Le cacche democratiche UE si fanno sempre riconoscere.
Le solite armi dell'UE costringono Orban alla resa - Davide Rossi Paolo Borgognone
I temi politici forti di questi giorni sono il premier ungherese Orban costretto alla fine ad allinearsi a Bruxelles sul sostegno economico all’Ucraina. Il Financial Times aveva svelato i giorni scorsi il piano dell’UE per sabotare l’economia ungherese nel caso Budapest non si fosse adeguata alla volontà degli altri Paesi dell’Ue di destinare ulteriori 50 miliardi di euro all’Ucraina. L’altro tema forte è il fortilizio dell’Unione Europea, il tempio dei burocrati, Bruxelles violata per la prima volta dalle proteste degli agricoltori. La von der Leyen inizia a trattare: su cosa? Nel nostro appuntamento della scorsa settimana era stato quasi profeticamente rivolto un appello agli agricoltori che stavano già manifestando da alcuni giorni: “Non cadete nel tranello della von der Leyen”
ivdp.it/14050-2/
Difesa antiaerea, nuove batterie Samp/T Ng per l’Esercito
Mentre le forze armate di tutto il continente continuano ad aggiornare le loro difese missilistiche, l’Esercito italiano aumenterà i suoi Samp/T Ng, i sistemi di difesa aerea sviluppati da Thales e MBDA, grazie al contratto firmato dall’Organizzazione europea per la cooperazione in materia di armamenti (Occar) per quattro sistemi. Il contratto prevede anche l’aggiornamento dei missili di difesa aerea Aster per l’Esercito e la Marina militare italiana, prepara la futura produzione in serie di sistemi Samp/T Ng per l’aeronautica militare francese e copre l’acquisto da parte del Regno Unito di ulteriori attrezzature per l’aggiornamento di metà vita dei suoi intercettori Aster.
La necessità strategica
L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha creato l’urgenza tra i Paesi europei di rafforzare la difesa aerea e di sostituire i sistemi donati all’Ucraina. Come ha dichiarato l’Occar in merito al nuovo contratto, il contesto globale “dimostra l’importanza di fornire sistemi di difesa aerea aggiornati per essere in grado di affrontare minacce sempre più impegnative”. A luglio l’Occar ha firmato un emendamento al contratto quadro di difesa aerea missilistica, noto con l’acronimo combinato franco-italiano Fsaf-Paams, per l’acquisto di cinque sistemi Samp/T Ng per l’Aeronautica militare, per un valore di circa settecento milioni di euro.
Il sistema Samp/T Ng
Il Samp/T Ng è un sistema missilistico terra-aria sviluppato a partire dai primi anni 2000 nell’ambito del programma italo-francese Fsaf (Famille de Sol-Air Futurs, cioè Famiglia di Sistemi superficie aria) dal consorzio europeo Eurosam (formato da Mbda Italia, Mbda Francia e Thales). Come si legge sul sito dell’Esercito italiano, il Samp/T “nasce dall’esigenza di disporre di un sistema missilistico a media portata idoneo a operare in nuovi scenari operativi, prioritariamente caratterizzati da driving factors quali ridotti tempi di reazione contro la minaccia aerea, elevata mobilità e possibilità di adeguare il dispositivo secondo tempi commisurati alla dinamicità della manovra”. Inoltre, l’attuale versione del sistema ha capacità di avanguardia nel contrasto delle minacce aeree e dei missili balistici tattici a corto raggio. Ha un raggio di rilevamento di oltre 350 chilometri e un raggio di intercettazione di oltre 150 chilometri e può ingaggiare più bersagli contemporaneamente. Il sistema utilizza il missile Aster di MBDA, un intercettore a due stadi da 450 chili con una lunghezza di circa cinque metri che può raggiungere Mach 4,5 ed è in grado di effettuare manovre ad alta velocità.
La conformazione delle batterie
La batteria Samp/T è costituita dai seguenti moduli: il modulo di ingaggio costituisce l’elemento dove si esercita il controllo tattico del sistema; nel modulo di comando si esercita la pianificazione della missione, la supervisione della missione in corso e il coordinamento del supporto logistico; il radar multifunzione Arabel 90 effettua la scoperta, l’acquisizione, l’identificazione e l’inseguimento del bersagli a 360 gradi; il modulo gruppo elettrogeno viene utilizzato per alimentare il radar; è caratterizzato dalla presenza di un doppio gruppo elettrogeno al fine di garantire la continuità di esercizio; il modulo lanciatore terrestre è equipaggiato con otto missili Aster30; il missile di tipologia a lancio verticale con guida terminale a seeker attivo; il modulo ricarica terrestre impiegato per effettuare le operazioni di caricamento e scaricamento delle celle dei missili sul lanciatore. Un sistema SAMP/T NG completo comprende fino a sei lanciatori, che in genere richiedono venti membri dell’equipaggio. Ogni lanciatore può sparare i suoi otto missili in circa dieci secondi.
L’impiego operativo
L’Esercito italiano ha attualmente in dotazione cinque batterie. Dall’entrata in servizio del sistema nel 2013, sono state impiegate in molteplici attività operative e addestrative. In particolare, fra il 2015 ed il 2016 un’unità Samp/T è stata schierata a Roma per la sorveglianza dei cieli della capitale in occasione del Giubileo straordinario della Misericordia; contemporaneamente una seconda batteria ha operato in Turchia nell’ambito dell’operazione Nato “Active Fence” dal giugno 2016 al dicembre 2019, garantendo la sorveglianza, 24 ore su 24, della città di Kahramanmaras, sul confine Sud-Est dell’Alleanza Atlantica, contro missili balistici tattici provenienti dal territorio siriano. Ogni anno le batterie Samp/T hanno preso parte al principale evento esercitativo della Difesa, la Joint Stars presso il Poligono interforze di Salto di Quirra in Sardegna, dove hanno dimostrato la piena interoperabilità coi sistemi di difesa aerea nazionale anche in presenza di Electronic Warfare. Inoltre il Samp/T è stato inserito nel programma Nato “Active Layered Theatre Ballistic Missile”, nato con la finalità di realizzare la difesa di aree o di obbiettivi vitali di interesse dell’Alleanza dalla minaccia missilistica. Infine, è stato recentemente approvato lo schieramento di una batteria Samp/T in Kuwait nell’ambito dell’Operazione Inherent Resolve.
imolaoggi.it/2024/02/02/democr…
Perché c’è bisogno della Scuola di Liberalismo della Fondazione Einaudi
Mai come oggi c’è bisogno di cultura liberale, mai come oggi c’è bisogno della Scuola di Liberalismo della Fondazione Luigi Einaudi. La prima lezione, sul pensiero economico di Adam Smith, sarà tenuta il 22 febbraio dal professore Lorenzo Infantino; l’ultima, sul sistema politico italiano, sarà tenuta il 6 giugno dal professore Sabino Cassese. Tra la prima e l’ultima, altre 13 lezioni, sempre di giovedì, sempre dalle 18, sempre seguite da un libero confronto tra il relatore e gli iscritti presenti.
Il livello delle docenze è decisamente alto, la scelta dei singoli tempi particolarmente calzante sull’attualità. Ad esempio: Angelo Panebianco parlerà di “Liberalismo, commercio e geopolitica”, Davide Giacalone del mancato “tramonto dell’Occidente”, Andrea Margelletti della “Tenuta dei sistemi democratici rispetto alla sfida delle dittature”, Francesco Petrelli della “Concezione liberale del diritto penale”, Martina Dlabajova di “Imprese e concorrenza in Europa”, Luigi Marattin di “Concorrenza e liberalizzazioni come strumento per accrescere il benessere collettivo”…
Quindici lezioni il cui senso generale è, crediamo, ben riassunto nel titolo che abbiamo voluto dare quest’anno alla Scuola: “Il dubbio, la formazione, il merito”. Si può assistere in presenza, presso l’Aula Malagodi della Fondazione Luigi Einaudi in via della Conciliazione 10 a Roma, o a distanza. Crediamo sia un servizio utile. Lo è sempre stato, vista la naturale inclinazione di noi italiani ad affidarci a fedi, ideologie e capi piuttosto che a coltivare la conoscenza, a tutelare le libertà personali ed economiche, a sviluppare sia il senso di responsabilità individuale sia lo spirito critico su cui si fonda una società aperta e liberale. Lo è particolarmente in quest’epoca: un’epoca dominata dalle emozioni, dalla superficialità e da vane speranze salvifiche. Un’epoca in cui la propaganda ha subornato la Politica, rendendola di fatto impotente.
Per iscriversi www.fondazioneluigieinaudi.it/scuola-di-liberalismo/
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Indagine sul Fediverso: i risultati del nostro sondaggio – 1a parte
Dopo la premessa introduttiva, iniziamo a presentare le prime considerazioni sui risultati del nostro sondaggio sul Fediverso. In questo post analizzeremo soprattutto gli aspetti generali, ma ricordiamo che i dati in questione non possono avere un significativo valore statistico, perché il campione di riferimento è stato condizionato dall’accesso ai nostri canali informativi (il blog e gli account…
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Sorveglianza aerea nel mar Rosso. Cosa sono (e cosa fanno) i G550 Caew
Raccolta informazioni, sorveglianza aerea, intelligence e guerra elettronica. Sono solo alcune delle capacità espresse dai Gulfstream G550 Caew (Conformal airborne early warning), il velivolo per missioni speciali dell’Aeronautica militare che potrebbero prendere parte alla missione Aspides che l’Unione europea metterà in campo nel mar Rosso. Ad annunciarlo è stato lo stesso ministro della Difesa, Guido Crosetto, nel corso dell’audizione alle commissioni Difesa di Camera e Senato nel corso della quale ha illustrato i dettagli della missione Ue a cui l’Italia parteciperà con una nave per dodici mesi. E forse anche con assetti aerei come i droni e, appunto, i G550.
Gulfstream G550 Caew
I G550 Caew sono velivoli all’avanguardia per la sorveglianza con capacità di comando e controllo, in grado di verificare l’impermeabilità dello spazio aereo alleato e di allertare la difesa aerea nel caso di minaccia. Come spiega la stessa Aeronautica, il velivolo è un “sistema multi-sensore con funzioni di sorveglianza aerea, comando, controllo e comunicazioni, strumentale alla supremazia aerea e al supporto alle forze di terra”. Si basa su una versione modificata dell’aereo commerciale Gulfstream G550, dove vengono montati i vari sistemi di monitoraggio che lo trasformano in un vero e proprio sensore volante all’avanguardia. Il sistema di missione è composto da un radar phased array, un sistema Identification friend or foe (Iff) a 360º (capace di distinguere tra oggetti amici, nemici o neutrali), un moderno sistema di supporto elettronico e un sistema avanzato di comunicazioni. In particolare, l’aereo è in grado di fondere insieme le informazioni ottenute dai singoli sensori, che vengono analizzate in modo automatico, garantendo una rapida e accurata acquisizione e identificazione degli obiettivi.
Monitoraggio navale
L’immagine tattica dello spazio aereo ottenuta viene validata dagli operatori di missione e può essere disseminata in maniera sicura e tempestiva ai centri di comando sulla superficie grazie a un potente sistema datalink. In particola, il sistema di missione ha la capacità di condurre missioni sia di Battlefield management sia di Maritime patrol, fondamentale per lo scenario dove si intende impiegarlo, grazie alla compatibilità con i sistemi del personale impiegato sulla superficie del mare, mediante la trasmissione anche video di immagini utili all’interpretazione dell’ambiente in cui si sta operando.
La collaborazione con Israele
In dotazione al 14° Stormo dell’Aeronautica militare, i mezzi sono stati acquistati nel 2012 dall’israeliana Israel aerospace industries (Iai) e attualmente la Forza armata ne ha a disposizione due, con un’altra coppia ordinata nel 2022. Gli apparecchi, dotati di sistemi all’avanguardia nel campo della raccolta informativa, rappresentano un asset sempre più indispensabile per l’architettura difensiva nazionale e alleata, consentendo di ottenere la superiorità informativa dello spazio operativo in grado di permettere ai vertici militari e politici di prendere le decisioni migliori, in maniera tempestiva ed efficace.
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Elicotteri next-gen. La Nato sceglie le architetture modulari di Lockheed Martin
Un’architettura innovativa, capace di integrare gli elicotteri della Nato di prossima generazione con gli altri mezzi e velivoli attualmente in servizio nei diversi domini operativi militari. È il principio del sistema Open system architecture (Osa) di Lockheed Martin selezionato dalla Nato per studiare il proprio programma Ngrc (Next generation rotorcraft capability), che vede tra i Paesi partecipanti, Gran Bretagna, Italia, Francia, Germania, Paesi Bassi, Grecia, con Stati Uniti e Canada come osservatori. A metà del 2022 i sei Paesi hanno siglato un memorandum d’intesa per lavorare insieme allo sviluppo del progetto con 26,7 milioni di euro allocati. Il progetto Ngrc ambisce a sviluppare un velivolo capace di raggiungere velocità, distanze, e altezze superiori ai modelli attuali, capace di operare nello spettro elettromagnetico con manovrabilità mai raggiunte e di penetrare i sistemi di difesa avversari (A2/AD), anche attraverso l’inter-connettività (multi-dominio) e l’uso dei droni lanciati dagli stessi elicotteri (Air launched effects).
Il nuovo elicottero della Nato
L’Alleanza Atlantica sta attualmente delineando lo studio concettuale per il programma Ngrc, il quale, a partire dal giugno 2022, sta seguendo uno sviluppo in cinque fasi distribuite nell’arco di tre anni. I cinque requisiti base, decisi per il programma Ngrc, stabiliscono che la piattaforma non superi i 35 milioni di euro per unità, con un costo per ora di volo compreso tra i cinque e i diecimila euro. Tali parametri, inoltre, devono essere raggiunti con il minimo di configurazioni diverse, così da ridurre i costi stessi del programma. Nel dettaglio, finora non sono ancora stati fissati requisiti dettagliati per l’Ngrc, ma nel maggio 2021 è stato rilasciato un elenco di “attributi”, tra i quali si prevedono un’autonomia senza rifornimento di novecento miglia nautiche (1.650 chilometri) e una gamma di velocità di crociera, di gran lunga superiori agli elicotteri tradizionali.
Open system architecture
La soluzione Open system architecture di Lockheed Martin permetterà alla Nato di comprendere meglio come accelerare gli aggiornamenti tecnologici necessari per le nuove piattaforme, attraverso un sistema che permetterà ai nuovi elicotteri di scambiare rapidamente informazioni tra sensori diversi e garantirà al contempo ai sistemi di nuova generazione di comunicare ed operare con le cosiddette piattaforme legacy, quelle cioè attualmente in servizio. L’obiettivo è creare un sistema di sistemi all’interno del quale le piattaforme lavorano insieme e condividono le informazioni, in modo da creare una visione completa del quadro operativo, consentendo operazioni congiunte in ogni dominio.
La proposta di Lockheed Martin
La società americana, inoltre, sempre nel contesto del programma Ngrc, ha offerto la sua proposta per lo sviluppo di un nuovo elicottero di medio tonnellaggio, il Next generation fast helicopter (Ngfh) basato sulla tecnologia X2 attualmente in gara negli Stati Uniti nel programma del Future vertical lift (Fvl) Questa tecnologia è basata su un doppio rotore coassiale rigido, unitamente ad un propulsore, in grado di far raggiungere all’elicottero velocità superiori ai quattrocento chilometri orari ed elevati livelli di agilità e manovrabilità. Il velivolo proposto da Lockheed sarebbe una macchina modulare e multiruolo, bimotore, a metà strada tra il più piccolo elicottero da ricognizione e attacco RaiderX e quello più grande pensato per il trasporto truppe d’assalto DefiantX.
“La lunga esperienza di Lockheed Martin in Open System Architecture (OSA) – ha detto Luigi Piantadosi, direttore del programma Future vertical lift internazionale – aiuterà la Nato a comprendere meglio come abilitare rapidi upgrades, cioè una integrazione rapida di software, sensori, sistemi e sotto-sistemi così da garantire sempre la possibilità di scambiare informazioni e creare un quadro completo della situazione operativa, elemento chiave per le Joint all-domain operations. L’introduzione della Open system architecture rappresenta una vera e propria rivoluzione nel design degli elicotteri, sin dall’inizio della loro progettazione, garantendo ai sistemi presenti e futuri di essere integrati e facilmente aggiornati, quindi mantenendo con facilità e costi nettamente più contenuti, rispetto ai sistemi attuali, la rilevanza operativa del sistema d’arma per tutto il suo ciclo di vita”.
GAZA. Le immagini della devastazione e la distruzione delle case per impedire il ritorno dei profughi
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Pagine Esteri, 2 febbraio 2024. Un’indagine del quotidiano inglese The Guardian, utilizzando immagini satellitari e video open source, ha messo insieme prove visive della terribile devastazione della Striscia di Gaza dopo 119 giorni di bombardamenti. Le zone distrutte o danneggiate ricoprono la maggior parte della cartina geografica.
È possibile visionare il “prima e dopo” di diverse aree e quartieri che sono stati non solo danneggiati dai bombardamenti ma successivamente appiattiti e livellati dalle ruspe dell’esercito israeliano. I militari hanno cambiato la geografia dei luoghi creando crateri, avvallamenti, sentieri militari e livellando campi sportivi, terreni agricoli, cimiteri, interi quartieri residenziali.
A Beit Hanoun, ad esempio, una città nel nord-est di Gaza circondata da terreni agricoli che nel 2017 ospitava circa 50.000 persone, un quartiere residenziale con più di 150 edifici è stato appiattito. Una scuola delle Nazioni Unite è stata fatta saltare in aria, gli ospedali sono stati distrutti o gravemente danneggiati. Si stima che almeno il 39% dei terreni agricoli del nord della Striscia sia stato distrutto.
Particolare Beit Hanoun – PRIMA
Particolare Beit Hanoun – DOPO
I bombardamenti e l’invasione di terra dell’esercito non solo hanno costretto 1,9 milioni di persone a lasciare le proprie case, divenendo sfollati, ma di fatto ne impediscono il ritorno. La distruzione deliberata, completa o parziale delle abitazioni, viene utilizzata in guerra proprio per rendere impossibile il ritorno dei profughi. Alcuni esperti hanno coniato per questo il termine “domicidio” e chiesto che l’azione venga legalmente riconosciuta come strumento e crimine di guerra.
Non solo le abitazioni ma anche le università, le moschee, i supermercati sono stati letteralmente distrutti. I bulldozer sono entrati anche negli stadi di calcio, rendendoli completamente inutilizzabili. Grandi e piccoli cimiteri sono stati appiattiti dalle ruspe che hanno distrutto le lapidi, schiacciato e mischiato i resti dei defunti, rendendo impossibile recuperare le ossa.
L’analisi dei dati satellitari di Corey Scher della City University di New York e Jamon Van Den Hoek dell’Oregon State University rivela che tra il 50% e il 62% di tutti gli edifici di Gaza sono stati danneggiati o distrutti. Ma la stima potrebbe essere ottimistica: la distruzione totale è più semplice da individuare dalle immagini ma è quasi impossibile stabilire il numero degli edifici danneggiati quanto l’entità stessa dei danni.
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“Dheisheh resiste”, una campagna a sostegno del campo profughi palestinese
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Pagine Esteri, 2 febbraio 2024. Dopo il 7 ottobre la vita per i palestinesi in Cisgiordania è diventata ancora più complicata, soprattutto per coloro che vivono all’interno dei campi profughi. La povertà ha raggiunto livelli preoccupanti, la situazione umanitaria continua a peggiorare. Associazione Ya Basta! Êdî bese! e ACS italia hanno lanciato la campagna Dheisheh Resiste, per realizzare progetti e azioni di sostegno a supporto della popolazione del campo profughi palestinese. Di seguito il comunicato stampa relativo all’iniziativa:
Dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023 e l’inizio della durissima rappresaglia dell’esercito israeliano, appoggiata dalle principali forze occidentali, la Palestina è sprofondata in una crisi gravissima. Mentre nella Striscia di Gaza è in corso un genocidio e un’emergenza umanitaria senza precedenti, violenze indiscriminate stanno avendo luogo in tutti i territori palestinesi occupati. Ancora una volta, i campi profughi diventano i bersagli più colpiti. La situazione del campo di Dheisheh, da sempre difficile, si sta facendo ogni giorno più critica.
Mentre a Gaza gli aiuti umanitari vengono bloccati al confine o in molti casi saccheggiati per essere rivenduti al mercato nero, in Cisgiordania molte organizzazioni umanitarie internazionali hanno sospeso i loro programmi e vengono continuamente ostacolate dalle autorità israeliane che annullano visti di lavoro e impediscono l’ingresso degli operatori nei territori occupati.
La nostra priorità è quella di garantire alle fasce più vulnerabili della popolazione del campo l’accesso a cibo, prodotti igienici e farmaci, che sono diventati sempre più costosi e difficili da ottenere a causa delle restrizioni di movimento, delle incursioni dell’esercito e delle difficoltà economiche.
Stiamo lavorando direttamente con le organizzazioni attive nel campo di Dheisheh, coordinate dal Comitato Popolare del campo. Abbiamo individuato insieme i bisogni e fissato i primi obiettivi. Le esigenze tuttavia sono ben maggiori e sempre di più: con Il vostro contributo riusciremo ad ampliare ulteriormente la nostra platea di beneficiari.
- Distribuzione pacchi alimentari: 150 famiglie del campo riceveranno periodicamente un pacco con generi di prima necessità.
- Fondo emergenza: 100 persone del campo che devono affrontare urgenti spese in materia di assistenza legale, medica o scolastica, verranno supportate economicamente in base alle necessità.
- Cash for work: 30 persone che hanno perso il lavoro a causa del blocco israeliano riceveranno un’equa retribuzione per svolgere attività a servizio della comunità del campo
Sostieni e condividi il crowdfunding: dona ora su Produzioni dal basso -> https://sostieni.link/35244
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#NoiSiamoLeScuole questa settimana racconta dell’IIS “Giordani” di Caserta che con i fondi #PNRR dedicati alla #scuola 4.0 sta realizzando aule e laboratori innovativi.
Qui tutti i dettagli ▶️ miur.gov.
Ministero dell'Istruzione
#NoiSiamoLeScuole questa settimana racconta dell’IIS “Giordani” di Caserta che con i fondi #PNRR dedicati alla #scuola 4.0 sta realizzando aule e laboratori innovativi. Qui tutti i dettagli ▶️ https://www.miur.gov.Telegram
Taiwan Files – Han Kuo-yu del Guomindang alla guida dello Yuan legislativo
I nuovi equilibri in paramento complicano le letture semplicistiche del voto del 13 gennaio. Reazioni alle urne e manovre di Taipei, Pechino e Washington. Tsai all'isola di Taiping? Una questione politica e identitaria. Tuvalu molla Taipei? Il dossier energetico. Macchine taiwanesi per le armi russe. Il dossier energia. Microchip. Addio al nonno arcobaleno. La rassegna di Lorenzo Lamperti con notizie e analisi da Taipei (e dintorni)
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Ucraina. «A Kiev regna la disperazione»
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di Marco Santopadre*
Pagine Esteri, 2 febbraio 2024 – A quasi due anni dall’invasione russa, le speranze dell’Ucraina di uscire vincitrice dalla guerra con Mosca sono ridotte al lumicino, e nei palazzi del potere di Kiev regna «un senso di disperazione».
Lo scrive in una lunga e dettagliata analisi il “Washington Post”, secondo cui l’Ucraina sta faticando a ottenere dai suoi sponsor occidentali il sostegno militare ed economico necessario a fronteggiare un’offensiva di Mosca che nelle ultime settimane ha portato alla perdita di altri territori in Donbass e nell’oblast di Kharkiv.
Nei giorni scorsi il presidente Volodymyr Zelensky ha realizzato un ennesimo tour delle capitali occidentali alla ricerca di nuovi aiuti, in un clima segnato – ricorda il quotidiano statunitense – «dal crescente affaticamento internazionale nei confronti del conflitto e dalla paralisi del Congresso Usa sullo stanziamento di ulteriori fondi per Kiev».
Un anno difficile
Il “Washington Post” riporta che i funzionari statunitensi e occidentali prevedono un anno difficile per l’Ucraina e sollecitano quindi Kiev a preservare le sue forze armate, esauste dopo mesi di combattimenti, e a consolidare le difese piuttosto che a tentare improbabili e dispendiose offensive per riconquistare i territori perduti.
La scorsa settimana il Pentagono «si è presentato a mani vuote» all’incontro di coordinamento mensile tra i 50 paesi che sostengono militarmente l’Ucraina. Infatti Washington ha esaurito a dicembre il grosso dei fondi finora stanziati dal Congresso per supportare Kiev e il governo non è stato in grado di sbloccarne di nuovi a causa dell’opposizione repubblicana.
Al fronte – prosegue il quotidiano – «i rapporti indicano che le scorte di munizioni e proiettili d’artiglieria scarseggiano» mentre la Russia è riuscita ad aumentare la produzione interna e ad assicurarsi nuove scorte grazie alla collaborazione dei suoi partner.
«Al momento, tutto indica che quest’anno avremo a disposizione meno proiettili dello scorso anno, quando abbiamo tentato una controffensiva che non ha funzionato. In questo caso non potremo che limitarci alla difesa» ha dichiarato al WP il parlamentare ucraino Roman Kostenko.
Soldati ucraini in trincea
Washington: “impegnare la Russia senza avanzare”
Ma non sono solo le divisioni tra repubblicani e democratici a penalizzare Kiev. Lo stesso governo statunitense – conferma ancora il quotidiano statunitense – avrebbe deciso di limitare i propri aiuti, puntando a evitare che l’Ucraina resista agli attacchi russi senza però prevedere che il paese possa liberare i territori annessi da Mosca. Secondo le fonti del quotidiano, la nuova strategia della Casa Bianca sarebbe il frutto «dei risultati deludenti delle controffensiva ucraina dell’anno scorso». «È abbastanza chiaro che sarà difficile per Kiev cercare di mettere in campo lo stesso genere di spinta forte su tutti i fronti, come ha tentato di fare nel 2023» ha osservato un funzionario della Casa Bianca citato dal Post.
Sfumata la possibilità di una vittoria netta contro Mosca, Washington non vorrebbe rinunciare a continuare a utilizzare il conflitto ucraino per impantanare il più a lungo possibile la Russia, tentando di indebolirla. Gli aiuti, quindi, dovrebbero consentire a Kiev di impegnare per anni le truppe russe ma l’Ucraina dovrebbe abbandonare l’idea di riconquistare i territori persi.
Stando alle fonti interrogate dal Post, il documento su cui si basa la nuova strategia della Casa Bianca mira a garantire a Kiev operazioni militari a breve termine e la creazione di una forza militare ucraina in grado di scoraggiare ulteriori avanzate russe. Washington si impegnerebbe inoltre a «proteggere, ricostituire ed espandere la base industriale e dell’export» dell’Ucraina, ovviamente avvantaggiando la propria economia e i propri interessi nell’area. Intanto Biden ha annunciato la volontà di trasferire armi nucleari statunitensi sul suolo della Gran Bretagna, una mossa che Mosca non ha preso per niente bene.
L’Ue supera lo scoglio del veto ungherese
Di fronte alla parziale ritirata di Washington, i paesi europei cercano come possono di ritagliarsi un ruolo maggiore nel sostegno a Kiev, sperando che lo sforzo porti a qualcosa. La scorsa settimana il premier britannico Rishi Sunak e il presidente ucraino Zelensky hanno siglato un accordo bilaterale di sicurezza della durata di dieci anni, e presto potrebbe toccare alla Francia.
Ieri, inoltre, i 27 sono riusciti almeno in parte a superare lo scoglio rappresentato dal veto ungherese alla fornitura di nuovi ingenti aiuti militari all’Ucraina. In cambio dello sblocco dei fondi congelati a causa della violazione di numerose direttive da parte di Budapest, il governo del nazionalista Orban ha accettato di sottoscrivere un accordo di compromesso. «Tutti i 27 leader hanno concordato un pacchetto di sostegno aggiuntivo di 50 miliardi per l’Ucraina all’interno del bilancio Ue. Così si garantisce un finanziamento costante, a lungo termine e certo» ha rivendicato in una dichiarazione il Presidente del Consiglio Europeo Charles Michel. Nei giorni scorsi fonti dell’Ue avevano ventilato l’applicazione a Budapest di forti sanzioni nel caso non avesse rimosso il veto.
Nei giorni scorsi, poi, Germania, Polonia e Paesi Bassi hanno firmato un accordo – ribattezzato “Schengen militare” – per creare un corridoio destinato a far transitare velocemente le armi destinate all’Ucraina. Intanto però l’Unione Europea ha dovuto ammettere di non essere in grado di inviare a Kiev il milione di proiettili promessi entro marzo, obiettivo raggiungibile solo all’inizio del prossimo anno.
Il generale Valery Zaluzhny
Corruzione e lotte intestine
Kiev ha fame di munizioni, e la diffusa corruzione non aiuta a far fronte alle necessità. Nei giorni scorsi il Servizio di Sicurezza Ucraino (SBU) ha arrestato una persona e ha denunciato altri cinque funzionari di alto rango, accusandoli di aver intascato 36 milioni di euro destinati nell’agosto del 2022 all’acquisto di 100 mila proiettili di mortaio, ovviamente mai consegnati. Ora i fondi rubati, trasferiti su vari conti in Ucraina e nei Balcani, sarebbero stati recuperati e i sei imputati rischierebbero fino a 12 anni di reclusione. L’ampia pubblicità concessa all’operazione mira ad accreditare i successi della campagna di Zelensky contro la corruzione, definita dal presidente una forma di tradimento. Ma il fatto che a condurre l’inchiesta sia stata l’SBU e non gli organismi preposti lascia trapelare per l’ennesima volta la gravità dello scontro in corso tra i diversi apparati dello stato ucraino.
Il duello Zelensky-Zaluzhny
Da parecchi giorni, ormai, sui media e sui social ucraini è un fiorire di conferme e smentite sulla defenestrazione del generale Valery Zaluzhny, comandante in capo delle forze armate inviso a Zelensky che ne teme il carisma e le potenzialità politiche (diversi sondaggi lo indicano come più popolare dell’attuale capo dello stato). Secondo alcune fonti, tra le quali il quotidiano britannico “The Times”, Zaluzhny sarebbe stato effettivamente silurato dal presidente dopo aver rifiutato l’offerta di un nuovo incarico, ma le proteste di vari comandanti dell’esercito e di alcuni importanti partner internazionali di Kiev – in particolare di Washington e di Londra – avrebbero convinto Zelensky a soprassedere, almeno momentaneamente. Ma il presidente avrebbe già pronto il decreto di licenziamento del suo rivale, mossa che però potrebbe infliggere un duro colpo alla tenuta delle forze armate.
L’ennesimo pomo della discordia tra il politico e il generale è rappresentato dalla portata della nuova mobilitazione. Da mesi le truppe schierate al fronte in certi casi da più di due anni lamentano la mancanza di avvicendamenti e denunciano che il compito di difendere il paese non può essere affidato soltanto a una piccola percentuale di cittadini. A decine di migliaia sono fuggiti all’estero o si sono imboscati per sfuggire alla chiamata alle armi (nel paese finora sono stati aperti circa 9 mila procedimenti per renitenza alla leva) e nella maggior parte del paese si vive come se la guerra non esistesse.
Il governo, dopo numerosi rinvii, ha deciso finalmente di presentare in parlamento una legge diretta ad arruolare truppe fresche. I numeri chiesti da Zaluzhny, però, sono lontani, e Zelensky non ha intenzione di richiamare le 500 mila nuove reclute chieste dai comandi militari; sarebbe una misura troppo antipopolare. Il governo ha anzi apportato alcune modifiche al progetto di legge inizialmente presentato, proprio per ridurre il numero delle convocazioni al fronte. La proposta comunque prevede un indurimento delle sanzioni per chi non risponde alla chiamata e abbassa l’età del reclutamento obbligatorio dei civili da 27 a 25 anni, riduce le esenzioni per alcune categorie di dipendenti pubblici e permette il reclutamento per i detenuti che godano di una sospensione condizionale della pena.
I tempi dell’approvazione della nuova legge, però, potrebbero essere lunghi, e comunque le nuove leve hanno bisogno di almeno tre mesi di addestramento prima di diventare operative. Pagine Esteri
* Marco Santopadre, giornalista e saggista, già direttore di Radio Città Aperta, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e dell’Africa. Scrive, tra le altre cose, di Spagna, America Latina e movimenti di liberazione nazionale. Collabora con il Manifesto, Catarsi e Berria
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L’Occidente e il resto del mondo
l World Politics Blog
"Dietro la definizione Nord del mondo si raccolgono gli interessi dell’Occidente e dei paesi avanzati, insomma il blocco imperialista egemone che prova a costruire il mondo a propria immagine e somiglianza e non esita a imporre fame, olocausti e guerre per affermare la propria supremazia. In altri termini potremmo parlare di un colonialismo che si rinnova ma conserva le proprie caratteristiche come il drenaggio di ricchezza dalle regioni colonizzate."
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LA SITUAZIONE DEL CONSUMO DI DROGHE ILLECITE IN UNIONE EUROPEA. UNA ANALISI APPROFONDITA (2 di 4), COCAINA, LA PIÙ UTILIZZATA
La cocaina è la droga stimolante illecita più comunemente utilizzata in Europa, con livelli di consumo che variano da paese a paese. Circa 14 milioni di adulti nell’Unione europea (di età compresa tra 15 e 64 anni), ovvero quasi il 5% di questa fascia di età, hanno provato la cocaina nel corso della loro vita, di cui circa 3,5 milioni ne hanno fatto uso nell’ultimo anno. La cocaina è stata tradizionalmente utilizzata in due forme principali: sale cloridrato, spesso definito "cocaina in polvere", e una forma base libera e fumabile, spesso definita "crack". I consumatori abituali di cocaina possono riscontrare problemi più gravi e circa il 60% dei consumatori di cocaina che entrano in terapia riferiscono di utilizzare la droga tra i 2 e i 7 giorni alla settimana.
Dati recenti suggeriscono che il consumo di cocaina e i danni associati potrebbero essere in aumento in Europa. Dei 15 paesi che hanno comunicato informazioni sufficienti sulla prevalenza del consumo di cocaina dal 2019, 8 hanno riportato stime del consumo dell’anno scorso più elevate rispetto alla loro precedente indagine comparabile, 5 avevano stime stabili e 2 stime inferiori. Questi modelli si riflettono anche nei dati sulle persone che entrano in terapia per la prima volta per problemi di cocaina, sono aumentati in 14 paesi secondo i dati sinora disponibili, tra il 2014 e il 2020.
I danni alla salute associati al consumo regolare di cocaina comprendono dipendenza, problemi cardiaci e di salute mentale e un aumento del rischio di incidenti. I danni possono essere esacerbati quando la cocaina viene utilizzata insieme all’alcol. L'iniezione di cocaina e il consumo di cocaina crack sono associati ai maggiori rischi per la salute. Nel 2020, si sono verificati circa 473 decessi correlati alla cocaina, ovvero circa il 13,5% di tutti i decessi indotti dalla droga con accertamenti tossicologici post mortem in questi paesi. La maggior parte di questi decessi sono stati attribuiti a overdose di droga, ma nella maggior parte dei casi sono state rilevate anche altre sostanze, principalmente oppioidi.
La cocaina viene trafficata in Europa dai paesi produttori del Sud America sia via aerea che via mare utilizzando una serie di metodi e rotte. Nel 2020, per il quarto anno consecutivo, è stata sequestrata la quantità più alta mai vista di cocaina, 214,6 tonnellate, nell’UE, in Norvegia e in Turchia. I primi dati sui sequestri di un numero limitato di paesi nel 2021 suggeriscono che la quantità sequestrata in tutta Europa è aumentata ancora una volta.
Le restrizioni adottate per affrontare la pandemia di Covid-19 nel 2020 hanno avuto un certo impatto sul commercio di cocaina, ma nel complesso la coltivazione, la produzione e il traffico di cocaina in Europa sono continuati durante questo periodo e potrebbero addirittura essere ulteriormente aumentati.
Per saperne di più: European Monitoring Centre for Drugs and Drug Addiction and Europol (2022), EU Drug Market: Cocaine — In-depth analysis, emcdda.europa.eu/publications/…
Indagine sul Fediverso: una premessa ai risultati del nostro sondaggio
Pubblicheremo su più post i risultati del nostro sondaggio sul Fediverso che ha avuto il riscontro di 227 utenti provenienti da diverse istanze e da diverse piattaforme. In questo post ci limiteremo a un’introduzione e una risposta ad alcune osservazioni raccolte. Il sondaggio ha presentato alcune limitazioni che cercheremo di superare il prossimo anno e che riguardano soprattutto i…
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📣 L’obiettivo del Liceo del #MadeinItaly è valorizzare, promuovere e tutelare le eccellenze italiane.
Le #IscrizioniOnline sono aperte fino al #10febbraio2024 su #Unica.
Qui le scuole che hanno aderito ▶️ unica.istruzione.gov.
Ministero dell'Istruzione
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Cosa non torna nel doppiopesismo sulle vittime civili delle guerre. Scrive Nones
La mancanza nel nostro Paese di una cultura della sicurezza e difesa continua ad accomunare opinione pubblica, mondo dell’informazione e mondo politico e si riflette anche nell’affrontare il tema delle vittime civili delle guerre, dove si sta evidenziando una sorta di “doppiopesismo” a seconda della loro nazionalità. Una posizione che ha il suo collante nel pacifismo di varia natura, da quello di matrice cattolica a quello terzomondista.
Ne è un chiaro esempio il prevalente atteggiamento di condanna di Israele per le operazioni militari condotte a Gaza, rimuovendo il ricordo della strage di civili, comprese donne e bambini, e del rapimento di più di un centinaio di ostaggi israeliani compiuti il 7 ottobre 2023 dai terroristi di Hamas. Questo non significa rinunciare a criticare Israele per una reazione ormai palesemente eccessiva e che si sta protraendo troppo nel tempo, ma ricordare in ogni momento chi è stato il responsabile di quanto sta avvenendo.
Il tema delle vittime civili è diventato attuale soprattutto durante la seconda guerra mondiale con il bombardamento di Londra o Dresda, la distruzione di Varsavia, per arrivare a Hiroshima e Nagasaki. A bombardare furono in questi casi forze armate regolari e, anche allora, vi furono nei paesi democratici dubbi e perplessità poi superati dalla consapevolezza della loro indispensabilità per sconfiggere l’aggressione nazi-fascista e interrompere l’Olocausto in Europa e quella nipponica in Asia. Ovviamente queste preoccupazioni non si manifestarono, né avrebbero potuto farlo, in quei regimi dittatoriali. Ma, in tutti questi casi, da una parte e dall’altra, non si trattò di “danni collaterali”, ma di scelte politico-militari volte a fiaccare il “fronte interno” nemico, una strategia resa possibile dallo sviluppo tecnico e industriale dei velivoli militari e dei primi razzi.
Significativa è stata, invece, l’esperienza della guerra condotta dagli Stati Uniti in Vietnam. Fra le cause principali della sconfitta viene unanimemente riconosciuta quella della vasta opposizione che si verificò nell’opinione pubblica americana sia per le perdite subite sia per le devastazioni imposte alla popolazione civile. Anche grazie ai nuovi mezzi di comunicazione le informazioni e le immagini di morti e feriti civili a causa dei bombardamenti americani hanno fortemente condizionato la scelta politica di interrompere le operazioni militari.
Altrettanto significativa è in questi ultimi due anni la prosecuzione di attacchi indiscriminati russi alle città ucraine con migliaia di vittime civili, senza che l’opinione pubblica internazionale e, in particolare, quella italiana riescano ad esprimere un’adeguata condanna politica e morale. Pur non trattandosi di obiettivi militari (comunque condannabili se si configurano come aggressione), sembra che il valore della vita dei cittadini ucraini sia relativamente poco importante per molti “pacifisti”.
Lo stesso vale per i cittadini israeliani che da sempre sono colpiti da azioni terroristiche e, in particolare, nell’ultimo decennio, dal sistematico lancio di missili e razzi dalla striscia di Gaza e dal sud Libano verso le città israeliane. Per arrivare all’attacco del 7 ottobre, che dovrebbe rimanere scolpito nella storia come un vero e proprio crimine contro l’umanità, i cui responsabili dovrebbero essere unanimemente condannati dalla comunità internazionale, senza se e senza ma.
Il problema si è ingigantito con le guerre ibride combattute da forze irregolari in territori dove non c’è o non viene esercitato alcun potere statale. Queste forze molto spesso operano o trovano rifugio in aree abitate dove non sono facilmente individuabili: non hanno comandi, caserme e depositi, aeroporti, radar, mezzi e armamenti pesanti come le forze regolari, spesso nemmeno le divise. A Gaza il lancio di missili e razzi verso le città israeliane avviene dai terrazzi o dai cortili di edifici civili all’interno di conglomerati urbani densamente abitati. I tunnel utilizzati dai terroristi corrono sotto scuole, ospedali, centri di accoglienza, ecc. e hanno altrettanti accessi. Per distruggerli bisogna inevitabilmente coinvolgere i sovrastanti edifici civili.
La differenza fra le vittime civili delle azioni terroristiche e quelle delle operazioni militari dei Paesi democratici è che nel primo caso non esiste nemmeno la parvenza di obiettivi militari che in qualche modo possano essere addotti a giustificazione, mentre, nel secondo caso, sono presenti, ovviamente e per fortuna, forme di auto-controllo sia nel sistema militare che in quello politico.
In questo quadro si colloca la campagna terroristica condotta da parte del movimento Houthi nello Yemen con il lancio di missili contro navi civili in transito nel Mar Rosso e nel Golfo di Aden. Se riuscissero a colpirle vi sarebbero delle vittime civili innocenti, oltre che ingenti danni economici. Per evitarlo sono stati effettuati bombardamenti aerei americani e inglesi. Anche ipotizzando di individuare precisamente e tempestivamente i siti di lancio, ogni risposta militare volta a distruggerli, finirà inevitabilmente con il coinvolgere la popolazione civile che vive nei pressi.
Ma anche il previsto intervento di una forza navale europea a protezione del traffico commerciale potrebbe trovarsi in una situazione analoga. Se un missile colpisse una di queste navi militari, sarebbe necessario distruggere la postazione ostile con gli inevitabili danni collaterali. Ma lo stesso potrebbe avvenire anche in fase di lancio. Con buona pace di coloro che in Italia si commuovono per le tragiche immagini delle vittime civili a condizione che non siano cittadini di paesi amici ed alleati.
Regu(AI)ting Health: Lessons for Navigating the Complex Code of AI and Healthcare Regulations
Authors: Stephanie Wong, Amber Ezzell, & Felicity Slater
As an increasing number of organizations utilize artificial intelligence (“AI”) in their patient-facing services, health organizations are seizing the opportunity to take advantage of the new wave of AI-powered tools. Policymakers, from United States (“U.S.”) government agencies to the White House, have taken heed of this trend, leading to a flurry of agency actions impacting the intersection of health and AI, from enforcement actions and binding rules to advisory options and other, less formal guidance. The result has been a rapidly changing regulatory environment for health organizations deploying artificial intelligence. Below are five key lessons from these actions for organizations, advocates, and other stakeholders seeking to ensure that AI-driven health services are developed and deployed in a lawful and trustworthy manner.
Lesson 1: AI potential in healthcare has evolved exponentially
While AI has been a part of healthcare conversations for decades, recent technological developments have seen exponential growth in potential applications across healthcare professionals and specialties requiring response and regulation of use and application of AI in healthcare.
The Department of Health and Human Services (“HHS”) is the central authority for health sector regulations in the United States. HHS’ Office for Civil Rights (“OCR”) is responsible for enforcement of the preeminent federal health privacy regulatory framework, the Health Insurance Portability and Accountability Act (HIPAA) Privacy, Security, and Breach Notification Rules (“Privacy Rule”). A major goal of the Privacy Rule is to properly protect individuals’ personal health information while allowing for the flow of health data that is necessary to provide quality health care.
In 2023, OCR stated that HIPAA-regulated entities should analyze AI tools as they do other novel technologies; organizations should “determine the potential risks and vulnerabilities to electronic protected health information before adding any new technology into their organization.” While not a broad endorsement of health AI, OCR’s statement suggests that AI has a place in the regulated healthcare sector.
The Food and Drug Administration (“FDA”) has taken an even more optimistic approach toward the use of AI. Also an agency within HHS, the FDA is responsible for ensuring the safety, efficacy, and quality of various pharmacological and medical products used in clinical health treatments and monitoring. In 2023, the FDA published a discussion paper intended to facilitate discussion with stakeholders on the use of AI in drug development. Drug discovery is the complex process of identifying and developing new medications or drugs to treat medical conditions and diseases. Before drugs can be marketed to the public for patient use, they must go through multiple stages of research, testing, and development. This entire process can take around 10 to 15 years, or sometimes longer. According to the discussion paper, the FDA strives to “facilitate innovation while safeguarding public health” and plans to develop a “flexible risk-based regulatory framework that promotes innovation and protects patient safety.”
Lesson 2: Different uses of data may implicate different regulatory structures
While there can be uncertainty regarding whether particular data, such IP address data collected by a consumer-facing website, is covered by HIPAA, HHS and the Federal Trade Commission (“FTC”) have made clear that they are working together to ensure organizations protect sensitive health information. In particular, failure to establish proper agreements or safeguards between covered entities and AI vendors can constitute a violation of the HIPAA Privacy Rule when patient health information is shared without patient consent for purposes other than treatment, payment, and healthcare operations.
However, some data collected by HIPAA-covered entities may not be classified as protected health information (“PHI”) and could be permissibly shared outside HIPAA’s regulatory scope. Examples include data collected by healthcare scheduling apps, wearables devices, and health IoT devices. In these circumstances, the FTC could exercise oversight. The FTC is increasingly focused on enforcement actions involving health privacy and potential bias and has historically enforced laws prohibiting bias and discrimination, including the Fair Credit Reporting Act (“FCRA”) and the Equal Credit Opportunity Act (“ECOA”). In 2021, the FTC underscored the importance of ensuring that AI tools avoid discrimination and called for AI to be used “truthfully, fairly, and equitably,” recommending that AI should do “more good than harm” to avoid violating the FTC’s “unfairness” prong of Section 5 of the FTC Act.
Lesson 3: What’s (guidance in the) past is prologue (to enforcement)
While guidance may not always be a precursor to enforcement, it is a good indicator of an agency’s priorities. For instance, in late 2021, the FTC issued a statement on the Health Breach Notification Rule, followed by two posts in January 2022 (1, 2). The FTC then applied the Health Breach Notification Rule (HBNR) for the first and second time in 2023 enforcement actions.
The FTC has recently honed in on both the health industry and AI. Agency officials published ten blog posts covering AI topics in 2023 alone, including an article instructing businesses to ensure the accuracy and verifiability of advertising around AI in products. In April 2023, the FTC issued a joint statement with the Department of Justice (DOJ), the Consumer Financial Protection Bureau (CFPB), and the Equal Employment Opportunity Commission (EEOC) expressing its intent to prioritize enforcement against discrimination and bias in automated decision-making systems.
The agency has separately been working on enforcement in the health sector, applying the unfairness prong of its authority to cases where the Commission has found that a company’s privacy practices substantially injured consumers in a manner that did not outweigh the countervailing benefits. This focus resulted in major settlements against health companies, including GoodRx and BetterHelp, where the combined total fine neared $10 million. In July, the FTC published a blog post summarizing lessons from its recent enforcement actions in the health sector, underscoring that “health privacy is a top priority” for the agency.
Lesson 4: Responsibility is the name of the game
Responsible use has been the key concept for policymakers looking to be proactive in establishing positive norms for the use of AI in the healthcare arena. In 2022, the White House Office of Science and Technology Policy (OSTP) published the Blueprint for an AI Bill of Rights (“Blueprint”) to support the development of policies and practices that protect and promote civil rights in the development, deployment, and governance of automated systems. In highlighting AI in the health sector, the Blueprint hopes to set up federal agencies and offices to serve as responsible stewards of AI use for the nation. In 2023, the OSTP also updated the National AI Research and Development (R&D) Plan to advance the deployment of responsible AI, which is likely to influence health research. The Plan is intended to facilitate the study and development of AI while also maintaining privacy and security and preventing inequity.
Expanding on the Blueprint, on October 30, 2023, the Biden Administration released its Executive Order on Safe, Secure, and Trustworthy Artificial Intelligence (“EO”). The EO aims to establish new standards for the responsible use, development, and procurement of AI systems across the federal government. Among other directives, the EO directs the Secretary of HHS to establish an “HHS AI Taskforce” in order to create a strategic plan for the responsible use and deployment of AI in the healthcare context. The EO specifies that this strategic plan must establish principles to guide the use of AI as part of the delivery of healthcare, assess the safety and performance of AI systems in the healthcare context, and integrate equity principles and privacy, security and safety standards into the development of healthcare AI systems.
The EO also directs the HHS Secretary to create an AI Safety program to centrally track, catalog, and analyze clinical errors produced by the use of AI in healthcare environments; create and circulate informal guidance to advise on how to avoid these harms from recurring; and develop a strategy for regulating the use of AI and AI-tools for drug-development. The Fact Sheet circulated prior to the release of the EO emphasizes that, “irresponsible uses of AI can lead to and deepen discrimination, bias, and other abuses in justice, healthcare, and housing” and discusses expanded grants for AI research in “vital areas,” including healthcare.
On November 1, 2023, the Office of Management and Budget (“OBM”) released for public comment a draft policy on “Advancing Governance, Innovation, and Risk Management for Agency Use of Artificial Intelligence,” intended to help implement the AI EO. The OMB guidance, which would govern federal agencies as well as their contractors, would create special requirements for what it deems “rights-impacting” AI, a designation that would encompass AI that “control[s] or meaningfully influence[s]” the outcomes of health and health insurance-related decision-making. These include the requirements for AI impact assessments, testing against real-world conditions, independent evaluation, ongoing monitoring, human training “human in the loop” decision-making, and notice and documentation.
Finally, the National Institute of Standards and Technology (“NIST”) also focused on responsible AI in 2023 with the release of the Artificial Intelligence Risk Management Framework (“AI RMF”). The AI RMF is meant to serve as a “resource to the organizations designing, developing, deploying, or using AI systems to help manage the many risks of AI and promote trustworthy and responsible development and use of AI systems.” The AI RMF provides concrete examples on how to frame risks in various contexts, such as potential harm to people, organizations, or an ecosystem. In addition, prior NIST risk management frameworks have provided the basis for legislative and regulatory models, meaning it may have increased importance for regulated entities in the future.
Lesson 5: Focus and keep eyes on the road ahead
AI regulation is a moving target with significant developments expected in the coming years. For instance, OSTP’s Blueprint for an AI Bill of Rights has already been used to inform state policymakers, with legislators both highlighting and incorporating its requirements into legislative proposals. The Blueprints’ five outlined principles aim to: (i) ensure safety and effectiveness; (ii) safeguard against discrimination; (iii) uphold data privacy; (iv) provide notice and explanation; and (v) enable human review or control. These principles are likely to continue to appear and to inform future health-related AI legislation.
In 2022, the FDA’s Center for Devices and Radiological Health (CDRH) released “Clinical Decision Support Software Guidance for Industry and Food and Drug Administration Staff,” which recommends that certain AI tools be regulated by the FDA under its authority to oversee clinical decision support software. Elsewhere, the FDA has noted that its traditional pathways for medical device regulations were not designed to be applied to AI and that the agency is looking to update its current processes. In 2021, CDRH issued a draft “Artificial Intelligence/Machine Learning (AI/ML)-Based Software as a Medical Device (SaMD) Action Plan”, which introduces a framework to manage risks to patients in a controlled manner. The Action Plan includes specific instruction on data management, including a commitment to transparency on how AI technologies interact with people, ongoing performance monitoring, and updates to the FDA on any changes made to the software as a medical device. Manufacturers of medical devices can expect the FDA to play a vital role in the regulation of AI in certain medical devices and drug discovery.
Conclusion
The legislative and regulatory environment governing AI in the U.S. is actively evolving, with the regulation of the healthcare industry emerging as a key priority for regulators across the federal government. Although the implementation and development of AI into healthcare activities may provide significant benefits, organizations must recognize and mitigate privacy, discrimination, and other risks associated with its use. AI developers are calling for the regulation of AI to reduce existential risks and prevent significant global harm, which may help create clearer standards and expectations for AI developers and developers navigating the resources coming from federal agencies. By prioritizing the development and deployment of safe and trustworthy AI systems, as well as following federal guidance and standards for privacy and security, the healthcare industry can harness the power of AI to ethically and responsibly improve patient care, outcomes, and overall well-being.
Uno si ma con moderazione. Riflessioni sulla moderazione nel Fediverso da parte dello staff di Mastodon.uno
Non è facile comprendere quali siano tutte implicazioni dell'ecosistema federato e come funzionano le dinamiche che rendono il Fediverso molto diverso da un social qualsiasi.
Il lungo post è suddiviso in due premesse, due chiarimenti e una conclusione:
1. cosa significa moderare una una comunità
2. cosa significa la moderazione nel fediverso
3. la moderazione all’interno dell’istanza
4. la moderazione verso le altre istanze
5. la moderazione nel Fediverso italiano e l’approccio di mastodon.uno
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@PetroliniVideo ricordo bene: era marzo ed eravamo in una di quelle fasi in cui andava di moda lanciare bestemmie a caso e poi rimanere sulla riva del fiume ad attendere qualche reazione di cui sorprendersi...
Comunque non sono affatto sorpreso: gli utenti i cui messaggi vengono moderati ritengono spesso che il moderatore abbia interpretato male o per limiti cognitivi o per evidente malafede
Che succede nel Fediverso? reshared this.
ho controllato il tuo account e non c'è alcuna limitazione nonostante tu sia stato segnalato ben 14 volte (!) da altri utenti per violazioni del regole, fra l'altro molti da altre istanze:
posso dirti solo che m1 è un'istanza aconfessionale e di quello che dicono i cattolici ce ne può fregare fino a un certo punto, tanto che abbiamo l'account ufficiale dell'unione Atei e degli Agnostici Razionalisti che li randella tutti i giorni e nessuno se ne lamenta anzi sono fra i messaggi più condivisi e popolari su M1
detto questo quello che hai scritto non è vero, non ho lo screenshot ma di sicuro nessuno perde tempo a segnalare queste affermazioni sulle madonne nere, anzi riceveresti solo valanghe di condivisioni. Nessuno censura una frase del genere che di fatto non viola alcuna regola. Abbiamo però una regola che vieta il turpiloquio gratuito ed eccessivo ma questa c'è anche su livellosegreto e altre istanze. Questo per non far scendere le discussioni al livello di rutti da osteria.
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Riservisti, missioni e finanziamenti. Ecco i nuovi progetti della Difesa
L’attuale scenario geopolitico internazionale richiede un aggiornamento dell’intero sistema-Difesa nazionale “che consenta al Paese di dotarsi di una migliore e più efficace capacità di risposta alle crisi”. A ribadirlo è stato il ministro della Difesa, Guido Crosetto, in audizione presso le commissioni Difesa di Camera e Senato e reduce dalla riunione informale dei ministri della Difesa a Bruxelles. Entrambe occasioni nelle quali il ministro ha affrontato i principali temi di insicurezza che circondano l’Europa e il Paese, dalla guerra in Ucraina alla minaccia nel mar Rosso, passando per la crisi a Gaza. È in questo scenario che, per il ministro, è necessario apportare delle modifiche all’architettura delle Forze armate e del comparto difesa in generale, a cominciare dalle norme che regolano la partecipazione italiana alle missioni internazionali.
La sfida asimmetrica
Per il ministro, infatti, gli attacchi delle milizie yemenite filo-iraniane Houthi nel mar Rosso fa parte di una più ampia strategia ibrida di destabilizzazione asimmetrica “cui Mosca e Pechino perseguono l’obiettivo di prevalere slealmente nella competizione globale e di guadagnare nuove sfere di influenza”. Per Crosetto, infatti, Russia, Iran, Corea del Nord e Cina “stanno intenzionalmente conducendo un conflitto ibrido contro l’Occidente: un confronto per l’accesso alle materie prime, alle fonti di energia, alle terre rare, un confronto sulla capacità produttiva in settori e capacità strategiche, un confronto sulla superiorità tecnologica e sulla ricerca, ma anche un confronto sulla competitività economica”. Una sfida asimmetrica che “pagherà principalmente l’Europa, soprattutto i Paesi della sponda sud come l’Italia”.
La legge sulle missioni internazionali
Per Crosetto, dunque, quanto sta accadendo “ha fatto risaltare ancora di più i limiti della legge 145 del 2016” che la partecipazione dell’Italia alle missioni internazionali. L’obiettivo della modifica è elaborare “uno strumento normativo migliorato che consenta al Paese di dotarsi di una migliore e più efficace capacità di risposta alle crisi, potendo contare su procedure di impiego immediato delle forze armate e conferendo maggiore flessibilità operativa e di impiego alle forze operanti in una stessa area geografica”. Come sottolineato dal ministro anche in altre occasioni, “la Difesa deve stare al passo coi tempi per affrontare con rapidità ed efficacia le emergenze e le crisi internazionali”. La modifica, come già annunciato nel Documento programmatico pluriennale della Difesa e nell’ultima Nadef, rivisita la procedura di autorizzazione delle missioni all’estero con lo scopo di assicurare maggiore flessibilità d’impiego allo strumento militare. Il provvedimento agevolerà l’impiego a livello operativo delle unità ad alta e altissima prontezza, da impiegare all’estero al verificarsi di crisi o in situazioni di emergenza. L’attivazione di quest’ultime sarà disposta con delibera del Consiglio dei ministri da inviare alle Camere per l’autorizzazione, con una tempistica più rapida, in linea con esigenze derivanti dalla gestione della crisi. Tutto questo “senza togliere le prerogative del Parlamento che resteranno centrali”.
Finanziamenti
Altro aspetto fondamentale previsto dalla nuova legge è una notevole semplificazione procedurale che consentirà l’effettiva riduzione dei tempi per il finanziamento delle missioni. La norma prevede anche lo spostamento, dal 31 dicembre al 31 gennaio, del termine per la presentazione del governo alle Camere della relazione analitica sulle missioni in corso, necessaria per la loro prosecuzione, allineando la pianificazione operativa a quella finanziaria, derivante dalla legge di bilancio. “Il quadro che si sta delineando – ha spiegato Crosetto – prefigura un accresciuto impiego di capacità della Difesa, non preventivabili in fase di predisposizione delle assegnazioni finanziarie per gli impegni del 2024 e difficilmente compensabili attraverso una rimodulazione degli impegni in altre aree di crisi”. Per questo l’impegno italiano per la sicurezza nelle aree di crisi “deve trovare ristoro attraverso finanziamenti aggiuntivi oltre il perimetro previsto dalla legge di bilancio”.
La riserva ausiliaria
Accanto a queste misure, il ministro sta da tempo sottolineando la necessità per il Paese di attivare una riserva militare sul modello della Guardia nazionale statunitense o delle riserve militari di Svizzera e Israele, “volontari che, in caso di necessità, possono essere attivati per affiancare le Forze armate”. Per adesso il progetto prevede di reclutare circa diecimila riservisti, da attivare “in caso di situazioni e crisi eccezionali”. Questi volontari saranno “ripartiti in nuclei operativi di livello regionale posti alle dipendenze delle autorità militari individuate con decreto del ministro della difesa” e al momento del richiamo sarebbero impiegati in “attività in campo logistico nonché di cooperazione civile-militare”. Insomma non direttamente nelle operazioni militari ma in supporto e per mettere sul campo tutti i militari di carriera. La priorità, inoltre, andrebbe a professionalità diverse nelle nuove dimensioni operative della difesa, a partire da hacker o esperti di intelligenza artificiale.
BRASILE. Spari contro gli aerei dei cercatori d’oro ma la situazione degli Yanomami peggiora
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Pagine Esteri, 1 febbraio 2024. Nonostante gli sforzi del presidente Luiz Inácio Lula da Silva e i tentativi del suo governo, i minatori d’oro stanno tornando nella riserva indigena di Yanomami, portando morte e distruzione.
L’Aeronautica militare ha fatto sapere di aver sparato colpi di mitragliatrici contro un aereo non identificato che sorvolava l’aerea nonostante la no Fly zone imposta dal governo.
La stessa aeronautica è stata molto criticata per non aver fatto abbastanza, in questi mesi, per evitare che i minatori d’oro entrassero illegalmente nella riserva. Le organizzazioni ambientaliste hanno anzi presentato un documento che accusa apertamente le forze armate di star sabotando i tentativi di protezione dell’area cominciati un anno fa.
Lo scorso anno un’operazione governativa è riuscita a cacciare circa 20.000 minatori dalla riserva indigena delle dimensioni del Portogallo. La presenza dei minatori e dei loro mezzi di estrazione è una delle cause principali della crisi umanitaria che mette a rischio la popolazione indigena, che muore per le malattie, la fame e la violenza.
In un video diffuso dalle forze armate brasiliane, si vede l’aereo, un Cessna 182 monomotore, costretto ad un atterraggio di emergenza a seguito dei colpi di avvertimento partiti dalle mitragliatrici dell’esercito.
Il pilota è riuscito a far atterrare il mezzo ed è poi fuggito nella foresta. La polizia federale non è riuscita a rintracciarlo ma ha sequestrato il velivolo.
Le organizzazioni internazionali denunciano che la grave crisi umanitaria del popolo Yamomai continua a peggiorare, nonostante i tentativi del governo.
‼️ Entidades representativas dos servidores do Ibama, MMA, ICMBio, SFB e da Funai repudiam atuação das Forças Armadas na operação Yanomami em nota pública. Leia na íntegra 👇🏽t.co/qeHqBoNOJU— Comissão Pró-Índio de São Paulo (@proindio) February 1, 2024
Dal comunicato stampa di Survival International:
Gli esperti denunciano che una grave crisi sanitaria sta devastando il popolo Yanomami, nel nord dell’Amazzonia brasiliana, a un anno dalla massiccia operazione governativa che doveva liberare il territorio Yanomami dai cercatori d’oro illegali.
I dati diffusi dal servizio sanitario ufficiale nell’area mostrano che:
- Nel 2023, l’incidenza della malaria è aumentata del 61%, con almeno 25.000 casi.
- Anche il tasso di influenza è aumentato in modo drammatico, passando da 3.203 casi nel 2022 a 20.524 nel 2023 (un incremento del 640%)
- 308 indigeni sono morti (gennaio – novembre 2023), e la maggior parte erano bambini sotto i 5 anni.
La Corte Inter-Americana per i Diritti Umani ha pubblicato di recente una schiacciante risoluzioneche mostra quanto la situazione nel territorio Yanomami si sia deteriorata:
- I servizi sanitari nell’area funzionano a malapena. Nove avamposti sanitari, che avrebbero dovuto essere riaperti, sono ancora chiusi.
- C’è poca disponibilità di acqua potabile.
- Sono ancora attivi molti siti minerari illegali.
- “Persiste una situazione estremamente grave e urgente, che sta arrecando danni irreparabili alla vita e alla salute dei popoli indigeni.”
- “Nel Territorio Indigeno Yanomami permangono ancora gruppi di minatori armati che appartengono a bande criminali organizzate, che distribuiscono armi alla popolazione indigena e cercano di controllarla.”
Foto e video recenti provenienti dal territorio mostrano una malnutrizione drammatica tra bambini e adulti yanomami, ma anche cercatori d’oro illegali che agiscono nell’area nell’impunità.
Una pista di atterraggio illegale costruita dai cercatori d’oro appena all’interno del confine venezuelano, nel cuore del Territorio Yanomami. Sono visibili nove aerei leggeri. © Globo TV
In un episodio particolarmente scioccante ripreso in video, si vedono tre giovani bambini yanomami legati e tenuti prigionieri dai cercatori d’oro.
“Il governo non è riuscito a risolvere la situazione nemmeno con il decreto d’emergenza,” ha detto Dario Kopenawa Yanomami, vice-presidente dell’Associazione Yanomami Hutukara. “I minatori sono ancora nella terra yanomami. E oggi le attività minerarie sono più distruttive di quanto non lo fossero negli anni ’80 e ’90. Oggi a cercare l’oro nel territorio Yanomami ci sono bande criminali, il crimine organizzato, il PCC (Primo Commando Capitale) e il Commando Vermelho (Commando Rosso). È una situazione molto, molto grave e gli Yanomami sono estremamente vulnerabili. I bambini continuano a morire di malaria e polmonite, per parassiti e tubercolosi. Gli Yanomami e la loro terra continuano a soffrire una crisi umanitaria. E noi continueremo a lottare e a criticare i governi federale e statali.”
“Nonostante le promesse fatte dal Presidente Lula al momento del lancio dell’operazione per sfrattare i cercatori d’oro, un anno fa, la situazione attuale nel Territorio Yanomami è catastrofica” ha commentato Fiona Watson, Direttrice del Dipartimento Ricerca e Advocacy di Survival International.
“I minatori stanno ritornando nell’area, e i vecchi siti di estrazione vengono ripristinati” ha detto Watson.
“Le forze armate, che sono coinvolte nell’operazione per sfrattare i minatori, si muovono lentamente. Molti avamposti e servizi sanitari cruciali, che sarebbero essenziali, non funzionano.”
“La situazione per le migliaia di Yanomami che vivono oltreconfine, sul lato venezuelano, è tragica, e non riceve praticamente alcuna attenzione mediatica. I cercatori d’oro stanno operando in nuove aree del Venezuela con il supporto dei militari venezuelani. Al momento è in corso un’epidemia di malaria, e molti Yanomami sono morti.”
“Particolarmente preoccupante è la situazione degli Yanomami incontattati – sappiamo che i cercatori d’oro stanno ancora operando a pochi chilometri dalle loro comunità”.
“Se questa situazione dovesse continuare, moriranno centinaia di altri Yanomami e la loro terra diventerà inabitabile. È assolutamente cruciale che le nuove misure appena annunciate dal Presidente Lula vengano attuate immediatamente nell’ambito di un’operazione prolungata e completa per sfrattare i minatori in modo definitivo e per fornire l’assistenza sanitaria urgente necessaria. Inoltre, è essenziale che queste attività vengano poi mantenute nel tempo – altrimenti questa tragedia si ripeterà ancora e ancora, fino a quando gli Yanomami non saranno stati decimati. È ora che tutti coloro che guadagnano dall’estrazione illegale dell’oro rispondano dei loro crimini”.
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L'articolo BRASILE. Spari contro gli aerei dei cercatori d’oro ma la situazione degli Yanomami peggiora proviene da Pagine Esteri.
Ministero dell'Istruzione
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Il diritto alla conoscenza nel nome di Ezechia Paolo Reale
Venerdì 2 febbraio 2024, ore 16:00, presso l’Aula Magna dell’Università di Catania, Piazza dell’Università
Ore 16:00 – Saluti Istituzionali:
Prof. Francesco Priolo, Rettore dell’Università di Catania
Avv. Enrico Trantino, Sindaco di Catania
Prof. Felice Giuffré – Componente del Consiglio Superiore della Magistraturd
Dot. Filippo Pennis, Presidente della Corte d’Appello di Catania
Dott. Francesco Mannino, Presidente del Tribunale di Catania
Prof. Enrico lachello, Presidente Ass. Amici UniCT
Prof. Jean-François Thony, Presidente The Siracusa International Institute for criminal justice and human rights
Prof.ssa Ida Nicotra, Direttore Master Il Livello in Diritto delle Pubbliche Amministrazioni UniCT
Avv. Antonino Guido Distefano, Presidente Consiglio dell’Ordine degli Auvocati di Catania;
Avv. Francesco Antille, Presidente Camera Penale Catania “Serafino Famà”
Avv. Dina D’Angelo, Presidente Camera Penale Siracusa;
Prof.ssa Loredana Faraci, Segretario Generale della Fondazione Siracusa è Giustizia
Ore 16:45 – Introduzione:
Avv. Andrea Pruiti Ciarello, Presidente Fondazione Famiglia Piccolo di Calanovella e Consigliere Fondazione Luigi Einaudi
Ore 17:00 – Interventi:
Sen. Giulio Terzi di San Agata, Presidente della Commissione Politiche dell’Unione Europea
Dott. Matteo Angioli, Segretario Generale del Global Committee for the Rule of Law “Marco Pannella
Prof. Giuseppe Benedetto, Presidente Fondazione Luigi Einaudi ETS
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Inaugurazione della sede della provincia di Siracusa
Venerdì 2 febbraio 2024, ore 12:00, Via P. Umberto 210 – AUGUSTA
La sede sarà intitolata all’Avvocato Ezechia Paolo Reale
Saranno presenti
Avv. Giuseppe Benedetto, President della Fondazione Luigi Einaudi
Sen. Giulio Terzi di Sant’Agata, President Commission Politiche dell’Unione Europea del Senato
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Senato della Repubblica. La lezione di etica giuridica sulla presunzione di innocenza
Partiamo dal protagonista di questa audizione in Senato. Avvocato penalista di lunga esperienza, giornalista pubblicista, iscritto all’Ordine dei Giornalisti dal 28 Maggio 1997 Giuseppe Benedetto è oggi Presidente della Fondazione Luigi Einaudi. Ma è anche Presidente emerito della Fondazione Famiglia Piccolo di Calanovella. Già docente di Diritto Costituzionale presso la facoltà̀ di Giurisprudenza dell’Università̀ LUM di Bari, appassionato di tematiche sociali, la sua attività̀ scientifica e politica si è sempre contraddistinta per intransigenti posizioni a favore della salvaguardia dei diritti civili, dello sviluppo di una cultura laica – ma non laicista – e della tutela delle libertà̀ fondamentali del cittadino contro ogni oppressione, “anche quella eventuale dello Stato”. Annovera tra i suoi maestri, con i quali si è intensamente rapportato, figure di politici illustri quali Giovanni Malagodi e il costituzionalista Aldo Bozzi. È stato Capo Gruppo del PLI al Consiglio Comunale di Pescara. È stato vice segretario nazionale della Gioventù Liberale Italiana. È stato membro della Direzione Nazionale e dell’Esecutivo del PLI, dove ha ricoperto l’incarico di Responsabile Nazionale degli Enti Locali. È autore dei saggi “L’eutanasia della democrazia. Il colpo di Mani Pulite”, con prefazione a cura del Prof. Sabino Cassese (Rubbettino editore, ottobre 2021) e “Non diamoci del tu”, con prefazione del Ministro della Giustizia Carlo Nordio (Rubbettino editore, ottobre 2022)
Un personaggio, dunque, e un protagonista vero della storia politica di questi anni in Italia.
Alle ore 13 di martedì scorso 16 gennaio, alla Commissione Politiche dell’Unione Europea del Senato, nel corso della sua audizione, l’intervento di Giuseppe Benedetto è nei fatti una vera e propria “lectio magistralis” sui temi centrali del diritto moderno.
Senza perifrasi, senza nessun tono retorico, con la serenità che contraddistingue da sempre la sua storia e il suo ruolo di uomo liberale, il Presidente Benedetto picchia duro su talune distorsioni della pratica giudiziaria di questi anni.
“Per quanto riguarda il primo e più corposo aspetto della presunzione d’innocenza, che tante polemiche ha suscitato in ltalia per la cosiddetta Legge Bavaglio, voglio dire che l’impostazione data da chi si oppone al provvedimento già votato dalla Camera e oggi alla vostra attenzione è esattamente in senso contrario alle indicazioni della Commissione Europea”.
Chi lo conosce bene sa che l’uomo non concede attenuanti neanche a sé stesso, e che il suo rigore morale va al sopra di ogni cosa: “Quando sento dire “ce lo chiede l’Europa” da parte di chi si oppone ai provvedimenti a tutela della presunzione d’innocenza ci dovrebbe dire cosa chiede l’Europa, con quale atto ce lo chiede e perché la legislazione italiana non si sarebbe ancora adeguata. La delega al Governo introdotta dall’altro ramo del Parlamento e qui in discussione tende proprio a tutelare in concreto la presunzione di innocenza. ln particolare, lì dove prevede il divieto di pubblicazione integrale o per estratto dell’ordinanza di custodia cautelare finché non siano concluse le indagini preliminari, e cioè fino a quanto il cittadino indagato non sa ancora di esserlo”.
Giuseppe Benedetto legge i suoi appunti, ma in realtà va a braccio, sono temi che come uomo di legge conosce meglio di chiunque altro, e sono principi -lui li chiama così- su cui nessuno di noi dovrebbe mai fare marcia indietro.
“Vi è subito da chiarire che tale pubblicazione dell’ordinanza di custodia cautelare- precisa il giurista- oggi è consentita solo grazie ad una modifica dell’Art. II4 c.p.p. intervenuta nel 2017. Prima di quella modifica non era consentita. Cercherò di chiarire perché è opportuno che da ora in avanti non sia più consentita. lntanto, un’osservazione di ordine generale. Mi sono chiesto perché mai con tanta virulenza alcuni PM di scagliano contro questa norma? Sono comprensibili, ma dirò perché non condivisibili, le critiche anche forti”.
A costo di risultare impopolare, ma il Presidente della Fondazione Einaudi è più determinato che mai.
Dice testualmente: “Ricordo il tempo in cui proprio i magistrati, giustamente, si appellavano al segreto istruttorio. Dovrebbe infatti essere interesse di chi conduce le indagini non diffondere le notizie almeno nelle fasi iniziali più delicate. Ma, guarda caso, sono proprio questi magistrati i più acerrimi critici della novella”.
Per il Presidente Giuseppe Benedetto “ln realtà oggi queste polemiche nascono da un’altra novità legislativa, quella che non consente più ai PM, se non in casi eccezionali, le tanto amate conferenze stampa sostituite dalle più sobrie comunicazioni del Procuratore Capo”.
E qui la nota dolens della giornata e della sua audizione in Commissione: “La paradossale conseguenza di questa limitazione – precisa il Presidente Fondazione Einaudi–è che il PM scarica in centinaia di pagine di ordinanza custodiale tutta una serie di elementi ad colorandum relativi alla presunta colpevolezza dell’indagato. Ricordiamoci, innocente per ancora lunghi anni (fino a sentenza passata in giudicato). E non sto qui a parlare del GlP, figura sempre più evanescente, che quasi sempre riporta pedissequamente quanto proposto dal PM. Appare superfluo aggiungere che, sino alla fase delle indagini, in campo c’è sostanzialmente solo una parte: l’accusa. E dunque, la voce della difesa più che flebile è inesistente”.
Sembrava dover essere la sua una audizione tranquilla, priva di polemiche, ma in realtà il giurista siciliano mette alle corde il sistema-giustizia-Paese come forse nessun altro prima di lui aveva saputo fare: “Allora mi chiedo: tale norma è a tutela o no degli oltre 100mila persone ingiustamente arrestate dal 1992 ad oggi e tutte sottoposte alla gogna mediatica che ben conosciamo? Insomma, chi esce dal processo innocente ha il diritto o no ad avere la sua reputazione integra? E lo Stato deve tutelare questo diritto?”.
Domande sacrosante, a cui il sistema giudiziario italiano non ha mai dato una risposta serena ed esauriente.
“Ricordo, peraltro, en passant – osserva ancora il Presidente Benedetto- che il divieto di pubblicazione non è assoluto, ma il giornalista può ben trarne un sunto per darne comunicazione e doverosamente informare su fatti di pubblico interesse. ln conclusione, la norma in discussione in questa commissione è un altro tassello della civiltà giuridica che consente di evitare quanto è successo troppe volte in questi anni. Cioè, che il processo penale duri un’ora, l’ora della conferenza stampa del Pubblico Ministero”.
Come si fa a non dargli ragione?
“Lì –conclude il Presidente della Fondazione Einaudi- viene distrutta una reputazione e il danno mai più sarà riparato. Se per molti magistrati gli indagati sono solo numeri, se per alcuni giornalisti sono solo notizie, per un liberale sono persone in carne e ossa, innocenti o meno”.
Se fossimo stati in teatro – osservano molti dei senatori presenti- avremmo pe forza di cose assistito ad una standing ovation a favore del Presidente Giuseppe Benedetto, ma in Senato il rigore e lo stile parlamentare non lo consentono. Ma mai come in questo caso le parole sono pietre.
Mai così pesanti contro una giustizia che spesso fa acqua da tutte le parti.
di Pipo Nano, primapaginanews.it
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Il PD e la bussola dell’atlantismo
Nikki and the Corvettes
Ad avviarmi verso quel magnifico caleidoscopio di suoni, emozioni, sensazioni che viene generalmente etichettato come power pop, è stato indubbiamente Greg Shaw. Con i suoi scritti su Bomp e con le sue pubblicazioni, mi ha letteralmente preso per mano conducendomi in un mondo fatato dal quale nessuno potrà mai allontanarmi.
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Nella “famiglia” degli F-35 c’è ancora posto per la Turchia?
L’apertura, seppur condizionata alla partita degli S-400, arriva dal vice segretario di Stato americano Victoria Jane Nuland che durante una recente visita nel Paese ha espresso la posizione dell’amministrazione Usa, in un momento in cui la stabilizzazione dell’alleato Nato si è manifestata in due azioni concrete, come il via libera parlamentare all’ingresso della Svezia nella Nato e l’accordo diplomatico di cooperazione siglato con la Grecia, dopo anni di tensioni. Nell’ultimo periodo parecchi aesi europei hanno acquistato caccia F-35 e a Cameri in Piemonte è operativo, come è noto, il centro di assemblaggio.
Qui Ankara
La mossa segna uno slancio positivo nei rapporti Washington-Ankara. Ma condicio sine qua non è la soluzione della questione relativa al sistema missilistico russo, che provocò l’espulsione di Ankara dal programma del caccia di quinta generazione. L’obiettivo di Washington è garantire che la Turchia mantenga una solida difesa aerea che non contrasti con gli strumenti a disposizione degli alleati atlantici. “Stavamo negoziando la vendita del Patriot, e mentre quei negoziati erano in corso, la Turchia è andata in un’altra direzione”, ha aggiunto Nuland.
Da un punto di vista tecnico il governo Erdogan aveva manifestato l’intenzione di chiedere il rimborso del pagamento già effettuato per gli F-35 e da quel momento ha avanzato una seconda richiesta parallela agli Usa: ottenere caccia F-16 e kit di modernizzazione per aggiornare la propria flotta esistente. Dopo anni di tensioni, una settimana fa l’amministrazione Biden ha sbloccato la vendita di 40 nuovi F-16, oltre a quasi 80 kit, per un totale di 23 miliardi di dollari dopo che la Turchia ha ratificato l’adesione alla Nato della Svezia.
I paesi interessati
La scelta compiuta da alcuni paesi di ottenere il caccia di quinta generazione è riconducibile allo status degli F-35, ovvero spina dorsale di una risposta militare corale in seno alla Nato. Al momento sono quattro le aeronautiche militari del Vecchio continente che lo posseggono: Italia, Norvegia, Paesi Bassi, Regno Unito mentre altri sette Paesi sono in procinto di ricevere diverse quantità di caccia, ovvero Belgio, Finlandia, Germania, Polonia, Svizzera, Grecia e Danimarca. La Spagna è uno dei candidati futuri. Entro il 2035 saranno seicento gli F-35 dislocati in Europa.
Recentemente anche Praga ha raggiunto un accordo con Washington per l’acquisto di quattro F-35, diventando il diciottesimo Paese del programma globale (la consegna del primo velivolo è prevista per il 2031). Atene è ormai quasi certa di averne una squadriglia: entro il 2028 arriveranno in Grecia i primi due caccia, dopo che il governo Mitsotakis ha già acquistato 18 Rafale dalla Francia e ha avviato i lavori per il raddoppio della base som di Souda bay a Creta, che diventerà così la nuova piattaforma galleggiante in chiave Nato nel Mediterraneo orientale.
Scenari
Non si tratta, come qualche voce contraria ha osservato nei giorni scorsi, di una mera corsa al riarmo, piuttosto la mossa atlantica nel Mediterraneo presenta una sua ratio strategica e di visione: in un momento caratterizzato dai fronti bellici triplicati (all’Ucraina si sono sommati Gaza e il Mar Rosso), e con un fortissimo tasso di potenziale destabilizzazione in quadranti di per sé già ultra sensibili come il Medio Oriente e il golfo di Aden, non può essere relegata in secondo piano una stagione di programmazione alla voce difesa e sicurezza. Questa la ragione che ha portato nell’ultimo periodo ad una serie di valutazioni da parte di leaders europei sui rischi di guerra: ovvero crescenti avvertimenti sul fatto che l’Europa potrebbe trovarsi coinvolta in un conflitto con la Russia.
Rossella Latempa
in reply to Informa Pirata • • •3. Il tuo futuro è scritto nei test INVALSI: aprire la black box
ROARSInforma Pirata likes this.
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Rossella Latempa
Unknown parent • • •Non ho risposte in merito, solo domande
Rossella Latempa
Unknown parent • • •Per niente anonime. Le certificazioni INVALSI sono individuali (in foto la certificazione INVALSI dei 13 enni)
Rossella Latempa
Unknown parent • • •@ilgallo
Il punto non è chi, attualmente, ha accesso ai dati. Il punto è: che significato attribuiamo a quei dati, come sono stati ottenuti, come è possibile controllarli e verificarli.
Ad esempio accade che in alcune scuole quei dati vengano usati per “attenzionare” gli studenti che l’INVALSI classifica come “fragili”. Per sottoporli a trattamenti differenziati nell’ambito dei progetti PNRR.
Direi che non c’è da stare tanto tranquilli.
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Rossella Latempa
Unknown parent • • •Quale documento?
Rossella Latempa
Unknown parent • • •Beh allora non trovo niente di ragionevole in quella circolare.
Se mio figlio fosse tra gli studenti schedati come “fragili” e quindi destinati a corsi di potenziamento pomeridiano, vorrei capire in base a quali criteri è stato valutato, vedere la prova che ha svolto, conoscere i nomi di chi la ha corretta.
È possibile fare questo con gli esiti dei test INVALSI? No.
Rossella Latempa
Unknown parent • • •Qual è il senso di questa operazione, se come dici tu, nessuno meglio di un maestro o un insegnante conosce le fragilità degli studenti? Cosa può aggiungere un esito statistico non controllabile proveniente da risposte a quesiti non accessibili alla conoscenza del maestro? Nulla.
Ma l’etichetta di fragile rimane nel database scolastico. E non solo.
Quanto costa questa operazione, moltiplicata per milioni di studenti?
Chi la ha decisa?
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