Gaza, l’Ue a Israele: «Smetta di uccidere chi aspetta cibo e aiuti». La replica di Tel Aviv: «Hamas è responsabile»
non diciamo minchionerie... chi spara è responsabile per aver sparato. è facile individuare il responsabile. ci avete presi per dei cretini? La risposta è pure offensiva per l'intelligenza umana.
Questa "guerra" asimmetrica l'ha iniziata israele 50 anni fa.
E considerando i morti fatti da Hamas e i morti fatti da israele è anche facile capire chi fra i 2 è il criminale.
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Buon compleanno al Presidente della Repubblica, Sergio #Mattarella!
Ministero dell'Istruzione
Buon compleanno al Presidente della Repubblica, Sergio #Mattarella! #23luglioTelegram
An Open Source Flow Battery
The flow battery is one of the more interesting ideas for grid energy storage – after all, how many batteries combine electron current with fluid current? If you’re interested in trying your hand at building one of these, the scientists behind the Flow Battery Research Collective just released the design and build instructions for a small zinc-iodide flow battery.
The battery consists of a central electrochemical cell, divided into two separated halves, with a reservoir and peristaltic pump on each side to push electrolyte through the cell. The cell uses brass-backed grafoil (compressed graphite sheets) as the current collectors, graphite felt as porous electrodes, and matte photo paper as the separator membrane between the electrolyte chambers. The cell frame itself and the reservoir tanks are 3D printed out of polypropylene for increased chemical resistance, while the supporting frame for the rest of the cell can be printed from any rigid filament.
The cell uses an open source potentiostat to control charge and discharge cycles, and an Arduino to control the peristaltic pumps. The electrolyte itself uses zinc chloride and potassium iodide as the main ingredients. During charge, zinc deposits on the cathode, while iodine and polyhalogen ions form in the anode compartment. During charge, zinc redissolves in what is now the anode compartment, while the iodine and polyhalogen ions are reduced back to iodides and chlorides. Considering the stains that iodide ions can leave, the researchers do advise testing the cell for leaks with distilled water before filling it with electrolyte.
If you decide to try one of these builds, there’s a forum available to document your progress or ask for advice. This may have the clearest instructions, but it isn’t the only homemade flow cell out there. It’s also possible to make these with very high energy densities.
Vulnerabilità critiche in Cisco ISE: aggiornamenti urgenti necessari
Le vulnerabilità critiche recentemente scoperte nell’infrastruttura Cisco sono già state sfruttate attivamente dagli aggressori per attaccare le reti aziendali. L’azienda ha confermato ufficialmente che il suo Public Security Incident Response Team (PSIRT) ha registrato tentativi di sfruttamento di queste vulnerabilità in condizioni reali. Stiamo parlando di violazioni nei prodotti Cisco Identity Services Engine (ISE) e nel modulo Passive Identity Connector (ISE-PIC).
Cisco ISE svolge un ruolo chiave nel controllo degli accessi: determina chi può connettersi alla rete aziendale e a quali condizioni. Compromettere l’integrità di questa piattaforma offre agli aggressori accesso illimitato ai sistemi interni dell’azienda, consentendo loro di aggirare i meccanismi di autenticazione e logging, trasformando di fatto il sistema di sicurezza in una porta aperta.
Nella notifica ufficiale, l’azienda ha elencato tre vulnerabilità critiche con il punteggio CVSS più alto, pari a 10 su 10. Tutte e tre consentono a un aggressore remoto non autorizzato di eseguire comandi su un dispositivo vulnerabile come utente root, ovvero con i diritti più elevati nel sistema:
- CVE-2025-20281 e CVE-2025-20337 sono correlate alla gestione delle richieste API. Una convalida insufficiente dell’input dell’utente consente a un aggressore di creare una richiesta appositamente creata che può essere utilizzata per eseguire codice arbitrario sul server ISE;
- CVE-2025-20282 riguarda un’API interna priva di un adeguato filtraggio dei file caricati, consentendo a un aggressore di caricare un file dannoso e di eseguirlo in una directory protetta, anche con privilegi di root.
Tecnicamente, queste vulnerabilità derivano dalla mancanza di convalida dell’input (nei primi due casi) e da un controllo insufficiente sui percorsi di caricamento dei file (nel terzo). Le opzioni di sfruttamento spaziano dall’invio di una richiesta API appositamente predisposta al caricamento di un file preparato su un server. In entrambi gli scenari, un aggressore può aggirare i meccanismi di autenticazione e ottenere il pieno controllo del dispositivo.
Nonostante vengano attivamente sfruttate, Cisco non ha ancora reso noto chi ne sia l’autore o quanto sia diffusa la situazione. Tuttavia, il fatto stesso che siano comparsi exploit sottolinea la gravità della situazione.
L’azienda ha rilasciato patch per risolvere tutte le vulnerabilità e raccomanda vivamente ai propri clienti di aggiornare immediatamente il software alle versioni più recenti. I sistemi privi di patch sono a rischio di attacchi di tipo “remote takeover” senza necessità di autenticazione, il che è particolarmente pericoloso per le reti che operano sotto un elevato carico normativo o per le infrastrutture critiche.
Oltre a installare gli aggiornamenti, gli esperti consigliano agli amministratori di sistema di analizzare attentamente i registri delle attività per individuare segnali di richieste API sospette o tentativi di scaricare file non autorizzati, soprattutto se i componenti ISE sono accessibili esternamente.
La situazione di Cisco ISE dimostra ancora una volta quanto possano essere vulnerabili anche gli elementi chiave di un’architettura di sicurezza se le interfacce e i controlli dei dati utente non vengono adeguatamente controllati. Data la prevalenza di queste soluzioni negli ambienti aziendali, la loro compromissione può essere fatale per la sicurezza dell’intera rete interna.
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Red Hot Cyber Conference 2026. La Quinta edizione a Roma martedì 18 e mercoledì 19 Maggio
La Red Hot Cyber Conference ritorna!
Dopo il grande successo della terza e quarta edizione, torna l’appuntamento annuale gratuito ideato dalla community di RHC! Un evento pensato per avvicinare i più giovani alle tecnologie digitali e, allo stesso tempo, una conferenza dedicata a professionisti ed esperti del settore.
La nuova edizione della RHC Conference 2026 si svolgerà a Roma, nella stessa location delle ultime due edizioni, presso la prestigiosa cornice del Teatro Italia nei giorni martedì 18 e mercoledì 19 maggio 2026. Il Teatro Italia si trova in Via Bari, 18 00161 Roma e può ospitare fino ad 800 persone.
La location risulta distante:
- 2 km dalla Stazione Termini o dall’Università La Sapienza, raggiungibile con una passeggiata a piedi di circa 20 minuti o con 6 minuti di Taxi;
- 600 metri dalla stazione della Metro B di Piazza Bologna, raggiungibile con una passeggiata di 6 minuti a piedi o con 3 minuti di Taxi.
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Video riassunto della Red Hot Cyber Conference 2025
La quarta edizione del 2025
La quarta edizione della Red Hot Cyber Conference si è svolta a Roma il 19 e 20 aprile 2024, registrando oltre 800 partecipanti effettivi e più di 1.400 iscrizioni complessive.
Durante le due entusiasmanti giornate, si sono tenuti workshop pratici ‘hands-on’, la competizione di hacking ‘Capture The Flag’ (CTF), e una conferenza in cui numerosi esperti italiani, provenienti sia dal settore privato che pubblico, hanno condiviso le loro conoscenze sul palco.
Di seguito potete trovare una serie di link che mostrano le due giornate del 2025, compresi i video degli interventi.
Accoglienza alla Red Hot Cyber Conference 2024
Persone in fila per l’accoglienza alla Red Hot Cyber Conference 2024
Una foto dello STAFF Al completo della Red Hot Cyber Conference 2024Immagini dell’evento del 2025
Come si articolerà la Red Hot Cyber Conference 2026
Visto il format vincente della scorsa edizione, il programma della Red Hot Cyber Conference 2026 sarà articolato in modo simile all’edizione del 2025.
A differenza delle prime tre edizioni, i workshop “hands-on” si terranno nella sola giornata di martedì 18 Maggio, mentre la Conferenza sarà l’unica protagonista della scena di mercoledì 19 Maggio. In entrambe le giornate, in una location parallela al teatro si terrà la capture the flag (CTF), con la premiazione prevista alla fine della giornata di mercoledì 19 maggio. Di seguito il programma (ancora in bozza) delle due giornate.
Martedì 18 Maggio
- Workshop “hands-on”: In tarda mattinata verranno avviati i Workshop pratici, incentrati nell’approccio “hands-on”. Durante questi workshop, verranno affrontati temi quali ethical hacking, intelligenza artificiale e altro ancora. I partecipanti, muniti del proprio laptop, avranno l’opportunità di ascoltare i workshop e poi cimentarsi nello svolgere gli esercizi pratici supervisionati dai nostri esperti per poter toccare con mano la tecnologia. I workshop termineranno la sera dell’18 maggio;
- Capture The Flag (CTF): Nel pomeriggio, partirà anche la Capture The Flag (CTF) che terminerà il 19 Maggio alle ore 17:00. Si tratta di una competizione tra hacker etici che si terrà sia online che presso il Teatro Italia. I partecipanti presenti presso il Teatro Italia (i quali avranno una sala dedicata per poter partecipare), avranno la possibilità di sfidarsi in “flag fisiche” appositamente progettate da Red Hot Cyber per cimentarsi in attacchi locali RF/IoT. Queste attività forniranno la possibilità di accumulare maggiore punteggio per salire nella classifica. Sarà possibile cimentarsi nelle flag fisiche in entrambe le giornate.
Mercoledì 19 maggio
- Red Hot Cyber Conference: La giornata sarà interamente dedicata alla RHC Conference, un evento di spicco nel campo della sicurezza informatica. Il programma prevede un panel con ospiti istituzionali che si terrà all’inizio della conferenza. Successivamente, numerosi interventi di esperti nel campo della sicurezza informatica si susseguiranno sul palco fino alle ore 19:00 circa, quando termineranno le sessioni. Prima del termine della conferenza, ci sarà la premiazione dei vincitori della Capture The Flag prevista per le ore 18:00. Si precisa che i Workshop non saranno disponibili nella giornata di mercoledì 19 di maggio ma solo nella giornata di martedì 18 Maggio.
Il Programma Sponsor per la Red Hot Cyber Conference 2026
Come negli scorsi anni, sarà presente la possibilità di adesione come “sponsor sostenitore”. Si tratta delle prime aziende che crederanno in questa iniziativa e che permetteranno a Red Hot Cyber di avviare i lavori relativi alla conferenza.
Oltre agli sponsor sostenitori, come di consueto saranno presenti 3 livelli di sponsorizzazione che sono rispettivamente Platinum, Gold e Silver. Solo i Sostenitori e i Platinum avranno la possibilità di svolgere uno speech all’interno della conferenza. Abbinati ad ogni sponsorizzazione della conferenza, sarà sempre presente un pacchetto di Advertising che permetterà agli sponsor di disporre di una serie di vantaggi all’interno del circuito Red Hot Cyber.
Solo una azienda potrà aggiudicarsi la “Workshop Sponsorship”, un’opportunità unica per assumere un ruolo centrale nell’evento e collaborare fianco a fianco con Red Hot Cyber nell’organizzazione della giornata dedicata ai workshop pratici “hands-on” rivolti ai ragazzi. Anche per il 2026, per la terza edizione consecutiva, Accenture Italia sarà partner di Red Hot Cyber, con l’obiettivo di trasmettere ai giovani la passione per il mondo digitale.
Per richiedere informazioni per la sponsorizzazione della Red Hot Cyber Conference 2026 oltre che accedere al “Media Kit” e alle altre informazioni che riassumono i vantaggi della sponsorizzazione, scrivete a sponsor@redhotcyber.com.
La Red Hot Cyber Conference 2026 è orgogliosa di avere al suo fianco alcuni dei principali attori del panorama tecnologico e della cybersecurity, come Media Partner: i Fintech Awards Italia, Cyber Actors, Università E-Campus, Women4Cyber, Ri-Creazione, la Federazione Italiana Dei Combattenti Alleati e il Digital Security Summit e AIPSI. Queste collaborazioni rafforzano l’impegno comune nel promuovere la sicurezza digitale e la formazione per un futuro sempre più consapevole e sicuro.
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I dati sensibili non si sono offesi: esistono ancora (e il GDPR li cita pure)
Premessa: il GDPR non ha eliminato i dati sensibili.
Per gli spiritosoni che dicono “i dati sensibili che sono? quelli che si offendono?” sparandosi la gimmick da espertoni di GDPR, faccio notare che la definizione del GDPR categorie particolari di dati è quella presenta già nella direttiva 95/46/CE all’art. 8 mentre invece i dati sensibili resistono e vivono pur nella nuova normativa ma in accordo con il loro significato dal punto di vista della sicurezza delle informazioni.
Il presente regolamento prevede anche un margine di manovra degli Stati membri per precisarne le norme, anche con riguardo al trattamento di categorie particolari di dati personali («dati sensibili»). (considerando n. 10 GDPR)Meritano una specifica protezione i dati personali che, per loro natura, sono particolarmente sensibili sotto il profilo dei diritti e delle libertà fondamentali, dal momento che il contesto del loro trattamento potrebbe creare rischi significativi per i diritti e le libertà fondamentali. (considerando n. 51 GDPR)
(…) che potenzialmente presentano un rischio elevato, ad esempio, data la loro sensibilità (considerando n. 91 GDPR)
Quindi: no, i dati sensibili non sono affatto scomparsi per effetto del GDPR ma anzi trovano una collocazione letterale e sistematica maggiormente corretta. Sono sensibili quei dati il cui trattamento è idoneo a presentare un rischio elevato. Possiamo anche dire che sono dati il cui impatto, in seguito a un evento di data breach, è tutt’altro che trascurabile ma anzi particolarmente significativo e rilevante.
Tanto premesso, ci sono alcuni fraintendimenti piuttosto ricorrenti che vorrebbero collegare le responsabilità collegate al GDPR (e quindi, anche alla gestione della sicurezza) ai soli dati sensibili. Peccato che questo non sia scritto da nessuna parte…
Il GDPR si applica a tutti i dati personali.
Not-so-fun fact: il GDPR si applica a tutti i dati personali e non solo ai dati sensibili. Questo errore concettuale di fondo comporta solitamente il non pensare all’aspetto della protezione dei dati personali quando vengono trattati dei dati personali che non hanno natura sensibile, come ad esempio i dati di contatto.
Eppure il GDPR è terribilmente chiaro nel definire l’ambito di applicazione materiale:
Il presente regolamento si applica al trattamento interamente o parzialmente automatizzato di dati personali e al trattamento non automatizzato di dati personali contenuti in un archivio o destinati a figurarvi. (art. 2)
Parla di dati personali. Anzi, del trattamento di dati personali. Ma questa è un’altra storia.
Restando sul punto: le prescrizioni in materia di protezione dei dati personali riguardano i trattamenti di tutti i dati personali. Ovverosia, quei dati che possono identificare direttamente o indirettamente una persona fisica (et voilà, l’interessato è servito sul piatto delle definizioni!), rendendola distinguibile all’interno di un gruppo e di un contesto di riferimento tenendo conto dei mezzi ragionevolmente impiegabili nonché di tutti gli ulteriori elementi informativi che possono essere disponibili. Questo perché un elemento informativo può contribuire a ricostruire una determinata persona fisica.
Ecco perché il concetto di dato personale dev’essere chiaro e va mai limitato ai soli identificatori diretti.
Quindi, trattare dati personali non sensibili non esonera dal rispettare i principi del GDPR, notificare o comunicare un data breach, istruire chi è autorizzato ad accedervi, o gestire gli aspetti di sicurezza.
La sicurezza riguarda tutte le informazioni.
Per gestire correttamente la sicurezza delle informazioni, bisogna fare riferimento a tutte le informazioni. Dopodiché, ci sarà il sottoinsieme di informazioni sensibili e non sensibili. E fra queste, si possono distinguere dati personali e non personali.
Non gestire la sicurezza di una parte delle informazioni significa avere una postura incompleta perché si è rinunciato a svolgere anche la più semplice attività di analisi a riguardo. Nel migliore dei casi comporta una non conformità, mentre nel peggiore una vulnerabilità ignota per effetto della scelta consapevole di chi, semplicemente, ha accetta il rischio “al buio”. Concetto che nell’ambito degli appuntamenti può riservare sempre qualche sorpresa positiva, ma nella sicurezza fonda ogni premessa per un fallimento epico. Da cui conseguono una serie di responsabilità il cui peccato originale è proprio il non aver voluto gestire dei rischi. Cosa ben diversa rispetto all’aver approntato misure di mitigazione che si sono rivelate inadeguate.
Spiacevole verità: ispirarsi al quokka per una strategia di difesa sperando che un attaccante si fermi a fagocitare o violare i soli dati non sensibili (o anche: non personali e non sensibili) non è mai una buona idea.
Questo è più il meme. In realtà non è proprio così.
Che i dati siano sensibili o no, l’importante è avere la capacità di mantenerne il controllo.
Quando non è possibile proteggerli (o garantirne la liceità del trattamento), bisogna trovare un’alternativa.
Che talvolta può significare anche scegliere di non trattarli.
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Boom di cyberattacchi in Europa! Ogni 3 minuti un’azienda viene colpita
Con la rapida crescita delle minacce digitali, le aziende di tutto il mondo sono sotto attacco informatico. Secondo gli ultimi dati di Check Point Research, ogni organizzazione subisce in media 1,984 tentativi di attacchi a settimana, con un aumento del 143% rispetto a quattro anni fa. Nel secondo trimestre del 2025, il volume degli attacchi è aumentato del 21% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, del 58% rispetto al 2023 e di quasi 2,5 volte rispetto al 2021.
Gli aggressori sono particolarmente attivi negli attacchi alle istituzioni educative. In media, ogni settimana vengono registrati 4.388 attacchi in questo settore, con un aumento del 31% rispetto allo scorso anno. Come sottolinea il team di Check Point, queste organizzazioni soffrono spesso di una cronica carenza di finanziamenti per i sistemi di sicurezza e, allo stesso tempo, dispongono di un elevato volume di dati personali di studenti e insegnanti, il che le rende un bersaglio ghiotto.
Anche i governi rimangono a rischio, con una media di 2,632 attacchi a settimana, poiché archiviano informazioni critiche e possono essere utilizzati per ottenere influenza politica. Il settore delle telecomunicazioni, che attira l’attenzione per il suo ruolo nella fornitura di infrastrutture nazionali e nell’archiviazione dei dati degli abbonati, si attesta su un livello simile, con 2,612 attacchi a settimana.
Sulla base dei dati raccolti da oltre 150.000 reti e milioni di endpoint, l’Europa ha registrato il maggiore aumento degli attacchi, con un aumento del 22% su base annua. Il Nord America è al secondo posto con il 20%. In termini assoluti, le aziende europee subiscono in media 1,669 attacchi a settimana, ma il tasso di crescita suggerisce che gli hacker stiano sfruttando attivamente tensioni regionali, discrepanze legislative e un’elevata concentrazione di dati preziosi.
Tuttavia, l’Africa registra il numero più elevato di attacchi, con 3,365 a settimana, seguita dall’Asia-Pacifico con 2,874. Nonostante la minore intensità in termini di numero di attacchi, le aziende nordamericane sono quelle più spesso prese di mira dagli attacchi ransomware più distruttivi, rappresentando il 53% di tutti gli incidenti registrati. L’Europa rappresenta un quarto dei casi, mentre l’Asia l’11%.
I gruppi criminali motivati finanziariamente prendono di mira più spesso le aziende nei settori dei servizi alle imprese (10,7% di tutti gli attacchi ransomware), manifatturiero (9,8%), edile e ingegneristico (9,5%), sanitario (7,8%) e dei beni e servizi di consumo (7,6%).
Gli analisti di Check Point sottolineano che non è previsto che la pressione si allenti. Per far fronte al nuovo livello di minacce, le organizzazioni devono costruire difese proattive, non solo reagire agli attacchi, con sistemi multilivello e un monitoraggio costante.
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Prima Tappa: Istanbul. Il Cyberpandino macina 5.000 km, tra guasti e imprevisti… ma non si ferma!
I nostri eroi Matteo Errera e Roberto Zaccardi e il Cyberpandino hanno raggiunto Istanbul dopo cinque giorni di viaggio e oltre 5.000 km macinati dalla partenza da Lampedusa e si riparte per la Cappadocia!Un traguardo importante, ma che è solo l’inizio di un’avventura che prevede altri circa 20.000 km (più o meno… ma chi li conta davvero?) verso le strade più improbabili del pianeta.
La prima vera sfida si è presentata nel cuore di Maslak, il quartiere dei meccanici di Istanbul, dove una perdita di benzina dal serbatoio ha costretto l’equipaggio a una sosta tecnica non prevista. Con l’aiuto dei ragazzi di @exclusivegaragetr, problema tappato e motore pronto a ruggire di nuovo. Almeno fino al prossimo imprevisto, perché di questi tempi pare che non manchino mai.
Dalla Turchia all’entroterra più selvaggio, il Cyberpandino ha continuato la sua corsa tra crateri lunari, villaggi fantasma e strade che in realtà non esistono nemmeno sulle mappe.
Finora la piccola panda ha affrontato una vera e propria lista nera di guasti: tubo della benzina esploso, serbatoio che si svita, puleggia dell’albero motore rotta, filtro tappato da benzina tagliata con acqua e, per non farsi mancare nulla, tubo del collettore di aspirazione devastato. Ma al nostro Magic team, Matteo Errera e Roberto Zaccardi non importa, si va avanti con grande determinazione.
E come se non bastasse, dopo una lunga notte alla frontiera tra attese infinite, controlli e caffè imbevibili, il Cyberpandino è finalmente arrivato in Turchia. Con lui ora c’è anche un nuovo compagno di viaggio: @jonny_pickup, reporter e videomaker inglese che non parla una parola di italiano, pronto a immortalare ogni istante di questa corsa surreale. Più teste a bordo significano anche più zaini da incastrare nel bagagliaio, ma la vecchia panda continua a reggere con una dignità meccanica tutta sua.
Il prossimo grande passaggio sarà la frontiera con la Russia, prevista per il 27 luglio. Fino ad allora, il viaggio continua, tra imprevisti, pezzi di ricambio e paesaggi che tolgono il fiato. Perché il Mongol Rally non è solo una gara: è un esperimento di follia su ruote, dove anche le rotture diventano storie da raccontare. E il Cyberpandino, nonostante tutto, non molla mai.
E intanto, il Cyberpandino diventa sempre più una casa viaggiante. Hanno parcheggiato sulle rive di un lago così remoto in Turchia che persino i cammelli hanno chiesto indicazioni. Location esclusiva per veri esploratori… o per chi sbaglia strada con convinzione.
Perché questo è il Mongol Rally: una partenza, un traguardo lontano… e in mezzo, solo strade da inventare e avventure da vivere.
Il Cyberpandino ha tirato fuori tutto l’arsenale da campeggio in puro “Panda-luxe”: la tenda laterale che si monta in cinque minuti, la power station da 1500W per alimentare luci e condizionatore (perché dentro si sfiorano i 40°, praticamente un hammam con più zanzare), wifi satellitare per restare connessi anche in mezzo al nulla… e ovviamente la pasta, perché puoi togliere l’italiano dall’Italia, ma non la pentola.
Ora si punta verso la Georgia, forse Armenia. Riuscirà il Cyberpandino a convincere la dogana che non è un’astronave low-cost atterrata per sbaglio in Anatolia?
Stay tuned: la strada è lunga, la tenda ancora storta e la pasta… quasi pronta.
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Ritrovato senza vita l'escursionista disperso da ieri Valpelline: è un minorenne straniero. Il corpo è stato recuperato questa mattina poco dopo le 6
È stato recuperato questa mattina poco dopo le 6 il corpo senza vita dell'escursionista straniero di cui da ieri si erano perse le tracce nella zona della #BeccaDiViou
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Alla scoperta dell’IaB JohnDoe7: accessi in vendita dall’uomo qualunque
Continuiamo la nostra serie di articoli sugli Initial Access Broker con un articolo su JohnDoe7 (anche noto come LORD1) che, come vedremo in seguito, usa un nome/moniker che richiama alla cinematografia o al mondo legal negli Stati Uniti.
Exploit di vulnerability 1-day
KELA Cyber ha osservato la costante offerta di exploit per vulnerabilità 1-day, il che conferma che gli IAB, come altri attori, sono interessati a colpire le aziende che non hanno applicato patch al loro ambiente in modo tempestivo. Qui in figura, su Exploit nell’Ottobre 2020, LORD1 offre un exploit RCE e LPE il cui prezzo parte da 5.000 dollari.
LORD1 offre exploit di un giorno (RCE, LPE), con prezzo a partire da 5000$
Il caso del software MOVEit Transfer
Nel giugno 2023, johndoe7 aka LoRD1 su XSS ed Exploit ha offerto uno script dannoso personalizzato per sfruttare la vulnerabilità di Progress MOVEit Transfer (CVE-2023-34362). Nel maggio 2023, il gruppo ransomware CL0P ha preso di mira MOVEit Transfer di Progress Software, comunemente utilizzato dalle organizzazioni per gestire le operazioni di trasferimento dei file. Hanno sfruttato la vulnerabilità zero-day SOL injection (CVE-2023-34362) per infiltrarsi nelle applicazioni web di MOVEit Transfer e ottenere un accesso non autorizzato ai database archiviati. Ciò potrebbe far pensare ad un legame tra johndoe7 e la gang CL0P …
Nel successivo esempio nei forum XSS e Exploit, gli attori malevoli “0x90” e “Present” manifestano il loro interesse nel comprare degli exploit per la CVE-2023-3519 (RCE su Citrix) e per la CVE-2022-24527 (LPE su Microsoft Connected Cache).
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Report di Soc RADAR su attacchi a crypto/NFT
Secondo un report di SOCRadar, LORD1 è molto attivo nella compromissione di credenziali relative al mondo delle criptovalute e delle NFT; le analisi condotte dal gruppo di ricerca di SOCRadar rivelano che la maggior parte delle circa 1.700 minacce uniche del Dark Web rilevate dal 2021 a oggi riguardano la vendita di dati utente compromessi su scala globale. Pertanto, gli attori malevoli prendono di mira il settore delle criptovalute e delle NFT rappresentano una minaccia globale per tutti gli utenti.
La minaccia più diffusa nel settore delle criptovalute e NFT è la compromissione e la successiva vendita di informazioni personali degli utenti del settore sui forum del Dark Web.
Nel grafico precedente, fatto 100 il totale dei casi di compromissione credenziali analizzati nel periodo da SOCRadar, ogni segmento mostra la percentuale di contributo attribuita a ciascuno attore malevolo: LORD1 figura al quinto posto della TOP 10 con un contributo pari al 14 per cento.
Scenari di altre CVE sfruttate dallo IAB
ATLASSIAN BITBUCKET COMMAND INJECTION (CVE-2022-36804)
Resa nota nell’agosto 2022, CVE-2022-36804 è una vulnerabilità di iniezione di comandi che interessa più API endpoint dei server di Bitbucket. Utilizzando questa vulnerabilità, gli aggressori con accesso a un repository pubblico o con permessi di lettura a un repository Bitbucket privato, possono eseguire codice arbitrario inviando una richiesta HTTP dannosa.
FORTINET: AUTHENTICATION BYPASS VULNERABILITY (CVE-2022-40684)
Resa nota nel settembre 2022, questa vulnerabilità consente a un aggressore non autenticato di eseguire operazioni sull’interfaccia amministrativa dell’apparato FORTINET tramite richieste HTTP o HTTPs appositamente create tramite bypass dell’autenticazione utilizzando un percorso o un canale alternativo [CWE-288] in Fortinet FortiOS versione 7.2.0 fino a 7.2.1 e 7.0.0 fino a 7.0.6, FortiProxy versione 7.2.0 e versione 7.0.0 fino a 7.0.6 e FortiSwitchManager versione 7.2.0 e 7.0.0.
XSS Forum
Altre tracce di Johndoe7 dal 2022 nel forum XSS ( xss.ist/forums/104 )
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SEVEN / SE7EN
Curiosità, “John Doe” è il nome del villain/il cattivo del film SE7EN
villains.fandom.com/it/wiki/Jo…
Negli USA il nome John Doe è usato per una vittima o un imputato sconosciuto o che si intende mantenere anonimo in un caso legale. È inoltre il nome che viene attribuito d’ufficio ai cadaveri di sconosciuti.
In Italia è l’equivalente di Ignoto o NN (dal latino Nomen Nescio).
NotaBene su 1-day: che cos’è una vulnerabilità 1-day?
Le vulnerabilità 1-day sono vulnerabilità note per le quali è disponibile una remediation patch o una mitigation, ma che non sono ancora state applicate. Il termine “un giorno” si riferisce al periodo che intercorre tra la divulgazione della vulnerabilità e l’applicazione della patch ai sistemi interessati.
A volte queste vulnerabilità vengono definite “n-day”, poiché il periodo è spesso molto più lungo di un giorno, dato che il tempo medio per l’applicazione di una patch (MTTP) è di solito compreso tra i 60 e i 150 giorni.
Purtroppo, lo sfruttamento delle vulnerabilità 1-day è spesso accelerato dal rilascio di codice exploit PoC (Proof-of-Concept) prima che gli utenti interessati abbiano il tempo necessario ad applicare una patch ai propri sistemi. Questa pratica sembra essere peggiorata da quando alcuni ricercatori di cybersecurity cercano di mettere in mostra le proprie capacità tecniche creando delle PoC, nonostante i danni che derivano da ciò.
Mentre threat actors più sofisticati effettuano il reverse-engineering di una patch per capire quale problema fosse essa destinata a risolvere e quindi sviluppano i propri exploit sulla base delle loro scoperte, i meno tecnici adottano/usano il codice della PoC disponibile pubblicamente. In questo modo la vulnerabilità può essere sfruttata da attori malevoli con minori skill tecniche che altrimenti non avrebbero avuto questa capacità senza assistenza esterna.
Un esempio recente e rilevante di vulnerabilità one-day è rappresentato da CVE-2024-1708, una falla di tipo “Autenthication bypass”, e da CVE-2024-1709, una falla di tipo Path traversal, nei server ScreenConnect di ConnectWise: solo un giorno dopo l’annuncio delle vulnerabilità, diversi ricercatori hanno rilasciato il codice di exploit PoC e i dettagli tecnici relativi alle vulnerabilità. Questo codice, unito alla facilità di identificare istanze ScreenConnect vulnerabili tramite scanner web online, ha portato a uno sfruttamento di massa e alla distribuzione di ransomware e altro malware su server privi di patch.
Conclusione
In questo articolo della serie sugli initial access broker abbia visto come il furto di credenziali possa avvenire anche attraverso attacchi che sfruttino vulnerabilità di tipo RCE e LPE e come sia fondamentale applicare patches e remediations il prima possibile … Quindi ricordiamo alcune delle best practice menzionate in precedenza per essere pronti ad ogni evenienza
- Aggiornamento costante dei sistemi
- Monitoraggio Continuo e Rilevamento delle Minacce
- Controlli di Accesso Forti/uso di Multi Factor Authentication
- Formazione e Consapevolezza dei Dipendenti
- Segmentazione/micro segmentazione della rete
Riferimenti
KelaCyber 2022 Q2 Report kelacyber.com/wp-content/uploa…
Outpost24 IAB Report outpost24.com/wp-content/uploa…
Soc Radar report socradar.io/wp-content/uploads…
Cyble underground report osintme.com/wp-content/uploads…
XSS Forum xss.ist/forums/104
Seven (Film, 1995) it.wikipedia.org/wiki/Seven
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Nylon-Like TPU Filament: Testing CC3D’s 72D TPU
Another entry in the world of interesting FDM filaments comes courtesy of CC3D with their 72D TPU filament, with [Dr. Igor Gaspar] putting it to the test in his recent video. The use of the Shore hardness D scale rather than the typical A scale is a strong indication that something is different about this TPU. The manufacturer claims ‘nylon-like’ performance, which should give this TPU filament much more hardness and resistance to abrasion. The questions are whether this filament lives up to these promises, and whether it is at all fun to print with.The CC3D 72D TPU filament used to print a bicycle’s handlebar. (Credit: My Tech Fun, YouTube)
TPU is of course highly hydrophilic, so keeping the filament away from moisture is essential. Printing temperature is listed on the spool as 225 – 245°C, and the filament is very bendable but not stretchable. For the testing a Bambu Lab X-1 Carbon was used, with the filament directly loaded from the filament dryer. After an overnight print session resulted in spaghetti due to warping, it was found that generic TPU settings at 240ºC with some more nylon-specific tweaks seemed to give the best results, with other FDM printers also working well that way.
The comparison was against Bambu Lab’s 68D TPU for AMS. Most noticeable is that the 72D TPU easily suffers permanent deformation, while being much more wear resistant than e.g. PLA. That said, it does indeed seem to perform more like polyamide filaments, making it perhaps an interesting alternative there. Although there’s some confusion about whether this TPU filament has polyamide added to it, it seems to be pure TPU, just like the Bambu Lab 68D filament.
youtube.com/embed/158prgcHcTE?…
The Hall-Héroult Process on a Home Scale
Although Charles Hall conducted his first successful run of the Hall-Héroult aluminium smelting process in the woodshed behind his house, it has ever since remained mostly out of reach of home chemists. It does involve electrolysis at temperatures above 1000 ℃, and can involve some frighteningly toxic chemicals, but as [Maurycy Z] demonstrates, an amateur can now perform it a bit more conveniently than Hall could.
[Maurycy] started by finding a natural source of aluminium, in this case aluminosilicate clay. He washed the clay and soaked it in warm hydrochloric acid for two days to extract the aluminium as a chloride. This also extracted quite a bit of iron, so [Maurycy] added sodium hydroxide to the solution until both aluminium and iron precipitated as hydroxides, added more sodium hydroxide until the aluminium hydroxide redissolved, filtered the solution to remove iron hydroxide, and finally added hydrochloric acid to the solution to precipitate aluminium hydroxide. He heated the aluminium hydroxide to about 800 ℃ to decompose it into the alumina, the starting material for electrolysis.
To turn this into aluminium metal, [Maurycy] used molten salt electrolysis. Alumina melts at a much higher temperature than [Maurycy]’s furnace could reach, so he used cryolite as a flux. He mixed this with his alumina and used an electric furnace to melt it in a graphite crucible. He used the crucible itself as the cathode, and a graphite rod as an anode. He does warn that this process can produce small amounts of hydrogen fluoride and fluorocarbons, so that “doing the electrolysis without ventilation is a great way to poison yourself in new and exciting ways.” The first run didn’t produce anything, but on a second attempt with a larger anode, 20 minutes of electrolysis produced 0.29 grams of aluminium metal.
[Maurycy]’s process follows the industrial Hall-Héroult process quite closely, though he does use a different procedure to purify his raw materials. If you aren’t interested in smelting aluminium, you can still cast it with a microwave oven.
Sandro Ruotolo condivide l'audio di Gennaro Giudetti, operatore #OMS che - al telefono da #Gaza - racconta di due #bombardamenti gratuiti e genocidari di #israele
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The Tesla Diner has two gigantic screens, a robot that serves popcorn, and owners hope it will be free from people who don't like Tesla.
The Tesla Diner has two gigantic screens, a robot that serves popcorn, and owners hope it will be free from people who donx27;t like Tesla.#News #Tesla
'It's Not a Political Statement': Checking in With Tesla Superfans at Elon Musk's New Diner
The Tesla Diner has two gigantic screens, a robot that serves popcorn, and owners hope it will be free from people who don't like Tesla.Rosie Thomas (404 Media)
Video Tape Hides Video Player
While it might not be accurate to say VHS is dead, it’s certainly not a lively format. It continues on in undeath thanks to dedicated collectors and hobbyists, some of whom may be tempted to lynch Reddit user [CommonKingfisher] for embedding a video player inside a VHS tape.Miniaturization in action. The video player probably cost about the same as the original VHS when you account for inflation.
The hack started with a promotional video card via Ali Express, which is a cheap enough way to get a tiny LCD player MP4 playing micro. As you can see, there was plenty of room in the tape for the guts of this. The tape path is obviously blocked, so the tape is not playable in this format. [CommonKingfisher] claims the hack is “reversible” but since he cut a window for the LCD out of the casing of the cassette, that’s going to be pretty hard to undo. On the other hand, the ultrasonic cutter he used did make a very clean cut, and that would help with reversibility.
The fact that the thing is activated by a magnetic sensor makes us worry for the data on that tape, too, whether or not the speaker is a peizo. Ultimately it doesn’t really matter; in no universe was this tape the last surviving copy of “The Matrix”, and it’s a lot more likely this self-playing “tape” gets watched than the VHS was going to be. You can watch it yourself in the demo video embedded below.
VHS nostalgia around here usually involves replicating the tape experience, rather than repurposing the tape. We’re grateful to [George Graves] for the tip. Tips of all sorts are welcome on our friendly neighborhood tips line.
youtube.com/embed/BYrY3nFrsho?…
2025 One Hertz Challenge: A 555, but not as we know it
We did explicitly ask for projects that use a 555 timer for the One Hertz Challenge, but we weren’t expecting the 555 to be the project. Yet, here we are, with [matt venn]’s Open Source 1Hz Blinky, that blinks a light with a 555 timer… but not one you’d get from Digikey.
Hooking a 555 to blink an LED at one hertz is a bog-simple, first-electronics-project type of exercise, unless you have to make the 555 first. Rather than go big, as we have seen before, [matt venn] goes very small, with a 555 implemented on a tiny sliver of Tiny Tapeout 6.
We’ve covered projects using that tapeout before, but in case you missed it, Tiny Tapeout gives space to anyone to produce ASICs on custom silicon using an open Process Design Kit, and we have [matt venn] to thank for it. The Tiny Tapeout implementation of the 555 was actually designed by [Vincent Fusco].
Of course wiring it up is a bit more complicated than dropping in a 555 timer to the circuit: the Tiny Tapeout ASIC must be configured to use that specific project using its web interface. There’s a demo video embedded below, with some info about the project– it’s not just a blinking LED, so it’s worth seeing. The output isn’t exactly One Hertz, so it might not get the nod in the Timelord category, but it’s going to be a very strong competitor for other 555-based projects– of which we could really use more, hint-hint. You’ve got until August 19th, if you think you can use a 555 to do something more interesting than blink an LED.
youtube.com/embed/QrB6msn3UzM?…
#israele macchina 1nfernale di #distruzione della vita
instagram.com/reel/DMabpgcISh2…
instagram.com/reel/DMax4n2qAL8…
instagram.com/reel/DJ6yqWzJkGH…
instagram.com/reel/DMauJzfNhp9…
threads.com/@mehdirhasan/post/…
ناهض حجاج on Instagram: "Most of the injuries were children, as a result of targeting a house housing displaced persons of the Mashtaha family in the Sheikh Radwan neighborhood, west of Gaza City. They just arrived at Al-Shifa Hospital Follow my / @na
41K likes, 5,299 comments - nahed_hajjaj99 on July 22, 2025: "Most of the injuries were children, as a result of targeting a house housing displaced persons of the Mashtaha family in the Sheikh Radwan neighborhood, west of Gaza City.Instagram
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Pulizia storica su YouTube: eliminati oltre 10.000 canali collegati a Mosca, Pechino e Teheran
Nel corso degli ultimi mesi, YouTube ha intensificato la sua attività di contrasto contro campagne di disinformazione e operazioni di influenza coordinate, rimuovendo un numero considerevole di canali legati a vari paesi. Tra questi, spiccano 43 canali chiusi per attività legate alla Turchia: la campagna diffondeva contenuti in lingua turca a sostegno del Partito della Vittoria. Parallelamente, 12 canali, un account pubblicitario, un account AdSense e nove domini sono stati bloccati per una campagna pro-Romania a favore di un partito politico specifico.
Le attività riconducibili alla Russia hanno portato alla chiusura di centinaia di canali. Solo in alcuni esempi, sono stati chiusi 1.045 canali e bloccati due domini per una campagna collegata a una società di consulenza russa; ulteriori 507 canali sono stati rimossi per contenuti pro-Russia e critici verso Ucraina e Occidente; altri 392 canali, sempre riconducibili a una società di consulenza russa, sono stati eliminati per motivi analoghi. A questi si aggiungono decine di altri canali chiusi per campagne in diverse lingue, tra cui inglese, francese, spagnolo, ucraino e polacco.
Anche la Repubblica Popolare Cinese (PRC) è stata coinvolta in modo massiccio. In particolare, YouTube ha chiuso 1.545 canali per una rete inautentica che pubblicava contenuti in cinese e inglese su Cina e affari esteri statunitensi, e ulteriori 3.592 canali nei mesi successivi per attività simili. Nel mese di giugno, sono stati rimossi altri 2.598 canali e bloccato un dominio, sempre per operazioni legate alla PRC. Questi interventi confermano trend già documentati in precedenti report.
Non sono mancate azioni contro campagne legate ad altri paesi. In Azerbaijan sono stati chiusi 356 canali in un caso, 457 in un altro, e ulteriori 228 canali per campagne che diffondevano contenuti critici verso l’Armenia e oppositori del governo azero. In Iran sono stati chiusi 12 canali per contenuti a favore del governo iraniano e della Palestina e critici verso Israele; inoltre, sono stati bloccati due domini per campagne in arabo critiche verso Stati Uniti, Israele e Occidente.
Infine, YouTube ha agito anche contro campagne più circoscritte: quattro canali chiusi per attività legate a Israele con contenuti critici verso la Palestina; un canale e un dominio bloccati in Ghana per una campagna legata alle elezioni presidenziali; e quattro canali chiusi per attività pro-Cina e critiche verso le Filippine. Questi interventi, realizzati tra aprile e giugno, testimoniano la costante attività della piattaforma contro la disinformazione globale e le reti inautentiche.
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2025 One-Hertz Challenge: Pokémon Alarm Clock Tells You It’s Time to Build the Very Best
We’ve all felt the frustration of cheap consumer electronics — especially when they aren’t actually cheap. How many of us have said “Who designed this crap? I could do better with an Arduino!” while resisting the urge to drop that new smart doorbell in the garbage disposal?
It’s an all-too familiar thought, and when it passed through [Mathieu]’s head while he was resetting the time and changing the batteries in his son’s power-hungry Pokémon alarm clock for the umpteenth time, he decided to do something about it.
The only real design requirement, imposed by [Mathieu]’s son, was that the clock’s original shell remained. Everything else, including the the controller and “antique” LCD could go. He ripped out the internals and installed an ESP32, allowing the clock to automatically sync to network time in the event of power loss. The old-school LCD was replaced with a modern, full-color TFT LCD which he scored on AliExpress for a couple of Euros.
Rather than just showing the time, the new display sports some beautiful pixel art by Woostarpixels, which [Mathieu] customized to have day and nighttime versions, even including the correct moon phase. He really packed as much into the ESP32 as possible, using 99.6% of its onboard 4 MB of flash. Code is on GitHub for the curious. All in all, the project is a multidisciplinary work of art, and it looks well-built enough to be enjoyed for years to come.
youtube.com/embed/mHJeMg9Hzjg?…
The Epochalypse: It’s Y2K, But 38 Years Later
Picture this: it’s January 19th, 2038, at exactly 03:14:07 UTC. Somewhere in a data center, a Unix system quietly ticks over its internal clock counter one more time. But instead of moving forward to 03:14:08, something strange happens. The system suddenly thinks it’s December 13th, 1901. Chaos ensues.
Welcome to the Year 2038 problem. It goes by a number of other fun names—the Unix Millennium Bug, the Epochalypse, or Y2K38. It’s another example of a fundamental computing limit that requires major human intervention to fix.
By and large, the Y2K problem was dealt with ahead of time for critical systems. An amusing example of a Y2K failure was this sign at the École Centrale de Nantes, pictured on January 3, 2000. Credit: Bug de l’an 2000, CC BY-SA 3.0
The Y2K problem was simple enough. Many computing systems stored years as two-digit figures, often for the sake of minimizing space needed on highly-constrained systems, back when RAM and storage, or space on punch cards, were strictly limited. This generally limited a system to understanding dates from 1900 to 1999; when storing the year 2000 as a two-digit number, it would instead effectively appear as 1900 instead. This promised to cause chaos in all sorts of ways, particularly in things like financial systems processing transactions in the year 2000 and onwards.
The problem was first identified in 1958 by Bob Bemer, who was working on longer time scales with genealogical software. Awareness slowly grew through the 1980s and 1990s as the critical date approached and things like long-term investment bonds started to butt up against the year 2000. Great effort was expended to overhaul and update important computer systems to enable them to store dates in a fashion that would not loop around back to 1900 after 1999.
Unlike Y2K, which was largely about how dates were stored and displayed, the 2038 problem is rooted in the fundamental way Unix-like systems keep track of time. Since the early 1970s, Unix systems have measured time as the number of seconds elapsed since January 1st, 1970, at 00:00:00 UTC. This moment in time is known as the “Unix epoch.” Recording time in this manner seemed like a perfectly reasonable approach at the time. It gave systems a simple, standardized way to handle timestamps and scheduled tasks.
The trouble is that this timestamp was traditionally stored as a signed 32-bit integer. Thanks to the magic of binary, a signed 32-bit integer can represent values from -2,147,483,648 to 2,147,483,647. When you’re counting individual seconds, that gives you about plus and minus 68 years either side of the epoch date. Do the math, and you’ll find that 2,147,483,647 seconds after January 1st, 1970 lands you at 03:14:07 UTC on January 19th, 2038. That’s the final time that can be represented using the 32-bit signed integer, having started at the Unix epoch.The Unix time integer immediately prior to overflow.
What happens next isn’t pretty. When that counter tries to increment one more time, it overflows. In two’s complement arithmetic, the first bit is a signed bit. Thus, the time stamp rolls over from 2,147,483,647 to -2,147,483,648. That translates to December 13th, 1901. In January 2038, this will be roughly 136 years in the past.Unix time after the 32-bit signed integer has overflowed.
For an unpatched system using a signed 32-bit integer to track Unix time, the immediate consequences could be severe. Software could malfunction when trying to calculate time differences that suddenly span more than a century in the wrong direction, and logs and database entries could quickly become corrupted as operations are performed on invalid dates. Databases might reject “historical” entries, file systems could become confused about which files are newer than others, and scheduled tasks might cease to run or run at inappropriate times.
This isn’t just some abstract future problem. If you grew up in the 20th century, it might sound far off—but 2038 is just 13 years away. In fact, the 2038 bug is already causing issues today. Any software that tries to work with dates beyond 2038—such as financial systems calculating 30-year mortgages—could fall over this bug right now.In 2012, NetBSD 6.0 introduced 64-bit Unix time across both 32-bit and 64-bit architectures. There is also a binary compatibility layer for running older applications, though they will still suffer the year 2038 problem internally. Credit: NetBSD changelog
The obvious fix is to move from 32-bit to 64-bit timestamps. A 64-bit signed integer can represent timestamps far into the future—roughly 292 billion years in fact, which should cover us until well after the heat death of the universe. Until we discover a solution for that fundamental physical limit, we should be fine.
Indeed, most modern Unix-based operating systems have already made this transition. Linux moved to 64-bit time_t values on 64-bit platforms years ago, and since version 5.6 in 2020, it supports 64-bit timestamps even on 32-bit hardware. OpenBSD has used 64-bit timestamps since May 2014, while NetBSD made the switch even earlier in 2012.
Most other modern Unix filesystems, C compilers, and database systems have switched over to 64-bit time by now. With that said, some have used hackier solutions that kick the can down the road more than fixing the problem for all of foreseeable time. For example, the ext4 filesystem uses a complicated timestamping system involving nanoseconds that runs out in 2446. XFS does a little better, but its only good up to 2486. Meanwhile, Microsoft Windows uses its own 64-bit system tracking 100-nanosecond intervals since 1 January 1601. This will overflow as soon as the year 30,828.
The challenge isn’t just in the operating systems, though. The problem affects software and embedded systems, too. Most things built today on modern architectures will probably be fine where the Year 2038 problem is concerned. However, things that were built more than a decade ago that were intended to run near-indefinitely could be a problem. Enterprise software, networking equipment, or industrial controllers could all trip over the Unix date limit come 2038 if they’re not updated beforehand. There are also obscure dependencies and bits of code out there that can cause even modern applications to suffer this problem if you’re not looking out for them.In 2022, a coder called Silent identified a code snippet that was reintroducing the Year 2038 bug to new software. Credit: Silent’s blog via screenshot
The real engineering challenge lies in maintaining compatibility during the transition. File formats need updating and databases must be migrated without mangling dates in the process. For systems in the industrial, financial, and commercial fields where downtime is anathema, this can be very challenging work. In extreme cases, solving the problem might involve porting a whole system to a new operating system architecture, incurring huge development and maintenance costs to make the changeover.
The 2038 problem is really a case study in technical debt and the long-term consequences of design decisions. The Unix epoch seemed perfectly reasonable in 1970 when 2038 felt like science fiction. Few developing those systems thought a choice made back then would have lasting consequences over 60 years later. It’s a reminder that today’s pragmatic engineering choices might become tomorrow’s technical challenges.
The good news is that most consumer-facing systems will likely be fine. Your smartphone, laptop, and desktop computer almost certainly use 64-bit timestamps already. The real work is happening in the background—corporate system administrators updating server infrastructure, embedded systems engineers planning obsolescence cycles, and software developers auditing code for time-related assumptions. The rest of us just get to kick back and watch the (ideally) lack of fireworks as January 19, 2038 passes us by.
Aggiornamento Windows Server 2019: problemi al servizio cluster e BitLocker
L’ultimo aggiornamento di sicurezza per Windows Server 2019, rilasciato l’8 luglio, contiene un fastidioso problema che può compromettere il funzionamento di interi cluster. L’aggiornamento, numero KB5062557, causa errori nel Servizio Cluster, un componente fondamentale che gestisce i nodi di elaborazione distribuita e ne garantisce l’interazione fluida. Dopo l’installazione della patch, il sistema potrebbe iniziare a comportarsi in modo imprevedibile: il Servizio Cluster si avvia, quindi si blocca immediatamente, i nodi si disconnettono dal cluster, entrano in stato di isolamento e le macchine virtuali in questa infrastruttura si riavviano ripetutamente.
Secondo una notifica interna ottenuta da BleepingComputer, il problema si manifesta con errori persistenti con codice evento 7031 nei log di sistema. In pratica, ciò significa che il cluster è instabile, le macchine si comportano in modo irregolare e l’amministratore riscontra una serie di problemi anziché ricevere un aggiornamento di routine. La situazione è particolarmente problematica per chi utilizza BitLocker su dischi Cluster Shared Volumes (CSV): tali configurazioni sono soggette a ulteriori errori quando si tenta di riconnettere i nodi al cluster.
Microsoft conferma il problema, lo definisce noto e invita i clienti a non farsi prendere dal panico, ma non offre ancora soluzioni indipendenti. Invece di una patch universale, l’azienda offre soluzioni individuali: se un’organizzazione riscontra il problema descritto, è necessario contattare il servizio di supporto aziendale Microsoft. Solo tramite questo servizio è possibile ottenere istruzioni temporanee su come mitigare le conseguenze e aggirare il bug.
Non esiste una tempistica specifica per il rilascio di una correzione completa. Microsoft chiarisce solo che sta lavorando per includere la soluzione definitiva in una delle prossime versioni di Windows Update. Dopodiché, tutte le misure temporanee ricevute dal supporto tecnico diventeranno irrilevanti e non sarà necessario applicarle.
Non è la prima volta che gli aggiornamenti di Windows Server causano problemi. All’inizio di luglio, Microsoft ha risolto un altro grave problema che impediva a WSUS (Windows Server Update Services) di sincronizzarsi correttamente con Microsoft Update, bloccando l’installazione di nuovi aggiornamenti. Un’altra conseguenza dell’aggiornamento di giugno è stato il blocco del servizio DHCP su alcuni server: questo problema è stato fortunatamente risolto nella build cumulativa di luglio.
Nel frattempo, gli amministratori che gestiscono Windows Server 2019 dovrebbero prestare la massima attenzione durante l’installazione dell’ultimo aggiornamento, soprattutto se l’infrastruttura utilizza il clustering e la crittografia dei volumi BitLocker. Prima di aggiornare i sistemi di produzione, è meglio verificare se questo possa causare un disastro improvviso.
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Versammlungsfreiheit: Stadt Kenzingen zieht Rechnung für Demonstration zurück
Wow, che serata spassosissima Sabato scorso alla prima edizione del Velletri Buskers Festival 🎪😅
Santo subito Alessio Cinquepalle che è l'unico tra tutto il fiume di persone presenti che ha avuto la prontezza di fare una foto di gruppo con i buskers ammucchiati tutti insieme, cogliendo l'attimo della paratina iniziale che ha attraversato il corso ed è terminata sul palco grande, con la band del Reggae Circus e il sottoscritto a presentare dal mic ogni artista dal primo all'ultimo. Non vedevo così tanti performer tutti insieme sopra e sotto il palco dai tempi del Pe' Strada Buskers Festival a sostegno di Emergency ai Fori Imperiali di Roma qualche annetto fa😋❤️
In ogni caso, da direttore artistico devo dire che questi super eroi circensi sono stati davvero straordinari: hanno risolto tutti i problemi derivanti da quell'ampio margine di improvvisazione che sempre accompagna le prime edizioni di questo tipo di eventi; si sono adattati al terreno più o meno in pendenza del centro storico; hanno incantanto il pubblico con le loro incredibili abilità e specialità circensi; hanno sopportato vere e proprie forzature da parte di feroci autosauri della pedonalizzazione dell'area; insomma sono stati magnifici. Persone di incredibile bellezza. Sia dentro che fuori, come potete vedere da questa foto. Anche un po' stronzi però. Belli e stronzi=bellonzi. E infatti guardate nell'angoletto in alto a sinistra della foto come si chiama il vicolo in cui hanno scattato questo selfie. Coincidenze?! Io non credo 🤣 Grazie di cuore a tutte le persone che hanno reso possibile questo evento, se tutto va bene lo ripetiamo il prossimo anno, e sarà ancora più bello 🙌🥰
An internal memo obtained by 404 Media also shows the military ordered a review hold on "questionable content" at Stars and Stripes, the military's 'editorially independent' newspaper.
An internal memo obtained by 404 Media also shows the military ordered a review hold on "questionable content" at Stars and Stripes, the militaryx27;s x27;editorially independentx27; newspaper.#Pentagon #PeteHegseth
Military Says It Will ‘Continuously’ Monitor Bathrooms to Comply With Anti-Trans Order
An internal memo obtained by 404 Media also shows the military ordered a review hold on "questionable content" at Stars and Stripes, the military's 'editorially independent' newspaper.Jason Koebler (404 Media)
From ICE's facial recognition app to its Palantir contract, we've translated a spread of our ICE articles into Spanish and made them freely available.
From ICEx27;s facial recognition app to its Palantir contract, wex27;ve translated a spread of our ICE articles into Spanish and made them freely available.#Spanish
We're Publishing Our ICE Reporting In Spanish
From ICE's facial recognition app to its Palantir contract, we've translated a spread of our ICE articles into Spanish and made them freely available.Joseph Cox (404 Media)
USB-C-ing All The Things
Wall warts. Plug mounted power supplies that turn mains voltage into low voltage DC on a barrel jack to power a piece of equipment. We’ve all got a load of them for our various devices, most of us to the extent that it becomes annoying. [Mikeselectricstuff] has the solution, in the shape of a USB-C PD power supply designed to replace a barrel jack socket on a PCB.
The video below provides a comprehensive introduction to the topic before diving into the design. The chip in question is the CH224K, and he goes into detail on ordering the boards for yourself. As the design files are freely available, we wouldn’t be surprised if they start turning up from the usual suppliers before too long.
We like this project and we can see that it would be useful, after all it’s easy to end up in wall wart hell. We’ve remarked before that USB-C PD is a new technology done right, and this is the perfect demonstration of its potential.
youtube.com/embed/BElU9LPbaA8?…
Power Grid Stability: From Generators to Reactive Power
It hasn’t been that long since humans figured out how to create power grids that integrated multiple generators and consumers. Ever since AC won the battle of the currents, grid operators have had to deal with the issues that come with using AC instead of the far less complex DC. Instead of simply targeting a constant voltage, generators have to synchronize with the frequency of the alternating current as it cycles between positive and negative current many times per second.
Complicating matters further, the transmission lines between generators and consumers, along with any kind of transmission equipment on the lines, add their own inductive, capacitive, and resistive properties to the system before the effects of consumers are even tallied up. The result of this are phase shifts between voltage and current that have to be managed by controlling the reactive power, lest frequency oscillations and voltage swings result in a complete grid blackout.
Flowing Backwards
We tend to think of the power in our homes as something that comes out of the outlet before going into the device that’s being powered. While for DC applications this is essentially true – aside from fights over which way DC current flows – for AC applications the answer is pretty much a “It’s complicated”. After all, the primary reason why we use AC transmission is because transformers make transforming between AC voltages easy, not because an AC grid is easier to manage.Image showing the instantaneous electric power in AC systems and its decomposition into active and reactive power; when the current lags the voltage 50 degrees. (Credit: Jon Peli Oleaga)
What exactly happens between an AC generator and an AC load depends on the characteristics of the load. A major part of these characteristics is covered by its power factor (PF), which describes the effect of the load on the AC phase. If the PF is 1, the load is purely resistive with no phase shift. If the PF is 0, it’s a purely reactive load and no net current flows. Most AC-powered devices have a power factor that’s somewhere between 0.5 to 0.99, meaning that they appear to be a mixed reactive and resistive load.The power triangle, showing the relationship between real, apparent and reactive power. (Source: Wikimedia)
PF can be understood in terms of the two components that define AC power, being:
- Apparent Power (S, in volt-amperes or VA) and
- Real Power (P, in watts).
The PF is defined as the ratio of P to S (i.e. `PF = P / S). Reactive Power (Q, in var) is easily visualized as the angle theta (Θ) between P and S if we put them as respectively the leg and hypotenuse of a right triangle. Here Θ is the phase shift by which the current waveform lags the voltage. We can observe that as the phase shift increases, the apparent power increases along with reactive power. Rather than being consumed by the load, reactive power flows back to the generator, which hints at why it’s such a problematic phenomenon for grid-management.
From the above we can deduce that the PF is 1.0 if S and P are the same magnitude. Although P = I × V
gets us the real power in watts, it is the apparent power that is being supplied by the generators on the grid, meaning that reactive power is effectively ‘wasted’ power. How concerning this is to you as a consumer mostly depends on whether you are being billed for watts or VAs consumed, but from a grid perspective this is the motivation behind power factor correction (PFC).
This is where capacitors are useful, as they can correct the low PF on inductive loads like electric motors, and vice versa with inductance on capacitive loads. As a rule of thumb, capacitors create reactive power, while inductors consume reactive power, meaning that for PFC the right capacitance or inductance has to be added to get the PF as close to 1.0 as possible. Since an inductor absorbs the excess (reactive) power and a capacitor supplies reactive power, if both are balanced 1:1, the PF would be 1.0.
In the case of modern switching-mode power supplies, automatic power factor correction (APFC) is applied, which switch in capacitance as needed by the current load. This is, in miniature, pretty much what the full-scale grid does throughout the network.
Traditional Grids
Magnetically controlled shunt reactor (MCSR). (Credit: Tayosun, Wikimedia)
Based on this essential knowledge, local electrical networks were expanded from a few streets to entire cities. From there it was only a matter of time before transmission lines turned many into few, with soon transmission networks spanning entire continents. Even so, the basic principles remain the same, and thus the methods available to manage a power grid.
Spinning generators provide the AC power, along with either the creation or absorption of reactive power on account of being inductors with their large wound coils, depending on their excitation level. Since transformers are passive devices, they will always absorb reactive power, while both overhead and underground transmission lines start off providing reactive power, overhead lines start absorbing reactive power if overloaded.
In order to keep reactive power in the grid to a healthy minimum, capacitive and inductive loads are switched in or out at locations like transmission lines and switchyards. The inductive loads often taken the form of shunt reactors – basically single winding transformers – and shunt capacitors, along with active devices like synchronous condensers that are effectively simplified synchronous generators. In locations like substations the use of tap changers enables fine-grained voltage control to ease the load on nearby transmission lines. Meanwhile the synchronous generators at thermal plants can be kept idle and online to provide significant reactive power absorption capacity when not used to actively generate power.
Regardless of the exact technologies employed, these traditional grids are characterized by significant amounts of reactive power creation and absorption capacity. As loads join or leave the grid every time that consumer devices are turned off and on, the grid manager (transmission system operator, or TSO) adjusts the state of these control methods. This keeps the grid frequency and voltage within their respective narrowly defined windows.
Variable Generators
Over the past few years, most newly added generating capacity has come in the form of weather-dependent variable generators that use grid-following converters. These devices take the DC power from generally PV solar and wind turbine farms and convert them into AC. They use a phase-locked loop (PLL) to synchronize with the grid frequency, to match this AC frequency and the current voltage.
Unfortunately, these devices do not have the ability to absorb or generate reactive power, and instead blindly follow the current grid frequency and voltage, even if said grid was going through reactive power-induced oscillations. Thus instead of damping these oscillations and any voltage swings, these converters serve to amplify these issues. During the 2025 Iberian Peninsula blackout, this was identified as one of the primary causes by the Spanish TSO.
Ultimately AC power grids depend on solid reactive power management, which is why the European group of TSOs (ENTSO-E) already recommended in 2020 that grid-following converters should get replaced with grid-forming converters. These feature the ability absorb and generate reactive power through the addition of features like energy storage and are overall significantly more useful and robust when it comes to AC grid management.
Although AC doesn’t rule the roost any more in transmission networks, with high-voltage DC now the more economical option for long distances, the overwhelming part of today’s power grids still use AC. This means that reactive power management will remain one of the most essential parts of keeping power grids stable and people happy, until the day comes when we will all be switching back to DC grids, year after the switch to AC was finally completed back in 2007.
Arriva LameHug: il malware che utilizza l’AI per rubare i dati sui sistemi Windows
La nuova famiglia di malware LameHug utilizza il Large Language Model (LLM) per generare comandi che vengono eseguiti sui sistemi Windows compromessi. Come riportato da Bleeping Computer, LameHug è scritto in Python e utilizza l’API Hugging Face per interagire con il Qwen 2.5-Coder-32B-Instruct LLM, che può generare comandi in base ai prompt forniti. Si noti che l’utilizzo dell’infrastruttura Hugging Face può contribuire a garantire la segretezza delle comunicazioni e che l’attacco rimarrà inosservato per un periodo di tempo più lungo.
Questo modello, creato da Alibaba Cloud, èopen source e progettato specificamente per la generazione di codice, il ragionamento e l’esecuzione di istruzioni di programmazione. Può convertire descrizioni in linguaggio naturale in codice eseguibile (in più linguaggi) o comandi shell. LameHug è stato scoperto il 10 luglio di quest’anno, quando dipendenti delle autorità esecutive ucraine hanno ricevuto email dannose inviate da account hackerati.
Le email contenevano un archivio ZIP con il loader di LameHug, camuffato dai file Attachment.pif, AI_generator_uncensored_Canvas_PRO_v0.9.exe e image.py. Nei sistemi infetti, LameHug aveva il compito di eseguire comandi per effettuare ricognizioni e rubare dati generati dinamicamente tramite richieste a LLM.
Prompt per la generazione di comandi
Le informazioni di sistema raccolte venivano salvate in un file di testo (info.txt) e il malware cercava ricorsivamente documenti in cartelle come Documenti, Desktop, Download, per poi trasmettere i dati raccolti ai suoi operatori tramite richieste SFTP o HTTP POST. La pubblicazione sottolinea che LameHug è il primo malware documentato che utilizza LLM per eseguire attività dannose.
Sempre più spesso vediamo una preoccupante integrazione tra malware e intelligenza artificiale, che rende le minacce informatiche più sofisticate, flessibili e difficili da individuare. L’uso dei Large Language Model come “motori” per generare in tempo reale comandi dannosi permette agli attaccanti di adattarsi rapidamente, di diversificare le tecniche di attacco e di ridurre la rilevabilità da parte dei sistemi di difesa tradizionali.
LameHug rappresenta un chiaro esempio di questa nuova generazione di minacce: malware che non solo automatizzano le attività dannose, ma sono anche in grado di “ragionare” e rispondere dinamicamente agli input, sfruttando la potenza degli LLM. Un fenomeno che segna l’inizio di una nuova fase nelle minacce informatiche, in cui l’AI non è solo uno strumento difensivo, ma diventa parte integrante e attiva dell’arsenale offensivo dei cyber criminali.
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Altbot
in reply to Adriano Bono • • •Un gruppo di persone si ritrova in un vicolo, con un muro di mattoni e un cartello che recita "VICOLO BELLONZI Sez. VIII" sullo sfondo. Alcuni indossano trucco da clown e costumi colorati, mentre altri sono vestiti in modo più casual. La scena è vivace e festosa, con molte espressioni di gioia e divertimento. Alcuni personaggi sono in posa, con gesti esagerati e sorrisi ampi, mentre altri sembrano interagire con la fotocamera. L'atmosfera è di allegria e spensieratezza, tipica di un evento festivo o di una celebrazione.
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L'immagine mostra un gruppo di persone in costume in una stretta strada di un paese europeo, probabilmente durante un festival o una manifestazione culturale. Al centro, un uomo in un costume da stiltista con una giacca a scacchi e una maglietta a righe si appoggia al muro, mentre un altro uomo in un costume da clown con un cappello rosso e un trucco bianco e rosso sorride. Un uomo in un costume da cowboy beige con un cappello e un bastone è seduto su una bicicletta, mentre un uomo in una maglietta a righe rosse e bianche con le cinghie si trova di fronte a lui. Alcuni partecipanti indossano costumi colorati e trucco, creando un'atmosfera festosa e vivace. La strada è stretta e le facciate degli edifici sono di un colore giallo con segni di usura.
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