Salta al contenuto principale



27 prigionieri di Gaza morti nelle strutture militari israeliane


I palestinesi rilasciati hanno raccontato di aver subito torture, di essere stati picchiati e abusati. L'esercito israeliano ha dichiarato che indagherà sui decessi avvenuti nei propri campi di prigionia L'articolo 27 prigionieri di Gaza morti nelle stru

Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint

di Eliana Riva –

Pagine Esteri, 7 marzo 2024. Sono almeno 27 i prigionieri palestinesi di Gaza morti all’interno delle strutture militari israeliane dal 7 ottobre, secondo i dati pubblicati dal quotidiano israeliano Haaretz. Non si sa quanti abitanti della Striscia siano stati portati nel campo di prigionia nella base militare di Sde Teiman, al sud di Israele, vicino Beersheba. Ma si sa cosa hanno raccontato coloro che da quel centro sono stati rilasciati. I detenuti vivono in condizioni estreme, ammanettati e bendati per tutto il tempo, ammassati in un centro costruito come prigione “temporanea” per interrogare e poi trasferire gli indagati ma trasformato, dopo il 7 ottobre, in un campo di prigionia in cui non è garantita assistenza legale, senza strutture adeguate e nessun controllo sulle condizioni di salute. Le persone ritornate a Gaza hanno raccontato di aver subito torture, hanno mostrato lividi, ferite. In base a un emendamento di legge approvato durante la guerra, i detenuti possono essere trattenuti e sottoposti a interrogatori per due mesi e mezzo (75 giorni) senza dover apparire dinanzi a un giudice.

Secondo i dati del servizio carcerario israeliano al 1° Marzo 2024 erano 793 i residenti di Gaza in detenzione amministrativa nelle carceri israeliane. A questi si aggiungono coloro che si trovano nei centri militari, il cui numero le autorità non hanno mai voluto comunicare.

13382466
Prigionieri palestinesi di Gaza. (X)

The New York Times ha anticipato un’indagine dell’UNRWA, l’Agenzia delle Nazioni Unite che si occupa dei profughi palestinesi, non ancora pubblicata e che conterrà le testimonianze dei detenuti gazawi in Israele. Secondo il rapporto, delle migliaia di persone arrestate a Gaza e portate nei centri militari, tra le quali almeno 1.000 civili, in molti hanno denunciato di essere stati picchiati, spogliati, derubati, bendati, abusati sessualmente.

Il quotidiano israeliano Haaretz ha potuto confermare attraverso proprie fonti le testimonianze di percosse e abusi durante e dopo gli interrogatori. Sono numerosi i video girati all’interno di Gaza che raccolgono i racconti di persone rilasciate dall’esercito che, tornate nella Striscia, hanno spiegato con dovizia di particolari ciò che hanno subito nelle settimane o nei mesi di detenzione. Alcuni sono medici, giornalisti, insegnanti. Le denunce di brutalità cominciano dal momento in cui vengono fermati, e continuano durante gli interrogatori compiuti all’interno di Gaza e poi con gli spostamenti e la carcerazione presso le strutture militari che accolgono adulti ma anche minori e bambini.

I decessi dei prigionieri sono avvenuti non solo a Sde Teiman ma anche ad Anadot, vicino Gerusalemme. Si tratta di una base della polizia di frontiera convertita in un altro campo di prigionia, dedicato questa volta ai palestinesi di Gaza che il 7 ottobre si trovavano in Israele con un regolare permesso di lavoro. Le licenze sono state revocate a centinaia di lavoratori gazawi, i quali sono stati poi arrestati e portati nella base militare nonostante non abbia le strutture e le capacità necessarie ad accogliere un numero tanto elevato di persone. Sono state improvvisate celle simili a gabbie, circondate da recinzioni, senza letti, coperte, senza cibo. In seguito a una denuncia un giudice israeliano ha confermato che le condizioni in cui sono tenuti i lavoratori gazawi a Anadot sono “inadatte agli esseri umani”. Haaretz ha raccolto testimonianze sul precario stato di salute di alcuni dei detenuti che hanno riportato ferite durante la prigionia ma che non sono stati curati. Il trasferimento delle persone malate o ferite negli ospedali è stato ripetutamente negato dai militari.

L’esercito israeliano ha confermato le morti di alcuni detenuti ma si è rifiutato di dare numeri precisi e spiegazioni sulle circostanze, limitandosi a dire che alcuni di loro sono “arrivati in detenzione” feriti o in “condizioni sanitarie complesse”. I portavoce dell’esercito hanno inoltre dichiarato di aver aperto delle inchieste. Ad indagare saranno, però, gli stessi militari responsabili delle strutture e dei loro prigionieri. Pagine Esteri

Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint

L'articolo 27 prigionieri di Gaza morti nelle strutture militari israeliane proviene da Pagine Esteri.




#NotiziePerLaScuola

Campagna di Primavera eTwinning, fino al 29 marzo risorse e attività sul benessere a scuola, per ispirare docenti ed educatori a realizzare esperienze d'apprendimento innovative.

Info ▶️ indire.



The DNA of Genetic Privacy Legislation: Montana, Tennessee, Texas, and Virginia Enter 2024 with New Genetic Privacy Laws Incorporating FPF’s Best Practices


In 2023, four states enacted new genetic privacy laws regulating direct-to-consumer genetic testing companies. This blog post provides details on what these new laws cover and how they compare to FPF’s widely-adopted Best Practices for Consumer Genetic Te

In 2023, four states enacted new genetic privacy laws regulating direct-to-consumer genetic testing companies. This blog post provides details on what these new laws cover and how they compare to FPF’s widely-adopted Best Practices for Consumer Genetic Testing Services.

Genetic privacy has been under increasing scrutiny at the state and federal levels, and regulators are prioritizing efforts to examine how businesses handle and disclose genetic data. For instance, the Federal Trade Commission (FTC) obtained orders against genetic testing providers Vitagene (2023) and CRI Genetics (2023) over alleged deceptive trade practices, including a claim that Vitagene had left sensitive data unsecured and retroactively changed its privacy policy without user consent. The White House has also taken a keen interest in genetic data privacy protections; genetic data privacy was flagged as an area of interest in the Biden Administration’s recent executive order that seeks to restrict “countries of concern” from accessing Americans’ sensitive personal data in bulk. The Department of Justice has also indicated that genetic data will be a focus of an upcoming Advance Notice of Proposed Rulemaking related to the executive order.

While federal agencies and lawmakers have been active in this area, state legislators have been the most active in mandating protections for this particularly sensitive category of personal information. In 2023, Montana, Tennessee, Texas, and Virginia joined six other states (Arizona, California, Kentucky, Maryland, Utah, and Wyoming) that have enacted privacy laws for direct-to-consumer genetic testing companies. These four newly enacted laws follow the trend of the six existing laws in adopting baseline requirements–including requirements to publish privacy notices and create consumer rights of access and deletion–in line with FPF’s Privacy Best Practices for Consumer Genetic Testing Services, first released in 2018.

However, the four state laws leave out key elements of the best practices around transparency about law enforcement access to data, children’s and teens’ online privacy, and consent for revised privacy policies that reflect the use of emerging technologies in genetic testing. As these privacy issues take center stage in 2024, states should consider expanding the scope of direct-to-consumer genetic testing privacy laws to address emerging technologies like artificial intelligence and persistent concerns about law enforcement access to data and minors’ rights to their genetic data.

New State Laws on Genetics Privacy Include Strong, Important Protections for Individuals

These four new state genetic privacy laws largely incorporate the foundational principles of the Future of Privacy Forum’s 2018 best practices. All four states’ genetic privacy laws create a consumer right to access and delete personal data, prohibit sharing genetic information with insurers and employers, and require companies to create a comprehensive security program to protect individuals’ data. All four laws also require companies to collect separate express consent to use data for marketing, research, and third-party sharing, with some laws extending this requirement to any secondary use or additional retention of individuals’ genetic data.

Laws in Tennessee, Texas, and Virginia exclude de-identified data from their definitions of “genetic data.” This is in line with FPF’s best practices on de-identified data, which note that de-identified data is not subject to the remaining best practices, as long as “de-identification measures taken establish strong assurance that the data is not identifiable.” In addition, Tennessee, Texas and Virginia follow the guidance from the FTC and the Department of Health and Human Services (HHS) for de-identified data; the three state laws require that companies (1) take measures to ensure that individuals’ data cannot be linked to them, (2) commit to maintain and use data only in its de-identified form, and (3) contractually obligate data recipients to do the same.

Montana and Texas, meanwhile, each go beyond any existing consumer genetic privacy laws and the scope of FPF’s best practices to create additional requirements for direct-to-consumer genetic testing companies. Montana imposed data localization requirements for its residents’ genetic data and Texas established a property right for its residents over their genetic samples and data.

New State Laws Differ on Key Privacy Issues, Including Law Enforcement Access to Data, Kids’ Privacy Needs, and Transparency

The four state genetic privacy laws passed in 2023 are the first such laws to be passed in the wake of the Supreme Court’s 2022 decision in Dobbs v. Jackson Women’s Health Organization (2022), overruling the precedent set in Roe v. Wade and negating constitutional protections for reproductive health services. These four new laws have created essential genetic data privacy protections in line with the existing direct-to-consumer genetic privacy laws, but they differ on some key privacy issues that are the subjects of intense debate, including law enforcement access to data, children’s and teens’ online privacy, and transparency requirements around changing privacy policies to consider emerging technologies, including AI.

Law Enforcement Access to Data

FPF’s best practices call for genetic testing companies to notify individuals when their personal data is shared with law enforcement agencies and to publicly report on data requests from law enforcement on at least an annual basis. In the wake of Dobbs, the processes by which law enforcement agencies may gain access to health data have come under increased public and regulatory scrutiny. Data collected by direct-to-consumer genetic testing companies may reveal relationship and health data that could be used in abortion prosecutions; for example, fetal tissue samples could be compared to genetic data held by direct-to-consumer genetic testing companies to determine paternity or maternity, and retained biological samples could be repurposed by law enforcement for saliva-based pregnancy tests. As a result, even though none of the four laws specifically refer to reproductive health data or post-Dobbs privacy issues, some of them may impact how law enforcement can access genetic data to enforce restrictions on abortion and how direct-to-consumer genetic testing companies may respond to law enforcement requests for data.

Of the four laws, only Montana’s specifies that government agencies must provide a warrant to access genetic data after June 1, 2025, unless the disclosure is otherwise permitted by a specific state law. Two of the remaining new genetic privacy laws (Tennessee and Texas) explicitly permit law enforcement and government agencies to access individuals’ genetic data with valid legal process, which may include a warrant or subpoena, depending on the specific data being requested. While legal process may require notification to the impacted individual, in practice individuals can be prevented from receiving that notice under non-disclosure provisions. Only Virginia’s law does not specify detailed procedural requirements for genetic testing companies to share data with government agencies.

While the four state laws diverge in their requirements for valid legal process and consumer notification, none of the laws include a requirement for companies to publish reports on data requests from law enforcement agencies. Leading direct-to-consumer genetic testing companies voluntarily publish reports on government requests for consumers’ data–including 23andMe and Ancestry, both of which report on data multiple times a year. Those reports are not often broken out by topic or type of data. Notably, some of the disclosures in these reports may be limited by law, including the U.S. Foreign Intelligence Surveillance Act.

Children’s and Teens’ Online Privacy

In recognition of the need for heightened privacy protections for children, FPF’s best practices recommend that direct-to-consumer genetic testing companies not market or directly offer their services to minors (under age 18). When parents and guardians provide consent for minors to submit their DNA samples, FPF recommends that genetic testing companies provide minors with a right to access their data and become the primary account holder once they reach age 18.

2023 was also a banner year for debate around children’s online privacy and safety issues, including a unanimous vote by the Senate Commerce Committee to advance a bill to expand children’s privacy protections and cover teens aged 13 to 16. However, despite FPF’s recommendations and the recent attention given to children’s online privacy, none of the four state genetic privacy laws explicitly address children’s privacy interests when engaging with direct-to-consumer genetic testing companies, including scenarios where parents and guardians may submit genetic samples on behalf of their children.

Emerging Technologies and New Privacy Policies

Consent is an important part of all of the new genetic privacy laws, in line with the baseline standards for consent established in the six other existing state laws and in FPF’s best practices. Montana, Tennessee, and Virginia establish a specific requirement for direct-to-consumer genetic testing companies to collect initial express consent from users seeking genetic testing products and services–this initial consent must specify the inherent contextual uses of the data. Texas does not specifically require initial express consent but does require separate express consent for several different types of data processing.

FPF’s best practices state that companies should notify individuals and seek their consent before making any changes to privacy policies–over the past year, this has also become a major topic for regulatory enforcement. For instance, in 2023, the FTC issued its first genetic privacy enforcement action. In the Vitagene (2023) case, the FTC argued that the company engaged in deceptive behavior when it updated its privacy policy in 2020 and retroactively expanded third-party data sharing without notifying existing consumers or seeking their consent for the policy change. In the press release about the settlement order, Director of the FTC Bureau of Consumer Protection Samuel Levine noted, “[c]ompanies that try to change the rules of the game by re-writing their policy policy are on notice” for any unilateral applications of new privacy policies to existing consumer data.

The practice of ensuring that consent is obtained with updates to privacy policies and practices is becoming more important with the incorporation of new technologies into genetic testing business models. As AI becomes increasingly integrated in direct-to-consumer genetic testing companies’ platforms and product offerings, the inherent contextual uses of individuals’ genetic data may evolve, requiring updates to privacy policies.

All four laws also require entities to collect separate express consent for any secondary uses of individuals’ genetic data that are beyond the scope of the initial genetic testing product or service. However, none of the four laws explicitly include any procedural requirements for how companies should collect consent before implementing policy changes. The absence of an explicit provision in the laws means that the need to notify individuals of policy changes and seek consumer consent to implement those changes will largely be a matter of judicial or regulatory interpretation, and may vary from state to state.

State Legislatures Should Consider Expanded Genetic Privacy Protections in 2024

In addition to the four states that enacted genetic privacy laws in 2023, eight other states considered bills to regulate direct-to-consumer genetic testing companies’ privacy practices, demonstrating state lawmakers’ growing appetite for state genetic privacy legislation in the absence of comprehensive federal legislation. The 2024 legislative session is another opportunity for additional states to establish new protections, and state legislatures in Alabama, Indiana, Nebraska, and West Virginia have already considered legislation largely based on FPF’s best practices.

2024 is also an opportunity for states with existing laws, including the four states that passed laws in 2023, to establish additional protections for individuals’ genetic data and adopt FPF’s best practices around law enforcement access to data, minors’ rights to their genetic data, and transparency for privacy policy changes. While these laws establish baseline genetic privacy protections that are in line with FPF’s best practices and consistent with existing state genetic privacy laws, they have left space for future legislators to further consider additional protections needed in the areas of law enforcement access to data post-Dobbs, children’s and teens’ online privacy, and direct-to-consumer genetic testing companies’ embrace of emerging technologies.

By fully incorporating FPF’s best practices, states can promote a more privacy-protective genetic testing ecosystem and strive to better address the privacy issues that emerged in 2023 and continue to be a priority in 2024. In doing so, states can also raise the standard for genetic data privacy and effectively complement the federal government’s approach to regulating direct-to-consumer genetic testing companies.


fpf.org/blog/the-dna-of-geneti…



Il Programma Ue per l’industria della difesa è qualcosa, ma non abbastanza. Il punto di Braghini


C’è un po’ di tutto nella proposta del commissario Thierry Breton dell’European defence industry programme (Edip), ampiamente pubblicizzata e anticipata sui media brussellesi e francesi (e non solo). Un’iniziativa che per sé stessa è un importante risulta

C’è un po’ di tutto nella proposta del commissario Thierry Breton dell’European defence industry programme (Edip), ampiamente pubblicizzata e anticipata sui media brussellesi e francesi (e non solo). Un’iniziativa che per sé stessa è un importante risultato, utile per “lavorare meglio all’interno del quadro dei Trattati, e urgente per la necessità di organizzarci in questa situazione di crisi.” Queste le affermazioni di Breton che ha delineato, oltre all’articolato quadro giuridico, anche quello finanziario. D’altra parte, Edip è considerato come programma complementare ai programmi pionieristici Asap e Edirpa e “downstream” per supportare l’industria oltre il 2025.

Il fatto che non sia ricompreso nell’Edip l’auspicato fondo europeo per la difesa con capacità fino a cento miliardi di euro tramite Eurobonds è esemplificativo, in quanto è divisivo l’argomento per la contrarietà di filosofia economica da parte di alcuni Paesi, come la Germania, anche se il tema dovrebbe rientrare a breve nell’agenda del Consiglio Ue. Servirebbe una urgente volontà politica all’interno dell’Unione europea, auspicata però da pochi Paesi, in particolare Estonia, Francia, Italia e Polonia.

Se c’era da aspettarselo, si va avanti con cautela mettendo un “chip” sul piatto per piantare la bandiera e mettere alla prova i Paesi membri, come è uso fare in ambito comunitario quando si propongono iniziative nuove. Poi si vedrà. Ma il ridimensionamento delle risorse proposte da Breton è anche quello delle ambiziose aspettative della Commissione europea e del livello di adeguatezza dell’Edip.

Una prima lettura su specifici aspetti della proposta di regolamento Edip parte dalla previsione di un miliardo e mezzo di euro dell’aumentato budget corrente per l’Edf, come “ponte” fino al 2027, per agganciarsi poi al prossimo bilancio 2028-2034, a cui aggiungere – nella prospettiva di Breton – altrettanto da varie fonti, presumibilmente come è prassi Ue (vedasi gli scambi tra Edirpa e Asap, e prima ancora con la Preparatory action for defence research) con altre risorse da recuperare tra le pieghe (capitoli o risorse non spese) del Bilancio pluriennale Ue, nonché da eventuali esenzioni dell’Iva, potenziali prestiti Bei (peraltro costosi) e finanziamenti InvestEe (come progettato prima della pandemia) per promuovere Pmi, start up e investitori.

È inoltre segnalata da Breton la potenzialità nel più lungo termine – sicuramente la durata del prossimo bilancio Ue 2028-2034 – di risorse ipotizzate intorno a trenta miliardi di euro dedicati a due cosiddetti pilastri, da una parte la crescita delle capacità industriali anche per e con l’Ucraina, dall’altra “la défense des espaces contestés” quali ad esempio cyber, settore spaziale e marittimo, in linea con la Bussola strategica.

Al riguardo, unitamente alla possibilità e agli incentivi per acquisti in comune lungo il ciclo di vita operativa di un prodotto, è altresì interessante la volontà di finanziare la fase post-Edf, andando quindi oltre gli sviluppi in collaborazione cofinanziabili dal Fondo europeo difesa. Si prevede il ricorso a “repayable grants per azioni specifiche relative alla produzione e commercializzazione di prototipi, in particolare di quelli derivanti dall’European defense fund” come descritto nella Joint communication Edis-readiness, con l’obiettivo di colmare il “commercialisation gap” tra la fine della fase di sviluppo e la fase di prototipizzazione.

Si tratta di un nuovo tassello dell’evoluzione Ue a supporto del procurement difesa e un ampliamento dell’Edf. L’approccio riprende la logica degli Ipcei che consente sussidi nazionali per ramp-up industriali e alcune attività per “first-of-a-kind” civili, con la previsione di un nuovo Ipcei dedicato alla difesa.

Si può osservare che un regolamento Edip non modifica il quadro normativo esistente, intendendo le due direttive del Pacchetto difesa, per le quali sembra opportuno avviare una riflessione circa un loro parallelo adeguamento alla situazione attuale e prospettica rispetto a quella esistente dei primi anni 2000.

Infatti, la priorità dell’Ue è rivolta a incentivare la cooperazione e il rafforzamento capacitivo e industriale rispetto alla concorrenza. Vedasi lo sviluppo di capacità e requisiti comuni tramite collaborazioni in tutte le relative fasi (R&S e procurement) con effetti di integrazione per le catene del valore e di fornitura. Ne sono un esempio le nuove cooperazioni europee in R&S e la prospettiva con Edip per incentivare acquisti congiunti tra i Paesi membri dai quali conseguono maggiori trasferimenti intra-Ue.


formiche.net/2024/03/il-progra…



LIBIA. Scioperi e blocchi negli impianti di gas che riforniscono l’Eni


Le mobilitazioni hanno fermato il complesso petrolifero della compagnia Mellitah Oil & Gas, la cui produzione per l'80% è detenuta dalla società energetica italiana. L'articolo LIBIA. Scioperi e blocchi negli impianti di gas che riforniscono l’Eni provie

Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint

di Alessandra Mincone –

Pagine Esteri, 7 marzo 2024. Il 20 Febbraio 2024 i membri del gruppo libico Petroleum Facilities Guard (PFG) hanno bloccato i flussi di gas in un complesso facente capo alla “Mellitah Oil & Gas” nella città di Al-Zawiya. Qui la raffineria, gestita dalla compagnia Azawia, esporta le eccedenze utili al fabbisogno locale del petrolio greggio attraverso il porto petrolifero e grazie al “Greenstream”, il gasdotto più lungo del mediterraneo e il più importante dell’Africa.

Il Greenstream collega i porti libici con l’isola di Sicilia, in Italia. Agli inizi del 2023, alla presenza del Primo Ministro italiano Giorgia Meloni, la società Eni, che detiene l’80% della produzione libica di gas della compagnia Mellitah Oil & Gas, ha siglato un accordo con il governo di unità nazionale libico per un finanziamento di otto miliardi di dollari, con l’obiettivo di accrescere i volumi di esportazione in tutta Europa. In una nota stampa, l’Amministratore delegato Claudio Descalzi aveva annunciato che “la produzione combinata di gas dalle due strutture sovvenzionate inizierà nel 2026 e raggiungerà un plateau di 750 milioni di piedi cubi di gas standard al giorno”.

Il gasdotto Greenstream è una parte del sistema di trasporto del gas libico controllato da Eni e inaugurato da Silvio Berlusconi e Muhammar Gheddafi nel 2004. È grazie a questa infrastruttura per il trasporto del gas se nell’ultimo ventennio le importazioni italiane dalla Libia sono accresciute di oltre il 10%, e se la Libia rappresenta, ad oggi, il quarto fornitore di gas per l’Italia.

Gli operatori del Petroleum Facilities Guard hanno causato il blocco dei flussi di gas come forma di protesta per le condizioni di lavoro. Tra le rivendicazioni più importanti, l’aumento del 67% degli stipendi, il pagamento dell’assicurazione sanitaria, il risarcimento di mensilità arretrate e l’adeguamento di premi economici in linea con i dipendenti della National Oil Corporation.

Il PFG ha prima concesso al governo di unità nazionale una decina di giorni per siglare un accordo. Poi, allo scadere dell’ultimatum del 15 Febbraio, la milizia impiegata nella sicurezza delle aree di giacimenti ha annunciato un rallentamento delle attività a partire dalla chiusura della raffineria di Al-Zawiya, fino al blocco graduale di tutti gli impianti petroliferi di Metillah e Misurata, in assenza di una convocazione da parte del Governo. In un video diffuso dalle guardie libiche all’inizio dello sciopero, hanno spiegato che “i dipendenti hanno sofferto di emarginazione ed esclusione e lavorato in condizioni difficili, ma si rifiuteranno di essere trasferiti presso altri servizi di sicurezza fino a che i funzionari e le istituzioni non consentiranno di accordare a tutti i membri i pieni diritti legali”.

Solo tra il 25 e il 26 Febbraio, il PFG ha dichiarato la riapertura dei siti oggetto della protesta, a seguito di un incontro riservato a Tripoli con il Primo Ministro, Abdul Hamid Dbeibah, che avrebbe concesso delle migliorie contrattuali. Nelle stesse ore si è svolto anche un incontro tra il capo della guardia degli impianti petroliferi, Abdul Razzaq Al-Khurmani, e il Presidente del Consiglio di Amministrazione della National Oil Corporation, Masoud Suleiman, che aveva spinto fin da subito la discussione verso una strada diplomatica per “lasciare gli impianti lontani dalle tensioni”.

L’economia petrolifera e di gas rappresentano il 97% delle entrate totali del governo, mentre le esportazioni verso l’Italia sono arenate dal 2022, anche a causa di una tendenza generale alla riduzione del consumo del gas tra le più drastiche degli ultimi venticinque anni. Eppure, l’Italia continua ad attestarsi tra le maggiori partner commerciali della Libia soprattutto grazie all’influenza di Eni. Secondo le stime dell’Agenzia americana per l’energia, nel 2021 la Libia deteneva quarantotto miliardi di barili di petrolio e quasi due miliardi di metri cubi di riserve di gas; si tratta di un possedimento pari al 3% delle riserve di petrolio globali oltre a possedere la quinta riserva di metano più importante dell’Africa.

Ma a dimostrazione dell’instabilità della nazione che si riversa sulla partita del petrolio è stata la protesta che ha preceduto quella di Febbraio, iniziata con il blocco della produzione nel giacimento petrolifero di Al-Sharara il 7 Gennaio. In quell’occasione i manifestanti del movimento “No Corruption” hanno fatto richiesta di immediate forniture di carburanti e derivati, la stipula di un progetto di raffineria nel sud della Libia, la creazione di posti di lavoro per laureati locali, un incentivo statale presso un Fondo per la ricostruzione della regione del Fezzan e la costruzione di un ospedale pubblico nella città di Ubari. Il blocco di uno dei giacimenti più rilevanti della Libia non ha lasciato al Governo altra scelta che svincolarsi dagli obblighi contrattuali sulle esportazioni dichiarando “lo stato di forza maggiore”, determinato da situazioni involontarie, e rischiare un collasso economico poiché l’inattività del giacimento di Al-Sharara ha compromesso le forniture di petrolio fino al terminal di Al-Zawiya.

Le radici delle mobilitazioni di Gennaio sono da ricercare anche nell’opposizione popolare e, talvolta, guidata dal generale Haftar, verso il colosso Eni per lo sviluppo di giacimenti come quello di Hamada, operazione fortemente criticata in quanto a detta dei manifestanti “non rispecchierebbe le leggi libiche”. Alle contestazioni, Dbeibah ha risposto che tra gli obbiettivi e i diritti dello Stato libico, resta l’intenzione di “aumentare la produzione di petrolio e gas e sviluppare nuove scoperte, anche con investimenti esteri”. Insomma, non è complicato predire che i giacimenti di petrolio e gas libici continueranno ad essere a lungo il teatro di interessi politici tra Libia e Italia, come di nuove proteste.

Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint

L'articolo LIBIA. Scioperi e blocchi negli impianti di gas che riforniscono l’Eni proviene da Pagine Esteri.



In Cina e in Asia – L’Ue impone dazi sulle auto elettriche cinesi


In Cina e in Asia – L’Ue impone dazi sulle auto elettriche cinesi auto elettriche europa
I titoli di oggi:

L'Ue impone dazi sulle auto elettriche cinesi
Il Partito comunista diventa più forte nel Consiglio di Stato
L’inviato cinese Li Hui in Europa dà eco alla propaganda russa sulla guerra in Ucraina
Corea del Nord, prigionieri politici costretti a lavorare negli impianti nucleari
L’India ha una nuova base navale a poca distanza dalle Maldive

L'articolo In Cina e in Asia – L’Ue impone dazi sulle auto elettriche cinesi proviene da China Files.



Weekly Chronicles #66


Urobori digitali e dossieraggi.

Questo è il numero #66 di Privacy Chronicles, la newsletter che ti spiega l’Era Digitale: sorveglianza di massa e privacy, sicurezza dei dati, nuove tecnologie e molto altro.

Cronache della settimana

  • Torna la piattaforma DGC (Green Pass) e aumentano i poteri di accesso del Ministero della Salute
  • Il delicato stato della crittografia nell’Unione Europea
  • Di dossieraggi politici e altre cose stataliste

Lettere Libertarie

  • La legge ci proteggerà da neurotecnologie e intelligenza artificiale?

Rubrica OpSec

  • Rompere Bitlocker in meno di 43 secondi

13370332


Torna la piattaforma DGC (Green Pass) e aumentano i poteri di accesso del Ministero della Salute


La notizia della settimana è che coi soldi del PNRR lo stato italiano ha deciso di rifinanziare a tempo indeterminato la piattaforma DGC (Digital Green Certificate). Dal 2 marzo 2024 finiranno nelle casse di SOGEI quasi 4 milioni di euro, e poi circa 1,8 milioni ogni anno per manutenere e gestire la piattaforma che ci ha regalato l’amato certificato verde.

Non dovrebbe stupirci. O meglio, certamente non stupirà chi mi leggeva già dal 2022, quando scrivevo “Il green pass eterno e i nuovi poteri predittivi del Ministero della Salute” in cui — da bravo complottista — blateravo di Green Pass infiniti e Urobori statalisti, di cui ne riporto una parte:

Potremo anche smettere di usarlo nei negozi, sul lavoro, o per i trasporti, ma l’intenzione attuale del governo non è affatto quella di dismettere il sistema, che anzi rimarrà attivo a tempo indeterminato. Il green pass non è soltanto la certificazione che portiamo in tasca, ma un ecosistema informatico perdurante nel tempo, con una certificazione che si auto-rigenera ogni 540 giorni, a prescindere da ciò che faremo noi. Un Uroboro che non aspetta altro di essere riattivato, trasformato o integrato in altri sistemi.


E così, ci siamo: riattivato, trasformato e integrato in altri sistemi. Sì perché l’intenzione è chiaramente quella: una convergenza d’intenti tra Unione Europea e Stati Membri per la creazione di presupposti legali e tecnologici per un ecosistema d’identità digitale a cui saranno collegati i mostri di social scoring prossimi venturi.

La finestra di Overton è spalancata e non c’è modo di richiuderla.

Nel frattempo — come scrivevo già sempre nel 2022 — si aggiungono anche altri tasselli ai poteri di profilazione sanitaria del Ministero della Salute. Ciò che fu iniziato nel 2020 è oggi in fase di completamento, con una recentissima riforma del Codice Privacy che permette l’accesso totale al Fascicolo Sanitario Elettronico e dati sanitari dei cittadini italiani — anche tramite interconnessione di sistemi — al Ministero della Salute e altri enti nazionali.

Iscriviti ora


231430

BitcoinVoucherBot sponsorizza Privacy Chronicles. Clicca qui per iniziare a usarlo!


Il delicato stato della crittografia nell’Unione Europea


In una recente sentenza (Podchasov v. Russia) la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ha ribadito l’importanza centrale della crittografia nell’Era Digitale, quale strumento per la difesa di diritti fondamentali umani come la riservatezza delle comunicazioni.

Read more

#66


Ucraina. La “linea Zelensky” non tiene, Kiev teme il tracollo


Le linee difensive ucraine non tengono e le truppe di Kiev continuano ad arretrare; a Kiev si teme una disfatta. Gli USA preparano un piano per la fuga di Zelensky? L'articolo Ucraina. La “linea Zelensky” non tiene, Kiev teme il tracollo proviene da Pagi

Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint

di Marco Santopadre*

Pagine Esteri, 6 marzo 2024 – Sostenuti dai consiglieri e dagli “specialisti” dell’Alleanza Atlantica e dai servizi statunitensi e britannici, i comandi militari ucraini cercano di colpire le infrastrutture all’interno del territorio russo – in particolare nella regione di Belgorod – e recentemente sarebbero riusciti ad affondare il pattugliatore russo Sergey Kotov nel Mar Nero.
Sul terreno, però, le forze armate russe continuano a conquistare terreno, e la fine della lunga quanto inefficace controffensiva ucraina ha lasciato spazio ad un’avanzata delle forze di Mosca che dura ormai da settimane.

La “linea Zelensky” non tiene
Lo stallo di fondo tra le forze dei due schieramenti permane, ma nelle regioni orientali dell’Ucraina, in particolare nel Donbass, le forze di Kiev faticano anche solo a mantenere le posizioni rafforzate negli ultimi mesi dalla realizzazione di linee difensive fortificate, trincee e campi minati. A detta degli esperti, però, la cosiddetta “linea Zelensky” è incompleta e spesso si rivela inefficace di fronte agli attacchi delle forze di invasione.

I russi hanno più uomini, più mezzi e più munizioni e continuano a rosicchiare terreno dopo aver conquistato Avdiivka e altre località qualche chilometro più a ovest. Anche in direzione di Kharkiv le difese ucraine sono sottoposte a continui assalti e la situazione a Kupyansk si è fatta difficile, così come a Robotyne, verso Zaporizhzhya.

13369432
Zelensky visita la linea del fronte a Kupyansk

Mancano truppe fresche
A pesare, oltre alla crescente penuria di munizioni, è anche l’incapacità da parte del governo ucraino di varare una nuova legge capace di reclutare truppe fresche da inviare al fronte. Nonostante gli impegni presi, Zelensky e i nuovi vertici militari ucraini non sono in grado di accordarsi sulla strategia da adottare, scrive il “Washington Post”. Secondo il quotidiano statunitense, il governo ucraino non è in grado di formulare un piano di mobilitazione efficace nonostante «da mesi stia montando l’allarme per la grave carenza di truppe qualificate al fronte». Nel frattempo le forze armate sono costrette a dipendere da «un’accozzaglia di iniziative di reclutamento» forzoso, che «hanno diffuso il panico tra gli uomini in età da combattimento».

Molti di loro, dato il divieto di lasciare il Paese (spesso aggirabile pagando una mazzetta ai funzionari e alle guardie di frontiera) «tentano talvolta di darsi alla macchia» nel tentativo di evitare l’arruolamento.
Nel frattempo la bozza di una legge che mira ad abbassare l’età minima per la coscrizione da 27 a 25 anni, riducendo inoltre le possibilità di evitare la mobilitazione per studenti e lavoratori, è bloccata in parlamento, gravata da più di 4 mila emendamenti.

Neanche la sostituzione dell’ex comandante in capo delle forze militari ucraine Valery Zaluzhny, inviso a Zelensky, con il generale Oleksandr Syrsky – che a sua volta ha sostituito molti dei responsabili militari a lui sottoposti – ha impresso la necessaria svolta, impossibile senza un provvedimento legislativo che mobiliti forze fresche e giovani.

Secondo il “Washington Post”, inoltre, del milione di uomini mobilitati negli ultimi due anni, solo 300 mila sarebbero stati effettivamente inviati al fronte. La maggior parte di questi ultimi sarebbero stanchi e sfiduciati sull’andamento del conflitto e tra le linee ucraine regnerebbe il pessimismo, se non il disfattismo. Una stanchezza strategica, e non più contingente.
Secondo numerosi analisti e media, il rischio è che le difficoltà incontrate dalle forze armate ucraine a tenere le linee teoricamente fortificate possa rappresentare il segno che Kiev sta rischiando il tracollo.

Governo in difficoltà
A due anni dall’invasione russa, l’abusata retorica di Zelensky su una “vittoria assoluta e certa contro Mosca” rappresenta ormai per molti una prospettiva scarsamente credibile.

Diversi parlamentari ed esponenti politici ucraini criticano ormai apertamente il primo cittadino, accusandolo di incapacità e di raccontare favole alla popolazione rispetto all’andamento del conflitto per non mettere ulteriormente a rischio la sua residua popolarità.
A far infuriare alleati e competitori – sempre più numerosi – la presidenza della Verkhovna Rada (il parlamento monocamerale di Kiev) ha rimandato le previste riunioni programmate per il 6, il 7 e l’8 marzo. Di fatto il parlamento monocamerale di Kiev non dovrebbe riunirsi in sessione plenaria per quasi un mese. Il lungo stop ai lavori, giustificato con la necessità di concentrare le energie sulla redazione di un fondamentale rapporto destinato al Congresso di Washington, nasconderebbe invece una crisi parlamentare indotta dall’incapacità da parte del presidente e dell’esecutivo di gestire una situazione sempre più complicata.

13369434
Prigionieri di guerra ucraini

Washington prepara la fuga di Zelensky?
Secondo molte fonti la situazione a Kiev sarebbe più grave di quanto traspare, al punto che il Dipartimento della Difesa di Washington starebbe studiando un piano per permettere al presidente Zelensky – scampato ieri per 150 metri ad un bombardamento russo su Odessa mentre era in compagnia del primo ministro ellenico – di abbandonare il paese nell’eventualità di un collasso del suo governo e di un crollo delle difese ucraine. Almeno è quanto sostiene Stephen Bryen, ex funzionario della commissione esteri del Senato Usa ed ex vice sottosegretario per la Difesa statunitense, in un editoriale pubblicato dal quotidiano “Asia Times”.
Secondo il quotidiano asiatico, se le difese ucraine dovessero crollare, a Kiev potrebbe insediarsi un esecutivo disponibile al negoziato con Mosca ed a quel punto occorrerebbe mettere in sicurezza l’attuale presidente.

Secondo Bryen l’amministrazione Biden vorrebbe però assolutamente scongiurare uno scenario simile fino alle elezioni presidenziali per evitare un fallimento politico anche più grave del ritiro delle forze statunitensi dall’Afghanistan nel 2021, che ipotecherebbe del tutto le possibilità di vittoria dei democratici.

L’unico modo per evitare un sempre più probabile cedimento ucraino, secondo Bryen, sarebbe rappresentato da un intervento massiccio e più o meno diretto delle forze dei paesi della Nato, o comunque di alcuni di essi, da giustificare magari attraverso una provocazione che presenti l’escalation come obbligata.

Una mossa del genere, però, avrebbe conseguenze enormi sull’allargamento del conflitto tra Alleanza Atlantica e Russia e al momento non sembra che Washington e i suoi più stretti alleati siano disponibili a imbarcarsi in un conflitto su larga scala con Mosca. Certo, le dichiarazioni del capo del Pentagono Lloyd Austin di qualche giorno fa – «se l’Ucraina cade credo davvero che la Nato entrerà in guerra con la Russia» ha detto pochi giorni fa Lloyd Austin – sembrano indicare il contrario.

Che le affermazioni di Austin e di Bryen siano fondate e vadano quindi prese sul serio è difficile dirlo, anche se sicuramente l’ex funzionario USA mantiene importanti canali all’interno degli apparati di Washington. In ogni caso, se anche quella di Bryen fosse una provocazione, il suo editoriale la dice lunga sul clima che si respira a Kiev e alla Casa Bianca. Pagine Esteri


13369436* Marco Santopadre, giornalista e saggista, già direttore di Radio Città Aperta, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e dell’Africa. Scrive, tra le altre cose, di Spagna, America Latina e movimenti di liberazione nazionale. Collabora con il Manifesto e Berria

Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint

L'articolo Ucraina. La “linea Zelensky” non tiene, Kiev teme il tracollo proviene da Pagine Esteri.



VERSIONE ITALIANA SPAGNA, L’AEPD AGGIORNA LE LINEE GUIDA SUL PROCESSO DECISIONALE AUTOMATIZZATOQuando si parla di trattamenti con possibili decisioni automatizzate, è importante valutare il coinvolgimento umano, tanto nel sistema utilizzato quanto nel trattamento stesso e nel suo contesto. Secondo l’articolo 22 del GDPR le persone hanno il diritto di non essere sottoposte a decisioni basate …




Gli ambasciatori UE rifiutano l’incontro con Lavrov: di cosa hanno paura? – Tatiana Santi – Il vaso di pandora
ivdp.it/14281-2/



Nasce il gruppo per comprare, vendere e fare scambi nel #Fediverso Il Mercatino del Fediverso 💵♻️

Ecco finalmente il gruppo social per vendere, comprare e scambiare nel fediverso

Come si usa:
1) inserisci nel titolo cosa vuoi fare (vendo/scambio/cerco), il tipo di oggetto, la condizione (nuovo/usato), la località, la disponibilità alla spedizione,
2) descrivi brevemente l'oggetto
3) spiega le modalità di vendita o scambio e quelle di consegna
4) Inserisci il link all'eventuale pagina per l'acquisto
5) allega una o due foto

È vietato pubblicare annunci di materiale illegale

Lo staff di feddit.it non è responsabile degli annunci in bacheca

@Annunci e creazione comunità

NB: Se vuoi pubblicare un annuncio da Mastodon, Friendica, Pleroma, Misskey, Pixelfed, puoi menzionare l’account @mercatino@feddit.it e RICORDATI che il primo paragrafo sarà il titolo e non dovrà superare i 200 CARATTERI!



Prodotti da fumo, l’approccio liberale dell’Italia. In Senato presentato lo studio della Fondazione Luigi Einaudi


In merito ai prodotti da fumo l’Italia ha un approccio insolitamente liberale, che coincide con l’orientamento della maggioranza dei cittadini e consente di tutelare al meglio la salute pubblica. È quanto emerge dallo studio della Fondazione Luigi Einaudi

In merito ai prodotti da fumo l’Italia ha un approccio insolitamente liberale, che coincide con l’orientamento della maggioranza dei cittadini e consente di tutelare al meglio la salute pubblica. È quanto emerge dallo studio della Fondazione Luigi Einaudi, “Prodotti innovativi del tabacco e della nicotina: approcci normativi a confronto”, presentato questo pomeriggio in Senato. Un lavoro svolto in collaborazione con Euromedia Research, che ha condotto un’indagine demoscopica sul tema, realizzata con il contributo di Philip Morris Italia. Presentata da Alessandra Ghisleri, l’indagine rivela che la maggioranza dei rispondenti – fumatori e utilizzatori di prodotti senza combustione, quali tabacco riscaldato e sigarette elettroniche (e-cig) – condivide l’adozione, da parte delle istituzioni italiane, di misure che favoriscano l’abbandono delle sigarette tradizionali anche attraverso l’uso di prodotti innovativi. Orientamento questo confermato da oltre il 67% di coloro che utilizzano prodotti a tabacco riscaldato ed e-cig.

Il sondaggio pone inoltre l’accento sulla necessità, da parte dei cittadini, di ricevere un’informazione più consapevole, salvi i divieti sulla pubblicità: quasi il 75% degli intervistati ritiene che, a fronte di evidenze scientifiche che indicherebbero i prodotti senza combustione quale valida alternativa alle sigarette, in una logica di potenziale riduzione del rischio, i fumatori dovrebbero avere il diritto di ricevere informazioni accurate in merito. Il 56,9% degli intervistati, inoltre, è favorevole a una regolamentazione e una fiscalità differenziata tra prodotti da fumo tradizionali e prodotti innovativi.

Il paper della Fondazione Einaudi, presentato da Sergio Boccadutri, membro del Cda della Fondazione, effettua invece una ricognizione sulla regolamentazione dei prodotti innovativi del tabacco e della nicotina, messa in atto in diversi paesi, con particolare riferimento ai prodotti senza combustione. “La cultura liberale, di cui la Fondazione Luigi Einaudi è custode, guarda con scetticismo all’efficacia dei divieti”, ha affermato il

Segretario generale, Andrea Cangini, introducendo l’incontro. “Anche in materia di prodotti innovativi del tabacco e della nicotina, alla logica proibizionista preferiamo la logica, assai più efficace, della differenziazione tra prodotti e dello stimolo all’innovazione. Fa piacere constatare che sia questo l’approccio scelto dall’Italia. Un approccio insolitamente liberale”.

Dallo studio, infatti, emergono sostanzialmente due differenti tipologie di approccio in merito alla regolamentazione dei prodotti innovativi: quello dei paesi “proibizionisti”, come la Francia, che hanno adottato un quadro regolatorio che non riconosce le differenze esistenti tra i prodotti tradizionali da fumo e i prodotti innovativi non da fumo; e quello di paesi maggiormente pragmatici e aperti all’innovazione, basato sul riconoscimento delle differenze esistenti tra i prodotti da fumo e quelli privi di combustione e sulla conseguente differenziazione normativa e fiscale.

In tal senso, l’Italia, primo produttore di tabacco tra i paesi dell’Unione europea, nonché leader al mondo nella produzione su larga scala di prodotti del tabacco riscaldato, è pioniere nelle politiche di regolazione dei prodotti innovativi, avendo adottato da tempo un framework normativo all’avanguardia, fatto proprio – nel corso degli anni – da molti paesi in Europa e nel mondo. Un approccio che di fatto garantisce migliori risultati sul piano della salute pubblica e importanti dividendi economici. Grazie a questa normativa, infatti, l’Italia si è assicurata significativi investimenti di multinazionali come Philip Morris e ha creato una filiera del tabacco che complessivamente incide per dieci miliardi sulla sua economia.

Formiche.net

L'articolo Prodotti da fumo, l’approccio liberale dell’Italia. In Senato presentato lo studio della Fondazione Luigi Einaudi proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



#NotiziePerLaScuola

"Lie Detectors": eTwinning e INDIRE al Voices Festival di Firenze. Sul tema della disinformazione in classe l'evento il prossimo 15 marzo alla Stazione Leopolda di Firenze.

Info ▶️ indire.



Ieri sera la commissione Affari costituzionali del Senato ha approvato in sede referente un emendamento che ha tolto ai partiti europei riconosciuti il diritto

reshared this




Missione Aspides, l'Italia va alla guerra e conferma lo stop agli aiuti a Gaza. Sì anche da M5S l Kulturjam

"Con il voto a favore di un’altra azione di guerra, il centrosinistra ampio si è mostrato uguale a quello più ristretto: la fedeltà euroatlantica agli USA viene prima di tutto e unisce Schlein a Meloni, Conte a Renzi, a Tajani e a Salvini. Non si governa in Italia se non si bacia la pantofola americana. Che pena, ora almeno non vengano in piazza per la pace."

kulturjam.it/news/missione-asp…



«È tutto nostro». Primo avamposto della destra messianica a Gaza


Allontanati dopo ore dall’esercito, applauditi dalla folla che li aspettava fuori. Accadeva nelle stesse ore della strage del pane a Gaza City. E non è stato un atto simbolico L'articolo «È tutto nostro». Primo avamposto della destra messianica a Gaza pr

Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint

di Michele Giorgio*

Pagine Esteri, 6 marzo 2024 – Giovedì scorso, mentre i palestinesi contavano i morti della strage in via Rashid e trasportavano i feriti in ospedali privi di tutto, a ridosso di ciò che resta del valico settentrionale di Erez, circa 200 coloni ed estremisti di destra israeliani allestivano un loro avamposto all’interno di Gaza. Una di loro, Mechi Fendel, ha spiegato in inglese con accento newyorkese che lei (giunta dagli Usa) ha il dovere religioso di (ri)portare sotto il controllo ebraico la Striscia di Gaza sulla quale, ha precisato, i palestinesi che pure ci vivono da secoli non hanno alcun diritto. Solo dopo alcune ore, i soldati rimasti sino a quel momento a guardare, sono intervenuti e hanno sgomberato i coloni. È passato un mese dalla mega «Conferenza per la vittoria di Israele» tenuta a Gerusalemme dal movimento dei coloni, con la presenza di 10 ministri e 27 deputati, per chiedere la colonizzazione di Gaza, e la destra messianica torna a segnalare la sua forza ed influenza oltre alla ferma intenzione di ricostruire gli insediamenti smantellati ed evacuati nel 2005 per ordine dello scomparso premier Ariel Sharon.

Quello del 29 febbraio è stato il tentativo più significativo dal 7 ottobre di ristabilire colonie ebraiche nella Striscia. E con ogni probabilità verrà ripetuto. Una parte dei coloni è entrata per centinaia di metri nel territorio di Gaza. Altri 20 sono penetrati nello spazio tra i due muri che ingabbiano la Striscia e hanno iniziato a erigere due strutture utilizzando i materiali che avevano portato con loro: assi e pali di legno e lamiere di ferro per i tetti. Avevano già pronto il nome della colonia, Nuovo Nisanit, dal nome di uno degli insediamenti evacuati nel 2005. Solo più tardi i militari hanno riportato indietro i giovani che sono stati accolti dagli applausi di tutti gli altri coloni ed attivisti di destra. Poi la folla ha cominciato a scandire «È tutto nostro», in riferimento a Gaza.

13342083
L’avamposto dei coloni israeliani dentro Gaza

Presi dalle notizie drammatiche che arrivavano dal luogo della strage alla periferia di Gaza city, i media internazionali hanno minimizzato o ignorato l’accaduto ad Erez. Eppure, quanto si è visto dimostra che, forte dell’appoggio silenzioso del governo, l’idea di colonizzare Gaza non è affatto morta, anzi. «Il governo – ha detto Ariel Pozen, uno dei presenti – deve comprendere quello che la maggioranza degli ebrei (israeliani) ha già capito: siamo qui ed è tutto nostro. Non esiste ostacolo politico o internazionale. Non dobbiamo considerare nessun altro. È una questione interna. Dobbiamo andare a Gaza, distruggere tutto il terrore lì e costruire lì». Molti dei presenti appartenevano alle stesse organizzazioni che nelle ultime settimane hanno tentato – spesso con successo – di impedire l’ingresso degli aiuti umanitari a Gaza. Ai loro occhi, esiste un legame tra lo stop degli aiuti ai palestinesi e il ripristino degli insediamenti a Gaza: entrambi sono visti come necessari per una «vittoria» decisiva.

Leggere l’accaduto come un «atto simbolico» sarebbe un errore. In Cisgiordania molte colonie sono state erette proprio dopo questi blitz di pochi «giovani delle colline». Ed è questo che accadrà a Gaza se il governo di destra religiosa al potere deciderà di lasciar fare, incurante delle pressioni internazionali. Non è un caso che l’anziano colono Baruch Marzel, giunto giovedì da Hebron, abbia detto che l’azione compiuta a Gaza gli ricorda il «primo insediamento a Sebastia». Cinquant’anni fa un gruppo di coloni del movimento Gush Emunim divenne celebre quando tentò di stabilire un insediamento ebraico: resistette agli ordini di sgombero del governo finché non l’ebbe vinta. Pagine Esteri

*Questo articolo è stato pubblicato in origine dal quotidiano Il Manifesto

ilmanifesto.it/e-tutto-nostro-…

Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint

L'articolo «È tutto nostro». Primo avamposto della destra messianica a Gaza proviene da Pagine Esteri.



In Cina e Asia – Il premier Li promuove un nuovo modello di diplomazia


In Cina e Asia – Il premier Li promuove un nuovo modello di diplomazia diplomazia
I titoli di oggi:

Due sessioni: il premier Li promuove un nuovo modello di diplomazia
L'UE convalida accordo provvisorio contro i prodotti legati al lavoro forzato
Corea del Sud sorpassata dalla Cina sullo sviluppo tech, il report di Seul
Tensione nel mar Cinese meridionale, le Filippine accusano Pechino
Le Maldive siglano accordo per la sicurezza con Pechino
Nepal, pronta la coalizione del nuovo governo

L'articolo In Cina e Asia – Il premier Li promuove un nuovo modello di diplomazia proviene da China Files.



Oggi, dalle ore 10, si svolgerà alla Camera la "Celebrazione del 15° anniversario della ratifica della Convenzione delle Nazioni unite sui diritti delle persone con disabilità".


VERSIONE ITALIANA CALIFORNIA, LA CPPA PUBBLICA IL DATA BROKER REGISTRYLa California Privacy Protection Agency ha chiesto che tutte le aziende che rientrano nella categoria di “data broker” si registrino annualmente presso di loro. Sono identificati come data broker le aziende che acquistano e vendono informazioni sui consumatori da altre aziende, senza avere un rapporto diretto …


Due sessioni: segnali sul futuro della Cina


Due sessioni: segnali sul futuro della Cina 13335850
Target di crescita del pil, stimoli ai consumi, autosufficienza tecnologica, budget militare e segnali su Taiwan: che cosa emerge dal rapporto annuale di lavoro del premier cinese Li Qiang

L'articolo Due sessioni: segnali sul futuro della Cina proviene da China Files.



Grazie all’intervento normativo voluto dal Ministro Giuseppe Valditara viene garantita una semplificazione nella gestione della liquidazione delle retribuzioni del personale scolastico amministrativo e tecnico dell’organico #PNRR e #AgendaSud, assunt…


Un miliardo per l’industria della Difesa europea. Ecco la strategia di Bruxelles


È racchiusa in due nuove sigle, Edis ed Edip, l’ambizione europea per aumentare la cooperazione in fatto di acquisizioni militari europee e per contrastare di conseguenza la frammentazione dell’industria della difesa del Vecchio continente. La prima sigla

È racchiusa in due nuove sigle, Edis ed Edip, l’ambizione europea per aumentare la cooperazione in fatto di acquisizioni militari europee e per contrastare di conseguenza la frammentazione dell’industria della difesa del Vecchio continente. La prima sigla sta per European defence industrial strategy, e stabilisce la visione che la Commissione europea vorrebbe implementare per l’industria europea della difesa. Gli obiettivi della strategia sono mettere in pratica l’attitudine dell’industria di reagire in tempo alle necessità di sicurezza dell’Unione in tutto lo spettro delle capacità militari. Per fare questo, l’Unione dovrà approvare la seconda sigla, l’European defence industrial programme, un insieme di strumenti, finanziari, legali e di cooperazione, che materialmente dovranno aiutare i Paesi membri a aumentare il proprio livello di cooperazione in materia di procurement militare. Il budget previsto per l’Edip è di un miliardo e mezzo di euro, meno di quanto ci si aspettava (con Breton che aveva addirittura parlato di cento miliardi), un elemento che sicuramente peserà sulla valutazione dell’efficacia di questi nuovi provvedimenti.

La necessità per questo tipo di strumenti arriva da diverse considerazioni, non solo di carattere geopolitico. Naturalmente l’invasione russa dell’Ucraina ha rappresentato una sveglia per i Ventisette sulla necessità di dotarsi di strumenti di maggiore coesione nel campo della difesa, ma che l’Europa dovesse dotarsi di una migliore coesione industriale militare è una posizione presente da tempo nel dibattito continentale. Come sottolineato dal commissario Thierry Breton, “con il ritorno di conflitti ad alta intensità nel nostro continente, l’Europa non può aspettare oltre per rafforzare la capacità della base tecnologica e industriale europea della difesa di produrre di più e più velocemente”. Quello che è stato sottolineato in particolare da Bruxelles è che la natura della minaccia (e della guerra) è cambiata. Si è passati da un conflitto cosiddetto “di magazzino”, nel quale si sono impiegate cioè le risorse già disponibili nei vari arsenali dei Paesi membri, a una guerra “di produzione”, nella quale cioè c’è bisogno di garantire una continuativa produzione di piattaforme e sistemi se si vuole sostenere lo scontro (attraverso le dotazioni garantite alle Forze armate di Kiev) nel lungo periodo.

A questo si affianca la consapevolezza delle inefficienze del sistema europeo, rappresentate plasticamente dalla differenza tra piattaforme europee e statunitensi. Come registrato dalla vice presidente della Commissione europea, Margrethe Vestager, “per ogni sistema d’arma ne produciamo in Europa tre, quattro, cinque modelli diversi”. Tutto questo crea “ridondanze e inefficienze, che non sfruttano le economia di scala”. Secondo Vestager, questo comporta soprattutto il fatto che i Paesi europei sono poi costretti ad acquistare fuori dall’Ue: “Nel 2023 i Paesi membri hanno speso per il procurement cento miliardi di euro, l’80% di questa spesa è andata all’estero. Questo non è più sostenibile”. L’obiettivo dell’Ue, dunque, deve essere passare da un sistema di gestione delle crisi a una di preparazione strutturale nella gestione della propria difesa.

Cosa prevedono allora nel dettaglio queste due misure? Per quanto riguarda l’Edis, l’obiettivo è aumentare la preparazione europea attraverso la facilitazione degli investimenti. Il motto in questo caso è fare di più, meglio e insieme. Tra le principali misure adottate ci sarà la creazione del Defence industrial readiness board, composto dalla Commissione e dai Paesi membri, e un Gruppo di europeo dell’industria della Difesa che dovranno servire da camere di coordinamento sulla programmazione coordinando i vari sforzi e aiutando nella navigazione dei vari strumenti messi a disposizione. A questi si aggiunge un nuovo framework legale, lo Structure for european armament programme (Seap), che intende facilitare la cooperazione tra Stati nel corso dell’intero ciclo di vita di una piattaforma, dalla concezione al phase-out. Importante sarà anche la mappatura delle capacità già disponibili dall’Ue e delle necessità condivise dalle diverse Forze armate, grazie all’European defence projects of common interest (Edpci).

Tra le principali iniziative di Edis si trova anche l’iniziativa tesa a ridurre i rischi di investimento per l’industria della difesa attraverso degli strumenti che facilitino la riqualificazione di stabilimenti di produzione civile per necessità militari (e viceversa). Un modo per garantire una continua capacità industriale anche in tempi di pace, evitando che una volta passata l’emergenza si ritorni al “tutto come prima”. In generale, il supporto all’industria si svolgerà anche attraverso azioni mirate a settori specifici, come i droni, e nel supporto a progetti di innovazione futuri, In questo senso l’Ucraina verrà coinvolta quasi come fosse un Paese membro, con l’apertura a Kiev di un Ufficio per l’innovazione della Difesa dell’Ue.

Fondamentale sarà poi l’accesso al credito, con la Commissione che chiede alla Banca europea degli investimenti di modificare la sua policy verso il settore della difesa. Attualmente, infatti, i finanziamenti per la difesa non sono previsti dal mandato della Bei, ma le condizioni geostrategiche attuali potrebbero portare a un ripensamento di questo principio, soprattutto dal momento che, anche nel settore finanziario, si sta imponendo la visione secondo cui non può esserci sviluppo e crescita senza la sicurezza, garantita quindi anche dalla difesa. La Commissione, in particolare, spera che un cambio di passo da parte della Bei possa rappresentare uno strumento di convincimento anche per altre banche e fondi di investimento privati, attirando verso il comparto difesa nuovi finanziamenti.

Per quanto riguarda invece l’Edip, la misura è la nuova iniziativa legislativa che passerà da misure di emergenza a breve termine, adottate nel 2023 e che termineranno nel 2025, a un approccio più strutturale e a lungo termine per raggiungere la prontezza industriale della difesa. Ciò garantirà la continuità del sostegno alla base tecnologica e industriale della difesa europea, per accompagnarne il rapido adattamento alla nuova realtà. L’Edip mobiliterà un miliardo e mezzo di euro del bilancio dell’Ue nel periodo 2025-2027, per estendere la logica già usata per l’Edirpa (trecento milioni messi a disposizione per rimborsare gli acquisti se effettuati in cooperazione da almeno tre Stati membri) e l’Asap (cinquecento milioni per il supporto all’incremento della capacità di produzione europea di munizioni, dai missili ai colpi d’artiglieria, destinati sia al sostegno militare all’Ucraina, sia per rinfoltire le scorte dei Paesi membri intaccate dall’invio degli aiuti a Kiev).

Una delle novità previste dall’Edip è il Meccanismo europeo di vendita militare, volto a incoraggiare la disponibilità e a facilitare l’acquisizione di attrezzature europee in termini di tempo e di volume. Si comincerà con un catalogo delle attrezzature europee già disponibili e con la definizione di un European defence readiness pools, che sarà gestito dagli Stati membri, nei quali verranno registrati i livelli di prontezza strategica per le forze militari degli Stati membri (come il livello delle proprie riserve militari o i contratti in corso sul mercato europeo o esportazione). In base a questa disposizione ci sarà anche una clausola di solidarietà nei contratti di appalto che permetterà ai Paesi di accedere in accordi nuovi, esistenti e passati già attivi per altri Stati membri.

Per quanto riguarda gli aspetti normativi, Edip metterà a disposizione un nuovo quadro giuridico, la Struttura per il programma di armamento europeo (Seap), che dovrà facilitare e aumentare la cooperazione degli Stati membri in materia di equipaggiamenti di difesa, in piena complementarità con il quadro Pesco. Il Programma prevede anche il potenziamento delle misure di sicurezza per le supply chain della difesa, in modo da assicurare un accesso costante a tutti i sistemi necessari per la difesa europea, con strumenti per reagire a eventuali crisi di approvvigionamento.


formiche.net/2024/03/industria…



Non solo Aspides, il Parlamento approva anche gli aiuti a Gaza via Levante


Approvata praticamente all’unanimità la deliberazione del Consiglio dei ministri che prevedeva la partecipazione dell’Italia a tre ulteriori missioni internazionali per l’anno 2024: la European union advisory mission (Euam) in Ucraina – l’unica delle tre

Approvata praticamente all’unanimità la deliberazione del Consiglio dei ministri che prevedeva la partecipazione dell’Italia a tre ulteriori missioni internazionali per l’anno 2024: la European union advisory mission (Euam) in Ucraina – l’unica delle tre con contenuti puramente civili – e due relative alla crisi di Gaza e alle sue conseguenze nel Mediterraneo allargato, Aspides e Levante. Durante il dibattito in aula, sono stati due gli argomenti che hanno dominato la discussione: l’abbattimento del drone Houthi da parte del cacciatorpediniere Caio Duilio e il carattere difensivo che le missioni devono conservare, elemento fortemente sottolineato dal ministro degli Esteri, Antonio Tajani, presentando il provvedimento. Il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha espresso la sua soddisfazione per la decisione da Ankara, dove si trova per una visita istituzionale, che ha ribadito come “le missioni militari devono fornire sicurezza ma soprattutto aprire una finestra di opportunità per la diplomazia e per la pace”.

Aspides

Particolarmente rilevante è stata l’approvazione della missione Aspides, l’iniziativa europea per proteggere il traffico navale nel mar Rosso dalla recente minaccia degli attacchi dei miliziani Houthi che affianca la missione anglo-americana di protezione del traffico navale nell’aerea del mar Rosso Prosperity guardian. È nel contesto di questa iniziativa che il Caio Duilio ha abbattuto un drone Houthi con i suoi cannoni a fuoco rapido calibro 76 prodotti dal consorzio Oto-Melara. Questa missione avrà un carattere puramente difensivo, perciò le unità navali non potranno compiere attacchi preventivi contro bersagli ostili. L’Italia ha ottenuto il comando operativo di questa missione cha sarà proprio sul cacciatorpediniere. “Con Aspides l’Italia e l’Unione europea hanno risposto in maniera coesa agli attacchi terroristici degli Houthi che stanno ostacolando la libertà di navigazione nello stretto di Bab el-Mandeb e nel mar Rosso” ha detto l’inquilino di palazzo Baracchini, aggiungendo come la missione, a carattere difensivo, “garantirà il libero transito delle navi lungo le rotte commerciali del mar Rosso, da cui dipende l’economia italiana ed europea”. Il comando tattico della missione, tra l’altro, sarà assegnato all’Italia, così come richiesto dall’Ue “e noi siamo già pronti ad assumere la responsabilità dell’importante compito assegnatoci”, ha confermato Crosetto.

Levante

L’altra missione approvata, Levante, riguarda, come spiegato da Crosetto, “l’impiego di un dispositivo militare per interventi umanitari a favore della popolazione palestinese della Striscia di Gaza”, effettuato attraverso la presenza di unità navali militari nel mediterraneo orientale. “L’Italia – ha ribadito il ministro – conferma la volontà di aiutare la popolazione palestinese, vittima delle azioni terroristiche condotte da Hamas”. La missione continuerebbe sulla scia della presenza di nave Vulcano, dotata di un ospedale di bordo con capacità diagnostiche e chirurgiche, che, negli scorsi mesi, aveva operato a largo della costa israeliana in supporto alla popolazione della striscia di Gaza. La missione si ricollega anche alle recenti iniziative, anche americane, di consegna di aiuti umanitari paracadutati direttamente sulla striscia di Gaza in supporto alla popolazione civile.

Supporto bipartisan

Tutti i partiti della coalizione di centrodestra hanno votato per l’approvazione delle missioni facendo leva, nelle loro dichiarazioni di voto, sull’importanza del traffico commerciale nel mar Rosso per il prodotto interno lordo italiano. I deputati della maggioranza hanno, infatti, evidenziato come l’azione di autodifesa del Caio Duilio contro il drone Houthi dimostri la pericolosità della minaccia e l’importanza della presenza italiana nel teatro del mar Rosso. Infine, riguardo l’operazione Levante, hanno commentato riguardo l’importanza di intervenire nel contesto della crisi di Gaza per porre fine al conflitto, per tutti conseguenza dell’attacco di Hamas, e arginare la colossale crisi umanitaria che si sta andando a creare. Anche i partiti d’opposizione hanno espresso il loro supporto per le tre missioni. Il Partito democratico ha anche lodato gli sforzi del ministro Tajani nei vari teatri di crisi, evidenziando in particolare come le linee di fragilità internazionali dimostrino l’importanza del procedere nello sviluppo di una difesa comune europea. Il Movimento cinque stelle, pur approvando le tre missioni, ha invece voluto sottolineare come non debba cambiare il carattere difensivo della missione Aspides, pur riconoscendo la centralità della difesa del traffico commerciale nel mar Rosso.


formiche.net/2024/03/voto-miss…



VIDEO. A Gaza si muore di fame e 1500 camion di aiuti sono fermi a Rafah


Il racconto della cooperante Meri Calvelli, giunta al valico di Rafah assieme alla delegazione italiana per chiedere il cessate il fuoco e l'ingresso nella Striscia di aiuti umanitari senza limitazioni. L'articolo VIDEO. A Gaza si muore di fame e 1500 ca

Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint

Pagine Esteri, 5 marzo 2024 – Almeno 1.500 camion carichi di aiuti umanitari per la popolazione di Gaza sono fermi in Egitto. Bloccati a Rafah, gli è impedito di entrare nella Striscia dove la fame ha raggiunto livelli gravissimi. Continua ad aumentare il numero dei bambini morti di stenti, così come gli anziani. A raccontarcelo è Meri Calvelli, cooperante della ong ACS, giunta al valico di Rafah assieme alla delegazione italiana che chiede il cessate il fuoco immediato e l’ingresso nella Striscia di aiuti umanitari senza alcuna limitazione.

pagineesteri.it/wp-content/upl…
Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint

L'articolo VIDEO. A Gaza si muore di fame e 1500 camion di aiuti sono fermi a Rafah proviene da Pagine Esteri.



#NotiziePerLaScuola

Il MIM in collaborazione con il CINI (Consorzio Interuniversitario Nazionale per l'Informatica), promuove il progetto “Programma il Futuro”, che offre alle scuole strumenti semplici ed efficaci per una piena consapevolezza delle …



A Gaza l’esercito israeliano impiega anche cani robot


Il giornale Haaretz rivela che per evitare perdite di soldati e cani (veri), l’esercito sperimenta l'uso di robot e cani telecomandati L'articolo A Gaza l’esercito israeliano impiega anche cani robot proviene da Pagine Esteri. https://pagineesteri.it/20

Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint

di Michele Giorgio

Pagine Esteri, 5 marzo 2024 – Israele nella sua offensiva a Gaza impiega anche cani robot. Il giornale Haaretz rivela che per evitare perdite di soldati e cani (veri), l’esercito sta sperimentando l’uso di robot e cani telecomandati, dotati anche di droni, che sostituiscono i cani in determinate situazioni. Il più usato è il Vision 60, realizzato da Ghost Robotics con sede a Filadelfia. Un altro è il Rooster. Sorvegliano edifici, spazi aperti e tunnel, possono camminare per10 chilometri a una velocità di tre metri al secondo e hanno una autonomia di tre ore. Il loro impiego a Gaza serve inoltre a migliorarne le prestazioni e a favorire le vendite in tutto il mondo. Sono usati anche bulldozer telecomandati, così da distruggere le case, le infrastrutture civili di Gaza, senza rischiare la vita del pilota.

Secondo un rapporto, i soldati israeliani a Gaza avrebbero ucciso palestinesi investendoli intenzionalmente con carri armati e veicoli blindati. Tra i casi citati dall’Osservatorio Euro-Med per i diritti umani quello di un palestinese di Zaytoun (Gaza City) travolto intenzionalmente il 29 febbraio da un mezzo corazzato. E quello di un carro armato passato il 23 febbraio su una roulotte a Khan Younis e che ha ucciso due membri della famiglia Ghannam.

Alcune delle organizzazioni umanitarie più importanti come Norwegian Refugee Council, CARE International, Oxfam, Save the Children hanno espresso profonda preoccupazione per la sospensione dei finanziamenti per l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, l’Unrwa, in un momento in cui la carestia incombe e le epidemie stanno peggiorando. Si rivolgono all’Assemblea Generale dell’Onu affinché esorti gli Stati membri a riconoscere che nessun’altra agenzia umanitaria può sostituirsi all’Unrwa. L’appello è giunto mentre Israele rilancia le sue accuse sostenendo che all’agenzia sarebbero impiegati «450 terroristi di Hamas e Jihad».

La portavoce dell’Unrwa, Juliette Touma, ha risposto riferendo che Israele ha torturato alcuni membri del suo staff, costringendoli a fare false confessioni sui legami dell’agenzia con Hamas. «Le false confessioni ottenute sotto tortura vengono utilizzate per diffondere la disinformazione sull’Agenzia come parte dei tentativi di smantellare l’Unrwa», ha affermato Touma. Pagine Esteri

Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint

L'articolo A Gaza l’esercito israeliano impiega anche cani robot proviene da Pagine Esteri.



✨ Pixelfed: rilasciata la nuova versione 0.11.13! Il progetto di miglioramento continuo di Pixelfed procede a un ritmo eccezionale

Lo staff di sviluppo di @dansup 🚀 ci ha davvero sorpreso per le energie e le risorse impiegate ma soprattutto per i risultati eccellenti apportati a #Pixelfed: quella che era poco più che la brutta copia di Instagram, è ormai la piattaforma del Fediverso più curata ed ergonomica dopo Mastodon!

@Che succede nel Fediverso?

Ecco i miglioramenti principali avvenuti con l'ultima release:

- Migrazione degli account
- Onboarding curato
- Supporto ufficiale a Docker
- Segnalazioni remote + miglioramenti della federazione
- Compatibilità migliorata con l'API di Mastodon


✨ New Version Release (0.11.13)

Some highlights:

- Account Migrations
- Curated Onboarding
- Official Docker Support
- Remote Reports + Federation improvements
- Improved MastoAPI compat (👋 @ivory & @Tusky )

github.com/pixelfed/pixelfed/r…

#pixelfed #accountMigrations #curatedOnboarding


reshared this



Il 6 marzo, alle ore 10, presso l'Aula dei Gruppi parlamentari della Camera, si svolgerà la "Celebrazione del 15° anniversario della ratifica della Convenzione delle Nazioni unite sui diritti delle persone con disabilità".


Carl Rhodes – Capitalismo Woke


L'articolo Carl Rhodes – Capitalismo Woke proviene da Fondazione Luigi Einaudi. https://www.fondazioneluigieinaudi.it/carl-rhodes-capitalismo-woke/ https://www.fondazioneluigieinaudi.it/feed


Albania: inaugurata la prima base Nato dei Balcani occidentali


Ieri la Nato ha inaugurato in Albania la sua prima base dei Balcani Occidentali. Centrale il ruolo dell'Italia L'articolo Albania: inaugurata la prima base Nato dei Balcani occidentali proviene da Pagine Esteri. https://pagineesteri.it/2024/03/05/mondo/

Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint

di Redazione

Pagine Esteri, 5 marzo 2024 – Ieri mattina l’Alleanza Atlantica ha inaugurato una nuova base aerea in Albania. Si tratta della prima e unica infrastruttura di questo tipo esistente nei Balcani occidentali, tenuta a battesimo proprio nel 15esimo anniversario dell’ingresso dell’Albania nell’alleanza militare guidata dagli Stati Uniti.

L’installazione di Kuçovë sorge a 85 chilometri a sud della capitale albanese Tirana. All’inaugurazione, oltre al premier albanese Edi Rama, hanno partecipato numerosi esponenti politici e militari dei paesi aderenti alla Nato, compreso il ministro della Difesa italiano Guido Crosetto.

Il progetto concretizza la consistente collaborazione militare tra Italia e Albania. Da anni l’Italia pattuglia i cieli dell’Albania e garantisce la formazione e l’addestramento delle Forze armate di Tirana, e gli eserciti dei due paesi svolgono regolarmente esercitazioni militari congiunte.

Nel, progetto di riammodernamento e di estensione della vecchia base aerea di epoca sovietica, approvato nel 2018, l’Alleanza Atlantica ha investito 50 milioni di euro, ai quali occorre aggiungerne altri 5 milioni stanziati dal governo albanese.

Nelle ultime settimane Tirana ha accolto il segretario di Stato americano Anthony Blinken e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Il premier Rama ha già proposto alla NATO di utilizzare anche due vecchie basi navali, nei pressi di Valona. Pagine Esteri

Leggi: https://pagineesteri.it/2022/07/12/mondo/lalbania-nato-avamposto-balcani/


Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint

L'articolo Albania: inaugurata la prima base Nato dei Balcani occidentali proviene da Pagine Esteri.



La missione Juno ha misurato la produzione di ossigeno sulla luna Europa l AstroSpace

"La luna gioviana Europa genera 1000 tonnellate di ossigeno ogni 24 ore, sufficienti a far respirare un milione di esseri umani per un giorno. Lo ha stimato il team di scienziati della missione Juno della NASA, ed è un numero sostanzialmente inferiore rispetto alla maggior parte delle stime avanzate in precedenza."

astrospace.it/2024/03/05/la-mi…



In Cina e Asia –


In Cina e Asia –
I titoli di oggi “Due sessioni” 2024: più tecnologia IA home-made e porte “sempre aperte al mondo” Summit ASEAN, la Malaysia accusa l’Occidente di “Cinofobia” Seul e Washington raddoppiano i soldati coinvolti in esercitazioni contro Corea del Nord Corea del Sud, hacker nordcoreani infiltrano produttore di microchip Nepal, cambia l’alleanza per formare il nuovo governo “Due sessioni” 2024: più tecnologia ...

L'articolo In Cina e Asia – proviene da China Files.



Qiu Miaojin e la lotta LGBT a Taiwan


Qiu Miaojin e la lotta LGBT a Taiwan 13305146
Psicologa, scrittrice e attivista, Qiu Miaojin è stata una figura fondamentale per la comunità queer taiwanese, tanto da aver coniato un termine tutt’ora molto utilizzato

L'articolo Qiu Miaojin e la lotta LGBT a Taiwan proviene da China Files.



ECUADOR. Continua la lotta dei lavoratori e delle lavoratrici della Furukawa


Tra un mese la multinazionale giapponese dovrà rendere la propria versione dei fatti sul caso di schiavitù moderna. Intervista ad Alejandro Morales, l’avvocato che sta assistendo i lavoratori. L'articolo ECUADOR. Continua la lotta dei lavoratori e delle

Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint

di Davide Matrone

Pagine Esteri, 5 marzo 2024 – Ci sono voluti quasi 4 anni di dura ed estenuante lotta, ma i lavoratori cominciano ora a raccogliere i primi frutti. Dopo i riconoscimenti simbolici e le scuse pubbliche da parte del Ministero del Lavoro, si è passati ai risarcimenti economici per i lavoratori. Tuttavia manca la piena attuazione di questi riconoscimenti.

Negli ultimi giorni il caso Furukawa S.A. è tornato di estrema attualità dopo la convocazione della multinazionale giapponese FURUKAWA S.A., da parte della Corte Costituzionale dell’Ecuador, all’udienza fissata per il prossimo 9 aprile. L’impresa dovrà rendere la propria versione dei fatti sul caso di schiavitù moderna e sulle gravi accuse avanzate dai legali dei lavoratori e delle lavoratrici.

Inoltre, la stessa Corte è chiamata a visionare le sentenze fin qui emesse e stabilire l’azione di protezione e riparazione per i danneggiati. In questa fase di congiuntura, il Comitato di Solidarietà “Furukawa mai più!” ha strategicamente attivato una raccolta firme a livello nazionale per coinvolgere maggiormente la società civile e pressare la Corte Costituzionale. Grazie al lavoro permanente del Comitato e a quest’ultima campagna, c’è maggiore attenzione da parte dell’opinione pubblica ecuadoriana che si attiva perche si giunga alla soluzione di un caso vergognoso. Effettivamente, parlare di schiavitù e di servitù della gleba in pieno secolo ventuno, è imbarazzante.

I legali delle vittime sono dovuti ricorrere alla Corte Costituzionale “dopo aver esaurite le risorse ordinarie e straordinarie dentro dell’ambito legale” così come lo provede l’articolo 94 della Costituzione politica dell’Ecuador.

Per saperne di più, Pagine Esteri ha contattato e intervistato Alejandro Morales, l’avvocato ecuadoriano che sta assistendo legalmente i lavoratori.

Quali sono i punti chiave che dovrà verificare la Corte rispetto al caso Furukawa S.A.?

Stabilire se effettivamente ci sia stata o no una forma contemporanea di schiavitù e/o servitù della gleba considerando che, nell’azione di protezione e nella sentenza di primo grado, viene riconosciuta la servitù della gleba, la violazione del diritto alla libertà e la proibizione della schiavitù.

I giudici della Corte Provinciale di Giustizia di Santo Domingo hanno escluso questa violazione, quindi è ora la Corte Costituzionale a dare il suo giudizio finale così come lo prevede nell’articolo 316 della Costituzione dell’Ecuador in quanto rappresenta “la massima istanza d’interpretazione della Costituzione, in merito ai trattati internazionali dei diritti umani ratificati dallo stato Ecuadoriano, attraverso le sue sentenze. Le sue decisioni avranno un carattere vincolante”.

Inoltre, la Corte Costituzionale, oltre alla revisione delle sentenze di azione di protezione si sta preoccupando di unificare le sentenze che abbiamo già vinto contro l’impresa giapponese Furukawa e di riconoscere anche il processo vinto presso la Difensoria del Pueblo.

Nel processo si è già stabilito un risarcimento in denaro ed un altro in 5 ettari di terra da consegnare ai lavoratori e alle lavoratrici colpite, tuttavia, la Corte Provinciale di Santo Domingo si è espressa dichiarando che questo risarcimento si unifichi solo in forma di denaro senza la concessione di terreni.

Come procede il processo di risarcimento economico integrale per i lavoratori?

Nel processo di protezione, che sarà rivisto dalla Corte, si emetteranno varie misure di riparazione integrale tanto materiali quanto immateriali. Ci sono state riparazioni simboliche come le scuse pubbliche eseguite dal Ministro del Lavoro nell’anno 2020. Tuttavia, ricordiamo anche che il giudice in prima istanza ha ordinato come misura di riparazione integrale un calcolo in soldi basato: sugli anni di prestazione lavorativa in FURUKAWA per ogni lavorato e lavoratrice, le condizioni di lavoro e di vita all’interno delle piantagioni, il deterioramento fisico in termini di salute, la violazione del diritto allo studio e a una salute dignitosa. Tutti questi elementi devono essere valutati in base a perizie precise. Inoltre, a questi risarcimenti in denaro si è stabilito che a tutti i lavoratori vengano consegnate dei terreni con un’estensione totale pari a 5 ettari. Tuttavia, la Corte Provinciale di Santo Domingo, come già detto, ha considerato che non è possibile realizzare un risarcimento in due misure e quindi si deve unificare il risarcimento in soldi. Al momento la liquidazione è già stata stabilita ma non c’é ancora nessuna risorsa. Attendiamo che si realizzi il pagamento. Anche questo dovrà accertare e stabilire la Corte Costituzionale. C’é anche una campagna di raccolta firme per esigere che la Corte intervenga e riconosca il risarcimento economico ai lavoratori. Inoltre, per chiedere che si attuino le misure di risarcimento integrali che sono state modificate parzialmente dalla Corte Provinciale di Giustizia di Santo Domingo.

C’é anche una campagna di raccolta firme per esigire che la Corte intervenga e riconosca il risarcimento economico ai lavoratori. Chi l’ha promossa e come prosegue?

Questa campagna è partita grazie al Comitato di Solidarietá “Mai più Furukawa” nel quale partecipano varie organizzazioni senza fine di lucro che difendono Diritti Umani in Ecuador. Al momento si sono raccoltre 250 firme a livello nazionale.

Qual è la posizione del governo di fronte al caso Furukawa?

La posizione dei differenti Ministeri dello Stato come quello della Salute, dell’Inclusione Economica e Sociale e del Lavoro è quello di negare le loro responsabilità e di negare la violazione dei diritti contro i lavoratori e lavoratrici da parte dell’impresa Furukawa. Tutti i Ministeri prima menzionati dichiarano di aver compiuto con la loro parte. Per esempio, nel caso del MIES (Ministero dell’Inclusione Economica e Sociale) afferma di aver consegnato i boni di solidarietà umana ai lavoratori, tuttavia queste assegnazioni vengono realizzate con criterio abbastanza strano, a nostro avviso. Per esempio, una famiglia che vive in povertà e che riesce a comprare un televisore, automaticamente perde l’accesso al bono. Con questi meccanismi si evidenzia e si dimostra la mancanza di conoscenza di ciò che significa effettivamente essere poveri. Nel caso del Ministero della Salute si dichiara di aver somministrato alcuni vaccini a gruppi isolati di lavoratori e lavoratrici e che si sono realizzate delle visite mediche molto puntuali e di forma isolata però in questo modo si evidenzia che non esiste un vero accesso alla salute per tutti e tutte. Inoltre, da parte del Governo esiste un doppio e contradditorio discorso. Di fronte agli organismi internazionali, come la Commissione Interamericana dei Diritti Umani, si dichiara che lo Stato e i suoi Dicasteri hanno compiuto con il proprio ruolo e dichiarano che tutte le vittime del caso Furukawa accedono ai loro diritti, però questo non è assolutamente vero. A questo si aggiunge la volontà di voler ridurre la platea di lavoratori e lavoratrici da risarcire. C’era un registro su cui c’erano 1200 persone che avevano vissuto e lavorato negli stabilimenti della multinazionale Furukawa S.A. eppure vengono considerati solo 223 lavoratori che richiedono il risarcimento ed altri 206 lavoratori che sono stati vittime di tratta di persone con fini di sfruttamento lavorativo. In tutti i modi, il giorno dell’udienza sono stati interpellati a partecipare tutti i lavoratori e le lavoratrici coinvolte nei casi di violazione di diritti lavorativi ed umani. Nonostante questo, siamo convinti che purtroppo il doppio e contradditorio discorso dello Stato non cambierà nelle aule processuali nel prossimo mese d’aprile. Pagine Esteri

La campagna realizzata dal Comitato Furukawa Mai Più!

Per sostenere la campagna

furukawanuncamas.org/accion-ur…

13304224

Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint

L'articolo ECUADOR. Continua la lotta dei lavoratori e delle lavoratrici della Furukawa proviene da Pagine Esteri.