Tutto sull’accordo da 38 miliardi tra OpenAi e Amazon
L'articolo proviene da #StartMag e viene ricondiviso sulla comunità Lemmy @Informatica (Italy e non Italy 😁)
OpenAI comincerà subito a utilizzare la capacità computazionale di Amazon. Aws ha raddoppiato la sua portata negli ultimi tre anni e startmag.it/innovazione/tutto-…
Giuseppe Benedetto ospite a LA7 Coffee Break del 3 novembre 2025
@Politica interna, europea e internazionale
L'articolo Giuseppe Benedetto ospite a LA7 Coffee Break del 3 novembre 2025 proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
L’Europa senza IA rischia di diventare un rentier senza potere
L'articolo proviene da #Euractiv Italia ed è stato ricondiviso sulla comunità Lemmy @Intelligenza Artificiale
L’intelligenza artificiale non è più una tecnologia emergente, ma è il fondamento del potere moderno. Il controllo sull’infrastruttura dell’IA determinerà quali economie saranno leader e quali
Mater semper certa fuit: c'è chi vende i propri ecoceronti.
@Privacy Pride
Il post completo di Christian Bernieri è sul suo blog: garantepiracy.it/blog/vendere-…
Claudia ci porta in luoghi lontani e che conosce bene, che sa decifrare, e ci regala una corretta interpretazione di un recente fenomeno Giaponese: la vendita degli ecoceronti. In effetti, in Giappone si commercia
Oggi, 4 novembre, nel 1950 veniva firmata la Convenzione Europea sui Diritti dell’Uomo
La Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, nota anche come CEDU, è un trattato multilaterale redatto e adottato nell'ambito del Consiglio d'Europa, firmato a Roma il 4 novembre 1950 e entrato in vigore il 3 settembre 1953.
È considerata il principale strumento regionale di tutela dei diritti umani, dotato di un meccanismo giurisdizionale permanente che consente a ogni individuo di ricorrere alla Corte europea dei diritti dell'uomo con sede a Strasburgo per ottenere la tutela dei diritti garantiti. I 46 Stati membri del Consiglio d'Europa sono parti contraenti della Convenzione (la Federazione Russa, espulsa dal Consiglio d'Europa dal 16 marzo 2022, ha cessato di essere parte della Convenzione dal 16 settembre 2022).
La Convenzione è stata successivamente integrata da 16 Protocolli aggiuntivi, che hanno ampliato la gamma dei diritti tutelati e modificato il meccanismo di controllo giurisdizionale Tra i principali diritti riconosciuti vi sono il diritto alla vita, la proibizione della tortura e dei trattamenti inumani o degradanti, la libertà e la sicurezza, il diritto a un equo processo, il rispetto della vita privata e familiare, la libertà di pensiero, di coscienza e di religione, la libertà di espressione, la libertà di riunione e di associazione, nonché il divieto di discriminazione. Il Protocollo n. 13, entrato in vigore nel 2003, ha stabilito l'abolizione della pena di morte in ogni circostanza
La Corte europea dei diritti dell'uomo, istituita dalla Convenzione, è composta da un numero di giudici pari a quello degli Stati contraenti (attualmente 47), eletti dall'Assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa per un mandato di nove anni. I giudici siedono a titolo individuale, garantendo indipendenza e imparzialità. La Corte può essere investita da ricorsi individuali, interstatali o da organizzazioni non governative, e le sue sentenze sono vincolanti per gli Stati parte Il Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa è responsabile del controllo dell'esecuzione delle sentenze della Corte.
La Convenzione è considerata uno "strumento vivente", in quanto la sua interpretazione evolve attraverso la giurisprudenza della Corte, che ha esteso la tutela a nuove situazioni, come il diritto a un ambiente salubre o alla protezione dei dati personali.
In Italia, la Convenzione è entrata in vigore il 10 ottobre 1955, e la sua cogenza è stata rafforzata dalle sentenze gemelle della Corte costituzionale del 2007, che hanno stabilito che gli enunciati convenzionali non possono essere interpretati in modo diverso da quanto previsto dalla Corte di Strasburgo. Inoltre, la legge 24 marzo 2001, n. 89 (Legge Pinto) ha introdotto il diritto a una "equa riparazione" per chi subisce violazioni della ragionevole durata del processo, come previsto dall'articolo 6 della CEDU.
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NEW YORK. Il volo di Zohran Mamdani alla guida della Grande Mela
@Notizie dall'Italia e dal mondo
Il candidato progressista si presenta come la risposta possibile a una città afflitta da disuguaglianza, edilizia fuori controllo e servizi pubblici carenti, portando alla ribalta una generazione che vuole rompere con il potere locale
L'articolo NEW YORK. Il volo di Zohran Mamdani
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Trump minaccia attacchi in Nigeria e regala il Sahara occidentale al Marocco
@Notizie dall'Italia e dal mondo
Washington minaccia un intervento militare in Nigeria per "salvare i cristiani" e convince l'ONU a riconoscere l'occupazione marocchina del Sahara Occidentale
L'articolo Trump minaccia attacchi in Nigeria e regala il Sahara occidentale al Marocco proviene da Pagine Esteri.
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Adding ISA Ports To Modern Motherboards
Modern motherboards don’t come with ISA slots, and almost everybody is fine with that. If you really want one, though, there are ways to get one. [TheRasteri] explains how in a forum post on the topic.
Believe it or not, some post-2010 PC hardware can still do ISA, it’s just that the slots aren’t broken out or populated on consumer hardware. However, if you know where to look, you can hack in an ISA hookup to get your old hardware going. [TheRasteri] achieves this on motherboards that have the LPC bus accessible, with the use of a custom PCB featuring the Fintek F85226 LPC-to-ISA bridge. This allows installing old ISA cards into a much more modern PC, with [TheRasteri] noting that DMA is fully functional with this setup—important for some applications. Testing thus far has involved a Socket 755 motherboard and a Socket 1155 motherboard, and [TheRasteri] believes this technique could work on newer hardware too as long as legacy BIOS or CSM is available.
It’s edge case stuff, as few of us are trying to run Hercules graphics cards on Windows 11 machines or anything like that. But if you’re a legacy hardware nut, and you want to see what can be done, you might like to check out [TheRasteri’s] work over on Github. Video after the break.
youtube.com/embed/putHMSzu5og?…
Addio al malware! Nel 2025 i criminal hacker entrano con account legittimi per restare invisibili
Un report di FortiGuard relativo alla prima metà del 2025 mostra che gli aggressori motivati economicamente stanno rinunciando sempre più a exploit e malware sofisticati. Invece di implementare strumenti utilizzano account validi e strumenti di accesso remoto legittimi per penetrare nelle reti aziendali senza essere rilevati.
Questo approccio si è dimostrato non solo più semplice ed economico, ma anche significativamente più efficace: gli attacchi che utilizzano password rubate sfuggono sempre più spesso al rilevamento.
Gli esperti riferiscono che nei primi sei mesi dell’anno hanno indagato su decine di incidenti in diversi settori, dalla produzione alla finanza e alle telecomunicazioni. L’analisi di questi casi ha rivelato uno schema ricorrente: gli aggressori ottengono l’accesso utilizzando credenziali rubate o acquistate , si connettono tramite VPN e quindi si muovono nella rete utilizzando strumenti di amministrazione remota come AnyDesk, Atera, Splashtop e ScreenConnect.
 Prevalenza della tecnica di accesso iniziale nel primo semestre 2025 (Fonte Fortinet)
Questa strategia consente loro di mascherare la loro attività come attività di amministratore di sistema ed evitare sospetti. FortiGuard conferma questi risultati nello stesso periodo: le tendenze relative alle perdite di password documentate nei documenti open source corrispondono a quelle identificate durante le indagini interne. In sostanza, gli aggressori non devono “hackerare” i sistemi nel senso tradizionale del termine: accedono semplicemente utilizzando le credenziali di accesso di qualcun altro, spesso ottenute tramite phishing o infostealervenduti su piattaforme clandestine.
In un attacco analizzato, gli aggressori hanno utilizzato credenziali valide per connettersi a una VPN aziendale senza autenticazione a più fattori , quindi hanno estratto le password dell’hypervisor salvate dal browser dell’utente compromesso e hanno crittografato le macchine virtuali. In un altro caso, un operatore ha ottenuto l’accesso tramite un account di amministratore di dominio rubato e ha installato in massa AnyDesk sull’intera rete utilizzando RDP e criteri di gruppo, consentendogli di spostarsi tra i sistemi e di rimanere inosservato per periodi di tempo più lunghi. Ci sono stati anche casi in cui gli aggressori hanno sfruttato una vecchia vulnerabilità in un server esterno, implementato diversi strumenti di gestione remota e creato account di servizio fittizi per spostare e poi rubare documenti di nascosto.
L’analisi ha dimostrato che il furto di password rimane una delle strategie più economiche e accessibili. Il costo dell’accesso dipende direttamente dalle dimensioni e dall’area geografica dell’azienda: per le organizzazioni con oltre un miliardo di dollari di fatturato nei paesi sviluppati, può raggiungere i 20.000 dollari, mentre per le aziende più piccole nelle regioni in via di sviluppo, si aggira sulle centinaia di dollari. Le massicce campagne di infostealing forniscono un flusso costante di dati aggiornati e la bassa barriera all’ingresso rende tali attacchi appetibili anche per gruppi meno addestrati.
Il vantaggio principale di questo schema è la furtività. Il comportamento degli aggressori è indistinguibile da quello dei dipendenti legittimi, soprattutto se si connettono durante il normale orario di lavoro e agli stessi sistemi.
Gli strumenti di sicurezza focalizzati sulla scansione di file dannosi e processi sospetti spesso non sono in grado di rilevare anomalie quando l’attacco si limita all’accesso di routine e alla navigazione in rete. Inoltre, quando si rubano manualmente dati tramite interfacce RDP o funzionalità RMM integrate, è difficile risalire ai file trasferiti, poiché tali azioni non lasciano artefatti di rete evidenti.
Secondo le osservazioni di FortiGuard, gli aggressori coinvolti in tali campagne continuano a utilizzare attivamente Mimikatz e le sue varianti per estrarre le password dalla memoria, e continuano a utilizzare l’exploit Zerologon per l’escalation dei privilegi. A volte, utilizzano anche manualmente utility come GMER, rinominate “strumenti di sistema”, per nascondere la propria presenza.
FortiGuard sottolinea che la protezione da tali minacce richiede un ripensamento degli approcci. Affidarsi esclusivamente ai tradizionali sistemi EDR che analizzano il codice dannoso non garantisce più una sicurezza affidabile. Una strategia basata sugli account e sul comportamento degli utenti sta diventando più efficace.
Le aziende devono creare i propri profili di attività normale e rispondere tempestivamente alle deviazioni, ad esempio accessi da posizioni geografiche insolite, connessioni simultanee a più server o attività al di fuori dell’orario di lavoro.
Si raccomanda particolare attenzione all’autenticazione a più fattori, non solo per il perimetro esterno, ma anche all’interno della rete. Anche se un aggressore ottiene una password, richiedere un’autenticazione aggiuntiva ne rallenterà i progressi e creerà maggiori possibilità di essere individuato. È inoltre importante limitare i privilegi di amministratore, impedire l’uso di account privilegiati tramite VPN e monitorarne gli spostamenti all’interno dell’infrastruttura.
FortiGuard consiglia alle organizzazioni di controllare rigorosamente l’uso di strumenti di amministrazione remota. Se tali programmi non sono necessari per motivi aziendali, è opportuno bloccarli e monitorare eventuali nuove installazioni o connessioni di rete ad essi associate. Inoltre, si consiglia di disabilitare SSH, RDP e WinRM su tutti i sistemi in cui non sono necessari e di configurare avvisi per la riattivazione di questi servizi. Secondo gli analisti, tali misure possono rilevare anche tentativi nascosti di spostamento laterale all’interno della rete.
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Cyberstalking contro il genere femminile: analisi e implicazioni legali
Questo è il terzo di una serie di articoli dedicati all’analisi della violenza di genere nel contesto digitale, in attesa del 25 novembre, Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Violenza contro le Donne. Il focus qui è sul cyberstalking e le sue implicazioni legali e sociali.
Il cyberstalking rappresenta una delle insidie più subdole dell’era digitale, non essendo esclusivamente una mera riproposizione dello stalking tradizionale, ma una condotta che sfrutta e amplifica le debolezze dello spazio virtuale. Si tratta di una persecuzione reiterata realizzata attraverso strumenti telematici, che lede in profondità la riservatezza e la libertà individuale delle persone. L’analisi criminologica che propongo nelle aule universitarie e la mia esperienza diretta in aula di Tribunale confermano che questo fenomeno possiede caratteristiche distintive che ne rendono la portata lesiva decisamente maggiore. Come penalistaho trattato numerosi casi dove l’elemento digitale ha trasformato un conflitto in una vera e propria crisi esistenziale per la vittima.
 
L’amplificazione della violenza nella dimensione digitale
Il mondo online conferisce al persecutore diversi vantaggi che si traducono in un maggiore danno per la vittima. Anzitutto, la possibilità di celarsi dietro l’anonimato o di creare false identità (profili fake) aumenta il senso di impotenza della persona perseguitata.
In secondo luogo, la natura stessa del digitale garantisce accessibilità e permanenza illimitate alle condotte offensive o minatorie. I contenuti diffusi non hanno solo il potenziale di diventare virali in pochi istanti, ma lasciano una “impronta digitale” persistente che supera i confini spaziali e temporali della persecuzione fisica. Nella mia pratica forense, ho visto di persona come la vittima sia costretta a difendere la veridicità di quei dati che documentano la sua umiliazione, prolungando il danno psicologico ben oltre la chiusura del caso.
Un elemento cruciale che emerge dai fascicoli processuali è che l’aggressione digitale non rimane confinata nel virtuale. Il cyberstalking si inserisce in un continuum tra dimensione online e dimensione fisica. La sopraffazione inevitabilmente “trapela nel mondo fisico della vittima”, causando conseguenze che vanno dal danno psicologico ed economico fino al potenziale danno fisico o sessuale.
 
La dimensione di genere e le radici misogine
L’evidenza conferma che l’aggressione online non è un fenomeno neutro, ma è una riproduzione che amplifica le disuguaglianze di genere già esistenti nella società. Le donne e le ragazze sono sistematicamente i bersagli preferiti, aggredite attraverso una varietà di forme che spaziano dal sessismo esplicito, al bodyshaming, allo slutshaming, fino alle minacce di violenza sessuale, anche in ambienti immersivi come il Metaverso.
La radice di questa aggressività risiede in un intento ben preciso: dominio, controllo e silenziamento. Dal punto di vista criminologico, che analizzo in ambito accademico, Internet non è un mero strumento neutro, ma un vero e proprio catalizzatore che abbassa la percezione del rischio e la dissonanza morale del persecutore. La distanza fisica incoraggia azioni che difficilmente sarebbero compiute nello spazio reale.
 
Inquadramento normativo italiano e l’evoluzione giurisprudenziale
L’ordinamento italiano disciplina la condotta persecutoria attraverso l’Art. 612-bis del Codice Penale (Atti Persecutori, o Stalking), introdotto nel 2009. La norma punisce chiunque, con condotte reiterate di minaccia o molestia, provochi uno dei tre eventi alternativi: un persistente e grave stato di ansia o di paura; un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto; l’alterazione delle proprie abitudini di vita.
Nonostante la crescente casistica digitale, il cyberstalking non è un reato autonomo. Viene ricondotto al comma 2 della stessa norma, che prevede un aumento di pena se il fatto è commesso “attraverso l’uso di strumenti informatici o telematici” – una previsione aggiunta nel 2013 (tramite D.L. 93/2013, convertito in L. 119/2013) per far fronte alla diffusione delle attività persecutorie tramite strumenti digitali.
Gli interventi del Codice Rosso (L. 69/2019) hanno rafforzato la tutela, inasprendo le sanzioni. Tuttavia permane una lacuna concettuale in quanto l’approccio italiano tratta il cyberstalking essenzialmente come un’aggravante che punisce il “come” è stato commesso il reato, senza affrontare la specifica lesività del “cosa” è stato commesso in termini di danno reputazionale e psicologico permanente generato dalla rete.
La giurisprudenza di legittimità ha progressivamente esteso e affinato la nozione di atto persecutorio nel contesto digitale, concentrando l’attenzione non tanto sullo strumento, quanto sulla sua idoneità lesiva in relazione alla vittima. Ad esempio, la Cassazione ha chiarito che la creazione di falsi profili Facebook o account internet riconducibili alla vittima non è di per sé reato di cyberstalking , ma lo diventa se l’utilizzo di detti profili si rivela idoneo a realizzare molestie reiterate, veicolando messaggi diffamatori o immagini offensive (Cass., Sez. V, sent. n. 25533/23). In un caso emblematico, lo stalking è stato riconosciuto nella condotta dell’ex che creava profili falsi a nome della vittima su social network frequentati da soggetti in cerca di esperienze, i quali la contattavano credendola disponibile per i propri interessi (Cass., Sez. Fer., sent. n. 36894/2015).
La Corte ha inoltre sottolineato l’impatto della capacità diffusiva della rete. La pubblicazione ripetuta su Facebook della fotografia dell’ex compagna, ad esempio, integra il reato di atti persecutori, poiché contribuisce a creare un clima idoneo a compromettere la serenità e la libertà psichica della persona offesa (Cass., Sez. V, sent. n. 10680/2022).
Un altro aspetto cruciale è la tutela estesa ai congiunti. Il reato può essere integrato anche da condotte che non colpiscono direttamente la vittima, ma sono a lei indirettamente rivolte, come l’invio di messaggi scritti e vocali minacciosi indirizzati al cellulare del figlio della coppia, ritenuto idoneo a raggiungere la moglie e a causare in lei un grave e perdurante stato di ansia (Cass., Sez. V, sent. n. 19531/2022). Infine, ai fini della continuità del reato, è irrilevante che la persona offesa tenti di interrompere le molestie bloccando e poi sbloccando l’utenza telefonica del persecutore, ciò non interrompe l’abitualità del reato, laddove le condotte complessivamente valutate risultino idonee a cagionare uno degli eventi alternativi previsti (Cass., Sez. V, sent. n. 44628/21).
 
La prova digitale nel Cyberstalking
Affinché la prova sia pienamente utilizzabile in sede processuale per dimostrare la reiterazione delle condotte tipiche dell’Art. 612-bis c.p., è indispensabile garantire i principi di integrità e autenticità del dato. Nel mio ruolo di difensoreho potuto constatare che semplici screenshot o stampe cartacee, pur essendo utili come indizi, hanno un valore probatorio limitato se contestati in dibattimento. Per esempio, una serie di minacce inviate via Instagram Direct richiede non solo la copia del messaggio, ma una acquisizione tecnica forense (digital forensic copy). Questo processo estrae l’originalità del dato informatico, includendo metadati essenziali come l’orario esatto di invio, la tipologia di dispositivo e l’identificativo unico del contenuto, che sono cruciali per attribuire la condotta al reo e dimostrare la sua serialità.
La tutela effettiva della vittima dipende dall’adozione di standard investigativi tecnici elevati. La mancanza di un protocollo investigativo forense uniforme, un tema che affronto spesso in ambito didattico, crea un elevato rischio di contenzioso probatorio sulla correttezza dell’acquisizione, costringendo la vittima a difendere la veridicità delle prove e prolungando il danno psicologico e il suo senso di impotenza.
Nel cyberstalking, l’evento di danno non è sempre tangibile come la lesione fisica, ma è spesso riscontrabile nell’alterazione delle abitudini di vita. La Cassazione riconosce che la vittima, a causa della persecuzione (ad esempio, profili fake che la diffamano sul luogo di lavoro o minacce diffuse pubblicamente), può essere costretta a “modificare le proprie abitudini online e offline”. L’atto di chiudere i profili social, cambiare numero di telefono o persino cambiare lavoro è la prova più oggettiva dell’effettiva intrusione nella sfera privata e della rinuncia a spazi essenziali della vita relazionale e professionale, integrando così l’evento costitutivo del reato.
 
Oltre la norma
Il cyberstalking si conferma non solo come un’aggravante tecnologica del reato di atti persecutori, ma come una manifestazione profonda della violenza di genere, che sfrutta l’infrastruttura digitale per amplificare la sua efficacia lesiva e il senso di dominio. L’attuale approccio italiano, pur rafforzato dalla giurisprudenza che estende l’Art. 612-bis c.p. a profili falsi e messaggi coartanti, sconta una lacuna dogmatica. Il fenomeno viene trattato punendo il “come”, l’uso dello strumento informatico, senza focalizzarsi pienamente sul “cosa” in termini di danno reputazionale permanente.
La vera discontinuità normativa è imminente con il recepimento della Direttiva UE 2024/1385, che imporrà di criminalizzare lo stalking online e le molestie digitali come reati autonomi. Ritengo che questa riformasarà cruciale per allineare la nostra legislazione, ma da sola non basta.
È imprescindibile standardizzare le metodologie di acquisizione della prova digitale (come la digital forensic copy) fin dalle prime fasi della denuncia, riducendo il contenzioso probatorio che costringe la vittima a rivivere il trauma per difendere l’autenticità dei dati.
La radice del cyberstalking è la misoginia. Ogni intervento normativo deve essere affiancato da un massiccio investimento in educazione e sensibilizzazione, a partire dalle scuole, per disinnescare alla base il senso di dominio e controllo che alimenta l’aggressione di genere.
Solo unendo una tutela penale mirata a standard investigativi ineccepibili e a una rivoluzione culturale contro il sessismo, si potrà costruire una barriera efficace e duratura contro questa forma subdola di sopraffazione.
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L’aggiornamento di sicurezza per WSUS ha interrotto gli hotpatch su Windows Server 2025
Una patch straordinaria ha risolto una falla di sicurezza nel servizio di aggiornamento dei server Windows (WSUS), ma a quanto pare, ha causato l’interruzione dell’applicazione di hotpatch su determinati server Windows 2025.
Ricordiamo che Microsoft Hotpatch è una tecnologia sviluppata da Microsoft che consente di applicare aggiornamenti di sicurezza alle macchine Windows senza richiedere un riavvio del sistema. È stata introdotta inizialmente per Windows Server Azure Edition, ma Microsoft sta progressivamente estendendola ad altre versioni di Windows, incluse quelle desktop (in fase sperimentale).
La Cybersecurity and Infrastructure Security Agency (CISA) ha disposto che le agenzie governative degli Stati Uniti proteggessero i loro sistemi, dopo aver incluso tale vulnerabilità nel proprio catalogo KEV.
Attualmente, il gruppo di monitoraggio Internet Shadowserver sta seguendo oltre 2.600 istanze online di WSUS che utilizzano le porte predefinite (8530/8531), tuttavia non ha reso noto il numero di quelle già protette.
 
Purtroppo, l’aggiornamento di emergenza sta causando questo problema, e questo emerge dopo che diverse aziende di sicurezza informatica hanno confermato che la falla di gravità critica CVE-2025-59287 consentiva la Remote Code Executio (RCE) e che gli exploit sono online.
“Un numero molto limitato di macchine registrate per Hotpatch ha ricevuto l’aggiornamento prima che il problema venisse risolto. L’aggiornamento è ora disponibile solo per le macchine che non sono registrate per ricevere gli aggiornamenti Hotpatch”, afferma Microsoft . “Questo problema riguarda solo i dispositivi Windows Server 2025 e le macchine virtuali (VM) registrate per ricevere gli aggiornamenti Hotpatch.”
Microsoft ha interrotto la distribuzione dell’aggiornamento KB5070881 per i dispositivi Windows Server 2022 registrati con Hotpatch. Gli utenti che hanno già installato l’aggiornamento non saranno più coperti dagli aggiornamenti Hotpatch previsti per novembre e dicembre.
Gli amministratori che hanno fatto il download dell’aggiornamento affetto da bug, ma non lo hanno ancora distribuito, hanno la possibilità di risolvere il problema installando l’aggiornamento di sicurezza KB5070893.
Questo aggiornamento, rilasciato un giorno dopo KB5070881, è stato appositamente creato per risolvere la vulnerabilità CVE-2025-59287 senza influire sull’hotpatching. Per procedere, occorre accedere a Impostazioni, quindi a Windows Update e selezionare l’opzione Sospendi aggiornamenti. A questo punto, gli amministratori devono riabilitare gli aggiornamenti e cercare manualmente gli aggiornamenti disponibili per ottenere quello corretto.
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Databroker Files: All you need to know about how adtech data exposes the EU to espionage
Databroker Files: Das Wichtigste zur Spionage-Gefahr durch Handy-Standortdaten in der EU
Databroker Files: Datenhändler verkaufen metergenaue Standortdaten von EU-Personal
Reproduced and Recovered: the First Chinese Keyboard-based MingKwai Typewriter
We all know what a typewriter looks like, and how this has been translated directly into the modern day computer keyboard, or at least many of us think we do. Many cultures do not use a writing system like the Roman or Cyrillic-style alphabets, with the Chinese writing system probably posing the biggest challenge. During the rise of mechanical typewriters, Chinese versions looked massive, clumsy and slow as they had to manage so many different symbols. All of them, except for one prototype of the MingKwai, which a group of Chinese enthusiasts have recently built themselves using the patent drawings.
Interestingly, when they started their build, it was thought that every single prototype of the MingKwai had been lost to time. That was before a genuine prototype was found in a basement in New York and acquired by Stanford University Libraries, creating the unique experience of being able to compare both a genuine prototype and a functional recreation.
Considered to be the first Chinese typewriter with a keyboard, the MingKwai (明快打字機, for ‘clear and fast’) was developed by [Lin Yutang] in the 1940s. Rather than the simple mechanism of Western typewriters where one key is linked directly to one hammer, the MingKwai instead uses the keys as a retrieval, or indexing mechanism.
Different rows select a different radical from one of the multiple rolls inside the machine, with a preview of multiple potential characters that these can combine to. After looking at these previews in the ‘magic eye’ glass, you select the number of the target symbol. In the video by the Chinese team this can be seen in action.
Although [Lin]’s MingKwai typewriter did not reach commercialization, it offered the first glimpse of a viable Chinese input method prior to computer technology. These days the popular pinyin uses the romanized writing form, which makes it somewhat similar to the standard Japanese input method using its phonetic kana system of characters. Without such options and within the confined system of 1940s electromechanical systems, however, the MingKwai is both an absolute marvel of ingenuity, and absolutely mindboggling even by 2020s standards.
youtube.com/embed/-IhuFgiWNS4?…
Regular Old Diodes Can Be More Photosensitive Than You Think
[Dhananjay Gadre] happened across a useful little trick the other day. Take any old 1N4148 or 1N914 glass-package signal diode and wire it up right, and you’ve got yourself a nifty little IR detector.It’s that simple.
The trick is to treat the diode just like you would a proper IR photodiode. The part should be reverse biased with a resistor inline, and the signal taken from the anode side. Point an IR remote at your little diode and you’ll readily see the modulated signal pop up on a scope, clear as day.
The phenomenon is discussed at length over on Stack Exchange. Indeed, it’s a simple fact that most semiconductor devices are subject to some sort of photoelectric effect or another. It’s just that we stick the majority of them in opaque black packages so it never comes up in practice. In reality, things like photodiodes and phototransistors aren’t especially different from the regular parts—they’re just put in transparent packages and engineered and calibrated to give predictable responses when used in such a way.
Is this the way you’d go if your project needed an IR detector? Probably not—you’d be better served buying the specific parts you need from the outset. But, if you find yourself in a pinch, and you really need to detect some IR signals and all you’ve got on hand is glass-package signal diodes? Yeah, you can probably get it to work.
While this trick is well known to many oldheads, it’s often a lightbulb moment for many up-and-coming engineers and makers to realize this. Glass-packaged diodes aren’t the only light-sensitive parts out there, either. As we’ve explored previously, certain revisions of Raspberry Pi would reboot if exposed to a camera flash, while you can even use regular old LEDs as sensors if you’re so inclined. If you’ve got your own secret knowledge about how to repurpose regular components in weird ways, don’t hesitate to notify the tipsline!
Print-and-Clamp: Rubber Band PCB Stand Slides into Duty
When it comes to soldering on a PCB it almost always helps to have some way to hold the board off your workbench, allowing leads to pass though with out making it unstable and keeping it level while working with tiny components. This project sent in by [Mel] was born out of necessity he was going to be teaching a soldering class and needed a way to keep boards in place, and so designed this Print-in-place PCB holder.
While there are certainly a long list of products designed to serve this function [Mel] took advantage of some idle 3D printers to turn out PCB stands that require no assembly, just the addition of a rubber band and they are ready for use. Part of the challenge of print in place 3D prints is dialing in the tolerances of your design and printer, and for this [Mel] printed some smaller slider mechanisms that were quick to print and iterate with until he was happy and could start turning out the larger design using those values.
The full PCB holder includes 3 independent sliders allowing for boards of all shapes and sizes to be held. To tension the board mounts there is a slow lower down on the uprights to allow for a rubber band to be added pulling all three towards the center. Finally [Mel] included small trays between the 3 sliders to give you a convenient place to components are you assemble your board. The 3D print falls are all available for download and [Mel] also included the small slider as a 3D print for you to check your printer tollerances before you run off the final design. Thanks [Mel] for sending in your soldering tool design, it’s a great addition to some of our other soldering assistant devices we’ve featured.
"Advertisers are increasingly just going to be able to give us a business objective and give us a credit card or bank account, and have the AI system basically figure out everything else."#AI #Meta #Ticketmaster
We speak to the creator of ICEBlock about Apple banning their app, and what this means for people trying to access information about ICE.#Podcast
Al via la Contro-Conferenza della società civile “”Sulle droghe abbiamo un piano”
Il 6, 7 e 8 novembre si tiene a Roma la Contro-Conferenza sulle droghe, autoconvocata dalla rete di associazioni della società civile, attiva da anni per riforme puntuali e onnicomprensive di leggi e politiche in materia di stupefacenti proibiti.
La tre giorni si tiene in concomitanza con la Conferenza Nazionale governativa sulle Droghe che, contrariamente a quanto propagandato, ha sistematicamente evitato qualsiasi coinvolgimento di voci critiche all’approccio proibizionista, punizionista e paternalista del Governo Meloni.
Il programma inizia giovedì 6, alla Città dell’Altra Economia, alle ore 17:30, con tre sessioni con ospiti internazionali che affronteranno quanto avviene in seno all’Onu e l’Ue in materia droghe. Ci saranno approfondimenti, esperienze e storie di successo di riduzione del danno di accesso alle cosiddette terapie psichedeliche.
Venerdì 7, alla Città dell’Altra Economia, dalle ore 9, verrà presentato il piano di politiche alternative a quelle governative. La proposta affronterà la stigmatizzazione delle persone che usano droghe, il carcere e le misure alternative alla restrizione della libertà personale, l’impatto delle nuove misure repressive sulle politiche sociali, le riforme e le sinergie necessarie tra servizi su dipendenze e salute delle persone che usano sostanze. Per finire, è previsto un confronto tra realtà provenienti da zone o quartieri nell’occhio del ciclone repressivo e mediatico.
Alle ore 21, al Cinema Troisi si terrà una puntata live del podcast Illuminismo Psichedelico, seguita dalla proiezione del film All the beauty and the Bloodshed di Laura Poitras.
Sabato 8, alla Sala della Protomoteca in Campidoglio, dalle ore 9, dopo i saluti istituzionali del Comune di Roma, si terrà un dibattito sulla regolamentazione delle sostanze a partire dalle realtà tedesche e maltesi sulla cannabis, un confronto con i membri della rete nazionale degli Enti Locali per l’Innovazione sulle Droghe (ELIDE) e una conferenza stampa di presentazione del documento finale della Contro-Conferenza e le conclusioni. Dalle 14, in piazza Ugo La Malfa, inizierà il ritrovo per la Million Marijuana March, che dal Circo Massimo arriverà in Piazza Vittorio passando per il Colosseo.
L’articolo 15 della legge 309/90 sulle droghe prevede che: “15. Ogni tre anni venga convocata una conferenza nazionale sui problemi connessi con la diffusione delle sostanze stupefacenti, alla quale si invitano soggetti pubblici e privati che esplicano la loro attività nel campo della prevenzione e della cura della tossicodipendenza”. La chiusura del governo alle proposte e alle critiche da parte di associazioni e reti civiche ha reso necessaria l’organizzazione di un incontro che denunciasse i passi indietro istituzionali, avvenuti dalla VI Conferenza convocata dal Governo Draghi a Genova nel 2021, dove analisi e contributi indipendenti erano stati parte integrante dell’incontro ufficiale.
Il copione della Conferenza governativa appare già scritto, e da mesi, dalle norme repressive dal decreto anti-rave, dal decreto cosiddetto Caivano, che ha riempito di minori le carceri, dalla trasformazione del codice stradale in una legge che criminalizza ulteriormente i consumatori di droghe, nonché dal cosiddetto Decreto Sicurezza che restringe le libertà individuali, assimilando sostanze senza effetti psicoattivi, come la cannabis light, a sostanze psicotrope proibite. Un copione che, come a norma della legge “Fini-Giovanardi”, prevede che “le conclusioni della Conferenza vengano comunicate al Parlamento anche al fine di individuare eventuali correzioni alla legislazione antidroga dettate dall’esperienza applicativa” e che quindi lascia presagire ulteriori giri di vite illiberali e criminogeni.
La Controconferenza è convocata da: A Buon Diritto, ARCI, Antigone, Associazione Luca Coscioni, CGIL, CNCA, Comunità di San Benedetto al Porto, Forum Droghe, Gruppo Abele, ItaNPUD, ITARDD, L’Altro Diritto, La Società della Ragione, L’Isola di Arran, LILA, Meglio Legale e Tutela Pazienti Cannabis Medica.
L'articolo Al via la Contro-Conferenza della società civile “”Sulle droghe abbiamo un piano” proviene da Associazione Luca Coscioni.
Anna Pompili a “50 anni di storia e storie dei consultori” – Quali presìdi di cura e di diritti
Roma – Sala Consiliare del Municipio I, Circonvallazione Trionfale 19
Giovedì 7 novembre 2025
Ore 15:00
, Anna Pompili, ginecologa e Consigliera Generale dell’Associazione Luca Coscioni, interverrà in occasione dell’incontro pubblico “50 anni di storia e storie dei consultori. Quali presìdi di cura e di diritti”, organizzato dalla Commissione Pari Opportunità del Municipio I Roma Centro.
L’appuntamento sarà anche l’occasione per celebrare i 50 anni dalla nascita dei consultori in Italia, ripercorrendone la storia attraverso esperienze e testimonianze, e discutere il loro futuro come presìdi di prossimità per la salute e la libertà delle persone.
Tra gli interventi, insieme ad Anna Pompili:
- Lorenza Bonaccorsi, Presidente del Municipio I
 - Claudia Santoloce, Assessora alle Politiche sociali e Pari opportunità del Municipio I
 - Laura Anelli, ginecologa coordinatrice dei consultori ASL RM1
 - Monica Moriconi, delegata del Sindaco ASL RM1
 - Silvia Ippolito, medico referente rapporti con le scuole del Distretto 1
 
Modera Daniela Spinaci, Presidente della Commissione Pari Opportunità del Municipio I.
L’incontro è aperto a studenti, cittadine e cittadini, associazioni e comitati.
L'articolo Anna Pompili a “50 anni di storia e storie dei consultori” – Quali presìdi di cura e di diritti proviene da Associazione Luca Coscioni.
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in reply to storiaweb • • •L'immagine mostra un documento aperto su una superficie bianca. Il documento è composto da due pagine, che vengono visualizzate affiancate. Ogni pagina presenta blocchi di testo formattati con una spaziatura regolare e firme scritte a penna nella parte inferiore. Ci sono sigilli di ceralacca rossa, con sigilli in rilievo, attaccati lungo i bordi sinistri di ciascuna pagina. Il testo è leggibile, ma non è chiaro di cosa tratti il documento.
"Art. I. Il governo degli Stati Uniti riconosce il diritto del Popolo Navajo a formare un governo autonomo.
Art. II. Il governo degli Stati Uniti riconosce il diritto del Popolo Navajo ad esercitare la sua sovranità.
Art. III. Il governo degli Stati Uniti intraprenderà misure ragionevoli per proteggere le risorse naturali del territorio Navajo.
Art. IV. Il governo degli Stati Uniti intraprenderà misure ragionevoli per proteggere la cultura e la lingua del Popolo Navajo.
Art. V. Il governo degli Stati Uniti intraprenderà misure ragionevoli per garantire che il Popolo Navajo abbia pari opportunità di istruzione e occupazione."
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Immagine in tonalità blu scuro con un motivo a griglia diagonale. Al centro c'è il testo: "CONVENZIONE EUROPEA DEI DIRITTI DELL'UMANO" in grassetto. Sotto il testo principale c'è un'immagine stilizzata di due sedie, con il testo "EUROPEAN COURT OF HUMAN RIGHTS" e "COUR EUROPEENNE DES DROITS DE L'HOMME" sotto le sedie. Nell'angolo in alto a destra si trova un logo circolare con il testo "COUNCIL OF EUROPE".
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Una forma rettangolare blu scuro riempie lo sfondo dell'immagine. Nella metà superiore, sopra il centro, è presente un logo bianco. Il logo consiste in una forma a spirale che si arriccia a spirale verso l'interno e poi si riapre verso l'esterno. All'interno della spirale ci sono dodici stelle a cinque punte, allineate in modo uniforme. Sopra il logo c'è il testo "COUNCIL OF EUROPE" in maiuscolo. Sotto il logo c'è il testo "CONSEIL DE L'EUROPE" in maiuscolo.
alt-text: Un rettangolo blu scuro contiene il logo bianco dell'organizzazione Council of Europe. Il logo consiste in una forma a spirale bianca con dodici stelle a cinque punte all'interno. Sopra il logo si trova il testo "COUNCIL OF EUROPE" e sotto il testo "CONSEIL DE L'EUROPE".
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