Germania. L’ex capo dei servizi segreti fonda un partito di destra radicale
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di Redazione
Pagine Esteri, 5 gennaio 2024 – L’ex direttore dell’Ufficio federale per la protezione della Costituzione (Bfv, l’agenzia di intelligence interna tedesca), Hans-Georg Maassen, non esclude una collaborazione tra il partito che intende fondare e Alternativa per la Germania (Afd), una formazione nazionalconservatrice di estrema destra.
Nel corso di un’intervista al quotidiano “Die Welt”, l’ex capo dei servizi segreti tedeschi ha affermato di voler dialogare anche con Sahra Wagenknecht, ex leader della “Die Linke” che recentemente ha rotto con il partito di sinistra per formare un suo movimento politico.
Maassen ha elogiato sia Alternativa per la Germania sia il movimento BSW di Wagenknecht per aver «semplicemente espresso in maniera aperta e libera i problemi che abbiamo in Germania». L’ex direttore del Bfv si è detto «davvero molto vicino ad alcuni» esponenti di Afd e del Bsw, pur affermando di essere contrario a parole d’ordine radicali come “Fuori gli stranieri” e di volere «soprattutto molto, molto, molto meno Stato, niente più paternalismo», mentre l’Afd punta su «molto Stato, ma soltanto per i tedeschi».
Maassen ha quindi spiegato che vuole fondare un suo partito «in tempi relativamente brevi» aggiungendo che, se il progetto dovesse fallire, lascerà comunque l’Unione cristiano-democratrica (Cdu) da cui già rischia l’espulsione.
Maassen vuole trasformare in partito l’Unione dei valori, associazione ultraconservatrice di cui è presidente, modificandone gli statuti ma mantenendone il nome. Secondo l’ex funzionario, questo dovrebbe essere «il primo passo verso la separazione» dell’Unione dei valori da Cdu e Unione cristiano-sociale (Csu), i due partiti storici di centro-destra.
L’Unione dei valori è storicamente vicina alle due formazioni, ma da anni Cdu e Csu sono in rotta con l’associazione di Maassen per la sua virata a destra e il suo avvicinamento ai nazionalconservatori.
I popolari considerano l’ex direttore del Bfv troppo vicino all’estrema destra, un sostenitore delle teorie del complotto e un propagatore di notizie false. A sua volta, Maassen accusa la Cdu di continuità con il centrismo dell’ex cancelliera Angela Merkel, presidente del partito dal 2000 a 2018. Secondo Maassen questa linea tradisce l’appoggio dato dall’Unione dei valori a Friedrich Merz, segretario della Cdu dal 2021, affinché attuasse una svolta conservatrice nei popolari.
Nei piani di Maassen, l’Unione dei valori dovrebbe presentarsi alle elezioni in programma nel 2024 in Brandeburgo, Sassonia e Turingia e collaborare con “tutte” le forze «pronte per una svolta politica in Germania».
Al vertice del Bfv dal 2011, Maassen venne collocato a riposo nel 2018 per aver sminuito la gravità dei pogrom razzisti contro i migranti avvenuti a Chemnitz tra l’agosto e il settembre di quell’anno. Alla destituzione del funzionario contribuirono anche i suoi stretti contatti con Alternativa per la Germania (Afd). – Pagine Esteri
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Il piano per la futura Gaza: amministrata dalle famiglie scelte da Israele, controllata da USA e Tel Aviv
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Pagine Esteri, 5 gennaio 2023. “Non ci sarà una presenza israeliana civile a Gaza”. È stato chiaro il ministro della Difesa Yoav Gallant, parlando ieri sera con i giornalisti, poco prima che il Gabinetto di guerra israeliano si riunisse per discutere del destino della Striscia e dei suoi abitanti.
Le pressioni per la creazione di insediamenti israeliani sono, tuttavia, ancora molto forti, soprattutto da parte dei membri del partito di estrema destra Otzma Yehudit che fa capo al ministro della sicurezza nazionale, il suprematista Itamar Ben-Gvir. Ma sono anche altri i membri di spicco del governo Netanyahu, come il ministro del Patrimonio Amichai Eliyahue (il quale propose di lanciare una bomba atomica su Gaza), a ritenere che sostituire la popolazione palestinese con quella israeliana sia l’unica logica conclusione della guerra in corso.
Gallant ha definito il “day after” della Striscia come un piano in 4 semplici punti.
Il primo.
Una sorta di governo clanico-tribale nominato più o meno direttamente da Tel Aviv. Hamas non controllerà in alcun modo la Striscia. Ma non lo farà neanche l’ANP di Abu Mazen. L’amministrazione civile sarà affidata ai palestinesi. Non a tutti, però, né a persone a caso: solo alcune potenti famiglie locali favorevoli a Tel Aviv potranno esser nominate, da Israele stesso, a governare Gaza. Il potere civile sarebbe affidato, dunque, a comitati locali a condizione che non operino contro Israele né si dichiarino ostili ad esso. Le famiglie più importanti della Striscia hanno immediatamente fatto sapere che non saranno mai disponibili per un progetto del genere.
Il secondo.
Una forza internazionale a guida USA per la ricostruzione. Alla task force potranno partecipare i Paesi dell’Europa occidentale e quelli arabi giudicati moderati. Saranno loro a controllare l’operato delle organizzazioni internazionali che porteranno soccorso alla popolazione di Gaza. Tutto ciò che riterranno necessario far entrare nella Striscia dovrà essere controllato, supervisionato e approvato da Israele. È da verificare la reale disponibilità degli Stati arabi, molti dei quali, già alcune settimane fa, si sono detti non disposti a dispiegare le proprie truppe su Gaza. Ma una forza internazionale composta da soli Paesi occidentali non sarebbe facilmente presentabile né digeribile.
Il terzo.
L’Egitto. Gallant ha dichiarato che sono già in corso colloqui trilaterali tra Stati Uniti, Israele e l’Egitto per garantire la sicurezza del valico di Rafah e del confine con Gaza, che dovrà essere isolato e fortemente controllato dai tre Paesi.
Il quarto.
Israele. Il ministro ha spiegato che non vi saranno limiti temporali né spaziali alle operazioni militari che Israele potrà compiere nella Striscia di Gaza. Tel Aviv manterrà il diritto a operare in totale libertà, controllerà tutto ciò che entra e che accade a Gaza e potrà intervenire militarmente ogni volta che lo riterrà opportuno.
Non è ancora chiaro quali siano gli obiettivi che Israele dovrà raggiungere per considerare “finita” la guerra e dare il via a questa fase progettuale che al momento non sembra basarsi su riscontri e disponibilità reali quanto sui desideri e le aspirazioni israeliane. Sempre secondo Gallant le operazioni militari continueranno nel nord della Striscia, anche se con forme diverse: i raid aerei saranno frequenti e anticiperanno operazioni speciali di terra. Il numero dei soldati israeliani uccisi dentro Gaza (170 fino ad oggi) comincia a diventare importante e il governo ha la necessità di limitare i danni.
Nel sud della Striscia al momento la strategia non cambierà. E alla popolazione, composta quasi totalmente da rifugiati, non verrà permesso di ritornare al nord nelle proprie case o in ciò che ne rimane. Lo spostamento è ciò con cui Israele intende trattare la liberazione degli ostaggi ancora nelle mani di Hamas. Il numero delle vittime civili continua a crescere a dismisura, così come le denunce di attacchi alle strutture che ospitano centinaia di profughi, alle scuole-rifugio, alle strutture sanitarie. Secondo il Ministero della Sanità, 162 persone sono state uccise nelle ultime 24 ore, portando il bilancio dei morti a 22.600, l’1% dell’intera popolazione della Striscia di Gaza.
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Così i mini-satelliti rafforzano la Difesa. Il punto del gen. Bianchi
Nel 2012, il Centro studi militari aeronautici “Giulio Douhet” (Cesma), in collaborazione con un ampio numero di aziende spaziali e con l’Agenzia spaziale italiana e europea, produsse uno studio sulla tecnologie dei piccoli satelliti duali e tra le considerazioni che emersero, una vede riconosciuta, negli ultimi tempi, la sua piena valenza: nello studio si rilevava che, non avendo logica militare e dottrinale concentrare in una unica infrastruttura spaziale tutte le capacità della difesa nazionale per specifica applicazione, i piccoli satelliti potevano offrire una via di uscita a questo approccio acquisitivo rischioso.
La soluzione offerta dai piccoli satelliti può risponde anche ad un’altra esigenza; il segretario della Us Air force Frank Kendall, nel settembre 2022 sostenne infatti che, “a fronte della crescente frequenza di incidenti intenzionali e non intenzionali nello spazio la più efficace risposta non può che essere quella di adottare una strategia di resilienza, finanziariamente sostenibile, che utilizzi la ridondanza degli assetti come fulcro essenziale ma anche come elemento di deterrenza, perché in grado di rendere poco costo/efficace un attacco”.
Sia la Russia che la Cina hanno costruito sistemi spaziali per supportare le loro Forze armate, a livello operativo e per ragioni strategiche ma, entrambe, hanno anche lavorato sulla capacità offensiva per contrastare i sistemi spaziali occidentali. Pur desiderando che lo spazio sia un dominio pacifico per attività scientifiche e commerciali Kendall aggiungeva che “prevenire un conflitto sulle risorse spaziali diventerà sempre più difficile a causa del valore strategico dei satelliti e della proliferazione di tecnologie che possono essere utilizzate per distruggere gli assetti spaziali”.
Esperienze che abbiamo vissuto anche in Italia visto che anche i nostri assetti spaziali negli anni hanno potuto osservare eventi non intenzionali (la temporanea inutilizzabilità del Sicral a causa di fenomeni di Space weather) o intenzionali (avvicinamenti sospetti da parte del satellite russo Luch ad Athena Fidus) che ne hanno limitato le operazioni e che quindi sollecitano una risposta strategica.
Trascurando l’aspetto safety, ovvero non intenzionale, proteggere e mantenere le capacità spaziali in questo ambiente minaccioso è comunque di fondamentale importanza in quanto sia il mondo militare che quello civile ora dipendono da capacità come Galileo e il Gps, dai sistemi di comunicazioni e altri sistemi di osservazione della terra. Per tutte queste ragioni ora le nazioni Nato trattano lo spazio come un’“area di responsabilità”, un dominio alla pari di altri domini da mantenere e difendere.
In questo ambiente di minacce in rapida evoluzione e cambiamento, più opzioni si hanno a disposizione, meglio si può rispondere a nuove sfide e oltre alla ridondanza, sono necessarie molte altre strategie per sostenere anche la resilienza ovvero la capacità di assorbire le perdite e continuare la missione, anche se in forma depotenziata.
Il cosiddetto counter-space difensivo sarà fondamentale per negare gli attacchi adottando soluzioni di sopravvivenza e self-defense, di rafforzamento anti-cyber e capacità di manovrare per muoversi al di fuori dal percorso degli attacchi. Merita forse notare, in merito al rafforzamento anti-cyber e per inquadrare correttamente uno dei problemi chiave per la sicurezza spaziale, che lo sviluppo del software di alcuni satelliti commerciali oggi in orbita (quindi sviluppati dai cinque ai dieci anni precedenti), da un punto di vista tecnico, non implementa quasi nessun moderno concetto di sicurezza. Ricercatori dell’università di Bochum non sono stati capaci di trovare, in tre satelliti commerciali presi a campione attualmente in orbita, i meccanismi di sicurezza che, ad esempio, sono standard nei moderni telefoni cellulari e laptop. Un problema quindi da non sottovalutare perché apre a scenari di grande preoccupazione. Ci si può infatti aspettare un futuro dell’hacking satellitare “pragmatico” inteso cioè ad ottenere benefici eventualmente economici, dalla minaccia, ad esempio, di innescare una catena di collisioni spaziali noto come evento Kessler (in grado di rendere inutilizzabili orbite specifiche), dopo aver preso il controllo di uno qualunque dei satelliti vulnerabili.
Il rafforzamento cyber è certamente un elemento sostanziale ma sarà necessario approfondire anche altre possibili soluzioni strategiche di carattere difensivo come la disaggregazione della missione, la capacità cioè di portare a termine le missioni su più piattaforme oppure come perseguire una diversità orbitale adottando una varietà di opzioni orbitali (sia in regimi di altitudine che in inclinazioni orbitali) con i vantaggi (e gli svantaggi) che ciascuna opzione offre.
La rapida evoluzione della capacità di lanciare piccoli satelliti su singolo o più piccoli lanciatori sarà utile ad aumentare le opportunità di avere sistemi altamente ridondati e orbitalmente diversi, ognuno dei quali relativamente poco costosi; condizione fondamentale sarà quella però di affrontare le sfide “comunicative” poste da queste soluzioni integrando collegamenti ottici inter-satellitari (Oisl) evolutivi ed efficaci, che colleghino satellite a satellite, nonché downlink ad alta velocità, a configurazione flessibile, in grado di aumentare esponenzialmente l’utilità di queste costellazioni.
Ridondanza intesa anche come capacità di manutenzione in orbita, possibilità di riparazione e di rifornimento, disponibilità di pezzi di ricambio o di altri satelliti gemelli (in più del necessario) già in orbita e/o capacità di essere pronti al lancio in maniera “responsive”. Tra il ventaglio di soluzioni sarà sicuramente presa in considerazione anche l’agilità, ovvero la capacità di riprogrammare l’hardware, già in orbita, come soluzione di gran lunga preferibile alla costruzione e al lancio di nuovo hardware. Tutti i nuovi sistemi dovranno avere la capacità di essere riprogrammabili nella massima misura possibile (esiste già ma è minima) per resistere a minacce nuove e mutevoli.
Con lo spazio essenziale per la società e le operazioni militari, la strada fondamentale da percorrere rimane comunque quella che, già da alcuni anni, l’Italia sta percorrendo in maniera fruttuosa con iniziative sia in ambito militare che civile (che si spera confluiscano secondo modalità da stabilire, al più presto), tesa cioè ad ottenere una migliore comprensione di quali oggetti siano in orbita e di quali minacce possono questi rappresentare. La consapevolezza dei sistemi spaziali, attraverso la Space situation awareness (Ssa) e la consapevolezza del dominio spaziale, Space domain awareness (Sda) presuppone di essere in grado di rilevare tracciare e monitorare le minacce provocate dall’uomo (intenzionali) e quelle naturali (non intenzionali). Significa anche determinare le capacità degli oggetti in orbita, l’intento dietro il loro lancio e le loro operazioni, e ovviamente conoscere la vulnerabilità delle risorse disponibili sia nazionali che alleate a potenziali attacchi. Richiede inoltre la capacità di prevedere e valutare i rischi coinvolti, di mantenere il controllo e monitoraggio delle potenziali minacce e di implementare adeguate misure di mitigazione al fine di proteggere le risorse spaziali e terrestri.
Il Cesma da sempre interessato ad approfondire queste problematiche e a offrire occasioni di dibattito, ha in corso l’organizzazione di una conferenza, pianificata per maggio 2024, nella quale saranno invitati i maggiori rappresentanti dello spazio nazionale, per avere un loro punto di vista e la loro visione sugli scenari di sicurezza degli assetti spaziali.
Il Decreto Crescita e il calcio ordoliberale l Infoaut
"Senza gli aiuti dello Stato i soldi che i club prima risparmiavano in tasse sugli stipendi dei calciatori stranieri (nell’ordine di decine di milioni l’anno) tornano ad essere versati all’erario e quindi possibilmente destinati a scuole, case, ospedali e via dicendo. Perché quello che ci racconta questa storia, al di là della solita ipocrisia del mondo del pallone, è che il sistema calcio in tutta Europa rispecchia alla perfezione i dettami della scuola ordoliberale."
Chat control: EU Ombudsman launches investigation into Europol
Following a complaint by Patrick Breyer, Pirate Party MEP, the EU Ombudsman Emily O’Reilly has announced that she has opened an investigation into the transfer of two former Europol officials to the chat control surveillance tech provider Thorn. Despite the obvious conflict of interest, the transfer of the officials, who had already been involved in child sexual abuse at Europol, was authorised by the authority. One of the officials was involved in a pilot project at Europol for the AI-based analysis of abuse reports, is now registered with the Bundestag as a lobbyist for Thorn and travelled to a Europol meeting with his former colleagues in his new role. O’Reilly is asking Europol to provide access to all documents relating to the transfer and its approval by 15 January.
Breyer welcomes the move: “Since the revelation of Chatcontrol Gate, we know that the CSAR proposal is ultimately a product of the lobby of an international surveillance-government-industrial complex. We will hold EU Commissioner for Home Affairs Johansson and Europol accountable for this betrayal of our digital civil liberties to ensure it will never happen again.”
Background: The EU Commission proposes to oblige providers to search all private chats, messages, and emails automatically for suspicious content – generally and indiscriminately. The stated aim of this chat control: To prosecute child sexual exploitation material (CSEM). The result: Mass surveillance by means of fully automated real-time surveillance of messaging and chats and the end of privacy of digital correspondence.
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Latitante arrestato in una zona residenziale di lusso di Alicante (Spagna), anche grazie all'attività dell'Ufficiale di collegamento italiano con la polizia locale.
Scopriamo di più su questa funzione, svolta d'intesa tra Interno ed Esteri
Il primo latitante italiano catturato nel 2024 all'estero è Nicola Rullo , indicato come membro di spicco della camorra italiana, ricercato a livello internazionale dall'Italia per la sua appartenenza all'Alleanza di Secondigliano e direttamente responsabile degli scontri avvenuti contro il clan Mazzarella per il controllo di Napoli.
E' stato catturato dalla Polizia Nazionale (policia.es/_es/index.php) iberica in una lussuosa zona residenziale di Alicante.
La costa di Alicante e, soprattutto, le urbanizzazioni e le zone abitate da una notevole popolazione straniera, sono diventate negli ultimi anni il nascondiglio di numerosi fuggitivi.
Spesso la Polizia Nazionale e la Guardia Civil (guardiacivil.es/es/index.html) individuano questi criminali ricercati in altri paesi, scoprendo che vivono da anni una vita discreta in queste zone composte di case unifamiliari, dove molti vicini non si conoscono tra loro.
L'arresto è avvenuto presso l'"El Plantío Golf Resort" di Alicante, ed è stato possibile grazie allo scambio diretto di informazioni e al coordinamento delle indagini tramite l'ufficiale di collegamento italiano in Spagna.
Quale il ruolo dell'Ufficiale di collegamento?
Questa ultima è una figura di interesse, auspicata sin dalla Convenzione di Palermo delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale del 2000 , che prevedeva il distacco di ufficiali di collegamento come misura finalizzata al contrasto alla criminalità transnazionale e ad una più efficace azione di coordinamento tra le Autorità degli Stati firmatari.
Anche all’interno dell’Unione Europea maturò un indirizzo simile, che fu recepito nella Decisione Criminalità organizzata: quadro di orientamento comune per gli ufficiali di collegamento (eur-lex.europa.eu/legal-conten…) e DECISIONE 2003/170/GAI DEL CONSIGLIO del 27 febbraio 2003 relativa all'utilizzo comune degli ufficiali di collegamento distaccati all'estero dalle autorità degli Stati membri incaricate dell'applicazione della legge(eur-lex.europa.eu/legal-conten…).
Con riguardo alla normativa nazionale, inizialmente erano previste figure differenziate, a seconda che il funzionario/ufficiale di collegamento fosse dislocato all’estero sulla scorta di accordi bilaterali, ovvero per esigenze di contrasto al traffico di sostanze stupefacenti (attività in capo alla Direzione Centrale per i Servizi Antidroga, di cui si parlerà a breve), o anche quale esperto per le strategie di prevenzione e contrasto dei fenomeni di immigrazione clandestina ed infine appartenenti alla Direzione Centrale Anticrimine o a quella di Polizia di Prevenzione del Dipartimento di P.S., inviati all’estero per specifiche esigenze.
Un passaggio fondamentale nella razionalizzazione della presenza degli ufficiali/funzionari di collegamento è venuta: prima (luglio 2010) da un Protocollo di Intesa tra il Ministero degli Affari Esteri ed il Ministero dell’Interno, quindi (dicembre 2010 ) dalla creazione del Comitato per la Programmazione Strategica per la Cooperazione Internazionale di Polizia (Co.P.S.C.I.P.) e dalla coeva L. 10/2011, di conversione del D.L. 225/2010, che ha formalizzato la figura dell’Esperto, i cui confini funzionali, logistico–amministrativi, organizzativi sono stati oggetto di ulteriori interventi nel 2015 (Protocollo di Intesa tra il Capo della Polizia–Capo del Dipartimento della P.S. ed il Segretario Generale del MAECI) e nel 2016 (Regolamento Interministeriale n. 104 del 30 marzo).
È di interesse rilevare come siano stati individuate dal citato Co.P.S.C.I.P. delle aree di principale valenza strategico–operativa per la nostra Nazione, ove gli Esperti preposti assumono l’incombenza di responsabili degli “Uffici Regionali”, gravando su di loro l’uniformità di indirizzo strategico e la razionalizzazione delle singole iniziative dei colleghi presenti nell’Area.
Il ruolo dello SCIP
Il compito - tra i numerosi altri - di curare la gestione tecnico–operativa della rete degli Esperti per la Sicurezza ricade sul [Servizio di Cooperazione Internazionale di Polizia](poliziadistato.it/articolo/146…) del Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell'Interno (in sigla SCIP) che sovrintende ai funzionari ed ufficiali delle tre Forze di polizia a competenza generale (Arma dei carabinieri, Polizia di Stato, Gurdia di Finanza), nel numero massimo di cinquanta unità allocate presso le rappresentanze diplomatiche e negli uffici consolari.
#Armadeicarabinieri #PoliziadiStato #GuardiadiFinanza #PolicíaNacional #Guardiacivil #SCIP #Ufficialedicollegamento #ConvenzionediPalermodelleNazioniUnitecontrolacriminalitàorganizzatatransnazionale
#ConvenzionediPalermo
Hubble per la prima volta ha osservato i cambiamenti nell’atmosfera di un esopianeta l AstroSpace
"A partire dalle osservazioni Hubble raccolte nel 2016, 2018 e 2019, un team di scienziati ha potuto non solo analizzare l’atmosfera del pianeta, ma anche confrontare lo stato di questa atmosfera nel corso dei diversi anni, trovando prove evidenti della sua variazione."
Depositare
Deporre le armi e depositare le sentenze. Togliere le prime dalle mani e dalle bocche di chi straparla, senza avere idea alcuna del diritto e dei diritti. Puntare alle seconde, per ragionare su come rimediare alla malagiustizia.
Quel che produce più guasti è l’irresponsabilità. Vale in qualsiasi attività e settore, perché chi non è responsabile di quel che fa e di come lo fa è anche portato alla sciatteria. Ma vale in modo particolare quando l’irresponsabile è chi è chiamato a valutare e giudicare le responsabilità altrui. Due casi, in queste ore, sono fatti apposta per rinfocolare le polemiche.
La Corte costituzionale stabilisce che una intercettazione (relativa al Presidente della Repubblica, all’epoca dei fatti Giorgio Napolitano) non si sarebbe dovuta fare e dispone la distruzione del materiale raccolto. Ora Antonio Ingroia, ovvero l’autore di quel che è stato bocciato, se ne esce rilasciando dichiarazioni in cui richiama quel che in quelle intercettazioni sarebbe stato ascoltato, senza che sia possibile controllare la veridicità delle sue parole. Non è accettabile.
Che la Corte dei Conti abbia una sua utilità è da dimostrarsi, ma che un suo consigliere possa esprimersi sui conti pubblici e sulla legge di bilancio, usando un linguaggio da bettola, non è accettabile. Dice lui, Marcello Degni: non è messa in dubbio la mia imparzialità. Lo è eccome. E chiede: un magistrato non può forse esprimere le proprie opinioni? No. Non su quel che è di competenza della giustizia, per la stessa ragione per cui un arbitro non può mescolarsi alla tifoseria, anche se arbitra un’altra partita.
Se queste cose succedono non è solo perché dilaga l’irresponsabilità, ma anche perché scema la cultura. Il non ponderare, il non comprendere l’enormità di tali condotte, è un derivato di formazioni culturali senza spirito critico, senza riflessione, senza sofferenza interiore. Che vive nell’assuefazione e nel diffondersi dell’ignoranza. Prendiamo un singolo aspetto del tema giustizia. Sarà utile a capire.
Pochi giorni fa s’è diffusa la notizia di un processo penale conclusosi dopo 20 anni, di cui 3 necessari per il deposito delle motivazioni della sentenza, in un grado di giudizio. Non ha destato scalpore, non è una così clamorosa eccezione, ce ne siamo già dimenticati. Eppure è abominevole.
La nostra Costituzione – articolo 111 – stabilisce che <<Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati>>. Non in tutti i sistemi è così, ma da noi si chiede la modifica o cancellazione di una sentenza dopo averne letto le motivazioni. Il Codice di procedura penale – articolo 544 – prevede che, una volta stabilito il dispositivo (ovvero la parte della sentenza che si legge in Aula, colpevole o innocente): <<subito dopo è redatta una concisa esposizione dei motivi di fatto e diritto su cui la sentenza è fondata>>. Il che è anche logico, visto che per arrivare al dispositivo il giudice o il collegio giudicante hanno prima stabilito perché e in base a quali norme. Ma, avverte il secondo comma: <<Qualora non sia possibile procedere alla redazione immediata dei motivi (…) vi si provvede non oltre il quindicesimo giorno da quello della pronuncia>>. Che sarebbe già un’eccezione. Il terzo comma la amplia e, per pochi casi particolarmente complessi, stabilisce che le motivazioni arrivino entro 90 giorni. È stato aggiunto un bis: se le motivazioni sono più di una si depositano prima quelle dei detenuti e, per gli altri, il termine massimo è 180 giorni. Dove sono i 3 anni?
La realtà è che quasi mai questi termini sono rispettati, ma nessuno mai ne risponde. Ovvero: la legge vale zero. Più o meno quel che pensano i delinquenti. Un condannato in primo grado resta in quella condizione per anni, anche se la sentenza sarà cancellata in quelli a venire. Roba incivile.
Possiamo anche passare i prossimi lustri a occuparci di chi straparla, ma se di una tale enormità neanche si parla il problema non è delle toghe, ma di una collettività che affonda. Inutilmente vociante.
La Ragione
L'articolo Depositare proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
Gas: gli USA sono i principali esportatori nel 2023 (anche grazie alle sanzioni alla Russia) l L'Indipendente
"La guerra dell’energia tra USA e Russia ha dunque avvantaggiato la potenza a stelle e strisce a danno dei Paesi europei: mentre, infatti, il Prodotto Interno Lordo degli Stati Uniti ha registrato un aumento del 4,9% nel terzo trimestre 2023, rispetto al 2,1% del trimestre precedente, l’eurozona è entrata in recessione tecnica, trainata dalla Germania, la nazione europea che più ha risentito dall’interruzione dei rapporti commerciali ed energetici con la Russia."
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Il James Webb ha stabilito un nuovo record, distinguendo giovani stelle nella galassia del Triangolo l AstroSpace
"La nostra Via Lattea è ricca di gigantesche nubi molecolari, all’interno delle quali il processo del collasso gravitazionale permette la nascita di nuovi astri. Sulla base di ciò che possono studiare osservando queste stelle neonate, gli scienziati ipotizzano che il processo di formazione stellare avvenga in maniera simile anche nelle altre galassie."
BRICS: cosa cambia ora l L'Antidiplomatico
"L'allargamento del BRICS rappresenta una svolta significativa nella geopolitica mondiale che potrebbe contribuire a un mondo multipolare più equilibrato, mentre l'Occidente, in particolare gli Stati Uniti, affronta un periodo di declino sempre più evidente e conclamato. La sfida ora sarà per il BRICS+ gestire le diversità interne e cooperare per affrontare le sfide globali, stabilendo un nuovo ordine mondiale basato sulla parità e sulla cooperazione."
I reati contro la fauna selvatica attività criminale “trasversale”, da affrontare con le armi dell’intelligence e delle indagini finanziarie.
Viene denominato “wildlife trafficking”: il traffico illegale di specie selvatiche è tra i cinque traffici illegali più redditizi a livello globale, per un valore stimato di 23 miliardi di dollari all'anno. Si tratta di una minaccia globale multiforme che erode la biodiversità, gli ecosistemi e crea insicurezza che alimenta conflitti e corruzione.
Nel nostro blog ne abbiamo già parlato (vedi la nota a fine pagina).
La Wildlife Justice Commission (Commissione per la giustizia della fauna selvatica) ha pubblicato un nuovo rapporto sulla convergenza dei reati contro la fauna selvatica con altre forme di criminalità organizzata: una revisione del 2023 di precedenti lavori, che riesamina la questione basandosi sul precedente lavoro, presentando ulteriori analisi e approfondimenti tratti da tre studi di casi, basato su ricerche open-source e informazioni raccolte durante le indagini della Wildlife Justice Commission. Il rapporto completo – in inglese – è scaricabile qui: wildlifejustice.org/wp-content… .
Questi casi continuano a dimostrare che gruppi criminali nazionali hanno una serie di motivazioni per diversificare le loro attività criminali e formare nuove partnership o alleanze, infiltrarsi in nuovi mercati o sfruttare le vulnerabilità nell’azione di controllo e contrasto degli Stati. Inoltre flussi finanziari illeciti e riciclaggio di denaro sono fattori sottostanti comuni presenti in quasi tutti i reati organizzati contro le specie selvatiche.
La convergenza della criminalità deve essere quindi affrontata dal un punto di vista della criminalità organizzata, per identificare, incriminare e perseguire tutti i reati commessi da una rete. L’attività di intelligence è uno strumento essenziale a questo proposito, per mappare le reti criminali, analizzare modelli e collegamenti tra le attività criminali, comprendere il modus operandi e le motivazioni criminali e valutarne il livello di minaccia rappresentata dalla rete criminale nel suo complesso.
Indagini congiunte e task force multi-agenzia consentono di riunire le risorse e le competenze necessarie A questo punto, l'unica cosa che si può fare è cercare di investigare la convergenza della criminalità. Oltre le classiche indagini della polizia investigativa, dovrebbero parallelamente essere condotte indagini finanziarie per rintracciare dove e come il denaro si muove ed individuare i proventi di reato. I reati contro la fauna selvatica sono un'attività criminale trasversale e non possono essere affrontati separatamente da altri crimini. Affrontando il problema della convergenza ed eliminando i nodi comuni tra reti criminali, le autorità di contrasto possono avere un impatto maggiore per smantellare la criminalità organizzata.
La maggiore attenzione negli ultimi anni al nesso tra la fauna selvatica criminalità organizzata e altre forme di criminalità, ha portato alla luce un numero crescente di prove che contribuiranno a costruire un migliore comprensione di questo complesso crimine. La prevalenza apparentemente crescente della convergenza della criminalità negli ultimi due decenni, come suggerito da alcune ricerche, sembra indicare che il traffico illegale di specie selvatiche diventa più attraente per le reti criminali a causa della redditività di specie e prodotti di alto valore ed il percepito minor rischio di applicazione delle attuali leggi contro questo tipo di reato. Ciò sottolinea le preoccupazioni in merito al ruolo che la convergenza criminale potrebbe avere nel sostenere l'espansione dei reati contro la fauna selvatica.
Nota:
noblogo.org/cooperazione-inter…
noblogo.org/cooperazione-inter…
noblogo.org/cooperazione-inter…
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Il futuro del Sahel in marcia verso la seconda ondata di decolonizzazione l World Politics Blog
"Il 2023 ha segnato un significativo declino dell’influenza francese nel Sahel, con il ritiro delle truppe da Mali, Burkina Faso e Niger, mentre il Ciad resta il principale punto d’appoggio per Parigi nella regione."
Università, entrate nel Fediverso e riappropriatevi della vostra sovranità digitale!
Le università possono essere importanti creatori di spazi pubblici digitali e utilizzare, progettare e fornire strutture di rete di interesse pubblico come Fediverse. In linea con la sua tradizione FLOSS, l'Università di Innsbruck si concentra sul Fediverso e ne ha creato un'istanza sui server universitari. Oltre agli approfondimenti sul processo, la motivazione e il networking sono lo scopo di questo Lightning Talk. Università, unitevi al Fediverso!
Il disastro di Twitter ha evidenziato i rischi derivanti dall’affidarsi a piattaforme commerciali per i canali di comunicazione centrali. Questa non è una novità, ma illustra chiaramente i problemi legati a gran parte della struttura dei social media. Le università possono contribuire in modo significativo a rendere Fediverse una rete decentralizzata, non commerciale e attenta alla privacy. Prendendo l'esempio dell'Università di Innsbruck, l'intervento mostrerà come un trio di diversi dipartimenti, comunicazione scientifica, protezione dei dati e informatica, ha creato un'istanza Fediverse per la comunicazione scientifica istituzionale su Mastodon sui server universitari. Questo Lightning Talk mira a informare e mostrare come un'università si è impegnata con successo con il Fediverso, fungendo da invito all'azione per altre università affinché si uniscano nel cogliere l'opportunità di migliorare le strutture di comunicazione online.
Melanie Bartos, Hansjörg Pehofer, Matthias Weiler
media.ccc.de/v/37c3-lightningt…
Universities, Step into the Fediverse! Reclaiming Digital Sovereignty
Universities can be important creators of digital public spaces and use, design and provide public-interest network structures such as th...media.ccc.de
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SaldaMente
Oggi, a partire dalla Valle d’Aosta, si apre la stagione dei saldi invernali. La previsione – dei commercianti – è che saranno coinvolte quasi 16 milioni di famiglie, per una spesa che potrebbe sfiorare i 5 miliardi. Ben prima dei saldi, nel terzo trimestre del 2023 i consumi privati italiani sono cresciuti dello 0,7%. Negli Stati Uniti – dove l’economia tira assai di più – sono cresciuti dello 0,8%; in Francia dello 0,6%; mentre in Germania hanno fatto registrare un -0,3%. Insomma, i nostri consumi reggono e crescono moderatamente ma bene, compensando il calo della domanda dall’estero. Dobbiamo chiederci quanto questo andamento prometta, in termini di saldezza nel nostro sistema produttivo. E quanto influisca sull’umore degli italiani, sulla fiducia nel futuro prossimo.
Per ora i consumatori italiani reggono, spendono e restano anche capaci di risparmiare, ma li si informa costantemente che il 2024 sarà un anno di aumenti, per prezzi e tariffe. Anche questo è un modo asimmetrico d’informare, influendo sulla realtà: non si vedono più titoli relativi ai mutui, dopo mesi passati a indicarne il brusco aumento del costo. Capita perché calano e questa è considerata una non notizia. È anche a causa di questo modo di procedere che poi non si trova la forza per rompere le mura che proteggono le rendite di posizione, aprendo all’aria sana della concorrenza: perché non se ne illustrano i benefici. Non quelli teorici – da libello per libbberali – ma quelli reali, di cui già le tasche hanno beneficiato e beneficiano. Quante volte è stato ricordato agli italiani quanto pagavano per telefonare o per volare e quanto pagano adesso? Pochissime e superficialmente, facendo perdere il nesso fra il calo dei prezzi (con benefici per i consumatori e aumento della spesa complessiva, con beneficio per i produttori) e la maggiore concorrenza.
Il caso più assurdo è quello dei balneari: ogni estate parte la geremiade dei prezzi per un ombrellone e due sdraio, ma poi non ci si interessa al fatto che quelle spiagge siano lasciate quale rendita ereditaria familiare, anziché considerarle un bene comune da cui trarre maggiore gettito fiscale e maggiori servizi a prezzi più bassi. Così una minoranza che si autoprotegge diventa più forte e trova più sponde partitiche della grande maggioranza dei cittadini, che pagano.
Quel che più è previsto aumenti, nel 2024, è legato o a forniture dall’estero (come i prodotti energetici, che però erano calati) o a strozzature di mercato (come per i prodotti alimentari) o alla gestione di imprese a partecipazione pubblica (protette dalla concorrenza). Se fosse più chiaro, forse molti ragionerebbero in modo diverso.
Ma la nota più dolente, in termini di saldezza, trova la sua ennesima conferma negli ultimi dati giunti dall’Istat: la crescita del Prodotto interno lordo, per il 2024, è prevista allo 0,7%. Mentre il governo continua a basare i suoi conti su un roseo +1,2%. Questo trascina con sé un aumento del peso del deficit e l’impossibilità, senza correzioni, che il debito diminuisca il suo. Se questo dovesse capitare sarebbe la smentita della legge di bilancio e delle parole del ministro dell’Economia, che commentavamo ieri. Se malauguratamente e colpevolmente (perché rimediare subito si può) così dovessero andare le cose, ciò poi si riverbererebbe sull’umore collettivo e toglierebbe potenza e carburante al motore dei consumi, che ancora reagisce bene, compensando altri cali.
La cosa che più colpisce è che nessuno ne parli. Sembra quasi che una cosa sia ragionare di politica e un’altra ragionare d’economia e attorno a questi dati. La prima affidata a una stucchevole opera dei pupi, in cui il rumore di latta evidenzia scontri spettacolari e inconcludenti. La seconda – l’economia – lasciata a parte, come fosse affare di pochi fissati e alimentando l’illusione che la spesa pubblica possa compensare ogni cosa. Ovvero la droga psichedelica di cui parla Giorgetti, salvo lasciare l’impressione di farlo da un raduno lisergico.
La Ragione
L'articolo SaldaMente proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
985 nel 2023, i complici del massacro l L'Unità dei Lavoratori
"Nel 2023 sono morti 985 lavoratrici e lavoratori per infortunio nei luoghi di lavoro, esclusi i decessi in itinere. Un numero impressionante che supera di 230 unità il già tremendo risultato del 2022. Un incremento di oltre il 30%. E questo senza contare le malattie professionali e gli infortuni gravi e invalidanti che, comunque, rovinano la vita di chi ne è vittima."
Palestina, la pace attraverso il diritto: la nostra responsabilità storica e politica (6) l Pressenza
"Non si tratta dello scontro tra le armate di due stati nemici, bensì tra una delle armate più potenti al mondo e un popolo occupato. Si tratta fondamentalmente di una guerra asimmetrica, paradigma dello scontro Nord-Sud."
Israele in trattative con il Congo per “reinsediamento volontario” dei palestinesi all’estero
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Pagine Esteri, 3 gennaio 2023. Il Times of Israel ha pubblicato oggi la notizia, confermata da un alto funzionario israeliano, che Tel Aviv sta trattando con alcuni Paesi, tra i quali il Congo e l’Arabia Saudita, un accordo che gli permetterebbe di mandare all’estero migliaia di famiglie palestinesi di Gaza.
Il Congo, Paese in cui il 52,5% della popolazione vive sotto la soglia di povertà, si sarebbe già detto disposto a far entrare nei propri confini un numero significativo di gazawi. La fonte non ha rivelato al Times of Israel i termini dell’accordo e, dunque, quale sia la ricompensa che Israele ha promesso a Kinshasa.
Ma ha specificato ai giornalisti israeliani che il governo Netanyahu sta conducendo trattative segrete anche con altri Stati: non è un mistero, ad esempio, che alcuni ministri provino a spingere gli sfollati palestinesi a lasciare la Striscia di Gaza per cercare lavoro in Arabia Saudita.
Quello che Israele chiama “reinsediamento volontario” è un progetto che favorisce e incoraggia la popolazione palestinese di Gaza a lasciare le proprie case, ciò che ne resta dopo quasi 3 mesi di bombardamenti, abbandonare l’idea della ricostruzione della Striscia e spostarsi all’interno dei confini di uno Stato estero, senza avere la certezza, in futuro, di poter tornare nel proprio Paese.
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Ministero dell'Istruzione
Il 95% delle Scuole secondarie di secondo grado ha completato le nomine dei docenti tutor e orientatori sulla piattaforma #Unica: risulta incaricato il 98% dei tutor previsti e il 95% di orientatori.Telegram
IRAN. Decine di morti e feriti per esplosioni durante commemorazione Qassem Soleimani
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della redazione
Pagine Esteri, 3 gennaio 2024 – I media iraniano riferiscono di almeno 20 persone uccise e decine di altre ferite in due esplosioni vicino al cimitero dei martiri di Kerman, durante una cerimonia per commemorare l’assassinio da parte degli Stati Uniti, nel 2020, del comandante della Forza Quds della Guardia Rivoluzionaria, Qassem Soleimani.
Inizialmente l’agenzia semi-ufficiale Nour aveva riferito di “diverse bombole di gas esplose sulla strada che porta al cimitero” ma ora le autorità israeliane parlano di “attentato terroristico”.
Seguiranno aggiornamenti
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AFGHANISTAN. La crisi dei bambini: tra lavoro, violenza e leggi talebane
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di Valeria Cagnazzo
Pagine Esteri, 3 gennaio 2023 – I bisogni basilari del 40% dei bambini in Afghanistan non vengono soddisfatti. Un terzo dei bambini nel Paese sarebbe, inoltre, impiegato nel lavoro minorile. È quanto ha rivelato un recente rapporto dell’International Rescue Committee (IRC) a proposito delle condizioni di vita dei bambini afghani.
Un rapporto delle Nazioni Unite pubblicato nel mese di novembre scorso in relazione al periodo compreso tra l’1 gennaio 2021 e il 31 dicembre 2022 rivelava stime di violenza e di maltrattamenti dei bambini in Afghanistan altrettanto allarmanti. Tanto da costringere il governo de facto talebano a intervenire respingendolo e ribadendo il suo impegno nel garantire i diritti dei bambini afghani.
Secondo il rapporto ONU, verificato e ratificato anche da UNAMA, la Missione di Assistenza in Afghanistan delle Nazioni Unite, e dall’UNICEF (United Nations International Children’s Emergency Fund), l’infanzia nel Paese sarebbe stata messa a rischio sia a causa dei conflitti armati che si sono succeduti nel Paese sia a causa di politiche poco attente a proteggerne i diritti. A proposito del governo de facto instauratosi nel settembre 2021, in particolare, la relazione segnala violazioni che comprendono il bando delle ragazze dall’istruzione secondaria emanato il 23 marzo 2022. La stessa definizione di “bambino” codificata da un decreto della autorità talebane sempre nel mese di marzo 2022 rappresenta, secondo il rapporto, un motivo di preoccupazione: essa si basa, infatti, sull’assenza di segni fisici di pubertà piuttosto che sull’età, escludendo di fatto una buona parte dei minori di 18 anni che dovrebbero essere, invece, tutelati dalla Carta dei Diritti dei Bambini.
Nel rapporto si legge che “l’assenza di disposizioni di protezione per i bambini nell’agenda delle autorità de facto, di supporto legale, di responsabilità per le gravi violazioni nei confronti dei bambini e di programmi sistematici di integrazione, così come l’assenza di una regolamentazione e di politiche per la protezione dei bambini, ha reso più difficile per le organizzazioni per i diritti dell’infanzia implementare i programmi necessari per la difesa dei minori”. L’8 ottobre del 2022, per esempio, si legge, le autorità de facto hanno rilasciato un decreto per la rimozione dei bambini mendicanti dalle strade, senza farlo accompagnare da un chiaro programma di supporto per il reintegro sociale e l’assistenza degli stessi.
Non solo direttamente la politica alla base della crisi dell’infanzia, secondo le Nazioni Unite, ma anche l’estrema povertà della popolazione, l’assenza di opportunità, le calamità naturali come i terremoti – l’ultimo che ha colpito in ottobre la provincia di Herat ha provocato oltre 2.000 morti e migliaia di sfollati – e la guerra continuano a mettere in pericolo la vita dei bambini. Si segnala, infatti, un aumento della loro “vulnerabilità all’arruolamento e allo sfruttamento, alla violenza sessuale, al lavoro minorile, alla violenza domestica, ai matrimoni precoci, a pericolose pratiche tradizionali, all’interruzione degli studi e alle migrazioni non sicure”. Più a rischio di tutti sono le bambine, che a causa della sospensione del diritto allo studio sono le più esposte a tentativi di suicidio e di autolesionismo e al deterioramento della salute mentale.
Una crisi gravissima per i diritti dell’infanzia confermata anche dal recente rapporto sulla situazione nel Paese dall’agosto 2021 al marzo 2023 pubblicato dall’UNICEF, l’agenzia delle Nazioni Unite per i bambini, che si sofferma sulle condizioni di estrema povertà nella quale versa la maggioranza dei bambini afghani, con conseguenze tragiche per la loro salute, la loro crescita, la loro educazione.
Per questo motivo, per il 2024, l’UNICEF ha lanciato un appello per 1.4 miliardi di dollari per fornire soccorso umanitario a 19.4 milioni di persone in condizioni di estrema difficoltà in Afghanistan. Secondo il rapporto con il quale l’agenzia delle Nazioni Unite ha invitato all’”Azione umanitaria per i bambini” del Paese, nel prossimo anno 23.3 milioni di persone si troveranno in una situazione di dipendenza da aiuti umanitari: di queste, 12,6 milioni saranno bambini. Soprattutto per le sequele di decenni di conflitto, gli effetti del cambiamento climatico e l’estrema crisi economica che continua a interessare l’Afghanistan. Del fondo di aiuti richiesti dall’Unicef, si legge, almeno il 30% dovrebbero essere destinati a programmi di salute e il 20% a progetti di igiene pubblica, con il resto principalmente indirizzati a servizi di educazione e protezione sociale.
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World Drug Report 2023. La cannabis è la sostanza psicoattiva più utilizzata al mondo
La relazione mondiale sulla droga 2023 rilasciata da #UNODC, l’Agenzia delle Nazioni Unite contro la droga ed il crimine con base a Vienna, mira non solo a promuovere una maggiore cooperazione internazionale per contrastare l’impatto del problema mondiale della droga sulla salute, sulla governance e sulla sicurezza, ma anche ad assistere gli Stati membri nell’anticipare e affrontare le minacce poste dai mercati della droga e nell’attenuarne le conseguenze.
Il World Drug Report 2023 è pubblicato (non è disponibile la lingua italiana) sul sito web dell’UNODC: unodc.org/unodc/en/data-and-an… mentre il “segmento” online è reperibile sul sito web all’indirizzo: www.unodc.org/unodc/en/data-and-analysis/wdr-2023-online-segment.html
LA RISPOSTA AL TRAFFICO DI STUPEFACENTI DELLE FORZE DI POLIZIA A LIVELLO GLOBALE
Le risposte delle forze dell’ordine devono tenere il passo con i modelli di business criminali sorprendentemente agili, nonché con la proliferazione delle droghe sintetiche, che sono economiche e facili da immettere sul mercato. La salute pubblica rimane la priorità nel contesto di una regolamentazione in rapido sviluppo sul controllo delle droghe, in particolare in relazione all’uso medico, e i paesi devono investire di più nella ricerca per monitorare gli effetti delle politiche e informare le risposte.
LA MINACCIA ALLA SALUTE PUBBLICA ED AI DIRITTI UMANI
Secondo il Rapporto, disuguaglianze e disparità sociali ed economiche continuano a guidare ed essere alimentate dal fenomeno della droga, minacciando la salute pubblica e i diritti umani. Le disparità tra il Nord e il Sud del mondo, tra le aree urbane e rurali e tra le sottopopolazioni contribuiscono ai danni causati dalle droghe.
I disturbi da uso di droghe e altre condizioni di salute mentale sono strettamente interconnessi: le condizioni di salute mentale aumentano il rischio di sviluppare disturbi da uso di droghe e le droghe comportano il rischio di esacerbare i problemi di salute mentale se assunte al di fuori del controllo medico. Con una stima di una persona su otto in tutto il mondo che vive con una condizione di salute mentale diagnosticata, la necessità di affrontare i problemi di salute mentale nella prevenzione e nel trattamento dell’uso di droghe è diventata sempre più una priorità.
Dinamiche regionali dell'uso delle droghe
I GIOVANI E L’USO DELLE DROGHE
I giovani rimangono il gruppo più vulnerabile all’uso di droghe. A livello globale, nel 2021, le persone di età compresa tra i 15 e i 16 anni avevano una prevalenza annuale dell’uso di cannabis del 5,34%, rispetto al 4,3% degli adulti.
In alcune regioni, i giovani sono più gravemente colpiti dal disturbo da uso di sostanze: in Africa, il 70% delle persone che ricevono un trattamento per tossicodipendenti ha meno di 35 anni. Il traffico di droga sta aggravando le minacce criminali che danneggiano le comunità vulnerabili degradando i loro diritti alla sicurezza e ai mezzi di sussistenza, nonché il diritto di vivere in un ambiente pulito, sano e sostenibile.
IL CASO DELL’AMAZZONIA
Nel bacino amazzonico, nella zona dei tre confini tra Brasile, Colombia e Perù, le organizzazioni del traffico di droga violano sempre più i diritti umani, la sicurezza e il benessere delle popolazioni rurali, includendo, in alcune aree, l’occupazione illegale della terra e il pascolo del bestiame, il disboscamento illegale, l’estrazione mineraria illegale, il traffico di fauna selvatica e altri crimini che colpiscono l’ambiente. Le popolazioni indigene e le altre comunità locali sono intrappolate nel nesso criminale nel bacino amazzonico, subendo sfollamento, avvelenamento da mercurio e altri gravi impatti sulla salute, nonché una maggiore esposizione alla violenza.
LA TRASFORMAZIONE DEI MERCATI ILLEGALI
I mercati delle droghe illegali si stanno trasformando rapidamente e, in alcune regioni, radicalmente, con le droghe sintetiche che stanno diventando sempre più dominanti. La produzione di droghe sintetiche è economica, facile e veloce. Il fentanyl, un potente oppioide sintetico, sta trasformando i mercati della droga in Nord America, contribuendo ad alti livelli di overdose tra coloro che fanno uso di droghe. Mentre il traffico e l’uso di cannabis colpiscono tutte le regioni del mondo, altri problemi legati alla droga pongono ulteriori minacce in diverse aree geografiche.
CANNABIS, STUPEFACENTE PIÙ USATO AL MONDO
Consumo di cannabis nel mondo
La cannabis rimane di gran lunga lo stupefacente più comunemente usato al mondo. Si stima che 219 milioni di persone abbiano fatto uso di #cannabis nel 2021, pari al 4% della popolazione adulta globale. Il numero di persone che fanno uso di cannabis è aumentato del 21% negli ultimi dieci anni. Il consumo di cannabis rimane il più alto in Nord America, dove il 17,4% della popolazione di età compresa tra i 15 e i 64 anni ha utilizzato la droga nel 2021. La percentuale di donne tra coloro che fanno uso di cannabis varia a seconda delle regioni e delle sottoregioni, dal 9% in Asia al 42% in Nord America (2021). Ci sono prove dell’efficacia dei cannabinoidi nel trattamento di alcune condizioni di salute, ma per molte altre condizioni le prove sono limitate. Molti paesi hanno adottato disposizioni per l’uso medico della cannabis, ma gli approcci normativi alla cannabis terapeutica differiscono ampiamente tra questi paesi.
SVILUPPI REGIONE PER REGIONE. L’EUROPA
L’Europa occidentale e centrale rimane il secondo più grande mercato mondiale di cocaina. L’anfetamina è il secondo stimolante più utilizzato nell’Europa occidentale e centrale dopo la cocaina. Le tendenze recenti indicano un aumento del consumo di metanfetamine nella regione. L’Europa rimane un importante mercato di consumo per l’“ecstasy”. Gli oppioidi rimangono il principale tipo di droga per il quale le persone sono in trattamento in Europa, ma la cannabis segue da vicino ed è più comune tra coloro che vengono trattati per la prima volta. L’uso di NPS (new psychoactive substances, quali kratom and khat) che sembra rimanere contenuto nell’Europa occidentale e centrale, sembra essere in aumento nell’Europa orientale, dove è diventato una delle principali preoccupazioni. L’Europa orientale ha la più alta prevalenza di persone che si iniettano droghe (1,3% nel 2021) e di persone che si iniettano droghe che vivono con l’HIV (25,4%) e l’epatite C in tutto il mondo.
Weekly Chronicles #59
Buon 2024 cari lettori. Nel bene e nel male, sarà una grande annata. Questo è il numero #59 delle Cronache settimanali di Privacy Chronicles, la newsletter che parla di sorveglianza di massa, crypto-anarchia, privacy e sicurezza dei dati.
Nelle Cronache della settimana:
- Aggiornamenti dal fronte: la nuova resistenza contro l’anarco-tirannia tecnocratica
- Tecnocrazia fiscale
- The Times 03/Jan/2009 Chancellor on brink of second bailout for banks
Nelle Lettere Libertarie: Aggiornamenti dal fronte: la nuova resistenza contro l’anarco-tirannia tecnocratica
Rubrica OpSec: Criptovalute: la sicurezza degli Hardware Wallet più diffusi
Aggiornamenti dal fronte: la nuova resistenza contro l’anarco-tirannia tecnocratica
La guerra contro l’anarco-tirannia è iniziata, e viene combattuta a colpi di flessibile. Il gruppo anonimo denominato Blade Runners continua nella sua guerriglia urbana contro le telecamere ULEZ (la nostra ZLT) di Londra.
Le stime più recenti contano più di 3.000 telecamere disabilitate, danneggiate o semplicemente scomparse durante il 2023. Dal fronte arrivano immagini che mostrano pali nuovi di zecca accasciati al suolo, dopo neanche 12 ore dalla loro installazione. Gli esponenti del gruppo dichiarano di voler continuare anche nel 2024 fino a quando non rimarrà più neanche una telecamera.
Anche in Italia arrivano notizie del genere. Non abbiamo gruppi con nomi evocativi come i cugini inglesi ma la lotta, pare, è altrettanto ferrata. Ad esempio, in provincia di Rovigo sono stati distrutti tutti gli autovelox, in media uno al mese. Non è chiara la ragione, ma le autorità di polizia avvertono: “attività pericolosa, si mettono a rischio vite umane”.
Nel dissociarmi da queste attività di danneggiamento di proprietà pubblica, vi dico invero che è questa la resistenza contro l’anarco-tirannia1 di cui siamo vittime più o meno consapevoli.
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La Somalia respinge l’accordo tra Etiopia e Somaliland per lo sbocco sul mare
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Pagine Esteri, 2 gennaio 2023. Lunedì l’Etiopia aveva firmato un accordo con l’autoproclamato stato del Somaliland per ottenere il tanto agognato sbocco sul mare. In cambio Addis Abeba ha promesso di essere il primo Stato a riconoscere l’indipendenza del Somaliland.
La notizia dell’intesa non è stata colta con favore dal presidente somalo Hassan Sheikh Mohamud, il quale ha immediatamente richiamato l’ambasciatore in Etiopia e il suo predecessore. La dichiarazione ufficiale di oggi è che l’accordo non viene riconosciuto in quanto non ha valore legale.
Il dialogo tra Mogadiscio e il leader del Somaliland, Muse Bihi Abdi, era ripreso proprio negli ultimi tempi. Ma la notizia dell’accordo ha scatenato le ire di Hassan Sheikh Mohamud e le conseguenze potrebbero addirittura portare a un nuovo conflitto nel Corno d’Africa.
Lo sbocco sul mare è sempre stato considerato una necessità primaria per l’Etiopia e oggi, in cambio del riconoscimento del Somaliland, l’accesso al Mar Rosso potrebbe diventare davvero possibile. Ma non senza conseguenze. Pagine Esteri
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A Gaza i morti sono 22 mila. Nuovi attacchi in Cisgiordania
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di Redazione
Pagine Esteri, 2 gennaio 2023 – All’88° giorno di attacchi israeliani su Gaza il bilancio delle vittime palestinesi nella Striscia è salito ufficialmente a 22.185, in gran parte civili.
Nelle ultime ore i bombardamenti si sono intensificati soprattutto nella parte centrale e meridionale di Gaza mentre l’esercito israeliano continua ad espandere la sua offensiva di terra anche se ha annunciato che ritirerà alcune delle sue truppe dal nord di Gaza all’interno di un piano di ridispiegamento del suo schieramento militare deciso dai comandi di Tel Aviv. “Alcune unità di riservisti torneranno a casa questa settimana, sapendo che la guerra continua e che avremo ancora bisogno di loro nel 2024” ha spiegato il portavoce delle forze occupanti Daniel Hagari.
Oggi secondo i comandi militari israeliani sarebbe morto un soldato israeliano di 21 anni, portando a 174 il bilancio ufficiale dei militari di Tel Aviv uccisi negli scontri all’interno della Striscia di Gaza dall’inizio delle operazioni di terra.
Intanto all’estremità meridionale della Striscia, a Rafah, la popolazione teme l’ingresso di forze israeliane di terra che potrebbero posizionarsi al confine con l’Egitto.
Tra i raid più sanguinosi realizzati nelle ultime ore i media palestinesi segnalano un attacco aereo israeliano che ha ucciso 15 palestinesi a Deir el-Balah, nel centro di Gaza. Secondo il Ministero della Sanità di Gaza, sono 4.156 gli studenti palestinesi uccisi dalle forze israeliane dal 7 ottobre. Negli ultimi tre mesi nel territorio occupato sono state bombardate e danneggiate almeno 381 scuole.
Le forze occupanti hanno intensificato anche gli attacchi in Cisgiordania. L’esercito israeliano ha ucciso almeno cinque palestinesi nel corso di un raid realizzato all’alba di oggi nella città di Azzun (Qalqilia), nel nord del territorio occupato.
Secondo l’agenzia di stampa palestinese Wafa stamattina una forza militare israeliana ha preso d’assalto Azzun e sono scoppiati scontri tra i giovani palestinesi e i soldati. Per disperdere i manifestanti l’esercito israeliano ha sparato granate stordenti, candelotti lacrimogeni e proiettili veri. Poi, i militari hanno circondato quattro giovani in un edificio residenziale e li hanno uccisi.
Dal 7 ottobre, giorno del blitz di Hamas contro Israele, almeno 320 palestinesi sono stati uccisi dall’esercito e dai coloni israeliani, mentre circa 5.000 sono stati detenuti illegalmente.
Anche al confine tra Israele e Libano vanno avanti gli scontri con Hezbollah.L’esercito israeliano afferma che 5 soldati sono rimasti feriti negli ultimi attacchi delle milizie sciite libanesi che invece avrebbero perso 4 combattenti. Il governo israeliano starebbe progettando la realizzazione di un muro nel nord del paese per impedire a Hezbollah di bersagliare l’Alta Galilea con i razzi anticarro.
Intanto, secondo il giornale kuwaitiano “Al Rai”, domani il segretario generale del movimento libanese, Hassan Nasrallah, dovrebbe tenere domani un discorso a proposito della crisi apertasi il 7 ottobre, in occasione del quarto anniversario dell’uccisione del comandante dei Guardiani della rivoluzione iraniani, Qassem Soleimani. – Pagine Esteri
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Raymundo
Per ciascuna delle ragioni che ha e che espone, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ci pone dei dubbi. Nella lunga intervista con cui ha chiuso l’anno, rilasciata a “Il Sole 24 Ore”, si sente il tono e si scorge il contenuto di chi è stato ministro nel governo di Mario Draghi. Il che non è in contraddizione con le origini dell’impostazione leghista, che il ministro ricorda essere la sua sola casa: Umberto Bossi pose il problema dell’ingresso della Padania nell’euro, anche ove l’Italia avesse ritardato quella scelta. Aveva senso e coerenza: basta con lo scialacquio assistenzialista, basta con le pensioni a chi non aveva lavorato abbastanza, basta con la spesa corrente improduttiva sulle spalle di chi lavora, intraprende e paga le tasse. Ma è difficile che Giorgetti non si sia accorto che la sua casa ha cambiato non soltanto arredamento ma anche indirizzo.
Al punto che, leggendo quelle sue sagge parole, è tornato alla mente un personaggio creato dalla surreale fantasia di Mario Marenco: il comandante spagnolo «catapultado» nello spazio e perso in orbita, senza più la possibilità di tornare indietro. Irrompeva ad “Alto Gradimento” e berciava: «Olè! Bastardos, cornudos! Esto è el comandante Raymundo Navarro, non te siento … abla fuerte! Ocho anos che roteo como asino vagabundo, como disgrasiados, in esto trabiculometalico. Todo esto payses internationales, todo esto payses auropeos che habencombinato esta superior y monumental vacada. No tiengo alimentos, compriende. No tiengo muchacha. Estos cornudos, chi haben combianto esto mecanismos, pieno de bucones esto colabrodo».
Dice Giorgetti che non è questione (soltanto) di patto di stabilità e regole europee: l’Italia deve ridurre il proprio mostruoso debito pubblico perché pensare di allargarlo è da drogati fuori di testa. Giusto, ma si ricorda di essere stato eletto nelle liste di un partito che chiedeva lo sfondamento del debito e del deficit? Ricorda la buffonata del deficit al 2,4%, diventato 2,04% all’epoca del primo governo Conte di cui il suo partito era pilastro? Sono le medesime persone e posizioni di oggi e ci vuole tanta fede per credere che a prevalere possa essere la linea di Giorgetti. Tanto più che ha appena finito di perdere, perché ricorda che nella bocciatura della legge di conversione del Meccanismo europeo di stabilità non si sono fatte valere obiezioni serie, fattuali ed economiche ma solo pulsioni politiche. Appunto, e lui è finito in minoranza – contemporaneamente – in Parlamento, al governo e nel suo partito. E dopo esserci finito avverte: ci saranno delle conseguenze. Eccome, magari poteva valere la pena dirlo prima.
Comunica che è stato un successo del suo negoziare l’avere posticipato al 2027 le regole più rigide di rientro dal debito: «smaltito il grosso dell’eredità superbonus». Ovvero quello che il suo partito (assieme agli altri) chiese di prolungare e non restringere, quando Draghi ci provò. Si potrebbe osservare che hanno appena varato un decreto di proroga, ma è osservazione sbagliata, perché quella è soltanto una presa in giro di Forza Italia. L’obiezione è un’altra: in attesa del 2027 il debito cala in percentuale sul Prodotto interno lordo? Nella legge di bilancio dicono di sì, ma sulla base di presupposti (crescita all’1,2%) che si sapeva essere falsi anche quando li approvavano. Dice Giorgetti: possiamo farcela, se caleranno i tassi. Il mercato già sconta quel calo, ma se quella è la sua sola speranza è segno che non crede nell’azione del governo di cui è ministro.
Il problema non è né Giorgetti (persona seria) né di Giorgetti (che se la veda lui con i leghisti che propagandano voluttuosamente la droga psichedelica del debito). Il problema è nostro perché, se all’economia presiede chi vede bene gli errori che si commettono ma non riesce a fermarli ed evitarli – acconciandosi, per rimanere in casa Arbore, a Ferrini di destra («Non capisco, ma mi adeguo») – le conseguenze non le paga lui, ma noi contribuenti e produttori.
La Ragione
L'articolo Raymundo proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
Decalogo liberale contro le ordinanze sbattute in prima pagina
In questi giorni la liaison tra alcuni pm e certi giornali, con M5s e Pd a rimorchio, si manifesta in tutta la sua solidità, e giunge al punto di capovolgere radicalmente la realtà. Penso al pubblico ministero che si spinge a sostenere che gli arrestati saranno desaparecidos della cui sorte non si potrà dare notizia, scordando che la norma prevede ben altro. O all’ex vicepresidente della Consulta, che giudica la norma incostituzionale, scordando che fino al 2017 era già così, senza che la Corte costituzionale abbia mosso censure. O a coloro che sollecitano l’Ue a intervenire, scordandosi che è proprio la direttiva europea sulla presunzione d’innocenza a chiedere agli stati una comunicazione giudiziaria rispettosa di tale principio. O a quelli che ci fanno credere che la pubblicazione di centinaia di pagine di ordinanze zeppe di brani intercettati e informative, ancor prima dell’interrogatorio, ancor prima del vaglio del riesame, ancor prima della chiusura delle indagini, sia a tutela dell’indagato, che dovrebbe così ringraziare i giornali notoriamente soliti fare il contropelo alle accuse contenute negli atti giudiziari. O al sindacato dei giornalisti che invita a disertare la conferenza stampa della premier, buttando a mare, loro sì, quel diritto di cronaca e quel diritto di essere informati che accendono e spengono a singhiozzo, secondo le convenienze del momento.
Hanno tirato in ballo la dittatura, il Medioevo, la Cina. Avere contro, con attacchi durissimi, categorie che messe insieme hanno una forza dirompente, non è facile. Ma vado avanti convinto di essere nel giusto e ne spiego le ragioni.
1. Le ordinanze di custodia cautelare emesse durante le indagini sono atti anche di centinaia di pagine dal contenuto delicatissimo; infatti, per motivarle, i giudici vi inseriscono testi di intercettazioni telefoniche, verbali di sommarie informazioni, riferimenti espliciti a relazioni di polizia giudiziaria ed espressioni nette sulla colpevolezza dell’indagato come “capacità criminale” o altre analoghe, in linea con la prospettazione accusatoria;
2. Le ordinanze cautelari che intervengono durante le indagini preliminari – a differenza di ogni altro atto di indagine preliminare che, anche se non più “segreto” perché notificato al destinatario, non è mai pubblicabile alla lettera – sono subito pubblicabili integralmente, dalla A alla Z, sui giornali o sul web; così queste ordinanze vengono distribuite ai giornalisti direttamente dal pm. Spesso in rete si trovano i pdf di questi atti. Con il paradosso che i cronisti, alla luce della direttiva europea, possono ottenere sobri comunicati stampa dal procuratore capo, ma riportare integralmente un atto giudiziario lungo come un libro;
3. Le ordinanze di custodia cautelare sono quindi pubblicabili integralmente e “alla lettera” addirittura prima del vaglio del Riesame e della Cassazione che talvolta le annullano;
4. Il codice di procedura penale aveva ben chiari questi e altri aspetti e vietava la pubblicazione integrale delle ordinanze cautelari. Oggi è consentita per effetto di una modifica dell’articolo 114 Cpp intervenuta nel 2017; ancora oggi la maggioranza degli atti di indagine preliminare, anche se “notificati”, non sono pubblicabili integralmente;
5. I pm, anche contando sul fatto che le ordinanze di arresto sono pubblicabili “tra virgolette”, arricchiscono le loro richieste con particolari “coloriti” o con brani di intercettazioni “a effetto”, che il gip spesso riporta pedissequamente; così dribblano la norma sulla comunicazione sobria e ottengono il clamore mediatico, condizionando l’opinione pubblica; non escludo che taluni scelgano la strada dell’ordinanza di custodia cautelare proprio per il suo regime mediatico;
6. Le ordinanze di custodia cautelare contengono solo le accuse; la voce della difesa non c’è, perché la difesa al limite ricorrerà quando saranno già su tutti i giornali;
7. E’ evidente che una persona schiacciata da un simile “peso” reso pubblico con centinaia di pagine di motivazioni, quand’anche ottenesse, dopo settimane, l’annullamento dal riesame o, dopo mesi, l’archiviazione non riuscirebbe a capovolgere il racconto. Peggio ancora se arrivasse un’assoluzione dopo anni;
8. L’ordinanza di custodia cautelare è un atto del procedimento penale indirizzato a una persona che è presunta innocente; la direttiva europea stabilisce che la comunicazione giudiziaria deve essere rispettosa della presunzione di innocenza. Pubblicare alla lettera le ordinanze piene di accuse non vagliate dal Riesame o dalla Cassazione, durante le indagini, ancor prima che la persona sia interrogata e la difesa esponga le sue argomentazioni, entra in contrasto con la presunzione di innocenza;
9. Le oltre 30 mila persone arrestate ingiustamente dal 1992 a oggi (in realtà molte di più, quasi 100 mila, perché molte non hanno richiesto o ottenuto il risarcimento) hanno tutte ricevuto un’ordinanza di custodia cautelare e poi, dopo anni, la riparazione per ingiusta detenzione;
10. Un conto è pubblicare una notizia sull’indagine dando conto delle contestazioni e delle misure cautelari, spiegando gli addebiti, altro è pubblicare un libro fitto di particolari ancora tutti da verificare in piena fase di indagini preliminari, alimentando giornali che campano di marketing giudiziario.
In conclusione, la norma approvata dalla Camera è un giusto bilanciamento tra il diritto di cronaca, il diritto di essere informati e la presunzione di innocenza. Se per molti magistrati gli indagati sono solo “numeri”, se per alcuni giornalisti sono solo “notizie”, per un liberale sono persone in carne e ossa, che spesso si rivelano innocenti, ma anche quando non lo sono hanno il diritto a essere giudicate dal tribunale e non sulla piazza o sulla stampa.
E lo stato, quando chiama qualcuno a rispondere di un reato, ha il dovere di garantire che se quella persona ne esce da innocente, abbia la stessa reputazione e immagine che aveva prima di entrare nell’ingranaggio giudiziario. E oggi quell’ordinanza sbattuta in prima pagina è una macchia indelebile. Il marketing giudiziario è quanto di più illiberale, arbitrario, incivile.
Finché avrò voce difenderò questa norma approvata dalla Camera, e ringrazio i tanti che lo fanno al mio fianco.
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VIDEO BEIRUT. Leader di Hamas ucciso da un’esplosione
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BREAKING NEWS
Pagine Esteri, 2 gennaio 2023. Pochi minuti fa nell’area meridionale della di città di Beirut in Libano, un’esplosione improvvisa, probabilmente esito dell’attacco di un drone, ha causato la morte di diverse persone.
Tra di loro Saleh al-Arouri, importante leader di Hamas. La notizia è stata confermata dal movimento libanese Hezbollah, che accusa Israele di aver eseguito un omicidio mirato. Tel Aviv si rifiuta di commentare l’accaduto ma politici e vari portavoce del governo hanno espresso grande soddisfazione
Saleh al-Arouri, il leader di Hamas ucciso in un attacco a Beirut
Saleh al-Arouri, 57 anni, era considerato il leader di Hamas in Cisgiordania. 57 anni, era stato rilasciato nel 2010, dopo aver scontato diversi anni nelle carceri israeliane. Sposatosi a Beirut, molto vicino a Hezbollah, seguiva dal Libano le operazioni militari di Hamas in Cisgiordania. Insieme a lui, nella violenta esplosione che ha colpito l’edificio nel quale si trovava, sarebbero morte almeno altre 4 persone.
Al-Arouri controllerebbe un gruppo militare di Hamas presente in Libano.
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SEGUONO AGGIORNAMENTI.
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Cerimonia conclusiva della XIll edizione della Scuola di Liberalismo FLE di Messina
Introduzione
Ing. GIOVANNI MICELI (Presidente «ll Circolo»)
Prof. PIPPO RAO (Direttore Generale SaL Messina)
Prof. GIUSEPPE GEMBILLO (Direttore Scientifico SaL Messina)
Ing. EDOARDO MILIO (Responsabile Relazioni istituzionali SdL Messina)
Salut istituzionali
Dott. FEDERICO BASILE (Sindaco di Messina)
Prof. GIUSEPPE GIORDANO (Prorettore Vicario Università Messina)
Consegna attestati speciali
Dott. LINO MORGANTE (Presidente Fondazione Bonino-Pulejo)
Prof. GIOVANNI MOSCHELLA (Ordinario di Istituz. di Diritto Pubblico – Università Messina)
Ricordo del Sen. Prof. Vincenzo Michele Trimarchi
Prof. FRANCESCO VERMIGLIO (già Ordinario di Economia Aziendale – Università Messina)
Premiazione dei vincitori delle cinque borse di studio stanziate dalla Fondazione Bonino-Pulejo, dalla Fondazione Luigi Einaudi e dal Coordinamento messinese della Fondazione Luigi Einaudi (quattro intitolate a Vincenzo Michele Trimarchi, una intitolata a Giuseppe Scibilia)
Interventi
On. Avv. ENZO PALUMBO (Membro Dipartimento Giustizia Fondazione Luigi Einaudi)
Prof. MARIO TRIMARCHI (già Ordinario di Diritto Privato e Diritto Civile – Università Messina)
Prof. ANGELO MICELI (Dirigente scolastico Liceo Paritario «Empedocle»)
Ing. Prof. LETTERIO SCIBILIA (Docente IS «Verona-Trento»)
Presidenti Ordini Professionali di Messina (Architetti, Avvocati, Ingegneri, Medici, Notai)
Conclusioni
Sen. ANDREA CANGINI (Direttore Generale Fondazione Luigi Einaudi)
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Ricordo modesto e insufficiente di Ezechia Paolo Reale
Il ricordo di Ezechia Paolo Reale da parte del nostro componente del Consiglio di Amministrazione, Andrea Pruiti Ciarello
Ho conosciuto Ezechia Paolo Reale otto anni fa. L’ho conosciuto come politico di area liberale, perché aveva aderito al movimento Energie Per l’Italia, fondato da Stefano Parisi, che lui aveva scelto di aiutare a crescere nella formazione di una grande area di centro liberale-popolare, anticipando di qualche anno i tempi della politica italiana. Di Paolo, così l’ho sempre chiamato, apprezzai immediatamente la raffinata intelligenza, l’eloquio forbito e fluente, la lucidissima capacità di analisi e soprattutto la grande onestà, intellettuale, etica e politica.
Paolo aveva una dote eccezionale, quella di non risparmiarsi mai nell’attivismo per le cause nelle quali credeva e che decideva di sposare. Così nel 2016, quando con Giuseppe Benedetto e Davide Giacalone, fummo chiamati a guidare la Fondazione Luigi Einaudi, non esitai un istante a segnalare il suo profilo quale autorevole componente del comitato scientifico, nel settore della Giustizia e dei Diritti Umani. Settori nei quali Paolo era già un gigante, riconosciuto a livello internazionale, sia per la sua professione di avvocato (dal 2008 era abilitato alla difesa davanti alla Corte Penale Internazionale e dal 2016 era membro della International Criminal Court Bar Association – ICCBA), sia per l’attività scientifica e politica che portava avanti con il suo “Siracusa International Institute for Criminal Justice and Human Rights”, con il quale occupava un seggio consultivo presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite.
Paolo è sempre stato protagonista di tutte le attività scientifiche, giuridiche e politiche che la Fondazione Luigi Einaudi ha portato avanti dal 2016 ad oggi. Attore ostinato e coerente, a difesa delle libertà individuali e propugnatore di un modello di cittadinanza attiva e consapevole, nel quale l’effettività dei diritti individuali costituiva il parametro di valutazione politica dell’ordine democratico.
Così Paolo, ad aprile 2020, scelse di impegnarsi in prima persona in quella battaglia di libertà per la pubblicazione dei verbali del Comitato Tecnico Scientifico, che il Governo guidato da Giuseppe Conte si ostinava a tenere segreti. Una battaglia per il diritto alla Conoscenza, che ci vide vittoriosi e che restituì ai cittadini italiani quel diritto all’informazione, previsto nella Costituzione, che tuttavia aveva trovato una battuta d’arresto autoritaria.
Paolo conduceva già da cinque anni, a livello internazionale, un’intensa attività per il riconoscimento del diritto alla Conoscenza, quale nuovo diritto umano. Nel 2021, grazie al suo impegno, l’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa approvò una raccomandazione rivolta agli stati membri ad adottare una serie di misure attraverso le quali rendere concreto il diritto alla conoscenza.
Oggi Paolo se n’è andato, ha lasciato questa terra, nella quale è stato un gigante, nel corpo e nello spirito. Per un uomo come Paolo, non vi può essere forma di ricordo più nobile e gradita di proseguire le sue azioni. Le sue idee sono cristallizzate in innumerevoli scritti e interviste, che costituiscono un’eredità spirituale, che noi vogliamo raccogliere e portare avanti, con i nostri modesti mezzi intellettuali, ma con la medesima gioia ed entusiasmo che Paolo riusciva a trasmettere.
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Daniel Defoe – Diario dell’anno della peste
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