5 anni di contenzioso: Meta sembra passare al consenso per gli annunci comportamentali Meta ha annunciato che presto passerà al "consenso" per gli annunci comportamentali. Resta da vedere quali saranno le conseguenze di questo passaggio
Troppa isteria sui dati economici
Aveva appena finito di dire che l’Italia stava attraversando un periodo di crescita ben più alto degli altri Paesi europei e che per questo aveva recuperato credibilità, che Giorgia Meloni si vede pubblicare dall’Istat dati sul Pil del secondo trimestre di quest’anno che hanno deluso tutti. Nel trimestre l’Italia è tornata ad essere il fanalino di coda dell’area euro, l’unico Paese ad avere davanti al tasso di crescita un segno meno, insieme a Austria e Lettonia. Abbiamo fatto un -0,3% (anzi per essere precisi -0,34%), contro il +0,3% della media. Ma come era sbagliato prima esultare prematuramente, sarebbe ora sbagliato dare troppa importanza al dato di un singolo trimestre. Vediamo perché e quali sono comunque i rischi.
A parte il fatto che si tratta ancora di dati preliminari, se guardiamo alla crescita nel complesso della prima parte dell’anno, l’Italia sta nella media europea. Il nostro dato del secondo trimestre segue un primo trimestre che era stato ben più forte di quello degli altri Paesi. Avevamo fatto un +0,6%, contro una crescita zero dell’area euro. Nel complesso dei due trimestri quindi la nostra crescita è più o meno dello 0,3% proprio come l’area euro. Siamo nella media. Se poi guardiamo le cose su un orizzonte più lungo, nonostante questa battuta d’arresto, tra i principali Paesi europei siamo ancora quelli che hanno fatto meglio dal periodo pre-Covid.
Siamo del 2,2% sopra al Pil del quarto trimestre del 2019. La Francia sta all’1,7%, la Spagna, che pure negli ultimi trimestri è cresciuta come un treno, allo 0,4% e la Germania allo 0,2%. Già, la Germania. Sappiamo quanto il nostro settore industriale sia legato a quello tedesco, sia come concorrenti sia come fornitori di prodotti intermedi. La bassa crescita tedesca pesa sul nostro settore industriale che si sta contraendo, mentre i servizi sono ancora in leggera crescita. La Germania ha migliorato nel secondo trimestre il proprio andamento: dopo due trimestri di calo, il Pil tedesco si è almeno stabilizzato tra marzo e giugno. Ma l’economia resta debole, il che contribuisce a spiegare anche questo nostro trimestre di debolezza.
Infine, nel complesso del 2023, centrare l’obiettivo di crescita del Pil per l’anno fissato dal governo nel Documento di Economia e Finanza di aprile (1%) è ancora del tutto possibile. Basterebbe che crescessimo dello 0,3% nel terzo trimestre (in linea con la media degli ultimi due trimestri) e dello 0,2% nel quarto. Quindi, per quanto brutto sia il dato dell’Istat, è prematuro lanciare segnali d’allarme. Non vorrei però apparire come quello che minimizza comunque la questione, per cui passiamo ora alle cose che ci debbono preoccupare.
La prima è che i problemi della Germania potrebbero continuare. La Germania avrebbe la possibilità, dato il suo basso debito di prendere misure espansive (visto i livelli ancora alti di inflazione potrebbero per esempio tagliare un po’ le imposte indirette), ma si sa che i tedeschi mollano i cordoni della borsa solo in presenza di una pesante recessione: mica si spaventano per qualche segno negativo del Pil.
La seconda cosa che preoccupa sono i dati sui consumi che sono in discesa. Prima o poi doveva succedere. L’aumento dei prezzi riduce la capacità di spesa delle famiglie, visto che gli stipendi dei lavoratori sono cresciuti meno dei prezzi. Per un po’ le famiglie vanno avanti a spendere, riducendo i propri risparmi, ma la cosa non può durare per sempre. Fra l’altro anche il risparmio accumulato in passato è stato pesantemente eroso dall’inflazione, a vantaggio dello stato il cui debito, diretto o indiretto, verso le famiglie italiane è sceso parecchio in termini reali.
La terza riguarda la Bce. Ho sostenuto che quanto ha fatto finora non è sbagliato. Il livello attuale dei tassi di interesse compensa a mala pena l’erosione del valore dei prestiti causato dall’inflazione futura. I tassi reali (cioè al netto dell’inflazione) sono vicini allo zero. Ma cosa farà d’ora in avanti la Bce? Il fatto che l’economia europea stia ancora crescendo, che l’inflazione di base rimanga fissa 5,5% e che, per la prima
volta dal 2021 sia più bassa di quella totale suggeriscono un possibile ulteriore aumento dei tassi di intesse dopo la pausa di agosto. Dobbiamo sperare che ad agosto ci sia qualche segnale di miglioramento altrimenti temo che potrebbe arrivare un altro aggiustamento di un quarto di punto. Tutto sommato, il dato sul Pil non è di per sé allarmante, ma è indubbio che i rischi sono aumentati.
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CHINA FILES NELLE SCUOLE – GLI E-BOOK DI CHINA FILES N°21
L'e-book estivo è, come da tradizione, dedicato ai progetti di China Files nelle scuole superiori. A partire dal 2021 abbiamo portato l'attualità cinese in diversi istituti italiani attraverso un progetto di Pcto pensato per avvicinare studenti e studentesse alla professione giornalistica e all'analisi dei media
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Dirotta su Suca
palermo.repubblica.it/cronaca/…
Volo da Francoforte a Catania dirottato su Malta: il pilota Lufthansa traccia una rotta a forma di pene
È accaduto il 28 luglio, il percorso del velivolo è stato registrato su FlightradarAlessandro Puglia (la Repubblica)
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Nuova Diavoleria?
sostariffe.it/news/canone-rai-…
Canone Rai: dalla bolletta della luce al cellulare, il progetto del Governo
Il Governo continua a lavorare a una nuova soluzione per il pagamento del Canone Rai che, da alcuni anni, è incluso nella bolletta della luce con un pagamento rateale che va da gennaio a ottobre.SOStariffe.it
Ma che cos’è uno strumento educativo digitale responsabile?
In occasione della traduzione in italiano della home page di La Digitale, riprendo questo articolo di Emmanuel Zimmert in cui l’autore espone i principi su cui si basa La Digitale, un progetto che sviluppa e distribuisce gratuitamente una raccolta di strumenti digitali e applicazioni libere e responsabili (24 solo quelli online!) da utilizzare soprattutto nell’insegnamento/apprendimento in presenza e a distanza.
Ecco come vengono presentati gli obiettivi di La Digitale nella home page del sito:
1. progetta e sviluppa strumenti e applicazioni digitali liberi e responsabili per insegnanti;
2. accresce la consapevolezza delle buone pratiche e della sobrietà digitale in ambito educativo ;
3. difende una tecnologia digitale educativa virtuosa e inclusiva lontana dalle grandi aziende guidate dalla corsa al profitto e dalla raccolta e vendita di dati.
Viste le premesse, penso che valga la pena provare gli strumenti liberi che Emmanuel Zimmert ha sviluppato e messo a disposizione gratuitamente.
Qui sotto trovate la traduzione italiana del suo articolo che è distribuito con licenza Creative Commons BY-NC-SA.
A questo link potete ascoltare la lettura dell’articolo: funkwhale.it/library/tracks/17…
Buona lettura e buon ascolto 🙂
Ma che cos’è uno strumento educativo digitale responsabile?
Prima di proporre alcune caratteristiche di uno strumento educativo digitale responsabile, è innanzitutto necessario ricordare quali sono i mezzi utilizzati dalle aziende di tecnologia educativa e digitale in generale per monetizzare i propri prodotti.
• Il modello a pagamento: l’applicazione o il servizio è disponibile dopo il pagamento (una tantum o ricorrente).
• Il modello freemium: l’applicazione o il servizio possono essere utilizzati gratuitamente con funzionalità o possibilità di creazione limitate. Tutte le funzionalità vengono sbloccate dopo il pagamento. Questo è un modello comunemente utilizzato dalle società edtech, in quanto consente agli utenti di avere un’idea del prodotto (e potenzialmente di creare una dipendenza) prima di passare alla cassa.
• Il modello gratuito: è anche un modello comune, soprattutto tra i GAFAM. Tutte le funzionalità sono immediatamente disponibili gratuitamente. Il potenziale di monetizzazione, spesso sconosciuto agli utenti, sta altrove: nei dati che queste aziende potranno raccogliere, utilizzare, mixare, rivendere per generare pubblicità mirata, per stabilire abitudini di consumo, ecc.
Bisogna sempre tenere presente che l’obiettivo rimane principalmente commerciale: si tratta ovviamente di offrire contenuti e servizi di qualità, ma si tratta soprattutto e prima di tutto di vendere, con strategie di marketing più o meno eleganti.
Alcune caratteristiche di uno strumento educativo digitale responsabile
Per La Digitale , uno strumento educativo digitale responsabile è …
• uno strumento con un modello economico chiaro e trasparente;
• uno strumento senza pubblicità;
• uno strumento con codice sorgente aperto e conforme ai valori del software libero;
• uno strumento che pone la rilevanza educativa al centro della sua progettazione;
• uno strumento di facile accesso (può essere utilizzato senza dover creare un account o con la creazione di un account senza un indirizzo email);
• uno strumento che non raccoglie dati personali (o che indica molto chiaramente quali dati vengono utilizzati e per quale scopo);
• uno strumento che non raccoglie dati statistici (o che utilizza strumenti gratuiti e self-hosted per farlo);
• uno strumento che ottimizza (compressione delle immagini, ecc.) o limita l’uso dei media (il video è ancora il modo più efficace per presentare un concetto, una nozione?);
• uno strumento con funzionalità mirate che non cerca di fare tutto, ma al contrario di fare una cosa e di farla bene;
• uno strumento che non mostra un numero eccessivo di notifiche e che non è invadente;
• uno strumento che è oggetto di una progettazione, concezione e sviluppo etico: caricamento rapido, codice ottimizzato, scelta delle tecnologie pertinenti, ecc. Su questo argomento, GreenIT.fr, con il supporto di oltre 50 collaboratori che sono membri del collettivo Conception Numérique Responsable, ha realizzato un manuale di 115 buone pratiche di web design ecocompatibile.
Uno strumento digitale responsabile considera anche l’utente responsabile e lo aiuta a implementare buone pratiche.
È sempre necessario essere inondati di notifiche per farci sapere in un flusso continuo cosa sta succedendo online, quello che qualcuno ha fatto o commentato, ecc.? Ovviamente si tratta di catturare il famoso tempo cerebrale disponibile.
È sempre necessario che il nostro telefono, questo caro amico, ci dica (ci detti?) cosa fare, dove andare in ogni momento? Non lo trovi “infantilizzante”? Stiamo ancora usando la nostra buona vecchia memoria umana?
Esempio di responsabilità e buona pratica: quando crei un nuovo contenuto con uno strumento La Digitale, è necessario recuperare e archiviare il collegamento a questo contenuto, perché non c’è altro modo per riottenere l’accesso a questo contenuto. Ciò richiede quindi organizzazione: il collegamento può essere aggiunto in una presentazione, nella cartella del corso o in un file di testo, ecc.
La discussione continua.
Digitalmente vostro
Emmanuel Zimmert
L'articolo si può scaricare anche in formato .pdf da qui: dgxy.link/ladigitale3
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Il Palamento legiferi sul fine vita
Niente di straordinario, è stata solo «una risposta civile ad una cittadina che chiedeva di poter gestire il suo fine vita in modo libero e consapevole». Così il governatore del Veneto, il leghista Luca Zaia, ha spiegato la decisione della giunta che presiede di accompagnare alla morte una malata oncologia terminale, Gloria. «Noi – ha detto – abbiamo semplicemente dato attuazione ad una sentenza della Corte costituzionale, quella che nel 2019 si è espressa sul caso del dj Fabo». Quella sentenza denunciava un vuoto legislativo e incoraggiava il Parlamento a colmarlo. Mai incoraggiamento fu più vano: il Parlamento è rimasto inerte sul delicato tema del fine vita, delegando così a regioni e magistratura il potere legislativo che la Costituzione gli attribuisce in via esclusiva.
Difficile andare avanti così. Difficile perché l’età media si allunga ma non per questo si accorcia la lista delle patologie gravi e invalidanti che affliggono uomini e donne soprattutto in età avanzata.
In «Utopia», riflettendo sulla condizione del malato grave inguaribile, Tommaso Moro esorta «sacerdoti e magistrati» ad accettare che quando «il vivere è diventato per lui una tortura, sia anzi lui stesso, animato da serena fiducia, a liberarsi di sua mano di quell’esistenza penosa come da una prigione o da un supplizio, oppure a consentire di sua volontà che siano gli altri a strapparnelo». Nel Cinquecento, il cattolico Tommaso Moro, beatificato da Leone XIII nel 1889, proclamato santo da Pio XI nel 1939 e dichiarato patrono dei governanti e dei politici da Giovanni Paolo II, non poteva sapere che un giorno la scienza medica e la tecnica applicata alla medicina avrebbero consentito a milioni di persone di allontanare la morte senza per questo poter riguadagnare la vita. È sgradevole ammetterlo, ma se anche Dio o il destino ci eviteranno malattie o traumi gravemente invalidanti, sappiamo che trascorrere l’ultima fase della vita immobilizzati su un letto senza la speranza di poterci un giorno alzare e/o attaccati a una macchina senza la possibilità di affrancarcene è quello che accadrà a buona parte di noi. E allora sarebbe giusto che chi non ce la fa più potesse sottrarsi a un dolore senza fine e sarebbe caritatevole che altri potessero eseguire la sua libera volontà nel caso in cui non si trovi nella condizione di attuare i propri propositi da solo. Ma, questo è il convincimento di chi scrive, solo in questo caso. Chi è in grado di darsi la morte, ma non lo fa, non dovrebbe poter delegare un’azione per cui non è evidentemente pronto; chi non è fisicamente in grado di darsi la morte, ma è condannato a sopravvivere in un limbo della vita, ha il diritto che la sua volontà sia doverosamente rispettata.
È per questo che due anni fa non ho firmato il referendum promosso dai radicali. Perché depenalizzava indistintamente l’omicidio del consenziente, di fatto tendendo all’introduzione in Italia del modello eutanasico olandese. Un modello a mio giudizio eccessivo, che sottrae la persona alle proprie responsabilità e presenta il rischio di pericolose degenerazioni. Mi fermerei un po’ prima, ma sempre in linea con il pensiero di San Tommaso Moro. Pensiero su cui la Chiesa e i parlamentari “cattolici” farebbero bene a riflettere.
Rispetto profondamente la sensibilità di chi rifiuta l’eutanasia per sè e per i propri familiari, ma sono convinto che rispettare la sensibilità di chi la pensa diversamente sia una scelta pienamente liberale e, lo dico con rispetto, di carità cristiana. È una questione, come ha correttamente detto Luca Zaia, «di civiltà».
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VIDEO. A sei mesi dal terremoto in Turchia, macerie e città fantasma
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di Ivan Grozny Compasso –
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LIBANO. Scontri nel campo profughi palestinese, almeno 5 morti
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Pagine Esteri, 31 luglio 2023. Il comandante palestinese Ashraf al-Armouchi è stato ucciso insieme ad almeno altre 4 persone ad Ein el-Hilweh, il più grande campo profughi palestinese presente in Libano. Nella giornata di domenica il partito palestinese Fatah ha confermato, in una dichiarazione ufficiale, la morte di 4 persone durante un attacco e un successivo scontro armato all’interno del campo nei pressi della città libanese di Sidone.
I vertici del partito l’hanno definita una “operazione efferata”, un “crimine abominevole e codardo” volto a minare la sicurezza e la stabilità dei campi palestinesi in Libano.
L’UNRWA, l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa dei rifugiati palestinesi ha confermato lo scontro a fuoco, parlando però di sei morti. L’agenzia di stampa nazionale libanese ha comunicato che tra i feriti (almeno sette) ci sono due bambini. Due scuole UNRWA, che accolgono circa 2.000 tra bambine e bambini, sono state danneggiate. L’Agenzia ONU ha fatto sapere di aver interrotto le proprie attività nel campo.
Secondo Al Jazeera, che cita dichiarazioni anonime di funzionari palestinesi, un uomo non identificato avrebbe cercato di assassinare il militante Mahmoud Khalil, uccidendo però un suo compagno. In seguito all’azione sarebbe cominciato uno scontro a fuoco durato diverse ore, con l’utilizzo di fucili d’assalto e lanciagranate, fino al raggiungimento di un cessate il fuoco in seguito ad una riunione a cui hanno partecipato diverse fazioni palestinesi. L’attacco sarebbe avvenuto in seguito alle operazioni portate avanti dalle fazioni palestinesi per isolare i gruppi armati islamisti fuggiti all’interno del campo profughi.
Una scheggia di mortaio ha colpito una vicina caserma militare libanese, ferendo un soldato.
La situazione dei campi profughi libanesi è disperata. Sovraffollati, in condizioni ambientali difficilissime, senza servizi e insalubri, ospitano decine di migliaia di palestinesi (ad Ein el-Hilweh vivono 63.000 persone secondo le Nazioni Unite). Pagine Esteri
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Occidente
Bella la fotografia che ritrae la nostra presidente del Consiglio accanto al presidente degli Stati Uniti. Ma si deve guardare a quel che c’è dietro. Su quelle due poltrone si sono già seduti altri, in rappresentanza dei due Paesi, ma la situazione non è sempre la stessa. Dietro quel ritratto c’è un’idea di Occidente tutt’altro che scontata e in divenire.
Finita la guerra (1945) e nata la Repubblica (1946), quando si trattò di decidere se essere parte dell’Alleanza atlantica (1949) ci fu, in Italia, un durissimo scontro. Era contraria la sinistra a dominanza comunista, perché la Nato sarebbe stata contrapposta all’impero sovietico. E l’Italia, come premurosamente ci veniva ricordato urlandolo in piazza, era il Paese non sottoposto all’Urss con il “più grande partito comunista”, di stretta osservanza e dipendenza economica sovietica. Era contraria anche la destra nostalgica del fascismo, il Movimento sociale la cui fiamma brucia ancora nel simbolo di Fratelli d’Italia. Il che era comprensibile, visto che la guerra la vollero dall’altra parte, quella del torto marcio. Ed era contraria una parte significativa del mondo cattolico, che restava antioccidentale e a vocazione disallineata e mediterranea. De Gasperi e Sforza seppero farsi valere.
Ma sarebbe sbagliato pensare che le divisioni di allora fossero appena nate, perché affondano le radici nella stessa Unità d’Italia. Gli Stati Uniti riconobbero subito la Repubblica Romana (1849) – di Armellini, Mazzini e Saffi – avversata dal Vaticano e dai papalini. Le parole papaline di allora additavano la Repubblica quale nemica della fede e dei sacri costumi italiani (alla Kirill e Putin). E dopo l’Unità (1861) si dovette attendere degli anni prima di riuscire a liberare Roma dai papalini (1870) e farne la Capitale. E i papalini di allora non erano la ridicola nobiltà nera che vendette le terre e le dimore ai palazzinari.
Si potrebbe e dovrebbe continuare a lungo, perché serve a capire che questi sentimenti sedimentano e generano quella cosa che si ripete come luogo comune, l’Italia “a cavallo” o “terra di confine”. Il Paese che può dirsi dalla parte di Israele, ma assicurare ai terroristi palestinesi di usarlo come base logistica (furono casualmente arrestati con un missile!), a patto di non eseguire attentati in Italia (così detto “Lodo Moro”). Magari l’ignoranza li mette al riparo dalla consapevolezza, ma grande parte degli antioccidentali odierni, di destra e di sinistra, hanno un conto aperto con il processo unitario e con lo Stato laico. Per tante ragioni, che qui non c’è spazio per approfondire, la nostra storia nazionale non ha proceduto a digerire e interiorizzare, preferendo deglutire e accantonare. Non a caso riusciamo a far polemiche demenziali ad ogni 25 aprile.
Quella foto alla Casa Bianca ritrae una governante italiana che condivise quei sentimenti dell’Italia perdente, criticando anche le blande sanzioni alla Russia, dopo l’invasione della Crimea. Una governante che guida una coalizione in cui quel modo di vedere era stato prevalente. Ma lei siede lì, mentre un Bolsonaro non c’è mai riuscito e un Orban non ci riuscirà. Perché dietro c’è la criminale aggressione di Putin all’Ucraina e la nettissima scelta di continuare la linea occidentalista di Draghi.
Quella foto è il ritratto dell’Occidente: area di democrazie, in cui è non solo legittimo, ma doveroso che vi siano idee e partiti diversi e contrapposti, ma in cui non può essere messa in discussione la difesa dell’Occidente. Pena l’esclusione dal governo (la conventio ad escludendum del Pci) o quella del proprio Paese dal novero delle libertà, prosperità e sicurezza. Questo Meloni lo ha capito e interiorizzato. Ed è un bene per l’Italia. Anche la sinistra lo ha capito e, nel punto critico, s’è fatta guidare da ex democristiani come Letta e Guerini. Ma non lo ha interiorizzato, perché rimproverando alla destra di non avere fatto i conti con l’essere stati fascisti ha evitato di fare i conti con l’essere stati comunisti.
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Sfrontati
Bella cosa la realtà, anche quando presenta problemi, anche quando è dolorosa, perché costringe a fare i conti con le sfrontatezze ideologiche e demagogiche. E vince sempre la realtà. Per vincerne le difficoltà si può usare solo il realismo, anche nel caso in cui si tenda a modelli diversi. E, nel caso degli accordi europei sull’immigrazione, la realtà contiene importanti opportunità. Tutto sta a saperle cogliere, anziché scappare nell’irrealtà del partito preso.
L’accordo europeo che si voleva essere “storico”, quello che era in continuità con il passato, ma che si voleva travestire da svolta possibile solo grazie alla forza con cui si erano fatti valere gli interessi nazionali, s’arresta perché i medesimi Paesi che la destra aveva eletto ad esempio e guida, quelli di Visegrad, in testa Polonia e Ungheria, più l’Austria, oppongono un rifiuto. Una storia già rivista, solo che ora la destra italiana si trova dall’altra parte e governa (non certo per la prima volta). Un nuovo equilibrio si troverà, come si è sempre trovato, ma l’inciampo insegna molte cose.
La questione specifica è relativa all’eventualità di dovere far fronte non solo a un flusso eccessivo di emigranti, ma anche al fatto che qualche Paese provi a specularci (come ha fatto, da ultimo ma non prima, la Bielorussia). In questo caso – si stabiliva – la pressione si ripartisce, non essendo giusto che si scarichi sul Paese la cui frontiera è più esposta, visto che è comunque una frontiera esterna dell’intera Unione europea. I renitenti lo rifiutano. Sicché a lasciare soli i più esposti sono gli stessi che ieri erano indicati come esemplari. La rottura non è una novità, visto che la destra governante l’Italia si trova (giustamente) sul fronte opposto a quello dell’Ungheria del vecchio amico Orban, circa la condanna della criminale invasione russa e la difesa degli ucraini.
Nel mentre si lavora allo sblocco si tragga insegnamento dal blocco: se si vuole far funzionare meglio l’Ue si deve potere decidere più spesso a maggioranza. Il che coincide con gli interessi italiani e comporta molta più Ue. Non meno. Il tema dell’immigrazione e della sicurezza, tanto caro alla destra, è l’occasione per imparare e cambiare.
Bisogna sapere distinguere un fenomeno epocale, che non è affatto un’emergenza, bensì una permanenza, dall’altra questione, relativa al bisogno nazionale degli immigrati. Un bisogno che è italiano, ma condiviso con tutte le potenze industriali e produttive europee. Il fenomeno epocale reclama accordi europei, altrimenti saltano le frontiere. Chi si preoccupa solo delle proprie non ha capito nulla del fenomeno e si regola in base alle proprie convenienze propagandistiche. Anche il bisogno italiano richiede cambiamenti, che, almeno in parte, ci sono già stati.
Intanto il governo di destra ha varato un decreto flussi con due elementi positivi: primo, è triennale; secondo, è il più alto numero fin qui programmato e consentito. Nonostante ciò, la previsione di ingressi regolari (giustamente distinti dall’afflusso incontrollato) è ancora inferiore al bisogno del sistema produttivo e familiare. Senza più numerosi ingressi si ferma anche il già claudicante Pnrr. Ma sarà la forza della realtà a far cambiare quei numeri, non potendo abbandonarsi al facile ed irresponsabile giochino di far credere che la colpa sia sempre di altri.
Poi c’è la legge che porta il nome di Bossi e Fini, quindi una legge della destra (vedete che c’è già stata, al governo!): è in vigore da più di venti anni, non ha mai funzionato e non ha mai difeso nulla, ma ora è la destra stessa a cambiarla perché, come di ripete da lustri, rende difficilissimi gli ingressi regolari. Sicché un extracomunitario che abbia già lavorato, anche all’estero, per ditte italiane può direttamente entrare.
Bella cosa la realtà. Meglio ancora se si saprà usarla per traslocarci i consensi che si sono raccolti negandola. Meglio realisti che sfrontati, visto che s’è pure perso il vecchio amato fronte.
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È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione e del Merito.
Ministero dell'Istruzione
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Taiwan Files – Aiuti militari Usa a Taipei: che cosa significano. I viaggi di Lai e Gou
Il primo pacchetto inviato con autorità presidenziale. Il patron della Foxconn negli Usa, presto anche il vicepresidente. Manovre verso le elezioni. A Pechino Wang Yi torna ministro. Delegazione accademica continentale a Taiwan. Liberato l'attivista Lee Meng-chu. Tsmc posticipa l'apertura in Arizona. E tanto altro. La rassegna settimanale di Lorenzo Lamperti con notizie e analisi da Taipei (e dintorni)
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Sabato 8 luglio 2023, gli account utente hanno iniziato a scomparire dall'istanza Mastodon di Vivaldi. Cosa stava succedendo, come è successo e quali sono state le conseguenze?
> Guardando il database ho potuto vedere che gli account interessati erano stati apparentemente cancellati e quindi ricreati come un account completamente nuovo quando l'utente ha effettuato nuovamente l'accesso.
198 account in totale sono stati cancellati nel corso di questo incidente e nelle ore successive, insieme agli sviluppatori di Mastodon, abbiamo iniziato a esaminare cosa potesse essere accaduto. Su suggerimento di Eugen, abbiamo esaminato la possibilità che gli UserCleanupScheduleraccount eliminati fossero "non confermati", ma alla fine questo è stato escluso, poiché gli utenti eliminati non avrebbero mai potuto corrispondere alla query su cui operava.
TL; DR
Un bug nel codice combinato con una configurazione del database sconsiderata ha causato l'unione di 198 account utente in un unico account remoto. È stato impiegato un intero fine settimana per trovare la causa e riparare i danni causati.
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Bluesky IN - Twitter OUT: dismesso il connettore Twitter di Poliverso ma è già attivo quello per Bluesky: e forse a settembre Friendica potrebbe federarsi anche con il nuovo social di Jack Dorsey
Il connettore twitter di Poliverso è stato dismesso, dopo aver onorevolmente svolto il suo dovere per quasi due anni: da alcuni giorni però non consentiva più di pubblicare messaggi su Twitter, limitandosi a importare messaggi sulla timeline di Friendica, e questo stava anche provocando continui errori e insopportabili rallentamenti del sistema.
Poco male: ci siamo risparmiati il rebranding e gli ultimi shitposting del suo padrone.
Annunciamo invece che è già attivo il connettore per Bluesky che consente al momento di pubblicare messaggi Friendica sul social azzurro!
Per gli utenti Poliverso sono disponibili alcuni codici di invito: se li volete contattateci qui!
Gli sviluppatori di Friendica però stanno lavorando per implementare con la nuova release di settembre la possibilità di federarsi effettivamente con Bluesky.
Siamo in attesa di capire cosa comporterà questa implementazione in termini di risorse e vi terremo aggiornati.
Infine vogliamo scusarci per i rallentamenti che si stanno verificando sul nostro server: purtroppo siamo giunti a un punto in cui il nostro cloud non può essere più potenziato in termini di potenza di calcolo (che è l'aspetto che più ci sta creando problemi) e perciò stiamo valutando se raddoppiare i costi mensili e passare a una nuova configurazione, oppure se cambiare fornitore.
Si tratta di una scelta che dobbiamo operare con una certa attenzione e probabilmente non riusciremo a compierla prima del mese di settembre. Se riscontrerete disguidi, fatecelo sapere.
A questo proposito ringraziamo tutti coloro che ci hanno generosamente finanziato attraverso la piattaforma Ko-Fi o tramite LiberaPay! Non ci aspettavamo questa attenzione da parte dei nostri utenti e di quelli delle nostre istanze collegate, l'istanza mastodon Poliversity e l'istanza Lemmy Feddit.it, che si è rivelata un bellissimo caso di successo degli ultimi mesi, oltre che un luogo di aggregazione per tutti gli utenti di tutte le istanze italiane del Fediverso
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Grazie ancora a tutti e buone vacanze,
gli amministratori
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Alcune volte mi trovo in disaccordo con lui, ma rimane uno dei principali e unici attori di molte battaglie importantissime.
È importante ci sia gente così.
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Son contento che almeno per questa volta posso andare a votare convinto di non essere lì a votare il meno peggio.
Considerando la mia zona comunque, l'unico dubbio per questa votazione è se il candidato del cdx prenderà tanti voti o estremamente tanti voti, a prescindere da chi sia
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LORDS OF ALTAMONT – TO HELL WITH TOMORROW THE LORDS ARE NOW!
RECENSIONE : LORDS OF ALTAMONT – TO HELL WITH TOMORROW THE LORDS ARE NOW!
iyezine.com/lords-of-altamont-…
LORDS OF ALTAMONT - TO HELL WITH TOMORROW THE LORDS ARE NOW!
In quelle cittadine californiane, nel dicembre 1969 (ma anche nel luglio dello stesso anno, con l'eccidio losangelino di Cielo Drive messo in atto dalla settaIn Your Eyes ezine
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In difesa, l’Europa faccia di più. Il premier sposa la linea americana
L’incontro del presidente del Consiglio Giorgia Meloni con il presidente degli Stati Uniti Joe Biden è stata l’occasione per affrontare i temi cruciali della difesa, sia dal punto di vista bilaterale, sia da quello dei legami che uniscono le due sponde dell’Atlantico nella Nato. Temi su cui la diplomazia italiana ha lavorato fin dalla missione a Washington del ministro della Difesa, Guido Crosetto. Oltre a ribadire l’assoluta intenzione di entrambi i Paesi di continuare a sostenere l’Ucraina nel suo sforzo di resistenza dall’invasione russa, l’incontro ha permesso ai due leader di discutere in profondità l’architettura stessa della difesa che interessa direttamente l’Italia e gli Stati Uniti.
Rispondendo in conferenza stampa a una domanda sull’autonomia europea, Giorgia Meloni ha ribadito ulteriormente come a suo giudizio, l’Europa abbia “abdicato” alle proprie responsabilità. Un tema che secondo il presidente del consiglio è emerso anche nel corso del vertice Nato di Vilnius. Se l’Europa desidera avere un’autonomia politica, è il ragionamento, è tempo che agisca di conseguenza. Lungi dall’essere una visione alternativa all’alleanza transatlantica, il punto del premier è chiaro “deve esistere una colonna americana e una colonna europea della Nato”.
Una interpretazione che è assolutamente in linea con quanto si chiede da molto tempo dagli Stati Uniti, indipendentemente dall’inquilino della Casa Bianca. Per Meloni, “gran parte del peso della Difesa” globale ed europea è stato portato dai soli Usa. Una condizione che, come sottolineano tutte le riflessioni strategiche a stelle e strisce, non può continuare, soprattutto di fronte alle sfide globali che attendono lo strumento militare americano, Cina in primis. Una posizione esplicitamente assunta anche dal capo del governo italiano.
Il tema, naturalmente, si lega immediatamente allo sforzo nazionale di aumentare la spesa militare. Un impegno che, ha tenuto a ricordare il presidente, il suo partito ha preso anche da “unico partito di opposizione”. Quello del 2% del Pil da destinare alla difesa è del resto un tema su cui il governo si è impegnato fin dal primo giorno, senza tuttavia nascondere le difficoltà di raggiungere l’obiettivo date le condizioni economiche del nostro Paese, come più volte espresso anche dal ministro Crosetto. Ma l’impegno ribadito da Meloni a Biden traccia una linea da seguire. Non si tratta, infatti, di conseguire dall’oggi al domani tale traguardo – impegno irrealizzabile e poco credibile – quanto invece di dare segnali e rassicurazioni visibili e quantificabili della traiettoria intrapresa dall’Italia in questo senso, di graduale e sistematico aumento delle spese per l’apparato militare.
Una priorità di cui potrebbe beneficiare l’Alleanza, naturalmente, ma anche il Paese stesso. “I nostri destini sono indissolubilmente legati” ha detto Meloni, aggiungendo però che i rispettivi interessi possono “non essere sempre perfettamente sovrapposti”. Ancora una volta, non si tratta di agire in maniera slegata o “terza” rispetto a quelli che sono gli interessi transatlantici, quanto piuttosto assumersi la responsabilità di quei dossier su cui gli Usa non hanno immediato interesse o nei quali non possono agire.
Un esempio di questo, portato proprio da Meloni, è quello dell’Africa, del Sahel e del Mediterraneo allargato. Qui “c’è margine per ciascuno di fare il proprio lavoro” ha detto il premier, portando avanti un lavoro “nell’interesse di tutti”. Autonomia, dunque, ma come valore aggiunto per l’Alleanza, nella speranza che i Partner possano seguire la strada indicata dall’Italia. Il riconoscimento che Washington ha riconosciuto alla leadership italiana nella regione, del resto, potrebbe anche fungere da stimolo per gli altri Paesi europei in questo senso.
PRIVACYDAILY
Primo semestre di Leonardo. Ecco i risultati, in attesa del nuovo Piano industriale
Di fronte all’aumento nella richiesta di sicurezza, legata al contesto geopolitico internazionale, è sicuramente cresciuta la domanda di sistemi di Difesa tradizionali, a cui però si aggiungono anche le necessità di sicurezza nei nuovi domini dello spazio e del cyber. È quanto emerge dai risultati per il primo semestre ottenuti da Leonardo, il primo sotto la presidenza di Stefano Pontecorvo, che confermano le Guidance per l’intero anno formulate in sede di predisposizione del bilancio al 31 dicembre 2022. I primi sei mesi dell’anno hanno registrato risultati solidi, soprattutto in termini di crescita degli ordini, aumento di profittabilità e rafforzamento della performance di cassa. A fare la differenza per il gruppo di piazza Monte Grappa è intervenuto appunto il potenziamento dei settori a maggior crescita, quello extra-atmosferico e quello informatico.
I numeri
Nel primo semestre dell’anno i ricavi si sono attestati a 6,9 miliardi di euro, +6,4% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Il flusso di cassa operativo (Focf) è negativo per circa 517 milioni, in netto miglioramento rispetto al dato del 2022, negativo per 973 milioni. L’indebitamento scende ben del 24%, arrivando a 3,637 miliardi, dai quasi 4,8 milioni del 2022, grazie al minore assorbimento di cassa. Con ordini pari a 8,7 miliardi, il portafoglio ordini arriva alla cifra record di a 40 miliardi, assicurando una copertura di lavoro ben superiore a due anni e mezzo. Una crescita trainata soprattutto dall’ottima performance della divisione Elicotteri grazie agli ordini del ministero della Difesa austriaco e della Us Air force, oltre a una crescita degli ordinativi per l’Elettronica per la difesa e sicurezza. L’Ebita è pari a 430 milioni, +5,7%. Si conferma, quindi, il solido il business legato al settore militare e governativo.
La Guidance
Il Gruppo conferma dunque le previsioni per l’intero anno formulate in sede di predisposizione del Bilancio 2022. Per l’anno in corso si prevedono nuovi ordinativi pari a circa 17 miliardi, con un occhio particolare per i nuovi mercati in espansione. Per i ricavi la Guidance indica una forbice tra 15 e 15,6 miliardi, comunque, in crescita rispetto al 2022 grazie anche “alla ripresa delle consegne di B-787” da parte della divisione Aerostrutture. Anche la redditività è prevista in aumento, con Ebita previsto tra 1,2 e 1,3 miliardi. Il flusso di cassa è atteso a circa 600 milioni, mentre l’indebitamento dovrebbe scendere a 2,6 miliardi.
Il commento
Per Roberto Cingolani, amministratore delegato, “l’azienda si dimostra solida e i risultati sono promettenti, anche prospetticamente”. Per l’ad, il gruppo è “in una fase di predisposizione del nuovo Piano industriale che vedrà la luce all’inizio del prossimo anno”. Pilastri di questo nuovo Piano saranno “il consolidamento del core business con un focus particolare sui prodotti per la difesa e l’allargamento a nuove iniziative, con il potenziamento dei settori a maggior crescita, come spazio e cyber-sicurezza”. Per Cingolani, l’obbiettivo è dare “un rinnovato impulso alla digitalizzazione di tutto il nostro portafoglio prodotti per accrescere ulteriormente la nostra competitività su tutti i mercati, in Italia e all’estero”.
Nucleo climatico
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Il racconto di #NoiSiamoLeScuole questa settimana è dedicato all’Istituto Comprensivo “Federigo Tozzi” di Chianciano Terme, in provincia di Siena!
Il vecchio edificio ha ospitato intere generazioni di studenti del territorio, ma ora, grazie al PNR…
Ministero dell'Istruzione
Il racconto di #NoiSiamoLeScuole questa settimana è dedicato all’Istituto Comprensivo “Federigo Tozzi” di Chianciano Terme, in provincia di Siena! Il vecchio edificio ha ospitato intere generazioni di studenti del territorio, ma ora, grazie al PNR…Telegram
La faziosità che impedisce di affrontare i problemi
Dalla lezione di un grande studioso della democrazia, Giovanni Sartori, si ricava che quando la polarizzazione politica è elevata l’opposizione tende ad essere «irresponsabile»: si contrappone frontalmente al governo su tutto. Senza ombra di realismo. Ciò spiega la drastica e repentina mutazione che subiscono i partiti quando passano dall’opposizione al governo e viceversa. Giorgia Meloni, prima di vincere le elezioni, aveva (tranne che sull’Ucraina) la tipica postura dell’oppositore irresponsabile nel senso di Sartori. Meloni al governo è un’altra cosa. Il Pd ha fatto il tragitto contrario: era una cosa quando faceva parte della maggioranza di governo guidata da Mario Draghi, è un’altra cosa fuori dall’area di governo. Quando sono all’opposizione il partito di destra o il partito di sinistra si fanno guidare, rispettivamente, dal principio pas d’ennemis à droite (niente nemici a destra) e pas d’ennemis à gauche (niente nemici a sinistra). Ciò alimenta la costante delegittimazione reciproca fra governi e partiti di opposizione. Riflette le divisioni che esistono nel Paese. Ma tende anche a perpetuarle e a esasperarle.
Viviamo in una fase storica nella quale la polarizzazione politica è aumentata in tante democrazie (si pensi agli Stati Uniti) ma l’Italia fa storia a sé. La nostra era una democrazia polarizzata (quando molte altre non lo erano) ai tempi della Guerra fredda. Ed è rimasta tale. Con l’aggravante che mentre un tempo l’esistenza di forti partiti riusciva a contenere, almeno in parte, le pressioni divaricanti, oggi che quei forti partiti non ci sono più l’opera di contenimento è assai più faticosa e spesso impossibile.
Le conseguenze sono pesanti. Quando predomina lo spirito di fazione affrontare i problemi del Paese diventa impossibile. Sia perché chi governa — ovviamente costretto ora a fare i conti con la realtà — non può mai liberarsi completamente delle scorie accumulate nella fase dell’opposizione irresponsabile. Sia perché non è pungolato da una opposizione che sappia confrontarsi con i problemi anziché innalzare muri ideologici. I problemi del Paese sono noti: insufficiente crescita economica, declino demografico, mali antichi dell’amministrazione, malfunzionamento dell’amministrazione della giustizia, deterioramento del sistema scolastico, prestazioni di welfare mal distribuite e con ampie sacche di inefficienza, necessità di governare i flussi migratori, obbligo di conciliare le misure per fronteggiare il cambiamento climatico con la salvaguardia della forza industriale del Paese. Grandi e difficilissimi problemi che richiederebbero una convergenza di intenti, chiamare il Paese a riconoscersi in alcune idee-forza. Una cosa è dividersi, come è normale in democrazia, su proposte diverse ma volte a uno stesso scopo. Altro è dare libero sfogo allo spirito di fazione e a uno scontro ideologico che inghiotte tutto e che nasconde anziché rendere visibili i termini del problema che si dovrebbe affrontare.
Prendiamo, ad esempio, il caso della scuola. Basta leggere i risultati dei test Invalsi per capire che stiamo segando il ramo su cui siamo seduti. Stiamo dilapidando, prima ancora di averlo formato, un grande capitale umano. Ma senza capitale umano non si va da nessuna parte. I successi economici «asiatici» (della Cina e non solo), da tanti ammirati, sono, prima di tutto, il prodotto di sistemi educativi di prim’ordine. Qualunque professore con una lunga esperienza sorride quando sente dire che ci sono tanti giovani bravi e preparati. Certo che ci sono, come ci sono sempre stati. Ma il problema di un sistema educativo è, prima di tutto, quello di preparare decentemente la fascia media (i bravi, quelli che hanno vocazione per lo studio, se la cavano comunque). Il cedimento strutturale della scuola ha riguardato la fascia media. È in questa fascia che l’impreparazione dilaga. Con gravi danni, in prospettiva, per l’economia e le professioni. E anche per la democrazia. Interessi corporativi e faziosità ideologica impediscono di ammetterlo. E di cercare i rimedi.
Oppure si prenda il tema dell’immigrazione. In un Paese in crisi di natalità c’è un grande bisogno di immigrati. Ma c’è anche bisogno di assorbirli senza provocare forti «sbreghi» nel tessuto sociale e culturale. Qualcuno può affermare che il tema, da quando si è imposto all’opinione pubblica, sia stato affrontato, da destra e da sinistra, in modo non ideologico? C’è ora qualche segnale di un atteggiamento più pragmatico ma è ancora troppo presto per giudicare. È comunque un altro argomento su cui il riconoscimento di un interesse comune dovrebbe spingere a cercare convergenze anziché contrapposizioni frontali.
Se la polarizzazione politica impedisce di riconoscere la natura delle sfide e di cercare convergenze, dobbiamo allora sperare nell’emergere di forze capaci di affrontare con pragmatismo i problemi che incombono e che riescano a mettere nell’angolo gli ideologizzati delle varie fazioni? Dobbiamo cioè aspettare che si formi, al centro dello schieramento, una opposizione responsabile? Si sente spesso dire che esisterebbero vaste praterie che aspettano solo di ricevere una offerta politica credibile. Qualche tempo addietro lo pensava anche chi scrive. Ma forse era un’illusione. In un sistema polarizzato, chi rifiuta lo spirito di fazione fatica a fare passare messaggi che prendano di petto i problemi. La faziosità occupa la scena. Non solo una offerta politica credibile del tipo indicato, al momento, non si vede. Ma se ci fosse non è detto che avrebbe successo, che riuscirebbe a intercettare tanti elettori.
In teoria la democrazia appartiene al novero dei regimi moderati. In un regime moderato la demagogia è tenuta a freno, relegata ai margini dello spazio pubblico. Per questa ragione, forse, la forte polarizzazione registrata negli ultimi anni in tante democrazie occidentali potrà essere prima o poi riassorbita. Però il nostro Paese non ha mai conosciuto la suddetta moderazione. Fino ad oggi, tuttavia, la democrazia italiana è riuscita a sopravvivere. Forse è l’eccezione che conferma la regola. Forse è solo il frutto di fortunate circostanze. Caso e fortuna hanno comunque giocato a nostro favore. Si spera che continuino a farlo.
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“Estate 2023. Viaggiare veloci e sicuri, ma senza rinunciare alla privacy”
Nuovo appuntamento con la rubrica Privacy weekly, tutti i venerdì su StartupItalia. Uno spazio dove potrete trovare tutte le principali notizie della settimana su privacy e dintorni.
Quando Sinéad diede del «buono a nulla» a Itamar Ben Gvir
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di Michele Giorgio
(questo articolo è stato pubblicato in origine dal quotidiano Il Manifesto)
Pagine Esteri, 28 luglio 2023 – Nel 1997 la giovane, brava e famosa Sinéad O’Connor avrebbe dovuto esibirsi a Gerusalemme in un festival organizzato da donne israeliane e palestinesi dal titolo «Due Capitali, Due Stati». La musicista e cantante irlandese fu costretta a rinunciare al concerto per le minacce di morte giunte dall’Ideological Front, organizzazione guidata da un giovane israeliano, Itamar Ben Gvir. «Gruppi ebraici di destra hanno minacciato di uccidere me e la mia band. Non sono disposta a morire per le stronzate di qualcun altro, né sono disposta a mettere a rischio la mia band, quindi non siamo andati», spiegò O’Connor. Ben Gvir non si assunse la responsabilità delle minacce. Però alla radio israeliana si vantò di aver causato in qualche modo la cancellazione del concerto, parte di un evento che, spiegò, considerava un attacco al controllo di Israele sull’intera Gerusalemme, anche della zona araba rivendicata dai palestinesi come capitale del loro futuro Stato indipendente. O’Connor reagì affidando alla Associated Press un comunicato in cui accusava Ben Gvir di «non aver combinato nulla di buono nella vita» e lo ammoniva dicendogli che «Dio non premia coloro che portano il terrore ai bambini del mondo».
L’articolo pubblicato nel 1997 dal quotidiano Haaretz sulla polemica tra Ben Gvir e O’Connor
Mercoledì l’artista irlandese che ha fatto cantare al mondo intero Nothing Compares 2 U è morta lasciando sgomenti i suoi tanti fan. Invece l’estremista Itamar Ben Gvir, sconosciuto ventisei anni fa, oggi è il ministro della Sicurezza nazionale, uno degli incarichi più rilevanti del governo dello Stato ebraico. Ieri mattina, incurante anche dalle rassicurazioni date dal presidente israeliano Herzog sul rispetto dello status quo dei luoghi santi di Gerusalemme, Ben Gvir è di nuovo entrato sulla Spianata delle moschee di Gerusalemme in occasione del Tisha B’Av, il giorno che commemora la distruzione del Tempio ebraico. Questa è la terza «visita» di Ben-Gvir al sito da quando il premier Benyamin Netanyahu ha vinto le elezioni lo scorso novembre.
E come le altre non ha avuto motivazioni turistiche. «Questo il luogo più importante per il popolo di Israele. Dobbiamo tornare e mostrare la nostra autorità…In questo giorno, in questo luogo, dobbiamo ricordare che siamo tutti fratelli. Siamo le stesse persone. Quando un terrorista guarda fuori dalla finestra, non può distinguerci» ha detto il ministro – descritto come un suprematista anche da tanti israeliani – in riferimento alle proteste di massa, l’ultima ieri sera, in corso in Israele contro la riforma giudiziaria voluta dal governo di estrema destra religiosa al potere. Qualche ora prima delle rivendicazioni di Ben Gvir sulla Spianata delle moschee (ritenuta dalla tradizione ebraica il luogo dove sorgeva il Tempio), un ragazzo palestinese di 14 anni, Faris Abu Samra, è ucciso durante uno scontro a fuoco innescato da un raid dell’esercito israeliano nella città di Qalqiliya (Cisgiordania). Sale a 202 il numero dei palestinesi uccisi quest’anno da soldati e coloni israeliani, 37 dei quali adolescenti e bambini e 11 donne. Una trentina sono gli israeliani uccisi da palestinesi.
Alla passeggiata di Ben Gvir hanno partecipato il deputato del Likud Amit Halevi, il ministro dello sviluppo del Negev e della Galilea Yitzhak Wasserlauf e il rabbino Shimshon Elboim, del gruppo «Monte del Tempio». Dura la protesta del ministero degli esteri palestinese: «Il governo israeliano sostiene ufficialmente raid e aggressioni contro la moschea di Al Aqsa e i tentativi di cambiare lo status quo… Netanyahu ha la responsabilità diretta di questa provocazione». Proteste sono giunte anche da Giordania, Egitto e Stati uniti. Per rappresaglia un gruppo affiliato ad Hamas ha rivendicato il lancio di un razzo artificiale da Jenin verso una colonia israeliana. Pagine Esteri
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In Cina e Asia – Meloni parla con Biden di Bri e annuncia che andrà in Cina
Meloni parla con Biden di Bri, ma niente annunci sull'uscita dell'Italia. E la premier andrà in Cina
Accordo Vaticano-Vietnam per l’apertura di un ufficio della Santa Sede ad Hanoi
Giappone: politica economica più flessibile e rendimenti decennali oltre lo 0,5%
Huawei vuole tornare a produrre i propri chip già dal 2023
Corea del Nord: parata militare a Pyongyang per il 70° anniversario dell'armistizio
Giappone: nel 2022 popolazione diminuita di 800 mila unità
Cina: vietato l’accesso ai diplomatici canadesi al processo di Kris Wu
Myanmar: Aung San Suu Kyi trasferita agli arresti domiciliari
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Dalla Cina "diritti umani” e uguaglianza per tutti
All’assioma ormai consolidato secondo il quale lo sviluppo materiale, il progresso, e la crescita economica, rientrino tra i diritti umani, Pechino ha aggiunto un nuovo postulato: che lo stesso valga per “l’uguaglianza delle relazioni, attraverso l’apprendimento delle differenze culturali.”
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rag. Gustavino Bevilacqua
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