"La direttiva dell'Unione europea 2014/24, valida in tutti i paesi membri, stabilisce che se i costi di un'opera pubblica aumentano di oltre il 50% rispetto al contratto iniziale, bisogna indire una nuova gara d'appalto aperta a tutte le imprese europee. Nel caso del Ponte, il contratto originale del 2006 prevedeva circa 4,6 miliardi di euro, mentre oggi la stima dei costi arriva a 13,5 miliardi, quasi tre volte tanto. Ciò significa che, secondo la normativa europea, il governo avrebbe dovuto avviare una nuova gara internazionale, invece di riattivare semplicemente il vecchio contratto con Eurolink, il consorzio incaricato della costruzione."
direi che l'obiezione della corte è sensibile e NON politica. il rispetto delle regole degli appalti è importante. come non pulirsi il culo dei regolamenti europei che ci siamo impegnati a rispettare.
in sostanza la corte ha bocciato l'opera solo perché è stata finanziata con i soliti metodi mafiosi all'italiana. e non è un nodo politico.
la corte dei conti, che fa un vaglio tecnico finanziario e non politico, ha solo dimostrato di essere un'istituzione più seria e rispettosa delle regole del governo.
Ponte sullo Stretto, perché la Corte dei conti ha bocciato il progetto e cosa succede ora
I magistrati contabili negano il visto alla delibera Cipess da 13,5 miliardi approvata ad agosto per il ponte sullo Stretto. Le motivazioni entro 30 giorniRiccardo Piccolo (Wired Italia)
L’ombra cinese non raffredda i conti di Apple
L'articolo proviene da #StartMag e viene ricondiviso sulla comunità Lemmy @Informatica (Italy e non Italy 😁)
Trimestre oltre le attese per il gigante tech di Cupertino, con fatturato e utili in aumento. Boom dei servizi, che compensa il calo vendite in Cina. Il ceo Cook startmag.it/innovazione/lombra…
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Bohemian Rhapsody, 50 anni dopo il capolavoro dei Queen rimane ancora un mistero
[quote]ROMA – Un brano iconico che ha fatto la storia della musica rock e ha segnato la carriera dei Queen. Bohemian Rhapsody compie cinquant’anni portandosi dietro il suo alone di…
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Dalla nona conferenza globale sulle finanze criminali e le criptovalute emerge la necessità di standard e cooperazione più forti
I partecipanti all'evento di Vienna – organizzato congiuntamente da #Europol, #UNODC e dall'Istituto di governance di Basilea (#BaselInstituteonGovernance) – hanno acquisito nuove informazioni sui modi in evoluzione in cui le #criptovalute e la tecnologia #blockchain vengono utilizzate dalla criminalità. La conferenza del 28 e 29 ottobre 2025 ha riunito più di 250 partecipanti presenti (e più di 1 000 online) provenienti da un'ampia gamma di settori, tra cui forze dell'ordine, pubblici ministeri, regolatori, ricercatori e importanti società di intelligence blockchain.
La crescente sofisticazione delle tattiche criminali comporta rischi, non solo per il settore delle criptovalute e per le vittime della truffa, ma per la società in generale. Questi rischi includono crimini gravi come il traffico di droga, il finanziamento del terrorismo e l’evasione delle sanzioni.
Le forze dell'ordine, i partner del settore privato e il mondo accademico stanno rapidamente facendo progredire la loro capacità di contrastare le minacce poste dai sofisticati crimini legati alle criptovalute e dal riciclaggio di denaro. Gli strumenti avanzati stanno riducendo la dipendenza dal tracciamento manuale, mentre una serie di operazioni transfrontaliere di successo mostrano il potere della collaborazione.
Anche la ricerca e dati affidabili sull’uso delle criptovalute per scopi criminali sono fondamentali affinché i governi possano valutare i rischi e rispondere in modo appropriato.
La natura senza confini delle blockchain significa che i proventi criminali possono attraversare il globo in pochi secondi, mentre la cooperazione formale tra le autorità può richiedere ancora giorni o settimane. Canali interagenzia più rapidi sono vitali, hanno affermato i partecipanti, nonché un più stretto coordinamento tra investigatori e pubblici ministeri.
I partenariati pubblico-privato sono stati fondamentali per interrompere le attività illecite sulla blockchain, ma devono essere migliorati e ridimensionati. Questo è stato un tema chiave del primo giorno, dedicato alla collaborazione intersettoriale.
Anche un evento collaterale guidato dal Gruppo Wolfsberg ha sottolineato l'importanza della cooperazione tra privati.
Le criptovalute sono ora una caratteristica comune delle indagini sulla criminalità finanziaria, ma molte agenzie non hanno ancora le competenze e le risorse per perseguire piste o recuperare beni. Lo sviluppo di team specializzati e il miglioramento delle competenze degli ufficiali e funzionari in prima linea sono essenziali.
Con l’espansione e l’evoluzione dell’uso delle criptovalute, la Conferenza globale congiunta rimane una piattaforma unica per il dialogo e la cooperazione pratica.
Sviluppando standard chiari, rafforzando la cooperazione e sviluppando capacità, si possono garantire collettivamente le innovazioni finanziarie affinchè siano sfruttate per il bene pubblico prevenendone al tempo stesso gli abusi da parte dei criminali.
Scopri di più sulla conferenza e trova i collegamenti a eventuali registrazioni sul Pagina dell'evento della 9a Conferenza globale sulle finanze penali e le criptovalute a questo link baselgovernance.org/9crc
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freezonemagazine.com/articoli/…
Questa autrice della Repubblica Ceca ci ha abituati a romanzi profondi ed emozionanti, tra i quali Il lago, Mona, L’isola e con L’uomo invisibile conferma una volta di più le sue eccezionali doti narrative e scrittorie. Come accade in altri romanzi della Bellová, il luogo in cui si svolge la vicenda non è reale, o […]
L'articolo Bianca Bellová – L’uomo invisibile proviene da FREE ZONE
freezonemagazine.com/news/linw…
In libreria dal 7 Novembre 2025 Un thriller soprannaturale alla Stephen King, un romanzo che fa per i trenini giocattolo ciò che Chucky ha fatto per le bambole. Annie Blunt, illustratrice di libri per bambini, ha vissuto un anno devastante: la morte improvvisa del marito e una controversia legata a una delle sue opere […]
L'articolo Linwood Barclay – Whistle. Trenini
Hai il browser con l'ai? hai hai hai!
@Privacy Pride
Il post completo di Christian Bernieri è sul suo blog: garantepiracy.it/blog/ai-brows…
I nuovi browser con AI integrata escono delle fottute pareti. Perché? Beh, non certo per il nostro bene... diciamo che non è manna dal cielo. Clicca qui per contribuire al mio lavoro L'argomento è divisivo e polarizzante: c'è chi li ama e chi li odia.
Privacy Pride reshared this.
Musica, cosa cela la pace tra Universal Music e Udio sull’IA
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Universal Music Group e la startup Udio chiudono la disputa legale sul copyright e annunciano per il 2026 una piattaforma musicale basata su intelligenza artificiale addestrata su brani concessi in licenza dagli
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Vulnerabilità in ChatGPT Atlas consente di manipolare la memoria dell’AI: come difendersi
@Informatica (Italy e non Italy 😁)
È stata scoperta una vulnerabilità nel browser agentico ChatGPT Atlas di OpenAI che, qualora venisse sfruttata, consentirebbe a un attaccante di iniettare istruzioni malevole nella memoria dell’IA ed eseguire codice remoto sul
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There’s Nothing Boring About Web Search on Retro Amigas
Do you have a classic Amiga computer? Do you want to search the web with iBrowse, but keep running into all that pesky modern HTML5 and HTTPS? In that case, [Nihirash] created BoringSearch.com just for you!
BoringSearch was explicitly inspired by [ActionRetro]’s FrogFind search portal, and works similarly in practice. From an end-user perspective, they’re quite similar: both serve as search engines and strip down the websites listed by the search to pure HTML so old browsers can handle it.Boring search in its natural habitat, iBrowse on Amiga.
The biggest difference we can see betwixt the two is that FrogFind will link to images while BoringSearch either loads them inline or strips them out entirely, depending on the browser you test with and how the page was formatted to begin with. (Ironically, modern Firefox doesn’t get images from BoringSearch’s page simplifier.) BoringSearch also gives you the option of searching with DuckDuckGo or Google via the SerpAPI, though note that poor [Nihirash] is paying out-of-pocket for google searches.
BoringSearch is explicitly aimed at the iBrowse browser for late-stage Amigas, but should work equally well with any modern browser. Apparently this project only exists because FrogFind went down for a week, and without the distraction of retrocomptuer websurfing, [Nihirash] was able to bash out his own version from scratch in Rust. If you want to self-host or see how they did it, [Nihirash] put the code on GitHub under a donationware license.
If you’re scratching your head why on earth people are still going on about Amiga in 2025, here’s one take on it.
Il Mossad, la supply chain truccata e i giudici intimiditi
Yossi Cohen, ex direttore del Mossad, ha detto pubblicamente due cose che di solito restano chiuse in una stanza senza registratori.
Primo: Israele avrebbe piazzato nel tempo una rete globale di sabotaggio e sorveglianza inserendo hardware manomesso in dispositivi commerciali usati dai suoi avversari. Parliamo di radio, pager, apparati di comunicazione “normali” che in realtà possono localizzare, ascoltare o esplodere. Questa infrastruttura, dice lui, è stata distribuita “in tutti i paesi che puoi immaginare”. Lo ha detto in un’intervista recente, rilanciata da testate come Middle East Monitor e da media israeliani che citano il podcast “The Brink”.
Secondo: lo stesso Cohen viene accusato di aver preso parte a una campagna di pressione e intimidazione contro magistrati e funzionari delle corti internazionali dell’Aia la Corte penale internazionale (ICC) e la Corte internazionale di giustizia (ICJ) per frenare indagini su possibili crimini di guerra israeliani. Queste accuse, pubblicate già nel 2024 dal Guardian insieme a +972 Magazine e Local Call, parlano di sorveglianza personale sui procuratori della Corte, raccolta di informazioni private e messaggi molto poco diplomatici, fino a minacce velate.
C’è poi un’altra voce pesante: Tamir Pardo, che è stato direttore del Mossad prima di Cohen, ha definito queste presunte tecniche “stile mafia”, quindi fuori da quello che lui considera accettabile per il servizio segreto israeliano.
Questo quadro, sabotaggio fisico attraverso la supply chain e pressione diretta sulla magistratura internazionale, non è folklore. È il modo in cui viene raccontata oggi, in pubblico, la sicurezza nazionale israeliana. E ci riguarda più di quanto ci piaccia ammettere.
 
1. Sabotaggio integrato nella filiera
Cohen descrive così la tecnica, che lui chiama “metodo del pager”: intercettare l’hardware che un avversario comprerà e userà, modificarlo prima della consegna, riconsegnarlo “come nuovo”, e tenerlo in campo come arma remota.
Secondo la sua versione, questo lavoro è iniziato tra il 2002 e il 2004, quando lui guidava le operazioni speciali del Mossad. Il sistema sarebbe stato usato contro Hezbollah nel 2006, e sarebbe poi diventato un modello operativo stabile. Oggi, dice Cohen, dispositivi manipolati in questo modo sono operativi “in tutti i paesi che puoi immaginare”.
Non stiamo parlando di un malware infilato in una rete aziendale. Qui il concetto è molto più diretto: prendo il tuo apparato di comunicazione, lo trasformo in un localizzatore, in un microfono e, se serve, in un detonatore.
Questa è supply chain interception applicata a strumenti fisici, non solo a software e firmware. È l’arma perfetta per conflitti asimmetrici: ti lascio usare la tua infrastruttura, ma quella infrastruttura in realtà è mia. Quando voglio, ti ascolto. Se serve, ti elimino.
Chi conosce la storia dei servizi occidentali non cade dalla sedia. Gli Stati Uniti (NSA/CIA) e il Regno Unito (GCHQ) sono stati accusati e documentati mentre intercettavano apparati di rete durante le spedizioni internazionali per inserirci componenti hardware clandestini o firmware manipolato, e poi lasciarli arrivare “intatti” al bersaglio. Questo è uscito negli Snowden leaks anni fa e non è mai stato seriamente smentito sul piano tecnico. L’unica differenza è che loro non lo raccontavano così apertamente davanti a un microfono.
Cohen sì. E questa è già un’operazione psicologica: farti sapere che potrebbe essere successo anche a te.
 
2. L’arma psicologica è parte della strategia
Annunciare al mondo “abbiamo disseminato hardware truccato ovunque” non serve solo a intimidire Hezbollah o Hamas. Serve a qualcos’altro, molto più sottile: introdurre paranoia diffusa nelle catene di approvvigionamento tecnologico di tutti gli altri.
Il messaggio indiretto verso l’Europa è questo: guardate i vostri apparati radio tattici, le vostre reti di campo, i vostri droni commerciali, i vostri sensori industriali. Quanti di questi device sono davvero “puliti”? Quanti possono essere stati aperti, modificati, richiusi e spediti?
Obiettivo: costringerti a dubitare del tuo stesso hardware, cioè a spendere soldi e capitale politico per ricontrollare tutto. È sabotaggio economico indiretto. E fa parte del gioco.
Questo è un concetto chiave del 2025: la guerra non è solo sparare. È costringere il nemico a spendere.
 
3. Il fronte giudiziario: pressione sui tribunali internazionali
Passiamo all’altro pezzo, che è quello più tossico dal punto di vista diplomatico.
Secondo l’inchiesta pubblicata dal Guardian Israele avrebbe condotto per anni una campagna sistematica per indebolire e intimidire la Corte penale internazionale (ICC) e, più in generale, per limitare l’azione delle corti internazionali dell’Aia sulle responsabilità israeliane nei conflitti.
La ricostruzione racconta questo: il Mossad avrebbe monitorato, spiato e fatto pressione sulla procuratrice dell’ICC Fatou Bensouda e, successivamente, su altri funzionari, per dissuaderli dall’andare avanti su possibili crimini di guerra israeliani nei Territori occupati. Parliamo di pedinamenti, profiling personale e familiare, raccolta di materiale potenzialmente ricattabile e messaggi recapitati direttamente, senza troppi giri di parole.
In queste ricostruzioni Cohen è indicato come l’uomo incaricato di “parlare” direttamente con la Corte. “Parlare” qui non è inteso come canale diplomatico. È inteso come far capire che certe indagini non devono andare avanti.
Tamir Pardo, suo predecessore al vertice del Mossad, ha commentato queste accuse in modo netto: roba “da Cosa Nostra”, inaccettabile per quello che secondo lui dovrebbe essere il perimetro operativo del servizio.
Tradotto senza filtri: se queste ricostruzioni sono corrette, Israele non si è limitato a fare pressione politica sugli organismi internazionali. Ha trattato la Corte come un bersaglio ostile da neutralizzare. È un salto di qualità. E lo hanno capito tutti.
 
4. Il quadro reale del 2025
Sommiamo le due cose:
- Sabotaggio fisico piazzato nella supply chain degli avversari (e, volendo, di chiunque), con capacità di intercettazione e distruzione selettiva.
- Pressione diretta su chi, nelle istituzioni giudiziarie internazionali, potrebbe qualificare quelle stesse operazioni come crimini di guerra.
Questo è il paradigma operativo che sta emergendo allo scoperto: intelligence tecnica + sabotaggio fisico + lawfare aggressivo. Tutto insieme. E dichiarato pubblicamente.
Non c’è più separazione tra campo di battaglia, cyberspazio, logistica industriale e tribunale dell’Aia. È la stessa storia, con gli stessi protagonisti.
 
5. Perché ci riguarda (sì, anche qui)
Quando Cohen dice “abbiamo piazzato dispositivi manipolati in tutti i paesi che puoi immaginare”, non sta dicendo “in Libano e basta”. Sta dicendo: ovunque. Quindi anche in Paesi europei. Anche in contesti NATO. Anche in filiere industriali e infrastrutturali dove passa tecnologia dual use, civile-militare.
Questo apre un punto critico per l’Europa: la sicurezza delle nostre infrastrutture tecnologiche non è più solo una questione di patch e antivirus. È una questione di controllo reale della filiera hardware. Parliamo di radio tattiche, droni commerciali, apparati di rete, sensori industriali, componenti OT/SCADA. Tutte cose che usiamo ogni giorno in energia, trasporti, telecomunicazioni, sanità.
Domanda secca: chi ci garantisce che quello che arriva in casa nostra non sia già stato toccato da qualcuno, da qualche parte, prima di arrivare qui?
Secondo punto. Se è vero e le inchieste lo raccontano con estrema dovizia di nomi e date — che un servizio di intelligence nazionale è disposto a mettere pressione personale sui magistrati internazionali, allora siamo fuori dalla normalità diplomatica. Siamo in un mondo dove la legalità internazionale diventa un altro fronte operativo. Chi ha più leve, detta il perimetro di ciò che è “accettabile”.
È il 2025. La sicurezza non è più discussione astratta. È potere materiale.
 
Conclusione
Cohen oggi si sta costruendo un profilo pubblico: l’uomo che ha protetto Israele usando tutti i mezzi. Sta normalizzando un messaggio molto chiaro: sabotaggio nella supply chain, sorveglianza permanente, azione chirurgica sul campo e pressione diretta su chi prova a qualificare tutto questo come “crimine di guerra”.
Tradotto: la guerra moderna non è più separata in “cyber”, “intelligence”, “diplomazia” e “diritto internazionale”. È un unico blocco operativo.
La vera notizia non è che Israele faccia queste cose. Chiunque abbia seguito gli ultimi vent’anni di operazioni clandestine sa benissimo che tutti i player di fascia alta lavorano così, dagli Stati Uniti alla Russia, passando per la Cina e l’Iran. La vera notizia è che ora lo si dice ad alta voce, davanti alle telecamere, con la stessa naturalezza con cui si presenta un prodotto.
Quando un ex capo del Mossad ti guarda e ti dice: abbiamo dispositivi modificati “in ogni paese che puoi immaginare”, il messaggio è uno solo.
Non è avviso. È avvertimento.
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Nvidia investe 1 miliardo di dollari in Nokia per lo sviluppo delle reti 6G con AI
Jen-Hsun Huang ha lanciato una bomba: Nvidia avrebbe investito 1 miliardo di dollari in Nokia. Sì, è proprio la Nokia che ha reso i telefoni Symbian così popolari 20 anni fa.
Nel suo discorso, Jensen Huang ha affermato che le reti di telecomunicazione stanno attraversando una profonda trasformazione, passando dalle architetture tradizionali ai sistemi nativi basati sull’intelligenza artificiale, e l’investimento di Nvidia accelererà questo processo.
Pertanto, Nvidia, attraverso il suo investimento, sta collaborando con Nokia per creare una piattaforma di intelligenza artificiale per le reti 6G, potenziando le reti RAN tradizionali con l’intelligenza artificiale.
La forma specifica dell’investimento è che Nvidia sottoscriverà circa 166 milioni di nuove azioni Nokia al prezzo di 6,01 dollari ad azione, il che darà a Nvidia una partecipazione di circa il 2,9% in Nokia.
Nel momento in cui è stata annunciata la partnership, il prezzo delle azioni Nokia è aumentato del 21%, registrando il guadagno maggiore dal 2013.
 
Che cos’è AI-RAN?
RAN sta per Radio Access Network, mentre AI-RAN è una nuova architettura di rete che integra direttamente le capacità di elaborazione basate sull’intelligenza artificiale nelle stazioni base wireless. I sistemi RAN tradizionali sono principalmente responsabili della trasmissione dei dati tra stazioni base e dispositivi mobili, mentre AI-RAN aggiunge funzionalità di edge computing e di elaborazione intelligente.
Ciò consente alle stazioni base di applicare algoritmi di intelligenza artificiale per ottimizzare l’utilizzo dello spettro e l’efficienza energetica, migliorare le prestazioni complessive della rete e sfruttare le risorse RAN inutilizzate per ospitare servizi di intelligenza artificiale edge, creando nuovi flussi di entrate per gli operatori.
Gli operatori possono eseguire applicazioni di intelligenza artificiale direttamente presso la stazione base, senza dover inviare tutti i dati al data center centrale per l’elaborazione, il che riduce notevolmente il carico di rete.
 
L’esempio di Huang
Huang ha fatto un esempio: quasi il 50% degli utenti di ChatGPT accede tramite dispositivi mobili. Inoltre, ChatGPT conta oltre 40 milioni di download mensili da dispositivi mobili. In un’epoca di crescita esponenziale delle applicazioni di intelligenza artificiale, i sistemi RAN tradizionali non sono in grado di gestire l’intelligenza artificiale generativa e le reti mobili basate su agenti.
AI-RAN, fornendo funzionalità di inferenza AI distribuite, consente risposte più rapide da parte delle future applicazioni di intelligenza artificiale, come agenti intelligenti e chatbot. Allo stesso tempo, AI-RAN prepara le applicazioni integrate di rilevamento e comunicazione nell’era del 6G.
Huang ha citato una previsione della società di analisi Omdia, secondo cui il mercato RAN crescerà fino a superare i 200 miliardi di dollari entro il 2030, con l’AI-RAN come segmento in più rapida crescita.
 
Una riprogettazione completa del 5G e 6G
In una dichiarazione congiunta, il presidente e CEO di Nokia Justin Hotard ha affermato che la partnership metterà i data center AI alla portata di tutti, consentendo una riprogettazione radicale dal 5G al 6G.
Ha menzionato specificamente che Nokia sta collaborando con tre diverse tipologie di aziende: Nvidia, Dell e T-Mobile. T-Mobile, uno dei primi partner, inizierà i test sul campo della tecnologia AI-RAN nel 2026, concentrandosi sulla verifica dei miglioramenti in termini di prestazioni ed efficienza.
Justin ha affermato che questi test forniranno dati preziosi per l’innovazione del 6G, aiutando gli operatori a costruire reti intelligenti che si adattino alle esigenze dell’intelligenza artificiale.
Basato su AI-RAN, NVIDIA ha rilasciato un nuovo prodotto chiamato Aerial RAN Computer Pro (ARC-Pro), una piattaforma di elaborazione accelerata predisposta per il 6G. La sua configurazione hardware principale include due tipi di GPU NVIDIA: Grace CPU e Blackwell GPU
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Parole condivise per esplorare il nostro patrimonio culturale
La Biblioteca nazionale centrale di Firenze e il Museo Galileo uniscono le forze in un progetto innovativo che unisce musei, archivi e biblioteche per viaggiare nel sapere in modo semplice e smart.
Vincitore del bando Digital MAB, promosso dalla Scuola nazionale del patrimonio e delle attività culturali, nell’ambito di Dicolab – Cultura al digitale, il progetto intende svolgere ricerche integrate tra patrimoni differenti (fotografie, stampe, manoscritti, oggetti). A partire dalla interoperabilità dei dati, l’obiettivo è la realizzazione di un modello di archivio iconografico di risorse di varia tipologia consultabile in modo trasversale con un’interfaccia di ricerca per l’accesso alla teca digitale del Museo Galileo tramite parole chiave controllate nel Thesaurus della Biblioteca nazionale centrale di Firenze per creare collegamenti con risorse di altre biblioteche, di archivi e di musei.
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Bug nel Task Manager di Windows 11: come risolverlo
Gli aggiornamenti di Windows 11 di Microsoft spesso contengono bug inspiegabili, in particolare patch per nuove funzionalità, come la KB5067036 rilasciata di recente. Sebbene KB5067036 sia un aggiornamento facoltativo, ha introdotto un menu Start completamente nuovo e aggiornamenti alla barra delle applicazioni e a Esplora file, rendendolo molto atteso.
Tuttavia, è stato riscontrato un bug nel Task Manager.
Il bug è che quando un utente chiude la finestra del Task Manager come di consueto, il programma non viene effettivamente chiuso e rimane in background.
Se il programma viene riaperto, verrà rigenerato. Nel test, sono stati generati un massimo di 100 processi in background.
 
Considerando che consuma anche memoria e risorse della CPU, questo bug può rallentare il sistema e persino causare il blocco dei computer.
Come risolvere questo bug?
Ci sono soluzioni sul forum di Reddit, dove è stato segnalato il problema. Una soluzione è utilizzare la funzione “Termina processo” in Task Manager per terminare i processi in esecuzione in background. Basta terminare ogni processo in background.
Se hai più finestre aperte, i passaggi precedenti potrebbero risultare un po’ macchinosi. In tal caso, puoi provare la riga di comando: apri CMD e digita il seguente comando:
taskkill /im taskmgr.exe /f
Questo comando può terminare contemporaneamente tutti i programmi in background in Task Manager, portando pace e tranquillità nel mondo.
Naturalmente, la soluzione definitiva dipende ancora da Microsoft. Questa patch è ancora un’anteprima e la versione finale verrà rilasciata entro due settimane. Microsoft dovrebbe avere il tempo di risolvere il problema. Non preoccuparti se non hai ancora effettuato l’aggiornamento: potrebbero esserci altri bug non ancora scoperti. Non c’è fretta di provare il nuovo menu Start.
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Linux e il gaming: un connubio sempre più affidabile
Secondo Boiling Steam, il numero di giochi Windows che funzionano in modo affidabile su Linux è il più alto mai registrato. L’analisi si basa sulle statistiche di ProtonDB, che raccoglie i report degli utenti sui lanci di giochi tramite Proton e WINE.
I ricercatori sottolineano che i giochi sono divisi in cinque categorie: Platino – funziona perfettamente appena tolto dalla scatola; Oro – richiede impostazioni minime; Argento – giocabile ma con problemi; Bronzo – intermedio; Borked – non funziona affatto.
Queste valutazioni sono solo parzialmente paragonabili al sistema Steam Deck Verified, che tiene conto delle prestazioni di un dispositivo specifico.
 
Il grafico pubblicato nell’articolo mostra un costante aumento del numero di giochi nelle categorie Platino e Oro. Attualmente, circa il 90% dei giochi Windows funziona correttamente su Linux e la percentuale di giochi “non funzionanti” è scesa a un minimo storico di circa il 10%. 
Questi miglioramenti sono attribuibili al continuo lavoro degli sviluppatori di Proton e WINE, nonché alle iniziative di Valve, che collabora sempre più con gli editori prima dell’uscita dei giochi per garantire la compatibilità con Steam Deck .
Alcuni titoli, come il MOBA March of Giants, continuano a rifiutarsi di essere lanciati, spesso a causa di ban diretti da parte degli sviluppatori, come confermano i report di ProtonDB. Tuttavia, stanno diventando sempre più comuni i casi in cui giochi come Blade e Soul NEO passano da non funzionanti a parzialmente compatibili.
Esistono ancora progetti che richiedono la manipolazione manuale delle librerie DLL, come la visual novel Sickly Days and Summer Traces, che può essere avviata solo dopo aver installato protontricks. Su un altro fronte, il progresso è ostacolato dall’uso di software anti-cheat che non supporta Linux, un problema che, secondo Boiling Steam, può essere superato solo con l’adozione diffusa di dispositivi Linux.
La crescente compatibilità rende Linux e SteamOS sempre più interessanti per i produttori di sistemi di gioco: oggi possiamo dire che offrono un supporto completo all’80% per i giochi più popolari. Inoltre, su hardware con processori AMD, Linux dimostra spesso prestazioni migliori di Windows.
Anche il supporto HDR sui sistemi desktop sta migliorando, e la qualità complessiva del rendering e la stabilità dei driver stanno avvicinando Linux al livello delle piattaforme di gioco.
Gli autori di Boiling Steam concludono: cinque anni fa, pochi credevano nel gaming su Linux, ma ora il suo successo sta diventando impossibile da ignorare.
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Microsoft Exchange nel mirino: la guida del CISA per sopravvivere agli attacchi!
Una risposta rapida alle minacce in aumento contro l’infrastruttura di posta elettronica è stata fornita dalla Cybersecurity and Infrastructure Security Agency (CISA), in collaborazione con la National Security Agency (NSA), l’Australian Cyber Security Centre (ACSC) e il Canadian Centre for Cyber Security.
Il documento, intitolato “Microsoft Exchange Server Security Best Practices“, sottolinea le misure di rafforzamento proattive in caso di attacchi persistenti a questi sistemi critici, che gestiscono comunicazioni aziendali sensibili.
È fondamentale dare priorità a una manutenzione scrupolosa degli aggiornamenti di sicurezza e delle patch per adottare un approccio che metta al centro la prevenzione, come evidenziato nella guida che enfatizza l’importanza di tale strategia.
Poche settimane dopo la sospensione del supporto da parte di Microsoft per le versioni obsolete di Exchange, prevista per il 14 ottobre 2025, è stato messo a punto questo documento con l’intento di ridurre i rischi che gravano sugli ambienti che non sono stati aggiornati.
Gli amministratori sono invitati a installare le patch di sicurezza e gli hotfix su base mensile nonché gli aggiornamenti cumulativi (CU) con cadenza biennale al fine di arginare la rapida creazione di exploit da parte dei responsabili delle minacce.
Questo perché, come hanno mostrato recenti exploit zero-day, risulta fondamentale che le organizzazioni operanti in settori critici, implementino tali misure per prevenire violazioni di sicurezza.
Si consigliano strumenti come Exchange Health Checker e SetupAssist di Microsoft per verificare la disponibilità e facilitare gli aggiornamenti, riducendo l’esposizione alle vulnerabilità nel tempo.
Per i server a fine vita (EOL), è fondamentale la migrazione immediata a Exchange Server Subscription Edition (SE), l’unica versione locale supportata, con isolamento temporaneo da Internet consigliato se gli aggiornamenti completi vengono ritardati.
È fondamentale anche garantire che il servizio Exchange Emergency Mitigation (EM) rimanga abilitato, poiché implementa protezioni automatiche come le regole di riscrittura degli URL contro le richieste HTTP dannose. Occorre inoltre pianificare la migrazione dai protocolli NTLM obsoleti a quelli Kerberos e SMB, nonché verificare l’utilizzo legacy e prepararsi all’eliminazione graduale di NTLM.
Oltre all’applicazione di patch, le linee guida promuovono l’applicazione di linee guida di sicurezza consolidate da provider come DISA, CIS e Microsoft per standardizzare le configurazioni su Exchange, Windows e client di posta.
Gli strumenti Endpoint Detection and Response (EDR) sono evidenziati per una protezione avanzata contro le minacce, mentre le funzionalità anti-spam e anti-malwaredi Exchange devono essere attivate per filtrare le email dannose.
Per migliorare l’autenticazione della posta elettronica, le organizzazioni devono implementare manualmente gli standard DMARC, SPF e DKIM, potenzialmente tramite componenti aggiuntivi o gateway di terze parti.
L’implementazione di un’autenticazione avanzata con sistema a più fattori (MFA) tramite Active Directory Federation Services, combinata con la firma basata su certificato, sostituisce la precedente autenticazione di base vulnerabile, garantendo così la protezione della serializzazione di PowerShell.
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Arrestati i creatori del malware Medusa dai funzionari del Ministero degli interni Russo
Il gruppo di programmatori russi dietro il malware Medusa è stato arrestato da funzionari del Ministero degli Interni russo, con il supporto della polizia della regione di Astrakhan.
Secondo gli investigatori, tre giovani specialisti IT erano coinvolti nello sviluppo, nella distribuzione e nell’implementazione di virus progettati per rubare dati digitali e violare i sistemi di sicurezza. Lo ha riferito Irina Volk sul canale Telegram, che ha allegato un video degli arresti.
 
Gli investigatori hanno stabilito che le attività del gruppo sono iniziate circa due anni fa . All’epoca, i sospettati avevano creato e pubblicato sui forum degli hacker un programma chiamato Medusa, in grado di rubare account utente, wallet di criptovalute e altre informazioni riservate. Il virus si è diffuso rapidamente attraverso comunità chiuse, dove è stato utilizzato per attaccare reti private e aziendali.
Uno degli incidenti registrati è stato un attacco informatico nel maggio 2025 a un’agenzia governativa nella regione di Astrakhan. Utilizzando software proprietario, gli aggressori hanno ottenuto l’accesso non autorizzato a dati ufficiali e li hanno trasferiti su server sotto il loro controllo. È stato avviato un procedimento penale ai sensi della Parte 2 dell’Articolo 273 del Codice Penale russo, che prevede la responsabilità per la creazione e la distribuzione di malware.
Gli investigatori del Dipartimento per la criminalità informatica del Ministero degli Interni russo, con il supporto della Guardia Nazionale russa, hanno arrestato i sospettati nella regione di Mosca. Durante le perquisizioni, sono stati sequestrati computer, dispositivi mobili, carte di credito e altri oggetti, confermando il loro coinvolgimento in reati contro la sicurezza informatica.
L’indagine ha rivelato che gli sviluppatori di Medusa avevano creato anche un altro strumento dannoso. Questo software era progettato per aggirare le soluzioni antivirus, disattivare i meccanismi di difesa e creare botnet , ovvero reti di computer infetti utilizzate per lanciare attacchi informatici su larga scala.
Sono state imposte misure di custodia cautelare a tutti e tre gli indagati. Le indagini proseguono per individuare possibili complici e ulteriori casi di attività illecita.
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HikvisionExploiter: il tool open source per gli attacchi alle telecamere IP
Un nuovo strumento open source, noto come HikvisionExploiter, è stato aggiornato recentemente. Questo strumento è stato concepito per automatizzare gli attacchi informatici contro le telecamere IP Hikvision che presentano vulnerabilità.
Creati per agevolare le operazioni di penetration test, questo strumento evidenzia come i dispositivi non protetti possano essere facilmente violati, favorendo così l’intercettazione della sorveglianza o il furto di informazioni d’accesso.
La scansione multithread di migliaia di obiettivi specificati in un file targets.txt di semplice lettura è supportata dal toolkit, che registra i risultati in directory contraddistinte da timestamp e codici colore per facilitarne l’analisi.
Avvia una serie di test automatizzati, cominciando con la verifica dell’accesso non autenticato per ottenere informazioni in tempo reale. Successivamente, attraverso metodi AES e XOR, decrittografa e recupera i file di configurazione, estraendo dalle XML outputs informazioni sensibili quali nomi utente, livelli di autorizzazione e ulteriori dati.
La sua pubblicazione su GitHub risale alla metà del 2024, ma è stato aggiornato a seguito della recente ondata di exploit che ha colpito le telecamere nel 2025. Lo strumento, basato su Python, si concentra sugli endpoint non autenticati presenti nelle telecamere che utilizzano firmware obsoleti.
Per una completa attività di testing delle difese di rete, sono incluse funzionalità avanzate che consentono l’esecuzione remota di comandi sfruttando specifiche vulnerabilità, grazie a tecniche di iniezione di comandi, unitamente ad una shell interattiva che permette un’analisi più dettagliata. Per il suo utilizzo è necessaria l’installazione di Python 3.6 o superiore, nonché di librerie esterne quali requests e pycrypto; inoltre, per la funzionalità di compilazione di snapshot in video, è richiesto FFmpeg.
Il cuore del toolkit è CVE-2021-36260, una falla critica nell’iniezione di comandi nel server web di Hikvision che consente ad aggressori non autenticati di eseguire comandi arbitrari del sistema operativo. Il bug è stato scoperto nel 2021. La vulnerabilità deriva da una convalida inadeguata degli input in endpoint come /SDK/webLanguage, consentendo l’esecuzione di codice remoto con privilegi elevati.
Riguarda numerosi modelli di telecamere Hikvision, in particolare nelle serie DS-2CD e DS-2DF, che utilizzano versioni del firmware precedenti alle patch del fornitore. Questa falla è stata sfruttata attivamente dal 2021 e la CISA l’ha aggiunta al suo catalogo KEV delle vulnerabilità note sfruttate a causa di attacchi nel mondo reale.
Nel 2025, i ricercatori hanno notato nuove tecniche di abuso, come l’utilizzo del comando “mount” per installare malware sui dispositivi compromessi. Con migliaia di telecamere Hikvision ancora esposte online, gli aggressori possono rubare istantanee, dati degli utenti o ricorrere a violazioni della rete, alimentando operazioni ransomware o DDoS.
L'articolo HikvisionExploiter: il tool open source per gli attacchi alle telecamere IP proviene da Red Hot Cyber.
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Hacking Together an Expensive-Sounding Microphone At Home
When it comes to microphones, [Roan] has expensive tastes. He fancies the famous Telefunken U-47, but doesn’t quite have the five-figure budget to afford a real one. Thus, he set about getting as close as he possibly could with a build of his own.
[Roan] was inspired by [Jim Lill], who is notable for demonstrating that the capsule used in a mic has probably the greatest effect on its sound overall compared to trivialities like the housing or the grille. Thus, [Roan’s] build is based around a 3U Audio M7 capsule. It’s a large diaphragm condenser capsule that is well regarded for its beautiful sound, and can be had for just a few hundred dollars. [Roan] then purchased a big metal lookalike mic housing that would hold the capsule and all the necessary electronics to make it work. The electronics itself would be harvested from an old ADK microphone, with some challenges faced due to its sturdy construction. When the tube-based amplifier circuit was zip-tied into its new housing along with the fancy mic capsule, everything worked! Things worked even better when [Roan] realized an error in wiring and got the backplate voltage going where it was supposed to go. Some further tweaks to the tube and capacitors further helped dial in the sound.
If you’ve got an old mic you can scrap for parts and a new capsule you’re dying to use, you might pursue a build like [Roan’s]. Or, you could go wilder and try building your own ribbon mic with a gum wrapper. Video after the break.
youtube.com/embed/hFXfJk1FC9E?…
[Thanks to Keith Olson for the tip!]
PhantomRaven Attack Exploits NPM’s Unchecked HTTP URL Dependency Feature
An example of RDD in a package’s dependencies list. It’s not even counted as a ‘real’ dependency. (Credit: Koi.ai)
Having another security threat emanating from Node.js’ Node Package Manager (NPM) feels like a weekly event at this point, but this newly discovered one is among the more refined. It exploits not only the remote dynamic dependencies (RDD) ‘feature’ in NPM, but also uses the increased occurrence of LLM-generated non-existent package names to its advantage. Called ‘slopsquatting’, it’s only the first step in this attack that the researchers over at [Koi] stumbled over by accident.
Calling it the PhantomRaven attack for that cool vibe, they found that it had started in August of 2025, with some malicious packages detected and removed by NPM, but eighty subsequent packages evaded detection. A property of these packages is that in their dependencies list they use RDD to download malicious code from a HTTP URL. It was this traffic to the same HTTP domain that tipped off the researchers.
For some incomprehensible reason, allowing these HTTP URLs as package dependency is an integral part of the RDD feature. Since the malicious URL is not found in the code itself, it will slip by security scanners, nor is the download cached, giving the attackers significantly more control. This fake dependency is run automatically, without user interaction or notification that it has now begun to scan the filesystem for credentials and anything else of use.
The names of the fake packages were also chosen specifically to match incomplete package names that an LLM might spit out, such as unused-import instead of the full package name of eslint-plugin-unused-imports as example. This serves to highlight why you should not only strictly validate direct dependencies, but also their dependencies. As for why RDD is even a thing, this is something that NPM will hopefully explain soon.
Top image: North American Common Raven (Corvus corax principalis) in flight at Muir Beach in Northern California (Credit: Copetersen, Wikimedia)
100-Year Old Wagon Wheel Becomes Dynamometer
If you want to dyno test your tuner car, you can probably find a couple of good facilities in any nearby major city. If you want to do similar testing at a smaller scale, though, you might find it’s easier to build your own rig, like [Lou] did.
[Lou’s] dynamometer is every bit a DIY project, relying on a 100-year-old wagon wheel as the flywheel installed in a simple frame cobbled together from 6×6 timber beams. As you might imagine, a rusty old wagon wheel probably wouldn’t be in great condition, and that was entirely true here. [Lou] put in the work to balance it up with some added weights, before measuring its inertia with a simple falling weight test. The wheel is driven via a chain with a 7:1 gear reduction to avoid spinning it too quickly. Logging the data is a unit from BlackBoxDyno, which uses hall effect sensors to measure engine RPM and flywheel RPM. With this data and a simple calibration, it’s possible to calculate the torque and horsepower of a small engine hooked up to the flywheel.
Few of us are bench testing our lawnmowers for the ultimate performance, but if you are, a build like this could really come in handy. We’ve seen other dyno builds before, too. Video after the break.
youtube.com/embed/61-e-HK6HdU?…
Half-good new Danish Chat Control proposal
Denmark, currently presiding over the EU Council, proposes a major change to the much-criticised EU chat control proposal to search all private chats for suspicious content, even at the cost of destroying secure end-to-end encryption: Instead of mandating the general monitoring of private chats (“detection orders”), the searches would remain voluntary for providers to implement or not, as is the status quo. The presidency circulated a discussion paper with EU country representatives today, aiming to gather countries’ views on the updated (softened) proposal. The previous Chat Control proposal had even lost the support of Denmark’s own government.
“The new approach is a triumph for the digital freedom movement and a major leap forward when it comes to saving our fundamental right to confidentiality of our digital correspondence”, comments Patrick Breyer (Pirate Party), a former Member of the European Parliament and digital freedom fighter. “It would protect secure encryption and thus keep our smartphones safe. However, three fundamental problems remain unsolved:
1) Mass surveillance: Even where voluntarily implemented by communications service providers such as currently Meta, Microsoft or Google, chat control is still totally untargeted and results in indiscriminate mass surveillance of all private messages on these services. According to the EU Commission, about 75% of the millions of private chats, photos and videos leaked every year by the industry’s unreliable chat control algorithms are not criminally relevant and place our intimate communication in unsafe hands where it doesn’t belong. A former judge of the European Court of Justice, Ninon Colneric (p. 34-35), and the European Data Protection Supervisor (par. 11) have warned that this indiscriminate monitoring violates fundamental rights even when implemented at providers’ discretion, and a lawsuit against the practice is already pending in Germany.
The European Parliament proposes a different approach: allowing for court orders mandating the targeted scanning of communications, limited to persons or groups connected to child sexual abuse. The Danish proposal lacks this targeting of suspects.
2) Digital house arrest: According to Article 6, users under 16 would no longer be able to install commonplace apps from app stores to “protect them from grooming”, including messenger apps such as WhatsApp, Snapchat, Telegram or Twitter, social media apps such as Instagram, TikTok or Facebook, games such as FIFA, Minecraft, GTA, Call of Duty, and Roblox, dating apps, video conferencing apps such as Zoom, Skype, and FaceTime. This minimum age would be easy to circumvent and would disempower as well as isolate teens instead of making them stronger.
3) Anonymous communications ban: According to Article 4 (3), users would no longer be able to set up anonymous e-mail or messenger accounts or chat anonymously as they would need to present an ID or their face, making them identifiable and risking data leaks. This would inhibit, for instance, sensitive chats related to sexuality, anonymous media communications with sources (e.g. whistleblowers), and political activity.
All things considered, the new Danish proposal represents major progress in terms of keeping us safe online, but it requires substantially more work. However, the proposal likely already goes too far already for the hardliner majority of EU governments and the EU Commission, whose positions are so extreme that they will rather let down victims altogether than accept a proportionate, court-proof and politically viable approach.”
The Time Of Year For Things That Go Bump In The Night
Each year around the end of October we feature plenty of Halloween-related projects, usually involving plastic skeletons and LED lights, or other fun tech for decorations to amuse kids. It’s a highly commercialised festival of pretend horrors which our society is content to wallow in, but beyond the plastic ghosts and skeletons there’s both a history and a subculture of the supernatural and the paranormal which has its own technological quirks. We’re strictly in the realm of the science here at Hackaday so we’re not going to take you ghost hunting, but there’s still an interesting journey to be made through it all.
Today: Fun For Kids. Back Then: Serious Business
English churches abound with marble-carved symbols of death.
Halloween as we know it has its roots in All Hallows Eve, or the day before the remembrance festivals of All Saint’s Day and All Soul’s Day in European Christianity. Though it has adopted a Christian dressing, its many trappings are thought to have their origin in pagan traditions such as for those of us where this is being written, the Gaelic Samhain (pronounced something like “sow-ain”). The boundary between living and dead was thought to be particularly porous at this time of year, hence all the ghosts and other trappings of the season you’ll see today.
Growing up in a small English village as I did, is to be surrounded by the remnants of ancient belief. They survive from an earlier time hundreds of years ago when they were seen as very real indeed, as playground rhymes at the village school or hushed superstitions such as that it would be bad luck to walk around the churchyard in an anticlockwise manner.
As a small child they formed part of the thrills and mild terrors of discovering the world around me, but of course decades later when it was my job to mow the grass and trim the overhanging branches in the same churchyard it mattered little which direction I piloted the Billy Goat. I was definitely surrounded by the mortal remains of a millennium’s worth of my neighbours, but I never had any feeling that they were anything but at peace.
Some Unexplained Phenomena Are Just That
A previously unexplained phenomenon in the appropriately named Death Valley. Jon Sullivan, Public domain.
So as you might expect, nothing has persuaded me to believe in ghosts. I can and have walked through an ancient churchyard at night as I grew up next to it, and never had so much as a creepy feeling.  I do however believe in unexplained phenomena, but before you throw a book at your computer I mean it in the exact terms given: observable phenomena we know occur, but can’t immediately explain.
To illustrate, a good example of a believable unexplained phenomenon was those moving rocks in an American desert; they moved but nobody could explain how they did it. It’s now thought to be due to the formation of ice underneath them in certain meteorological circumstances, so that’s one that’s no longer unexplained.
As another slightly less cut-and-dried example there are enough credible reports of marsh lights to believe that they could exist, but the best explanation we have, of  spontaneous combustion of high concentrations of organic decomposition products, remains for now a theory. I hope one day a scientist researching fenland ecosystems captures one on their instruments by chance, and we can at last confirm or deny it.The ghost hunting kit of 1920s paranormal investigator Harry Price. Harry Price, Public domain.
The trouble is with unexplained phenomena, that there are folks who would prefer to explain them in their own way because that’s what they want to believe. “I want to believe” is the slogan from the X Files TV show for exactly that reason.
People who want a marsh light or the sounds made by an old house as it settles under thermal contraction at night to be made by a ghost, are going to look for ghosts, and will clutch at anything which helps them “prove” their theories. In this they have naturally enlisted the help of technology, and thus there are all manner of gizmos taken into cemeteries or decaying mansions in the service of the paranormal. And of course in this we have the chance for some fun searching the web for electronic devices.
All The Fun Of Scam Devices
In researching this it’s been fascinating to see a progression of paranormal detection equipment over the decades, following the technological trends of the day. From early 20th century kits that resembled those used by detectives, to remote film cameras like the underwater Kodak Instamatic from a 1970s Nessie hunt we featured earlier this year, to modern multispectral imaging devices, with so much equipment thrown at the problem you’d expect at least one of them to have found something!I coulda found GHOSTS with this thing, had I only thought of it!
I’ve found that these instruments can be broadly divided into two camps: “normal” devices pressed into ghost-hunting service such as thermal cameras or audio recorders, and “special” instruments produced for the purpose. The results from either source may be digitally processed to “reveal” information, much in the manner of the famous “dead salmon paper“, which used an MRI of a dead fish to make a sarcastic comment about some research methodologies.
I’ve even discovered that I may have inadvertently reviewed one a few years ago, a super-cheap electric field meter touted as helping prevent some medical conditions, which I found to be mostly useful for detecting cables in my walls. Surprisingly I found it to be well engineered and in principle doing what it was supposed to for such an instrument, but completely uncalibrated and fitted with an alarm that denounced the mildest of fields as lethal. At least it was a lot cheaper than an e-meter.
Tomorrow night, there will be those who put on vampire costumes to be shepherded around their neighbourhoods in search of candy, and somewhere in the quiet country churchyard of an Oxfordshire village, something will stir. Is it a spectre, taking advantage of their yearly opportunity for a sojourn in the land of the living? No, it’s a solitary fox, hoping to find some prey under the moonlight in the undergrowth dividing the churchyard from a neighbouring field.
Wherever you are, may your Halloween be a quiet and only moderately scary one.
Header: Godstone, Surrey: Gravestone with skull and bones by Dr Neil Clifton, CC BY-SA 2.0.
In a series of experiments, chimpanzees revised their beliefs based on new evidence, shedding light on the evolutionary origins of rational thought.#TheAbstract
The leaked slide focuses on Google Pixel phones and mentions those running the security-focused GrapheneOS operating system.#cellebrite #Hacking #News
Breaking News Channel reshared this.
Sudan: il satellite racconta ciò che il mondo ignora
Le immagini pubblicate dalla Yale University documentano massacri di massa nella città sudanese di El-Fasher, conquistata dalle Forze di Supporto Rapido (RSF) domenica scorsa al termine di un assedio durato oltre 18 mesi. Pozze di sangue e cumuli di corpi testimoniano l’avvio di un processo sistematico e intenzionale di pulizia etnica delle comunità non arabe.
“Le azioni delle RSF documentate in questo rapporto potrebbero configurare crimini di guerra e crimini contro l’umanità e potrebbero raggiungere il livello di genocidio”, si legge.
Quella che sconvolge il Sudan dall’aprile 2023 non è però una guerra dimenticata. È diventata la più grave catastrofe umanitaria mondiale, con oltre 30 milioni di persone bisognose di assistenza e civili trasformati in bersagli di una violenza indiscriminata.
Oggi si assiste a una nuova escalation genocidiaria. Le condizioni che rendono possibili tragedie come l’eccidio di El-Fasher non sorgono dunque per caso. Sono il risultato del ridimensionamento incessante della diplomazia e della cooperazione internazionale, del cinismo di fronte a gravi violazioni dei diritti umani e del diritto umanitario, e della costante anteposizione del profitto dei mercanti di armi alla costruzione della pace. Da chi, insomma, si trincera dietro il principio per cui il diritto internazionale valga fino ad un certo punto.
Invece, la sicurezza e la pace si costruiscono guardando nella direzione opposta, quella dei diritti fondamentali. Prima di tutto.
L'articolo Sudan: il satellite racconta ciò che il mondo ignora proviene da Possibile.
Su #Sicurnauti è online la sezione sulle minacce digitali più avanzate, dedicata a #studenti e #genitori. Scopri i contenuti su #Unica.
Qui il video ➡ youtube.com/watch?v=9GLq2EyFyx…
Qui l’infografica ➡ unica.istruzione.gov.
Ministero dell'Istruzione
Su #Sicurnauti è online la sezione sulle minacce digitali più avanzate, dedicata a #studenti e #genitori. Scopri i contenuti su #Unica. Qui il video ➡ https://www.youtube.com/watch?v=9GLq2EyFyxM Qui l’infografica ➡ https://unica.istruzione.gov.Telegram
Comitato Genitori Liceo Augusto reshared this.
Iconic Xbox Prototype Brought to Life
When Microsoft decided they wanted to get into the game console market, they were faced with a problem. Everyone knew them as a company that developed computer software, and there was a concern that consumers wouldn’t understand that their new Xbox console was a separate product from their software division. To make sure they got the message though, Microsoft decided to show off a prototype that nobody could mistake for a desktop computer.
The giant gleaming X that shared the stage with Bill Gates and Seamus Blackley at the 2000 Game Developers Conference became the stuff of legend. We now know the machine wasn’t actually a working Xbox, but at the time, it generated enormous buzz. But could it have been a functional console? That’s what [Tito] of Macho Nacho Productions wanted to find out — and the results are nothing short of spectacular.
The key to this project is the enclosure itself, but this is no simple project box we’re talking about here. Milled from a solid block of aluminum, the original prototype’s shell reportedly cost Microsoft $18,000 to have produced, which would be around $36,000 when adjusted for inflation. Luckily, the state of the art has moved forward a bit in the intervening two decades. So after working with [Wesk] to create a 3D model from reference images (including some that [Tito] took himself of one of the surviving prototypes on display in New York), the design was sent away to PCBWay for production. It still cost the better part of $6 K to be produced, but that’s a hell of a savings compared to the original. Though [Tito] still had to polish the aluminum himself to recreate the original’s mirror-like shine.
To say the rest of the project was “easy” would be something of an understatement, but it was at least more familiar territory. Unlike the original prototype, this machine would actually play Xbox games, to [Tito] focused on cramming the original era-appropriate hardware (plus a few modern homebrew tweaks, such as HDMI-out) into the hollow X using a clever system of integrated rails and 3D printed mounts.
Some of the original parts, like the power supply, were simply too large to use. That’s where [Redherring32] came in. He designed a custom USB-C power supply that could satisfy the original console’s energy needs in a much smaller footprint. There’s also a modern SSD in place of the 8 GB of spinning rust that the console shipped with back in 2001. But overall, it’s still real Xbox hardware — no emulation or other funny tricks here.
At this point, the team had already exceeded what Microsoft pulled off in 2000, but they weren’t done yet. Wanting to really set this project apart, [Tito] decided to replace the center jewel with something a bit more modern. The original was little more than a backlit piece of plastic, but on this build it’s a circular LCD driven by a Raspberry Pi Pico, capable of showing a number of custom full-motion animations thanks to the efforts of [StuckPixel].
The end result of this team effort is a machine that’s not only better looking than Microsoft’s original, but also more functional. It’s a project that’s destined for a more than just sitting on a shelf collecting dust, so we’re happy to hear that [Tito] plans on taking it on a tour of different gaming events to give the public a chance to see it in person. He’s even had a custom crate made so he can transport it around in style and safety.
youtube.com/embed/0OMP8JvGWNY?…
Build Your Own Force-Feedback Joystick
Force feedback joysticks are prized for creating a more realistic experience when used with software like flight sims. Sadly, you can’t say the same thing about using them with mech games, because mechs aren’t real. In any case, [zeroshot] whipped up their own stick from scratch for that added dose of realistic feedback in-game.
[zeroshot] designed a simple gimbal to allow the stick to move in two axes, relying primarily on 3D-printed components combined with a smattering of off-the-shelf bearings. For force feedback, an Arduino Micro uses via TMC2208 stepper drivers to control a pair of stepper motors, which can apply force to the stick in each axis via belt-driven pulleys. Meanwhile, the joystick’s position on each axis is tracked via magnetic encoders. The Arduino feeds this data to an attached computer by acting as a USB HID device.
We’ve seen some other great advanced joystick projects over years, too. Never underestimate how much a little haptic feedback can add to immersion.
youtube.com/embed/YdNP5jIJ0dU?…
Why You Shouldn’t Trade Walter Cronkite for an LLM
Has anyone noticed that news stories have gotten shorter and pithier over the past few decades, sometimes seeming like summaries of what you used to peruse? In spite of that, huge numbers of people are relying on large language model (LLM) “AI” tools to get their news in the form of summaries. According to a study by the BBC and European Broadcasting Union, 47% of people find news summaries helpful. Over a third of Britons say they trust LLM summaries, and they probably ought not to, according to the beeb and co.
It’s a problem we’ve discussed before: as OpenAI researchers themselves admit, hallucinations are unavoidable. This more recent BBC-led study took a microscope to LLM summaries in particular, to find out how often and how badly they were tainted by hallucination.
Not all of those errors were considered a big deal, but in 20% of cases (on average) there were “major issues”–though that’s more-or-less independent of which model was being used. If there’s good news here, it’s that those numbers are better than they were when the beeb last performed this exercise earlier in the year. The whole report is worth reading if you’re a toaster-lover interested in the state of the art. (Especially if you want to see if this human-produced summary works better than an LLM-derived one.) If you’re a luddite, by contrast, you can rest easy that your instincts not to trust clanks remains reasonable… for now.
Either way, for the moment, it might be best to restrict the LLM to game dialog, and leave the news to totally-trustworthy humans who never err.
Self-Driving Cars and the Fight Over the Necessity of Lidar
If you haven’t lived underneath a rock for the past decade or so, you will have seen a lot of arguing in the media by prominent figures and their respective fanbases about what the right sensor package is for autonomous vehicles, or ‘self-driving cars’ in popular parlance. As the task here is to effectively replicate what is achieved by the human Mark 1 eyeball and associated processing hardware in the evolutionary layers of patched-together wetware (‘human brain’), it might seem tempting to think that a bunch of modern RGB cameras and a zippy computer system could do the same vision task quite easily.
This is where reality throws a couple of curveballs. Although RGB cameras lack the evolutionary glitches like an inverted image sensor and a big dead spot where the optical nerve punches through said sensor layer, it turns out that the preprocessing performed in the retina, the processing in the visual cortex and analysis in the rest of the brain is really quite good at detecting objects, no doubt helped by millions of years of only those who managed to not get eaten by predators procreating in significant numbers.
Hence the solution of sticking something like a Lidar scanner on a car makes a lot of sense. Not only does this provide advanced details on one’s surroundings, but also isn’t bothered by rain and fog the way an RGB camera is. Having more and better quality information makes subsequent processing easier and more effective, or so it would seem.
Computer Vision Things
A Waymo Jaguar I-Pace car in San Francisco. (Credit: Dllu, Wikimedia)
Giving machines the ability to see and recognize objects has been a dream for many decades, and the subject of nearly an infinite number of science-fiction works. For us humans this ability is developed over the course of our development from a newborn with a still developing visual cortex, to a young adult who by then has hopefully learned how to identify objects in their environment, including details like which objects are edible and which are not.
As it turns out, just the first part of that challenge is pretty hard, with interpreting a scene as captured by a camera subject to many possible algorithms that seek to extract edges, infer connections based on various hints as well as the distance to said object and whether it’s moving or not. All just to answer the basic question of which objects exist in a scene, and what they are currently doing.
Approaches to object detection can be subdivided into conventional and neural network approaches, with methods employing convolutional neural networks (CNNs) being the most prevalent these days. These CNNs are typically trained with a dataset that is relevant to the objects that will be encountered, such as while navigating in traffic. This is what is used for autonomous cars today by companies like Waymo and Tesla, and is why they need to have both access to a large dataset of traffic videos to train with, as well as a large collection of employees who watch said videos in order to tag as many objects as possible. Once tagged and bundled, these videos then become CNN training data sets.
This raises the question of how accurate this approach is. With purely RGB camera images as input, the answer appears to be ‘sorta’. Although only considered to be a Class 2 autonomous system according to the SAE’s 0-5 rating system, Tesla vehicles with the Autopilot system installed failed to recognize hazards on multiple occasions, including the side of a white truck in 2016, a concrete barrier between a highway and an offramp in 2018, running a red light and rear-ending a fire truck in 2019.
This pattern continues year after year, with the Autopilot system failing to recognize hazards and engaging the brakes, including in so-called ‘Full-Self Driving’ (FSD) mode. In April of 2024, a motorcyclist was run over by a Tesla in FSD mode when the system failed to stop, but instead accelerated. This made it the second fatality involving FSD mode, with the mode now being called ‘FSD Supervised’.
Compared to the considerably less crash-prone Level 4 Waymo cars with their hard to miss sensor packages strapped to the car, one could conceivably make the case that perhaps just a couple of RGB cameras is not enough for reliable object detection, and that quite possibly blending of sensors is a more reliable method for object detection.
Which is not to say that Waymo cars are perfect, of course. In 2024 one Waymo car managed to hit a utility pole at low speeds during a pullover maneuver, when the car’s firmware incorrectly assessed its response to a situation where a ‘pole-like object’ was present, but without a hard edge between said pole and the road.
This gets us to the second issue with self-driving cars: taking the right decision when confronted with a new situation.
Acting On Perception
The Tesla Hardware 4 mainboard with its redundant custom SoCs. (Source: Autopilotreview.com)
Once you know what objects are in a scene, and merge this with the known state of the vehicle and, the next step for an autonomous vehicle is to decide what to do with this information. Although the tempting answer might be to also use ‘something with neural networks’ here, this has turned out to be a non-viable method. Back in 2018 Waymo created a recursive neural network (RNN) called ChauffeurNet which was trained on both real-life and synthetic driving data to have it effectively imitate human drivers.
The conclusion of this experiment was that while deep learning has a place here, you need to lean mostly on a solid body of rules that provides it with explicit reasoning that copes better with what is called the ‘long tail’ of possible situations, as you cannot put every conceivable situation in a data set.
This thus again turns out to be a place where human input and intelligence are required, as while an RNN or similar can be trained on an impressive data set, it will never be able to learn the reasons for why a decision was made in a training video, nor provide its own reasoning and make reasonable adaptations when faced with a new situation. This is where human experts have to define explicit rules, taking into account the known facts about the current surroundings and state of the vehicle.
Here is where having details like explicit distance information to an obstacle, its relative speed and dimensions, as well as room to divert to prevent a crash are not just nice to have. Adding sensors like radar and Lidar can provide solid data that an RGB camera plus CNN may also provide if you’re lucky, but also maybe not quite. When you’re talking about highway speeds and potentially the lives of multiple people at risk, certainty always wins out.
Tesla Hardware And Sneaky Radars
Arbe Phoenix radar module installed in a Tesla car as part of the Hardware 4 Autopilot hardware. (Credit: @greentheonly, Twitter)
One of the poorly kept secrets about Tesla’s Autopilot system is that it’s had a front-facing radar sensor for most of the time. Starting with Hardware 1 (HW1), it featured a single front-facing camera behind the top of the windshield and a radar behind the lower grille, in addition to 12 ultrasonic sensors around the vehicle.
Notable is that Tesla did not initially use the radar in a primary object detection role here, meaning that object detection and emergency stop functionality was performed using the RGB cameras. This changed after the RGB camera system failed to notice a white trailer against a bright sky, resulting in a spectacular crash. The subsequent firmware update gave the radar system the same role as the camera system, which likely would have prevented that particular crash.
HW1 used Mobileye’s EyeQ3, but after Mobileye cut ties with Tesla, NVidia’s Drive PX 2 was used instead for HW2. This upped the number of cameras to eight, providing a surround view of the car’s surroundings, with a similar forward-facing radar. After an intermedia HW2.5 revision, HW3 was the first to use a custom processor, featuring twelve Arm Cortex-A72 cores clocked at 2.6 GHz.
HW3 initially also had a radar sensor, but in 2021 this was eliminated with the ‘Tesla Vision’ system, which resulted in a significant uptick in crashes. In 2022 it was announced that the ultrasonic sensors for short-range object detection would be removed as well.
Then in January of 2023 HW4 started shipping, with even more impressive computing specs and 5 MP cameras instead of the previous 1.2 MP ones. This revision also reintroduced the forward-facing radar, apparently the Arbe Phoenix radar with a 300 meter range, but not in the Model Y. This indicates that RGB camera-only perception is still the primary mode for Tesla cars.
Answering The Question
At this point we can say with a high degree of certainty that by just using RGB cameras it is exceedingly hard to reliably stop a vehicle from smashing into objects, for the simple reason that you are reducing the amount of reliable data that goes into your decision-making software. While the object-detecting CNN may give a 29% possibility of an object being right up ahead, the radar or Lidar will have told you that a big, rather solid-looking object is lying on the road. Your own eyes would have told you that it’s a large piece of concrete that fell off a truck in front of you.
This then mostly leaves the question of whether the front-facing radar that’s present in at least some Tesla cars is about as good as the Lidar contraption that’s used by other car manufacturers like Volvo, as well as the roof-sized version by Waymo. After all, both work according to roughly the same basic principles.
That said, Lidar is superior when it comes to aspects like accuracy, as radar uses longer wavelengths. At the same time a radar system isn’t bothered as much by weather conditions, while generally being cheaper. For Waymo the choice for Lidar over radar comes down to this improved detail, as they can create a detailed 3D image of the surroundings, down to the direction that a pedestrian is facing, and hand signals by cyclists.
Thus the shortest possible answer is that yes, Lidar is absolutely the best option, while radar is a pretty good option to at least not drive into that semitrailer and/or pedestrian. Assuming your firmware is properly configured to act on said object detection, natch.
100 pacchetti di Infostealer caricati su NPM sfruttando le allucinazioni delle AI
Da agosto 2024, la campagna PhantomRaven ha caricato 126 pacchetti dannosi su npm, che sono stati scaricati complessivamente oltre 86.000 volte. La campagna è stata scoperta da Koi Security, che ha riferito che gli attacchi sono stati abilitati da una funzionalità poco nota di npm che gli consente di aggirare la protezione e il rilevamento.
Si sottolinea che al momento della pubblicazione del rapporto erano ancora attivi circa 80 pacchetti dannosi. Gli esperti spiegano che gli aggressori sfruttano il meccanismo Remote Dynamic Dependencies (RDD).
In genere, uno sviluppatore vede tutte le dipendenze di un pacchetto in fase di installazione, scaricate dall’infrastruttura NPM attendibile. Tuttavia, RDD consente ai pacchetti di estrarre automaticamente il codice da URL esterni, anche tramite un canale HTTP non crittografato. Nel frattempo, il manifest del pacchetto non mostra alcuna dipendenza.
Quando uno sviluppatore esegue npm install, il pacchetto dannoso scarica silenziosamente un payload da un server controllato dagli aggressori e lo esegue immediatamente. Non è richiesta alcuna interazione da parte dell’utente e gli strumenti di analisi statica rimangono inconsapevoli dell’attività.
“PhantomRaven dimostra quanto possano essere sofisticati gli aggressori quando sfruttano i punti ciechi delle soluzioni di sicurezza tradizionali. Le dipendenze dinamiche remote sono semplicemente invisibili all’analisi statica”, affermano i ricercatori.
Si noti che il malware viene scaricato dal server ogni volta che il pacchetto viene installato, anziché essere memorizzato nella cache.
Questo apre le porte ad attacchi mirati: gli aggressori possono controllare l’indirizzo IP della richiesta e inviare codice innocuo ai ricercatori di sicurezza, distribuire codice dannoso per le reti aziendali e distribuire payload specializzati per gli ambienti cloud.
Una volta infettato, il malware raccoglie attentamente informazioni sul sistema della vittima:
- variabili di ambiente con configurazioni dei sistemi interni dello sviluppatore;
- token e credenziali per npm, GitHub Actions, GitLab, Jenkins e CircleCI;
- l’intero ambiente CI/CD attraverso il quale passano le modifiche al codice apportate da diversi sviluppatori.
I token rubati possono essere utilizzati per attaccare le supply chain e iniettare codice dannoso in progetti legittimi. Il furto di dati è organizzato in modo ridondante, utilizzando tre metodi: HTTP GET con dati nell’URL, HTTP POST con JSON e connessioni WebSocket.
Gli esperti scrivono che molti pacchetti dannosi sono mascherati da strumenti GitLab e Apache.
Lo slopsquatting, ovvero lo sfruttamento delle allucinazioni dell’intelligenza artificiale, gioca un ruolo speciale in questa campagna. Gli sviluppatori chiedono spesso agli assistenti LLM quali pacchetti siano più adatti a un particolare progetto. I modelli di intelligenza artificiale spesso inventano nomi inesistenti ma plausibili. Gli operatori PhantomRaven tracciano queste allucinazioni e registrano i pacchetti con questi nomi. Le vittime alla fine installano il malware da sole, seguendo le raccomandazioni di LLM.
Gli sviluppatori di LLM non comprendono ancora le cause esatte di queste allucinazioni e non sono in grado di creare modelli che le prevengano, ed è proprio questo che gli aggressori stanno sfruttando. I ricercatori ricordano di non affidarsi a LLM nella scelta delle dipendenze e di controllare attentamente i nomi dei pacchetti e le loro fonti, installando solo pacchetti provenienti da fornitori affidabili.
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Atroposia: la piattaforma MaaS che fornisce un Trojan munito di scanner delle vulnerabilità
I ricercatori di Varonis hanno scoperto la piattaforma MaaS (malware-as-a-service) Atroposia. Per 200 dollari al mese, i suoi clienti ricevono un Trojan di accesso remoto con funzionalità estese, tra cui desktop remoto, gestione del file system, furto di informazioni, credenziali, contenuto degli appunti, wallet di criptovalute, dirottamento DNS e uno scanner integrato per le vulnerabilità locali.
Secondo gli analisti, Atroposia ha un’architettura modulare. Il malware comunica con i server di comando e controllo tramite canali crittografati ed è in grado di bypassare il Controllo Account Utente (UAC) per aumentare i privilegi in Windows.
Una volta infettato, fornisce un accesso persistente e non rilevabile al sistema della vittima. I moduli chiave di Atroposia sono:
 
HRDP Connect avvia una sessione di desktop remoto nascosta in background, consentendo agli aggressori di aprire applicazioni, leggere documenti ed e-mail e, in generale, interagire con il sistema senza alcun segno visibile di attività dannosa. I ricercatori sottolineano che gli strumenti standard di monitoraggio dell’accesso remoto potrebbero “non rilevare” questa attività.
Il file manager funziona come un familiare Esplora risorse di Windows: gli aggressori possono visualizzare, copiare, eliminare ed eseguire i file. Il componente grabber cerca i dati per estensione o parola chiave, li comprime in archivi ZIP protetti da password e li invia al server di comando e controllo utilizzando metodi in-memory, riducendo al minimo le tracce dell’attacco sul sistema.
Stealer raccoglie dati di accesso salvati, dati del portafoglio di criptovalute e file di chat. Il gestore degli appunti intercetta tutto ciò che l’utente copia (password, chiavi API, indirizzi del portafoglio) in tempo reale e lo conserva per gli aggressori.
 
Il modulo di spoofing DNS sostituisce i domini con gli indirizzi IP degli aggressori a livello di host, reindirizzando silenziosamente le vittime verso server controllati dagli hacker. Questo apre le porte a phishing, attacchi MitM, falsi aggiornamenti, iniezione di adware o malware e furto di dati tramite query DNS.
Lo scanner di vulnerabilità integrato analizza il sistema della vittima alla ricerca di vulnerabilità non corrette, impostazioni non sicure e software obsoleto. I risultati vengono inviati agli operatori di malware sotto forma di punteggio, che gli aggressori possono utilizzare per pianificare ulteriori attacchi.
I ricercatori avvertono che questo modulo è particolarmente pericoloso negli ambienti aziendali: il malware potrebbe rilevare un client VPN obsoleto o una vulnerabilità di escalation dei privilegi, che può quindi essere sfruttata per ottenere informazioni più approfondite sull’infrastruttura della vittima. Inoltre, lo scanner analizza i sistemi vulnerabili nelle vicinanze per rilevare eventuali movimenti laterali.
Varonis osserva che Atroposia prosegue la tendenza verso la democratizzazione del crimine informatico.
Insieme ad altre piattaforme MaaS (come SpamGPT e MatrixPDF), riduce la barriera tecnica all’ingresso, consentendo anche ad aggressori poco qualificati di condurre efficaci “attacchi in abbonamento”.
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Federico
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