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Ucraina due anni dopo. Il ruolo della deterrenza secondo Caruso (Sioi)


Il 24 febbraio verrà ricordato nei libri di storia e da tutti noi come lo è stato per la caduta del muro di Berlino o l’attacco alle Torri gemelle. Le conseguenze e le ripercussioni dell’invasione russa dell’Ucraina hanno avuto un impatto profondo su dive

Il 24 febbraio verrà ricordato nei libri di storia e da tutti noi come lo è stato per la caduta del muro di Berlino o l’attacco alle Torri gemelle. Le conseguenze e le ripercussioni dell’invasione russa dell’Ucraina hanno avuto un impatto profondo su diversi aspetti della geopolitica e della sicurezza internazionale. A due anni dall’inizio dell’invasione russa, il conflitto ha segnato profondamente il panorama internazionale, con ripercussioni che vanno ben oltre i confini dei due Paesi coinvolti.

Indubbiamente l’invasione russa dell’Ucraina ha causato un riorientamento dell’ordine internazionale accelerando un riassetto geopolitico già in corso e spingendo molti Paesi a rivalutare le loro alleanze e le loro strategie di sicurezza. La risposta dell’Occidente, in particolare dell’Unione europea e degli Stati Uniti, ha mostrato un rafforzamento della solidarietà transatlantica, ma anche l’emergere di divisioni più profonde a livello mondiale, accentuandone la polarizzazione globale.

Il conflitto ha evidenziato l’importanza della tecnologia e dell’innovazione militare, con un particolare focus sull’uso dei droni, della difesa missilistica, della guerra cibernetica e delle tecniche di informazione e disinformazione. Questo ha portato ad una riconsiderazione delle priorità di difesa e degli investimenti in tecnologia da parte di molti Paesi. L’Ucraina si è rapidamente militarizzata in risposta all’invasione, ricevendo un significativo supporto militare da parte dei Paesi occidentali con un conseguente cambiamento nelle dinamiche di potere nella regione. Allo stesso tempo, la minaccia percepita dall’aggressione russa ha accelerato i dibattiti sull’ampliamento della Nato, con la Svezia e la Finlandia che hanno cercato l’adesione all’alleanza, marcando una significativa evoluzione nella politica di sicurezza europea che ha cambiato profondamente gli equilibri geo-strategici, in Europa e nel mondo intero. La guerra ha spinto i Paesi Nato, e non solo, a rivedere le loro strategie di deterrenza e di difesa, con un’enfasi rinnovata sulla prontezza militare, la difesa collettiva, la sicurezza energetica e nuovi strumenti per affrontare le minacce ibride e cibernetiche.

La situazione sul campo di battaglia, secondo esperti consultati dall’Atlantic Council, è lontana dall’essere in stallo, evidenziando invece una dinamica di costante cambiamento. In particolare, l’Ucraina ha ottenuto successi significativi nel mar Nero, compromettendo le operazioni di blocco russe e aprendo corridoi marittimi per l’esportazione del grano ucraino sui mercati globali. Questi sviluppi dimostrano l’adattabilità e la resilienza ucraina, mentre la Russia non ha ottenuto il totale controllo del mar Nero, area che Vladimir Putin ritiene di vitale importanza per considerare la Russia come una potenza continentale.

Permangono, tuttavia, molteplici interrogativi riguardo alla sufficienza dell’aiuto militare fornito, con rilievi sulla necessità di un supporto più significativo per garantire successi concreti anche sul fronte terrestre. Le titubanze di molte cancellerie occidentali, l’incapacità delle economie europea e statunitense – a differenza di quella russa – di trasformarsi rapidamente in economie di guerra, hanno evidenziato l’incapacità dei Paesi occidentali di affrontare conflitti su larga scala e per lunghi periodi di tempo, che richiedono grande impegno di risorse economiche e umane.

Risorse umane che l’Ucraina ha dimostrato di saper impegnare sia in campo militare che civile. Se le Forze armate ucraine hanno subito perdite significative, la popolazione civile ucraina ha subito perdite devastanti e sfide umanitarie immense. Milioni sono stati sfollati, sia internamente che come rifugiati nei Paesi vicini, affrontando la distruzione delle infrastrutture e gravi crisi umanitarie. La resilienza civile, tuttavia, è stata notevole, con un forte senso di unità nazionale e di resistenza culturale emergente in risposta all’aggressione.

Dal punto di vista economico, le sanzioni economiche imposte alla Russia da una larga coalizione di Paesi hanno avuto un impatto significativo sulle relazioni commerciali internazionali, accelerando i processi di decoupling economico e la ricerca di catene di approvvigionamento più resilienti e diversificate. Fattori che stanno anche influenzando il dibattito su temi come la sicurezza energetica, la fragilità delle supply chain globali, specialmente in settori critici come quello energetico e alimentare. Paesi in tutto il mondo hanno risentito degli shock alle supply chain, con conseguenze sulla sicurezza alimentare, sui prezzi dell’energia e sull’inflazione globale.

Sul fronte della ricostruzione, la guerra ha imposto un pesante fardello all’Ucraina. Secondo Rand corporation, il costo per la ricostruzione del Paese è stato stimato in 349 miliardi di dollari già a settembre 2022, superiore al Pil pre-invasione dell’Ucraina e tre volte maggiore rispetto all’assistenza militare, umanitaria e finanziaria fornita dall’inizio del conflitto. Nonostante le richieste di riparazioni, appare improbabile che l’Ucraina riceva compensazioni dirette dalla Russia, preparandosi piuttosto a un conflitto prolungato e su larga scala.

In conclusione, l’invasione russa dell’Ucraina ha generato una complessa rete di sfide e cambiamenti che vanno dalla sicurezza militare alla geopolitica, dall’economia alla sicurezza energetica. La risposta internazionale e la resilienza ucraina continuano a essere fondamentali nel plasmare il futuro di questa crisi, con implicazioni che vanno ben oltre i confini regionali. Guardando al futuro, è chiaro che la guerra in Ucraina continuerà ad avere un impatto profondo a livello globale. La sfida per la comunità internazionale sarà non solo quella di sostenere l’Ucraina nel suo percorso di ricostruzione e resistenza, ma anche di riconfigurare le relazioni internazionali in un modo da prevenire conflitti futuri di questa scala. Il presidente americano Theodore Roosevelt usava dire: “Parla con gentilezza e portati dietro un grosso bastone”.

La deterrenza giocherà un ruolo essenziale in questi equilibri tra potenze sempre più polarizzate. La prevenzione dei conflitti si potrà ottenere solo con una visione lungimirante, un saggio impiego della diplomazia unito ad uno strumento militare credibile, ingredienti essenziali per affrontare le sfide poste da questa crisi senza precedenti e cruciali per navigare nelle acque turbolente dei prossimi anni.


formiche.net/2024/02/ucraina-d…




Di che si trattora


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Ogni 10 febbraio siamo costretti ad assistere alla perpetua falsificazione della memoria. Ogni anno la storia viene riscritta, i carnefici diventano le vittime

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Ritrovata senza vita Hind, la bimba palestinese scomparsa. Uccisi anche i due paramedici inviati a salvarla


Dopo 12 giorni di appelli e di speranza, è stato recuperato il corpo della bambina di 6 anni che aveva trascorso ore, bloccata in auto, al telefono con i suoi soccorritori. Uccisi anche i volontari della Mezzaluna Rossa L'articolo Ritrovata senza vita Hi

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Pagine Esteri, 10 febbraio 2024. Si è conclusa nel peggiore dei modi la storia e la vita di Hind Hamada, La bambina palestinese di soli 6 anni che è rimasta per ore al telefono con i soccorritori nell’automobile attaccata dai carri armati israeliani.

Dopo 12 giorni la piccola, per la cui sorte si era alzato un coro di appelli internazionali, è stata ritrovata morta nel mezzo in cui viaggiava insieme ai suoi parenti, mentre fuggiva da Gaza City verso il sud della Striscia.

Tutti uccisi i membri della sua famiglia, compresi altri bambini.

La storia di Hind ha fatto il giro del mondo: la sua voce spaventata che supplicava aiuto, registrata per ore dal centralino della Mezzaluna Rossa Palestinese, rimarrà per sempre un grido inascoltato.

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Come quella della sua cuginetta Layan, di 15 anni, la prima a rispondere ai volontari della PRCS. La sua morte è avvenuta in diretta audio: “siamo bloccati in macchina, ci sono i carri armati vicino a noi, ci stanno attaccando”. Poi spari, urla e nulla più.

Alla chiamata successiva è stata Hind a rispondere. Ha detto che tutti gli altri erano morti e che lei era ferita. Ha parlato per ore con Rana al-Faqeh, una coordinatrice della Mezzaluna Rossa e anche con sua madre, Wissam, che pur essendo di poco distante non poteva accedere alla zona in cui l’esercito israeliano stava operando con i mezzi corazzati.

Lo stesso valeva per le ambulanze della Mezzaluna che hanno provato a coordinare una difficile operazione di soccorso con i militari, per garantire il passaggio sicuro del mezzo e degli operatori che si trovavano all’interno, Yousef Zeino e Ahmed Madhoun.

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Yousef Zeino e Ahmed Madhoun, i due volontari della Mezzaluna Rossa uccisi mentre provavano a salvare Hind, di 6 anni

Quel lunedì 29 gennaio l’ambulanza, infine, è partita: si stava facendo sera e Hind pregava al telefono di essere portata via, diceva di aver paura del buio.

I membri della Mezzaluna hanno comunicato alla sala operativa di essere arrivati sul posto in cui si trovava l’automobile con la bambina e la sua famiglia massacrata. Erano le 18 circa.

Secondo lo zio, Hind è riuscita a dire al telefono, in collegamento con la madre, di vedere da lontano l’ambulanza. E queste sono state le sue ultime parole.

Poi più nessuna notizia, per 12 giorni, di Hind né dei volontari della Mezzaluna.

Questa mattina è venuta a galla la terribile verità: tutti morti. La bimba di 6 anni, i suoi cuginetti e i suoi zii e anche Yousef e Ahmed. Uccisi tutti. L’ambulanza è stata bombardata.

Dal giorno della scomparsa la Mezzaluna ha pubblicato appelli quotidiani per provare ad avere notizie dei suoi membri e di Hind. Ma è stato tutto inutile. Erano tutti morti quel giorno eppure l’esercito israeliano ha prima dichiarato di non essere a conoscenza di “incidenti” nella zona e poi ha detto che avrebbe “indagato”.

Non è stato possibile per nessuno raggiungere l’area.

Hind si trovava in quell’automobile solo perché troppo piccola per camminare ore a piedi, come invece hanno fatto i suoi fratelli più grandi e i suoi genitori, per provare a raggiungere l’ospedale Ahli, nella speranza di trovarvi rifugio.

Quella mattina l’esercito israeliano aveva ordinato agli abitanti di evacuare la zona Ovest di Gaza City ed era esattamente quello che la famiglia di Hind stava facendo.

Mentre procedeva in direzione sud, l’automobile si è trovata circondata dai carri armati. Lo zio di Hind ha provato a fermarsi nella stazione di servizio di Fares, sperando di essere al sicuro. Ma è stato tutto inutile.

12 giorni ci sono voluti per avere notizie della loro sorte, per recuperare i corpi, in una Striscia di Gaza occupata ormai alla violenza senza controllo, dove la distruzione e gli omicidi extragiudiziali sono diventati il pane quotidiano per una popolazione abbandonata a se stessa e alla legge dell’esercito israeliano.

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Oggi #10febbraio ricorrono i 20 anni dall’istituzione del #GiornodelRicordo dedicato alla memoria delle vittime delle foibe e dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra.


VERSIONE ITALIANA FRANCIA, SECONDO LA CNIL LA VIOLAZIONE DEI DATI DELLE ASSICURAZIONI SANITARIE RIGUARDA QUASI LA META’ DELLA POPOLAZIONEAlla fine di gennaio in Francia I dati di oltre 33 milioni di persone sono stati compromessi in un attacco informatico. L’incidente coinvolge due compagnie di assicurazione sanitaria, Viamedis ed Elmer’s, e riguarda gli assicurati e le …


Arma dei Carabinieri italiana e la Polizia di Malta (Pulizija) impegnati in un'operazione contro una rete criminale coinvolta nel favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, nella frode documentale e nella falsificazione di valuta.


Nove arresti a Napoli e lo smantellamento di sette tipografie contraffatte sono il risultato di una prolungata attività di indagine avviata dal Comando Carabinieri Antifalsificazione Monetaria di Roma nel settembre 2020. I sequestri comprendono centinaia di documenti di identità falsi, apparecchiature e materiali contraffatti nonché altri beni, per un valore complessivo di circa 1 milione di euro.
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I membri della rete criminale avrebbero agevolato l'immigrazione clandestina attraverso la produzione e la diffusione di patenti di guida, documenti di immatricolazione e documenti di identificazione nazionale falsi, nonché falsificazione e traffico di banconote in valuta estera.
Il gruppo criminale è stato particolarmente attivo in Italia e a Malta, dove ha distribuito grandi quantità di passaporti vergini falsi a migranti irregolari provenienti da paesi sub-sahariani e del Medio Oriente. I documenti falsificati, di qualità particolarmente elevata, hanno permesso ai migranti di imbarcarsi su voli da Malta e dall'Italia verso numerose destinazioni dell'Europa occidentale. Le autorità hanno sequestrato molti di questi documenti contraffatti in Belgio, Svizzera, Francia e Italia.
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L'indagine ha inoltre rivelato che il gruppo criminale era coinvolto in una serie di altre attività criminali, tra cui l'occultamento di veicoli rubati e la produzione di grandi quantità di banconote da 20.000 franchi congolesi contraffatte. Si stima che banconote contraffatte per un valore totale di 54 milioni di franchi congolesi (circa 18.000 euro) siano state prodotte con l'intenzione di essere introdotte nel sistema finanziario della Repubblica Democratica del Congo.
Anche #Europol ha sostenuto questa indagine facilitando lo scambio di informazioni, coordinando le attività operative e fornendo supporto analitico operativo su misura, nonché con due esperti – uno specialista nel traffico di migranti e uno nella contraffazione monetaria – per supportare le attività sul campo effettuando un controllo incrociato delle informazioni operative raccolte in tempo reale.

Per saperne di più sul Comando carabinieri Anfalsificazione Monetaria =>
carabinieri.it/chi-siamo/oggi/…

#Armadeicarabinieri #ComandoCarabinieriAntifalsificazioneMonetaria #Pulizija #Malta



GAZA. Mentre Israele attacca Rafah, gli Stati Uniti lanciano solo inviti alla cautela


Funzionari Usa e lo stesso Biden hanno espresso in questi giorni le critiche più taglienti per le vittime civili fatte da Israele a Gaza, ma non c'è nulla che suggerisca che la retorica di Washington sarà sostenuta da qualche azione. L'articolo GAZA. Men

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della redazione con informazioni diffuse dall’agenzia Reuters

Pagine Esteri, 9 febbraio 2024Funzionari statunitensi hanno espresso in questi giorni le critiche più taglienti per le vittime civili fatte da Israele a Gaza. Lo stesso presidente Joe Biden ha descritto ieri come “esagerata” la reazione di Israele all’attacco di Hamas il 7 ottobre. Ma mentre lo Stato ebraico sposta il centro della sua offensiva militare su Rafah, ma non c’è nulla che suggerisca che la retorica di Washington sarà sostenuta da qualche azione concreta.

Mercoledì, durante il suo quinto viaggio nella regione dopo l’attacco mortale di Hamas del 7 ottobre, il Segretario di Stato Antony Blinken ha criticato l’attività militare israeliana a Gaza, affermando che il numero delle morti civili resta troppo alto anche dopo ripetuti avvertimenti e ha suggerito a Israele passi specifici da seguire.

Qualsiasi “operazione militare intrapresa da Israele deve mettere i civili al primo posto… E questo è particolarmente vero nel caso di Rafah”, a causa della presenza di più di un milione di sfollati, ha detto Blinken in una conferenza stampa. Ma quando gli è stato chiesto se gli Stati Uniti sarebbero rimasti a guardare mentre le forze israeliane prendevano di mira Rafah, Blinken ha solo ripetuto la posizione americana secondo cui l’operazione militare israeliana dovrebbe mettere i civili al primo posto.

I diplomatici statunitensi hanno esortato Israele a cambiare la sua tattica a Gaza per mesi, senza successo. Washington però non ha avviato misure che avrebbero potuto esercitare una maggiore pressione, come ridurre i 3,8 miliardi di dollari di assistenza militare annuale a Israele o modificare il sostegno alle Nazioni Unite al suo alleato di lunga data. I critici affermano che ciò fornisce un senso di impunità a Israele.

Aaron David Miller del Carnegie Endowment for International Peace ha citato fattori, tra cui il sostegno personale del presidente Joe Biden a Israele e alla sua politica come ragioni per cui gli Stati Uniti non hanno intrapreso tali passi. L’Amministrazione continuerà a “lavorare con gli israeliani, a volte parlerà duro, ma finché non si vedrà qualche prova concreta che sono pronti a fare davvero delle cose…non vedo cosa potrebbe accadere”, ha detto Miller.

Più della metà degli abitanti di Gaza si trovano a Rafah, al confine egiziano, molti dei quali si sono spostati più volte per sfuggire al conflitto. Israele ha già bombardato Rafah e i residenti temono un attacco di terra. Il ministro della Difesa Yoav Gallant ha detto che la campagna israeliana si espanderà alla città per prendere di mira i militanti (di Hamas). Ieri, il portavoce della Casa Bianca, John Kirby, ha affermato che qualsiasi attacco a Rafah senza la dovuta considerazione per i civili sarebbe “un disastro”. Secondo funzionari del ministero della sanità a Gaza, quasi 28.000 persone sono state uccise nella campagna militare israeliana.

Israele ha scatenato la sua guerra affermando di voler sradicare Hamas dopo che i militanti di Gaza avevano lanciato un’incursione shock nel sud di Israele il 7 ottobre, uccidendo 1.200 persone e sequestrando circa 240 ostaggi. “Gli israeliani sono stati disumanizzati nel modo più orribile il 7 ottobre…Ma questa non può essere una licenza per disumanizzare gli altri”, ha detto Blinken.

Israele afferma di adottare misure per evitare vittime civili e accusa i militanti di Hamas di nascondersi tra i civili, anche nei rifugi scolastici e negli ospedali, provocando ulteriori morti tra i civili. Hamas lo nega. Pagine Esteri

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Netanyahu: “Attaccheremo Rafah. La popolazione deve evacuare”


Il "piano finale" israeliano è cominciato. A Rafah ci sono circa 1,2 milioni di palestinesi su una popolazione totale che a Gaza, prima della guerra, era di circa 2,3 milioni. Secondo Save the Children la maggior parte dei 610.000 bambini sfollati sono or

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di Eliana Riva –

Pagine Esteri, 9 febbraio 2024. “È impossibile raggiungere l’obiettivo di eliminare Hamas lasciando quattro battaglioni di Hamas a Rafah. Al contrario, è chiaro che l’intensa attività a Rafah richiede che i civili evacuino le zone di combattimento”. La dichiarazione del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha confermato ciò che già da giorni si immaginava sarebbe accaduto e che metà della popolazione palestinese, per la maggior parte sfollati mandati a Rafah dall’esercito israeliano, più di tutto ora teme.

Il “piano finale” israeliano è partito. Nonostante il seppur timido e tardivo “no” del presidente degli Stati Uniti d’America. “Israele sta esagerando” ha dichiarato Biden dopo 28.000 morti. “Ogni operazione a Rafah, con oltre un milione di palestinesi che vi si rifugiano, sarebbe un disastro e non la sosterremmo senza un’appropriata pianificazione” gli ha fatto eco il segretario di Stato Blinken dopo la sua ultima, infruttuosa visita a Tel Aviv.

E il momento della pianificazione, per bocca dello stesso Netanyahu, è subito arrivato. Il premier ha infatti ordinato alle forze armate di presentare al governo un “piano combinato per l’evacuazione della popolazione e la distruzione di Hamas”.

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Dopo il via libera americano alle “ammonizioni” per Israele, anche l’Alto rappresentante dell’Unione Europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, ha scritto su X che l’attacco israeliano a Rafah avrebbe “conseguenze catastrofiche, peggiorando la già terribile situazione umanitaria e l’insopportabile bilancio civile”

1.4 million Palestinians are currently in #Rafah without safe place to go, facing starvation.

Reports of an Israeli military offensive on Rafah are alarming. It would have catastrophic consequences worsening the already dire humanitarian situation & the unbearable civilian toll.
— Josep Borrell Fontelles (@JosepBorrellF) February 9, 2024

Sono almeno 21 le persone uccise oggi dai cecchini israeliani appostati sui tetti delle abitazioni a Khan Yunis. Tutte provavano a entrare nell’ospedale Nasser o a uscirne. Anche il personale sanitario è stato attaccato. Un video mostra una giovane ragazza colpita dai cecchini a pochi metri dalle scuole piene di sfollati di fronte alla struttura sanitaria. Il sangue si è allungato in una lunga pozzanghera ed era ancora lì quando, ore dopo, decine di persone disperate provavano a conquistare due taniche di acqua potabile senza affacciarsi in strada. Con una lunga corda tiravano un piccolo carretto che doveva arrivare dall’ospedale alle scuole, attraversando così la strada, diventata ormai letale per gli esseri umani e, talvolta, anche per gli animali.

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L’Autorità Nazionale Palestinese ha condannato le dichiarazioni di Netanyahu e ha dichiarato che l’intenzione di attaccare Rafah e di evacuare i cittadini palestinesi costituisce “un serio preludio all’attuazione della politica israeliana volta a cacciare il popolo palestinese dalla propria terra“. L’ANP ha aggiunto, con toni minacciosamente impotenti, che riterrà il governo israeliano e gli Stati Uniti responsabili delle ripercussioni. Facendo appello al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, l’Autorità ha chiesto un intervento che possa evitare “un’altra Nakba che spingerà l’intera regione in infinite guerre”.

In serata, dal Libano, Hezbollah ha effettuato uno dei più numerosi lanci di missili (60 verso Kiryat Shmona) da quando il confronto armato con Israele ha avuto inizio.

A Rafah ci sono circa 1,2 milioni di palestinesi su una popolazione totale che a Gaza, prima della guerra, era di circa 2,3 milioni. Secondo Save the Children la maggior parte dei 610.000 bambini sfollati sono ora intrappolati a Rafah in un’area inferiore a un quinto della superficie totale della Striscia. Molti di loro sono stati già sfollati più volte dall’esercito israeliano, dal nord di Gaza verso il centro e poi dal centro verso il sud. Le autorità israeliane hanno lanciato volantini per avvisare la popolazione di andar via, nell’imminenza di attacchi aerei e incursioni dei mezzi di terra, indicando loro con complicate numerazioni, le zone designate come sicure. Una per una quelle zone sono state attaccate e alla popolazione è stato detto ancora di spostarsi. Sempre più al sud, fino a raggiungere il punto più estremo, al confine con l’Egitto, che è appunto Rafah.

Intanto al nord e al centro i bulldozer, i carri armati e gli esplosivi israeliani distruggevano interi quartieri residenziali, campi coltivati, stadi sportivi, moschee, scuole. Con l’obiettivo, non di rado pubblicamente dichiarato, anche sui social network, di rendere impossibile il ritorno dei cittadini gazawi mandati via dalle proprie case.

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La situazione umanitaria a Rafah è disperata e inumana. Vi è affollata ormai circa metà dell’intera popolazione della Striscia. Non c’è spazio e non ci sono risorse per tutti. Si dorme in rifugi di fortuna, nelle scuole, negli ospedali, nelle macchine o per strada. Manca l’acqua e procurarsela, con i cecchini israeliani appostati, è estremamente difficile e pericoloso. I feriti non possono raggiungere gli ospedali e quelli che lo fanno trovano una situazione agghiacciante: non c’è spazio, non c’è personale, non bastano le medicine, i pazienti sono stesi a terra, tra i rifiuti medici non più smaltibili. La notizia di un’imminente attacco israeliano manda nel panico la popolazione già esageratamente provata. Non c’è altra via da percorrere per fuggire. Schiacciati al confine con l’Egitto che non intende prendersi cura di una popolazione che non vorrebbe lasciare la propria terra, il “piano finale” di cui lo stesso governo israeliano parlava a inizio guerra e che era stato apparentemente messo da parte, pare ore l’unico sviluppo possibile. A meno che non si trovi il modo di costringere Netanyahu a desistere, “l’evacuazione” della popolazione non potrebbe che avvenire al di fuori della Striscia di Gaza, fatta pezzi, saccheggiata, deflagrata, resa inabitabile, cancellata.

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   Paolo Favilli*   «È una gran cosa essere capaci di vedere ciò che è sotto il proprio naso. Di solito non lo facciamo, ma è un grande tal

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Brasile. Retata contro il partito di Bolsonaro. Trovate prove sul tentato golpe


La polizia brasiliana avrebbe trovato le prove dell'organizzazione di un colpo di stato da parte dell'ex presidente di estrema destra Jair Bolsonaro per impedire l'insediamento di Lula L'articolo Brasile. Retata contro il partito di Bolsonaro. Trovate pr

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di Redazione

Pagine Esteri, 9 febbraio 2024 – La polizia brasiliana ha realizzato una vasta operazione, denominata “Tempus Veritatis”, che ha sinora portato al sequestro del passaporto dell’ex presidente di estrema destra Jair Bolsonaro (che lo scorso anno, in occasione dell’apertura delle indagini, si rifugiò per alcuni mesi negli Stati Uniti) e all’arresto di due suoi ex collaboratori, Felipe Martins e Marcelo Camara, oltre che del presidente del Partito Liberale, Valdemar Costa Netto, trovato in possesso di un’arma da fuoco illegale.

Le indagini coinvolgono anche Augusto Heleno, già ministro e capo del servizio di sicurezza statale, l’ex ministro della Giustizia Anderson Torres, l’ex ministro della Difesa, nonché candidato vice presidente, Walter Braga Netto, l’ex comandante dell’esercito Paulo Sergio Nogueira.

Nel corso di una perquisizione nei locali della sede del Partito liberale (Pl), della residenza di Bolsonaro e degli uffici di vari generali, la polizia avrebbe trovato le prove che una vasta rete politico-militare nel 2022 aveva organizzato un colpo di Stato alla vigilia delle elezioni di ottobre.

Nell’ambito delle indagini sul golpe organizzato per non riconoscere il risultato della competizione vinta da Lula da Silva – e che vide, l’8 gennaio 2023, migliaia di estremisti di destra marciare su Brasiliae mettere a ferro e fuoco numerose istituzioni federali sul modello dell’assalto al Campidoglio di Washington – la polizia ha affermato di aver trovato nella sede del Partito Liberale anche la bozza di un documento che «annuncia la dichiarazione dello stato d’assedio».
«Alla luce di quanto sopra, e per garantire il necessario ripristino dello Stato di diritto democratico in Brasile (…) sulla base di espresse disposizioni della Costituzione federale del 1988, dichiaro lo stato d’assedio e, come atto continuo, decreto l’operatività per garantire la legge e l’ordine», si legge nel paragrafo finale del documento, non firmato ma che presumibilmente avrebbe dovuto essere applicato dal presidente in carica per impedire l’avvicendamento con il vincitore delle elezioni.

Secondo gli inquirenti, sulla base della testimonianza del consigliere della Corte Suprema Federale Alexandre de Moraes, Bolsonaro non solo era a conoscenza del progetto di golpe ma ne era di fatto il regista occulto. Il leader dell’estrema destra avrebbe visionato personalmente la bozza del piano, correggendone alcune parti e dettando i tempi e le modalità di applicazione.

Nel corso della perquisizione gli agenti hanno anche rinvenuto, nel computer dell’ex aiutante di campo di Bolsonaro ed ora “collaboratore di giustizia” Mauro Cid, un filmato girato il 5 luglio 2022 in cui l’ex presidente Bolsonaro rivolge un appello ai ministri a lui più vicini, per preparare una strategia basata su fake news che contribuisse a creare un clima di forte conflitto nel paese alimentando i dubbi sulla trasparenza del sistema elettorale. Nel video Bolsonaro incita ex ministri e generale a diffondere informazioni false per sobillare una rivolta e ribaltare l’esito delle elezioni previste nel gennaio del 2023. Pagine Esteri

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Movie Star Junkies Boy, Life Is Chaos/Days Gone 7"


Due sono le canzoni proposte; la prima è Boy, Life Is Chaos, tesa allo spasimo come una corda che sta per spezzarsi, evocando atmosfere poeticamente decadenti da crepuscolo della repubblica di Weimar.

@Musica Agorà

iyezine.com/movie-star-junkies…

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Questo personaggio ne spara una più grossa delle altre. L'UE che è diventato il Raich del XXI secolo, il cancro dell'Europa stessa; ora è spacciata per la medicina, la cura per la societa. Nemmeno riesce più a nascondere la sua sottoscrizione, invece di difendere la sua nazione e la Costituzione.
imolaoggi.it/2024/02/09/mattar…


#Scuola, il Ministro Giuseppe Valditara ha firmato i due decreti che prevedono uno stanziamento di oltre 700 milioni di euro a favore delle scuole paritarie per l’anno scolastico 2023/2024.


La giustizia ingiusta


Macroscopiche invasioni nello spazio pubblico, in cui dovrebbe astenersi dall’entrare. Pericolosa tendenza a riscrivere le leggi. Utilizzazione di magistrati in uffici del potere esecutivo, a cominciare dal ministero della Giustizia. Debole esercizio del

Macroscopiche invasioni nello spazio pubblico, in cui dovrebbe astenersi dall’entrare. Pericolosa tendenza a riscrivere le leggi. Utilizzazione di magistrati in uffici del potere esecutivo, a cominciare dal ministero della Giustizia. Debole esercizio del potere di nomofilachia. Utilizzo del Consiglio superiore della magistratura (Csm) come organo di autogoverno, invece che di garanzia dell’indipendenza dei giudici. Crescente sfiducia dell’opinione pubblica nell’ordine giudiziario. Non tutti questi malfunzionamenti della macchina della giustizia dipendono solo dai giudici stessi. Ad esempio, la Corte costituzionale ha prima lasciato spazio, poi richiesto che i giudici rimettenti tentassero essi stessi un’interpretazione costituzionalmente orientata delle leggi da valutare, così aprendo spazi alla riscrittura delle leggi. Il Parlamento ha approvato leggi che lasciano troppa discrezionalità ai giudici, o mal scritte, o contraddittorie, così obbligando le corti a cavarsela da sole. La pubblica amministrazione non svolge i compiti amministrativi che ad essa spettano, lasciando quindi spazio alla supplenza giudiziaria.

Dipende, invece, in larga misura, dai giudici stessi il maggiore malfunzionamento della giustizia, la lentezza dei giudizi e la conseguente grande quantità di procedure pendenti. Questo è un problema capitale, come osservato dal ministro della Giustizia Carlo Nordio il 17 gennaio di quest’anno in Parlamento, affermando che quella di una giustizia rapida è la sua preoccupazione fondamentale.

Le statistiche giudiziarie

La produttività della macchina della giustizia è misurabile in termini statistici e l’Italia è stata, un secolo fa, all’avanguardia in questo settore. Oggi dispone di numerosi dati, la maggior parte dei quali prodotti dalla Direzione generale di statistica e analisi organizzativa, che è un ufficio del ministero della Giustizia, ma fa parte del Sistema statistico nazionale.

La Direzione generale di statistica e analisi organizzativa – si può leggere nel sito del ministero – produce statistiche sull’attività degli uffici giudiziari di primo e secondo grado in ambito civile e penale e sulle spese di giustizia. Inoltre, la Direzione monitora il funzionamento di specifici istituti, quali la mediazione civile e commerciale e le procedure di composizione della crisi da sovra-indebitamento. Tuttavia, le statistiche dell’amministrazione penitenziaria sono prodotte dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e quelle della giustizia minorile dal Dipartimento della giustizia minorile e di comunità.

Poi, a inizio d’anno, un bilancio dello stato della giustizia viene presentato sia in Parlamento, sia all’opinione pubblica. In Parlamento ha svolto questo compito il ministro della Giustizia Nordio, il 17 gennaio di quest’anno, con una ampia relazione a cui era allegato un voluminoso rapporto. Per un pubblico più vasto si è prodotta la Corte di cassazione con la “Relazione sull’amministrazione della giustizia nell’anno 2023”, presentata dalla prima presidente della Corte di cassazione il 25 gennaio di quest’anno. In questa relazione vi sono i dati relativi al funzionamento degli uffici di merito nel settore civile e penale.

Infine, ulteriori dati sono prodotti dai servizi statistici del ministero per tener conto del “vincolo esterno” costituito dal Piano nazionale di ripresa e di resilienza, che richiede un’accelerazione dell’attività giudiziaria, nonché una presentazione dei dati relativi, a consuntivo.

Questa pluralità di fonti può essere utilizzata soltanto tenendo conto che gli aggregati di riferimento sono diversi sotto il profilo temporale, sotto il profilo del contenuto e sotto il profilo della scansione, in qualche caso annuale, in altri semestrale e trimestrale. Ad esempio, i dati relativi alle relazioni di attuazione del Piano nazionale di ripresa e di resilienza contengono i dati di contenzioso, non quelli relativi alle procedure di esecuzione, mentre quelli forniti dalla Corte di cassazione sono aggregati per anno giudiziario, piuttosto che per anno solare. Per questo motivo, le tabelle riprodotte in queste pagine sono tratte dall’Annuario statistico 2023 dell’Istat.

Una giustizia lenta

Il bilancio che si trae da questi dati è quello di una giustizia lenta. Se si considerano le questioni giudiziarie sopravvenute, quelle esaurite e quelle pendenti negli anni più recenti, si nota un generale leggero miglioramento, con una riduzione dei tempi delle procedure e una diminuzione tra il 6 e il 13 per cento delle questioni pendenti. Tuttavia, la generale lentezza delle procedure giudiziarie conduce alla formazione di nuovi arretrati.

Le procedure pendenti civili a fine anno diminuiscono costantemente dal 2009 e quelle pendenti penali a fine anno diminuiscono dal 2013, ma con minore intensità. Tuttavia, il numero totale delle questioni ancora pendenti a fine anno (1922) supera i cinque milioni e l’accelerazione delle procedure non è sufficiente, per cui nel settore civile mediamente occorrono cinque anni e sei mesi per percorrere i tre livelli di giurisdizione, con una riduzione di soli quattro mesi rispetto all’anno precedente; in quello penale tre anni, con una riduzione di sette mesi rispetto all’anno precedente.

Istruttivo il caso recente del saluto fascista, una questione disciplinata con legge da settant’anni e che quindi non dovrebbe porre grandi problemi interpretativi. I fatti che hanno dato origine alla questione sono del 2016, la decisione delle Sezioni unite della Corte di cassazione del 2024, ma la controversia è ancora aperta perché è ora necessario che i principi stabiliti dalla Corte di cassazione trovino applicazione da parte della prima sezione penale della stessa Corte.

Cause ed effetti della giustizia lenta

I fattori che influiscono sui tempi dei procedimenti sono molti. Vi è in primo luogo il fattore legislativo, perché sono le norme che dettano regole sul merito delle questioni e disposizioni sulla procedura. Viene poi l’aumento o la diminuzione delle questioni sopravvenute, cioè della domanda di giustizia. In terzo luogo, il fattore relativo all’organizzazione del lavoro e alla produttività dei giudici.

Ora, al leggero miglioramento, ma insufficiente perché la giustizia italiana sia veramente giusta, contribuisce una migliore organizzazione del lavoro, ma anche la diminuzione delle questioni sopravvenute, in corso dal 2014. Il miglioramento assume un significato diverso se l’arretrato diminuisce perché aumenta il cosiddetto smaltimento (e cioè le decisioni), oppure perché diminuiscono le questioni sopravvenute. Nel primo caso, si può dire che si sta ponendo rimedio alla lentezza della giustizia. Nel secondo caso, il giudizio deve essere diverso perché la diminuzione delle questioni sopravvenute può essere il sintomo di una fuga dalla giustizia, prodotto proprio dei suoi tempi, che scoraggiano i cittadini a rimettere ai giudici la soluzione dei conflitti, cercata in altra sede.

Un altro fattore è quello relativo alla disponibilità di personale. L’attenzione portata sull’eccessivo numero di cause pendenti e sulla lunga durata dei processi ha animato una reazione relativa al personale. E’ stato notato che vi sono posti vacanti in organico, ma dimenticando che quello che conta non è l’organico, bensì il carico di lavoro, perché gli organici delle amministrazioni pubbliche si sono formati in epoche diverse e molto spesso sono stati gonfiati inutilmente.

Altra questione è quella della distribuzione delle corti sul territorio. Da trent’anni si lamenta che vi sono “tribunalini” da chiudere per sopperire al carico di lavoro delle maggiori corti (si pensi solo alla crisi attuale del Tribunale di Roma). Bisogna quindi verificare la geografia giudiziaria italiana per adeguarla alla domanda di giustizia.

Connessa a questa c’è l’altra questione, quella della distribuzione del personale, anche in relazione alle progressioni di carriera, spesso fatta non per soddisfare le esigenze della funzione, ma per rispondere alle richieste dei magistrati.

C’è infine il collo di bottiglia costituito dalla Cassazione il cui carico di lavoro dovrebbe essere governato dall’organo stesso, se vuole svolgere il suo ruolo di vero e proprio organo di cassazione.

Accanto alle cause, vi sono gli effetti, e questi sono sotto gli occhi di tutti. Sfiducia nella possibilità che la giustizia dia una risposta in tempi brevi. Quindi allontanamento della giustizia dal “Paese reale”. Ricorso a succedanei, in modo da “bypassare” l’ostacolo costituito dalla lentezza della giustizia. Grave costo complessivo per l’economia.

Mettere ordine nelle statistiche

Come già accennato, nella storia della statistica pubblica l’Italia è nota per aver inizialmente avuto le migliori statistiche giudiziarie. E’ stata l’esempio per altri Paesi. Tuttavia, poi si è fermata. Inoltre, il sistema statistico giudiziario incontra ora difficoltà nella raccolta dei dati perché la misura del rendimento viene considerata dai giudici, erroneamente, come interferenza con l’indipendenza della funzione giudiziaria.

Sarebbe utile mettere ordine nelle statistiche attuali perché le differenze degli aggregati possono indurre in inganno o addirittura nascondere una parte della realtà. Infatti, non c’è modo migliore per occultarla di metterla sotto gli occhi di tutti, come dimostra il famoso racconto “La lettera rubata” di Edgar Allan Poe.

Infine, le statistiche possono servire anche ad altri scopi, per migliorare il funzionamento della giustizia, apportare correzioni alla funzione: quindi, non solo per conoscere ma anche per correggere. In secondo luogo, per misurare meglio il rendimento del servizio pubblico della giustizia e la produttività di quest’area dello Stato perché, come scrisse nel 1953 Gabriel Ardant nel libro “Technique de l’État” (Paris, Puf) lo Stato può esser gestito come un’impresa e nessun settore si presta meglio della giustizia a realizzare quella che lui auspicava, la “concurrence sur le papier”.

Il Foglio

L'articolo La giustizia ingiusta proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



La scrittura a mano non è solo un’arte antica, ma anche uno strumento potentissimo per il nostro cervello. Lo studio – orizzontescuola.it


Uno studio riporta alla luce il valore inestimabile della scrittura a mano. Condotto dalla docente universitaria Audrey van der Meer dell’Università Norvegese di Scienza e Tecnologia, e pubblicato sulla rivista “Frontiers in Psychology”, lo studio dimost

Uno studio riporta alla luce il valore inestimabile della scrittura a mano. Condotto dalla docente universitaria Audrey van der Meer dell’Università Norvegese di Scienza e Tecnologia, e pubblicato sulla rivista “Frontiers in Psychology”, lo studio dimostra che scrivere a mano attiva il cervello in maniera più intensa rispetto alla digitazione su tastiera, favorendo l’apprendimento e la memorizzazione.

La ricerca di van der Meer si focalizza sulla connettività cerebrale, cioè le connessioni temporanee tra diverse aree neurali durante la scrittura. “La scrittura a mano implica una connettività cerebrale più elaborata rispetto alla digitazione,” afferma van der Meer. Ciò è cruciale per la formazione della memoria e l’assimilazione di nuove informazioni, rendendo la scrittura a mano uno strumento potente per l’apprendimento.

Lo studio ha esaminato l’attività cerebrale di 36 studenti universitari tramite elettroencefalogrammi (EEG), che utilizzano 256 sensori per misurare l’attività elettrica del cervello. I partecipanti sono stati invitati a scrivere in corsivo o a digitare un testo. I risultati hanno mostrato un aumento della connettività tra diverse regioni cerebrali durante la scrittura a mano, ma non durante la digitazione.

“I movimenti manuali precisi richiesti nell’uso della penna contribuiscono ampiamente ai modelli di connettività cerebrale che favoriscono l’apprendimento,” sottolinea van der Meer. Anche la scrittura in stampatello, secondo la ricerca, avrebbe benefici simili. Al contrario, la digitazione si rivela meno stimolante per il cervello.

Questo studio ha anche implicazioni importanti per l’educazione. Van der Meer evidenzia che i bambini che apprendono a scrivere e leggere su tabletpotrebbero incontrare difficoltà nel differenziare lettere speculari, come ‘b’ e ‘d’, a causa della mancanza di esperienza fisica nella formazione delle lettere. “Gli studenti imparano e ricordano di più prendendo appunti a mano durante le lezioni,” conclude van der Meer, sottolineando l’importanza di mantenere vive le tradizionali tecniche di scrittura a mano nell’educazione contemporanea.

In sintesi, la scrittura a mano non è solo un’arte antica ma anche uno strumento potentissimo per il nostro cervello, che non solo migliora la memorizzazione ma influisce significativamente sulle connessioni neurali. Questo studio ribadisce l’importanza di equilibrare gli strumenti digitali con metodi più tradizionali nell’ambito educativo e di apprendimento.

orizzontescuola.it

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La Cina prova a reclutare i piloti Nato. L’alert Usa


Attuali ed ex piloti di Stati Uniti e Nato sono “molto richiesti” dalle forze armate cinesi “e sono stati oggetto di reclutamento sia palese sia occulto”. Le conclusioni di una riunione tra funzionari di Stati Uniti e Nato tenutasi presso l’Allied Air Com

Attuali ed ex piloti di Stati Uniti e Nato sono “molto richiesti” dalle forze armate cinesi “e sono stati oggetto di reclutamento sia palese sia occulto”. Le conclusioni di una riunione tra funzionari di Stati Uniti e Nato tenutasi presso l’Allied Air Command di Ramstein, in Germania, a fine gennaio confermano quanto già emerso nei mesi scorsi. Pochi giorni fa Jens Stoltenberg, segretario generale della Nato, e Jake Sullivan, consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, hanno annunciato che la Cina sarà al centro del prossimo summit Nato che si terrà a Washington per celebrare il 75° anniversario dell’alleanza.

Nei mesi scorsi Australia, Regno Unito e Nuova Zelanda – tutti membri dell’alleanza Five Eyes per la condivisione di intelligence, che comprende anche gli Stati Uniti – hanno adottato provvedimenti per evitare che ex piloti militari offrano la loro esperienza a Pechino. Nell’ottobre 2022 il ministero della Difesa britannico aveva dichiarato di ritenere che fino a 30 ex piloti militari britannici stessero fornendo addestramento in Cina e che molti altri fossero stati contattati, compresi piloti ancora in servizio.

Di questo fenomeno ha parlato anche il generale americano Charles Q. Brown, prima di diventare capo dello stato maggiore congiunto. Nelle sue precedenti funzioni, cioè quelle di capo di stato maggiore dell’Aeronautica, aveva firmato un documento interno spiegando che le forze armate cinesi vogliono “sfruttare le vostre conoscenze e abilità per colmare le lacune della loro capacità militare”. Aziende straniere, ha aggiunto, stanno “prendendo di mira e reclutando talenti militari statunitensi e della Nato” per addestrare l’Esercito popolare di liberazione cinese.

L’inedita conferenza “Securing Our Military Expertise from Adversaries”, svoltasi il 30 e il 31 gennaio, si è soffermato sulle modalità di reclutamento cinesi e su come affrontare il problema.

Secondo i funzionari statunitensi, si legge in una nota, queste offerte di lavoro provengono da un insieme di aziende private sostenute dalla Repubblica popolare cinese e da quelle direttamente incaricate dal governo di Pechino. L’esperienza ricercata comprende quella di piloti, manutentori, personale dei centri operativi aerei e una varietà di altri esperti tecnici di diverse professioni che potrebbero fornire informazioni sulle tattiche, le tecniche e le procedure aeree degli Stati Uniti e della Nato. Il reclutamento di questa natura da parte della Repubblica popolare cinese avviene principalmente attraverso annunci di lavoro apparentemente tipici, utilizzando siti di lavoro online o attraverso e-mail di headhunting inviate direttamente a persone interessate. Gli Stati Uniti osservano inoltre che i segnali di allarme più comuni sono rappresentati da posti di lavoro situati in Cina o nei dintorni, contratti che sembrano “troppo belli per essere veri” e dettagli vaghi sui clienti finali o sulle mansioni della posizione.

Tra i partecipanti all’evento c’erano militari, intelligence e altri attori chiave degli Stati Uniti e di 22 alleati Nato e partner Five Eye, oltre a una rappresentanza del Consiglio di Sicurezza nazionale degli Stati Uniti. “L’ampia partecipazione indica l’accresciuta importanza che la questione ha assunto sulla scena internazionale”, si legge nel comunicato. Tra gli argomenti trattati, la discussione delle migliori pratiche, il cross-targeting e la definizione di obiettivi condivisi per combattere questa minaccia emergente alla sicurezza degli Stati Uniti e della Nato.


formiche.net/2024/02/cina-pilo…



Il Pd ha votato di nuovo con la destra per l'invio di armi in Ucraina. Le bandiere della pace che sventola alle manifestazioni sono una presa in giro. Ieri la c

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Il Pentagono taglia le psy-ops mentre Cina e Russia spingono sulla propaganda


Nella complessa realtà odierna, così come con altri mezzi nel passato, le cosiddette operazioni di information warfare (infowar) rappresentano uno strumento estremamente efficace nel perorare i propri obiettivi all’interno dell’arena internazionale. Quest

Nella complessa realtà odierna, così come con altri mezzi nel passato, le cosiddette operazioni di information warfare (infowar) rappresentano uno strumento estremamente efficace nel perorare i propri obiettivi all’interno dell’arena internazionale. Questo lo sanno bene “attori revisionisti” come la Federazione Russa e la Repubblica Popolare Cinese, i quali negli ultimi anni hanno accresciuto notevolmente i mezzi relativi a questo tipo di operazioni, traendone vantaggi concreti. La Russia ricorre alle cosiddette “troll farms” per plasmare le discussioni sulle piattaforme di social media americane, oltre che per convincere le popolazioni locali a rivoltarsi contro le truppe della Nato attribuendo false responsabilità per attacchi sul campo di battaglia e creando ad hoc notizie false. Ma anche la Cina dispone di un sofisticato sistema di guerra dell’informazione, che non ha esitato a sfruttare in occasione delle elezioni a Taiwan. Tuttavia, mentre Pechino e Mosca espandono il proprio arsenale di strumenti legati all’ambito dell’info-war, Washington sembra andare nella direzione opposta.

Secondo quanto riportato da una fonte anonima a DefenseOne, i vertici del Pentagono starebbero valutando tagli alle operazioni di supporto informativo militare, comunemente note col termine di psychological operations (o psy-ops, ancora più in gergo), al fine di risparmiare preziose risorse da destinare a reparti “cinetici” d’élite come i Berretti Verdi o i Ranger. Il dibattito sui tagli sarebbe in corso da almeno un anno, precisamente quando l’ufficio del Pentagono per la valutazione dei costi e dei programmi ha raccomandato una riduzione nel numero di operatori speciali in mansioni di supporto, logistica e comunicazioni. Reparti come l’8° Gruppo per le Operazioni, che costituiscono la maggior parte delle truppe di prima linea del Pentagono per la guerra d’influenza e d’informazione, sarebbero colpiti dai tagli. Secondo le stime, fino a 3.000 operatori speciali potrebbero essere oggetto della “revisione”.

“Tutti i nostri avversari hanno investito molto in questo spazio perché si considerano avvantaggiati rispetto a noi. E si tratta di una barriera all’ingresso poco costosa rispetto ad altre tradizionali forze militari di cui continuiamo a godere” ha dichiarato a DefenseOne un alto funzionario del dipartimento della Difesa statunitense. Che sottolinea anche come nel caso statunitense tali operazioni siano molto più piccole e abbiano obiettivi molto più limitati. “All’interno del nostro stesso governo, in alcuni casi c’è apprensione per i militari che si occupano delle operazioni di informazione, perché sembra che gestiscano un ‘Grande Fratello’. E sembra anche qualcosa che non è particolarmente legato alle operazioni militari”.

Questa branca rappresenta una porzione minuscola all’interno delle forze armate di Washington, ma gioca un ruolo di rilievo dei campi di battaglia dove gli Stati Uniti sono impegnati. Esemplare quanto avvenuto nel 2017 in Africa centrale, quando i soldati delle operazioni psicologiche hanno convinto molti combattenti dell’Esercito di Resistenza del Signore ad abbandonare la loro causa, rendendo possibile la neutralizzazione del gruppo ribelle a costi inferiori sia sul lato umano che su quello economico. Oggi le operazioni psicologiche degli Stati Uniti giocano un ruolo importante in Medio Oriente, in concomitanza ad altre operazioni come gli attacchi missilistici di rappresaglia o gli sforzi nelle pubbliche relazioni.

Il funzionario contattato da DefenseOne ha affermato che sono proprio questo tipo di operazioni siano la causa, diretta o indiretta, della riduzione negli attacchi delle milizie filo-iraniane contro avamposti e navi da guerra statunitensi.

Sebbene resta evidente che la scelta sia stata ponderata, ridurre le proprie capacità in una dimensione così importante in scenari più o meno convenzionali (innegabile il suo ruolo anche all’interno del conflitto ucraino), mentre i principali competitor incrementano i mezzi a loro disposizione, potrebbe rivelarsi una scelta pericolosa per Washington – che potrebbe rendersi più vulnerabile ad azioni rivolte contro il territorio Usa e la sua popolazione.


formiche.net/2024/02/il-pentag…



Settimana delle #STEM: il webinar "La robotica educativa per l'acquisizione di competenze STEM" è rivolto ai docenti delle scuole primarie e secondarie di primo e secondo grado statali e paritarie.

Qui tutti i dettagli ▶️ miur.gov.

#stem


Sensibilizziamo le istituzioni ad aderire al Fediverso. Ricondividiamo l'appello di @Fedi.Tips

Numerosi governi (Francia, Germania, Svizzera, Paesi Bassi), ONG (UE, Consiglio d'Europa, W3C, ecc.), emittenti pubbliche (ZDF, BBC, affiliati PBS/NPR, ecc.) hanno creato server o account sul Fediverso.

Chiedi ai servizi pubblici del tuo paese/regione/area di seguire il loro esempio!

Il Twitter di Musk nasconde tutti i suoi account dietro una pagina di accesso, quindi non è più un canale pubblico.

@Che succede nel Fediverso?


A number of governments (France, Germany, Switzerland, Netherlands), international organisations (The European Union, The Council of Europe, W3C etc), public broadcasters (ZDF, the BBC, PBS/NPR affiliates etc) have set up servers or accounts on the Fediverse.

Please ask public services in your country/region/area to follow their lead. I can do a shoutout on @FediFollows to help get them started.

Musk's Twitter hides all its accounts behind a sign-in page, so it's no longer a public channel.


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Passi avanti della Schengen militare per una UE armata nella NATO l Contropiano

"Lo scivolamento verso l’economia di guerra è cominciato dunque già da tempo, e non è il risultato di conflitti specifici, bensì della tendenza del capitale in crisi a trovare soluzioni solo nell’uso della forza. Nella distruzione e nella ricostruzione, nella cannibalizzazione di fette di mercato prima inaccessibili.

Se a ciò aggiungiamo le aspirazioni di autonomia della UE, abbiamo il quadro completo. Una corsa verso il baratro bellico di cui le spese sono tutte a carico dei settori popolari."

contropiano.org/news/internazi…



L’Antica Australia Nord-Occidentale e il suo mare interno


Una recente ricerca ha gettato nuova luce sulla storia antica della regione nord-occidentale dell’Australia, rivelando un passato sorprendente che includeva un vasto mare interno. Questa area, per gran parte dei 65.000 anni di storia umanaContinue reading

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GAZA. Mentre Israele attacca Rafah, gli Stati Uniti lanciano solo inviti alla cautela


Funzionari Usa e lo stesso Biden hanno espresso in questi giorni le critiche più taglienti per le vittime civili fatte da Israele a Gaza, ma non c'è nulla che suggerisca che la retorica di Washington sarà sostenuta da qualche azione. L'articolo GAZA. Men

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della redazione con informazioni diffuse dall’agenzia Reuters

Pagine Esteri, 9 febbraio 2024Funzionari statunitensi hanno espresso in questi giorni le critiche più taglienti per le vittime civili fatte da Israele a Gaza. Lo stesso presidente Joe Biden ha descritto ieri come “esagerata” la reazione di Israele all’attacco di Hamas il 7 ottobre. Ma mentre lo Stato ebraico sposta il centro della sua offensiva militare su Rafah, ma non c’è nulla che suggerisca che la retorica di Washington sarà sostenuta da qualche azione concreta.

Mercoledì, durante il suo quinto viaggio nella regione dopo l’attacco mortale di Hamas del 7 ottobre, il Segretario di Stato Antony Blinken ha criticato l’attività militare israeliana a Gaza, affermando che il numero delle morti civili resta troppo alto anche dopo ripetuti avvertimenti e ha suggerito a Israele passi specifici da seguire.

Qualsiasi “operazione militare intrapresa da Israele deve mettere i civili al primo posto… E questo è particolarmente vero nel caso di Rafah”, a causa della presenza di più di un milione di sfollati, ha detto Blinken in una conferenza stampa. Ma quando gli è stato chiesto se gli Stati Uniti sarebbero rimasti a guardare mentre le forze israeliane prendevano di mira Rafah, Blinken ha solo ripetuto la posizione americana secondo cui l’operazione militare israeliana dovrebbe mettere i civili al primo posto.

I diplomatici statunitensi hanno esortato Israele a cambiare la sua tattica a Gaza per mesi, senza successo. Washington però non ha avviato misure che avrebbero potuto esercitare una maggiore pressione, come ridurre i 3,8 miliardi di dollari di assistenza militare annuale a Israele o modificare il sostegno alle Nazioni Unite al suo alleato di lunga data. I critici affermano che ciò fornisce un senso di impunità a Israele.

Aaron David Miller del Carnegie Endowment for International Peace ha citato fattori, tra cui il sostegno personale del presidente Joe Biden a Israele e alla sua politica come ragioni per cui gli Stati Uniti non hanno intrapreso tali passi. L’Amministrazione continuerà a “lavorare con gli israeliani, a volte parlerà duro, ma finché non si vedrà qualche prova concreta che sono pronti a fare davvero delle cose…non vedo cosa potrebbe accadere”, ha detto Miller.

Più della metà degli abitanti di Gaza si trovano a Rafah, al confine egiziano, molti dei quali si sono spostati più volte per sfuggire al conflitto. Israele ha già bombardato Rafah e i residenti temono un attacco di terra. Il ministro della Difesa Yoav Gallant ha detto che la campagna israeliana si espanderà alla città per prendere di mira i militanti (di Hamas). Ieri, il portavoce della Casa Bianca, John Kirby, ha affermato che qualsiasi attacco a Rafah senza la dovuta considerazione per i civili sarebbe “un disastro”. Secondo funzionari del ministero della sanità a Gaza, quasi 28.000 persone sono state uccise nella campagna militare israeliana.

Israele ha scatenato la sua guerra affermando di voler sradicare Hamas dopo che i militanti di Gaza avevano lanciato un’incursione shock nel sud di Israele il 7 ottobre, uccidendo 1.200 persone e sequestrando circa 240 ostaggi. “Gli israeliani sono stati disumanizzati nel modo più orribile il 7 ottobre…Ma questa non può essere una licenza per disumanizzare gli altri”, ha detto Blinken.

Israele afferma di adottare misure per evitare vittime civili e accusa i militanti di Hamas di nascondersi tra i civili, anche nei rifugi scolastici e negli ospedali, provocando ulteriori morti tra i civili. Hamas lo nega. Pagine Esteri

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pagineesteri.it/2024/02/09/med…



La Casa Bianca nega ancora che le tensioni in Medio Oriente siano legate a Gaza


Riconoscere il legame renderebbe più difficile giustificare l'appoggio incondizionato alla guerra di Israele, scrive Daniel Larison su Responsible Statecraft L'articolo La Casa Bianca nega ancora che le tensioni in Medio Oriente siano legate a Gaza provi

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di Daniel Larison*Responsible Statecraft 2 Febbraio 2024

(traduzione di Federica Riccardi)

L’amministrazione Biden continua a negare qualsiasi collegamento tra la guerra a Gaza e i conflitti in corso che coinvolgono le forze statunitensi in Iraq, Siria e Yemen. La posizione della Casa Bianca, secondo la quale si tratta di conflitti non collegati tra loro e che sono scoppiati nello stesso momento, non può conciliarsi con le prove che dimostrano come la guerra a Gaza abbia alimentato l’instabilità e la violenza regionale, compreso il recente attacco con un drone da parte di una milizia irachena, che ha ucciso tre membri del contingente americano e ne ha feriti più di 40 in una base in Giordania all’inizio di questa settimana.

Per quanto l’amministrazione voglia tenere il conflitto confinato a Gaza, la verità è che si è esteso a diversi altri Paesi. È un disservizio per il popolo americano e per il personale militare americano fingere che il sostegno degli Stati Uniti alla guerra a Gaza non abbia già avuto gravi conseguenze negative per la stabilità regionale e per le forze americane nella regione, quando è evidente che sia così. Quando gli è stato chiesto di questo “stesso, più ampio conflitto” durante una conferenza stampa mercoledì, il portavoce del Consiglio di Sicurezza Nazionale John Kirby ha respinto qualsiasi collegamento tra Gaza e gli attacchi degli Stati Uniti contro obiettivi Houthi o gli scontri tra le milizie locali e le forze statunitensi.

“Non sono assolutamente d’accordo con la vostra descrizione di uno stesso, più ampio conflitto. C’è un conflitto in corso tra Israele e Hamas… e noi ci assicureremo di continuare a fornire a Israele il sostegno di cui ha bisogno per difendersi da questa minaccia ancora attuale”, ha detto Kirby. “Ci sono stati attacchi alle nostre truppe e alle nostre strutture in Iraq e in Siria ben prima del 7 ottobre, certamente anche durante la scorsa amministrazione. Per quanto riguarda gli Houthi, possono sostenere quanto vogliono che questo è legato a Gaza, ma due terzi delle navi che hanno colpito non hanno alcun legame con Israele. Quindi non è vero, è una falsità”.

La risposta di Kirby è fuorviante e falsa. Il gruppo iracheno che ha rivendicato la responsabilità dell’attacco in Giordania, la Resistenza islamica dell’Iraq, ha dichiarato esplicitamente che il suo attacco era collegato alla guerra a Gaza. La leadership degli Houthi ha enfatizzato come i loro attacchi continueranno fino a quando la guerra continuerà. La decisione di altri attori di salire sul carro di una causa può essere cinica o meno, ma non si può negare che siano saliti sul carro.

Rifiutare di affrontare la realtà delle connessioni tra questi conflitti garantisce agli Stati Uniti di perseguire politiche inefficaci e controproducenti, ignorando che la chiave per disinnescare le tensioni regionali è porre fine alla guerra a Gaza il più rapidamente possibile.

Kirby non ha menzionato che gli attacchi dei miliziani contro le forze statunitensi in Iraq e Siria erano cessati per diversi mesi prima del 7 ottobre a seguito dell’intesa che gli Stati Uniti e l’Iran avevano raggiunto in relazione all’accordo sullo scambio di prigionieri. Solo dopo il 7 ottobre gli attacchi sono ripresi e sono aumentati a livelli record. Le milizie locali hanno altre ragioni per prendere di mira le forze statunitensi che sono precedenti alla guerra, ma non c’è modo di capire l’intensità degli attacchi negli ultimi mesi, o la loro cessazione durante la pausa dei combattimenti a Gaza l’anno scorso, senza riconoscere che sono legati alla guerra di Israele.

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Bab El Mandeb

Lo stesso vale per gli attacchi degli Houthi. Gli Houthi non hanno lanciato una campagna contro la navigazione commerciale durante la loro guerra contro la coalizione saudita, quindi non è una cosa che hanno fatto abitualmente da quando hanno preso il potere nel 2014. I primi attacchi degli Houthi dopo il 7 ottobre erano rivolti proprio contro Israele. Gli Houthi hanno cambiato poi tattica prendendo di mira le navi commerciali, ma era chiaro che lo hanno fatto in risposta alla guerra.

Senza dubbio gli Houthi stanno agendo in modo opportunistico e stanno lanciando questi attacchi in parte per rafforzare le proprie sorti politiche in Yemen, ma questo non cambia la realtà che tali attacchi stanno avvenendo ora a causa della guerra a Gaza. Se questo è vero, sembra anche ragionevole concludere che gli assalti contro la navigazione potrebbero terminare con un cessate il fuoco.

L’amministrazione Biden ha forti incentivi politici a negare i legami tra questi diversi conflitti. Se riconosce un legame, diventa più difficile giustificare il suo appoggio incondizionato alla guerra di Israele, a causa dei costi maggiori che comporta. Inoltre, mina la loro argomentazione a favore di un’azione militare in Yemen contro gli Houthi.

La Casa Bianca ha bisogno che gli americani pensino che i costi del continuo sostegno alla guerra israeliana siano più bassi di quanto non siano in realtà, e ha anche bisogno che gli americani credano che gli attacchi allo Yemen non siano legati alla loro ostinata opposizione al cessate il fuoco a Gaza. Ora che ci sono morti americani a causa di un attacco della milizia irachena, l’amministrazione vuole compartimentare ogni conflitto, in modo che il popolo americano non concluda che i soldati statunitensi sono stati uccisi a causa di una guerra esterna che il presidente ha scelto di sostenere senza condizioni.

L’amministrazione insiste nel voler prevenire una guerra regionale, ma non ci riuscirà se non riconoscerà le relazioni tra la campagna di Israele e ciò che sta accadendo altrove in Medio Oriente. Negare il legame con Gaza nello Yemen ha già portato all’abbaglio dell’escalation contro gli Houthi. Questo non ha fatto nulla per rendere più sicure le spedizioni commerciali, ma ha trascinato gli Stati Uniti in un’altra inutile battaglia a tempo indeterminato. Il Presidente sta per commettere un errore simile in risposta all’attacco dei droni in Giordania.

Gli Stati Uniti possono scegliere di impelagarsi sempre di più nei conflitti mediorientali, come stanno facendo ora, oppure possono riconoscere l’inutilità e la follia di percorrere la stessa strada senza uscita come hanno già fatto in passato. Se Washington vuole evitare di essere coinvolta in nuovi conflitti, deve rifiutare la strada dell’escalation e deve smettere di alimentare la guerra a Gaza, che è uno dei principali fattori di instabilità regionale.

A lungo termine, gli Stati Uniti devono ridurre la loro presenza militare nella regione per rendere più difficile per altri attori colpire le forze americane, e devono rivalutare e ridurre significativamente le loro relazioni clientelari.

L’opinione pubblica merita un resoconto onesto di ciò che il nostro governo sta facendo in Medio Oriente e perché, e al momento la Casa Bianca non sta fornendo nulla di simile. Se il Presidente non vuole cambiare rotta, il minimo che possa fare è parlare con il popolo americano di tutti i costi che comporta continuare a percorrere la strada pericolosa che ha scelto.

*E’ editorialista regolare di Responsible Statecraft, collaboratore di Antiwar.com ed ex redattore senior della rivista The American Conservative. Ha conseguito un dottorato di ricerca in Storia presso l’Università di Chicago. Scrive regolarmente per la sua newsletter, Eunomia, su Substack.

Le opinioni espresse dagli autori su Responsible Statecraft non riflettono necessariamente quelle del Quincy Institute o dei suoi associati.

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In Cina e Asia – Xi e Putin rafforzeranno il "coordinamento strategico”


In Cina e Asia – Xi e Putin rafforzeranno il putin
I titoli di oggi:

Telefonata Xi-Putin: Cina e Russia si impegnano a rafforzare il "coordinamento strategico"
Perquisiti gli uffici di Huawei in Francia
Cina: lotta all’ETIM cruciale per la sicurezza nazionale e internazionale
La Cina potenzia il settore dei veicoli elettrici per il commercio internazionale
Pakistan, ritardo nella pubblicazione dei risultati elettorali
Rapporto di Citizen Lab: rete di siti web in Europa, Asia e America Latina

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La democrazia occidentale è questa roba qua:

Tucker Carlson, a causa dell'intervista fatta a Putin, potrebbe incorrere in procedimenti giudiziari da parte degli Usa ed essere sottoposto a sanzioni da parte dell'UE.

Gli Usa, secondo quanto riporta Newsweek, potrebbero avviare un procedimento penale che lo vedrebbe indagato per spionaggio ai sensi della legge Espionage Act. Un po' quello che sta succedendo a Julian Assange.

L' UE invece, secondo quanto riporta sempre Newsweek, potrebbe valutare delle sanzioni per impedirgli di spostarsi in tutti i paesi Europei.

Tutto ciò solo perché si è permesso di intervistare Putin per far conoscere al mondo intero un altro punto di vista. A livello giornalistico questo è uno scoop di dimensioni immense.

In passato ci sono stati giornalisti che hanno fatto le stesse cose e hanno perfino vinto dei premi. Oggi invece fare il giornalista in occidente significa essere trattato come uno dei peggiori criminali.

Parlatemi ancora di democrazia su...

T.me/GiuseppeSalamone



Il mio intervento di oggi per Parole proibite di Michele Santoro, con Fiammetta Cucurnia e Nicolai Lilin.

Russia-Ucraina, sentenza censurata.

La Corte internazionale di giustizia dell'Onu ha respinto con sentenza definitiva quasi tutte le accuse avanzate dall'Ucraina contro la Russia, definita da Kiev "Stato terrorista" per la guerra in Donbass e l'occupazione della Crimea nel 2014.

Kiev accusava Mosca di aver finanziato il terrorismo armando i ribelli delle repubbliche separatiste, ma la Corte non ha ritenuto ci fossero i presupposti per accogliere la richiesta. Un'altra accusa era quella di aver discriminato i tatari e gli ucraini di Crimea, ma l’Aja ha "respinto tutti gli altri argomenti avanzati dall'Ucraina", precisando solo che la Russia non abbia preso misure sufficienti per consentire l'insegnamento della lingua ucraina nella penisola.

Una notizia passata in sordina su gran parte dei media italiani. Ne parliamo con Fiammetta Cucurnia, Nicolai Lilin e Giorgio Bianchi.

youtu.be/FW4YJkozALI?si=lboK97…



Come rubare una Rolls Royce con un'antenna


Nell'Era dell'Informazione, anche i ladri sono digitali.

Vivere nell’Era dell’Informazione significa riconoscere che il digitale è ovunque, anche quando non ci facciamo caso. Anche le chiavi delle nostre automobili sono ormai pressoché quasi del tutto digitali. Quand’è l’ultima volta che hai usato una chiave meccanica per aprire e avviare un’auto?

Molte auto oggi hanno diversi sistemi elettronici che permettono alle portiere di aprirsi con la prossimità delle chiavi o col tocco di una mano, così come possono accendersi senza dover infilare la chiave di fianco al volante.

Il funzionamento è relativamente semplice: l’automobile è dotata di sensori che captano i segnali emessi dalla chiave elettronica. Così, quando la chiave è vicina, i sistemi dell’auto possono attivarsi grazie allo scambio di informazioni che avviene tra auto e chiave.

Un ladro cibernetico e un po’ hacker può sfruttare questo sistema per intercettare i dati trasmessi via onde radio e copiare i codici della chiave, truffando così i sistemi dell’automobile. Solitamente servono almeno due persone: una persona che stia vicino o dentro l’auto con la strumentazione necessaria, e una persona che cammini intorno alla casa con un’antenna per intercettare il segnale della chiave. Una volta intercettato, il dispositivo in possesso della persona nell’automobile simula i codici della chiave, truffando i sistemi dell’auto, che si mette in moto.

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È il caso di questo video, in cui una coppia di ladri sono riusciti a rubare una Rolls Royce da $350.000 in pochi secondi e senza alcuna effrazione, semplicemente copiando a distanza le chiavi che il proprietario aveva in casa.

Questo è solo uno dei modi per hackerare le moderne automobili, che ormai sono dei veri e propri computer con le ruote. Nel numero #58 vi avevo parlato di come funziona il cervellone elettronico delle auto moderne, il Controller Area Network (CAN), e di come questo possa essere hackerato per prendere il controllo (anche da remoto) di ogni sistema dell’auto.

Fortunatamente, proteggersi da un attacco come quello del video non è complicato, né costoso. È sufficiente riporre le chiavi dentro una sacca Faraday, in grado di bloccare tutti i segnali (sia in ingresso che in uscita), come quelle prodotte dall’azienda americana SLTN.

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privacychronicles.it/p/come-ru…



VERSIONE ITALIANA CINA, SHANGHAI SEMPLIFICHERA’ IL TRASFERIMENTO INTERNAZIONALE DEI DATI PER INCREMENTARE LE RELAZIONI ECONOMICHESecondo fonti di stampa Shanghai sta pianificando di accelerare le approvazioni per le aziende straniere che vogliono inviare i propri dati all’estero. Questo rappresenterebbe un allentamento delle rigide norme cinesi sui dati introdotte più di un anno fa. Il governo di …


ANCHE L’AEROPORTO DI FIUMICINO NEI CONTROLLI STRAORDINARI DI EUROPOL CONTRO IL TRAFFICO DI STUPEFACENTI


Europol ha sostenuto una “settimana d'azione” guidata dalla Spagna contro il traffico di droga attraverso gli aeroporti, incentrata sui controlli del traffico passeggeri e merci sia sui voli diretti che su quelli in coincidenza, principalmente dalle Americhe. La settimana d'azione, che si è svolta in 61 aeroporti tra l'11 e il 18 dicembre 2023, ha coinvolto anche #Frontex, #INTERPOL attraverso il progetto #AIRCOP (di cui vi parliamo più sotto) e le autorità di contrasto di 36 paesi, compresa l’Italia.

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Durante la settimana, le autorità coinvolte hanno effettuato controlli sui passeggeri e sui loro bagagli, nonché sui pacchi e sulle spedizioni di merci, in 61 principali aeroporti, compreso quello di Roma-Fiumicino "Leonardo Da Vinci". I controlli miravano ad accertare il possesso o il traffico di sostanze stupefacenti, soprattutto di cocaina, provenienti dall'America Latina. Un altro obiettivo era rafforzare la cooperazione tra le autorità di polizia e doganali su entrambe le sponde dell'Atlantico.]
La fase operativa, incentrata sull'intensificazione della sicurezza negli aeroporti, è stata preparata durante una fase preliminare di intelligence. Ciò ha portato all'analisi delle informazioni rilevanti relative ai flussi di traffico di droga, all'identificazione di possibili sospetti e al modus operandi oltre allo sviluppo di attività coordinate da svolgere durante la settimana di azione.

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L'operazione ha conseguito questi risultati: 46 arresti, 356.464 kg di cannabis, 354.209 kg di cocaina, 37 kg di droghe sintetiche, 101.559 kg altri farmaci.
#Europol ha facilitato lo scambio di informazioni e ha fornito supporto analitico continuo durante la settimana di azione.
Le attività operative si sono svolte in 29 aeroporti in Europa, 32 tra Africa, Americhe e Caraibi.
Paesi partecipanti:
Gli Stati membri dell' #UE partecipanti sono stati: Austria, Belgio, Bulgaria, Repubblica Ceca, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Lituania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Slovenia e Svezia.
Le Agenzie coinvolte, come sopra cennato: Europol, Frontex, INTERPOL attraverso il progetto AIRCOP.

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AIRCOP è un progetto multi-agenzia attuato dall' #UNODC (L’ agenzia delle Nazioni Unite per il controllo della droga e crimine) in collaborazione con l'INTERPOL e l'Organizzazione Mondiale delle Dogane (#OMD). Mira a rafforzare le capacità degli aeroporti internazionali di individuare e intercettare passeggeri, merci e posta ad alto rischio, come contributo alla lotta contro le droghe illecite e altre merci illecite (come i prodotti della fauna selvatica o i prodotti medici falsificati), le minacce legate al terrorismo (come le armi o i potenziali combattenti terroristi stranieri), la tratta di esseri umani e il traffico di migranti. Mira, inoltre, a facilitare la comunicazione e il coordinamento tra i paesi di origine, di transito e di destinazione per smantellare i flussi illeciti transfrontalieri e le reti criminali.
AIRCOP è implementato in 41 aeroporti in Africa, America Latina e Caraibi, Medio Oriente, Europa sud-orientale e Sud-est asiatico.




Melenzi


Non è (soltanto) scritta male, ma mal concepita. La riforma costituzionale che s’avvia a essere discussa è pensata per la ragione sbagliata, sicché non potrà arrivare alla meta proposta, ovvero rendere più forte il governo. Potrà essere approvata, come fu

Non è (soltanto) scritta male, ma mal concepita. La riforma costituzionale che s’avvia a essere discussa è pensata per la ragione sbagliata, sicché non potrà arrivare alla meta proposta, ovvero rendere più forte il governo. Potrà essere approvata, come furono approvate quella di Berlusconi (2005 e referendum perso nel 2006) e quella di Renzi (varata e cancellata nel 2016), potrà pure arrivare a referendum nel 2026, tanto per farne uno ogni 10 anni, ma non arriverà mai a ottenere il risultato a parole indicato.

I contenuti della riforma Meloni sono diversi da quelli della riforma Renzi. Il secondo commise lo stesso errore di Berlusconi, insalsicciando questioni diverse e finendo con il porre al cittadino tante domande diverse e consentirgli una sola risposta, che fu No. Purtroppo non avvenne la stessa cosa per la sciagurata riforma costituzionale del 2001, voluta dalla sinistra e che ora la Lega intende applicare. E non avvenne con il taglio dei parlamentari. Meloni ha capito la lezione: si riforma un tema per volta. Questo è un suo vantaggio. Ma lo scopo dell’esercizio è uguale a quello che si prefisse Renzi: arrivare al referendum e colà incassare la consacrazione. Andò diversamente.

C’è un altro aspetto che Renzi e Meloni hanno in comune: si sono trovati alla guida di governi che controllano e con un Parlamento che gli vota tutto. Sicché appare suggestivo ma insensato chiedere che il governo e chi lo guida si rafforzino: più di così non si può. Il fatto è che l’uno e l’altra hanno capito di vivere in un’illusione, quindi meglio incassare e liberarsi della propria maggioranza prima che si dissolva. Eccolo qua il punto comune: non si prova a rafforzare il governo nei confronti del Parlamento o del Presidente della Repubblica, ma nei confronti della sua stessa maggioranza, sapendo bene che è un raccogliticcio assemblaggio di diversi, in cui l’uno vedrebbe volentieri l’altro cadere.

Ragion per cui è fiato perso quello di chi grida al sorgere del regime o pensa che saranno soppresse le opposizioni: il vero e grande pericolo consiste nel provare a regolare conti politici – sapendo di non avere né di potere avere una maggioranza propria – mediante una riforma costituzionale che porti poi a un personale trionfo referendario. E questa roba porta male, perché la via plebiscitaria scatena l’avversione di tutti gli altri (alleati compresi, prego chiedere a Renzi) ed è destinata o a far perdere la guida del governo o a far perdere al governo la guida del Paese.

Tanto più che la riforma nasce da un raggiro, perché Repubblica presidenziale, semi presidenziale e premierato non sono parenti manco per niente. Sicché non si può dire che avendo promesso agli elettori la prima si mantiene la parola realizzando il terzo. E son tutti e tre sistemi sani, ma che funzionano soltanto se il resto dell’apparato costituzionale è coerente, se i contrappesi sono effettivi, se la separazione dei poteri è tutelata e se la legge elettorale è cooperante con lo schema scelto. Ma se lo scopo che ci si prefigge è quello di affrancare chi guida il governo senza avere mai avuto la maggioranza assoluta dei voti dai presunti alleati che ne intralciano il cammino e promettono di farlo cadere, allora non basta stabilire che si elegge il capo dello Stato o del governo, perché così si introdurrà la figura di un falso potente. E sono quelli che fanno la fine peggiore.

Della confusione è responsabile anche chi alla riforma s’oppone, paventando sottrazione di poteri dal Quirinale. Ma quei poteri sono essenziali e benefici nello schema costituzionale presente; se lo si cambia possono mutare, tutto sta a capire se coerentemente o meno. E se la rassicurazione è «Non li tocchiamo», è segno che il resto non regge.

Ne “La coscienza di Zeno” Italo Svevo scrisse: «Il vero furbo, in commercio, secondo me, doveva fare in modo di apparire melenso». Melenzi non è soltanto un errore ortografico, ma una crasi metodologica che rende la furberia troppo sfacciata e l’esito troppo sgradevole.

La Ragione

L'articolo Melenzi proviene da Fondazione Luigi Einaudi.




#Funimation verrà chiuso il 2 aprile 2024. Il servizio di streaming di anime inizierà a migrare gli abbonati esistenti a #Crunchyroll, una mossa che non influenzerà solo i prezzi degli abbonamenti, ma cancellerà anche le librerie digitali.

@Test: palestra e allenamenti :-)

Una pagina di supporto sul sito Web di Funimation afferma che il servizio trasferirà automaticamente gli abbonati esistenti a Crunchyroll, sottolineando che il trasferimento "può variare a seconda della piattaforma di pagamento specifica, del tipo di abbonamento e della regione". Ma la pagina – inutilmente – non dice quanto gli abbonati dovranno pagare dopo la transizione, solo che gli abbonati legacy vedranno un aumento di prezzo. Dovrai controllare la tua email per vedere quanto dovrai pagare.



“Facciamo come gli agricoltori” l’indicazione di lotta nasce spontanea dai lavoratori di Mirafiori in sciopero e corteo interno dopo una partecipatissima


FPF Joins the NIST Artificial Intelligence Safety Consortium


The Future of Privacy Forum (FPF) is collaborating with the National Institute of Standards and Technology (NIST) in the U.S. Artificial Intelligence Safety Institute Consortium to develop science-based and empirically backed guidelines and standards for

The Future of Privacy Forum (FPF) is collaborating with the National Institute of Standards and Technology (NIST) in the U.S. Artificial Intelligence Safety Institute Consortium to develop science-based and empirically backed guidelines and standards for AI measurement and policy, laying the foundation for AI safety across the world.

This initiative will help prepare the U.S. to address the capabilities of the next generation of AI models or systems, from frontier models to new applications and approaches, with appropriate risk management strategies.


“As an organization that has been at the forefront of responsible data practices for more than a decade, FPF is honored to be included in the list of influential and diverse stakeholders involved in the U.S. AI Safety Institute Consortium assembled by the National Institute of Standards and Technology. We look forward to contributing to the development of safe and trustworthy AI that is a force for societal good.”

Jules Polonetsky, CEO, FPF


The consortium includes more than 200 member companies and organizations that are on the frontlines of creating and using the most advanced AI systems and hardware, the nation’s largest companies and most innovative startups, civil society and academic teams that are building the foundational understanding of how AI can and will transform our society, and representatives of professions with deep engagement in AI’s use today.

The consortium will be housed under the U.S. AI Safety Institute (USAISI) and will contribute to priority actions outlined in President Biden’s landmark Executive Order, including developing guidelines for red-teaming, capability evaluations, risk management, safety and security, and watermarking synthetic content. Additional information on this Consortium can be found here.


fpf.org/blog/fpf-joins-the-nis…



L’Aeronautica americana testa i nuovi “droni gregari” contro una Cina fittizia


Nel luglio 2023, il Mitchell Institute for Aerospace Studies (ente sponsorizzato da varie aziende del settore della difesa ed affiliato dell’Air & Space Forces Association) ha realizzato un wargame molto particolare: in questa simulazione tre squadre aere

Nel luglio 2023, il Mitchell Institute for Aerospace Studies (ente sponsorizzato da varie aziende del settore della difesa ed affiliato dell’Air & Space Forces Association) ha realizzato un wargame molto particolare: in questa simulazione tre squadre aeree “blu” hanno utilizzato un mix di Collaborative Combat Aircraft (Cca), come sensori, esche, jammers e sistemi di lancio per “disturbare e stimolare” il sistema integrato di difesa aerea della Cina, “localizzare i suoi nodi critici ed esercitare attrito sulle minacce esistenti, al fine di supportare le operazioni dei velivoli con equipaggio”, secondo quanto si legge nel rapporto del Mitchell Institute sui Cca.

Nel rapporto vengono riprese le argomentazioni dell’Aeronautica Militare a favore dei Collaborative Combat Aircraft. E in particolare la necessità dell’Arma Area di Washington di rimpiazzare con sistemi uncrewed quelli a guida umana, alla luce del costante calo nel personale registrato durante gli ultimi anni. Ma per fare ciò, la Us Air Force deve disporre delle risorse necessarie ad acquisirli. L’aereonautica statunitense non ha reso pubblici i preventivi di costo per questi sistemi autonomi; tuttavia, il Segretario dell’Air Force Frank Kendall ha dichiarato di volere che un singolo Cca non costi più di un terzo di un F-35, il che suggerisce un prezzo di circa 27 milioni di dollari.

E dato che i primi esemplari (con equipaggio) del progetto Next Generation Air Dominance non saranno pronti all’uso prima del 2030 e avranno con tutta probabilità un prezzo elevato, l’Aeronautica si affida ai Cca per disporre di quella che viene definita una “massa accessibile”.

Nel wargame realizzato dal Mitchell Institute sono stati coinvolti dieci tipi di Cca, che vanno dai droni “sacrificabili” dal costo di circa due milioni di dollari a quelli dotati di alte capacità e “non sacrificabili”, con un prezzo che si aggira sui quaranta milioni di dollari. Durante i primi giorni della simulazione le squadre “blu” hanno impiegato un mix di Cca a basso costo e di modelli a costo moderato che possono essere recuperati e rigenerati per ulteriori impieghi operativi.

Per far sì che tali tecnologie abbiano un impatto concreto, l’Air Force dovrà acquistare questi droni nell’ordine delle migliaia, considerando che le squadre impegnate nel wargame hanno richiesto soltanto nella prima giornata centinaia di Cca, secondo quanto dichiarato dal responsabile per i future concept e la capability assessment capacità presso il Mitchell Institute Mark Gunzinger.

“Ciò significa che l’Air Force deve essere in grado di acquistarli su quella scala, il che comporta la necessità di avere un prezzo accessibile. Più stealth, più raggio d’azione, carichi utili più grandi, più sensori, supporto ai sistemi di missione: tutto ciò può far lievitare i costi. Quindi la chiave è capire che tipo di compromessi fare per avere sistemi accessibili, che si possano acquistare su scala e che siano comunque credibili in combattimento”, ha proseguito Gunzinger.

L’Air Force ha recentemente confermato che al momento cinque aziende – Boeing, General Atomics, Lockheed Martin, Northrop Grumman e Anduril – sono sotto contratto per progettare e costruire una flotta di almeno mille Cca. Degno di nota il fatto che tra questi appaltatori non vi sia Kratos Defense, che ha sperimentato con l’Aeronautica Militare il suo XQ-58 Valkyrie. Robert Winkler, vicepresidente dello sviluppo aziendale e dei programmi di sicurezza nazionale di Kratos, ha dichiarato martedì, durante la pubblicazione del rapporto, che il suo team tendeva a scegliere i Cca a basso costo, rimanendo nella fascia dei dieci milioni di dollari. Dietro l’assenza di Kratos potrebbe esserci il fatto che per questo progetto l’Usaaf vorrebbe un velivolo più grande e con un motore più potente rispetto a quello offerto da Kratos.


formiche.net/2024/02/nuovi-dro…



Scuola e Fediverso: l'Istituto di Istruzione Superiore Polo Tecnologico Imperiese di Imperia e il Liceo Statale Galileo Galilei di Verona entrano nel Fediverso

Dopo l'ingresso nel Fediverso di EduINAF, la rivista di didattica e divulgazione dell'INAF, Istituto Nazionale di Astrofisica (ricercabile all'indirizzo @eduinaf@edu.inaf.it), siamo lieti di condividere un'altra notizia che riguarda il fediverso nell'ambito educativo: due istituti scolastici sono infatti entrati a far parte del Fediverso, facendolo ognuno in maniera differente.

@Che succede nel Fediverso?

L'Istituto di Istruzione Superiore Polo Tecnologico Imperiese di Imperia

L'istituto @I.I.S. POLO TECNOLOGICO IMPERIESE ha deciso di attivare il plugin ActivityPub per Wordpress, così da permettere a qualsiasi account del Fediverso di seguire il suo sito web e di ricevere gli aggiornamenti direttamente dalla propria timeline (qui è possibile vedere come compare su Mastodon o su Friendica ).

Per seguire l'account del Polo basta incollare nella casella di ricerca del proprio account del fediverso il seguente indirizzo: @polo@www.polotecnologicoimperiese.edu.it


Il Liceo Statale Galileo Galilei di Verona

Il Liceo Statale Galileo Galilei di Verona, che già ha aderito a un progetto della Regione Veneto sull'uso consapevole dei social e della rete ha aperto una propria istanza Mastodon: mastodon.galileivr.org/
Al momento sono presenti solo alcuni account pubblici, di cui uno è l'amministratore @Carlo

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Siamo fiduciosi che queste iniziative possano moltiplicarsi in tanti altri istituti scolastici!

Se avete notizia di altri istituti italiani che hanno intrapreso iniziative legate al Fediverso, fateci saper enei commenti!


Questa voce è stata modificata (1 anno fa)
in reply to Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂

Speriamo di vederne sempre di più. È sconfortante pensare che le comunicazioni ufficiali degli enti pubblici debbano per forza passare dalle grandi piattaforme.
Questa voce è stata modificata (1 anno fa)

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