the information from the publication.

“We have also reported that we are not safe traveling, there is practically nobody protecting us, I am thankful the Eritrean troops left us with no harm”


According to the source, the AU monitoring team has planned to launch a patrol in Humera, West Tigrai on June 6, 2023. However, he noted that unsafe movements will negatively impact the monitoring process.

“We are not safe. besides we are not allowed to appear on the media”


On May 19, 2023, Roland Kobia, Ambassador for Europe to Ethiopia, paid the first formal visit of a Western representative, 7 months after the Pretoria Agreement, to an IDP camp in Shire, Tigray, reporting it via Twitter and thanking UNHCR Ethiopia and its partners for their work towards internally displaced persons.

Even today, on the date of publication of this study on June 2, 2023, transparency on objective and updated data on the IDP camps by the international humanitarian agencies in charge is slow.

On May 23, 2023, the IDPs, internally displaced in Tigray, demonstrate to claim their rights, today too many still abandoned and at the mercy of events. Peaceful demonstrations in several cities of Tigray: Abyi Adi, Adigrat, Adwa, Axum, Mekelle, Shire…

A sign in Mekelle read:

“We want to farm and live; we don’t want to continue waiting for aid”


The real activity of ethnic replacement is not the one denounced by the Italian Minister Lollobrigida who causes alarmism by intimidating the invasion of Italy by African migrants, but should learn what “ethnic replacement” really means by updating with the real and current facts that are taking place by political will in Ethiopia today.

Another protester warned against “the illegal act of demographic change in western Tigray” by Amhara state. (report reported by TGHAT)

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On 25 May 2023 Eritrean troops in Tigray blocked a mission led by UNOCHA Deputy Chief of Ethiopia consisting of UNOCHA, UNDSS, WHO and other NGOs which were barred from entering Gemhalo village in Tahtay woreda [district] Adiyabo.

The mission was stalled after it traveled 16km from Sheraro around Waela-Nihbi. Eritrean forces are located in Tigray a short distance from Sheraro, occupying five kebeles [neighborhoods] in Tahtay-Adiyabo woreda [district] (source CNN)

On May 26, 2023 Goyteom Gebreegziabher shares map of inaccessible schools in Tigray:

“Inaccessible schools of #Tigrai. 548 (23%) schools of #Tigrai is still #inaccessible, due to invaded by (318) and Amhara (230) forces. The # of schools in Central (13), Eastern (46), North West (97), Southern (151) and Western (219) Tigrai.”


Scuole inaccessibili in Tigray occupate dalle forze amhara ed eritree - EtiopiaInaccessible schools in Tigray occupied by Amhara and Eritrean forces – Ethiopia
On May 26, 2023 Woldegiorgis G.Hiwot denounces and shares a photo of an ID:

“AmharaState is settling people in areas ethnic Tigrayans have been cleansed by its barbaric militants. It has been forcing the remaining Tigrayans to change their identities to Amharas. It’s distributing ID_Cards in Amharic in the Raya_Tigray, as it did in the Western_Tigray.”


Carta di identità in amarico come pulizia demografica e repressione del popolo del TigrayIdentity card in Amharic as a demographic cleansing and repression of the people of Tigray
On the other hand, with regard to the pursuit of justice for all the victims of the genocidal war in Tigray, the USA and Europe have swept the mission of pursuing this goal like dust under the carpet: justice which is the cornerstone towards peace.

In fact, the Pretoria agreement is a very important cessation of hostilities agreement to silence the weapons, but to be considered a stop-gap solution as a truce to recover time in seeking real ways to rebuild Tigray and the society in Ethiopia which is now so flawed that it is not known how many more generations must pass to be able to recover perhaps a minimum of stability.

Several observers have accused this agreement as agreed and instilled at the table by senior US officials who have been passed off as mere observers of the negotiations mediated by the African Union: for some, however, it seems and hypothesizes instead they were the architects of the first drafts of the truce plan and cessation of hostilities.

A not so improbable hypothesis given the world war between the super powers, the cold war between the USA and Russia and all their allies, whose balance is increasingly evident is Africa for its resources.

In fact, the HRW report underlines how:

While the European Union, the United States, and other international partners have said that justice is a priority in Tigray, they are falling short of identifying explicit or concrete benchmarks for accountability for the atrocities against Tigrayans in Western Tigray, despite the near absence of independent investigations there to date, Human Rights Watch said. Instead, since the signing of the truce, many governments have sought a rapprochement with Ethiopian federal authorities rather than seeking tangible progress on accountability. In April, the EU Foreign Affairs Council adopted formal conclusions on its future engagement with Ethiopia but did not address the lack of progress on justice, including in Western Tigray.


If during the genocidal war the Italy of former foreign minister Luigi Di Maio was slow to wait, that of the current Meloni government wasted no time in donating 182 million euros as three-year loans to support stability and economic development in the agro chain Ethiopian food by signing agreements with the Ethiopian government implicated in war crimes and crimes against humanity.

Economic agreements for international cooperation projects are the mask of neo-colonialism which is a transversal dynamic to the political color of the left or right, but a neo-colonial system which uses hard currency to grab the resources of rich Africa subjugated and enslaved by the capitalist system.

The truce agreement is nothing against silent death (by starvation), injustice and the political will to maintain the status quo and power


The 3 fundamental requests shared by the international community at the beginning of the war since the end of 2020, which appealed to frontline forces, even 7 months after the signing of the Pretoria agreement in November 2022, are still disregarded.

  • Withdrawal of the external forces occupying Tigray
  • Widespread humanitarian aid and support for all people in serious medical, health, food and psychological need;
  • justice for all victims;

I posted this photo exactly 2 years ago, May 2021!!!
Davide Tommasin - Io sto con il Popolo del TigrayIo sto con il Popolo del Tigray – voglio stare dalla parte delle persone che soffrono

Africa to Africans, but it’s known that capitalism is stronger and it’s the new colonialism that produces slavery


Joe Biden’s USA organized the Africa Leaders Summit in Washington between December 13 and 15, 2022 to pamper the various African governors, including Ethiopia which had previously excluded from the AGOA for obvious reasons given the criminal war actions which did not formally align with the statute of economic agreements.

Ukraine and Russia have not stood idly by and have ceaselessly cultivated relations and new agreements in Africa during and after the war.

A fact that confirms the thirst to procure new resources from a rich continent such as Africa, but still subject to the economic yoke, a new tool of soft-colonialism, neo-colonialism that produces new slaves.

On 24 May 2023, the declarations of the Minister of Foreign Affairs in Italy Antonio Tajani declaring that “The priority of Italian foreign policy is Africa” (full article)

On May 27, 2023 The Reporter reports that Dmytro Kuleba, Foreign Minister of Ukraine visited Morocco, Ethiopia and Rwanda with the aim of building Ukraine’s economic partnerships in Africa, with Ethiopia as one of its most significant trading partners on the continent.

According to the State Statistics Agency of Ukraine, Ukraine and Ethiopia traded $285 million worth of goods and services as of December 31, 2021, with Ukraine importing $7 million and exporting $278 million in the 2021.

On May 29, 2023, Russian Foreign Minister Sergei Lavrov flies to Kenya and shakes hands with President Ruto.

On the same day Salsay Weyane Tigrai (SaWeT), political opposition in Tigray, denounces that in the last 10 days alone the Amhara forces have killed 20 people of the Tigray ethnic group in the area of western Tigray they are occupying.

On 30 May 2023, the Russian Min. Lavrov will meet his counterpart from Burundi, Albert Shingiro.

On the same day Moscow instead welcomes the visit of the dictator of Eritrea Isaias Afwerki welcomed at the invitation of the last tsar, Vladimir Putin: both share the same thirst for power. The two despots united by being invaders and instigators of war crimes and crimes against humanity through their armies that have occupied and invaded other countries, the first Ukraine and the second the regional state of Tigray in Ethiopia. The previous days, Isaias Afwerki had visited President Xi Jinping in China.

At the same time, the USA issues the communiqué through the Department of State:

US Ambassador Mike Hammer, Special Envoy for the Horn of Africa (#SEHOA), will travel May 31-June 6 to #Djibouti and #Ethiopia
In Ethiopia, Ambassador Hammer will meet with African Union officials on the implementation of the November 2, 2022 #Tigray Cessation of Hostilities Agreement (#COHA).
He will discuss progress and priorities, including transitional justice efforts and accountability, as well as disarmament, demobilization and reintegration planning, with Ethiopian government officials in #AddisAbaba and the Interim Regional Administration of the Tigray to #Mekele”


People don’t eat money


Economic stability is important for a country’s development, but it is only part of the solution.

In fact, despite the fact that the West led by the USA, and Europe to follow, is trying to get back on the path of economic agreements, putting justice for the hundreds of thousands of war victims into the background, people are still dying of hunger.

On May 26, 2023 on the Youtube channel of Barbascura X, a character known as a chemist and scientific popularizer, had started a fundraising live for UNHCR Italy linked to the activities to combat climate change, drought and developing countries.

Noteworthy are the words as testimony of the guest and employee of UNHCR Italy present in Addis Ababa who declared:

“Last year [2022] for example, as UNHCR we did not provide even half of the basic needs [for people] because we did not receive enough funds and now with the outbreak of the Sudan crisis more refugees are arriving [in Ethiopia]”


On May 29, 2023, the complaint of Ayder Hospital in Mekelle, capital of the regional state of Tigray which declared:

“New admissions due to malnutrition is increasing in #AyderHospital. A 28% increament from March to April alone is observed. We call upon humanitarian organizations to resume their services to save life.”


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In a recent move that has sparked controversy, the World Food Program (WFP) and the State Agency for International Development (USAID) suspended aid delivery to Tigray due to reports of looting and theft. (full article)

With regard to the funds destined for the humanitarian sector towards developing countries such as those in Africa, the analysis and complaint by Sara Harcourt, Senior Policy Director of ONE is peculiar (full article):

“Billions of dollars for developing countries have never left donor countries.”


On May 30, 2023, Spanish journalist Ximena Borrazas shares a photo with an equally alarming report:

Il 30 maggio 2023 la giornalista spagnola Ximena Borrazas condivide una foto con una segnalazione altrettanto allarmante:

“Hunger queues.
At the Don Bosco school and humanitarian aid centre, hundreds of women with children and babies crowded the street waiting to receive soup to treat child malnutrition.
These children depend on this institution for food.
#TigrayWar #TigrayGenocide #Aid4Tigray #HumanRights #Etiopia”
7487904Copyright of Ximena Borrazas


On May 31, analyst Duke Burbridge points out:

“Day 62 of the suspension of food aid to #Tigray by @WFP
and @USAID
Appeals to good practices and do no harm are ignored.
No transparency. No updates.
Just two agencies frozen in failure while innocent families starve to death. #Aid4Tigray”


On the same day, news came out that Ethiopian Airlines, the first Ethiopian airline, faces a lawsuit for blocking the travel of Tigrayans. The passengers, reports The Guardian, accuse the airline of refusing to sell tickets to people of the ethnic minority to fly from the regional state of Tigray to Addis Ababa.

While a few days earlier, precisely on May 27, 2023, The Reporter reported that the same Ethiopian airline denounced for acts of ethnic repression was making agreements with the e-commerce giants, the Chinese Alibaba and Amazon:

“Ethiopian Airlines Group is set to launch a cutting-edge global e-commerce enterprise, in partnership with e-commerce giants Alibaba and Amazon, among other collaborators.

Located adjacent to the cargo terminal at Bole International Airport, ET’s e-commerce hub is nearing completion, with a staggering construction cost of USD 50 million.”


On June 1, 2023, the Spanish photographer Ximena Borrazas brings her direct testimony from Tigray regarding the IDPs and the survival conditions of the internally displaced persons she was able to visit, a cry of denunciation towards the rich West:

“During the two weeks I spent documenting the humanitarian crisis in Tigray, I visited Mekele, Abi Adi, Adwa, Axum and Samre. I interviewed dozens of IDPs in IDP centres and also in hospitals.

One thing that really struck me: the big international NGOs drive around the city in 4×4 vehicles costing more than €40,000, but I don’t know what they are doing there because the reality is that they cut off humanitarian aid supplies four months ago!

The refugee camps are SHAME. They have thousands of people living in subhuman conditions; no electricity, no water, no gas, no toilets, no food, no medicine.

The lucky ones have a miserable old dirty mattress to sleep on, otherwise they have to improvise and build a bed out of stones. I mean, pregnant women, children, babies and old people sleep in these beds!

We have NO FUCKING idea in Europe what it is like to be in need, what it is like to wish for the day to die so as not to suffer any more for not having enough to eat and not having the strength to go out and look for food.

It is very sad to see how for one part of the world there is everything but for the other part of the world, the part that is always in the shadow of the international press, there is nothing.”


Copyright di Ximena BorrazasCopyright of Ximena Borrazas
Not only mainstream information in Italy, but also the information that stands as a champion of the last and to give a voice to those who have no voice dictated by “right-thinking” and “respectable people” has forgotten Tigray after the watershed dated November 2022 (Pretoria agreement). In fact among the many “forgotten crises” they are also forgotten by those journalists who have proclaimed themselves champions of justice through articles, updates and analyzes and who in doing so lose even that minimum of credibility.

The Tigrinya diaspora in Italy and its multiple appeals had been snubbed and ignored during the period of the genocidal war by the government. The appeal signed by the diaspora and by civil society and formally sent to the Farnesina, to the office of the Ministry of Foreign Affairs is still awaiting a response from the Italian government offices.

The diaspora, given the recent violence, criminal choices due to the political will of the food support block, blocks for the occupation of the Eritrean and Amhara forces in Tigray, has decided to organize a demonstration on June 7, 2023 in front of the FAO headquarters in Rome to to reaffirm the call for justice for war victims and to enforce the cessation of hostilities agreement and its points.
74879067487908LA diaspora del Tigray in Italia chiede giustizia per le vittime della guerra genocida, chiede il rispetto dell'accordo di Pretoria.
Below are the links to the services of Tigray TV which denounces the humanitarian crisis in Tigray for millions of people that seems to have no end, but forgotten by the world, out of convenience or ignorance.


tommasin.org/blog/2023-06-02/e…



Etiopia, la pulizia etnica persiste nonostante la tregua in Tigray


In Tigray, Etiopia, abusi e violenze continuano dopo 2 anni di guerra genocida iniziata il 4 novembre 2020 e fermata formalmente dalla cessazione ostilità siglando un accordo a Pretoria tra governo centrale e membri del TPLF il 3 novembre 2022 Le autorità

In Tigray, Etiopia, abusi e violenze continuano dopo 2 anni di guerra genocida iniziata il 4 novembre 2020 e fermata formalmente dalla cessazione ostilità siglando un accordo a Pretoria tra governo centrale e membri del TPLF il 3 novembre 2022

  • Le autorità locali e le forze Amhara nella zona del Tigray occidentale nell’Etiopia settentrionale hanno continuato una campagna di pulizia etnica contro i tigrini dall’accordo di tregua del 2 novembre 2022.
  • Il governo etiope dovrebbe sospendere, indagare e perseguire adeguatamente le forze di sicurezza e i funzionari implicati in gravi violazioni dei diritti nel Tigray occidentale.
  • Il diritto internazionale prevede che le persone allontanate con la forza dalle loro case abbiano il diritto di tornare. Tuttavia, l’attuale contesto nel Tigray occidentale non è favorevole a rimpatri volontari, sicuri e dignitosi.

Questi 3 punti sono l’incipit evidenziati dal recente report di HRW – Human Rights Watch

Laetitia Bader, vicedirettore africano di Human Rights Watch, ha affermato:

“La tregua di novembre nel nord dell’Etiopia non ha posto fine alla pulizia etnica dei tigrini nella zona del Tigray occidentale. Se il governo etiope è davvero serio nel garantire giustizia per gli abusi, allora dovrebbe smettere di opporsi a indagini indipendenti sulle atrocità nel Tigray occidentale e tenere conto di funzionari e comandanti violenti”


Le interviste e le testimonianze raccolte da HRW rivelano che gli sfollati interni tigrini nel Tigray occidentale occupato dalle forze amhara e gli ex prigionieri tigrini arrestati illegalmente e detenuti in condizioni disumane e in abuso del diritto umanaitario internazionale, ancora oggi cercano giustizia sulle violenze subìte a postumi.

Gli sfollamenti durante la guerra oggi si sono trasformati in una politica di sostituzione etnica da parte amhara, cercando di cancellare l’identità del popolo tigrino nelle zone occupate inducendoli al cambio di nuovi documenti di identità dalle diciture amahara invece che tigrino.

Il 6 maggio 2023 la testimonianza di Suor Laura, durante la cena degli Amici di Adwa ONLUS, parla del costante lavoro della missione salesiana ad Adwa e del supporto medico sanitario ad adulti e bambini grazie all’ospedale Kidane Mehret, uno dei pochi miracolati e rimasti attivi, anche se con quasi alcun materiale igienico sanitario e medicinali per più di 2 anni.

youtube.com/embed/JO6xd05vqQU?…

L’11 maggio 2023 alla Missione di monitoraggio di verifica e conformità (MVCM) dell’UA – Unione Africana è stato negato l’ingresso nel distretto di Irob dalle forze eritree a un posto di blocco a Sobeya, nel Tigrai orientale.

L’UA non ha rilasciato dichiarazioni a TigraiTV che ha diffuso la notizia, ma una fonte che ha voluto rimanere anonima ma informata sui fatti e parte del team di monitoraggio ha testimoniato che secondo lui l’UA ha le informazioni dalla pubblicazione.

“Abbiamo anche riferito che non viaggiamo sicuri, praticamente nessuno ci protegge, sono grato che le truppe eritree ci abbiano lasciato senza danni”


Secondo la fonte il team di monitoraggio dell’UA ha programmato di lanciare una pattuglia a Humera, nel Tigrai occidentale, il 6 giugno 2023. Tuttavia, ha notato che i movimenti non sicuri avranno un impatto negativo sul processo di monitoraggio.

“Non siamo al sicuro. inoltre non ci è permesso apparire sui media”


Il 19 maggio 2023 Roland Kobia, ambasciatore per l’Europa in Etiopia, ha effettuato la prima visita formale di un rappresentante dell’ occidente, dopo 7 mesi dall’accordo di Pretoria, in un campo IDP a Shire, in Tigray segnalandolo via Twitter e ringraziando UNHCR Ethiopia e i suoi partner per l’operato verso gli sfollati interni.

Ancora oggi, in data di pubblicazione di questo approfondimento del 2 giugno 2023, trasparenza su dati oggettivi ed aggiornati sui campi IDP da parte delle agenzie umanitarie internazionali preposte si fanno attendere.

Il 23 maggio 2023 gli IDP, sfollati interni in Tigray manifestano per rivendicare i loro diritti, oggi ancora troppi abbandonati e in balia degli eventi. Manifestazioni pacifiche in diverse città del Tigray: Abyi Adi, Adigrat, Adwa, Axum, Mekelle, Shire…

In un cartello a Mekelle si è letto:

“Vogliamo coltivare e vivere; non vogliamo continuare ad aspettare aiuti”


La vera attività di sostituzione etnica non è quella denunciata dal Ministro italiano Lollobrigida che procura allarmismo intimando l’invasione dell’Italia da parte dei migranti africani, bensì dovrebbe imparare cosa significhi veramente “sostituzione etnica” aggiornandosi con i fatti reali ed attuali che stanno avvenendo per volontà politica in Etiopia oggi.

Un altro manifestante ha messo in guardia contro: “l’atto illegale di cambiamento demografico nel Tigray occidentale” da parte dello stato di Amhara. (segnalazione riportata da TGHAT)

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Il 25 maggio 2023 le truppe eritree in tigray hanno bloccato una missione guidata dal vice capo UNOCHA dell’Etiopia composta da UNOCHA, UNDSS, OMS e altre ONG a cui è stato vietato l’ingresso nel villaggio di Gemhalo nella woreda [distretto] di Tahtay Adiyabo.

La missione è stata bloccata dopo che ha viaggiato per 16 km da Sheraro intorno a Waela-Nihbi. Le forze eritree si trovano nel Tigray a breve distanza da Sheraro, occupando cinque kebeles [quartieri] in Tahtay-Adiyabo woreda [distretto] (fonte CNN)

Il 26 maggio 2023 Goyteom Gebreegziabher condivide la mappa delle scuole inaccessibili in Tigray:

“548 (23%) scuole del #Tigrai è ancora inaccessibile, a causa dell’invasione delle forze eritree (318) e Amhara (230). Il numero di scuole nel Tigrai centrale (13), orientale (46), nord-occidentale (97), meridionale (151) e occidentale (219).”
Scuole inaccessibili in Tigray occupate dalle forze amhara ed eritree - EtiopiaScuole inaccessibili in Tigray occupate dalle forze amhara ed eritree – Etiopia
Il 26 maggio 2023 Woldegiorgis G.Hiwot denuncia e condivide la foto di un ID:

“Lo stato di Amhara sta insediando persone in aree di etnia tigrina che sono state ripulite [etnicamente] dai suoi barbari militanti. Ha costretto i restanti tigrini a cambiare la loro identità in amharas. Sta distribuendo carte d’identità in amarico nella woreda Raya [Tigray meridionale], come ha fatto nel Tigray occidentale.”


Carta di identità in amarico come pulizia demografica e repressione del popolo del TigrayCarta di identità in amarico come pulizia demografica e repressione del popolo del Tigray
D’altro canto riguardo al perseguimento di giustizia per tutte le vittime della guerra genocida in Tigray, USA ed Europa hanno messo come polvere sotto il tappeto la missione di perseguimento di tale obiettivo: giustizia che è la colonna portante verso la pace.

L’accordo di Pretoria infatti è un accordo di cessazione ostilità importantissimo per far tacere le armi, ma da considerarsi una soluzione tampone come tregua per recuperare tempo nel cercare reali vie per la ricostruzione del Tigray e della società in Etiopia che ormai è talmente incrinata che non si sa quante altre generazioni debbano passare per riuscire a recuperare forse un minimo di stabilità.

Diversi osservatori hanno imputato questo accordo come concordato e instillato a tavolino da alti funzionari USA che sono stati fatti passare come meri osservatori dei negoziati mediati dall’Unione Africana: per qualcuno però sembra ed ipotizza invece siano stati gli artefici delle prime bozze del piano di tregua e cessazione ostilità.

Un’ipotesi nemmeno tanto improbabile visto la guerra mondiale tra le super potenze, la guerra fredda tra USA e Russia e tutti i loro alleati, il cui ago della bilancia è sempre più eveidente sia l’Africa per le sue risorse.

Nel report di HRW infatti viene sottolineato come:

“Sebbene l’Unione europea, gli Stati Uniti e altri partner internazionali abbiano affermato che la giustizia è una priorità nel Tigray, non riescono a identificare parametri di riferimento espliciti o concreti per la responsabilità delle atrocità contro i tigrini nel Tigray occidentale, nonostante la quasi assenza di autorità indipendenti indagini lì fino ad oggi, ha detto Human Rights Watch. Invece, dalla firma della tregua, molti governi hanno cercato un riavvicinamento con le autorità federali etiopi piuttosto che cercare progressi tangibili in materia di responsabilità. Ad aprile, il Consiglio Affari esteri dell’UE ha adottato conclusioni formali sul suo futuro impegno con l’Etiopia, ma non ha affrontato la mancanza di progressi in materia di giustizia , anche nel Tigray occidentale.”


Se durante la guerra genocida l’Italia dell’ ex ministro degli esteri Luigi Di Maio si è fatta attendere, quella dell’attuale governo Meloni non ha perso tempo per elargire 182 milioni di euro come finanziamenti triennali per supportare stabilità e sviluppo economico nella filiera agro alimentare etiope siglando accordi con il governo etiope implicato in crimini di guerra e contro l’umanità.

Gli accordi economici per progetti di cooperazione internazionale sono la maschera del neo colonialismo che è dinamica trasversale al colore politico di sinistra o destra, ma sistema neo colonialista che usa la moneta sonante per accapparrarsi le risorse della ricca Africa soggiogata e schiava del sistema capitalistico.

L’accordo di tregua non può nulla contro la morte silenziosa (per fame), l’ingiustizia e le volontà politiche per mantenere status quo e potere


Le 3 richieste fondamentali condivise dalla comunità internazionale all’ inizio della guerra dalla fine del 2020, che facevano appello alle forze in prima linea, anche dopo 7 mesi dalla sigla dell’accordo di Pretoria del novembre 2022, sono ancora disattese.

  • Ritiro delle forze esterne occupanti il Tigray
  • Aiuti e supporto umanitario capillare e per tutte le persone in grave stato di bisogno medico sanitario, alimentare e psicologico;
  • giustizia per tutte le vittime;

Questa foto l’ho pubblicata esattamente 2 anni fa, maggio 2021!!!
Davide Tommasin - Io sto con il Popolo del TigrayIo sto con il Popolo del Tigray – voglio stare dalla parte delle persone che soffrono

L’Africa agli africani, ma si sa che il capitalismo è più forte ed è il nuovo colonialismo produttore di schiavitù


Gli USA di Joe Biden ha organizzato l’ Africa Leaders Summit a Washington tra il 13 e il 15 dicembre 2022 per coccolarsi i vari governatori africani, tra cui l’Etiopia che aveva precedentemente escluso dall’ AGOA per ovvi motivi visto le azioni criminose di guerra che non si allineavano formalmente allo statuto degli accordi economici.

Ucraina e Russia non sono rimasti a guardare ed hanno incessantemente coltivato relazioni e nuovi accordi in Africa durante e post guerra.

Un fatto che conferma la sete si procacciarsi nuove risorse da un continente ricco qual è l’Africa, ma ancora assoggettato al giogo economico, nuovo strumento di soft-colonialism, neo colonialismo che produce nuovi schiavi.

Il 24 maggio 2023 le dichiarazioni del Ministro degli esteri in Italia Antonio Tajani dichiarante che “La priorità della politica estera italiana è l’Africa” (articolo completo)

Il 27 maggio 2023 The Reporter segnala che Dmytro Kuleba, Ministro degli Esteri ucraino ha fatto visita in Marocco, Etiopia e Ruanda con l’obiettivo di costruire partenariati economici dell’Ucraina in Africa, con l’Etiopia come uno dei suoi partner commerciali più significativi nel continente.

Secondo l’Agenzia statale di statistica dell’Ucraina, Ucraina ed Etiopia hanno scambiato beni e servizi per un valore di 285 milioni di dollari al 31 dicembre 2021, con l’Ucraina che ha importato 7 milioni di dollari ed esportato 278 milioni di dollari nel 2021.

Il 29 maggio 2023 il Ministro degli Esteri della Russia Sergei Lavrov vola in Kenya e stringe la mano al presidente Ruto.

Lo stesso giorno Salsay Weyane Tigrai (SaWeT), opposizione politica in Tigray, denuncia che solo negli ultimi 10 giorni le forze amhara hanno ucciso 20 persone di etnia tigrina nell’area del Tigray occidentale che stanno occupando.

Il 30 maggio 2023 il Min. russo Lavrov si vedrà al cospetto della controparte del Burundi, Albert Shingiro.

Lo stesso giorno Mosca invece accoglie la visita del dittatore dell’Eritrea Isaias Afwerki accolto su invito dell’ultimo zar, Vladimir Putin: tutti e due accomunati dalla stessa sete di potere. I due despoti accomunati dalll’ essere invasori e mandanti di crimini di guerra e contro l’umanità attraverso i loro eserciti che hanno occupato e invaso altri Paesi, il primo l’Ucraina e il secondo lo stato regionale del Tigray in Etiopia. I giorni precedenti Isaias Afwerki aveva fatto visita al presidente Xi Jinping in Cina.

In concomitanza gli USA emanano il comunicato tramite il Dipartimento di Stato:

L’ambasciatore USA Mike Hammer, inviato speciale per il Corno d’Africa (#SEHOA), viaggerà dal 31 maggio al 6 giugno a #Gibuti e in #Etiopia
In Etiopia l’ambasciatore Hammer incontrerà i funzionari dell’Unione africana sull’attuazione dell’accordo sulla cessazione delle ostilità in #Tigray del 2 novembre 2022 (#COHA).
Discuterà i progressi e le priorità, compresi gli sforzi per la giustizia di transizione e la responsabilità, nonché la programmazione del disarmo, della smobilitazione e del reinserimento, con i funzionari del governo etiope ad #AddisAbeba e con l’Amministrazione regionale ad interim del Tigray a #Mekele”


Le persone non mangiano soldi


La stabilità economica è importante per lo sviluppo di un Paese, ma è solo una parte della soluzione.

Infatti nonostante l’occidente guidato dagli USA, ed Europa a seguire, stia cercando di riprendere la via degli accordi economici mettendo in secondo piano la giustizia per le centinaia di migliaiai di vittimie di guerra, le persone stanno ancora morendo di fame.

Il 26 maggio 2023 sul canale Youtube di Barbascura X, personaggio noto come chimico e divulgatore scientifico, aveva avviato una live per la raccolta fondi per l’ UNHCR Italia legato alle attività di contrasto del cambiamento climatico, siccità e paesi in via di sviluppo.

Degne di nota sono le parole come testimonianza della ospite e dipendente dell’ UNHCR Italia presente ad Addis Abeba che ha dichiarato:

“Lo scorso anno [2022] per esempio, come UNHCR non abbiamo provveduto nemmeno alla metà dei bisogni basici [per le persone] perché non abbiamo ricevuto fondi sufficienti ed ora con lo scoppio della crisi del Sudan stanno arrivando altri rifugiati [in Etiopia]”


Il 29 maggio 2023 la denuncia dell’Ayder Hospital di Mekelle, capitale dello stato regionale del Tigray che ha dichiarato:

“I nuovi ricoveri per malnutrizione sono in aumento nell’ #AyderHospital . Solo per i mesi di marzo ed aprile si osserva un aumento del 28%. Chiediamo alle organizzazioni umanitarie di riprendere i loro servizi per salvare vite umane.”

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In una recente mossa che ha suscitato polemiche, il Programma Alimentare Mondiale (WFP) e l’Agenzia Statale per lo Sviluppo Internazionale (USAID) hanno sospeso la consegna degli aiuti al Tigray a causa di denunce di saccheggi e furti. (articolo completo)

Riguardo ai fondi destinati al comparto umanitario verso i paesi in via di sviluppo come quelli in Africa, peculiare è l’analisi e la denuncia da parte di Sara Harcourt, Senior Policy Director di ONE (articolo completo):

“Miliardi di dollari per i Paesi in via di sviluppo non hanno mai lasciato i paesi donatori.”


Il 30 maggio 2023 la giornalista spagnola Ximena Borrazas condivide una foto con una segnalazione altrettanto allarmante:

“Code per la fame
Alla scuola Don Bosco e al centro di aiuto umanitario [in Tigray], centinaia di donne con bambini e neonati hanno affollato la strada in attesa di ricevere la minestra per curare la malnutrizione infantile.
Questi bambini dipendono da questa istituzione per il cibo.
#TigrayWar #TigrayGenocide #Aid4Tigray #HumanRights #Etiopia”
7487456Copyright di Ximena Borrazas


Il 31 maggio l’analista Duke Burbridge sottolinea:

“Giorno 62 della sospensione degli aiuti alimentari al #Tigray da parte di WFP e USAID.

Gli appelli alle buone pratiche e al non nuocere vengono ignorati. Nessuna trasparenza. Nessun aggiornamento.

Solo due agenzie congelate nel fallimento mentre famiglie innocenti muoiono di fame. #Aid4Tigray”


Lo stesso giorno esce la notizia che l’Etiopian Airlines, la prima compagnia aerea etiope, affronta una causa legale per aver bloccato i viaggi dei tigrini. I passeggeri, fa sapere il The Guardian, accusano la compagnia aerea di rifiutarsi di vendere biglietti a persone della minoranza etnica per volare dallo stato regionale del Tigray ad Addis Abeba.

Mentre qualche giorno prima, precisamente il 27 maggio 2023 The Reporter segnalava che la stessa compagnia aerea etiope denunciata per atti di repressione etnica stringeva accordi con i colossi dell’ e-commerce, il cinese Alibaba e Amazon:

“Ethiopian Airlines Group è pronta a lanciare un’impresa di e-commerce globale all’avanguardia, in collaborazione con i giganti dell’e-commerce Alibaba e Amazon, tra gli altri collaboratori.

Situato accanto al terminal merci dell’aeroporto internazionale di Bole, l’hub di e-commerce di ET è in fase di completamento, con un costo di costruzione sbalorditivo di 50 milioni di dollari.”


L’ 1 giugno 2023 la fotografa spagnola Ximena Borrazas porta la sua testimonianza diretta dal Tigray riguardo gli IDP e le condizioni di sopravvivenza degli sfollati interni che ha potuto visitare, un grido di denuncia verso il ricco occidente:

“Durante le due settimane trascorse a documentare la crisi umanitaria nel Tigray, ho visitato Mekele, Abi Adi, Adwa, Axum e Samre. Ho intervistato dozzine di sfollati nei centri per sfollati e anche negli ospedali.

Una cosa che mi ha colpito molto: le grandi ONG internazionali girano per la città con veicoli 4×4 che costano più di 40.000 euro, ma non so cosa ci facciano lì perché la realtà è che quattro mesi fa hanno interrotto le forniture di aiuti umanitari!

I campi profughi sono VERGOGNA. Hanno migliaia di persone che vivono in condizioni subumane; niente elettricità, niente acqua, niente gas, niente servizi igienici, niente cibo, niente medicine. I fortunati hanno un misero vecchio materasso sporco su cui dormire, altrimenti devono improvvisare e costruire un letto di pietre.

Voglio dire, donne incinte, bambini, neonati e anziani dormono in questi letti!

Non abbiamo un CAZZO di idea in Europa di cosa significhi essere bisognosi, di cosa significhi desiderare il giorno della morte per non soffrire più per non avere abbastanza da mangiare e per non avere la forza di uscire e cercare per cibo.

È molto triste vedere come per una parte del mondo ci sia tutto, ma per l’altra parte del mondo, quella che è sempre all’ombra della stampa internazionale, non ci sia niente.”


Copyright di Ximena BorrazasCopyright di Ximena Borrazas
Non solo l’informazione mainstream in Italia, ma nache l’informazione che si erge paladina degli ultimi e di dare voce a chi non ha voce dettata dai benpensanti e perbenisti ha dimenticato il Tigray dopo lo spartiacque datato novembre 2022 (accordo di Pretoria) Infatti tra le tante “crisi dimenticate” vengono dimenticate anche da loro, da quei giornalisti che si son proclamati paladini della giustizia attraverso articoli, aggiornamenti ed analisi e che con questo fare perdono anche quel minimo di credibilità.

La diaspora tigrina in Italia ed i suoi molteplici appelli erano stati snobbati ed inascoltati durante il periodo della guerra genocida da parte del governo. L’appello sottoscritto dalla diaspora e da parte della società civile e formalmente inviato alla Farnesina, all’ ufficio del Ministero degli Esteri è ancora in attesa di risposta dalle cariche governative italiane.

La diaspora, visto i recenti violenze, scelte criminali per volontà politiche del blocco di supporto alimentare, blocchi per l’occupazione delle forze eritree ed amhara in Tigray, ha deciso di organizzare una manifestazione il 7 giugno 2023 davanti alla sede della FAO a Roma per rivendicare nuovamente la richiesta di giustizia per le vittime di guerra e chiedendo che venga fatto rispettare l’accordo di cessazione ostilità ed i suoi punti.
74874587487460LA diaspora del Tigray in Italia chiede giustizia per le vittime della guerra genocida, chiede il rispetto dell'accordo di Pretoria.
Di seguito riporto i link ai servizi di Tigrai TV che denuncia la crisi umanitaria in Tigray per milioni di persone che sembra non avere fine, ma dimenticata dal mondo, per conveninza o per ignoranza.


tommasin.org/blog/2023-06-02/e…



Let's try to write a post from Friendica to Kbin (post friendica with title)


@Test magazine
This is the text of the post. We'll add some bold and italic formatting and a link.

And now a title

reshared this

in reply to Nome Cognome😅

The icing on the cake is that I saw this post and I am replying via Calckey/Hajkey
Questa voce è stata modificata (2 anni fa)
in reply to Ada

i cannot get over that test post from friendica tbh > i am puzzled!

this is the reason:
kbin.social/u/@nomeutente@poli…
it is not a post, but an article! how did that happen, as it was not sent from a group?

Unknown parent

unkn - Collegamento all'originale
SparkIT
Not sure what I did with Friendica notifications, but it seems the only like that shows up on the message is the one from Mastodon.


Einaudi: il pensiero e l’azione – “L’Europeista” con Lorenzo Infantino


Una lezione del Professore Infantino sull‘attualità dell’idea di Europa di Einaudi. Rubrica “Einaudi: il pensiero e l’azione” L'articolo Einaudi: il pensiero e l’azione – “L’Europeista” con Lorenzo Infantino proviene da Fondazione Luigi Einaudi. https:/


Il Parlamento europeo ha approvato oggi il regolamento ASAP, per sovvenzionare l'industria di armi e la produzione di munizioni in Europa. Milioni di euro regal



#Maturità2023, sono disponibili online le commissioni dell’Esame conclusivo del II ciclo di istruzione. Potete consultarle qui ▶ matesami.pubblica.istruzione.


Dopo la Dunkerque degli esuli di Twitter approdati su Mastodon, potrebbe esserci una migrazione da Reddit verso Lemmy. E la nostra feddit ha avuto in una sola mattinata le iscrizioni di una settimana!

@Che succede nel Fediverso?

Lo sviluppatore dell'app Apollo, utilizzata da tantissimi degli iscritti a Reddit, ha espresso su twitter tutte le proprie perplessità a fronte delle novità relative alle politiche di Reddit sulle API di terze parti.


Ho appena ricevuto una chiamata con Reddit sull'API e sui nuovi prezzi. Cattive notizie a meno che non riesca a trovare 20 milioni di dollari (non sto scherzando). Apprezzati i reboost.

Chiaramente questo è un ulteriore segnale del fatto che le grandi piattaforme centralizzate, Twitter per prima, non trovando più soldi facili dai grandi investitori tecnologici, stanno iniziando non più solo a mungere i dati personali dei propri utenti, ma hanno iniziato a tosarli e a taglieggiare chiunque graviti intorno al loro business.

Per fortuna però gli utenti stanno iniziando a comprendere che l'atmosfera si sta facendo sempre più asfittica.

Oggi, per esempio, l'istanza italiana feddit.it basata su Lemmy, un'alternativa a Reddit interoperabile con il Fediverso, ha avuto in una sola mattinata più iscrizioni rispetto a quelle avute in un'intera settimana!

La stessa cosa sta avvenendo all'istanza lemmy.ml, la più grande del Fediverso: uno dei suoi fondatori (nonché sviluppatore dello stesso Lemmy) ha dichiarato che:

"lemmy.ml in precedenza aveva un nuovo utente al giorno, ora sono alcune decine al giorno."

In effetti la libertà che consente una piattaforma come Lemmy. è impensabile con qualsiasi piattaforma centralizzata!
E questo vale per altri "link aggregator" federat, tutti interoperabili, come KBin o Lotide, oltre che per la stessa #Friendica, l'alternativa del Fediverso a Facebook, da cui sto scrivendo questo post, leggibile non solo su Lemmy ma da tutti gli utenti Mastodon.

Nei prossimi giorni, vi terremo aggiornati su tutte le eventuali novità...

macrumors.com/2023/05/31/reddi…


Definitely. lemmy.ml previously had like one new user per day, now its a few dozen per day.

Unknown parent

mastodon - Collegamento all'originale
Suoko ✅
@warlock @super_user_do glide mi ha incuriosito


Chi è Giovanni Soccodato, nuovo managing director di Mbda Italia


Cambi ai vertici di Mbda. Da questo mese, sarà Giovanni Soccodato ad assumere il ruolo di Executive group director sales & business development e managing director di MBDA Italia, succedendo così a Lorenzo Mariani. A diretto riporto del ceo di Mbda, Eric

Cambi ai vertici di Mbda. Da questo mese, sarà Giovanni Soccodato ad assumere il ruolo di Executive group director sales & business development e managing director di MBDA Italia, succedendo così a Lorenzo Mariani. A diretto riporto del ceo di Mbda, Eric Béranger, Soccodato entra così a far parte del Comitato esecutivo di Mbda. “Sono certo che Giovanni, grazie alle sue doti personali e professionali, alla sua lunga carriera in numerose posizioni apicali in Leonardo e alla sua grande competenza nel settore della Difesa e delle strategie, darà un contributo decisivo allo sviluppo del nostro posizionamento globale come industria leader della difesa integrata in Europa e al mantenimento del successo di Mbda in Italia e nel mondo”, ha commentato la nuova nomina il ceo Béranger.

Il passaggio di testimone

Soccodato succede dunque a Mariani, recentemente nominato dal Consiglio di Leonardo condirettore generale della società di piazza Monte Grappa. Grazie al nuovo ruolo, Mariani è diventato inoltre capo della neo costituita Direzione generale business & operations di Leonardo, e assumerà in ultimo l’incarico di consigliere nel board di Mbda Gruppo, come rappresentante di Leonardo, nonché di presidente del cda di Mbda Italia. Nell’accogliere il passaggio di consegne, Béranger, ha anche parlato del contributo di Mariani: “Volevo ringraziare Lorenzo Mariani per il fondamentale supporto e contributo nell’aver spinto Mbda a livelli di posizionamento commerciale mai raggiunti prima, che consolidano l’azienda come leader di mercato nel settore dei sistemi di armamento complessi”.

Nuovo ruolo

Nel suo nuovo incarico, Soccodato guiderà un team integrato multinazionale, che si occuperà di generare ordini per sostenere una performance di lungo termine di Mbda, in modo da comprendere le esigenze operative dei clienti e di sviluppare così le soluzioni più efficaci per rispondere agli attuali e futuri requisiti operativi richiesti. Inoltre, in qualità di managing director di Mbda Italia, Soccodato sarà il rappresentante legale dell’azienda nel nostro Paese. In tale veste si occuperà di guidare le relazioni con il cliente italiano e la comunità industriale nazionale. In ultimo, come responsabile dell’operatività dell’azienda in Italia, garantirà anche la continuità del business, nonché la competitività e la coerenza delle politiche aziendali da una prospettiva nazionale.

Il profilo

Laureato in Informatica presso l’università di Pisa, Soccodato è approdato in Mbda dopo aver trascorso diversi anni della sua carriera in Leonardo (ex Finmeccanica). Dove ha ricoperto dal 2019 il ruolo di chief strategic equity officer e ha seguito le attività di joint venture strategiche, tra cui la stessa Mbda. In precedenza, dal 2005 al 2019, è stato invece executive vice president strategy and mergers & acquisitions e ha gestito anche alcuni incarichi in ambito improvement & processes, innovazione e corporate sales. Nella sua carriera Soccodato vanta inoltre diverse posizioni strategiche all’interno di Alenia Marconi Systems, joint venture tra Finmeccanica e Marconi Electronic Systems (poi BAE Systems) tra cui: business integration, business improvement, it & quality e sales. Dal 2004 al 2005, inoltre, è stato nominato vicepresidente e direttore generale di AMS, e più recentemente è stato deputy chairman nel board di MBDA Gruppo in rappresentanza di Leonardo.


formiche.net/2023/06/giovanni-…



Come funziona una guerra simulata. L’esercitazione Joint Stars vista da vicino


Con Joint Stars le Forze armate italiane sono tornate ad addestrarsi sul campo, coordinate dal Comando operativo di vertice interforze (Covi). Dopo oltre tre anni di assenza legati alla pandemia, ritorna dunque la più grande esercitazione della Difesa che

Con Joint Stars le Forze armate italiane sono tornate ad addestrarsi sul campo, coordinate dal Comando operativo di vertice interforze (Covi). Dopo oltre tre anni di assenza legati alla pandemia, ritorna dunque la più grande esercitazione della Difesa che ha visto nell’edizione di quest’anno numeri impressionanti, con circa 5mila uomini e donne impegnati e oltre 900 mezzi utilizzati. Rispetto alla precedente edizione, come ha evidenziato il generale Francesco Paolo Figliuolo, comandante del Covi, quella di quest’anno ha visto una maggiore ampiezza, sia in termini di giorni esercitativi sia in termini di piattaforme, oltre a vedere il ritorno delle attività a fuoco. Il perdurare della guerra in Ucraina ha reso ormai evidente a tutti come anche la forma del conflitto tradizionale non sia da riservare soltanto ai libri di storia. “Le Forze armate sono una risorsa del Paese e per avere delle Forze armate pronte bisogna addestrarle. Per addestrarci dobbiamo farlo con scenari realistici, sul terreno, in mare e nel cielo”, ha proseguito Figliuolo. Per garantire pertanto l’efficacia e l’efficienza dello strumento militare, così come una costante prontezza operativa nei molteplici possibili scenari di impiego, è necessario sviluppare e condurre attività esercitative interforze e inter-agenzia come Joint Stars, così da testare procedure e aumentare il livello di professionalità e interoperabilità. “Questa esercitazione è un test importante per provare tutte le procedure di comando e controllo in un ambiente integrato e interforze”, ha spiegato ancora Figliuolo. A fornire il contesto delle operazioni, uno scenario verosimile e realistico che ha animato gli oltre 20 giorni di esercitazione che si sono da poco conclusi in Sardegna.

Joint Stars

Quella che si è tenuta le scorse settimane è la più importante esercitazione nel panorama della Difesa italiana. Pianificata e diretta interamente dal Covi, ha una forte connotazione interforze, inter-agenzia e ha carattere multinazionale. È un’esercitazione di Crisis response planning (Crp), con pianificazione di livello operativo che segue gli standard Nato di una Small joint operation Art. 5 del trattato del Nord-Atlantico (difesa collettiva). Uno degli obiettivi perseguiti dal Covi nelle tre settimane di esercitazioni era di aumentare la prontezza delle Forze armate con assetti Nato e Agenzie nazionali così da condurre attività operative sempre più efficienti in vista di possibili scenari emergenziali complessi. A dirigere le operazioni, vi era l’ammiraglio Fabio Agostini.

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Operazioni viste da vicino

Airpress ha avuto l’opportunità di seguire da vicino, per una giornata intera, alcune delle numerose esercitazioni condotte nel corso di Joint Stars. A bordo di un elicottero SH90 della Marina militare siamo atterrati direttamente sulla nave anfibia San Giusto, in navigazione al largo delle coste cagliaritane, e inserita in un dispositivo navale che vedeva tra le altre anche la presenza della nave Garibaldi e della fregata Alpino. A bordo del San Giusto, dopo aver visto in mostra alcuni degli equipaggiamenti e armi a disposizione dei militari che hanno partecipato a Joint Stars, abbiamo assistito a un’esercitazione interforze che ha coinvolto velivoli dell’Aeronautica – che hanno anche mostrato come avviene il rifornimento in volo – il sommergibile Gazzana e altre navi della Marina, nonché forze della Guardia Costiera, impegnate nel mostrare come avviene il fermo di un’imbarcazione illegale. Al poligono di Capo Teulada, abbiamo invece potuto assistere all’esercitazione di un attacco terrestre coordinato dalla Brigata Bersaglieri Garibaldi, e guidato dal generale Mario Ciorra, condotto con la collaborazione dei velivoli dell’Aeronautica militare. A una prima ricognizione effettuata da due caccia F-35, sono seguite le manovre sul terreno e i colpi di sei carri armati dell’Esercito diretti verso l’obiettivo, una piccola altura su cui – da scenario – erano presenti le forze nemiche. Infine, a bordo dell’elicottero CH47 dell’Esercito, abbiamo raggiunto Decimomannu dove abbiamo potuto assistere alla dimostrazione di un’attività inter-agenzia che ha visto in azione i corpi dei Carabinieri, unitamente a nuclei sanitari del Corpo militare della Croce Rossa e squadre dei Vigili del Fuoco e della Protezione Civile, impegnati nella prima accoglienza di profughi.

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Uno scenario più che realistico

Joint Stars si sviluppa intorno a uno scenario fittizio chiamato “Arcipelago Esmeralda” formato da tre isole maggiori che si affacciano sul Mar Tirreno. Secondo tale scenario, al termine della Seconda guerra mondiale i cittadini sardi decisero con un referendum di dividere l’isola in due Stati diversi: Nuragicum e Carbonium. Nuragicum è un Paese che non è né membro della Nato né dell’Ue, il cui 45% della popolazione è di etnia Trinacrium in Sardinia (Temis). Si tratta di una democrazia fragile, che sta piano piano rompendo i vincoli di dipendenza da Trinacrium; anch’esso un Paese non appartenente né alla Nato né all’Ue, che considera l’espansione dell’Alleanza Atlantica come una minaccia e vede il 98% della popolazione di etnia indigena. A Nuragicum, infatti, dal 2012 crescono i disordini interni e l’instabilità politica, così come l’aspirazione di una parte della popolazione di riunire tutti i territori con la presenza storica di Temis. In tale cornice è stata inoltre creata un’organizzazione insurrezionale chiamata Temis liberationa army (Tla), che ha condotto diversi attacchi terroristici nel Paese e i cui militanti vengono addestrati non ufficialmente da militari di Trinacrium che finanzia e arma questa milizia. Scopo del Tla è quello di rovesciare il governo di Nuracicum e di Carbonium, così da riunificare i territori della Sardegna con presenza etnica Temis. Carbonium, dal canto suo è invece una Repubblica parlamentare membro sia della Nato sia dell’Ue, che conta il 21% di popolazione di etnia Temis.

L’escalation

Ma l’escalation risale soltanto al 2022, quando il Tla ha avviato attacchi terroristici nell’enclave Temis di Carbonium. A novembre la principale centrale idroelettrica di Carbonium è stata vittima di un attacco cyber, e da allora sono stati numerosi gli attacchi cyber ai danni di Carbonium. Infine, a dicembre 2022, il Tla si è reso responsabile di numerosi incendi a Carbonium. Il Paese attaccato ha così chiesto supporto ai Paesi Ue e alleati, firmando anche un accordo di collaborazione con l’Italia (che in quest’esercitazione gioca il ruolo di se stessa). In risposta, Trinacrium ha aumentato la portata delle proprie esercitazioni militari offensive intorno alla Sardegna e sono aumentati gli scontri tra le forze di Carbonium e le milizie del Tla. A inizio gennaio 2023 delle forze di Trinacrium hanno iniziato un’esercitazione aeronavale di fronte alla costa di Nuragicum, prendendo il controllo dell’aeroporto e del porto di Olbia. In risposta, l’Italia ha lanciato un’operazione di evacuazione dei propri connazionali sul territorio di Nuragicum (operazione Lampo). Con l’avanzata di Trinacrium nel territorio di Nuragicum sono cadute diverse città, e l’avanzata è stata bloccata solo in corrispondenza della capitale Nuoro. Ecco che a fine gennaio il Consiglio del Nord atlantico ha dato allora il mandato di pianificare il dispiegamento a Carbonium della Nato Response Force ai sensi dell’Art.4 del Trattato Nord-Atlantico, per rispondere a una potenziale aggressione militare da parte di Trinacrium. Viene così costituita Joint task force (Jtf) della Nato, guidata dal vicecomandante del Covi, il generale Nicola Lanza de Cristoforis e con l’Italia come nazione capofila dell’operazione “Esmeralda defender”, che ha lo scopo di supportare la popolazione di Carbonium e garantire la sicurezza.

Casus belli

Alla base del conflitto simulato vi è l’aspirazione del presidente di Trinacrium, Alberto Mapo, che appoggia Tla, di riunificare la Sardinia sotto l’etnia Temis. Da diverse settimane aleggiava infatti lo spettro del conflitto sull’arcipelago di Esmeralda: un attrito in escalation. Le tensioni hanno raggiunto l’apice quando a inizio febbraio 2023 Trinacrium ha ordinato il lancio di un missile balistico che ha causato vittime, oltre che gravi danni sul territorio e alle infrastrutture. In risposta, la Nato ha predisposto il dispiegamento di una Nato response force in Carbonium per difendere il Paese e ripristinare l’integrità territoriale in caso di aggressione militare. Così le Forze armate di Trinacrium hanno iniziato il loro movimento per schierarsi lungo il confine con Carbonium, in risposta anche l’Italia e gli alleati hanno dispiegato assetti specializzati pronti a rispondere agli attacchi e a difendere Carbonium. L’assalto delle Forze armate di Trinacrium è stato preceduto da un’escalation di attacchi cyber e terroristici da parte del Tla, il che ne sottolinea la forte componente multidominio. La risposta di Saceur al missile balistico non si è fatta attendere e, oltre ad aver dato il mandato all’Italia per costituire la Jtf della Nato, ha fornito le indicazioni per avviare una Crisis response operation (Cro), ai sensi dell’articolo 5 della Nato.

Una spiccata natura inter-agenzia e multidominio

Joint Stars non ha visto solo l’impiego di corpi dell’Aeronautica, dell’Esercito e della Marina, ma ha visto impiegare anche corpi dei Carabinieri, della Guardia di Finanza, della Guardia costiera. Insieme a loro, sul campo presenti anche la Croce Rossa italiana, la Protezione civile, i Vigili del Fuoco, così come altri corpi non armati dello Stato. Anche l’Agenzia spaziale italiana (Asi) è intervenuta, stimando la possibile traiettoria di rientro del missile e il potenziale rischio chimico. Come ha ricordato il capo di Stato maggiore della Difesa, Giuseppe Cavo Dragone, in visita in Sardegna durante l’esercitazione: “Come ci insegna la storia recente è fondamentale esercitarsi tutti non solo nei domini tradizionali, terra, mare e cielo, ma anche nelle attività cyber e nella gestione dello spazio”. Non solo, per la prima volta in un’esercitazione di questo tipo, è stato coinvolto anche un gruppo selezionato di studenti universitari che hanno affiancato i militari nelle funzioni di advisor in diverse aree, legale, questioni di genere e questioni culturali.

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Esercitazioni numerose

Joint stars si è svolta in diverse località della Sardegna e all’esercitazione hanno partecipato anche assetti Nato, in particolare un battaglione meccanizzato norvegese, rimasto nell’area in seguito all’esercitazione alleata Noble Jump 23. La prima fase, dall’8 al 12 maggio, ha visto la gestione di eventi afferenti a ordine e sicurezza pubblica, antiterrorismo, contrasto dei traffici illeciti, soccorso di profughi e risposta a diverse tipologie di emergenze. In tale fase si è svolta inoltre la già citata esercitazione Lampo, integrata nella Joint Stars, che ha visto il personale della Italian joint force esercitarsi nell’evacuazione di personale da un’area di crisi e ha coinvolto reparti dell’Aeronautica, dell’Esercito e della Marina. In tale fase si sono svolti 28 eventi esercitativi inter-agenzia. Mentre la seconda fase, iniziata il 15 maggio, ha visto impegnate componenti di livello tattico delle varie Forze armate, sotto la guida del comandante della Jtf. In questa seconda fase sono stati ben 68 gli eventi interforze condotti, ai quali vanno aggiunti gli eventi sviluppati da ogni singola componente di Forza armata. Ma non è finita, nel mese di maggio vi sono state anche altre esercitazioni nazionali nella cornice della Joint Stars. Tra queste si ricordano la “Notte scura” condotta dalle Forze speciali, la “Complex aviation exercise (Caex)” del comando Aviazione dell’Esercito, la campagna di tiri Samp-t 2023 a cura del 4°Reggimento contraerei missili di Mantova e del 17°Reggimento contraerei Sabaudia.

Operazioni all’insegna della sostenibilità

L’organizzazione delle manovre, militari e non, ha tenuto conto fin dall’inizio dell’impatto ambientale, coinvolgendo anche esperti del settore per cercare di minimizzare gli effetti negativi delle operazioni sull’ambiente. Si sono infatti bonificate le aree da ordigni inesplosi e si è garantita la pulizia e il ripristino ambientale delle aree interessate, grazie a squadre di specialisti. Quest’anno vede inoltre, come sottolineato dal generale Figliuolo, “una bella novità intrapresa con i Carabinieri, e in particolare con i corpi forestali. Al termine delle attività è previsto il calcolo dell’anidride carbonica immessa a seguito dell’esercitazione e ci sarà una contropartita in piantumazione di alberi”.


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LIBRI. Dear Palestine, fotogrammi di conoscenza di un popolo


Video intervista a Roberta Micagli, che con il suo viaggio fotografico racconta la realtà palestinese L'articolo LIBRI. Dear Palestine, fotogrammi di conoscenza di un popolo proviene da Pagine Esteri. https://pagineesteri.it/2023/06/01/pagine-esteri-tv/

della redazione

Pagine Esteri, 1 giugno 2023 – “‘Dear Palestine’ è nato in principio dalla curiosità di conoscere, attraverso i miei occhi, la “Terra Santa” ed è proseguito con la crescente passione nei confronti del popolo palestinese, che della propria terra ha fatto la prima ragione di vita”. Così scrive Roberta Micagli* nella prefazione del suo libro fotografico pubblicato dalla casa editrice Graffiti. Quello che inizialmente è stato per lei un viaggio di conoscenza nei luoghi santi delle tre religioni monoteistiche, si è poi trasformato in una opportunità per approfondire la conoscenza di una terra e del suo popolo, nei suoi aspetti anche politici e sociali. Un percorso che, prova a spiegare attraverso le sue fotografie, dovrebbero compiere sempre più persone. Il ricavato della vendita di copie di “Dear Palestine” sarà devoluto ad associazione sanitarie ed umanitarie palestinesi. Pagine Esteri ha incontrato l’autrice nei giorni scorsi a Gerusalemme.

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*Nasce a Latina nel 1971. Appassionata di viaggi, scopre il suo interesse per la fotografia grazie ai suoi primi spostamenti in Guatemala, Panama, Nicaragua e Hunduras. Tornata in Italia conosce Graffiti- Scuola di fotografia dove perfeziona il linguaggio del reportage, del bianco e nero, del ritratto e dove acquisisce le tecniche di sviluppo e stampa. Passata alla fotografia digitale, effettua viaggi in tutto il mondo. In Sud Africa ha documentato il funerale di Nelson Mandela. Negli ultimi dieci anni si appassiona alle tematiche mediorientali. E trascorre lunghi periodi in Libano, Israele e Territori palestinesi occupati. Come fotografa ha ottenuto ricoscimenti e premi nazionali e internazionali.

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L’Italia è un ponte mediterraneo. Cavo Dragone sulle missioni internazionali


Non solo assetti militari o addestramento, le missioni internazionali possono offrire un significativo aiuto per la stabilità e la sicurezza, irrinunciabili per lo sviluppo economico e sociale. A dirlo è stato il capo di Stato maggiore della Difesa, ammir

Non solo assetti militari o addestramento, le missioni internazionali possono offrire un significativo aiuto per la stabilità e la sicurezza, irrinunciabili per lo sviluppo economico e sociale. A dirlo è stato il capo di Stato maggiore della Difesa, ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, in audizione davanti alle commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato. “Le missioni possono essere il battistrada di un sistema-Paese capace di proporre anche modelli organizzativi moderni”, ha detto l’ammiraglio, aggiungendo come le operazioni italiane posso offrire la “ricostruzione delle istituzioni, moderni sistemi produttivi” dal momento che “la stabilità e sicurezza sono irrinunciabili per lo sviluppo economico e sociale”.

La Wagner nel Mare nostrum

Nel suo intervento, l’ammiraglio Cavo Dragone si è concentrato in particolare alle necessità del Mediterraneo allargato, la principale area di riferimento strategico per il nostro Paese. A destare preoccupazione è, in particolare, l’influenza che il gruppo mercenario russo Wagner sta esercitando nei Paesi della regione, dalla Libia, alla Repubblica centrafricana, al Burkina Faso “ovunque le nazioni occidentali se ne vanno, colmano un vuoto” ha lanciato l’allarme Cavo Dragone, aggiungendo come “probabilmente sono anche in Sudan”. Per l’ammiraglio, l’influenza del gruppo “è significativa un po’ ovunque” e il problema principale è che “più passano i giorni, più si pone come una forza politica, oltre che militare”. Si tratta di una compagine “ben armata, ben pagata, l’esercito convenzionale russo non regge il paragone”, ha segnalato l’ammiraglio, evidenziando che “sono mercenari fortemente connotati, sono quasi tutti russi, un mercenarismo anomalo”.

La situazione in Libia

Tra gli scenari che più impattano sul nostro Paese c’è sicuramente la Libia dove, secondo Cavo Dragone, premessa fondamentale per un miglioramento della situazione dei diritti umani è necessaria una pacificazione e la riunificazione istituzionale dello Stato libico. “In Libia dialoghiamo con entrambe le parti”, ha detto l’ammiraglio, aggiungendo come per la riunificazione serva “un maggior apporto della comunità internazionale”. Per il capo di Stato maggiore se la Libia venisse “pacificata e disarmata nelle sue milizie, gli elementi che hanno partecipato alla rivoluzione del 2011 e che hanno rimosso il regime di Gheddafi e sono rimaste connotate da capacità operative spinte, se disinneschiamo tutto questo, la situazione dei diritti umani non può che migliorare”.

Cooperazione e sviluppo

Intervenire nel Mediterraneo, tuttavia, significa andare oltre la semplice presenza militare: “Prima dell’assistenza militare, i vertici militari dei Paesi chiedono cooperazione e sviluppo” ha riferito Cavo Dragone, aggiungendo come negli incontri con i propri omologhi i concetti e le priorità emerse sono diverse dalla sola cooperazione di Difesa. I punti centrali sono invece la gestione di “fenomeni migratori quasi ingestibili” e la “grave crisi economica innescata dalla pandemia e aggravata dalla guerra in Ucraina”. Quello che chiedono, dunque, “non è assistenza, ma cooperazione e sviluppo”. “Ho colto un sentimento di frustrazione”, ha affermato l’ammiraglio, a cui gli omologhi hanno comunicato di non essere semplicemente “le frontiere meridionali dell’Europa”.

Italia, ponte mediterraneo

In questo, l’Italia può avere un ruolo prezioso, dal momento che la politica militare nazionale “on ha mai avuto l’ambizione di esportare modelli culturali o di giudicare l’universo in cui opera”. Secondo quanto riferito da Cavo Dragone, “c’è la percezione da parte dei Paesi del Mediterraneo allargato che i canali militari sono preziosi” e “il punto di partenza della nostra politica militare resta la comprensione”. Per l’ammiraglio, “l’Italia è percepita come un ponte di dialogo, una porta d’accesso per l’Europa. Questo approccio è la chiave di volta di una nostra stabile posizione strategica nel Mediterraneo. Seguiamo dovunque una strategia di dialogo a tutto campo”.

In Kosovo, siamo i maestri della negoziazione

Questo ruolo italiano si è visto di recente anche in Kosovo, dove la presenza delle nostre Forze armate “allontana lo spettro della guerra alle porte di casa nostra”. Come registrato dall’ammiraglio “Per tanto tempo ho sentito mettere in discussione il valore della nostra presenza in Kosovo. Abbiamo compreso nelle ultime settimane quanto fosse importante restare. La nostra presenza garantisce il costante riallineamento di equilibri fluidi e ha offerto a tante generazioni l’opportunità di vivere in pace e prosperare”, aggiungendo come “i nostri militari stanno facendo il loro mestiere come al solito, sono maestri nella negoziazione”. Nella regione del nord del Paese la situazione resta tesa, ma non più ai livelli di scontro della settimana scorsa, ha riportato Cavo Dragone, rassicurando anche sullo stato di salute dei militari italiani rimasti feriti: “I ragazzi stanno tutti bene, tre erano quelli che destavano maggiori preoccupazioni, sono stati ricoverati all’ospedale di Pristina con due fratture alla tibia e una al polso, che verranno curate in maniera opportuna dalla struttura sanitaria, che dà tutte le garanzie”.


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Filippine. Ucciso un altro giornalista, il terzo in un anno


Il Paese è 132esimo su 180 nella classifica degli Stati dove si rispetta la libertà d’informazione. L'articolo Filippine. Ucciso un altro giornalista, il terzo in un anno proviene da Pagine Esteri. https://pagineesteri.it/2023/06/01/asia/filippine-uccis

della redazione

Pagine Esteri, 1 giugno 2023 – Con l’assassinio di Cresenciano Aldovino Bunduquin, freddato da killer nei giorni scorsi, sale a tre il numero dei giornalisti uccisi da quando il 30 giugno 2022 è diventato presidente Ferdinand Marcos Jr. L’omicidio di Bunduquin, giornalista della emittente Dwxr Kalahi Radio, noto per le sue inchieste sulla corruzione nell’amministrazione pubblica, è avvenuto a Calapan City, sull’isola di Mindoro. Due uomini lo hanno aspettato fuori da un negozio e gli hanno scaricato contro il caricatore di un’arma automatica. Il figlio del giornalista ha inseguito in auto i due sicari, in sella a una moto, e li ha investiti uccidendone uno.

Le Filippine si confermano uno Paesi dove è più rischioso fare il giornalista. Un netto peggioramento si è registrato a partire dal 2016, con l’inizio della presidenza dell’ex presidente Rodrigo Duterte. Il Paese è 132esimo su 180 nella classifica degli Stati dove si rispetta la libertà d’informazione. In particolare la radio è un media fondamentale attraverso il quale di frequente sono denunciati casi di corruzione di politici, di violazioni di diritti umani e civili. Quelli radiofonici sono la maggioranza dei giornalisti uccisi (101 su 198) dalla fine della dittatura di Ferdinand Marcos Sr, padre dell’attuale presidente. Pagine Esteri

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L’inganno


Ingannare gli altri non è commendevole, ingannare sé stessi è autodistruttivo. Al Partito democratico non è mancato il tempo per far metabolizzare la svolta, mancano le idee che possano far credere abbia una qualche sostanza. Se si prendono le parole dell

Ingannare gli altri non è commendevole, ingannare sé stessi è autodistruttivo. Al Partito democratico non è mancato il tempo per far metabolizzare la svolta, mancano le idee che possano far credere abbia una qualche sostanza.

Se si prendono le parole della destra, datate di appena due o tre anni, si trovano posizioni che sono all’opposto di quel che stanno facendo: il rifiuto dell’Unione europea, qualche picco con il proposito di uscire dall’euro, la convinzione che serva un blocco navale per fermare gli emigranti, l’opposizione netta alla (s)vendita di Ita, la contrarietà alle sanzioni verso la Russia. Ci trovate di tutto. Fiaccato lo slancio di Forza Italia, sono stati la Lega e Fratelli d’Italia a contendersi la guida della baracca, sparandola sempre più grossa. Poi Meloni ha visto il traguardo, ha capito di star correndo troppo velocemente perché qualcuno potesse fermarla e ha cominciato a tirare il freno. I non moderati di Forza Italia e gli scalmanati della Lega reclamavano lo sfondamento di bilancio, mentre la futura vincitrice si sentiva già (giustamente) responsabile del dopo e diceva: «No». La sinistra ha in mente di fare la stessa cosa? S’accomodi. Che serva a vincere sono affari loro, mentre la sicurezza che non serva all’Italia è affare di tutti.

La gara demagogica fra Pd e Cinque stelle non avrà un vincitore interno a una coalizione vincente, ma due sconfitti associati nel perdere. La destra ha ingannato i propri tifosi con la demagogia, ma i 5S – su quel terreno – sono campioni ineguagliabili. Se il Pd pensa di concedersi la propria stagione delle balle non inganna gli altri: inganna sé stesso, perché ne morirebbe.

Nelle nostre democrazie il tema della vita politica è reso evidente votazione dopo votazione: se va a votare la metà degli aventi diritto ciò non mette in dubbio la legittimità degli eletti, ma la loro solidità. Enrico Berlinguer predicava essere pericoloso proporsi di governare con il 50% + 1 dei voti, perché il Paese si sarebbe spaccato. Da molti anni si governa con assai meno. Prendere il 50% dei voti quando vota il 50% degli elettori significa avere il consenso del 25% dei cittadini. Risultato legittimo, ma assai poco solido e che il prossimo demagogo ribalterà.

Non si può continuare all’infinito a raccontare la povertà in ricchezza. Il nostro è un mondo ricco, con un welfare generoso, destinato alla bancarotta per denatalità. O si mettono in campo idee diverse sullo Stato sociale o si ha il coraggio di spiegare non ai ricchi (facile) ma ai poveri che servono più immigrati (quindi più legge e ordine) oppure si parla a vuoto. Con la denatalità e la globalizzazione la leva per il successo è l’istruzione qualificata, che la sinistra dovrebbe reclamare quale strumento di giustizia sociale. Sono lì a piagnucolare su presunti precari e troppo dura meritocrazia. Ma dove la vedono? Reclamare “i diritti” non significa un accidenti. I bambini nati e altrove registrati non possono che essere registrati anche da noi, allo stesso modo. Sfidare la destra sul terreno del rispetto delle tutele per i minori è cosa saggia. Accompagnarla con una gnagnera elencante tutte le possibili policromie delle preferenze sessuali serve soltanto a perdere credibilità, mentre dimenticare di ricordare la condanna per quella forma di schiavitù riproduttiva che è la surrogata serve a far escludere il consenso di chi s’informa e ragiona. Più che politicamente corretto è politicamente inetto e segnala una precisa scelta classista: sono dalla parte dei privilegiati che possono occuparsi del quasi niente e poi non votano, mentre i voti “popolari e degli operai” vanno alla destra.

Alle europee la destra potrebbe essere determinante in Ue. A quel punto che fanno a sinistra? Prendono i manifesti leghisti e li copiano o ragionano sull’errore d’avere perso l’aggancio occidentale nel momento decisivo della sfida della dittatura russa alle liberal-democrazie?

Per ingannare si deve essere lesti. Per ingannarsi è bastevole essersi spersi.

La Ragione

L'articolo L’inganno proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



In Cina e Asia – La Cina protagonista del codice di condotta Ue-Usa sull’IA


In Cina e Asia – La Cina protagonista del codice di condotta Ue-Usa sull’IA 7472626
I titoli di oggi: La Cina protagonista del codice di condotta Ue-Usa sull’intelligenza artificiale La Cina deve modernizzare l’apparato della sicurezza nazionale L’Onu si dice preoccupata per la mancanza di donne ai vertici del governo cinese Caccia cinese sfiora aereo militare Usa Kim Jong Un soffre di insonnia e pesa 140 kg L’Unione europea e gli Stati Uniti lanceranno un ...

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In Africa e Medio Oriente i livelli di disoccupazione più elevati


Gran parte della ripresa economica e della creazione di posti di lavoro sta avvenendo e avverrà nei Paesi ad alto reddito che si sono dimostrati resistenti, oltre le previsioni, agli shock economici, mentre quelli a basso reddito registrano tassi di disoc

della redazione

(foto ZMS/ILO)

Pagine Esteri, 1 giugno 2023Un rapporto pubblicato dall’Organizzazione internazionale del Lavoro (ILO) avverte che i paesi più poveri in Africa e Medio Oriente non riusciranno a tornare ai livelli di disoccupazione pre-pandemia. Gran parte della ripresa economica e della creazione di posti di lavoro sta avvenendo e avverrà nei Paesi ad alto reddito che si sono dimostrati resistenti, oltre le previsioni, agli shock economici, mentre quelli a basso reddito registrano tassi di disoccupazione costantemente elevati.

La disoccupazione in Nord Africa e negli Stati arabi, secondo gli studi dell’ILO, sarà rispettivamente dell’11,2% e del 9,3% nel 2023, al di sopra dei livelli pre-pandemia. L’America Latina, i Caraibi, l’Europa e l’Asia centrale e occidentale invece hanno visto calare la disoccupazione ai livelli precedenti alla crisi economica causata dalla diffusione globale del coronavirus.

Il crescente divario occupazionale si manifesta mentre l’economia mondiale crescerà solo del 2,8% nel 2023, in calo dal 3,4% nel 2022.

I dati già molto preoccupanti peraltro non dipingono un quadro completo della disoccupazione nei paesi a basso reddito.

L’ILO sottolinea che il divario occupazionale è ancora più grave se si tiene conto della percentuale di persone in età lavorativa che non riuscirà a trovare una occupazione. L’agenzia del lavoro stima che il divario occupazionale globale nel 2023 sarà dell’11,7% – che rappresenta circa 453 milioni di persone – con i paesi a basso reddito al 21,5%, rispetto all’8,2% di quelli ad alto reddito. Questa differenza è esacerbata da crisi che si rafforzano a vicenda, ossia gli effetti persistenti della pandemia e le guerre in corso, che hanno portato a un’inflazione galoppante, tassi di interesse elevati e al deprezzamento delle valute. I tassi di interesse sono al di sopra del 10% in 37 paesi con riflessi ampi sui prestiti e rendendo più difficile ripagare i debiti con gli istituti di credito.

Il direttore generale dell’ILO, Gilbert F. Houngbo, sottolinea che queste sfide impongono lo sviluppo di reti di sicurezza sociale in grado di resistere agli shock macroeconomici. “I risultati del nostro rapporto sono un duro promemoria delle crescenti disuguaglianze globali”, afferma Houngbo. “Investire nelle persone attraverso il lavoro e la protezione sociale contribuirà a ridurre il divario tra nazioni e persone ricche e povere”. Pagine Esteri

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pagineesteri.it/2023/06/01/med…



PRIVACYDAILY


N. 131/2023 LE TRE NEWS DI OGGI: Lo Stato potrebbe dover affrontare una richiesta di risarcimento danni dopo che il Dipartimento per la Protezione Sociale (DSP) ha scoperto di aver raccolto impropriamente dati attraverso la controversa Carta del Servizio Pubblico. La Commissione per la protezione dei dati (DPC) ha stabilito che il DPS ha violato... Continue reading →


#33 / Umani vs smart cities, robot e burocrati


La smart city che non ti aspetti / Umano o robot? Fatti scansionare dall'Orbo / Binance sospende il trading di “privacy coin” in alcuni paesi europei / Meme e citazione del giorno.

La smart city che non ti aspetti


Iniziamo con una notizia dello scorso anno che però era passata in sordina: TIM e Google hanno unito le forze per dotare il piccolo comune di Cairo Montenotte (Savona) di una scintillante piattaforma intelligente per iniziare un percorso di trasformazione della città in una smart city e “migliorare la viabilità e la sicurezza della città”.

Il progetto si chiama Tim Urban Genius e si compone di tre aspetti principali: una serie di sensori e telecamere di videosorveglianza diffusi in tutta la città, un sistema d’intelligenza artificiale per l’analisi dei dati e una stanza dei bottoni (“Control Room”) da cui prendere decisioni operative.

Ogni settimana, il mondo che nessuno ti racconta: quello della sorveglianza di massa.

Secondo le dichiarazioni di TIM il sistema “effettua un monitoraggio dei mezzi in entrata e in uscita dal centro storico, un monitoraggio dei parcheggi, la gestione della videosorveglianza del cittadino e anche operazioni di lettura targhe auto.” Non è interessante che abbiano scritto “videosorveglianza del cittadino”? È la prima volta che lo vedo scritto, ma sicuramente rende bene l’idea.

I lettori più affezionati forse ricorderanno anche un altro progetto di smart city molto simile a questo, di cui abbiamo già parlato: la “Smart Control Room” di Venezia. In effetti, la piattaforma è proprio la stessa! L’anno scorso infatti TIM ha acquisito la società MindICity con cui già collaborava nella città di Venezia, rinominando poi la piattaforma in “Urban Genius”.

Come già fatto per il caso di Venezia, vale la pena ripeterlo: questi progetti trasformano l’amministrazione pubblica in una cabina di regia e i burocrati in ingegneri sociali. Così rischiamo di diventare ingranaggi in balia di un sistema complesso chiamato “smart city” senza più alcun controllo sulla nostra vita e sul contesto sociale che ci circonda.

Non si capisce bene quali necessità abbia un piccolo comune come Cairo Montenotte, ma nel frattempo l’intelligence statunitense ringrazia molto il sindaco per i preziosi dati. Recentemente Facebook è stato sanzionato per 1 miliardo di euro proprio per aver fatto la stessa cosa, ma immagino che se a farlo è la pubblica amministrazione possiamo tutti chiudere un occhio.

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Umano o robot? Fatti scansionare dall’Orbo.


E continuiamo a parlare di occhi con una notizia stavolta molto più recente. In questi giorni c’è tantissimo hype su un progettino su blockchain chiamato World Coin. Circa 1.700.000 persone hanno già aderito alla beta e il team di sviluppo ha raccolto diverse centinaia di milioni di dollari di finanziamenti. Ma perché parlarne? Almeno per due motivi. Il primo è che è un progetto di Sam Altman, quello di OpenAI.

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Pare che Sam sia ossessionato dal bisogno impellente di distinguere robot ed esseri umani. Così, tra un’intelligenza artificiale e l’altra, ha deciso di impegnarsi in questo particolare progetto che promette di identificare e dimostrare l’umanità di ogni persona a livello globale e al tempo stesso garantire un incentivo economico grazie all’emissione di un token. In effetti, distinguere tra bot e umani online potrebbe presto diventare abbastanza complesso, date le sempre più crescenti capacità linguistiche di strumenti come chatGPT.

Questo ci porta al secondo motivo per cui vale la pena parlarne: l’identità fisica — o per meglio dire, la sua umanità viene confermata grazie all’acquisizione di dati biometrici dell’iride. World Coin usa infatti un protocollo chiamato “Proof of Personhood” legato all’emissione di un World ID creato a partire dai dati biometrici univoci di ognuno di noi.

Per farlo, hanno inventato un complesso (e anche abbastanza inquietante) dispositivo hardware e software chiamato The Orb.

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L’occhio di Sauron

L’Orb promette di essere uno strumento sofisticatissimo per carpire appieno l’enorme ricchezza di dati biometrici contenuti nell’iride umana, scelta appositamente per la sua unicità e complessità. Attraverso l’iride infatti secondo il team di sviluppo è possibile creare ID univoci in grado di resistere ad attacchi Sybil1 e differenziare con precisione tra miliardi di umani diversi tra loro.

Le ultime versioni dell’Orb sono già in corso di produzione in Germania e anche il network di “Worldcoin Operators” per registrare i propri dati biometrici e ottenere un World ID, è in corso di diffusione in tutto il mondo.

Una volta scansionato l’occhio, all’utente viene rilasciato un World ID sul dispositivo personale, che permetterà a livello globale di autenticarsi online e dimostrare di essere un umano senza dover rilasciare informazioni personali. Una specie di Self Sovereign Identity che al posto della crittografia e matematica usa l’analisi biometrica per creare un ID univoco per autenticare le persone online. Quelli di World Coin promettono comunque che i dati biometrici saranno distrutti una volta emesso il World ID…

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Binance sospende il trading di “privacy coin” in alcuni paesi europei


Ebbene, alla fine ci siamo arrivati.

Binance ha deciso di sospendere l’acquisto e la vendita dei cosiddetti “privacy coin” come Monero in alcuni paesi europei: Italia, Francia, Spagna e Polonia.

Come riportato anche da Criptovaluta.it il motivo è che i “privacy coin” offuscano le transazioni e quindi non permettono agli operatori di rispettare le normative sul tracciamento delle transazioni recentemente approvate in UE (MiCa, AML-CTF). Una mossa che non dovrebbe stupire chi mi legge regolarmente, ma che neanche io mi aspettavo così presto, dato che le leggi non sono ancora in vigore.

Il risultato, purtroppo per noi, è che milioni di persone in UE avranno presto molta più difficoltà a usare degli strumenti molto utili per proteggere la propria privacy. Quali interessi sta proteggendo il legislatore europeo nel vietare (di fatto) questi privacy coin, e perché la privacy viene così tanto criminalizzata?

La risposta è dentro di voi. Ma anche perché oggi gli Stati-nazione sono in crisi. Per preservare i loro equilibri estremamente precari è necessario sempre più controllo. La sorveglianza, anche finanziaria, diventa uno strumento fondamentale per permettere a ingegneri sociali e algoritmi di plasmare le azioni e pensieri delle masse. La privacy è un ostacolo da abbattere.

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Meme del giorno


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Citazione del giorno

My gift of self is rapedgenius.com/1954609/Alice-in-ch…My privacy is raked
And yet I find, and yet I findgenius.com/28293979/Alice-in-c…Repeating in my head
If I can't be my owngenius.com/24568466/Alice-in-c…I'd feel better dead

Alice in Chains

Articolo consigliato


La privacy è sempre uno dei maggiori ostacoli alla violenza delle ideologie collettiviste moderne. Lo stato moderno, ente collettivista per definizione, odia la privacy. Da sempre:

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Un attacco Sybil è un attacco che si verifica quando un singolo utente è in grado di creare molte identità false in una rete. Queste possono poi essere usate per influenzare il funzionamento della rete a vantaggio dell’attaccante o in modi che ne alterano l'integrità o la funzionalità.

2

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