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AL SHIFA. Il principale ospedale di Gaza è un campo per sfollati


L'ospedale principale di Gaza City si è trasformato in un rifugio per migliaia di persone le cui case sono state bombardate, o che temono che lo saranno. Israele lo considera la copertura di una base di Hamas. La direzione e i medici lo negano con forza.

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Reportage dell’agenzia Reuters

(foto dell’agenzia Wafa, traduzione dall’inglese a cura della redazione)

Stipati sotto ripari di tela improvvisati nel parcheggio, dormendo nei corridoi o sui pianerottoli, trascorrendo le ore del giorno nelle scale, stendendo la biancheria sul tetto – migliaia di sfollati di Gaza riempiono ogni spazio dell’Ospedale Al Shifa.

L’ospedale principale di Gaza City si è trasformato in un gigantesco rifugio per le persone le cui case sono state bombardate, o che temono che lo saranno, durante l’assalto militare israeliano alla Striscia di Gaza entrato nel suo secondo mese. “Siamo scappati di casa a causa dei forti attacchi aerei”, ha detto Um Haitham Hejela, una donna rifugiata con i bambini piccoli in una tenda improvvisata realizzata con tessuto, spago e stuoie. “La situazione peggiora giorno dopo giorno”, ha detto. “Non c’è né cibo né acqua. Quando mio figlio va a prendere l’acqua fa la fila per tre o quattro ore. Hanno colpito i panifici, non abbiamo il pane”.

I giornalisti Reuters in visita all’ospedale martedì (ieri) hanno visto persone distese su entrambi i lati dei corridoi, che lasciavano solo uno spazio ristretto per consentire a chiunque di camminare, effetti personali immagazzinati nelle scale e sui davanzali delle finestre e pile di sacchi della spazzatura. L’impressione forte era quella di un affollamento estremo. Questa situazione non riguarda solo lo Shifa. L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che 122.000 sfollati di Gaza abbiano trovato rifugio negli ospedali, nelle chiese e in altri edifici pubblici in tutta la Striscia, con altri 827.000 nelle scuole.

La guerra è stata innescata da un attacco del 7 ottobre contro Israele da parte dei combattenti di Hamas che hanno ucciso 1.400 persone e preso in ostaggio altre 240. In risposta, Israele ha lanciato un attacco aereo, marittimo e terrestre contro Hamas che, secondo i funzionari di Gaza, ha ucciso più di 10.000 persone nella fascia costiera densamente popolata.

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Medics transport an injured Palestinian child into Al-Shifa hospital in Gaza City following an Israeli airstrike on October 11, 2023, as raging battles between Israel and the Hamas movement continued for the fifth consecutive day. Medical supplies, including oxygen, were running low at Gaza’s overwhelmed Al-Shifa hospital as the death toll from five days of ferocious fighting between Hamas and Israel rose sharply on October 11 with Israel keeping up its bombardment of Gaza after recovering the dead from the last communities near the border where Palestinian militants had been holed up. Photo by Atia Darwish apaimages

DALLA PAURA ALLA PAURA

Per gli ospedali, la crisi degli sfollati sta aggravando una situazione già catastrofica, con carenza di forniture mediche ed elettricità a causa dell’arrivo quotidiano di un numero enorme di pazienti gravemente feriti. Il personale sta ricorrendo a misure disperate, come eseguire interventi chirurgici senza anestesia.

Ad Al Shifa, gli sfollati affermano di essere venuti in cerca di sicurezza, ma di non sentirsi al sicuro a causa degli attacchi aerei nelle vicinanze e dell’avvicinarsi dell’esercito israeliano.

Israele sostiene di aver circondato Gaza City con le sue forze armate. L’ esercito israeliano accusa il movimento islamico Hamas di nascondere gli ingressi di tunnel e i suoi centri operativi all’interno di Al Shifa, cosa che Hamas ha negato.

“Siamo passati di paura in paura”, ha detto Um Lama, una madre in lutto rifugiata in un corridoio con diversi bambini e parenti più anziani. Sua figlia Lama è stata tra le vittime dell’attacco aereo di venerdì ad una un’ambulanza appena fuori dal cancello dell’ospedale. Il direttore dello Shifa ha detto che 15 persone sono state uccise e 60 ferite. Israele invece afferma di aver preso di mira un’ambulanza che trasportava combattenti di Hamas. La Mezzaluna Rossa Palestinese ha detto che l’ambulanza faceva parte di un convoglio che tentava di evacuare persone gravemente ferite.

“Guardate la nostra situazione. È questa la vita che stiamo vivendo? Non abbiamo cibo, né elettricità né acqua. Dormiamo nei corridoi”, ha detto Um Lama. Israele ha intimato agli abitanti di Gaza che vivono ancora nel nord della Striscia di spostarsi nel sud, anch’esso bombardato anche se meno intensamente. Martedì, durante una conferenza stampa, a un portavoce militare israeliano ono state fatte domande sulle notizie di bombe esplose sullo Shifa durante la notte.

“Sono consapevole che è successo. Probabilmente c’era qualche esigenza operativa”, ha detto. “Stiamo cercando di convincere le persone ad andarsene, questo è tutto quello che posso dire al riguardo. Questo è il tipo di messaggio con cui le persone cercano di uscire da lì”.

Tuttavia le donne rifugiate in ospedale affermano che, nonostante le terribili condizioni di vita e la paura, non hanno intenzione di andarsene perché non hanno nessun posto dove andare e nessun posto è sicuro.

“Siamo forti. Qualunque cosa facciano con noi, non lasceremo Al Shifa. Hanno tagliato l’acqua, l’elettricità, niente cibo, ma noi siamo forti. Possiamo mangiare solo biscotti e noci. Possiamo mangiare qualsiasi cosa”, ha detto Hejela.

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Tenacemente Tuvalu


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L'arcipelago polinesiano, che sta finendo sott'acqua, ha cambiato la costituzione per continuare a esistere anche senza una terra. Una sfida diretta a tutti i concetti di nazione

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In Cina e Asia – Ministeriale G7 a Tokyo, Blinken chiede unità su Ucraina e Gaza


In Cina e Asia – Ministeriale G7 a Tokyo, Blinken chiede unità su Ucraina e Gaza blinken
I titoli di oggi: Ministeriale G7 a Tokyo, Blinken chiede unità su Ucraina e Gaza Belt and Road, la Cina rivaluta il debito La portaerei Shandong passa dal Giappone e raggiunge il mar Cinese meridionale Giappone, la Chiesa dell’Unificazione propone una compensazione da 67 milioni di dollari Cina, il bilancio di Fmi: economia in calo e rischi su debito locale ...

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VERSIONE ITALIANA SCOZIA, LA POLIZIA INCREMENTA UTILIZZO DEL RICONOSCIMENTO FACCIALE Secondo i dati ottenuti dalle organizzazioni di giornalismo investigativo britanniche Liberty Investigates e The Ferret la polizia scozzese ha triplicato l’uso del riconoscimento facciale retrospettivo negli ultimi cinque anni, passando da poco meno di 1.300 ricerche nel 2018 a quasi 4.000 nel 2022. Questa tecnologia …


Il futuro dei social è decentralizzare. L'articolo di Chiara Crescenzi su GuerrediRete

Mastodon, Bluesky, Threads, Discord, Hive, Reddit, Tumblr. In questi mesi il panorama dei competitor di X – ex-Twitter – è cresciuto a dismisura, grazie soprattutto alle scelte compiute da Elon Musk dopo la sua acquisizione.

...Ma questa situazione rappresenta soltanto una minima parte di quello che accade davvero sulle piattaforme decentralizzate, che contrastano la diffusione di contenuti tossici opponendogli l’empowerment di comunità forti e coese. È abbastanza evidente, quindi, che decentralizzare sia oramai un imperativo per le piattaforme di social media, ammesso che queste ci tengano ad avere con sé i propri utenti. “Lo paragono alla crescita del cibo biologico e coltivato in modo sostenibile – ha dichiarato Bill Ottman, fondatore e amministratore delegato di Minds, piattaforma di social media parzialmente decentralizzata, commentando la diffusione di app federate -. Trent’anni fa, la gente diceva: ‘Non so di cosa stai parlando e non so perché dovrebbe preoccuparmi’. E ora, alla gente importa”.

@Che succede nel Fediverso?



La falsa promessa di ChatGPT, di Noam Chomsky, Ian Roberts e Jeffrey Watumull

Una volta, Jorge Luis Borges scrisse che vivere in un epoca di grandi pericoli e promesse è sperimentare insieme la tragedia e la commedia, con “l’imminenza di una rivelazione” nella comprensione di noi stessi e del mondo. In effetti, i nostri odierni presunti progressi rivoluzionari nell’intelligenza artificiale, provocano sia preoccupazione che ottimismo. Ottimismo, perché l’intelligenza è lo strumento per effetto del quale risolviamo i problemi. Preoccupazione, perché abbiamo paura che la più popolare ed alla moda specie di IA – l’apprendimento automatico – umilierà la nostra scienza e degraderà la nostra morale incorporando nella nostra tecnologia una concezione fondamentalmente guasta del linguaggio e della conoscenza.

In breve, ChatGPT ed i suoi compagni sono costituzionalmente incapaci di bilanciare creatività e limiti. Essi o generano in eccesso (producendo sia verità che falsità, sostenendo assieme decisioni etiche o non etiche), oppure generano per difetto (esibendo disimpegno per ogni decisione e indifferenza per le conseguenze). Considerata l’amoralità, la finta scienza e l’incompetenza linguistica di questi sistemi, non si sa se ridere o piangere della loro popolarità.

@Intelligenza Artificiale



Non c’è via d’uscita per i dittatori. Il post di Branko Milanovic

In un interessante articolo che ha twittato ieri, Kaushik Basu discute, usando un modello matematico, un vecchio problema: come i governanti una volta che sono al potere non possono lasciarlo anche se lo vogliono, perché la loro strada, e la loro permanenza al potere, è cosparsa di cadaveri che chiederanno tutti vendetta (metaforicamente) se il governante dovesse dimettersi. Inoltre, dato che il numero delle malefatte e degli immaginari o reali nemici si moltiplica per ogni periodo aggiuntivo al potere, essi hanno bisogno di ricorrere ad una sempre maggiore repressione per restare al potere.

non c’è niente che si possa offrire ai dittatori per farli recedere. Essi devono continuare a governare finché o muoiono in pace nei loro letti – e dopo la morte vengono o vilipesi o celebrati (alcune volte, entrambe le cose) – o finché non vengono rovesciati, o si imbattono nel proiettile di un assassino. Una volta che si è sulla vetta, non c’è via d’uscita. Essi sono divenuti prigionieri, come i molti altri che hanno gettato in carcere

@Politica interna, europea e internazionale

L'articolo completo è su substack di Branko Milanovic



Cari giovani, il benessere dell’Occidente non è una “colpa”


Continuano in tutto l’Occidente i cortei pro-Palestina dove si sostiene Hamas e se ne legittima la violenza. Tra i giovani il movimento non si placa. Le denunce contro l’antisemitismo cadono nel vuoto. Anche per ignoranza. Un docente americano, di fronte

Continuano in tutto l’Occidente i cortei pro-Palestina dove si sostiene Hamas e se ne legittima la violenza. Tra i giovani il movimento non si placa. Le denunce contro l’antisemitismo cadono nel vuoto. Anche per ignoranza. Un docente americano, di fronte a studenti che giustificano la mattanza di civili israeliani del 7 ottobre, ha evocato i «pogrom». Si è sentito chiedere: «Cosa sono?». Un pezzo di America progressista vive una crisi di coscienza, non sa come parlare alla propria gioventù, radicalizzata al punto da esaltare i terroristi.

L’antisemitismo è solo una parte della spiegazione di quanto succede nelle scuole, nelle università e nelle piazze, sui social. Colpisce il dialogo tra una mamma di Atlanta e una insegnante, tutt’e due elettrici democratiche, riportato sul New York Times. La mamma è sgomenta nello scoprire che la scuola indottrina a senso unico, con docenti che demonizzano Israele e legittimano le stragi di Hamas. L’insegnante le risponde così: «Starò sempre dalla parte di chi ha meno potere, meno ricchezza. Questo vale a prescindere dagli atti estremi commessi da alcuni militanti, esasperati a furia di vedere il proprio popolo morire».

Il dialogo tra la madre e la professoressa americane fornisce una spiegazione della straripante solidarietà per i palestinesi, che non esita a perdonare le stragi di innocenti israeliani. «Stare sempre dalla parte dei deboli» è un principio che va ben oltre i confini della sinistra, abbraccia valori di altri mondi come quello cristiano. È fondamentale per capire le giovani generazioni, e avviare un dialogo sul grande abbaglio di cui sono prigioniere.

Il principio per cui i più poveri hanno sempre ragione non viene applicato solo a favore dei palestinesi e contro Israele. Ha generato conseguenze in molti altri campi: dall’immigrazione clandestina alle politiche verso la criminalità, fino all’atteggiamento verso i Paesi ex coloniali che sembrano aver diritto a risarcimenti perpetui (a prescindere dall’uso dissennato che le loro classi dirigenti fanno di quei risarcimenti).

La ricchezza dell’Occidente, o quella di Israele, è diventata la prova schiacciante di una colpa; si accompagna alla certezza che questo benessere è il frutto di crimini contro l’umanità. Applicando questo dogma a tutto l’Occidente, la storia degli ultimi secoli dalla Rivoluzione industriale in poi è un vasto romanzo criminale, degno di Émile Zola: un paesaggio infernale di sfruttamento abietto, sofferenze, guerre coloniali, saccheggio delle risorse naturali. Nulla di buono ha fatto l’Occidente visto che la sua opulenza è legata alla miseria degli altri e al riscaldamento climatico. Tra le conseguenze di questa narrazione abbiamo l’illegittimità etica delle frontiere nazionali (come possiamo negare l’ingresso ai poveri della terra, se la loro sofferenza l’abbiamo creata noi?) e l’urgenza di bloccare lo sviluppo economico foriero di un’Apocalisse ambientale. Queste convinzioni animano tanti giovani.

Il confronto con queste generazioni — e con i loro insegnanti — deve abbracciare la storia dell’Occidente, del perché siamo quello che siamo. Senza la nostra Rivoluzione industriale, quella cosa orribile che ha insozzato il pianeta, oggi non sarebbero vivi tre miliardi di cinesi e indiani, o un miliardo e mezzo di africani: è la nostra agricoltura moderna a base di fertilizzanti e macchinari a consentire la loro alimentazione; è la nostra medicina ad avere ridotto la mortalità e allungato la longevità. I miracoli economici asiatici che hanno sollevato dalla miseria metà del pianeta sono accaduti copiando il modello scientifico e imprenditoriale dell’Occidente. Senza la nostra economia di mercato, che usa innovazioni per creare ricchezza , non esisterebbero le tecnologie verdi che consentono un futuro con meno emissioni carboniche. Schiavismo e colonialismo, praticati da tutte le civiltà umane (tra cui arabi, turchi, cinesi e russi) sono stati denunciati e superati in Occidente da forme più avanzate di capitalismo: il Nord anti-schiavista negli Usa aveva un’economia superiore al Sud delle piantagioni; l’America del 1956 impedì l’aggressione di Inghilterra-Francia-Israele contro l’Egitto di Nasser perché il modello Usa si fondava sul superamento dei vecchi imperi coloniali. Delle ex colonie capaci di spettacolare progresso economico, culturale, civile, in Asia, sono diventate in certi casi perfino più ricche di noi: non hanno praticato la cultura del vittimismo.

«I deboli hanno sempre ragione» si applica in modo perverso al confronto tra Israele e i suoi vicini. L’odierna ricchezza israeliana è recente. Nella prima fase della sua storia il Paese era socialista e povero. Il boom israeliano dagli anni Ottanta in poi è fatto di innovazione e imprenditorialità. La condizione dei palestinesi, la loro mancanza di diritti, è ingiusta e inaccettabile ma non spiega la prosperità d’Israele. I Paesi arabi suoi vicini hanno spesso aizzato l’antisemitismo per invidia e per dirottare l’attenzione dall’inettitudine delle proprie classi dirigenti. Da anni era iniziata una revisione, alcune classi dirigenti arabe avevano cominciato a considerare Israele come un modello da imitare anziché un nemico da distruggere. Purtroppo non hanno fatto in tempo a rieducare le loro masse e oggi la piazza araba è un ostacolo sulla strada di un ritorno alla pace.

In Occidente urge un dialogo con i nostri giovani: su cosa siamo noi, perché siamo arrivati fin qui. Una parte dei genitori americani stanno dedicando un’attenzione nuova ai programmi d’insegnamento. Proprio mentre Cina, Russia e Turchia riscrivono i propri manuali scolastici per renderli ancora più impregnati d’orgoglio nazionale e di autostima, è giusto che da noi s’insegni a odiare la civiltà occidentale? Per conquistare consenso nel Grande Sud globale che ci volta le spalle, dovremo cominciare a ricostruirlo tra i nostri ragazzi e sui banchi di scuola.

Corriere della Sera

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Epilogo


L’agonia è stata lunga e dolorosa, ora siamo all’epilogo. Ci saranno sussulti giudiziari, ma più indirizzati a salvare i propri soldi che non a salvare un’azienda oramai depredata e spezzata. Sebbene in negativo, questa è una storia istruttiva, perché un

L’agonia è stata lunga e dolorosa, ora siamo all’epilogo. Ci saranno sussulti giudiziari, ma più indirizzati a salvare i propri soldi che non a salvare un’azienda oramai depredata e spezzata. Sebbene in negativo, questa è una storia istruttiva, perché un grande patrimonio italiano è stato distrutto a cura degli italiani. Quanti temono l’assalto dei “capitali stranieri” possono qui osservare gli effetti nefandi degli assalti italiani senza capitali.

Nel 1999 Telecom Italia era il sesto operatore globale delle telecomunicazioni, fatturava 27 miliardi all’anno e aveva un debito di 8 miliardi, basso. Era stata costruita grazie all’intervento pubblico (Iri-Stet) – quindi con i soldi dei contribuenti – e si manteneva grazie ai soldi dei clienti. Ergo sempre dei cittadini italiani, cui si aggiunsero i cittadini di quei Paesi in cui la fiorente multinazionale di allora era entrata. Eravamo noi i “capitali stranieri” capaci di fare conquiste. Ora fattura 15 miliardi l’anno e se ne porta sul groppone 21 di debiti. Un’enormità accumulata non facendo investimenti, ma caricando sulla società scalata i debiti contratti dagli scalatori del 1999. Quelli che l’allora presidente del Consiglio, Massimo D’Alema, chiamò «capitani coraggiosi» e che erano corsari con un’idea creativa delle regole del mercato, compreso il fatto che furono trovati a vendere (per farne scendere il prezzo) le azioni che affermavano di volere comprare.

Al momento della cessione al mercato delle azioni pubbliche si era stabilito che nessuno potesse avere più dell’1% delle azioni, ma al momento della scalata totalitaria si fece finta di non averlo mai detto. Questo è il bello di certe culture illiberali e nemiche del mercato: sono talmente convinte che il mercato sia predazione e sopraffazione che quando assistono ad azioni di quel tipo le pensano di mercato. Nella stagione in cui le regole europee aprivano, finalmente, alla concorrenza – quella in cui le tariffe sono scese moltissimo – anziché alla competizione ci si dedicò alla spoliazione.

Ora il Consiglio d’amministrazione ha deciso di vendere la rete – realizzata con i soldi degli italiani – in modo da diminuire l’indebitamento di 14 miliardi. Il socio di maggioranza relativa (i francesi di Vivendi, con il 23,7% delle azioni) si oppone e chiede l’intervento giudiziario. Ma lo sguardo di quel socio è rivolto ai soldi persi nell’investimento, non al futuro della rinominata Tim. E del resto, che passi l’idea di vendere la rete e tenere i servizi, piuttosto che quella di vendere i servizi per tenere la rete (ipotesi avanzata dal fondo Merlyn), comunque è un epilogo. Quel che allora ci capitò di denunciare e prevedere diventa purtroppo realtà.

Almeno si evitino ulteriori errori. Lo è il fatto che i soldi dei contribuenti continuino a essere usati per diventare soci dell’acquirente americano, Kkr. Lo Stato non deve puntare a fare il socio di minoranza, con il 20%, ma a esercitare controlli, a verificare che la rete sia sviluppata e non risistemata e rivenduta. Non ha senso volere essere soci quando i consiglieri d’amministrazione della Cassa depositi e prestiti neanche prendono parte alla decisione di vendere. Non lo ha essere nell’azionariato di una società e della sua concorrente, come capita partecipando a Open Fiber, improvvidamente voluta dal governo Renzi, frutto di soldi Enel (ricordate le reti che dovevano passare dal contatore elettrico?) e poi sbolognata alla Cdp. E nemmeno stabilire che Kkr pagherà 2,5 miliardi in più se sarà fatta la fusione con Open Fiber, ovvero con i soci dei propri soci, subordinando il tutto al parere dell’Antitrust. Se si fosse ascoltato chi evidenziava il conflitto d’interessi non ci si troverebbe in queste condizioni.

L’interesse pubblico è portare i servizi della pubblica amministrazione in digitale e in Rete, nonché garantire portata e accesso a innovatori italiani che lavorano nei servizi. E per farlo non si deve essere soci, ma si deve essere lo Stato che non si è stati capaci di essere.

La Ragione

L'articolo Epilogo proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



Spese per la Difesa. Se non cambia il trend, il 2% rischia di slittare. L’allarme di Crosetto


Le Forze armate italiane devono tornare a essere uno strumento militare, il principale baluardo per la difesa e la deterrenza in termini di sicurezza nazionale. Ad affermarlo è stato il ministro della Difesa, Guido Crosetto, intervenuto in audizione davan

Le Forze armate italiane devono tornare a essere uno strumento militare, il principale baluardo per la difesa e la deterrenza in termini di sicurezza nazionale. Ad affermarlo è stato il ministro della Difesa, Guido Crosetto, intervenuto in audizione davanti alle commissioni Difesa della Camera e Affari Esteri e Difesa del Senato. Nell’ottica del ministro, dunque, è necessario per il Paese un profondo processo di rinnovamento e trasformazione: “Pensavamo di aver superato la fase in cui le Forze armate dovevano assolvere la funzione di difesa del Paese, prendendo la direzione di una Protezione civile 4.0, ma ci siamo accorti che così non è”. Un cambio di paradigma reso necessario dal contesto internazionale più fragile. Probabilmente, ha annotato Crosetto, “se non fosse accaduto nulla in Ucraina non ci saremmo posti il problema di riequilibrare l’assetto delle Forze armate con la stessa urgenza”, ma sta di fatto che il momento attuale lo impone.

L’obiettivo del 2%

È partendo da questo presupposto che il ministro ha voluto lanciare l’allarme sul requisito del 2% del Pil da destinare alla Difesa, un impegno preso con la Nato nel 2014 e da allora costantemente reiterato, e che con gli attuali trend di spesa rischia di allontanarsi sempre più. “Il 2 % è centrale, ma siamo molto lontani: l’obiettivo sarà “impossibile nel 2024 e difficile anche per il 2028”, data, quest’ultima, individuata dal precedente governo come momento in cui l’Italia si è impegnata ad adeguarsi alla previsione Nato. Il processo di rinnovamento della Difesa deve avere un sostegno finanziario adeguato, ha affermato il ministro, cha ha poi registrato come la Difesa italiana dedichi alla ricerca “un ventesimo di quello che dedica la Francia, e lascio perdere i paragoni con gli Stati Uniti”. Una limitatezza di risorse che costringe persino a “cannibalizzare il parco mezzi per la ricerca di ricambi”. È in questo quadro che si inseriscono i venticinque miliardi di euro richiesti dal dicastero attraverso il Documento programmatico pluriennale per la Difesa.

Oltre la polemica

Di fronte a questo scenario, il ministro Crosetto ha ribadito la sua posizione di svincolare le spese per la Difesa da patto di stabilità. “Sono stato il più sincero tra i ministri della Difesa a dire ‘forse non ce la facciamo’, a fronte della situazione di bilancio”, ha evidenziato Crosetto. “Il ragionamento che l’Italia può fare in Europa è sottolineare come l’aumento degli stanziamenti per la Difesa sia un obiettivo di investimento imposto dall’esterno che non può essere in contrasto con le necessità di spesa in altri settori”. Un tema che, secondo Crosetto, andrebbe discusso anche a livello nazionale. “Le spese per la Difesa non possono diventare argomento di discussione politica, dobbiamo superare la stucchevole polemica ideologica che associa alle spese per la difesa solo un concetto di costo”. Per il ministro, infatti, questi investimenti sono “un valore strategico per il Sistema Paese, con un impatto positivo anche sullo sviluppo economico.

Il ruolo dell’industria

Tra l’altro, ha sottolineato ancora Corsetto, “l’industria della difesa rappresenta un asset per il Paese nell’attuale contesto geopolitico” grazie soprattutto al suo impegno nella ricerca per programmi di sviluppo tecnologico. In particolare, la Difesa dovrà “continuare lo sviluppo di capacità strategiche, evolvendosi soprattutto verso la frontiera dei nuovi domini, come quello cibernetico, subacqueo e dell’intelligenza artificiale”. Per questo, ha detto Crosetto, “il ministero della Difesa e quello per le Imprese e il Made in Italy dovranno migliorare la cooperazione in termini di industria militare”.

Nuovo approccio al reclutamento

A fronte del mutato contesto internazionale, tra l’altro, nel prossimo futuro potrebbe essere addirittura necessario aumentare il numero del personale delle Forze armate. Una necessità che chiama in causa anche le condizioni contrattuali del comparto Difesa. “Non è possibile affrontare gli attuali problemi con le regole del pubblico impiego” ha detto Crosetto, evidenziando le difficoltà che riscontrano le Forze armate nell’attirare nuovi talenti. “Occorre pensare che non si può affrontare il mondo che si ha davanti con gli stessi strumenti che valgono per altri comparti”. La soluzione, per Crosetto, è strutturare concorsi “in cui le persone sappiano fin dall’inizio di avere una prospettiva di impiego da soldati, con alcuni tipi di arruolamento fatti in modo diverso”, facendo riferimento ai corpi speciali, il cui lavoro non “può essere paragonato al pubblico impiego”.


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TURCHIA. Il processo all’oppositrice politica che rischia due ergastoli per aver denunciato la tortura di Stato


Questa mattina la nuova udienza per Ayten Öztürk, accusata di "propaganda illegale" per la pubblicazione del libro in cui denuncia le torture subite in un centro segreto ad Ankara L'articolo TURCHIA. Il processo all’oppositrice politica che rischia due e

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di Eliana Riva –

Pagine Esteri, 7 novembre 2023. Si è svolta alle 9.30 di questa mattina, le 11.30 in Turchia, l’udienza al tribunale di Istanbul per Ayten Öztürk, l’oppositrice politica turca che ha denunciato di essere stata rapita e torturata dalla polizia.

È stata assolta dall’accusa di “propaganda per un’organizzazione terroristica”, formulata in seguito alla pubblicazione di un libro in cui denuncia gli abusi subiti. Resta in attesa della pronuncia della Corte sull’altro processo in cui è imputata e per il quale rischia due ergastoli aggravati.

L’interesse pubblico e internazionale che negli ultimi mesi è cresciuto intorno al suo caso, ha inciso, secondo gli avvocati di Ayten, sulla decisione presa dal giudice. Decine di persone hanno assistito all’udienza, mentre la maggior parte dei sostenitori dell’imputata, ai quali non è stato permesso entrare, hanno atteso la sentenza fuori dall’aula.

Giornalisti, rappresentanti politici turchi e osservatori internazionali hanno ascoltato con attenzione le arringhe degli avvocati di Ayten Öztürk e le sue dichiarazioni finali, nelle quali ha domandato ai giudici perché fosse lei l’imputata e non i boia che l’hanno torturata. Solo pochi giorni fa i suoi avvocati sono riusciti a individuare ad Ankara il centro segreto di detenzione nel quale è stata trattenuta e abusata per sei mesi.

Da quando ha cominciato a denunciare di aver subito torture, Ayten è stata vittima di un forte accanimento giudiziario: attualmente è agli arresti domiciliari da più di due anni e rischia due ergastoli con accuse pretestuose.

“Grazie al sostegno internazionale oggi abbiamo ottenuto questo successo – ha dichiarato l’avvocata Seda Saraldi – e se il sostegno aumenterà, potremo vincere anche il processo più importante”.

“Continueremo insieme, internazionalmente, la lotta per scovare e chiudere i centri segreti di tortura – ci ha detto Ayten -, e insieme vinceremo”.

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Poggipolini sbarca negli Usa con Houston Precision Fasteners


Poggipolini S.p.A. ha comunicato oggi di aver firmato l’accordo per l’acquisizione della statunitense Houston Precision Fasteners, azienda leader nella produzione di fissaggi critici e speciali, stampati a caldo, e in componenti meccanici di precisione. P

Poggipolini S.p.A. ha comunicato oggi di aver firmato l’accordo per l’acquisizione della statunitense Houston Precision Fasteners, azienda leader nella produzione di fissaggi critici e speciali, stampati a caldo, e in componenti meccanici di precisione. Per la chiusura dell’operazione si attende il vaglio del Comitato sugli investimenti esteri negli Stati Uniti (Cfius), chiamato a verificare le implicazioni per la sicurezza nazionale degli investimenti esteri.

Si tratta, come sottolinea l’azienda in una nota, di un’operazione unica per una pmi italiana, che permetterà al gruppo bolognese, specializzato in fissaggi critici e componenti innovativi e che già vanta clienti come Leonardo, Boeing, Safran e Ferrari, di perseguire un posizionamento d’eccellenza in mercati internazionali, innovativi e strategici come quelli dell’aerospazio e della difesa. Negli anni, infatti, Houston Precision Fasteners si è imposta come supplier di riferimento per player principali nel mercato statunitense dell’aerospazio e della difesa, come SpaceX, Blue Origin, Boeing, Lockheed Martin, Bombardier Aerospace, Axiom, Northrop Grumman, Bell e da distributori leader della supply chain.

La visione di Poggipolini Spa di accelerare la propria crescita e di potenziare una proposta di valore innovativa nell’intera catena del valore del mercato aerospaziale è marcatamente espressa in questa acquisizione strategica, specialmente nei settori dello Spazio e della Difesa, spiega la nota. Houston Precision Fasteners, con la sua presenza consolidata in Houston, porterà preziosa conoscenza del mercato, una clientela in rapida espansione e un team di esperti professionisti. La crescita per linee esterne iniziata nel 2022 con l’acquisizione di Aviomec (Mornago, Varese) e oggi con Houston Precision Fasteners porta il gruppo Poggipolini ad avere un 75% di fatturato estero e un 25% di fatturato in Italia. Aerospace e Difesa rappresentano i mercati core, un una quota del 75% di fatturato. Seguono Automotive 15% e Motorsport con il 5%.

“Raggiungere un posizionamento transatlantico è fondamentale per continuare a crescere in un mercato così strategico e che oggi rappresenta il nostro core business”, ha dichiarato Michele Poggipolini, amministratore delegato di Poggipolini S.p.A. “Integrando l’esperienza e le soluzioni all’avanguardia di Houston Precision Fasteners siamo pronti a stabilire nuovi standard di settore”, ha aggiunto. “L’obiettivo è scalare il mercato potenziando al massimo le nostre tecnologie. Il mercato statunitense è fondamentale per la nostra crescita strategica a lungo termine e collaborare con HPF è molto stimolante: entrambe le società concordano su valori e aspirazioni. Si tratta di un passo importante per una pmi italiana. Siamo pronti a cambiare gli scenari”, ha concluso.


formiche.net/2023/11/poggipoli…



Perché Israele ha dormito: dal The Venetian a Washington, l'intelligence si è occupata più della character assassination dei propri critici che della difesa dai propri nemici armati

Su The Nation l'articolo di James Bamford, giornalista e produttore di documentari americano noto per i suoi scritti sulle agenzie di intelligence degli Stati Uniti, in particolare la National Security Agency

@Politica interna, europea e internazionale

Un futuro film sul massiccio fallimento dell’intelligence israeliana del 7 ottobre potrebbe intitolarsi Tutto tranquillo sul fronte di Gaza . Per mesi, se non anni, i membri di Hamas avevano segretamente pianificato la loro fuga da Gaza, a lungo definita la prigione israeliana a cielo aperto per i palestinesi. Ma, mentre nel corso degli anni l’intelligence israeliana intensificava la sua guerra segreta contro americani innocenti, allo stesso modo prestava sempre meno attenzione ad Hamas. Relativamente tranquilli dietro le alte mura e il filo spinato di Gaza, presumevano che i suoi membri fossero diventati docili e sottomessi. Un'epidemia minore, e loro avrebbero semplicemente inviato armi e veicoli corazzati e avrebbero "falciato l'erba".



Luciano Canfora – La democrazia dei signori


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Netanyahu: dopo la guerra Israele controllerà “la sicurezza di Gaza a tempo indeterminato”


E' questo il piano: sulla base degli accordi di Oslo trasformarla da area A autonoma in area B, con il controllo effettivo nelle mani di Israele e la gestione degli affari civili affidata una autorità ancora da definire. Gli Usa voglio l'Anp di Abu Mazen.

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di newarab.com

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato ieri che il suo Paese si assumerà la “responsabilità complessiva” della sicurezza di Gaza per un periodo indefinito dopo la fine della guerra contro l’enclave palestinese.
“Israele avrà, per un periodo indefinito, la responsabilità generale della sicurezza”, ha dichiarato in un’intervista televisiva con ABC News trasmessa lunedì. “Quando non abbiamo questa responsabilità sulla sicurezza, ciò che succede è l’eruzione del terrore di Hamas su una scala che non potevamo immaginare”, ha aggiunto.

L’esercito israeliano ha attaccato senza sosta Gaza via aria, terra e mare dal 7 ottobre, quando Hamas ha lanciato un attacco transfrontaliero. Il bilancio delle vittime a Gaza ha superato le 10.000 persone, ha dichiarato lunedì il ministero della Sanità di Gaza, tra cui più di 4.000 bambini.

Nell’intervista di lunedì, Netanyahu ha contestato le cifre del ministero della Sanità (Gaza), che secondo lui includono probabilmente “diverse migliaia” di combattenti palestinesi, anche se non ha citato alcuna prova a supporto di questa affermazione.

Nonostante i crescenti appelli per un cessate il fuoco da parte del Segretario Generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres e di altri leader mondiali, Netanyahu ha dichiarato di non essere favorevole.

“Non ci sarà alcun cessate il fuoco – cessate il fuoco generale – a Gaza senza il rilascio dei nostri ostaggi”, ha dichiarato. “Per quanto riguarda le pause tattiche, piccole, un’ora qui, un’ora là, le abbiamo già avute in passato”, ha detto. Israele potrebbe accettare delle pause per permettere l’ingresso di beni umanitari a Gaza o per consentire agli ostaggi di lasciare il territorio palestinese assediato, ha aggiunto.

Alla domanda se dovesse assumersi la responsabilità (politica,ndr) dell’attacco del 7 ottobre, Netanyahu ha risposto “naturalmente”. Non è una questione e deve essere risolta dopo la guerra”, ha detto, aggiungendo che il suo governo non ha “chiaramente” rispettato l’obbligo di proteggere il suo popolo.

L’articolo originale in lingua inglese è consultabile al link seguente

newarab.com/news/netanyahu-isr…

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Giorgia Meloni e la guerra informativa dei russi. L’analisi del generale Tricarico


Che nell’imminenza dei fatti tutti parlassero di “scherzo telefonico” alla presidente Meloni è più che comprensibile e quindi scusabile. Che però ancora oggi tale termine venga usato per riferirsi ad un vero e proprio attacco malevolo al vertice di govern

Che nell’imminenza dei fatti tutti parlassero di “scherzo telefonico” alla presidente Meloni è più che comprensibile e quindi scusabile.
Che però ancora oggi tale termine venga usato per riferirsi ad un vero e proprio attacco malevolo al vertice di governo è meno perdonabile ed indice soprattutto di una colpevole inconsapevolezza, di una maniera superficiale di fare informazione, di un non stare al passo con i tempi di chi dovrebbe invece vegliare come un cane da guardia su ogni segnale che sia spia di un rischio per la collettività.

Che è il seguente: l’attacco alla presidente Meloni è catalogabile come un evento di information warfare, di guerra dell’informazione, condotto da un gruppo filo russo noto come TA499, che vede nella compagine due cittadini russi noti pubblicamente con i nomignoli di Vovan e Lexus.

Attivo dal 2021, il gruppo criminale ha prediletto in passato principalmente l’arma delle e-mail, per condurre a termine operazioni contro obiettivi occidentali.
Esso si è reso responsabile di campagne divulgative volte a preservare l’immagine della Russia e di Putin nelle varie controversie o circostanze, ed in particolare, in occasione dell’invasione russa dell’Ucraina, a divulgare narrative che sostenessero le ragioni del Cremlino.

Uno “scherzo” ben riuscito nel tempo è stato quello di indire conference call registrate, utilizzando tecniche di social engineering, tra esponenti governativi statunitensi, europei, esponenti di vertice di società, persone famose ed altro.

Per conferire le caratteristiche di verosimiglianza ed attendibilità all’inganno propinato, TA499 ha fatto ricorso all’intelligenza artificiale creando dei veri e propri avatar dalle sembianze di reali personaggi pubblici. Il Gruppo non ha invece profuso molta tecnologia nel ricostruire le voci dei personaggi chiamati in causa, contando sulla scarsa conoscenza che ognuno aveva della voce dell’altro e quindi ponendosi al riparo da sorprese che qualche voce potesse essere riconosciuta come falsa.
Le riunioni iniziavano in maniera formalmente corretta, andavano avanti con tale cifra fin quando i soggetti target non venivano “spremuti” a fondo, facendo loro dire tutto il possibile sulla tematica di interesse dei criminali.
Come detto, le attività malevole di TA499 si sono concentrate negli ultimi tempi su personaggi di spicco, principalmente istituzionali, aventi un ruolo di primo piano nella guerra russo ucraina.
Altro che comici! Veri e propri professionisti del crimine, asservito a questo o quel dossier di spessore internazionale.

Lo scherzo è semmai quello subito dal povero Francesco Talo’, il Capo dell’Ufficio del Consigliere Diplomatico. La Presidenza del Consiglio ha da rimproverarsi non di non aver evitato uno scherzo alla presidente, -che sarebbe stato grave in sé – ma di non aver riconosciuto e frustrato – in maniera più incolpevole- un vero e proprio attacco malevolo, rubricabile senza ombra di dubbio come un atto di guerra in tempo di pace con la quale prima o poi sarà meglio prendere dimestichezza.


formiche.net/2023/11/giorgia-m…



Presentazione del libro “Non diamoci del Tu – La separazione delle carriere” – 20 novembre 2023, Torino


Intervengono, unitamente all’autore: LUCA ASVISIO, President Ordine Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di Torino ANNA CHIUSANO, Past President Camera Penal Piemonte Occidentale e Valle D’Aosta ANDREA MALAGUTI, Direttore Quotidiano “La Stampa” CES

Intervengono, unitamente all’autore:

LUCA ASVISIO, President Ordine Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di Torino
ANNA CHIUSANO, Past President Camera Penal Piemonte Occidentale e Valle D’Aosta
ANDREA MALAGUTI, Direttore Quotidiano “La Stampa”
CESARE PARODI, Procurator aggiunto presso la Procura della Repubblica di Torino
ALESSANDRO PRUNAS TOLA, Consigliere Prima Sezione Penal Corte d’Appello di Torino

Evento accreditato per il riconoscimento de crediti formativi
Iscrizioni mediante la piattaforma RICONOSCO

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Political advertising: EU won’t ban voter manipulation and microtargeting


Yesterday, the EU Parliament and Council agreed on new rules on transparency and targeting of political advertising. The Parliament was able to secure a publicly accessible library of online political advertising, …

Yesterday, the EU Parliament and Council agreed on new rules on transparency and targeting of political advertising. The Parliament was able to secure a publicly accessible library of online political advertising, but targeting political messages based on the individual preferences, weaknesses, situation and personality of every user will remain legal (so-called surveillance advertising). Patrick Breyer, EU lawmaker and digital freedom fighter for the Pirate Party, who co-negotiated the regulation in the Civil Liberties Committee (LIBE), takes stock:

“The targeting rules are a farce. The digital manipulation of elections in the style of Cambridge Analytica, targeted disinformation before referendums such as Brexit, contradictory election promises to different voter groups – all of this remains legal. Anti-democratic and anti-european movements will benefit most: they can continue to use surveillance advertising to target hate messages and lies at voters who are susceptible to them in order to undermine our democracy. Here, the short-sighted self-interest of those in power and the surveillance capitalist interests of big tech have combined to create a toxic mixture for democracy.”

The agreed targeting rules in detail:

  1. The existing prohibition in the Digital Services Act of analysing the user’s political opinion, sexual orientation or health for advertising purposes remains in place. In practice, however, political advertising tends to be based on matching interests and other correlations, which remains legal. Even Cambridge Analytica did not analyse the political opinion of users before Trump’s election as US president, but rather their personalities.
  2. The user consent already required under the General Data Protection Regulation (GDPR) remains a precondition for being allowed to tailor political advertising to the individual situation of the user and profiling their digital lives. Surveillance data from third-parties may not be used. For the first time, Parliament could implement a ban on annoying consent banners if the user rejects personalised political advertising via their browser settings (“do not track”). Parliament was also able to ensure that consent to political surveillance advertising may not be made a precondition for accessing websites (“tracking walls”).

“Every user will be able to decide in favour of or against political surveillance advertising,” explains Breyer. “In the best-case scenario, yesterday’s agreement heralds the beginning of the end of annoying cookie banners and tracking walls. We can build on this foundation in the ePrivacy negotiations and extend these rules to all banners. In the worst case scenario, the new rules will be undermined by suggestively designed consent banners and consent clauses hidden deep in terms and conditions. Letting individual internet users decide on the protection of democratic elections is a dangerous failure of the legislator, for which the EU Commission and EU governments are responsible.”

The new rules will come into force in 2025.


patrick-breyer.de/en/political…



VERSIONE ITALIANA USA, SECONDO LA DUKE UNIVERSITY SI POSSONO COMPERARE ON LINE I DATI DEL PERSONALE MILITARE La Duke University grazie ad un recente studio ha individuato più di 500 siti web di data broker che vendono le informazioni personali dei membri del personale militare degli Stati Uniti. I ricercatori sono riusciti ad acquistare, per …


In Cina e Asia – L’Ue fa appella alla stabilità strategica per affrontare rivalità con Pechino


In Cina e Asia – L’Ue fa appella alla stabilità strategica per affrontare rivalità con Pechino ue
Ue fa appella alla stabilità strategica per affrontare rivalità con Pechino Cina: più controlli sull’export di terre rare Lo “zar dell’economia cinese” negli Usa per stabilizzare le relazioni Ripartono i colloqui tra i leader di Australia e Cina Fuga di capitali stranieri dalla Cina Cina, dirigente di azienda di livestreaming in isolamento Terremoto in Nepal: la comunità scientifica avverte dei ...

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#53


Signal e Whatsapp in fuga, cybersicurezza FIAT in UE, nuovi strumenti di (auto)sorveglianza.

businessinsider.com/insurance-…

pirati.io/2023/10/accordo-stor…

freenet.org/blog/882/zero-know…

Nelle Cronache della settimana:

  • In UK l’Online Safety Bill è legge, guai in arrivo per le comunicazioni cifrate
  • Il Regolamento eIDAS e la cybersicurezza “FIAT”
  • In Canada la polizia potrà accedere alle telecamere private

Nelle Lettere Libertarie: La posizione libertaria sul confitto Hamas-Israele

Scenario OpSec della settimana: Luca desidera proteggere le sue parole chiave (seed words) di Bitcoin da hacker, ladri, agenti di polizia e disastri naturali. Vuole anche assicurarsi che, nel caso in cui lui muoia, le parole chiave siano conservate in sicurezza e sua moglie possa recuperarle anche senza di lui.

10213146


In UK l’Online Safety Bill è legge, guai in arrivo per le comunicazioni cifrate


Nel Regno Unito è da poco legge l’Online Safety Bill, uno strano mix tra il Digital Services Act e il Chatcontrol di matrice europea. Come da sempre accade, l’Online Safety Bill propone di contrastare la pedofilia online e i contenuti terroristici a fronte di una pervasiva sorveglianza e ingerenza nella vita delle persone.

Proprio come potrebbe accadere per il Chatcontrol, la legge inglese rischia di mettere in serio pericolo la diffusione di servizi di chat e comunicazioni cifrate come Signal e Whatsapp. La sezione 1211 della legge obbliga infatti i fornitori di questi servizi a usare tecnologie per identificare contenuti terroristici e pedopornografici sulle loro piattaforme e nelle comunicazioni degli utenti.

Subscribe now

Per servizi come Signal e Whatsapp significa in pratica costruire una backdoor nei loro stessi sistemi di crittografia end-to-end per poter sorvegliare e analizzare le comunicazioni degli utenti.

Meredith Whittaker, presidente di Signal Foundation, commenta così la nuova legge:

“We’re really worried about people in the U.K. who would live under a surveillance regime like the one that seems to be teased by the Home Office and others in the U.K.”


Purtroppo, il rischio è che i prossimi saremo noi.

Il Regolamento eIDAS e la cybersicurezza “FIAT” di stampo europeo


Il testo del Regolamento eIDAS europeo, che tratta di temi legati all’identità digitale, è da poco stato approvato a porte chiuse durante i triloghi tra le istituzioni europee e potrebbe diventare presto legge.

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la_r_go* reshared this.

in reply to The Privacy Post

Un bordello lisergico di links che sembra fatto apposta per scoraggiare la lettura - e che invece merita un trattamento di tutto riguardo, cazzo.

poliverso.org/display/0477a01e…

@la_r_go


#53

https://www.businessinsider.com/insurance-companies-get-you-to-pay-more-deny-claims-2023-10?r=US&IR=T

https://pirati.io/2023/10/accordo-storico-su-chatcontrol-il-parlamento-europeo-vuole-salvaguardare-la-crittografia-sicura/

https://freenet.org/blog/882/zero-knowledge-proofs-and-anonymous-reputation-in-freenet.html

Nelle Cronache della settimana:

  • In UK l’Online Safety Bill è legge, guai in arrivo per le comunicazioni cifrate
  • Il Regolamento eIDAS e la cybersicurezza “FIAT”
  • In Canada la polizia potrà accedere alle telecamere private

Nelle Lettere Libertarie: La posizione libertaria sul confitto Hamas-Israele

Scenario OpSec della settimana: Luca desidera proteggere le sue parole chiave (seed words) di Bitcoin da hacker, ladri, agenti di polizia e disastri naturali. Vuole anche assicurarsi che, nel caso in cui lui muoia, le parole chiave siano conservate in sicurezza e sua moglie possa recuperarle anche senza di lui.


In UK l’Online Safety Bill è legge, guai in arrivo per le comunicazioni cifrate


Nel Regno Unito è da poco legge l’Online Safety Bill, uno strano mix tra il Digital Services Act e il Chatcontrol di matrice europea. Come da sempre accade, l’Online Safety Bill propone di contrastare la pedofilia online e i contenuti terroristici a fronte di una pervasiva sorveglianza e ingerenza nella vita delle persone.

Proprio come potrebbe accadere per il Chatcontrol, la legge inglese rischia di mettere in serio pericolo la diffusione di servizi di chat e comunicazioni cifrate come Signal e Whatsapp. La sezione 1211 della legge obbliga infatti i fornitori di questi servizi a usare tecnologie per identificare contenuti terroristici e pedopornografici sulle loro piattaforme e nelle comunicazioni degli utenti.

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Per servizi come Signal e Whatsapp significa in pratica costruire una backdoor nei loro stessi sistemi di crittografia end-to-end per poter sorvegliare e analizzare le comunicazioni degli utenti.

Meredith Whittaker, presidente di Signal Foundation, commenta così la nuova legge:

“We’re really worried about people in the U.K. who would live under a surveillance regime like the one that seems to be teased by the Home Office and others in the U.K.”


Purtroppo, il rischio è che i prossimi saremo noi.

Il Regolamento eIDAS e la cybersicurezza “FIAT” di stampo europeo


Il testo del Regolamento eIDAS europeo, che tratta di temi legati all’identità digitale, è da poco stato approvato a porte chiuse durante i triloghi tra le istituzioni europee e potrebbe diventare presto legge.

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Il James Webb e Chandra hanno trovato il buco nero più distante mai rilevato nei raggi X | AstroSpace

«La notevole massa del giovane buco nero in UHZ1, insieme alla quantità di raggi X prodotta e alla luminosità rilevata da Webb, confermano le previsioni teoriche fatte nel 2017 riguardo a un “buco nero fuori misura” che si è formato direttamente dal collasso di una massiccia nube di gas. Ulteriori studi sono in corso per analizzare questo particolare oggetto cosmico. E per sfruttare questi risultati (insieme ad altri) per una comprensione sempre maggiore del nostro Universo ai suoi primordi.»

astrospace.it/2023/11/07/il-ja…



Giappone e Filippine varano un accordo militare contro la Cina


Le Filippine e il Giappone hanno raggiunto un accordo, in chiave anticinese, per consentire lo schieramento reciproco di forze militari. Tokyo rafforza l'assistenza militare a Manila sotto l'egida di Washington L'articolo Giappone e Filippine varano un a

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di Marco Santopadre*

Pagine Esteri, 7 novembre 2023 – Continuano in Asia le manovre contro Pechino da parte di due importanti alleati degli Stati Uniti e con la supervisione di Washington. Le Filippine e il Giapponehanno infatti raggiunto un accordo per consentire lo schieramento reciproco di forze militari, come ha annunciato ieri il Ministro della Difesa di Manila.

Controversie territoriali
Sia Manila sia Tokyo sono in contrasto con Pechino a causa di alcune controversie territoriali che negli ultimi anni hanno causato un innalzamento della tensione nella regione e diversi scontri. Nel Mar Cinese meridionale, oltre alle Filippine, anche la Malesia, il Brunei, il Vietnam e Taiwan rivendicano dei tratti di mare e degli isolotti che Pechino considera sotto la sua sovranità.
Invece il Giapponesi contende con la Cina le isole Senkaku-Diaoyu nel Mar Cinese orientale. Si tratta di un piccolo arcipelago dalle acque ricche di pesce e il cui sottosuolo nasconde importanti giacimenti di petrolio e gas.

Verso un “Accordo di accesso reciproco”
«Attendiamo con ansia un Accordo di Accesso Reciproco tra i nostri due paesi, dato l’impegno del governo giapponese e di quello filippino a preservare l’ordine internazionale basato sulle regole e il diritto internazionale», ha detto il responsabile della Difesa filippino, Gilberto Teodoro, in una conferenza stampa.
Teodoro ha parlato a margine di una cerimonia in una base militare, a nord della capitale, che è una delle nove a cui gli Stati Uniti hanno avuto accesso nell’ambito dell’Accordo di Cooperazione Rafforzata per la Difesa (EDCA) varato nei mesi scorsi. Washington ha stanziato già 100 milioni di dollari per ammodernare e ampliare le basi aeree e navali alle quali ha avuto accesso.
«Gli Stati Uniti stanno aiutando il governo filippino a rafforzare la sua posizione difensiva per includere l’affermazione dei suoi diritti legittimi nel Mar delle Filippine occidentali» ha detto Teodoro.
Filippine e Giappone dovrebbero varare presto un accordo che prevede l’invio di truppe nel territorio del partner per effettuare esercitazioni e rafforzare la cooperazione. Una volta raggiunto, l’accordo dovrà essere sottoposto alla ratifica del Senato filippino e del parlamento di Tokyo.

Il patto dovrebbe assomigliare all’accordo già raggiunto tra le Filippine e gli Stati Uniti, che fornisce un quadro giuridico in base al quale gli Usa mantengono una presenza militare costante ma a rotazione nelle Filippine, finalizzato allo svolgimento di esercitazioni, al pattugliamento delle aree marittime contese con la Cina, all’addestramento.

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La triangolazione con gli Stati Uniti
Il primo ministro giapponese Fumio Kishida, in visita nelle Filippine lo scorso fine settimana, ha affermato che il suo Paese, le Filippine e gli Stati Uniti stanno collaborando per “proteggere la libertà” nel Mar Cinese Meridionale. «Il Giappone continuerà ad aiutare il rafforzamento delle capacità di sicurezza delle Filippine, contribuendo così alla pace e alla stabilità regionale», ha dichiarato il capo del governo nipponico che sabato è salito a bordo di una nave pattuglia di Manila – di fabbricazione giapponese – in una simbolica dimostrazione di sostegno.

L’assistenza militare giapponese a Manila
Negli ultimi anni il Giappone ha fornito una dozzina di navi pattuglia alle Filippine, inclusa quella visitata da Kishida, la “Teresa Magbanua”, lunga 97 metri. La guardia costiera di Manila utilizza queste navi per i pattugliamenti e per trasportare i rifornimenti e le truppe verso nove isole, isolotti e barriere coralline occupate dalle Filippine nel Mar Cinese Meridionale.
Ora il governo di Tokyo si è impegnato a fornire alle Filippine altre navi, oltre ad alcuni radar di sorveglianza che saranno posizionati in cinque aree lungo le coste, e a inviare un certo quantitativo di attrezzature militari.
Il Giappone è inoltre già il principale finanziatore di progetti infrastrutturali nelle Filippine, e fornisce aiuti economici per la realizzazione di progetti come la metropolitana di Manila, ponti e ferrovie in tutto il paese.
I legami militari sono iniziati nel 2012, dopo che Shinzo Abe è entrato in carica come primo ministro giapponese, e si sono notevolmente sviluppati da quando Ferdinando Marcos Junior (figlio dell’omonimo dittatore che ha governato il paese tra il 1965 e il 1986) è diventato presidente della Repubblica delle Filippine nel giugno del 2022.

Diversi movimenti nazionalisti e di sinistra si oppongono all’alleanza militare con il Giappone e gli Stati Uniti – che configura quella che molti analisti e lo stesso governo cinese considerano una sorta di “Nato asiatica” – memori della brutale occupazione nipponica nel corso della Seconda Guerra Mondiale e timorosi che il braccio di ferro con Pechino possa sfociare in un conflitto cruento. Le opposizioni accusano Tokyo, che recentemente ha deciso di raddoppiare gli stanziamenti per le spese militari, di voler imporre alle Filippine la propria egemonia militare ed economica sfruttando il contenzioso territoriale con la Repubblica Popolare Cinese. Pagine Esteri

10212081* Marco Santopadre, giornalista e saggista, già direttore di Radio Città Aperta di Roma, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e dell’Africa. Scrive, tra le altre cose, di Spagna, America Latina e movimenti di liberazione nazionale. Collabora con il Manifesto, Catarsi e Berria.

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TURCHIA. Oggi il processo all’oppositrice politica che denuncia la tortura di Stato


Questa mattina la nuova udienza per Ayten Öztürk, accusata di "propaganda illegale" per la pubblicazione del libro in cui denuncia le torture subite in un centro segreto ad Ankara L'articolo TURCHIA. Oggi il processo all’oppositrice politica che denuncia

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Pagine Esteri, 7 novembre 2023. È attesa per le 9.00 di questa mattina, le 11.00 in Turchia, l’udienza al tribunale di Istanbul per Ayten Öztürk, l’oppositrice politica turca che ha denunciato di essere stata rapita e torturata. Di recente, i suoi avvocati sono riusciti a individuare ad Ankara il centro segreto di tortura nel quale è stata trattenuta e abusata per sei mesi.

Da quando ha cominciato a denunciare di aver subito torture, Ayten è stata vittima di un forte accanimento giudiziario: attualmente è agli arresti domiciliari da più di due anni e rischia due ergastoli con accuse pretestuose.

Pochi mesi fa la polizia ha ritirato il suo libro, nel quale denuncia appunto gli abusi subiti e l’ha accusata di sostenere, con i proventi, un’organizzazione terroristica. Nell’ultima udienza, il 28 settembre, il Pubblico Ministero ha chiesto una condanna per “propaganda a un’organizzazione illegale”.

Oggi la nuova udienza, alla quale parteciperanno rappresentanti politici turchi, giornalisti, avvocati e osservatori indipendenti da tutto il mondo.

Pagine Esteri seguirà da Istanbul gli sviluppi e seguiranno aggiornamenti.

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È disponibile da oggi lo Sportello di edilizia scolastica #PNRR, strumento a supporto degli enti...

È disponibile da oggi lo Sportello di edilizia scolastica #PNRR, strumento a supporto degli enti locali che consentirà a comuni, province e città metropolitane di prenotare un incontro online con l'Unita di missione per chiedere informazioni, evidenz…

#pnrr


Se Meloni vuole il premierato, serve un accordo con le opposizioni


Se non ti chiami Charles de Gaulle, se non vuoi suicidarti politicamente e se vuoi sul serio cambiare la forma di governo, devi ottenere il consenso di una parte significativa dell’opposizione. La riforma potrebbe nascere solo grazie a un «patto costituzi

Se non ti chiami Charles de Gaulle, se non vuoi suicidarti politicamente e se vuoi sul serio cambiare la forma di governo, devi ottenere il consenso di una parte significativa dell’opposizione. La riforma potrebbe nascere solo grazie a un «patto costituzionale» fra la maggioranza e, quanto meno, una frazione quantitativamente rilevante degli oppositori parlamentari.

Quindi, se Giorgia Meloni avesse voluto davvero puntare (o se fosse stata nelle condizioni di poterlo fare) sulla riforma della nostra forma di governo, avrebbe dovuto lasciare perdere l’elezione diretta e proporre una soluzione diversa (come ha osservato Antonio Polito, sul Corriere del 5 novembre), ossia una qualche forma di Cancellierato: la fiducia al capo del governo (e non al governo nel suo insieme) da parte di una sola Camera e il suo diritto di licenziare i singoli ministri. Soprattutto, avrebbe dovuto mettere nelle mani del capo del governo il vero potere deterrente, l’arma decisiva per garantire la stabilità dell’esecutivo: la facoltà di ottenere, se le circostanze lo richiedono, lo scioglimento delle Camere (proprio come prevede la Costituzione tedesca). Il tutto accompagnato da una riforma elettorale adeguata: un qualche tipo di maggioritario, per esempio a doppio turno. Se questa fosse stata la proposta, Meloni avrebbe ottenuto un immediato successo politico: avrebbe spaccato in due il fronte dell’opposizione.

Una parte di essa, quella più ideologica, avrebbe fatto il solito fuoco di sbarramento. E siccome il Cancellierato sposta effettivamente alcuni poteri (come quello di scioglimento) dal presidente della Repubblica al capo di governo, apriti Cielo, gli ideologici avrebbero subito gridato al «golpe», alla svolta autoritaria. Come, del resto, fanno sempre e comunque. Avrebbero seguito, cantando Bella ciao, i soliti pifferai di Hamelin, quelli che «Non si tocca la Costituzione nata dalla Resistenza». Però, questa volta, un’altra parte dell’opposizione, composta dai pragmatici, non avrebbe potuto evitare di aderire al progetto. Una riforma del genere, infatti, se fosse passata, non avrebbe solo accresciuto le chance di creare e stabilizzare un grande partito conservatore sulla destra. Avrebbe anche offerto ai pragmatici di sinistra la possibilità di operare in un habitat istituzionale più favorevole a loro che alla parte più estremista dell’opposizione. Insomma, si sarebbe determinata una convergenza di interessi fra Meloni e gli oppositori pragmatici. E questa volta, forse, gli ideologici sarebbero usciti dallo scontro con le ossa rotte.

Meloni ha fatto invece una proposta che compatta contro di lei l’opposizione. Non solo: è un progetto che, per come è concepito, divide anche il fronte dei fautori di una riforma della Costituzione, quelli che, per intenderci, hanno perseguito proprio quel disegno — venendo alla fine sconfitti — fin dai tempi dei referendum Segni.

E allora perché Meloni, alla quale nessuno può negare accortezza e capacità politiche, ha scelto la strada più impervia, quella che porta più facilmente all’insuccesso che al successo? Forse ciò è avvenuto perché non aveva alternative. È probabile che il progetto tirato fuori dal governo sia una sorta di punto di equilibrio, il solo su cui le forze di maggioranza siano state in grado di convergere, di trovare un accordo.

Il testo presentato sembra più un ballon d’essai che una proposta compiuta. Destinato ad essere rimaneggiato in mille modi durante l’iter parlamentare. Ma se restiamo a ciò che ci è stato dato in pasto fin qui, si può forse dire quanto segue. Il principale aspetto negativo non consiste nel fatto che l’elezione diretta del premier non c’è da nessuna parte. Questa non può essere una obiezione decisiva. Nemmeno il semi-presidenzialismo esisteva prima che De Gaulle lo imponesse in Francia e ha funzionato a lungo e piuttosto bene nonostante che, quando nacque, fossero in tanti a prevederne il fallimento. L’aspetto negativo è un altro. Ossia il fatto che, stando a questa prima versione della riforma, il premier eletto sarebbe in realtà debole nonostante l’investitura popolare. Anche se gli ideologici, privi di fantasia, parlano già di «svolta autoritaria», il rischio, al contrario, è quello di un premier in balia dei ricatti di questa o quella frazione della maggioranza. Senza la possibilità di tenerle in riga minacciando lo scioglimento delle Camere. L’esito più probabile non è l’autoritarismo ma il caos, un blocco di sistema «alla messicana» (Francesco Clementi, Corriere del 4 novembre).

L’elezione diretta del premier potrebbe funzionare solo in un contesto bipartitico (governa un solo partito). Ma dove ci sono governi di coalizione, dove l’instabilità dipende dalla competizione fra i partiti entro l’alleanza di governo, l’elezione diretta del premier non stabilizza alcunché. Non basta cercare di irrigidire il sistema per impedire alla dinamica coalizionale (la competizione entro la maggioranza ) di paralizzare l’azione di governo. Tenuto conto della cosiddetta norma anti-ribaltone prevista (se cade il premier può essere sostituito, una volta sola, da un esponente della stessa maggioranza), la stabilità potrebbe essere forse assicurata da un patto segreto, tenuto nascosto agli elettori, stipulato fra i leader della coalizione prima delle elezioni, ossia un accordo che preveda una staffetta: ti presenti tu come candidato premier agli elettori perché hai più probabilità di vincere. A metà legislatura, ti dimetti e io ti sostituisco. Ma è concepibile che si possa stipulare, alle spalle degli elettori, un patto simile?

In ogni caso, comunque venga rimaneggiato in seguito il progetto, non potrebbe ottenere la maggioranza dei due terzi che serve per scongiurare un referendum. Da ormai molto tempo i referendum, non solo in Italia, si risolvono in sonore sconfitte dei governi. Votano soprattutto quelli che vogliono prenderli a legnate. Quando vieni sconfitto, il tuo carisma svanisce, la tua popolarità crolla. Ai sostenitori di Meloni conviene che la proposta si areni in Parlamento. Si scommette su tutto. Ma forse solo pochi temerari scommetteranno sul fatto che al prossimo giro eleggeremo direttamente un premier.

Corriere della Sera

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Il governo Meloni ha deciso di cedere la rete Tim direttamente alla CIA. Non chiamateli più sovranisti. Il governo ha scelto di andare verso la separazione tra

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In Cina e Asia – CIIE: Xi promette maggiore apertura al commercio internazionale. E incontra Albanese


In Cina e Asia – CIIE: Xi promette maggiore apertura al commercio internazionale. E incontra Albanese CIIE
I titoli di oggi:

CIIE: Xi promette maggiore apertura al commercio internazionale. E incontra Albanese
La Cina punta a diventare leader nella produzione di robot umanoidi
La Cina mette in guardia i diplomatici dalle infiltrazioni occidentali

Xi chiede a Scholz di cooperare per la pace a Gaza e in Ucraina

Clima, Ia, mar Cinese meridionale: Usa e Cina tornano a parlarsi
Giappone, rafforzata la cooperazione militare con le Filippine

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#NotiziePerLaScuola

È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione e del Merito.



Scuola di Liberalismo 2023 – Messina: lezione del prof. Maurizio Ballistreri sul tema “Il futuro della Democrazia”


Terzo appuntamento dell’edizione 2023 della Scuola di Liberalismo di Messina, promossa dalla Fondazione Luigi Einaudi ed organizzata in collaborazione con l’Università degli Studi di Messina e la Fondazione Bonino-Pulejo. Il corso, giunto alla sua tredic

Terzo appuntamento dell’edizione 2023 della Scuola di Liberalismo di Messina, promossa dalla Fondazione Luigi Einaudi ed organizzata in collaborazione con l’Università degli Studi di Messina e la Fondazione Bonino-Pulejo. Il corso, giunto alla sua tredicesima edizione, si articolerà in 15 lezioni, che si svolgeranno sia in presenza che in modalità telematica, dedicate alle opere degli autori più rappresentativi del pensiero liberale.

La terza lezione si svolgerà lunedì 6 novembre dalle ore 17 alle ore 18.30, presso l’Aula n. 6 del Dipartimento “COSPECS” (ex Magistero) dell’Università di Messina (sito in via Concezione n. 6, Messina); dell’incontro sarà altresì realizzata una diretta streaming sulla piattaforma ZOOM (ID Riunione 817 3306 8640 – Passcode 855442).

La lezione sarà tenuta dal prof. Maurizio Ballistreri (Ordinario di Diritto del Lavoro presso l’Università di Messina), con una relazione sul saggio “Il futuro della Democrazia” di Norberto Bobbio.

La partecipazione all’incontro è valida ai fini del riconoscimento di 0,25 CFU per gli studenti dell’Università di Messina.

Come da delibera del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Messina e della Commissione “Accreditamento per la formazione” di AIGA, è previsto il riconoscimento di n. 12 crediti formativi ordinari in favore degli avvocati iscritti all’Ordine degli Avvocati di Messina per la partecipazione all’intero corso.

Per le iscrizioni alla XIII edizione della Scuola di Liberalismo di Messina ed ulteriori informazioni riguardanti il corso, è possibile contattare lo staff organizzativo all’indirizzo mail SDLMESSINA@GMAIL.COM

Pippo Rao, Direttore Generale della Scuola di Liberalismo di Messina

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CISGIORDANIA. Arrestata Ahed Tamimi, palestinese ucciso ad Halhul. Due poliziotti feriti a Gerusalemme


La nota attivista palestinese avrebbe minacciato di morte i coloni israeliani in un post sui social. L'articolo CISGIORDANIA. Arrestata Ahed Tamimi, palestinese ucciso ad Halhul. Due poliziotti feriti a Gerusalemme proviene da Pagine Esteri. https://pag

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della redazione

Pagine Esteri, 6 novembre 2023 – La nota attivista palestinese Ahed Tamimi è stata arrestata la scorsa notte dall’esercito israeliano nel suo villaggio, Nabi Salih, in Cisgiordania, perché avrebbe minacciato di uccidere coloni israeliani in un post sui social scritto nei giorni scorsi.

Nel 2018, Tamimi venne arrestata e accusata di aver “aggredito un soldato”, dopo essere stata ripresa con un telefonino mentre schiaffeggiava il militare. Successivamente è stata condannata a otto mesi di reclusione e a una multa di 5.000 shekel (circa 1.200 dollari). Il ministro israeliano della Sicurezza, Itamar Ben-Gvir, ha reagito alla notizia dell’arresto elogiando i soldati israeliani per aver “arrestato una terrorista”.

Questa mattina un palestinese è stato ucciso e tre sono rimasti feriti dagli spari dell’esercito nel villaggio di Halhul, a nord di Hebron. A Gerusalemme un adolescente palestinese di 16 anni è stato ucciso dopo aver, secondo la versione ufficiale dell’accaduto, ferito a coltellate due agenti della polizia israeliana, di cui uno gravemente. Pagine Esteri

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REPORTAGE. Lavoratori di Gaza descrivono gli abusi subiti durante la detenzione in Israele


Alcuni dei 4.500 palestinesi con regolari permessi di lavoro israeliani, arrestati dopo l'attacco del 7 ottobre, raccontano a Middle East Eye le loro terribili condizioni di detenzione. L'articolo REPORTAGE. Lavoratori di Gaza descrivono gli abusi subiti

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Di Lubna Masarwa a Gerusalemme e Nadda Osman a Londra – Middle East Eye

(articolo tradotto dall’inglese da Federica Riccardi*)

I lavoratori palestinesi di Gaza detenuti da Israele hanno raccontato di essere stati maltrattati, umiliati e torturati per quattro settimane dopo essere stati arrestati in risposta all’attacco guidato da Hamas del 7 ottobre. Si stima che circa 4.500 lavoratori di Gaza si trovassero in Israele quando centinaia di combattenti palestinesi hanno preso d’assalto le comunità israeliane vicino alla Striscia di Gaza, uccidendo circa 1400 persone.

Nonostante si trovassero in Israele con un permesso di lavoro, sono stati tutti radunati in strutture di detenzione e, secondo le testimonianze di prima mano, ripetutamente umiliati e maltrattati.

I lavoratori recentemente rilasciati da Israele hanno raccontato a Middle East Eye che i loro permessi di lavoro erano stati revocati e che sono stati rimandati a Gaza a piedi, nonostante l’enclave costiera fosse sottoposta a continui bombardamenti e a un’invasione di terra israeliana. I lavoratori sono stati costretti a camminare per 6 km fino a quando sono arrivati a Gaza attraverso il valico di Kerem Shalom, vicino alla città meridionale di Gaza, Rafah.

Nei video che circolano online, si vedono centinaia di lavoratori tornare a Gaza a piedi. Non è chiaro quanti dei 4.500 lavoratori siano stati rilasciati. I palestinesi hanno raccontato a MEE di vari abusi subiti durante la detenzione, molti dei quali sembrano equivalere a torture.

Un uomo mi ha chiesto se volevo qualcosa da bere, poi mi ha gettato addosso acqua bollente”. “Ragazzi della stessa età dei miei figli ci hanno spogliato e urinato addosso… nessuno ha parlato di noi lavoratori detenuti in Israele, non la Croce Rossa; l’Autorità Palestinese ci ha tradito, il mondo intero ci ha tradito”, ha detto un lavoratore ad Al Jazeera al suo arrivo a Gaza.

Miriam Marmur, direttrice del gruppo israeliano per i diritti Gisha, ha dichiarato a MEE che le informazioni ricevute sulla detenzione dei lavoratori sono “estremamente preoccupanti e allarmanti”. “Non abbiamo modo di sapere quante persone siano state trattenute illegalmente nei centri di detenzione israeliani perché Israele si è rifiutato di rivelare i nomi e la posizione delle persone detenute”, ha dichiarato Marmur.

Marmur ha aggiunto che i lavoratori sono stati trattenuti in strutture all’interno di basi militari israeliane nella Cisgiordania occupata e non è a conoscenza di quanti lavoratori siano ancora detenuti.

“Ci sono diverse segnalazioni di incursioni da parte delle forze israeliane, che prelevano i lavoratori palestinesi e li portano nei centri di detenzione”, ha detto Marmur, aggiungendo che “da quello che descrivono, le condizioni sono estremamente, estremamente terribili”.

Middle East Eye ha chiesto un commento all’esercito israeliano.

Abusi psicologici e fisici

I lavoratori palestinesi rilasciati hanno dichiarato di non aver avuto accesso a una rappresentanza legale. Agli operatori umanitari è stato anche vietato di entrare nelle strutture di detenzione per effettuare valutazioni delle condizioni.

“Siamo stati maltrattati per 25 giorni, eravamo circa 5.000-6.000 persone detenute”, ha dichiarato una persona ad Al Jazeera. Molti dei lavoratori hanno raccontato di essere stati costantemente minacciati mentre venivano loro poste domande su Hamas. “Alcune persone sono state interrogate. Hanno avuto la peggio, sono stati incatenati e picchiati. Ci hanno chiesto se conoscevamo qualcuno di Hamas”, ha raccontato un anziano signore ai media locali. “Ovviamente non sappiamo nulla, siamo solo lavoratori”, ha detto un altro uomo in un filmato che circola online.

I lavoratori hanno dichiarato che le autorità israeliane non hanno permesso loro di accedere ai telefoni o di telefonare alle loro famiglie, lasciando molti di loro preoccupati per il benessere dei loro cari sotto i bombardamenti.

“Se Dio vuole, torneremo e troveremo i nostri figli e le nostre famiglie sani e salvi”, ha dichiarato un uomo ai media locali. “Siamo stati torturati, nessuno ha avuto pietà di noi. Ci hanno preso soldi e vestiti, ci hanno lasciato nudi per tre giorni mentre ci torturavano. Eravamo affamati, ci hanno preso a calci e pugni, ci hanno calpestato la testa, ne sto ancora soffrendo”.

Secondo i lavoratori, sono stati consegnati alle forze israeliane dai loro datori di lavoro.

Nei filmati diffusi online, si vedono i lavoratori che mostrano le targhette blu applicate alle loro caviglie. Hanno dichiarato che nessuno dei loro effetti personali, compresi telefoni e denaro, è stato loro restituito prima del rilascio.

Gli israeliani acclamano i filmati degli abusi

Dopo l’attacco del 7 ottobre, la retorica e il sentimento anti-palestinese hanno raggiunto un massimo storico in Israele. I funzionari israeliani hanno chiesto l’eliminazione di Gaza e hanno invitato a torturare i palestinesi collegati all’attacco.

Nel frattempo, si sono intensificati gli attacchi contro i cittadini palestinesi di Israele e i palestinesi della Cisgiordania occupata. All’inizio di questa settimana, gruppi israeliani di estrema destra hanno condiviso e celebrato sulle app di messaggistica video di quelli che sembravano essere lavoratori palestinesi in Cisgiordania maltrattati da soldati israeliani.

Molti di questi video sono stati pubblicati su “Without Limits”, un canale Telegram della destra israeliana, che conta oltre 117.000 iscritti, tra gli altri gruppi di destra.

In un video straziante, si vedono uomini palestinesi bendati con fascette intorno alle mani che vengono assaliti da truppe pesantemente armate. Gli uomini, alcuni dei quali sono stati spogliati completamente nudi, si sentono urlare mentre giacciono a terra. I soldati li trascinano per terra, mentre un soldato israeliano calpesta la testa di un detenuto. I suoi colleghi si sentono ridere in sottofondo.

La clip ha quasi 2.000 emoji di risate e centinaia di emoji di celebrazione, oltre a reazioni di occhi innamorati. L’esercito israeliano ha dichiarato in precedenza a MEE che le azioni dei soldati visti nel filmato sono “deplorevoli” e ha detto che indagini sono in corso. Pagine Esteri

GUARDA IL VIDEO – AVVERTENZA: IMMAGINI FORTI NON ADATTE A PERSONE IMPRESSIONABILI

pagineesteri.it/wp-content/upl…

* l’articolo originale può essere visionato al link seguente

middleeasteye.net/news/israel-…

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La tattica "globale” della Cina di Xi


La tattica xi
Più in generale la recente latitanza di Xi ai vertici internazionali rientra in una ristrutturazione delle competenze all’interno del partito-Stato. Dopo essersi accerchiato di fedelissimi, sempre più spesso, il presidente preferisce delegare la diplomazia. Per Eric Olander, fondatore di The China-Global South Project, l’assenteismo del presidente “non è una questione di riluttanza”, quanto piuttosto “una decisione diplomatica tattica”.

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L'ultima settimana nel Fediverso – ep 42: nuovi sviluppi per Mastodon, Pebble muore e rinasce con Mastodon, Mozillaverso, Mbin vs Kbin

Qui la newsletter di @Laurens Hof

@Che succede nel Fediverso?

- Pebble spegne e avvia un server Mastodon
- Mastodon prevede l'aggiornamento 4.3
- Registri di sviluppo Kbin e Mbin
- riflessioni sul primo anniversario dall'inizio della migrazione di Twitter
- il prossimo server fediverso di Mozilla
- Pixelfed ha semplificato la registrazione per i nuovi utenti
- Pleroma ha rilasciato un aggiornamento significativo e recentemente ha ottenuto anche un finanziamento NLnet


It’s been exactly one year since I joined to the Fediverse. Let me tell you my Fediverse story. It does not fit in 500 characters, but glad I have 10000 here.

It first started with Musk tweeting about the sink. I had already given up on Twitter couple of years prior this, but that was the final straw. I saw people talking about Mastodon and I was skeptical. First I looked at mastodon.social, but quickly noticed the username rolle is taken. "That’s it, then", I angrily tweeted that I do not want to join with another nickname, I’m rolle eveywhere AND THE NICK IS TAKEN. Someone immediately pointed out that I should join another instance. An instance, what's that, huh? I then joined to a Finnish instance mastodontti.fi and quickly learned no English is allowed. A moderator pointed out that I should remove my post. Again, I angrily tweeted THAT'S IT THEN, MASTODON SUCKS, STUPID RULES. Another user politely explained that each instance has their own rules, why don't you create another account. An instance, huh?

I quickly learned about the nature of the service. I vaguely remember favoriting tootsuite/mastodon back in 2017 and thought it was just a forum-kinda software back then, for one small community. I consider myself quite witty but I didn't realize Mastodon servers are interconnected. So I joined mstdn.social. And how fun was that! I was elated! My head exploded when I realized how active it was and how amazing the community is.

But then the sudden influx of users made mstdn.social slow and unresponsive. I was thinking about building my own instance, after all I'm a server guy. During 5th of November, 2022, I got my instance up and running, #MementoMoriSocial was born: mementomori.social/@rolle/1092…

I wanted my instance to be well federated and active from the start. I followed everyone, I still do. I use a dozen active relays. I managed to finance the instance through my company and get a bit more powerful hardware than necessary. I was alone on my instance first, then invited my wife, colleague and my company.

What I liked in the Fediverse is that I can build my own tools, I own my data and I can help making things better. I have contributed to things via form of:

- #MastodonBirdUI
- #MastoAdmin
- #FediOnFire
- an idea about #Mastopoet
- #TheMastodonList
- #MastodonLista
- and some other things that have been affecting in the general development of Mastodon.

I'm very pleased I can have fun and make my own things while other people like it as well. I first thought all this would be a huge cause of mental stress but it's been on the contrary.

After a couple of months of successful running I opened my instance to the world. Now there's about 150 active users from companies to regular folk and everything has been running smoothly. I have been able to moderate because I require a reason for joining to my instance, so I really do know who the people are. I also welcome each user personally. I know my shit thoroughly and completely. This is why it has been easy to moderate. I've been able to be mostly absent during regular week days from 8am to 6pm, but still be aware of what's happening via effective monitoring, good apps and infrastructure.

For me the key thing is to optimize everything to the tooth. I also regulate my own social media usage, because I get too easily hooked. Mastodon and all its tools have taken an enormous amount of time, but it's been really fun, didn't even notice a full year has passed.

As for the Finnish community, there were thousands of active users, I kept a list. However, for some reason lately the narrative everywhere about Mastodon is that it is difficult and it has no future and people have mostly left to Bluesky. I kinda get that, because even for me starting last year was messy. But things get better, I wish more people would see that.

Mastodon is special. The Fediverse is special. Here's to another year! 🎉 :neon_skull:

#Mastodon #Fediverse #MementoMoriSocial #MastoAdmin


in reply to Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂

This article gives the light in which we can observe the reality. This is very nice one and gives indepth information. Thanks for this nice article
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Mastodon shares some plans for future updates, social network Pebble shuts down and starts a Mastodon experiment, and more information about Mozilla's fediverse project.


La stupidità al vertice dell'Europa genera mostri. E farebbe anche ridere, se non fosse drammatica... L'intervista di Andreas Ericson a Ylva Johansson su chatcontrol

[Andreas Ericson] Posso chiederti solo una cosa, Ylva. Se ciò accadesse, ai sensi di questo disegno di legge, tu ed io potremmo avere contatti in futuro, se, ad esempio, ritieni di voler denunciare la Commissione europea e contattare Svenska Dagbladet protetti dalle leggi sulla protezione delle fonti? E con questo disegno di legge potremmo anche avere contatti crittografati che le autorità non sono in grado di leggere?

[Ylva Johansson] Sì, è ovvio.

[Andreas Ericson] Ma se così fosse, i pedofili non utilizzerebbero tutti quanti gli stessi strumenti criptati? E quindi, cosa ci avremmo guadagnato?

[Ylva Johansson] No, ma il fatto è che... (pausa) l'unica cosa è che... (pausa) l'abuso sessuale sui bambini, le immagini del genere, sono sempre criminali

#chatcontrol #stopchatcontrol

@Privacy Pride

L'intervista è visibile su Twitter

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GAZA. Violenti attacchi aerei nelle ultime ore, nuovo stop a internet e telefoni


Compiuti oltre 100 bombardamenti in appena 30 minuti. Si concentrano nella zona di Gaza city ma è stata colpita anche Khan Yunis nel sud. L'articolo GAZA. Violenti attacchi aerei nelle ultime ore, nuovo stop a internet e telefoni proviene da Pagine Ester

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della redazione

Pagine Esteri, 5 novembre 2023 – Raid aerei molto violenti sono in corso questa sera sul centro-nord di Gaza. Lo riferiscono fonti giornalistiche locali. Si concentrerebbero su Jabaliya, Gaza city (nei quartieri di Al Nasr, Rimal Shujayeh, Tel Al Hawa e al Jalaa) ma anche più a sud a Khan Yunis.

Fonti israeliane scrivono su X (ex Twitter) che sono stati compiuti oltre 100 bombardamenti in appena 30 minuti.

Nel frattempo le comunicazioni telefoniche e la rete internet sono di nuovo ferme. come accaduto nei giorni passati in occasione prima di altri massicci attacchi aerei israeliani.

La Mezzaluna Rossa comunica di aver perduto ogni contatto con i suoi team medici e le ambulanze.

Da parte israeliana si segnalano lanci di razzi palestinesi verso i centri abitati adiacenti a Gaza. Colpita una abitazione a Yated.

Proseguono anche i combattimenti tra soldati israeliani e militanti di Hamas mentre i reparti corazzati dello Stato ebraico hanno o avrebbero completato l’accerchiamento di Gaza city. Il portavoce militare comunica che 33 soldati sono stati uccisi durante gli scontri a fuoco dall’inizio dell’offensiva di terra.

La tensione è in forte aumento anche al confine tra Israele e il Libano. I media libanesi riferiscono che un drone israeliano ha colpito un’auto civile nella zona di Bint Jbeil, uccidendo tre bambini. Il parlamentare di Hezbollah Hassan Fadallah ha affermato che l’attacco è uno “sviluppo pericoloso” che avrà ripercussioni e ha affermato che i bambini uccisi avevano tra gli otto e i 14 anni.

Poco fa l’esercito israeliano ha riferito che Hezbollah ha ucciso un civile israeliano con un razzo anticarro sparati lungo il confine. Pagine Esteri

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