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terapia linuxgirl con i pezzi mancanti che il merdifero sistema non aiuta a trovare…


Alla fine, dopo altri ormai incontabili mesi di casino, è arrivato il momento in cui mi hanno dato le medicine “ragazza gatto utente Linux“… e sarà forse questo il megainizio magico, che temevamo non potesse essere neppure affatto raggiunto, poiché preceduto dalla megafine??? 🤯😳😻
Confezioni di Progynova e Androcur con su scritto digitalmente per sostituire le denominazioni originali "Debian Linux" "6.x Kernel" e "Windocur" "Windows Cleaner"
Beh, qui rischia di essere difficile a dirsi, perché quando di mezzo c’è il Sistema Sanitario Nazionale non bastano 100 preghiere al giorno affinché sia tutto non dico dall’andazzo liscio, ma quantomeno dai dettagli chiari; no, non è concesso affatto, perché, per quanto il governatore della regione si vanti di tutta l’informatizzazione fatta negli ultimi anni per l’ambito sanitario, il dover avere a che fare con le ASL e tutti i loro assolutamente merdiferi goblin cornuti rimane tranquillamente lo scempio di sempre, a quanto pare. In breve, ora la cosa complicata palesemente diventerà ottenere periodicamente il rifornimento di questi medicinali… 😩😫

Già avere queste prime confezioni non è stato drittissimo. Non li ho potuti prendere il giorno stesso in cui la dottoressa dell’ospedale me li ha prescritti, perché (tra pazienti ritardatari—ehm, volevo dire ritardati—e altri pazienti più complessi) l’appuntamento con ella è slittato in avanti di praticamente un’ora questo lunedì mattina, e quindi la loro farmacia era a quel punto chiusa; erano quasi le 15. Allora, avendomi lei detto di andare o alla farmacia dell’ospedale il giorno dopo, o all’ASL… martedì la farmacia dell’ASL è chiusa, e quindi ci sono andata mercoledì; ma, robe da pazzi, mi hanno praticamente detto che devo andare in farmacia (generica) con la ricetta del medico di base (che è diversa dal modulo di prescrizione dell’ospedale, ed è un bordello a sé, sia perché il nostro medico è a dir poco evanescente, sia perché a quanto ha detto Debian non è prescrivibile o qualcosa del genere; lasciamo stare, se possibile)… vai ora a capire perché. (Probabilmente, non li avevano e devono ordinarli; spero, a questo punto, perché le alternative sarebbero peggio.) 🤥

Stamattina allora — visto che ormai non si può pretendere di avere cose migliori da svolgere la mattinaverso le 10 ho preso l’autobus (evitando di far sprecare altra benzina e fatica a mio padre, e viva la tirchiaggine!) e sono andata all’ospedale in culandia, alla farmacia che per fortuna a quest’ora era aperta, e mi hanno dato per l’appunto le due misere scatoline in foto. Ora, a parte che c’è davvero da piangere per come il mio abbonamento dei mezzi sia mezzo inutile per fare giretti di spasso, visto che dopo una certa ora non circola più niente, e quindi anziché per divertirmi io mi ritrovi ad usarlo per andare al fottuto ospedale (a parte l’università, che è solo poco meno avvilente), la rogna vera è che lì mi hanno detto che per le prossime dosi devo chiedere per forza all’ASL di residenza; non a loro, né in qualche ASL a caso messa meglio della mia… 😭

Quindi, alla fine, gira che mi rigira, per sicurezza devo ancora aspettare un po’, prima di iniziare a prendere questa roba, per assicurarmi di avere almeno qualche altra confezione da parte… speriamo giorni, e non settimane, maremma maiala. Per la terapia che mi hanno assegnato, infatti, uno dei farmaci (il Debian) è da prendere una (1) pillola al giorno, e la confezione è solo da 20, e 20 giorni è un margine di manovra decisamente troppo basso data la realtà di questa mattanza sanitaria. Domani, che la loro farmacia è di nuovo aperta, tornerò all’ASL sperando di capirci qualcosa di più, che il foglio di prescrizione è valido per 90 giorni di terapia, quindi devono darmi altre scatole di Debian… Vedremo a brevissimo di che morte morirò, insomma. 🙏

#HRT #Mannaggia #rogne #SSN

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Intanto nel 1958 il Parlamento approva la legge per l’introduzione del Consiglio superiore della magistratura


Verso la fine del decennio, d’altra parte, la vita associativa comincia a fare emergere anche divisioni in seno all’associazione tra le giovani leve ed i gradi più alti, divisioni legate essenzialmente al problema dell’indipendenza interna e, in particolare, alla richiesta di abolizione dei concorsi previsti per i passaggi di categoria dei giudici che comportano un certo livello di controllo dell’intero corpo da parte dei cassazionisti. Tale frattura emerge in maniera netta nel corso del congresso dell’Associazione del 1957 a Napoli, durante il quale viene votata una mozione che si richiama, appunto, all’abolizione delle carriere. La reazione dei magistrati di cassazione è decisa e la scissione è inevitabile: gli alti gradi della magistratura costituiscono, nel 1960, l’Unione delle corti, poi ribattezzata Unione magistrati italiani (1961), che condurrà una propria esistenza completamente separata dall’Anm ed anzi spesso in contrasto con essa, fino alla fine degli anni Settanta.
Intanto nel 1958 il Parlamento approva la legge per l’introduzione del Consiglio superiore della magistratura; si tratta però di una legge che scontenta molti magistrati (nel congresso di Napoli già ricordato il disegno di legge presentato dal guardasigilli Aldo Moro era stato abbondantemente criticato) e giuristi a causa del grado, considerato non sufficiente, di indipendenza che assicura ai giudici nei confronti del potere politico. Secondo la legge del 1958 infatti il ministro mantiene il potere di iniziativa per quanto riguarda l’assegnazione dei magistrati, la loro promozione e, in generale il loro status. Altro aspetto della legge profondamente criticato è la rappresentatività della composizione del Csm: in base alla legge elettorale vengono sovra-rappresentati i magistrati di Corte d’appello e, ancor di più quelli di Cassazione, che in sostanza hanno la possibilità di dominare il Consiglio <27. Anche Maranini si esprime negativamente, affermando che la legge è ben lontana dal garantire l’indipendenza dell’ordine giudiziario prevista dalla Costituzione <28.
Al conflitto interno alla magistratura tra “innovatori” e “tradizionalisti” non sono estranei anche alcuni politici. Nel giugno del 1959, poco prima di un nuovo congresso dell’Anm, previsto per ottobre a Sanremo, vi è una presa di posizione da parte dell’on. Rocchetti, democristiano, futuro vicepresidente del Csm e membro della Corte costituzionale; questi in Parlamento critica il sistema elettorale interno dell’Anm, nell’ambito della quale stanno emergendo posizioni di rottura rispetto alla tradizione, denunciando il sistema delle deleghe e affermando la necessità di regole interne <29.
Con la scissione da parte dei cassazionisti, gli equilibri interni dell’associazione dei magistrati divengono più favorevoli agli “innovatori” e ciò comporta una maggior pressione nei confronti del Parlamento e dei partiti verso una riforma dei sistemi interni di promozione. Un primo importante successo arriva nel 1963, quando viene promulgata una legge che introduce i “ruoli aperti” (ma si tratta in realtà di un compromesso in cui l’Anm sacrifica parte delle proprie rivendicazioni), ovvero le promozioni in soprannumero rispetto ai posti disponibili e abolisce i detestati concorsi per titoli (uno degli strumenti di controllo da parte degli alti gradi in passato). La strada non è però tutta in
discesa: già l’anno successivo infatti Giallombardo su “La Magistratura”, organo dell’Anm, condanna l’operato del Csm, sostenendo che le commissioni per gli scrutini dei magistrati stanno, nella pratica concreta, annullando gli effetti della legge <30. Ma il 1963 è un anno importante anche per la trasformazione dell’organo di autogoverno: una sentenza della Corte costituzionale dichiara illegittima la legge istitutiva del 1958 nella parte che richiede l’iniziativa del ministro guardasigilli per la maggior parte degli atti più significativi del Consiglio, ritenendola lesiva dell’indipendenza della magistratura.
Il 1964 è un anno decisivo per l’associazionismo dei magistrati: l’assemblea dell’Anm decide di adottare il sistema proporzionale per l’elezione del direttivo; la conseguenza probabilmente più importante è lo sviluppo dei gruppi di riferimento interni, presto battezzati “correnti” dalla stampa, che presentano le loro liste e, grazie ai risultati elettorali, consentono di identificare con una certa precisione le tendenze ideologiche ed il rispettivo peso, fra i magistrati italiani. Si delineano tre grandi schieramenti: uno di maggioranza raccolto intorno alla rivista “Terzo potere”, che darà il nome alla corrente, dotato di un programma definito da alcuni “corporativo” e certamente molto attento alle problematiche più tipicamente sindacali; al tempo stesso la corrente stava dando un grande contributo all’innovazione dell’ordinamento e disponeva di un leader come Salvatore Giallombardo, un punto di riferimento di molti giudici italiani e futuro animatore del congresso dell’Anm di Gardone l’anno successivo. Alla destra dello schieramento vi è Magistratura indipendente <31, che mette al centro del proprio programma il principio dell’apoliticità del giudice, la riforma delle carriere in materia di retribuzione e l’autogoverno della magistratura anche sotto il profilo economico. La base culturale di Magistratura indipendente appare molto simile a quella tradizionalista dell’Unione magistrati italiani ed in effetti ciò che realmente distanzia le due associazioni è la rappresentanza dei magistrati di tribunale e di appello, a cui la seconda non provvede. Gli aderenti a “Mi” dimostrano una scarsa propensione alla partecipazione ed una notevole riluttanza a rilasciare deleghe in occasione delle votazioni <32. Infine vi è Magistratura democratica, fondata a Bologna nel mese di luglio. Nella corrente convivono, almeno fino alla scissione del 1969, elementi ricollegabili alla tradizione liberale, a quella cattolica (ne fa parte, ad esempio, Carlo Moro, fratello del Presidente del consiglio) a quella radicale e a quella marxista; i suoi aderenti mettono al centro la questione del rinnovamento di quella parte dell’ordinamento di origine liberale o fascista e la necessità che il giudice eserciti la giurisdizione utilizzando un’interpretazione della legge ispirata ai principi della Costituzione. Fondamentale nel bagaglio culturale di Magistratura democratica nella fase iniziale anche il controllo della giurisdizione da parte dell’opinione pubblica e, in generale, l’abbandono di quella “separatezza” tra giudice e società che, in qualche modo, costituisce un retaggio culturale ancora assai vivo nella categoria ❤❤. Per molti militanti di Magistratura democratica, in particolare nel periodo compreso tra il 1964 ed il 1977, l’adeguamento del giudice alla società moderna si spinge ben oltre il mero superamento del positivismo giuridico, fino a teorizzare la “giurisprudenza alternativa”, che avrebbe dovuto essere, in primo luogo, uno strumento per affermare scelte che sottolineassero la prevalenza degli interessi delle classi subalterne e per la transizione al socialismo, sfruttando tutte le possibilità offerte dall’ordinamento <34.
Secondo Giorgio Freddi è in questo periodo che, in generale, si sovrappongono alle tradizionali istanze tipicamente corporative della magistratura, anche «controvalori universalistici, i quali si pongono in alternativa ai valori tradizionali. Avviene che emerge una nuova leadership associativa, la quale, diversamente dalla precedente è consapevole da un canto che se si vogliono portare avanti con successo le istanze sindacali occorre uscire dal chiuso dell’ordine giudiziario e articolare quelle istanze in modo da renderle comprensibili e politicamente rilevanti…» <35. La competizione fra le correnti diviene immediatamente molto accesa <36; nel corso delle elezioni per il Comitato Direttivo Centrale dell’Anm del dicembre 1964 appare un libello dal titolo “Compagno giudice”, attribuito ad aderenti a Magistratura indipendente, che attacca, da destra, con espressioni anche pesanti, le altre due correnti, ritenute eccessivamente “rivoluzionarie”. In quella circostanza “Terzo potere” si afferma come gruppo associativo maggioritario con il 41 per cento dei consensi, seguito da Magistratura Indipendente, con il 33 per cento e da Magistratura Democratica con il 19 (altre liste minori conseguono l’8 per cento in totale) <37.

[NOTE]27 Secondo la legge del 1958, dei 14 membri “togati” (7 erano invece quelli eletti dal Parlamento secondo il dettato costituzionale) 6 dovevano essere di cassazione, 4 di appello e 4 di tribunale. A questi si devono aggiungere 2 membri di diritto, anch’essi magistrati di Cassazione.
28 G. Maranini, Storia del potere in Italia 1848-1967, Vallecchi, Firenze, 1968. Pag. 458
29 Vedi R. Canosa e P. Federico, La magistratura in Italia. Cit, Pag. 235. Secondo gli autori ciò segna l’inizio di uno stretto collateralismo tra settori della Dc e gli alti gradi della magistratura poi rappresentati dall’Umi.
30 Ibid. Pag 273
31 Non tutti coloro che aderiscono a questa corrente però accettano completamente questa collocazione: «Dire come fa Romano Canosa che Magistratura indipendente è la corrente di destra, è una verità parziale. E’ vero se la si distingue da Magistratura democratica (sinistra) e da Unità per la costituzione (centro-sinistra). Non è vero se la qualificazione è intesa in senso assoluto. In magistratura esiste una sinistra giudiziaria. Non esiste una destra giudiziaria. La ragione fondamentale di quest’assenza sta nel fatto che, nella visione dello stato di un uomo di destra (non del centro-destra liberal) la giurisdizione è funzione neutrale, con la conseguenza che i magistrati orientati a destra rifiutano di collocarsi in una delle classificazioni politiche usuali» in R. Ricciotti, Sotto quelle toghe. Le radici delle correnti nella magistratura, Edizioni Settecolori, Lamezia Terme, 2007. Pag. 44
32 Vedi R. Canosa e P. Federico, La magistratura in Italia. Cit, Pag.279
33 Vedere L. Ferrajoli, “Per una storia delle idee di Magistratura Democratica”, in N. Rossi (a cura di), Giudici e democrazia: la magistratura progressista nel mutamento istituzionale, Franco Angeli, Milano, 1994.
34 V. Zagrebelsky, “La magistratura ordinaria dalla costituzione ad oggi”. Cit. Pag. 773
35 Giorgio Freddi, “La magistratura come organizzazione burocratica”, in Politica del diritto, del 1972.
36 Per rendere l’idea di quanto le proposte dei settori progressisti, in particolare di Magistratura democratica, fossero considerate eversive si consideri il seguente passaggio scritto da un giudice moderato che, dopo aver ricordato le dottrine nazionalsocialista e sovietica del diritto, afferma che «Il terzo momento di crisi del diritto in Europa ha origine nel 1964 con la pubblicazione del programma di Magistratura democratica. Un gruppo di magistrati culturalmente dotati e politicamente determinati si fece sostenitore della giurisdizione come funzione di indirizzo politico», R. Ricciotti, Sotto quelle toghe. Le radici delle correnti nella magistratura, Edizioni Settecolori, Lamezia Terme, 2007. Pag. 50.
37 Le cifre sono tratte da C. Guarnieri, Magistratura e politica in Italia. Pesi senza contrappesi, Il Mulino, Bologna, 1992. Pag. 101.
Edoardo M. Fracanzani, Le origini del conflitto. I partiti politici, la magistratura e il principio di legalità nella prima Repubblica (1974-1983), Tesi di dottorato, Sapienza – Università di Roma, 2013

#1957 #1958 #1960 #1961 #1963 #1964 #alternativa #alti #Anm #associazione #Congresso #Consiglio #correnti #corti #democratica #EdoardoMFracanzani #giudiziario #giurisprudenza #gradi #indipendente #indipendenza #innovatori #magistratura #ordine #potere #SalvatoreGiallombardo #Superiore #Terzo #Unione


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Giacomo, la Luna e Pinky: omaggio a Massimo Mattioli

edu.inaf.it/rubriche/astrograf…

Uno strano dialogo tra la Luna nel cielo e un Giacomo Leopardi un po’ particolare…

#fumetti #GiacomoLeopardi #infografica #Luna #MassimoMattioli


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domenica 24 agosto ultimo giorno per inviare opere NON assertive

tutte le informazioni qui:
slowforward.net/2025/08/20/il-…


#call #callForWorks #scritturaDiRicerca #scritturaNonAssertiva #scrittureDiRicerca #scrittureNonAssertive #testiNonAssertivi


il 24 agosto si chiude la call for works


CFW: ancora fino al 24 agosto2025 – ma non oltre – è possibile inviare alla mail unica gammmatica [at] gmail.com proposte di pubblicazione di testi non assertivi (scritture di ricerca) e/o opere grafiche o verbovisive.

non opera omnia, non racconti, non romanzi, non poesie, non tavole parolibere futuriste.

accludere:

  • una dichiarazione di originalità e libera pubblicabilità del materiale (= deve essere esplicitato che è di proprietà esclusiva di chi invia, e che – soprattutto se include materiali anche altrui – è libero da copyright);
  • una liberatoria per la pubblicazione che esclude esplicitamente ogni impegno di carattere economico;
  • una biobibliografia di massimo 10 righe;
  • indirizzo email e postale

solo agli invii che verranno accolti sarà data risposta: se non c’è risposta entro il 30 settembre 2025, il materiale è da considerare non accolto.

lo spazio in rete che pubblicherà il materiale potrà essere uno dei seguenti (l’autrice o autore che invia può inoltre ricevere eventuali richieste di pubblicare opere diverse anche su più di una sede tra queste):

GAMMM

GAMMMATICA (rubrica della rivista cartacea “l’immaginazione”)

ELR – ESISTE LA RICERCA

AHIDA (spazio post-poetica)

COMPOSTXT

PONTEBIANCO

SLOWFORWARD

SCRIPTjr.nl

EEXXIITT

ASEMIC @ Telegram

DIFFERX @ noblogs

#ahida #asemic #asemicTelegram #callForPapers #callForWorks #cfp #cfw #compostxt #differx #differxNoblogs #eexxiitt #ELR #ELREsisteLaRicerca #EsisteLaRicerca #gammm #gammmatica #materialiVerbovisivi #nonAssertività #opereGrafiche #ponteBianco #pontebianco #scriptjrNl #scritturaDiRicerca #scrittureDiRicerca #slowforward #testiNonAssertivi



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Il diritto di non emigrare


Pallante sostiene che le attuali migrazioni rispondono all’esigenza dei Paesi ricchi di avere un maggior numero di produttori e consumatori di merci, per consentire alle loro economie di continuare a crescere.

Coloro che si pongono come obiettivi etici e politici la sostenibilità ambientale, l’equità e la solidarietà non dovrebbero compiere l’errore di ridurre la complessità dei problemi posti dalle migrazioni alla gestione dell’emergenza, e la gestione dell’emergenza alla contrapposizione tra accoglienza e respingimento dei migranti. Aiutare le persone in pericolo di vita è un obbligo morale prima ancora che giuridico, ma la solidarietà, che non consente di ignorare la sofferenza, non ne elimina le cause. Le sofferenze generate dalle migrazioni si riducono solo se si riducono i flussi migratori. E questi possono calare solo se diminuiscono l’iniquità sociale e l’insostenibilità ambientale che inducono, o costringono, i più indigenti a emigrare dai loro Paesi, in cui non riescono più a ricavare il necessario per vivere. Per chi è consapevole che le attuali migrazioni sono un’esigenza del modo di produzione industriale nella fase storica della globalizzazione, l’accoglienza è solo la prima tappa di un percorso politico che i Paesi di arrivo devono progettare di comune accordo con i Paesi di partenza dei flussi migratori, nella consapevolezza che quello occidentale non può costituire il modello di riferimento per i popoli poveri, perché, pur rappresentando il massimo risultato evolutivo raggiunto dalla storia, ha iniziato una rapida parabola involutiva, in cui sta trascinando tutta la specie umana.

Dalla quarta di copertina


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Atti dibattito del 15.8.2025 alla Festa Rossa: conflitti, sanzioni e riarmo.


Prima tranche degli atti del dibattito del 15 agosto alla Festa Rossa 2025 su conflitti, sanzioni e riarmo

Prima tranche degli atti del dibattito del 15 agosto alla Festa Rossa 2025:

Conflitti, sanzioni e riarmo

Tra rallentamento economico, crisi industriale e perdita di potere d’acquisto dei salari dove, ci stanno portando l’Ue e la Nato?

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Il complesso contesto geopolitico attuale

La crisi dell’ordine globale

L’attuale fase geopolitica caratterizzata dalla contrapposizione fra la declinante egemonia mondiale statunitense iniziata con la fine della Guerra Fredda e le aspirazioni del Sud globale a guida Brics+ di ridefinizione delle relazioni su base multilaterale, sta determinando un aumento delle tensioni internazionali e dei conflitti armati, con conseguente sensibile incremento delle spese militari e delle politiche di riarmo.

Stiamo attraversando un’inedita fase nella quale dominano l’incertezza e l’instabilità geopolitica, con i conflitti armati che secondo l’Uppsala Conflict Data Program (1) hanno a oggi superato quota 100, fra quelli combattuti fra soggetti statuali e quelli interni, questi ultimi a loro volta caratterizzati da implicazioni internazionali, come nel caso di quelli in corso in Myanmar, Somalia e Sudan e, nei paesi dell’area del Sahel, Burkina Faso, Mali e Niger solo per citarne alcuni.

Guerre civili sovente originate da crisi economiche, disuguaglianze strutturali e negazione di diritti umani e civili, talvolta a danno di minoranze etniche e religiose e, quasi sempre, sostenute da attori internazionali che mirano allo sfruttamento delle risorse agricole e del sottosuolo. Come nel caso della guerra in corso da anni nell’est della Repubblica Democratica del Congo, dove opera l’organizzazione paramilitare M23 sostenuta dal Ruanda di Paul Kagame (2), la quale a sua volte gode dell’appoggio dei paesi occidentali interessati ad acquistare, tramite intermediazione di Kigali, gli ambiti minerali estratti illegalmente nella provincia congolese del Nord Kivu(3), rendendosi implicitamente compartecipi del conflitto.

Un rapido sguardo sul Medio Oriente

Storicamente buona parte delle guerre combattute in Medio Oriente affondano le radici nella politica espansionistica di Israele, che non casualmente non ha mai dichiarato i propri confini, e nella pulizia etnica implementata, a danno della popolazione palestinese, a partire dal marzo 1948 a seguito del’approvazione del Piano Dalet da parte della dirigenza del movimento sionista guidato da Ben Gurion (4). E dall’occupazione militare, la colonizzazione e la parziale annessione di fatto dei Territori Palestinesi (Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme est) dopo il giugno 1967.

Tuttavia, negli ultimi 3 anni con il governo di estrema destra del Primo Ministro Netanyahu abbiamo assistito a una drammatica accelerazione dell’instabilità regionale e del numero dei conflitti con fronti di guerra aperti da Tel Aviv contro Gaza, Siria, Hezbollah libanese, Houthi yemeniti e, da ultimo, anche Iran (5). Questi conflitti hanno portato alla destrutturazione del cosiddetto “Asse della resistenza” (6), anche a seguito della caduta di Bashar el-Assad in Siria da parte dell’organizzazione Jihadista Hayat Tahrir al Sham (HTS), armata e sostenuta dalla Turchia. Determinando, in tal modo, i presupposti per un riassetto geopolitico dell’area mediorientale a vantaggio di Israele e Turchia, con accrescimento per entrambi dello status di potenza regionale e ampliamento delle rispettive aree di influenza. E, nel caso di Tel Aviv, anche una estensione del controllo militare diretto su porzioni di territorio siriano e Libanese.

Subisce un ridimensionato geopolitico l’Iran per la perdita e la sconfitta dei suoi alleati regionali, rispettivamente Assad ed Hezbollah, anche se ciò non gli ha impedito di uscire militarmente rafforzato dalla “Guerra dei 12 giorni”. Infatti, Tel Aviv, dopo i bombardamenti Usa ai siti nucleari, ha subito accettato la proposta di Trump di “cessate il fuoco” in quanto rischiava di impantanarsi in una guerra di attrito non sostenibile oltre il brevissimo periodo, vista la capacità di resistenza e di risposta missilistica di Teheran (7).

Il quadro geopolitico globale

Come inizialmente accennato stiamo attraversando una fase geopolitica caratterizzata da un incremento delle tensioni internazionali e dei conflitti anche armati, le cui origini sono da ricondursi alla determinazione statunitense di mantenere il proprio ruolo egemonico a livello mondiale, nonostante l’ascesa economica, militare e geopolitica delle potenze emergenti, Cina e Russia in testa.

Un progetto strategico, codificato in atti ufficiali, scaturito da dottrine geopolitiche precedentemente elaborate. Nella fattispecie, uno dei più significativi in tal senso risulta il rapporto ufficiale 2018 della Commissione bipartisan incaricata dal Congresso Usa di elaborare la strategia di difesa nazionale. Il documento in questione parte dall’assioma che dalla Seconda Guerra mondiale gli “Stati Uniti hanno guidato la costruzione di un mondo di inusuale prosperità, libertà e sicurezza. Tale realizzazione, di cui essi hanno enormemente beneficiato, è stata resa possibile dalla ineguagliata potenza militare Usa”. Definita “spina dorsale della influenza globale e sicurezza nazionale Usa“, sarebbe insediata, secondo gli autori, da “competitori globali (Cina e Russia, ndr”) che stanno cercando l’egemonia regionale e i mezzi per proiettare potenza su scala globale”. E in merito a ciò la suddetta Commissione ha ipotizzato due ipotesi di conflitto, prima con la Russia e, successivamente, con la Cina, arrivando alla conclusione, in base agli esisti non favorevoli di tali simulazioni, che “la sicurezza e il benessere degli Stati Uniti sono a rischio più di quanto lo siano stati nei decenni precedenti”(8).

Da questi presupposti origina la visione strategica di continuare a esercitare l’egemonia mondiale facendo leva sulla superiorità militare, tecnologia, finanziaria e valutaria e, opportunamente, prima che venga significativamente erosa, è necessario affrontare, preferibilmente in modo indiretto, separatamente le due potenze in questione, evitando, peraltro, che realizzino una alleanza strutturata.

In considerazione di ciò, la suddetta Commissione proponeva di aumentare le spese militari di un 3-5% annui soprattutto per incrementare il dispiegamento di forze militari nella regione dell’Indo-pacifico dove “sono attivi 4 dei nostri 5 avversari: Cina, Nord Corea, Russia e (non specificati) gruppi terroristici”. Con l’Iran nel ruolo di quinto avversario, non casualmente bombardato da Trump durante la “Guerra dei 12 giorni”.

Andrea Vento

13 agosto 2025

Gruppo Insegnanti di Geografia Autorganizzati

1 ucdp.uu.se/exploratory – Carta interattiva delle guerre e dei conflitti

2 Parola a..Vento: Cosa accade in Congo? Intervista all’attivista di origine congolese John Mpaliza.

giuliochinappi.wordpress.com/2…

3geopolitica.info/rdc-rwanda-m2…

4 “La pulizia etnica della Palestina” di Ilan Pappe. Fazi Editore 2008

5 marxismo-oggi.it/saggi-e-contr…

6 Per Asse della resistenza è una coalizione informale costituita da stati e da partiti con struttura politico-militare, in prevalenza sciiti, alleati o sostenuti dall’Iran ed era composta oltre che dalla Repubblica islamica dalla Siria di Assad sino alla sua deposizione nel dicembre 2024, dalle milizie sciite irachene raccolte nella Forza di Mobilitazione Popolare, dall’Hezbollah libanese (sensibilmente ridimensionato dai pesanti attacchi israeliani del 2024), dagli Huthy dello Yemen e in Palestina da Hamas e dalle Jihad islamica benché queste ultime di confessione sunnita. Scopo dell’Asse della resistenza è quello di riunire e coordinare le forze per opporsi all’influenza straniera in Medio Oriente, in primis statunitense, e promuovere la resistenza contro l’occupazione israeliana della Palestina e degli altri territori dei paesi arabi.

7 marx21.it/internazionale/cosa-…

8 ilmanifesto.it/gli-usa-si-prep…

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Uno dei difetti principali delle formazioni partigiane in Cadore era l’ossessivo mantenimento di posizioni fisse


A settembre [1944] tutte le brigate aumentarono la frequenza delle loro scorribande, nel tentativo di isolare il Centro Cadore, la Val d’Ansiei ed il Comelico, impedendo la penetrazione del territorio da parte dei mezzi corazzati tedeschi, che battevano in ritirata. Le più significative azioni di questo periodo furono l’attacco al presidio tedesco sul monte Tudaio da parte di un gruppo della Oberdan in data 3 settembre 1944, il brillamento di un ponte sulla strada statale n. 51 denominata «Cavallera» il 4 settembre, l’attentato ad una pattuglia tedesca presso il ponte sul Rio Rin a Lozzo di Cadore il 6 settembre <134, l’imboscata ad un autocarro nel paese di Vallesina il 9 settembre, la conflagrazione tramite esplosivo di un ponte sul fiume Ansiei nello stesso giorno e la demolizione del ponte che collegava il paese di Venas a quello di Cibiana il 10 settembre <135. A complicare le cose sopraggiunsero alcune divergenze tra la Brigata carnica Osoppo e la Brigata Cadore. La prima voleva intensificare le azioni per dar luogo ad una strenua lotta contro l’invasore, la seconda invece voleva evitare le interferenze di altri nuclei partigiani sulla propria zona e lo stesso «Garbin» si mobilitò affinché fossero rispettati i territori di competenza delle singole brigate. Gli eventi precipitarono quando, il mattino del 20 settembre, alcuni partigiani della Osoppo, spararono diversi colpi di mitraglia contro l’edificio della scuola elementare di Pelos, sede del comando tedesco. Nello stesso tempo Alessandro Gallo si trovava a Lozzo per ricevere delle informazioni e dei documenti da un «gappista» della base di Pieve. Quando sentì gli spari, temendo una feroce ritorsione tedesca contro il paese, si portò con quattro compagni nella zona della «Curva dei Sindaci» presso la periferia di Lozzo. Qui attese per ore l’avvento del «gappista», ma poiché esso tardava, decise di tendere un agguato contro tre camion tedeschi che transitavano nella strada verso Domegge. Le bombe lanciate da Alessandro Gallo e dagli altri partigiani danneggiarono solo il primo dei tre automezzi, permettendo ai soldati degli altri due di reagire tempestivamente. Incalzati dal fuoco tedesco i partigiani si diedero alla fuga: il «Garbin» venne braccato ed ammazzato insieme a due dei suoi fedeli compagni <136, in località «Ceraia», mentre alla strage sopravvissero Arturo Fornasier «Volpe» e Giuseppe De Col «Carlo». I corpi dei caduti vennero allineati sulla scarpata adiacente alla strada e vennero dati alle fiamme i fienili circostanti <137. Il giorno successivo, per scongiurare il pericolo di ulteriori attacchi di guerriglia, i tedeschi abbandonarono i presidi di S. Caterina ad Auronzo e del Comelico e ripiegarono in quel di Pieve. Ma un gruppo della Calvi colpì presso Ponte Nuovo una pattuglia tedesca uccidendo due militi e ferendone gravemente altri cinque <138. Di conseguenza il 22 settembre i tedeschi effettuarono un rastrellamento a Calalzo ed arrestarono numerosi operai della fabbrica «Lozza», che vennero portati nella gendarmeria di Tai di Cadore per essere sottoposti ad interrogatorio <139. A Lozzo il panico si diffuse tra gli abitanti, di cui gran parte si nascose nell’altopiano di Pian Dei Buoi, sopra il paese, mentre il parroco don
Pietro Costantini celebrava in segreto le esequie dei tre partigiani caduti in battaglia due giorni prima <140. Molti uomini furono catturati e nel paese di Lorenzago solo l’intervento del parroco don Sesto Da Pra <141 impedì che i partigiani del luogo venissero estromessi dal paese da parte della popolazione terrorizzata dall’idea di subire la violenza tedesca. Per scongiurare ogni possibile ritorsione egli si recò personalmente al Comando delle SS di Tai, per convincere gli ufficiali che la colpa degli attentati recenti era da addossare a gruppi di partigiani titini <142.
Nel frattempo la prematura scomparsa di Gallo provocò i primi disappunti tra il Cln e la Brigata Calvi, che all’improvviso venne abbandonata a sé stessa e fu costretta a recuperarsi i viveri con le requisizioni forzate, malviste dalla gente già ampiamente provata dalla miseria derivata dalla guerra. Alla fine di settembre, i prigionieri tedeschi detenuti nella «Caserma di Sora Crepa» e a Pian Dei Buoi vennero trasportati presso il Passo della Mauria e furono scortati da un contingente della Osoppo fino a Forni Di Sopra; tuttavia per evitare ulteriori rappresaglie tedesche essi vennero presto rilasciati e fecero ritorno al Comando di Tai <143. Iniziò così, per i volontari cadorini, un periodo di sconforto e di profonda crisi organizzativa.
Uno dei difetti principali delle formazioni partigiane in Cadore era l’ossessivo mantenimento di posizioni fisse, che permetteva al nemico di accerchiare facilmente ogni loro dispiegamento grazie anche alla mancanza di armi e di un adeguato addestramento <144. Nell’autunno del ’44 anche gli alleati incontrarono alcune avversità e rallentarono la loro avanzata ed i tedeschi ebbero la possibilità di concentrare le proprie forze contro i partigiani. L’assenza di collegamenti tra alleati e partigiani era una grave carenza che poteva causare la distruzione dell’intero impianto della Resistenza, soprattutto nel momento in cui i tedeschi erano fortemente intenzionati a riprendere il possesso dei punti strategici in Veneto ed in Friuli. Per schiacciare le forze partigiane definitivamente il Comandante Supremo della zona Sud Ovest Albert Kesselring ordinò «una settimana di lotta» dall’8 al 14 ottobre del 1944 contro ogni banda di ribelli <145. Per far fronte alla situazione che stava degenerando, i vertici della Nannetti stabilirono una ristrutturazione di tutte le formazioni in piccoli nuclei più facilmente gestibili. Tuttavia la scarsità di vivande, la paura di rastrellamenti tedeschi, l’atteggiamento attendista del Cln, contribuirono ad indebolire ulteriormente le fila partigiane. Il 18 ottobre infatti, senza incontrare ostacolo alcuno, diverse truppe tedesche, provenienti dalla Carnia, invasero il Cadore attraversando il Passo della Mauria. Il 20 ottobre, la Brigata Calvi, impotente dinnanzi all’inesorabile avanzata del nemico fu costretta ad ordinare l’ennesimo frazionamento dei battaglioni in compagnie di quattro o cinque uomini con il compito di avvicendarsi ai propri paesi ed alle rispettive famiglie <146. Ai primi di novembre il Comando della Calvi fu affidato a Carlo Orler, detto «Alberto» ed a Severino Rizzardi, chiamato «Tigre <147». Dopo questo riassetto ed il frazionamento della Brigata, la maggior parte dei partigiani si aggregarono alla Todt <148 di Termine di Cadore su cui i tedeschi mantenevano un diretto controllo. Nel contempo i tedeschi ritornarono a Pelos ed ordinarono la costruzione di un nuovo ponte che collegasse il paese a Lozzo, da ultimare in appena quindici giorni. Furono ripresi i rastrellamenti nei paesi di Domegge <149, Laggio, Vigo, Calalzo ed Auronzo, molti fienili vennero bruciati e gli uomini validi e celibi vennero deportati nel campo di concentramento di Bolzano. Il 13 novembre, da Radio Londra, venne trasmesso il messaggio radiofonico «Alexander» nel quale si decretava il termine delle operazioni di sfondamento della «Linea Gotica» da parte dell’esercito alleato a causa dell’arrivo dell’inverno. Cosicché nascondere e nascondersi divenne l’unico imperativo dei partigiani della Calvi. Nonostante l’estrema accortezza che essi manifestarono nel darsi alla macchia non fu possibile evitare la cattura di alcuni patrioti per mano tedesca. Il 30 novembre infatti, nei comuni di Vigo, Lorenzago e Lozzo di Cadore, un rastrellamento portò al sequestro di Celestino Da Rin «Lune», di Galliano Ronzon «Marat», di Roberta Martini, di Vincenzo Calligaro e di Terenzio Baldovin. Tra questi Calligaro e Baldovin furono deportati al campo di Bolzano, ma solamente Terenzio finì in Germania dove perì nel campo di Obertraubling <150. Nella prima settimana di dicembre, le ultime forze partigiane scesero a valle e si mescolarono alla popolazione anche il presidio del rifugio «Tita Barba» venne abbandonato. Alla smobilitazione delle truppe di patrioti corrispose una continua caccia all’uomo da parte dei servizi di polizia tedesca, che portò all’arresto di Mario Chioccola, Direttore delle Scuole di Avviamento e di Innocente Anzutti, entrambi membri del Cln dei paesi dell’Oltrepiave <151. Fu solo con l’avvento della primavera che si riprese l’attività di Resistenza ad Auronzo, nel massiccio delle Marmarole ed in Comelico.

[NOTE]134 A causa di questo attentato il 7 settembre 1944 vi fu una reazione tedesca contro il paese di Lozzo. A riguardo, nelle memorie dell’allora parroco di Lozzo don Pietro Costantini si leggono le seguenti parole: «Alle ore 16, mentre il Parroco è in chiesa parrocchiale intento alle confessioni dei fanciulli, che si preparano alla festa della Madonna, una pattuglia di tedeschi si ferma davanti alla chiesa ed incomincia a sparare. Grande panico. Il Parroco tratta con i tedeschi, riesce a portare i fanciulli all’Asilo infantile e li affida alle Suore. Durante la sparatoria rimangono feriti Calligaro Achille Capo, Laguna Marco a Col e Marta Raffaele. Per fortuna le ferite non sono gravi». Cit. da don
Pietro Costantini, La nostra Chiesa, Lozzo di Cadore, 1969, p. 17.
135 Si veda Musizza e De Donà, Guerra e Resistenza in Cadore,, pp. 186-197.
136 I caduti oltre al «Garbin» furono Alfredo Piccin detto «Mingi» di Domegge e Giovanni Valentini «Lilli» di Arona. Si veda la fotografia della croce commemorativa posta sul luogo della strage riportata in Appendici, documenti e fotografie, ivi p. 167. Cfr. Fornasier, Il nonno racconta, pp. 71-72.
137 Cfr. Musizza e De Dona, Guerra e resistenza in Cadore, pp. 236-238.
138 Ibidem, pp. 240-245.
139 Il giorno successivo continuarono gli scontri tra i soldati tedeschi ed i partigiani. Di questi eventi nel diario di don Pietro Costantini sotto l’indicazione della data del 23 settembre 1944 si legge: «Combattimenti fra partigiani e tedeschi in comune di Domegge, fino a S. Anna dove un partigiano del Comelico è trovato cadavere, sotto un fienile.» Cit. da don Pietro Costantini, La nostra Chiesa, p. 18.
140 Riguardo all’attentato del 20 settembre nelle memorie di don Pietro Costantini, datate 20 settembre 1944, si legge: «Tre partigiani uccisi sui campi di “Ceraia”. È ucciso anche il capo “Garbin”. Il medico recatosi a constatare la morte trova nelle loro tasche “Notes” con nominativi ed indicazioni che fortunatamente non giungono in mano a tedeschi. Nuova sparatoria per le vie del paese. Nessun ferito, ma molta paura. Corre voce che si farà una rappresaglia sul paese. La gente s’affretta a mettere in salvo le cose più importanti. Anche gli ammalati sono portati fuori di casa e sistemati nei fienili di “Le Spesse” e “Naro”. Il caso più pietoso è quello di Da Pra Colò Maria ved. Baldovin Stefin che non può muoversi dal letto. È caricata su di un carro e trasportata, quasi agonizzante, in un fienile.” Cit. da don Pietro Costantini, La nostra Chiesa, p.18. Inoltre in una busta che reca la didascalia Foto: partigiani uccisi dalla SS. Tedesca in località “Ceraia” sett. 1944, custodita presso l’Archivio della parrocchia di S. Lorenzo Martire di Lozzo di Cadore c’è la seguente annotazione: “Partigiani uccisi dalle S.S. tedesche in località “Ceraia” il giorno 20.9.1944 in uno scontro provocato dai partigiani stessi, non si sa bene a quale scopo, quando si tenga presente che i partigiani erano in cinque e i tedeschi erano circa un centinaio ed occupavano due automezzi equipaggiati a guerra.” Il documento porta la firma del parroco don Pietro Costantini, nel retro c’è l’elenco dei partigiani caduti con i rispettivi nomi di battaglia e la dicitura “il giorno 20 sett. 1944, dei cinque partigiani sopravvissero due soltanto.” Nella busta ci sono le foto dei corpi dei caduti e la copia di una circolare del comune di Lozzo in cui si legge: “Il giorno 20 settembre 1944 alle ore 14:30 circa sono morti in località “Ceraia” di questo Comune tre individui sconosciuti (partigiani) di sesso maschile, uno dell’apparente età di anni 35 e gli altri due di anni 30, in seguito a ferite di arma da fuoco (mitragliatrice) sparata da soldati delle Forze Armate Germaniche. Il cadavere dei medesimi fu trasportato nel cimitero di Lorenzago, dopo il funerale eseguito a Lozzo. Lozzo di Cadore, 21 settembre 1944; l’Ufficiale dello Stato Civile Delegato.» La busta e le foto suddette sono riportati in Appendici, documenti e fotografie, ivi pp.168-171. Si veda anche serie 9, Protocolli 1840-1950, busta 124, fasc.1, Registro di protocollo 1944 1° gen.- 1945 lug.11, p. 164, in Archivio comunale di Lozzo di Cadore, dove si legge: «Si registra il rinvenimento di 3 cadaveri di partigiani morti in località Ceraia il 20 corr. Alle 14:30. Salme trasportate poi a Lorenzago”. Cfr. Anche serie 23, busta 1013, fasc. 7, categoria XV, Sicurezza pubblica, classi 1°, Stato civile, dove si legge: “Il 22 settembre i tre corpi dei partigiani di Ceraia furono portati a Lorenzago dopo il controllo del medico Amadori».
141 Aleardo Sesto Da Pra «Pocchiesa» nacque a Lozzo di Cadore il 31 maggio 1909 alle ore 22:00, da Lorenzo e Bartolomea Lovarini, penultimo di sette fratelli: Grazioso, Gaetano, Giovanni, Mario, Celio e Delio. Egli venne ordinato sacerdote il 6 luglio 1936 e fu cooperatore ecclesiastico a Pieve di Zoldo, a Santo Stefano e a Lorenzago di Cadore. Nel novembre del 1943 divenne titolare della parrocchia di Lorenzago. Morì il 16 febbraio 2000 presso l’ospedale di Pieve di Cadore. Si veda Marco D’Ambros (a cura di), Don Sesto Da Pra, un parroco amico del Papa, Grafica Sanvitese, San Vito di Cadore (Bl), I Edizione, luglio 2010, pp. 7-8.
142 Si veda Musizza e De Donà, Guerra e Resistenza in Cadore, pp. 245-249.
143 Ibidem, pp. 254-258.
144 Cfr. Vendramini, Aspetti militari della resistenza bellunese e veneta. Tra ricerca e testimonianza, pp. 85-86.
145 Si veda Musizza e De Donà, Guerra e Resistenza in Cadore, p.263.
146 Ibidem, pp. 268-271.
147 Ibidem, p. 279.
148 L’Organizzazione Todt o «Ot» era un’impresa di costruzioni addetta all’allestimento di fortificazioni attivata dal Reich, essa prese il nome dal suo fondatore Fritz Todt, che ne rimase a capo fino all’8 febbraio 1942 quando perì in un incidente aereo, poi venne sostituito da Albert Speer. Ibidem, p. 280.
149 Qui, i due partigiani Renato De Bernardo «Ivan» e Duilio Cian vennero impiccati il 25 ottobre 1944. Cfr. Ibidem, p. 298-299.
150 Ibidem, pp. 321-323.
Vittorio Lora, Terenzio Baldovin e Lozzo di Cadore. Public history e stratificazioni della memoria in una comunità di montagna, Tesi di laurea, Università Ca’ Foscari – Venezia, Anno accademico 2011-2012

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“prima dell’oggetto”, di mg (ed. déclic) @ radiotre suite, domenica 24 agosto, h. 23:00 circa

copertina di "Prima dell'oggetto", di Marco Giovenale (déclic, 2025)


Prima dell’oggetto (déclic, 2025)
a Radio3 Suite

domenica 24 agosto
alle ore 23:00 circa
MG in dialogo con Fabio Cifariello Ciardi

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evento facebook: facebook.com/events/1981922402…

il libro: declicedizioni.it/prodotto/pri…

link e materiali vari: slowforward.net/2025/05/16/lin…

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link e materiali per “prima dell’oggetto” (déclic, maggio 2025)


POST IN CONTINUO AGGIORNAMENTO


scheda editoriale:

copertina di "Prima dell'oggetto", di Marco Giovenale (déclic, 2025)
cliccare per accedere al sito dell’editore

Se c’è un libro che si è stufato sia della poesia sia del narrare usuale, e che va in senso opposto, è questo: si muove verso il senza verso e si interroga sulla fuga caotica delle cose e delle narrazioni, come alice che non capisce le corse del bianconiglio ma si secca pure di seguirlo. il lettore non deve però spaventarsi di questo smarrimento. potrà confidare in alcune chiavi, rammentando:

– che quasi tutto si svolge a roma, ossessivamente richiamata: e tanto il richiamare quanto il suo oggetto danno sul barocco, con conseguente eco lontana di erotía;
– che una sfumante prima parte del libro si abbandona al flusso fonico del discorso, toccando solo leggermente la sostanza di storie e microstorie;
– che detto flusso si cristallizza pian piano in quasi-racconto, e allora affiorano figure precise, anche se spesso poi si sfaldano, si dissipano;
– che a sfarinarsi è tanto il linguaggio quanto il reale già sotto scacco e fuori fuoco, come per un’apocalisse nascosta in ogni pixel del quadro.

PRIMA DELL’OGGETTO
di Marco Giovenale
déclic edizioni || libro in brossura con alette, cm 13,5 x 19 || pp. 128, ISBN 9791281406117 || uscita: 16 maggio 2025

READING, INCONTRI, REGISTRAZIONI, APPUNTI, IMMAGINI:

15 set. 2025:
il podcast ‘La Finestra di Antonio Syxty’ propone un dialogo sul libro con Niccolò Scaffai, open.spotify.com/episode/0mCWU… (cfr. anche slowforward.net/2025/09/15/fin…)

25 ago. 2025:
intervista su Prima dell’oggetto, e su “La scuola delle cose”, n. 19 (“scrittura di ricerca”): RadioTre Suite, 24 ago. 2025, h. 23:00-23:25, https://www.raiplaysound.it/audio/2025/08/Radio3-Suite—Magazine-del-24082025-aef7d6cc-546a-474c-bcbb-3db0019727f8.html e slowforward.net/2025/08/25/rad…

28 lug. 2025:
una pagina dal libro, riprendendo un post editoriale su fb
slowforward.net/2025/07/28/una…

19 giu. 2025:
notille da un social dopo il reading a Villa Lais del 28 mag. 2025
slowforward.net/2025/06/19/not…

17 giu. 2025
pod al popolo, #070: reading perinelli e giovenale @ studio campo boario, 17 giu. 2025
@ archive: archive.org/details/pap-070-pr…

16 giu. 2025:
registrazione del reading (con autoannotazioni) a Villa Lais, 28 mag. 2025
slowforward.net/2025/06/16/pap…

31 mag. 2025
pod al popolo, #069: lettura di mg (da Oggettistica e Prima dell’oggetto) @ ‘roma chiama poesia’, teatro basilica, 31 mag. 2025
@ archive; archive.org/details/pap069_Rom…


ANTEPRIME, ESTRATTI, FRAMMENTI:

un estratto qui

Quattro estratti/anteprime su fb (apr.-mag. 2025):
slowforward.net/2025/06/02/ant…

Alcuni materiali comparsi in altra forma sul Multiperso:

Scendi, 21 giu. 2023:
multiperso.wordpress.com/2023/…

L’importanza dell’ascolto, 16 lug. 2023:
multiperso.wordpress.com/2023/…

Stanza stanza, 24 lug. 2023:
multiperso.wordpress.com/2023/…

Pietra, 25 set. 2023:
multiperso.wordpress.com/2023/…

[Nest. Rest. Reset. Next], 4 ott. 2023:
multiperso.wordpress.com/2023/…

Videoripresa, 13 ott. 2023:
multiperso.wordpress.com/2023/…

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declicedizioni.it/prodotto/pri…

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Coordinatrice delle Nazioni Unite espulsa dal Burkina Faso.


Carol Flore-Smereczniak espulsa a causa di un rapporto che accusa militari e VDP di violenze sui bambini.

Il governo della giunta militare del Burkina Faso ha dichiarato lunedì 18 agosto 2025 la coordinatrice residente delle Nazioni Unite, Carol Flore-Smereczniak, “persona non grata” a causa di un rapporto ufficiale delle Nazioni Unite che accusa i gruppi jihadisti e le forze governative di violazioni dei diritti dei bambini.

In una nota, il governo ha accusato Flore-Smereczniak di aver partecipato alla redazione del rapporto intitolato “Bambini e conflitto armato in Burkina Faso”, che secondo l’esecutivo è privo di prove e documentazione a supporto, manca di fondamenti solidi, e dunque presenta, a suo avviso, delle “controverità”.

Il portavoce del Segretario Generale delle Nazioni Unite ha espresso rammarico per la decisione del governo burkinabè, sottolineando che essa non si basa su alcuna base legale. Il sistema delle Nazioni Unite, attraverso Flore-Smereczniak, ha cercato di collaborare con le autorità locali per sostenere lo sviluppo e fornire assistenza umanitaria necessaria.

La tensione tra le autorità burkinabè e le agenzie ONU è destinata a crescere, poiché il governo ha già espresso preoccupazioni riguardo alla terminologia utilizzata dalle agenzie, definendo come “gruppi armati non statali” e “milizie” ciò che esso considera terroristi e ausiliari civili. Questa distinzione semantica riflette la complessità e le sfide della situazione politica e sociale in Burkina Faso.

Il rapporto, pubblicato ad aprile, denuncia violazioni gravi perpetrate da entrambi i gruppi jihadisti e forze governative contro i bambini, inclusa il loro reclutamento come soldati, abusi sessuali e attacchi a ospedali e scuole. Coprendo il periodo tra luglio 2022 e giugno 2024, il documento segnala 2.483 violazioni gravi col coinvolgimento di 2.255 bambini, alcuni dei quali sono stati vittime di più violazioni. Su questo sito sono stati riportati numerosi episodi del genere, con testimonianze raccolte sul posto e verificate da ONG e/o testate giornalistiche; cfr ad esempio burkinafaso-bz.org/forse-di-si… .

Nel luglio 2024 Flore-Smereczniak è stata nominata dal Segretario Generale delle Nazioni Unite, António Guterres, coordinatrice residente e coordinatrice umanitaria dell’organizzazione in Burkina Faso. In una dichiarazione all’epoca, le Nazioni Unite avevano affermato che la nomina era avvenuta “con l’approvazione del governo ospitante”.

Barbara Manzi [from Twitter]Barbara Manzi [profile pic from Twitter]

L’episodio dimostra ancora una volta, qualora ve ne fosse bisogno, che in Burkina Spazio non c’è spazio per chi la pensa in modo diverso dalla junta militare al potere. La narrazione deve essere quella voluta del dittatore al potere Ibrahim Traoré, dove sembra che tutto vada sempre bene e se c’è qualche problema, sono sempre e solo le presunte interferenze dei paesi occidentali. Attivisti e giornalisti fatti sparire dai servizi segreti, oppositori del regime spediti a combattere i terroristi, diplomatici come Barbara Manzi che svolgeva lo stesso ruolo della Flore-Smereczniak, e membri di ONG cacciati perché non si piegano ai diktat del dittatore o semplicemente perché danno fastidio al regime. Accuse vaghe, plateali, confessioni estorte e testimoni che non parlano ai processi farsa per paura di rappresaglie da parte della polizia locale o dei servizi segreti.

Negli ultimi anni, le giunte militari del Sahel hanno mostrato una crescente insofferenza verso le ingerenze esterne, in particolare quelle delle organizzazioni internazionali. La recente cacciata della rappresentante dell’ONU rappresenta un episodio emblematico di questa dinamica, rivelando come tale azione non sia solo una semplice risposta a un rapporto scomodo, ma piuttosto un atto politico strategico, finalizzato al consolidamento della propria legittimità interna ed a presentarsi come difensori della sovranità nazionale, contro i paesi occidentali.

Che la democrazia in Burkina Faso fosse morta da tempo, già lo sapevamo anche grazie alle dichiarazioni di Traoré stesso; la censura imperante sui media locali fa sì che i Burkinabè facciano affidamento su fonti che sappiamo crogiolare di disinformazione e notizie false, infarcite di propaganda, come Facebook, TikTok, Instagram ed X (ex Twitter), ricavandone una realtà gravemente distorta, che nessuno si prende la briga di verificare, perché, come accade in tutto il mondo, la gente preferisce sentire ciò che vuole che gli altri dicano…

Fonti: africanews.com, afrique.tv5monde.com, radiobullets.com

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il 24 agosto si chiude la call for works


CFW: ancora fino al 24 agosto2025 – ma non oltre – è possibile inviare alla mail unica gammmatica [at] gmail.com proposte di pubblicazione di testi non assertivi (scritture di ricerca) e/o opere grafiche o verbovisive.

non opera omnia, non racconti, non romanzi, non poesie, non tavole parolibere futuriste.

accludere:

  • una dichiarazione di originalità e libera pubblicabilità del materiale (= deve essere esplicitato che è di proprietà esclusiva di chi invia, e che – soprattutto se include materiali anche altrui – è libero da copyright);
  • una liberatoria per la pubblicazione che esclude esplicitamente ogni impegno di carattere economico;
  • una biobibliografia di massimo 10 righe;
  • indirizzo email e postale

solo agli invii che verranno accolti sarà data risposta: se non c’è risposta entro il 30 settembre 2025, il materiale è da considerare non accolto.

lo spazio in rete che pubblicherà il materiale potrà essere uno dei seguenti (l’autrice o autore che invia può inoltre ricevere eventuali richieste di pubblicare opere diverse anche su più di una sede tra queste):

GAMMM

GAMMMATICA (rubrica della rivista cartacea “l’immaginazione”)

ELR – ESISTE LA RICERCA

AHIDA (spazio post-poetica)

COMPOSTXT

PONTEBIANCO

SLOWFORWARD

SCRIPTjr.nl

EEXXIITT

ASEMIC @ Telegram

DIFFERX @ noblogs

#ahida #asemic #asemicTelegram #callForPapers #callForWorks #cfp #cfw #compostxt #differx #differxNoblogs #eexxiitt #ELR #ELREsisteLaRicerca #EsisteLaRicerca #gammm #gammmatica #materialiVerbovisivi #nonAssertività #opereGrafiche #ponteBianco #pontebianco #scriptjrNl #scritturaDiRicerca #scrittureDiRicerca #slowforward #testiNonAssertivi

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Ponte di Messina, manca “solo” il progetto esecutivo


Una diffida al sindaco di Messina è stata preparata dal Comitato No Ponte Capo Peloro, affinché “quale primo responsabile per la tutela della salute pubblica in città” si astenga dall’adottare qualsiasi ulteriore atto volto alla realizzazione del progetto del Ponte sullo Stretto. In caso contrario i firmatari agiranno per “ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e non […]

Leggi il resto: argocatania.it/2025/08/20/pont…

#AutoritàNazionaleAnticorruzione #CIPESS #CommissioneEuropea #CorteDeiConti #MatteoSalvini #MinisteroDelleInfrastrutture #NoPonte #PonteDiMessina #ponteSulloStretto #SocietàStrettoDiMessina


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happy birthday, hpl


from: FREAK SCENE フサオ (@AcidEater_Fusao) = t.co/WPjxY1b6zJ

Happy Birthday to H.P. Lovecraft (August 20, 1890). Here’s an original sketch made of #Cthulhu by #HPLovecraft in 1934:

#Cthulhu #drawing #HowardPhillipsLovecraft #hpl #HPLovecraft #Lovecraft #sketch

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dip 058. palinsesto


mi è capitato sotto gli occhi per caso questo video, su Roma nel 1989: youtu.be/En9l1XDeFMU – e non se ne va l’impressione di questa città come roba casuale, sbrindellata, inconsapevole, sporca e invecchiata male da sempre.
non città eterna ma eterno svacco. palinsesto autofago e autogamo del peggio di oggi sul peggio di ieri.

#dip #dip058 #dip58 #dip058 #dip58 #Roma #svacco #testiDiMgInRete #testiDiMgOnline

Questa voce è stata modificata (1 mese fa)

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l’amico immaginario / nico d’alessandria. 1994


youtu.be/uXeuoUwj0c8?si=tHryI0…

#cinema #film #filmCompleto #filmCompletoInItaliano #ita #LAmicoImmaginario #NicoDAlessandria #VictorCavallo

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gnammi coi pixel (art) sulla carta e non il webbe!


Chiedo scusa se mi permetto di arrivare così, lanciando in un attimo questa bomba che livellerà ogni cosa presente in tutto il raggio tracciato automaticamente dai più stupidi utenti di Internet che si copiano a vicenda… Ma ho ultimissimamente trovato la forma ultima, più che perfettissima, di divertimento con le pixel-art, e non posso ovviamente tenermela solo per me; sono fin troppo generosa… 🤗

Da svariate settimane, infatti, molti stanno fottutamente perdendo la testa per un robo chiamato Wplace che, prima di capire cosa fosse, mi dava una sensazione di deja-vu talmente grande che non so come spiegare, ma già solo questo dovrebbe far capire quanto questi siti dove si ha una tela di pixel condivisa su cui disegnare non siano nulla di nuovo, e siano semplicemente una moda che ciclicamente ritorna e scompare. E, appunto, essendo questa una moda… non voglio dire che sta già per scemare ad appena 2 mesi dal rilascio, ma le notizie degli ultimissimi giorni presentano talmente tanti problemi per cui, secondo me, la fine è vicina. 😈

Il servizio non riesce a stare dietro l’afflusso enorme di utenti, per esempio, e ora hanno implementato persino una coda di accesso, perché l’alternativa sarebbe avere il server che va down per l’ennesima volta… e ci sono già anche diverse controversie politico-amministrative, che sono sempre simpatiche, oltre ad acquisti in-app opzionali giustificati come donazioni agli sviluppatori, che avvantaggiano chi può pagare a discapito degli altri. In breve: grande monnezza di cui, se non fosse per dare contesto alla mia bomba, nemmeno discuterei… 🤥

Quindi, tornando al mio… Io lo so che disegnare pixel art in programmi di grafica fatti apposta è noioso e per questo non lo farete mai, così come so che in Animal Crossing è troppo restrittivo per via della tela di appena 32×32 (anche se i disegni si possono piazzare per terra e dunque nell’effettivo averne di più grandi combinati, ma vabbè), e anche che fare le pixel art in Excel o equivalenti è divertente solo quando si è a scuola o a lavoro, e mi rendo persino conto che disegnarle dentro Minecraft alla lunga stanca, pure se in multiplayer… Ma allora, regà, a questo punto… famoli su carta! 😳
Disegno di Hatsune Miku in corso come spiegato, quadernino A5 appoggiato al monitor del PC con Pignio, pennarelli STABILO point 88 affianco.
Mannaggia alla miseria, aò! E che cavolo ci voleva a mettere le cose in questo modo? Semplicemente, si prende un bel quadernino a quadretti — o quadernone, qualora la brama di pixel sia specialmente potente — e, dopo aver un attimo aqquratamente ponderato sulla quantità di lettere Q in questa mia frase, con degli utensili da sqrittura e/o disegno minuzioso — vanno bene penne colorate, pennarelli a punta fine, o altrimenti pastelli se vi piace rompervi le mani a furia di calcare, vedete un po’ voi — si inizia a lavorare di manine; e non di indici, come ormai voi zetini fate in ogni situazione senza soluzione di continuità alquna! 💣💥

Ma davvero, comunque: se vi piace creare o ricopiare i disegnini pixelosi, provate un po’ questa opzione. Completamente al di fuori delle meccaniche merdose del software online moderno, senza disservizi, senza tempi di attesa imposti tra un pixel e l’altro o comunque limiti artificiali in generale, ma solo ed esclusivamente gnam. A onor del vero, devo ammettere che mi sento un po’ una vecchia nonna bacucca a fare questo lavoro qui sulla carta, eh… però è comunque rilassante e intrigante e, nel bene o nel male, i quadratini fatti a manella non saranno mai perfetti, quindi ogni copia del disegno sarà effettivamente unica e irreplicabile (quindi, pure alla strafaccia degli NFT!) 😘

L’unica cosa che mi chiedo è… se per gli AI-bro la scusa per non poter disegnare a mano è che gli manca il materiale, per i moda-della-pixel-art-online-bro invece cosa sarà? Certamente non i costi, visto che bastano penne di merda, e non servono per forza i pennarelli da 1 euro e 60 centesimi ciascuno, come invece io essendo principessa (“si si, ‘a principessa de Fregene“) pretendo… io temo sarà la mancanza di skill da un lato, e di pazienza dall’altro, visto che comunque fare un pixel sul quaderno (ed è irreale questa frase, ma ok) è a lungo andare più tosto che cliccare i tastini; e, mancando sia il CTRL+Z che gomme decenti (i pennarelli sono indelebili, e i pastelli si sciordano con la gomma), non sono ammesse distrazioni. ☠️

Comunque, qui stavo ricopiando un disegno di Hatsune Miku, giusto per, ed è veramente gnam. Non rinnegando completamente le comodità dell’hi-tech, ho caricato il riferimento su Pignio, dopo averlo trovato dal web, per non perderlo, e i crediti sono lì (anche se la pagina originale è ed era morta, sad). L’unica cosa che oggettivamente è un problema, secondo me, sono i colori… io ne ho appena 7, a parte il nero (e 3 li ho comprati solo stamattina, solo gli altri avevo prima!), e chiaramente le difficoltà ci sono: per simulare (male) il verde acqua scuro di contorno sui capelli di Miku ho dovuto mischiare azzurro, verdino e grigio… e la pelle ho dovuto farla gialla, mamma mia. Prossima volta, meglio se mi invento un’illustrazione mia… 💔

#art #carta #drawing #HatsuneMiku #paper #PixelArt

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aggiornamenti sul genocidio (19 ago. 2025)


forced removal
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Chiara Cruciati sul “manifesto”, a proposito del progetto di ulteriore divisione della Cisgiordania
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espansione dell’insediamento E1
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netanyahu era tale e quale negli anni Ottanta: facebook.com/andrea.masala.161…

some truths about zionism and its racism
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Rashid Khalidi intervistato da Chiara Cruciati per “il manifesto” (14-8-2025)
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among the starving children
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i bambini non contano più
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israel’s “break their bones” policy. video at
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Samir Zaqout, 11 anni, amputazioni e ferite
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Jude Shalabi, 5 anni, lapidato dai coloni
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Gino Strada sulla Palestina, 2004
slowforward.net/2025/08/18/gin…

il concetto di base dell’idf è la rappresaglia nazista, peggiorata
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dicembre 2024: un drone israeliano uccide una bambina di 12 anni che era in cerca d’acqua
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father holds his daughter, killed by an israeli airstrike on the Al-Mawasi area in Khan Younis
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daniella weiss dice chiaramente che non è la pace l’obiettivo
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Yesterday the Gaza Tribunal called for an urgent international armed intervention to stop what it described as Israel’s “most lethal phase of genocide” in Gaza, warning that failure to act would mark “an historic failure of humanity”: middleeastmonitor.com/20250818…

#Gaza #genocide #Palestine #Palestina #warcrimes #zionism #starvingpeople #starvingcivilians #iof #idf #colonialism #izrahell #israelterroriststate #invasion #israelcriminalstate #Nakba #ICJ #ICC #WestBank #settlers

#bambini #children #Cisgiordania #coloni #colonialism #Gaza #genocide #genocidio #ICC #icj #IDF #invasion #IOF #israelcriminalstate #israelestatocriminale #israelterroriststate #izrahell #massacri #Nakba #ostaggi #Palestina #Palestine #prigionieri #settlers #sionismo #sionisti #starvingcivilians #starvingpeople #warcrimes #WestBank #zionism


gino strada sulla palestina, 2004


youtube.com/shorts/5Yjz8Ie5kwI

#Gaza #GinoStrada #Palestina #video


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Ho scritto su una scritta qui e ripassando nei pressi ho notato che qualcosa è cambiato, adesso (diciamo fino a qualche giorno fa) la scritta è così

in altre parole qualcuno o qualcuna si è preso la briga di cancellare la parola “Hamas” mettendoci anche un certo impegno, forse non abbastanza visibile nella foto.

La domanda sorge spontanea: l’ha fatto un simpatizzante o una simpatizzante […]

pepsy.noblogs.org/2025/08/19/s…


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Dana White: le possibilità che Jon Jones combatta alla Casa Bianca, “Una su un miliardo” Apre la porta a Conor McGregor


Dana White ha detto qualche tempo fa che ERA IMPOSSIBILE che Jon Jones potesse partecipare all’evento alla casa bianca e recentemente ha ribadito che non ha alcuna intenzione di cambiare posizione su Jon Jones. Solo che prima era zero adesso è 1 su un mil

Dana White ha detto qualche tempo fa che ERA IMPOSSIBILE che Jon Jones potesse partecipare all’evento alla casa bianca e recentemente ha ribadito che non ha alcuna intenzione di cambiare posizione su Jon Jones. Solo che prima era zero adesso è 1 su un miliardo.

Conoscendo crapa pelata è probabile che stia tastando il terreno per la possibilità di far combattere JJ.

Nei fatto per ora Il CEO della UFC ha ribadito che non si può permettere di puntare su “Bones” in un’occasione di peso come un evento alla Casa Bianca. Il tema è riemerso durante la conferenza stampa post-UFC 319, dopo che Jones aveva interrotto il suo breve ritiro per rientrare nel pool antidoping della promotion.

White, incalzato dai giornalisti, è stato netto:

“Cosa pensate possa fare Jon nei prossimi mesi per convincermi a metterlo nella card della Casa Bianca? Ve l’ho già detto: non mi fido. E voi mi chiedete se può fare qualcosa per farmi cambiare idea in tre mesi? Non si tratta di fidarsi o meno: non ci si fida, punto. Non lo sento, non ci parlo. Se dovessi dare delle quote: è un miliardo a uno che Jon Jones combatta alla Casa Bianca.”


Ma sappiamo tutto che stiamo parlando solo di Business e la sacralità della casa bianca non esiste per certi individui.

La fiducia in McGregor (più che in Jones)


Il passato di Jones non gioca certo a suo favore: arresti, test antidoping falliti, incontri saltati. Prima del ritiro, White aveva praticamente garantito che la UFC avrebbe organizzato il match di unificazione dei pesi massimi tra Jones e Tom Aspinall. Nulla di fatto. Oggi Jones dice di voler combattere chiunque, purché significhi salire sul ring alla Casa Bianca.

Ma nelle parole di White, c’è un altro nome che spicca: Conor McGregor.
Intervistato al Jim Rome Show, il boss UFC ha ammesso di avere più fiducia nell’irlandese — fermo da oltre quattro anni — che nello stesso Jones. Entrambi sono rientrati nel programma antidoping dopo l’annuncio dell’evento speciale, ma la differenza sta tutta nell’affidabilità.

“Mi fido di Conor. McGregor non ha mai, mai deluso, a meno che non fosse seriamente infortunato. Con Jon, invece, resto molto più scettico.”



Jon Jones e la Casa Bianca? Dana White dice “Non è affidabile”. Ma sappiamo tutti che è solo negoziazione


Anche stavolta Jon Jones riesce a essere protagonista senza combattere. E lo fa alla sua maniera: con Dana White che lo piazza tra i “troppo rischiosi” per il grande evento UFC alla Casa Bianca previsto per il 4 luglio 2026. Hai letto bene: UFC alla Casa Bianca. Ma senza Bones.

Dana frena: “Non posso permettermi il rischio”


In un’intervista recente, Dana White è stato chiarissimo:

“Non posso rischiare di metterlo in una posizione così importante e che qualcosa vada storto. Soprattutto con la card della Casa Bianca.”


Tradotto: “Ci fidiamo talmente poco che non vogliamo sorprese sul prato della residenza presidenziale.”
E se conosci anche solo un po’ il passato (burrascoso) di Jones, capisci che Dana forse, forse, non ha tutti i torti.

Quanto possiamo credere alle parole di Dana White?


ZERO.

Perché dico questo?

  • Dana è un venditore, e in quanto tale mente
  • Dana vuole negoziare con Jon Jones la paga ed escluderlo dai giochi lo fa partire da una posizione migliore
  • Dana vuole tenere in mano la narrazione: sparare adesso, a 1 anno di distanza il main event brucerebbe tutto lo storytelling.
  • Quando Dana White dice “mai più” è solo questione di tempo prima che accada l’esatto contrario.

Sarebbe anche divertente vedere un britannico britannico (Aspinall) sdraiare un americano (Jones) alla Casa Bianca alla festa della liberazione statutinitense.

Non penso sia proprio il sogno dell’ufficio stampa UFC.

Jon Jones, Aspinall, retirement, e il solito tira-e-molla


Se ricordate Jon Jones ha (di nuovo) rinunciato al ritiro, è tornato nel programma antidoping e ha dichiarato che sarebbe felicissimo di combattere in quell’evento storico. Questo dopo un paio di mesi che si era ritirato.

L’idea come dicevo? Quella che tutti vogliono: Jon Jones vs. Tom Aspinall.
Peccato che Dana oggi ci crede meno di chi aspetta Half-Life 3.

Il problema delle superstar “inaffidabili”


Il punto non è solo Jones. Qualcuno l’ha detto bene:

“I più grandi nomi dell’UFC – Conor e Jones – sono anche i meno affidabili.”
E per un evento delicato, con i riflettori di tutto il pianeta, Dana vuole sicurezze. E forse Bones non è la figura giusta, nonostante sia il GOAT di tanti.


Conor al momento è ridotto malissimo, tra abuso (presunto) di stupefacenti e dick pic. Lo vedo più fare qualcosa con Diprè che nell’ottagono.


Che succede ora?


Resta da vedere se sarà davvero Jones ad essere tagliato fuori oppure se tra un paio di mesi Dana cambierà idea (di nuovo).
Intanto, il countdown per il 4 luglio 2026 è partito. L’idea di una Card USA vs UK / resto del mondo è quella che caldeggiano in molti, ma qualcuno dovrà decidere se fare una card super stacked di campioni, oppure fare una card di mismatch per il sogno americano


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Cambio di rotta: vince l’economia aperta


Le discussioni riguardo all’impostazione politico-economica da assumere si risolsero spesso in dibattiti verbali, senza svolte concrete. L’idea predominante di politica economica era sostanzialmente quella dello smantellamento dei controlli esistenti e della restaurazione del potere padronale in nome dell’efficienza e dell’iniziativa privata. In questo clima, il dibattito riguardo ai princìpi generali di gestione dell’economia del paese venne presto risolto dalla decisione più importante presa nel dopoguerra; l’abbandono progressivo di un’ormai difficile politica di protezionismo e di chiusura degli scambi con l’estero, a favore di un orientamento dell’economia italiana verso una politica di apertura commerciale e di intensificazione degli scambi esteri. <21 Tale indirizzo di liberalizzazione progressiva rappresentava probabilmente una scelta obbligata per l’economia italiana. L’Italia è da sempre caratterizzata da una scarna presenza di materie prime; tutti i prodotti naturali come il legno, il carbone, il ferro, il petrolio, o l’uranio, fondamentali per lo sviluppo industriale, non sono presenti nel suolo o sottosuolo italiano. Per l’economia italiana, il concetto di sviluppo industriale è necessariamente connesso a quello di sviluppo delle importazioni, dovendo l’industria obbligatoriamente rifornirsi di materie prime provenienti dall’estero. L’idea di sviluppo delle importazioni esige parallelamente lo sviluppo delle esportazioni, e quindi una necessaria apertura commerciale crescente. <22 L’Italia perciò non si trovò di fronte alla scelta apparente tra sviluppo come economia chiusa e sviluppo come economia aperta, come ampiamente discusso in precedenza, ma di fatto si trovò a scegliere fra sviluppo industriale come economia aperta e rinuncia totale allo sviluppo industriale.
La situazione all’interno del paese fu chiara, nei confronti del Nord la politica dei governi di centro si orientò soprattutto verso un intervento a sostegno della ripresa industriale; già nel corso del 1947 il Tesoro si preoccupò di prestare aiuto ad un certo numero di imprese minacciate dalla crisi e di anticipare somme consistenti all’Iri. <23 Dal settembre di quello stesso anno, il Fondo per il finanziamento dell’industria meccanica cominciò ad operare a sostegno di specifici provvedimenti a favore dia dei movimenti d’esportazione sia dei processi di ristrutturazione industriale. <24 Fu altrettanto importante l’accordo che il governo italiano concluse nella seconda metà del 1947 con l’Export-Import Bank per la concessione di un prestito ingente, con l’obiettivo di consentire alle imprese industriali italiane l’acquisto negli Stati Uniti di materie prime, macchine e beni strumentali. Tramite gli aiuti dell’Erp (European Recovery Program) vennero acquisite ulteriori attrezzature; con una parte dei prestiti dell’Erp fu possibile finanziare l’acquisto, per gran parte negli Stati Uniti, di macchinari per un ammontare complessivo di oltre 255 milioni di dollari fra l’aprile del 1948 e la fine del 1951. La maggior parte di questi fondi, più del 70 percento, vennero equamente distribuiti fra l’industria siderurgica, impegnata a finanziare i programmi di integrazione verticale del ciclo produttivo, quella elettrica per la costruzione di centrali termoelettriche, e quella metalmeccanica. <25
Il governo, potendo ricorrere sempre più liberamente al commercio estero, puntò sostanzialmente a rafforzare le industrie di base, garantendo parte dei mezzi finanziari per accrescere l’importazione delle attrezzature richieste per la riconversione degli impianti e per il superamento del ritardo tecnologico. Le imprese mantennero la loro libertà, impiegarono liberamente la manodopera e destinarono gli investimenti secondo le loro linee guida; lo Stato invece, contribuì in maniera decisiva a rendere possibile sia il rilancio della produzione, che la riduzione dei costi e l’aggiornamento della tecnologia tramite nuovi macchinari. I maggiori aiuti in tal senso, furono concessi all’industria metalmeccanica, addirittura in misura maggiore anche all’industria tessile, fino ad allora esportatrice per eccellenza. Si trattò di una vera e propria scommessa, infatti alla fine della guerra l’Europa centro-occidentale, che assorbiva negli anni pre-conflitto circa il 60 per cento dell’export italiano, risultava devastata sia dal tracollo economico tedesco sia dalla grave flessione della domanda verificatasi in Francia ed in Inghilterra. Inoltre, con l’inizio della “guerra fredda”, molti canali commerciali promettenti furono impossibilitati dall’essere raggiunti; in tal senso fu soprattutto l’industria meccanica che ne risentì visto che aveva già aperto dei canali con l’Europa orientale. <26
Nel complesso però, gli impianti dell’industria italiana erano per buona parte di recente fabbricazione, ad eccezione dell’industria tessile. La situazione italiana quindi, non si trovava in particolare difficoltà rispetto al resto d’Europa; il grande divario era nei confronti degli Stati Uniti. <27
Di fatto, per realizzare consistenti e rapidi aumenti di produttività nel settore metalmeccanico, furono sufficienti l’adozione di alcuni procedimenti tecnici più aggiornati e una migliore utilizzazione delle risorse attraverso varie economie esterne, una maggiore specializzazione delle maestranze, e alcuni perfezionamenti dell’organizzazione del lavoro.
L’industria italiana poteva dunque affrontare i rischi di una liberalizzazione degli scambi, così pure il Tesoro che poteva ormai contare su consistenti riserve valutarie.
La decisione di aprire l’economia italiana agli scambi con l’estero non implicava necessariamente che l’apertura dovesse avvenire verso gli altri paesi europei. Parlando in maniera molto poco concreta, l’industria italiana avrebbe potuto rivolgersi ai mercati presenti nel bacino del Mediterraneo o nel continente sudamericano. Di fatto però le possibilità a cui si trovò di fronte non erano molte; i paesi balcanici erano entrati a far parte dell’area di influenza sovietica; i rimanenti paesi mediterranei erano sotto l’influsso economico o politico francese o britannico; l’America Latina era legata sempre più strettamente agli Stati Uniti; in questo tipo di contesto le scelte furono quasi obbligate. <28 L’Italia al termine del conflitto si era venuta a trovare nella sfera d’influenza statunitense, e gli Stati Uniti, volendo creare un blocco europeo saldamente integrato dal punto di vista economico e politico, incoraggiò apertamente il riattivarsi degli scambi commerciali fra paesi europei, vedendo con favore l’inserimento dell’economia italiana nel blocco europeo. Sotto questo aspetto, è da notare come da un lato gli Stati Uniti comprendessero le difficoltà che l’industria europea incontrava nei confronti di quella americana, non insistendo perciò per una liberalizzazione degli scambi europei con l’area del dollaro, e dall’altro come invece premessero affinché venissero liberalizzati al più presto gli scambi all’interno dell’area europea. Ragioni economiche e ragioni politiche spinsero il governo italiano verso una rapida liberalizzazione nei confronti dei mercati europei. Il confronto diretto con economie più avanzate e industrializzate doveva risultare decisivo per l’evoluzione strutturale dell’economia italiana, nei suoi aspetti positivi e negativi.
Una volta stabilita la linea della liberalizzazione commerciale, questa fu seguita con continuità e prontezza. La precedenza venne data al commercio con i paesi europei, nei confronti dei quali le limitazioni quantitative alle importazioni vennero presto abolite. Dal settembre 1949, in seguito all’accordo di Annecy, si procedette a una revisione dei dazi così come era stato convenuto fra tutti i paesi membri dell’Oece; venne approvata una nuova tariffa doganale, che comportava una revisione delle tariffe in senso liberista per tutti i paesi partecipanti. Bisogna ricordare che all’indomani della guerra, nel 1946, le importazioni dei paesi Oece (Organizzazione europea per la cooperazione economica) non sottoposte a vincoli di licenza erano appena il 3,5 per cento delle importazioni totali, e tale percentuale crebbe al 23 per cento nel 1949, al 50 per cento nel 1952, al 99 per cento nel 1954. Se le vecchie tariffe doganali in vigore, approvate nel lontano 1921 e basate su dazi ad valorem erano state ormai vanificate per via dell’inflazione, risultò decisiva la decisione di abolire le restrizioni quantitative all’importazione per un gruppo di merci che forniva il 45 per cento delle importazioni italiane dai paesi dell’area occidentale. Mentre le limitazioni quantitative venivano ridotte rapidamente, la revisione dei dazi doganali avvenne con maggiore gradualità. Dal 1948 l’Italia cominciò a stipulare una serie di accordi multilaterali con altri paesi europei, allo scopo di facilitare i pagamenti e garantire crediti reciproci. Come già ricordato, alla fine del 1946 l’Italia fu ammessa al Fondo monetario internazionale e alla Banca mondiale; nel 1949 aderì all’Oece, nel 1950 all’Unione europea dei pagamenti, nel 1953 alla Ceca, per poi culminare tale processo di integrazione europea con la stipulazione del Trattato di Roma del 1957 che diede origine al mercato comune europeo con la CEE.
A sostenere l’opportunità di smantellare le vecchie barriere protezionistiche furono soprattutto Cesare Merzagora e La Malfa, ministro del Commercio con l’estero dal luglio 1951. Ideologia condivisa anche dal presidente della Confindustria Angelo Costa, ma non da alcuni grandi gruppi. Per molti la via solcata da La Malfa avrebbe rappresentato un suicidio economico, per questo dovette condurre una dura battaglia a sostegno di una linea di condotta che mirava, con l’ampliamento dei mercati, a promuovere la crescita dell’economia italiana in modo tale da consentire sia l’equilibrio dei conti con l’estero sia una crescita del reddito nazionale. <29
Inizialmente venne mantenuto un livello di produzione relativamente più elevato rispetto ad altri paesi a favore di alcune produzioni agricole, quali il grano, lo zucchero e il vino, e produzioni industriali, quali i filati, le automobili, i trattori e gli apparecchi elettrici. Nonostante ciò si procedette speditamente all’eliminazione di vincoli e contingentamenti e alla riduzione della maggior parte delle aliquote doganali. Guardando i dati, effettivamente entro la fine del 1953 l’Italia giunse a liberalizzare quasi completamente, e prima di ogni altra nazione, le importazioni dai paesi membri dell’Oece, sia per i prodotti agricoli e le materie prime sia per i manufatti e i semilavorati.
Molte misure protettive interne come incentivi alle imprese, agevolazioni fiscali e altre forme di aiuto dirette o indirette, controbilanciarono la progressiva liberalizzazione degli scambi. <30 I governi di centro, in questo periodo di mutamento del sistema politico-economico, una volta riusciti nella rischiosa impresa di avviare l’integrazione dell’economia italiana nel mercato internazionale, si trovarono a dover mediare le reazioni che questo passaggio necessario aveva suscitato in un ambiente che non si era mai cimentato in una sfida simile.
Dal 1950, anche per via degli effetti dell’opera di mobilitazione determinata pure in Europa dalla guerra di Corea, sia la produzione industriale che gli investimenti superarono i massimi valori prebellici. Inoltre in quel periodo, il bilancio statale si avviava verso il pareggio e il reddito nazionale tornava a riportarsi ai livelli prebellici. Risultati di un certo spessore, come sottolineato dal governatore della Banca d’Italia Donato Menichella e dal ministro del Tesoro Giuseppe Pella, se si tiene presente che all’epoca della Liberazione il reddito cadde a meno della metà del 1938. <31 D’altro canto però, bisogna tener presente che il reddito pro capite italiano era in ogni caso un terzo di quello francese e inglese, e meno di un quinto di quello nordamericano. Del resto pesavano nettamente gli oltre due milioni di disoccupati. Un ampio numero di persone versava in condizioni di miseria e di indigenza, non solo nel Mezzogiorno ma pure in alcune aree del Centro e del Nord sebbene in dimensioni più contenute, stando ai dati raccolti dalle inchieste parlamentari condotte fra il 1952 e il 1953.
Versando il paese in condizioni non particolarmente agiate, gran parte del mondo politico reputò la competizione con le aree forti dell’economia europea una scommessa temeraria anche se da un punto di vista obbligata per un paese come l’Italia con un’economia essenzialmente di trasformazione e privo di materie prime. La necessità di migliorare la competitività della nostra industria urgeva per reggere all’urto della concorrenza straniera. L’industria italiana era basata essenzialmente su prodotti a scarso contenuto tecnologico e su processi labour intensive, perciò era necessario mantenere basso il costo della manodopera, oltre ad accrescere le economie di scala; gli ostacoli per mantenere basso il costo della manodopera non erano certamente pochi, visto che si andava contro le opposizioni prospettate dai sindacati e dai partiti di sinistra.
La riconversione dalle strutture autarchiche ereditate dal periodo fra i due conflitti mondiali a un sistema aperto e competitivo non fu un passaggio semplice neanche per il mondo imprenditoriale. L’industria italiana, ad eccezione di pochi casi come le fibre sintetiche e i derivati dalla distillazione del petrolio, non aveva le forze necessarie per avventurarsi in nuovi settori di produzione. Il percorso seguito fu così quello di concentrarsi intorno al blocco automobilistico, meccanico, siderurgico e a quello cementiero, con poche incursioni nel comparto dei beni d’investimento.
Non si può stabilire con certezza la piega che avrebbe potuto prendere il sistema industriale italiano nel caso in cui il governo avesse adottato fin dal dopoguerra, come ipotizzato, una politica di piano. <32 Ciò che si è potuto costatare è che sia i vincoli e le norme che regolavano il sistema monetario e l’interscambio fra l’Europa e gli Stati Uniti, sia le relazioni stabilite da tempo con Francia e Germania concorrevano all’integrazione dell’Italia nell’area euroatlantica.
L’iniziale inserimento nel mercato internazionale fu conseguito tramite alcuni passi eccessivamente forzati, come la drastica svalutazione della lira rispetto al dollaro da 225 a 575 lire, dovuta principalmente alle pressioni e agli interessi finanziari dei settori più direttamente legati alle esportazioni.

[NOTE]21 Si veda P. Barucci, op. cit.; secondo l’autore la decisione italiana di aprire la propria economia agli scambi con l’estero, era stata presa su pressioni degli Stati Uniti, fin dal 1945. Si veda anche P. Saraceno, Finanziamenti per settori, mercati di utilizzo dei crediti esteri ed altri elementi che condizionano la politica economica italiana, in P. Saraceno, a cura di P. Barucci, Ricostruzione e pianificazione (1943-1948), Giuffrè Editore, Milano, 1974. Saraceno mette in luce il rapporto economico tra Stati Uniti e Italia; rapporto che avrebbe potuto condizionare la spinta degli Stati Uniti nei confronti della liberalizzazione italiana.
22 Pone particolare enfasi a favore di questa linea, Demaria, nella già citata relazione al convegno di Pisa nel 1942. Secondo Demaria, l’isolamento dell’economia italiana fra le due guerre era la misura più esatta del mancato sviluppo.
23 Si veda G. La Bella, L’Iri nel dopoguerra, Edizioni studium, Roma, 1983; il testo approfondisce le dinamiche relative all’Iri nel dopoguerra e come il Tesoro abbia aiutato le sue numerose imprese.
24 Si vedano G. Amato, Il governo dell’industria in Italia, Il Mulino, Bologna, 1972, pp. 47 e sgg; P. Saraceno, La riattivazione dell’industria italiana, in P. Saraceno et al., a cura di N. Gallerano, L’altro dopoguerra: Roma e il Sud, Franco Angeli, Milano, 1985.
25 Consultare M. Pelaja, Ricostruzione e politica siderurgica, in Italia contemporanea, Milano, 1982; riguardo un quadro sui problemi di riconversione del settore siderurgico affrontati sin dai primi negoziati internazionali, si veda G. Carli, Cinquant’anni di vita italiana, Economica Laterza, Roma-Bari, 1993, pp. 51-52. Per quanto riguarda il settore elettrico, consultare B. Bottiglieri, L’industria elettrica dalla guerra agli anni del miracolo economico, in B. Bottiglieri et al., a cura di V. Castronovo, Dal dopoguerra alla nazionalizzazione 1945-1962, Laterza, Roma-Bari, 1994. Si veda anche nell’opera appena citata, L. De Paoli, Programmi di investimenti e nuove tecniche.
26 Si veda V. Castronovo, L’industria italiana, pp. 266 e sgg, in V. Castronovo et al., La ricostruzione nella grande industria, Bari, Laterza, 1978.
27 Per avere un quadro generale sul profilo d’insieme e dei vari settori, vedere Confederazione generale dell’industria italiana, L’industria italiana alla metà del secolo XX, Roma, 1953
28 Anche prima dell’inizio della guerra fredda, la ripresa dei rapporti commerciali con i paesi dell’Est europeo era stata vietata dalla Commissione alleata di controllo. Si veda in tal proposito G. Gualerni, Ricostruzione e industria: per un’interpretazione della politica industriale nel secondo dopoguerra, 1943-1951, Vita e pensiero, Milano, 1980.
29 Si veda a cura della segreteria generale del C.I.R., Lo sviluppo dell’economia italiana nel quadro della ricostruzione e della cooperazione europea, aa. vv., Roma, 1952; A. O. Hirschman, Potenza nazionale e commercio estero, in A.O. Hirschman et al., a cura di F. Asso e M. De Cecco, Il Mulino, Bologna, 1987.
30 G. Amato, op. cit.
31 S. Ricossa e E. Tuccimei (a cura di), La Banca d’Italia e il risanamento post-bellico, 1945-1948, Laterza, Roma, 1992
32 Per un’analisi approfondita delle prospettive economiche in questione si vedano M. De Cecco, Lo sviluppo dell’economia italiana e la sua collocazione internazionale, in Rivista internazionale di scienze economiche e commerciali, 1971; V. Zamagni, Una scommessa sul futuro: l’industria italiana nella ricostruzione (1946-1952), in V. Zamagni et al., a cura di E. Di Nolfo, R. Rainero e B. Vigezzi, L’Italia e la politica di potenza in Europa (1945-1950), Marzorati, Milano, 1988.
Emanuele Zema, Come l’economia italiana si apre al mondo dopo la ricostruzione, Tesi di Laurea, Università Luiss “Guido Carli”, Anno Accademico 2017-2018

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La corsa più pazza del mondo. Storie di ciclismo in Burkina Faso e in Mali.


Sulla copertina è scritto che per ogni copia del libro venduta, il team ciclistico Saunier Duval si impegna a piantare un albero in Mali.

Centotto corridori di diciotto squadre e di quindici Paesi e di tre continenti. Milleduecentosettanta chilometri e mezzo, di cui sessantacinque su piste rosse. È il Tour du Faso, il Giro del Burkina Faso. Ciclismo, ciclismo equatoriale, ma non solo ciclismo. Soprattutto storie di vita. Come quella di Djibril Hassane, diciannove anni, nigerino, studente, che corre da due anni. Prima del Tour du Faso ha rotto la bici, allora ha ricevuto in prestito quella del suo allenatore, che però è più alto di una spanna, ma il problema è quando tornerà a casa: “Chi mi darà una bici per allenarmi?”. O come quella di Herman Beysens, cinquantasei anni, direttore sportivo di una squadra belga: un giorno un amico gli chiese se volesse andare al Tour du Faso, lui pensò alle malattie e ai serpenti, “hai cinque minuti per decidere” gli intimò l’amico, lui rispose sì e appena messo piede in Africa, capì che era casa sua e adesso, ogni anno, da dieci anni, fa costruire sei pozzi d’acqua.

Storie di ciclismo equatoriale, storie divertenti, drammatiche, semplici, incredibili, sconosciute, eroiche. “In Africa c’è il ciclismo ‘altro’, non saprei dire quanto eroico. Ma le divise improvvisate, la penuria di tubolari, il mangiare e dormire come capita, le strade sterrate (rosse qui, non bianche), la passione di fondo sono collegati, se non imparentati.” (dalla prefazione di Gianni Mura).


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“genocidio”


definizione di genocidio
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1944, il giurista Raphael Lemkin conia il termine “genocidio” intendendo definire “la distruzione di una nazione o di un gruppo etnico […]; genocidio non significa necessariamente la distruzione immediata di una nazione […]. Esso intende piuttosto designare un piano coordinato di differenti azioni miranti a distruggere i fondamenti essenziali della vita dei gruppi nazionali, per annientare questi gruppi stessi. Obiettivi di un piano siffatto sarebbero la disintegrazione delle istituzioni politiche e sociali, della cultura, della lingua, dei sentimenti nazionali, della religione, della vita economica dei gruppi nazionali e la distruzione della sicurezza personale, della libertà, della salute, della dignità e persino della vita degli individui che appartengono a tali gruppi”.

“Nell’articolo 2 della Convenzione delle Nazioni Unite per la prevenzione e la repressione del genocidio (9 dicembre 1948) si legge: ‘[…] per genocidio si intende una delle seguenti azioni commesse con l’intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso: a) l’uccisione di membri del gruppo; b) il causare danno mentale o fisico grave ai membri del gruppo; c) il creare deliberatamente condizioni di vita al gruppo intese alla sua totale o parziale distruzione fisica; d) l’imposizione di misure volte a prevenire le nascite all’interno del gruppo; e) il trasferimento forzato di bambini del gruppo presso un altro gruppo’”.

“Il termine genocidio […] raramente assume una forma antonomastica per definire la tragedia ebraica”.

Anna-Vera Sullam Calimani, I nomi dello sterminio, Einaudi 2001


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Il rapporto Italia-Stati Uniti sulla crisi del ’60 è stato in gran parte trascurato dalla storiografia


Alla luce delle posizioni assunte sia da Tambroni – incline a formare un monocolore “socchiuso” a destra e a sinistra – che dai suoi ipotetici sostenitori, sempre più perplessi, iniziava a perdere colpi il progetto di transizione al centro-sinistra. Da segnalare poi la posizione assolutamente contraria all’apertura delle gerarchie ecclesiastiche <79. Unico possibile rimedio sembrava essere la presentazione di un programma in parte favorevole ai socialisti, o comunque in grado di ottenerne l’astensione. Andava in questa direzione lo schema per il discorso del neopresidente intitolato “Spunti per un programma”. Redatto da Francesco Cosentino, consigliere giuridico del presidente della Repubblica, lo schema non venne seguito in maniera pedissequa. Anzi, proprio sui punti nevralgici che avrebbero potuto edulcorare la posizione socialista, come la nazionalizzazione delle industrie elettriche e il problema della scuola,
Tambroni non tenne conto dei consigli della coppia Gronchi-Cosentino <80. Così, il politico marchigiano incassò la fiducia della Dc e del Msi, che riuscì a portare a compimento la propria strategia legalitaria.
La storiografia sul tema è ancora piuttosto scarsa, ed è stata spesso ostaggio di letture politico-partitiche, peraltro suffragate da una non soddisfacente base documentaria. I primi studi <81 – dal 1960 al 1968 – hanno insistito sulla mobilitazione antifascista di massa e sullo scontro frontale contro il “clerico-fascismo”. Tali lavori, in larga misura, hanno mitizzato la spontaneità dei giovani, riducendo la loro irrequietezza ad una battaglia squisitamente politica. Questa prima tornata di ricerche influenzò la produzione storiografica degli anni ’70 e ’80. Con una certa continuità è emerso il sospetto delle tentazioni golpiste di Tambroni <82. Tra gli studi di questo periodo, Baget Bozzo si è distinto per una posizione critica verso la guida comunista delle manifestazioni <83. A trent’anni dai fatti, ha cominciato a farsi largo una lettura non più solamente politica, ma in grado di allargare l’orizzonte ai cambiamenti sociali e ad altri aspetti a lungo trascurati, come la violenza dei dimostranti e le testimonianze di diversa origine <84.
Il rapporto Italia-Stati Uniti sulla crisi del ’60 è stato in gran parte trascurato dalla storiografia <85, tuttavia il comportamento di Tambroni, che tentò di rilanciare il condizionamento del conflitto bipolare sulla politica italiana, <86 impone un’attenzione ben maggiore. L’incarico, come ha ricordato Nuti, non fu accolto dall’ambasciata con particolare soddisfazione, soprattutto per la vicinanza di Tambroni a Gronchi <87. «Nel breve periodo – ha scritto Zellerbach – non c’era motivo di preoccuparsi, visto che la cooperazione con gli Usa e con la Nato non sarà molto diversa da quella di Segni». Addirittura le prospettive sulla politica estera italiana venivano definite «eccellenti». Tuttavia la scelta non era giudicata «una soluzione felice». Tra i maggiori pericoli legati al nuovo esecutivo c’erano la possibilità di altre «scorribande» neutraliste in politica estera e l’opportunismo del nuovo capo del Governo. Nello stesso tempo la solidarietà di Gronchi, a cui erano legati il futuro e la stabilità del governo, era tutt’altro che assicurata. <88
A fronte della nuova maggioranza, furono immediate le dimissioni dei ministri della sinistra democristiana Bo, Sullo e Pastore. Poi seguì un tentativo – fallito – di Fanfani, che rispecchiava lo stato di confusione in cui versava la Dc, più volte rilevata dagli osservatori statunitensi. Alla fine di aprile Gronchi invitò Tambroni a completare la procedura e presentarsi al Senato. La direzione Dc approvava e l’ampia maggioranza democristiana confermava il nuovo, tormentato governo. Commentando l’investitura, i funzionari di via Veneto [ambasciata americana] non erano in grado di stimare le probabilità che l’esecutivo arrivasse all’estate. Il presidente del Consiglio, in una formula efficace e sintetica, veniva descritto come un uomo «temuto da molti, ma di cui nessuno si fidava» <89.
Tambroni, da par suo, considerava il plauso americano un fattore non secondario per la durata del suo governo. Fu Francesco Cosentino – segretario generale della Camera e consigliere legale di Gronchi – a “sponsorizzare” il governo, ma dall’ambasciata capirono subito l’intento di «far sentire agli Usa qualche parola buona su Tambroni». Pur giudicando Cosentino un contatto utile, rimanevano perplessità sui suoi commenti che talvolta «sapevano di autoritarismo» <90.
Ad accrescere le perplessità americane contribuiva la posizione, assai più allarmista, del ramo analitico della Central Intelligence Agency. Un rapporto parla di un «ritorno dei fascisti praticamente in tutti i campi». Lo stato «anarchico» della politica italiana offriva ai neofascisti due possibilità di intervento: un colpo di stato per prevenire l’apertura ai socialisti, o il tentativo di influenzare la Dc da posizioni democratiche. «Sebbene la ricerca della rispettabilità – si legge – li renda all’inizio alleati poco costosi, potrebbero poi domandare un quid pro quo, per esempio il coinvolgimento nell’occupazione di certe posizioni-chiave del governo e una politica estera più nazionalistica». In questo caso, ammonivano gli analisti dell’Intelligence, era probabile uno spostamento dell’opinione pubblica italiana verso l’estrema sinistra <91.
Tra le preoccupazioni dei servizi segreti, a differenza di quanto scrivevano da Roma, prevaleva il timore di derive autoritarie. Un governo orientato a destra, con ogni probabilità, non sarebbe riuscito a rimanere in carica se non ricorrendo a mezzi illegali. Nonostante mancassero prove di attività golpiste, Tambroni veniva etichettato «il più grande e abile opportunista d’Italia». E l’estrema destra preoccupava per «l’irrequietezza e la crescente capacità di farsi valere». Comunque, qualsiasi presa del potere a destra richiedeva «l’eliminazione o la neutralizzazione del presidente Gronchi» <92. Inoltre il grosso della Dc e altri elementi di centro si sarebbero spostati all’opposizione con la sinistra. Non era escluso, infine, il coinvolgimento di un presunto “Gruppo per la difesa della Repubblica”, che includeva Pacciardi, Giannini, Pella, Romualdi e Gedda, a sostegno di Tambroni <93. Il rapporto si riferiva al convegno organizzato il 26 maggio dal Centro Luigi Sturzo sul tema “La liberazione dal socialcomunismo”.
In questo senso, la preoccupazione nei confronti di Tambroni – a nostro avviso eccessiva – induceva a pensare ad un’attiva rete di contatti per salvaguardare il governo, al punto da considerare un convegno come il punto di partenza per una prova di forza autoritaria. Peraltro, all’incontro promosso dal Centro Sturzo, partecipò anche una figura di sicura fede democratica e antifascista come Enzo Giacchero, già vice-comandante partigiano in Piemonte e prefetto della Liberazione <94. Forze conservatrici di varia estrazione, pur schierandosi contro l’apertura a sinistra, erano ben lontane dall’elaborare un piano organico in difesa del governo. L’Italia del 1960, in altri termini, era ben più complessa e articolata di come poteva apparire.
In aprile ci furono alcuni scontri a Livorno. Secondo le ricostruzioni desumibili dagli atti parlamentari, alla base dei disordini ci sarebbero state provocazioni reciproche da parte di paracadutisti delle forze armate e civili. Il missino Romualdi parlava di «squadre di teppisti aiutati da gente facinorosa, da tempo sobillata dal partito comunista e socialista» che avrebbero assalito una decina di paracadutisti <95. A sinistra, invece, gli incidenti venivano imputati alle forze armate. Cantando inni di guerra, i paracadutisti «provocavano ed assalivano gruppi di civili» <96. Sia l’ambasciata romana che il consolato di Firenze seguirono attentamente gli scontri.
Diversi elementi sarebbero tornati su più vasta scala in agitazioni successive, tra cui quella di Genova. Secondo Francesco Di Lorenzo – prefetto di Livorno ed emblema della permanenza di funzionari fascisti a quindici anni dalla Liberazione <97 – il dato più evidente era l’età estremamente bassa dei manifestanti e l’unico rimedio contro i comunisti era «l’impiego della nuda forza». Molti ufficiali e carabinieri, inoltre, rimasero «sbalorditi dall’organizzazione e dalla disciplina dei rivoltosi». Tuttavia, l’impressione destata dalla forza comunista non aveva avuto un impatto positivo su gran parte della popolazione, preoccupata più che altro delle devastazioni ai negozi e alle automobili. Azioni di questo genere creavano una forbice tra i frequenti discorsi sulla distensione e i comportamenti – in direzione opposta – degli attivisti <98. Emergeva una certa ambiguità all’interno del Pci. Era una frattura importante tra il partito legalitario e la massa di giovani rivoluzionari che volevano portare fino in fondo la lotta proletaria <99.

[NOTE]79 P. Di Loreto, La stagione del centrismo, cit., pp. 355-360; P. Scoppola, La repubblica dei partiti, cit., p. 360. Si veda anche Italian political scene (Memorandum of conversation with Cardinal Siri, Archbishop of Genoa), R. Joyce (Consul General, Genoa) to the Department of State, May 11, 1960, NARA, RG 59, CDF, Box 1917, 765.00/5-2360.
80 La vicenda è stata ricostruita da G. Cavera, Il Ministero Tambroni, primo «governo del Presidente», cit. In appendice l’autore riporta lo schema di Cosentino. Si vedano i discorsi alla Camera del 4 e dell’8 aprile 1960, AP, CdD, III legislatura, Discussioni, Seduta del 4 aprile 1960, pp. 13423-13431 e Seduta dell’8 aprile 1960, pp. 13648-13651. Si veda P. Scoppola, La repubblica dei partiti, cit., p. 364.
81 A. Parodi, Le giornate di Genova, Editori Riuniti, Roma, 1960; F. Gandolfi, A Genova non si passa, Avanti!, Milano, 1960; R. Nicolai, Reggio Emilia 7 luglio 1960, Editori Riuniti, Roma, 1960; G. Bigi, I fatti del 7 luglio, Tecnostampa, Reggio Emilia, 1960; P.G. Murgia, Il luglio 1960, Sugar, Milano, 1968.
82 G. Mammarella, L’Italia dopo il fascismo, 1943-1968, Il Mulino, Bologna, 1970; N. Kogan, L’Italia del dopoguerra. Storia politica dal 1945 al 1966, Laterza, Roma-Bari, 1974; P. Ginsborg, Storia d’Italia dal dopoguerra a oggi, Einaudi, Torino, 1989.
83 G. Baget Bozzo, Il partito cristiano e l’apertura a sinistra, cit.
84 L. Radi, Tambroni trent’anni dopo. Il luglio 1960 e la nascita del centrosinistra, Il Mulino, Bologna, 1990; E. Santarelli, Il governo Tambroni e il luglio 1960, «Italia contemporanea», marzo 1991, n. 182; G. Crainz, Storia del miracolo italiano. Culture, identità, trasformazioni fra anni Cinquanta e Sessanta, Donzelli, Roma, 1996. C. Bermani, L’antifascismo del luglio ’60, in Il nemico interno. Guerra civile e lotte di classe in Italia (1943-1976), Odradek, Roma, 1997, pp. 141-263; P. Cooke, Luglio 1960: Tambroni e la repressione fallita, Teti, Milano, 2000; G. Formigoni, A. Guiso (a cura di), Tambroni e la crisi del 1960, cit.; A. Baldoni, Due volte Genova. Luglio 1960 – luglio 2001: fatti, misfatti, verità nascoste, Vallecchi, Firenze, 2004. Si veda anche A. Carioti, De Lorenzo e Moro, la strana coppia contro Tambroni, «Corriere della Sera», 26 marzo 2004.
85 Se ne sono in parte occupati solo Nuti e Gentiloni Silveri, si vedano L. Nuti, Gli Stati Uniti e l’apertura a sinistra, cit., pp. 285-299; U. Gentiloni Silveri, L’Italia e la nuova frontiera. Stati Uniti e centro-sinistra 1958-1965, Il Mulino, Bologna, 1998, pp. 49-58.
86 Si veda G. Formigoni, A. Guiso (a cura di), Tambroni e la crisi del 1960, cit., p. 368. Significativo è il fatto che Murgia, citando un editoriale del «New York Times», scrive che «sembra uscito dall’ufficio stampa di Tambroni», si veda P.G. Murgia, Il luglio 1960, cit., p. 139. Sfogliando «L’Unità» e «Il Secolo d’Italia» del luglio 1960 si trova una selezione degli editoriali di molti quotidiani stranieri. Naturalmente la stampa internazionale veniva usata per avvalorare la tesi dell’aggressione da parte delle forze dell’ordine o della provocazione di piazza. Era comunque indicativo dell’attenzione rivolta a quanto scrivevano all’estero per comprovare le proprie idee.
87 L. Nuti, Gli Stati Uniti e l’apertura a sinistra, cit., p. 288.
88 Si veda L. Nuti, Gli Stati Uniti e l’apertura a sinistra, cit., pp. 288-289.
89 Telegram 3999, J. Zellerbach to the Secretary of State, May 6, 1960, NARA, RG 59, CDF, Box 1917, 765.00/5-660.
90 Memo of conversation with Francesco Cosentino, Secretary General of the Chamber and Gronchi’s legal adviser, G. Lister (First Secretary of Embassy) to the Department of State, May 11, 1960, NARA, RG 59, CDF, Box 1917, 765.00/5-1660. Si veda U. Gentiloni Silveri, L’Italia e la nuova frontiera, cit., pp. 53-54; L. Nuti, Gli Stati Uniti e l’apertura a sinistra, cit., p. 292. Documento parzialmente pubblicato in Così parlò Cosentino, «L’Espresso», 28 luglio 1995, pp. 68-69.
91 Neo-fascists in postwar Italy, CIA, Current Intelligence Weekly Summary, May 12, 1960, foia.cia.gov
92 The Italian Political Crisis, A. Smith (Acting Chairman, Office of National Estimates) to the Director of Central Intelligence, May 17, 1960, DDEL, WHO, Office of the Special Assistant for National Security Affairs, Records 1952-1961, NSC Series, Briefing notes Subseries, Box 11, f. Italian political situation and U.S. Policy toward Italy, 1953-60. Il riassunto è pubblicato in FRUS, 1958-1960, vol. VII, pt. 2, p. 598.
93 Il leader Gedda avrebbe annunciato «oggi siamo uniti nel pensiero, domani lo saremo nell’azione», Erosion of italian democracy, CIA, Current Intelligence Weekly Review, June 23, 1960, foia.cia.gov
94 Si veda D. D’Urso, Enzo Giacchero, storia di un uomo, «Asti contemporanea», n. 11, p. 239, israt.it/asticontemporanea/ast…
95 Dopo l’aggressione contro i paracadutisti i sobillatori bolscevichi cercano un alibi, «Il Secolo d’Italia», 23 aprile 1960; Dalli al parà, ivi.
96 Per gli interventi in Aula si veda AP, CdD, III Legislatura, Discussioni, Seduta del 5 maggio 1960, pp. 13701-13796.
97 Di Lorenzo rimpiangeva i tempi di Mussolini, «quando i poteri del Prefetto non erano limitati da tante assurdità democratiche [democratic nonsense]», si veda Communist involvments in Livorno riots confirmed, M. Cootes (American Consul General) to the Department of State, May 6, 1960, NARA, RG 59, CDF, Box 1917, 765.00/5-660.
98 Communist involvments in Livorno riots confirmed, cit. Per una posizione critica nei confronti dei paracadutisti, del Prefetto e del Ministero degli Interni si veda F. Dentice, Livorno: non cercate la donna, «L’Espresso», 1 maggio 1960, pp. 6-7; G. Crainz, Storia del miracolo italiano, cit., p. 171.
99 Utili suggestioni in R. Del Carria, Proletari senza rivoluzione, vol. V (1950-1975), Savelli, Roma, 1979, pp. 23-28, citato in P. Cooke, Luglio 1960, cit., pp. 54-55.
Federico Robbe, Gli Stati Uniti e la Destra italiana negli anni Cinquanta, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Milano, Anno accademico 2009-2010

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Accordi MERCOSUR-EUROPA – Sergio Ferrari


Dopo 25 anni di discussioni, riusciranno il Sudamerica e l’Europa a far passare la pillola amara di un accordo contestato da diversi Stati e ripudiato da importanti movimenti sociali di entrambi i continenti?

Movimenti sociali contro un accordo rischioso

Sergio Ferrari

Traduzione a cura del Gruppo Insegnanti di Geografia Autorganizzati

Gli accordi di libero scambio del MERCOSUR con l’Europa entrano in una fase decisiva. Parallelamente, aumentano le critiche dei movimenti sociali.

All’inizio di luglio, dopo otto anni e quattordici round di negoziati, i paesi del MERCOSUR (Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay) hanno annunciato la conclusione di un trattato di libero scambio con le loro controparti dell’Associazione europea di libero scambio (EFTA), che riunisce Islanda, Principato del Liechtenstein, Norvegia e Svizzera. Sebbene il processo di revisione giuridica, la firma formale e la ratifica da parte di ciascun parlamento potrebbero richiedere diversi mesi, la conclusione dei negoziati di questo “mini accordo” invia un segnale politico alle parti che devono ratificare il “grande accordo”. Si tratta, infatti, del trattato di libero scambio tra il MERCOSUR e i 27 Stati dell’Unione Europea (UE). Sebbene formalmente accettato nel dicembre 2024, esso è attualmente in fase di traduzione e discussione parlamentare nei due blocchi.

L’accordo negoziato tra il MERCOSUR e l’EFTA appare quindi come un nuovo banco di prova per l’intero negoziato tra il Sud America e l’Europa, che è stato criticato dalle organizzazioni contadine e sindacali, nonché dalle organizzazioni non governative ambientaliste e di cooperazione allo sviluppo. Queste critiche, all’epoca, si concentravano sulla “segretezza” della discussione, in particolare sul fatto che solo un ristretto gruppo di negoziatori – che non includeva nemmeno i parlamentari nazionali – era a conoscenza delle proposte iniziali del trattato. Ora si concentrano sui contenuti essenziali che i movimenti sociali considerano rischiosi sia per l’ambiente che per i contadini e i lavoratori su entrambe le sponde dell’Atlantico.

MERCOSUR-EFTA, l’accordo “piccolo”

Il trattato di libero scambio MERCOSUR-EFTA mira a creare un’area di libero scambio che coinvolge quasi 300 milioni di persone. Secondo il comunicato stesso del MERCOSUR, “Entrambe le parti beneficeranno di un miglioramento dell’accesso ai mercati per oltre il 97% delle loro esportazioni, il che si tradurrà in un aumento del commercio bilaterale e in vantaggi per le imprese e i privati”. Il suo obiettivo è quello di coprire praticamente tutti i settori di attività dello scambio. Regolerà il commercio di beni, servizi, investimenti, diritti di proprietà intellettuale, appalti pubblici, concorrenza, misure sanitarie e fitosanitarie, ostacoli tecnici al commercio, questioni legali e orizzontali, compresa la risoluzione delle controversie. Include anche un capitolo sul commercio e lo sviluppo sostenibile che le voci critiche considerano formale e insufficiente (mercosur.int/comunicadomercosu…).

La Svizzera, uno dei paesi più interessati alla conclusione del trattato, si sfrega le mani dalla gioia. Nel 2024, le esportazioni elvetiche verso i paesi del MERCOSUR hanno raggiunto i 4,9 miliardi di dollari, mentre le importazioni, senza contare il commercio dell’oro, sono state cinque volte inferiori. Sebbene il saldo commerciale fosse già molto positivo per la Confederazione Elvetica, con questo nuovo accordo – e secondo i suoi stessi calcoli iniziali – quasi il 95% delle sue esportazioni verso i paesi del MERCOSUR sarebbe completamente esente da dazi doganali. Da parte sua, la Svizzera concederebbe al MERCOSUR venticinque quote bilaterali di prodotti agricoli sensibili, ovvero si impegnerebbe a importare una determinata quantità di beni dalla sua controparte latinoamericana. Berna ha rassicurato i propri cittadini che queste quote di importazione “sono sostenibili per l’agricoltura svizzera”

(news.admin.ch/fr/newnsb/SDd_zA…).

Il “grande” accordo MERCOSUR-Unione Europea nel mirino

L’Unione Europea e i paesi del MERCOSUR hanno concordato un trattato nel dicembre 2024 dopo quasi cinque anni di negoziati. Ora manca la ratifica da parte di ciascuno dei parlamenti sudamericani e dei 27 paesi europei, nonché quella del Consiglio e del Parlamento europeo. Tuttavia, alcune parti dell’accordo potrebbero entrare in vigore in via provvisoria solo con la firma dell’istituzione sovranazionale europea e della sua controparte sudamericana. Se approvato definitivamente, questo sarebbe uno dei trattati di libero scambio di maggiore impatto a livello internazionale: circa 700 milioni di persone in paesi che rappresentano quasi un quarto del prodotto lordo mondiale.

L’ultima parola, tuttavia, non è ancora stata detta. Diversi governi europei, tra cui Francia, Austria e Polonia, si oppongono, mentre altri, come il Belgio, potrebbero astenersi (finora Italia e Paesi Bassi si mostrano scettici). Per bloccare l’accordo è necessario un minimo di quattro paesi che insieme rappresentino il 35% della popolazione dell’UE.

Da anni importanti attori sociali manifestano la loro aperta opposizione a questo trattato, considerandolo «un accordo tossico per gli agricoltori, l’ambiente e i diritti sociali e umani qui [in Europa] come nei paesi del Mercosur». Numerosi “movimenti sociali, ONG, cittadini, agricoltori, attivisti, sindacati, movimenti studenteschi, mutue, associazioni ambientaliste e associazioni per la promozione della salute”, tra gli altri, hanno appena indetto una mobilitazione nel quartiere europeo di Bruxelles (sede dell’esecutivo dell’UE) per il 4 settembre. (cncd.be/bruxelles-4-septembre-…).

Anche se la votazione in seno al Consiglio dell’Unione Europea potrebbe avvenire a metà mese, è probabile che la data precisa venga annunciata solo all’ultimo momento, cosa che preoccupa queste organizzazioni. Secondo loro, questi “processi opachi” presuppongono “tentativi di indebolire il nostro movimento”. Da qui, sostengono, l’imperativa necessità di auto-convocarsi. Inoltre, spiegano che “alcuni governi [dell’UE] stanno cercando di promuovere l’accordo con un allegato sul clima, presumibilmente destinato a rispondere alle critiche”. Tuttavia, sostengono i promotori dell’iniziativa, “questo allegato non modificherebbe in alcun modo gli impatti reali sull’ambiente, sui diritti umani e sull’agricoltura, sia qui che nei paesi del MERCOSUR”.

Crescente rabbia sociale

A metà luglio, quattro delle principali organizzazioni rurali europee hanno inviato una lettera ai responsabili politici dell’UE chiedendo loro di respingere l’accordo commerciale UE-MERCOSUR nella sua forma attuale. Tale accordo, hanno sostenuto, potrebbe causare “danni irreversibili” ai settori vulnerabili dell’agricoltura europea e mettere a repentaglio la sovranità alimentare dei paesi sudamericani. I firmatari sono il Consiglio europeo dei giovani agricoltori (CEJA), il Comitato delle organizzazioni professionali agricole, la Confederazione generale delle cooperative agricole dell’Unione europea (COPA-COGECA), la Coordinadora Europea Vía Campesina (ECVC) e la Federazione Europea dei Sindacati dell’Alimentazione, dell’Agricoltura e del Turismo (EFFAT), organizzazioni che rappresentano un’ampia varietà di comunità rurali e lavoratori del settore agroalimentare del continente (https://viacampesina.org/es/europa-pequenos-agricultores-y -lavoratori-chiedono-ai-ministri-e-ai-deputati-europei-di-opporsi-all’accordo-commerciale-ue-mercosur/).

Anche i loro omologhi latinoamericani hanno espresso per anni il loro rifiuto del trattato. Già a febbraio le donne di La Vía Campesina hanno chiaramente marcato il terreno affermando che, sebbene “il team diplomatico del governo Lula abbia proposto di rivedere alcuni aspetti, questi non modificano l’essenza della struttura neocoloniale dell’accordo”. Per questo motivo, hanno affermato, “è urgente comprendere la portata delle violazioni sociali previste e analizzare anche la minaccia ai diritti delle donne, in particolare delle donne delle campagne, delle acque e delle foreste”. D’altra parte, e non meno preoccupante, “il pilastro commerciale dell’accordo ribadisce le asimmetrie storiche, poiché stabilisce dazi esterni sfavorevoli ai popoli sudamericani [privilegiando] il vecchio scambio di beni minerari e agricoli prodotti dal MERCOSUR con beni industrializzati provenienti dall’Europa, come veicoli, macchinari e pesticidi” (https://viacampesina.org/es/brasil-como-puede-el-acuerdo-mercosur-union-europea-impactar-la-vida-de-las-mujeres/).

Tuttavia, l’opposizione non proviene solo dai movimenti sociali rurali. Infatti, nell’ultima settimana di luglio, la Centrale Unica dei Lavoratori del Brasile (CUT) e la Coordinadora Sindical del Cono Sur (CCSCS) hanno consegnato personalmente una lettera alla delegazione della Commissione per il Commercio Internazionale (INTA) del Parlamento Europeo per esprimere la loro opposizione all’attuale accordo MERCOSUR-UE. I parlamentari europei e diverse organizzazioni della società civile latinoamericana, tra cui il Movimento dei Lavoratori Senza Terra (MST) del Brasile, hanno partecipato alla cerimonia di consegna di questo documento nella città di San Paolo. Redatta in collaborazione con la Confederazione Europea dei Sindacati (CES), la lettera denuncia “la mancanza di trasparenza nei negoziati, l’assenza di partecipazione sociale, l’uso di un linguaggio inaccessibile e i rischi concreti che l’accordo comporta per i lavoratori, l’industria regionale e l’ambiente”. I sindacalisti ritengono che il trattato rafforzi una logica neoliberista e neocolonialista, favorendo le grandi aziende a scapito dello sviluppo sostenibile e dell’integrazione sovrana dei paesi del MERCOSUR. Se concretizzato, aggiungono, provocherà la deindustrializzazione, la riduzione della produzione nazionale e una maggiore dipendenza dalle importazioni di prodotti manifatturieri europei.

Dopo 25 anni di discussioni, riusciranno il Sudamerica e l’Europa a far passare la pillola amara di un accordo contestato da diversi Stati e ripudiato da importanti movimenti sociali di entrambi i continenti? Una domanda aperta, molto difficile a cui rispondere, e con un sottofondo allarmante. Come lo è l’offensiva mondiale dei dazi lanciata negli ultimi mesi dal protezionismo trumpiano, che promuove una nuova dinamica commerciale e politica che potrebbe giocare a favore di coloro che scommettono su un “cattivo accordo” MERCOSUR-UE come opzione migliore rispetto a “nessun accordo”.

Sergio FerrariJournaliste RP/periodista RPTel: (00 41) 078 859 02 44
sergioechanger@yahoo.fr


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Sonolus gioconlus musicante super figo ganzo clonante tutti gli altri e afancul!!!


Stasera, per puro caso dell’espressione della consueta disperazione, il catgaming ha preso una piega inaspettata, ma graditissima. Infatti, mi era venuto un po’ a caso in mente di cercare se esistesse qualcosa tipo un server privato per VOEZ, che è quel giochino musicale che ho sul tablet per marcire con lo spirito mentre tengo tuttavia la mente e le manine allenate… e ho trovato decisamente di molto meglio; classica “cercavo rame e ho trovato oro” situazione. 😳👍

Per chi non lo avesse presente, non c’è molto da dire… è di circa 10 anni fa, ed è bellino: tutta l’estetica è di quel pulito-sognante stile anime, le canzoni sono varie pazzerelle (niente roba normie che va dallo zzz al bleh, insomma), ed è in generale uno dei pochi che mi piace. Ha anche una versione per Switch che, a differenza di quella mobile, costa un tot di base ma poi non ha acquisti in-app, ha tutto già sbloccato di suo, e funziona offline… ma, ovviamente, se sono a casa voglio usare il tablet da 10 pollici anziché il merdoso di Nintendo, e se sono in giro non voglio portarmi un secondo rettangolo di 6 pollici + bordi enormi oltre al telefono, per cui lasciamo stare. 🥱

Non so se ho allora trovato davvero cosa cercavo, perché dalle pareti del web mi sono spuntati diversi APK MOD, che non ho (ancora?) provato… ma ho trovato 1 cosa più pazza: un giochino di ritmo chiamato Sonolus, fatto per essere modulare, avendo un motore di base che può essere esteso con delle API per ricreare virtualmente qualunque rhythm game al di sopra di questa singola infrastruttura comune… oh, tanta roba in teoria. E nella pratica, che consiste in un APK di appena ~100 MB, il miraggio si conferma realtà: questo pezzo di pseudo-software, aggiunto l’URL del server che fornisce i dati per far comportare il gioco come un clone di VOEZ, è effettivamente tanto gustoso quanto pareva da lontano!!! 😻

La cosa bella di questo, quindi, è che non solo ho a (quasi) tutti gli effetti VOEZ ma con tutte le sue canzoni aggratis (+ custom, credo, senza necessitare di APK strani)… ma ho praticamente VOEZ che funziona senza Google Play Services, anziché freezarsi all’avvio senza spiegazioni, quindi posso tornare ad averlo pure sullo Ximifonino… e questo è davvero l’inizio della megafine, cazzo che bello. La fregatura sta nel fatto che ad ogni fine canzone esce una pubblicità, e gli acquisti in-app in realtà ci sono sotto forma di abbonamenti per togliere le pubblicità, o personalizzazioni del profilo online… roba di cui se ne fa a meno (anche perché le pubblicità basta bloccarle a livello di OS, ma finché sono solo statiche e non video sono accettabili, non danno fastidio). 🤗

Non ho ancora provato i vari motori di gioco disponibili a parte il clone di VOEZ, perché sono una marea… e quello, a dire il vero, comunque non è una ricreazione perfetta: sul look ci siamo, e anche sull’hear, ma sul feel non tanto, visto che la gestione degli input è parecchio più severa, e il margine di errore è abbastanza più basso da far si che, una canzone che sul VOEZ originale riesco tranquillamente a fare a difficoltà massima, qui mi esce un mezzo schifo persino a livello intermedio (e il video qui fa ampia mostra dei miei problemi di skill, in questo senso)… però, visti i vantaggi, dovrò abituarmici; quantomeno, se non sul tablet, per giocarci sul telefono, dove l’alternativa sarebbe il niente. 🔥

Assurdo che NON lagghi sullo Xiaomi con tanto di registrazione schermo attiva, ma, purtroppo, ha anche dei difetti… tipo che il core non è open-source — ma tutto ciò che ci gira attorno, inclusi i plugin che clonano i vari giochini, pare proprio di si — e che l’APK ha librerie solo per ARMv7 e ARMv8, niente x86+64 — ma poteva andare molto peggio: poteva essere solo ARM 64 bit; e invece, con doppie lib + supporto ad Android Nougat, si installa anche sul telefono di un pesce palla (non ironicamente). C’è anche per iOS, ma di quello non ce ne fotte; dispiace non ci sia una build Windows e/o HTML5, piuttosto, ma il gioco è appena alla v1.0.0, quindi sarà questione di tempo. Per me, già il fatto che il gioco parta senza connessione Internet e faccia tranquillamente giocare i livelli salvati, è sufficiente a godere… 👾

#game #gaming #mobile #music #rhythm #VOEZ

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2 asemic channels


if you are interested in asemic writing, follow & enjoy
https://t.me/asemic and/or https://tinyurl.com/whasemic
asemic work by differx, 2021
#asemic #asemicChannels #asemicWriting #asemics #canaliPerLaScritturaAsemica #channels #scritturaAsemantica #scritturaAsemica

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Partecipate alla Consultazione pubblica sulla “conservazione dei dati da parte dei fornitori di servizi per procedimenti penali”, ma prima leggete la guida di EDRi: questa proposta può legalizzare la sorveglianza di massa e minacciare la nostra privacy e i nostri diritti fondamentali!

Ecco la guida di EDRi su come rispondere alla consultazione avviata dalla Commissione Europea.

La consultazione mira a raccogliere le vostre opinioni sull’impatto delle norme sulla conservazione dei dati in vista dell’adozione di misure legislative e non legislative a livello UE.

informapirata.it/2025/08/18/pa…

#CommissioneEuropea #ConsultazionePubblica #EDRi

informapirata.it/2025/08/18/pa…

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Mali: arrestato diplomatico francese.


Secondo la Francia l’arresto sarebbe ingiustificato.

In Mali è stato arrestato un uomo di nazionalità francese, con l’accusa di sobillazione.
bandiera Malibandiera Mali
Sabato 16 agosto 2025, la Francia ha dichiarato che l’uomo, Yann Vezilier, è un membro accreditato della sua ambasciata nella capitale Bamako e che le accuse contro di lui sono infondate. Le autorità maliane hanno recentemente posto Vezilier in custodia, insieme a due generali e ad altri militari, accusandoli di aver partecipato a un presunto complotto volto a destabilizzare il paese.

In una dichiarazione rilasciata giovedì, il governo militare del Mali aveva descritto Vezilier come un agente dell’intelligence francese, sostenendo che avrebbe sobillato soldati e attori della società civile. In risposta, il ministero degli affari esteri francese ha avviato colloqui con le autorità maliane per chiarire quella che ha definito una “incomprensione” e ottenere il rilascio immediato di Vezilier, sottolineando che il suo arresto violerebbe la Convenzione di Vienna sulle Relazioni Diplomatiche.

L’opposizione maliana in esilio ha definito le presunte intenzioni di destabilizzazione come false, sollecitando la junta militare al potere a produrre prove a sostegno delle sue affermazioni. Il Fronte di Resistenza Patriottica, una coalizione di politici in esilio, ha inoltre chiesto la liberazione dei detenuti e il ripristino dell’ordine costituzionale.

Fonte: africanews.com


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tablet sudato sulle gambe poggiato


Dritta da ieri sera, ecco qui un’altra assurdità. Stavo sul divano, a giocare col tablet, e lo tenevo praticamente appoggiato dritto sulle gambe che tenevo in piedi sul divano stesso (la classica posizione da ragazza gatto casual gamer, insomma), senza cover… e a dire il vero si teneva, per bene, comodamente, fermo, senza scivolare, eppure comunque ad un’altezza conveniente (di non molto sotto gli occhi, cosa che evita di dover stare bent con la testa) e senza reggere personalmente l’affare… 🐱

Tutto bene, nonostante fosse caldino dato l’uso (non bollente, parliamo pur sempre di giochi da ragazza gatto, quindi non roba pesante)… finché non l’ho girato… e mi sono accorta che il motivo per cui stava bello a posto, nonostante l’angolo solo di pochi gradi ottuso, era perché si erano fatte due belle pozze di sudore spalmato in corrispondenza delle gambe. E in effetti, la tavoletta di metallo non mi rimane in piedi in quel modo da subito, se ci provo ora… dovrei usarla una decina di minuti almeno appoggiata sulle gambe normalmente, e solo un po’ dopo uscirebbe il sudore che fa questo schifo ma questa grande utilità. 😾
Tablet fotografato dietro in verticale, come descritto, una pozza sopra e una sotto quindi
Comunque bleah, che schifo tipo… persino la fotocamera del telefono si rifiuta di mettere a fuoco molto bene dal disgusto (e ho provato più volte). Ovviamente non si pulisce nemmeno ottimamente questa sostanza merdifera di liquidi salati dal retro, bisognerebbe usare l’alcol per forza. E che peccato davvero, perché pareva io avessi trovato il modo perfetto per tenere il tablet… ma a questo punto non è il caso. E purtroppo, la cover non aiuta: anche quella scivola sulla pelle normalmente (ma anche col sudore mi sa, l’attrito è basso), e il classico prisma di appoggio che si forma girando le striscioline non è buono per essere piazzato su una superficie per niente ben piana, come le ginocchia. Insomma, è così fottutamente dura voler fare gaming quando si è gatti!!! 😿

#gaming #sudore #tablet

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roma, di là dal fiume, ottava edizione, 24 agosto – 10 settembre

Di là dal fiume | ottava edizione
festival ideato e prodotto dall’associazione culturale Teatroinscatola
direzione artistica: Lorenzo Ciccarelli


*
A Roma dal 24 agosto al 10 settembre 2025
ingresso gratuito
11 eventi in 8 spazi della città

Festival ideato e totalmente prodotto dall’associazione culturale Teatroinscatola: teatro, cinema, installazioni e visite guidate.

Tema di questa edizione è il rapporto tra arte e diritti umani. I luoghi che abiterà il festival sono essi stessi strettamente collegati con i temi che l’iniziativa vuole approfondire nella Capitale. Una delle caratteristiche del Festival è quella di coinvolgere contemporaneamente più spazi della città, anche luoghi insoliti da scoprire o riscoprire.


di là dal fiume (Roma, 24 agosto - 10 settembre), festival a cura di TEATROINSCATOLA, ottava edizione, ingresso gratuito
cliccare per ingrandire

“In questo murale (Tuttomondo)
ho disegnato tutto quello che riguarda l’umanità
è fatto di simboli delle differenti attività umane,
è una sintesi delle problematiche della vita di oggi.
Non mi sono dedicato unicamente alla vita degli uomini
ma anche alla vita degli animali,
ecco perché vedete delfini, scimmie e altro.
È un affresco della Vita in generale”

Keith Haring

Prendendo spunto da una recentissima rassegna prodotta da Teatroinscatola & Arch+Hr (laboratorio internazionale di ricerca, diretto dall’arch. Eleonora Carrano) denominata Utopia! Architettura e Diritti Umani“, TEATROINSCATOLA vuole continuare ad indagare il rapporto tra arte e diritti umani, concentrando l’attenzione su temi come il cambiamento climatico, le migrazioni, la detenzione, l’inclusione, le emergenze umanitarie, la povertà e la malattia mentale.


Grazie alla collaborazione con Francesco Cordio, regista e direttore di Human Rights International Film Festival (Festival Internazionale del Cinema dei Diritti Umani che si tiene in Umbria) e con Testaccio Estate è stato possibile inserire all’interno dell’ottava edizione del festival anche una sezione cinema.

Apre infatti il festival, il 24 agosto alla Città dell’Altra Economia (Cae), la proiezione di Io capitano di Matteo Garrone (David di Donatello per miglior film e migliore regia 2024, Leone d’argento per migliore regia 2023) che racconta l’odissea di due giovani senegalesi che affrontano il pericoloso viaggio per arrivare in Europa, attraverso le insidie del deserto, gli orrori dei centri di detenzione in Libia e i pericoli del mare.


Segue il 25 agosto Lo Stato della Follia di Francesco Cordio. Un documentario inchiesta sui manicomi giudiziari in Italia. Il racconto in prima persona di alcuni ex-internati in uno di questi ospedali, si intreccia con le riprese effettuate, senza preavviso, in questi luoghi “dimenticati” anche dallo Stato.

Il 27 agosto, ancora al Cae, verrà presentato anche Cesare deve morire regia dei fratelli Taviani (Orso d’oro alla Berlinale 2012, 5 David di Donatello nel 2012 tra cui miglior film e migliore regia). Qui un gruppo di detenuti del carcere di Rebibbia mette in scena il Giulio Cesare di Shakespeare. La proiezione sarà preceduta dall’incontro con Giovanna Taviani.


Dal 24 agosto al 27 agosto sarà posizionata sul palco del CAE l’opera Roma Città Aperta La ricostruzione di un grande fermaporta in legno fuori scala vuole evocare una porta immaginaria che si apre e rimane aperta in modo permanente.

I luoghi che abiterà il festival sono strettamente collegati con il tema dei diritti umani.
La Città dell’altra Economia (CAE) dove si proietteranno i film, è uno dei primi spazi in Europa interamente dedicato a quelle pratiche economiche che si caratterizzano per l’utilizzo di processi a basso impatto ambientale, che garantiscono un’equa distribuzione del valore, che non perseguono il profitto e la crescita a ogni costo e che mettono al centro le persone e l’ambiente. La Città nasce come luogo di promozione di tutta l’altra economia romana, offrendo spazi per esposizioni, vendita, eventi, incontri e formazione.
Il programma intero degli incontri è scaricabile al link di là dal fiume 2025_ teatroinscatola_ ottava edizione
*
teatroinscatola.it/
facebook.com/TeatroinscatolaRo…
facebook.com/TeatroinscatolaRo…


#ARCHHR #arte #associazioneCulturaleTeatroinscatola #CAE #cambiamentoClimatico #carcere #cinema #CittàDellAltraEconomia #clima #detenzione #DiLàDalFiume #dirittiUmani #diseguaglianze #EleonoraCarrano #emergenzeUmanitarie #FestivalInternazionaleDelCinemaDeiDirittiUmani #film #follia #FrancescoCordio #fratelliTaviani #galera #HumanRightsInternationalFilmFestival #inclusione #installazioni #KeithHaring #malattiaMentale #MatteoGarrone #migranti #migrazioni #povertà #teatro #Teatroinscatola #TestaccioEstate #Tuttomondo #visiteGuidate

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Rimpatriata in Burkina Faso la salma di Alain Christophe Traoré.


La morte avvenuta in circostanze misteriose.

La recente restituzione dei resti di Alain Christophe Traoré, noto come Alino Faso, in Burkina Faso dalla Côte d’Ivoire ha scatenato un’intensa ondata di lutto nazionale e rinnovate richieste di giustizia. Traoré, una figura di spicco tra gli influencer sui social media e sostenitore della giunta al potere in Burkina Faso, è stato trovato morto nella sua cella presso la scuola della gendarmeria a Dakar, Abidjan, alla fine di luglio.
Flag of Burkina FasoBandiera del Burkina Faso – Public Domain. Source: it.wikipedia.org/wiki/File:Fla…
Le autorità ivoriane hanno concluso che Traoré si sarebbe suicidato impiccandosi con delle lenzuola, un esito che è stato immediatamente respinto dai suoi sostenitori e dal governo burkinabè, che hanno etichettato la sua morte come un “vile omicidio”. Questa posizione è stata supportata dalla condanna, da parte dei familiari e delle autorità burkinabè, della mancanza di notifiche alle persone coinvolte, inclusi i familiari, il legale e l’ambasciata del Burkina Faso. È stata quindi avanzata la richiesta di un’indagine completa e trasparente.

A Ouagadougou, centinaia di manifestanti si sono radunati in segno di protesta, indossando abiti bianchi e marciando dal Memoriale di Thomas Sankara all’ambasciata ivoriana. Durante le manifestazioni, i partecipanti hanno esposto cartelli che chiedevano verità e giustizia, sottolineando che il caso di Traoré ha fortemente scosso la coscienza nazionale.

Il governo del Burkina Faso ha solennemente promesso che questa morte “non resterà impunita” e ha insistito per una collaborazione nell’investigazione. Tuttavia, le organizzazioni per i diritti umani avvertono che il caso potrebbe esacerbare le tensioni diplomatiche tra Ouagadougou e Abidjan, evidenziando inoltre la sensibilità di fondo relativa al dissenso e alla detenzione in tutta l’Africa occidentale.

In questo contesto, la questione non riguarda soltanto la morte di Traoré, ma solleva interrogativi più ampi sulle dinamiche politiche e sociali della regione, dove il rispetto dei diritti umani e la giustizia sono sempre più sotto esame. La richiesta di responsabilità e trasparenza, quindi, diventa non solo un atto di giustizia personale per la famiglia di Traoré, ma anche un’importante rivendicazione collettiva per un futuro più giusto e democratico nel Burkina Faso e oltre.

Fonte: africanews.com


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ostia, 23-31 agosto: incontri dedicati al regista claudio caligari


locandina iniziative Ostia per Claudio Caligari A Ostia (Roma),
dal 23 al 31 agosto,
alla Galleria Ess&rre del
Porto Turistico di Roma:

Rassegna d’arte
– una settimana di incontri
dedicati al regista
Claudio Caligari

programma: slowforward.net/wp-content/upl…

#art #arte #ClaudioCaligari #EssRre #finissage #mostra #mostre #vernissage

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Incendi, come distruggere il nostro patrimonio boschivo


“In Italia è SOS incendi nel 2025. Dal primo gennaio al 18 luglio si sono verificati 653 roghi che hanno mandato in fumo 30.988 ettari di territorio pari a 43.400 campi da calcio. […] Il Meridione si conferma l’area più colpita dagli incendi con sei regioni in cima alla classifica per ettari bruciati. Maglia nera alla Sicilia, con 16.938 ettari in fiamme in 248 roghi” […]

Leggi il resto: argocatania.it/2025/08/18/ince…

#AssessoratoRegionaleTerritorioEAmbiente #emergenzaIncendi #incendioDoloso #RegioneSiciliana #Sicilia


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“non noi” / mg. 2024


quello che segue è il breve brano col quale nell’estate dello scorso anno ho risposto alla richiesta di partecipare alla serie di interventi “Poesia, prima persona plurale. (Indagine sulla valenza sociale della poesia contemporanea)”, serie uscita su ‘Le parole e le cose’ a cura di Lorenzo Mari e Gianluca Rizzo – che ringrazio nuovamente dell’invito (e con loro la redazione di LPLC).
il testo, in rete da novembre 2024 qui, non è presente nel relativo libro pubblicato da Argo da pochissimo, ho così considerato che forse renderlo reperibile in più sedi online (cfr. in calce) fosse plausibilmente non inutile, considerandone soprattutto l’argomento.


non noi

“noi no”
(sandra mondaini, raimondo vianello, jeff bezos, 1977)
(n.b.: l’epigrafe deve essere di merda e deve fare sorridere)


il noi di cui noi disponiamo è completamente sbagliato, è da rifare, siamo noi da rifare. in attesa, va evitato l’uso; ci evitano in parecchi.

il noi anche semplicemente grammaticale che disponiamo sulla scacchiera della sintassi non sta messo meglio: errore o meglio un errante fra convenzioni di diorite e alleanzelle di biscotto.

tra l’altro si sapeva, si è sempre saputo.

cioè continua a essere: stupro di gruppo, fusioni societarie, coloni, ufficiali, uffici, tribalismo, correnti di convezione, cattivo odore bene collettivo, circhi senza farina, batte col piatto del machete sulla gamba e taglia le condutture d’acqua ovviamente in Cisgiordania.

il pronome yankee a inizio agosto 2024 stanzia 18 miliardi di dollari perché israele continui la distruzione del popolo Palestinese e il furto di terre.

non so/sappiamo e nessuno sa cosa possa sostituire la splendida profondità fognaria dei pronomi di prima persona, uno e multiplo, instagrammer e gruppi fb.

non c’è crimine che non trovi (un) noi a giustificarlo, dagli omicidi e violenze sessuali a megiddo e nelle altre carceri israeliane agli acquirenti dei manualetti di ultradestra.

la pancia di amazon è piena di mosche, una per ogni penny di jb.

è passato da poco il primo compleanno del genocidio ai danni della Palestina, a sua volta vetta di 76 compleanni di Nakba. una montagna di montagne di morti.

il noi (di merda) degli intellettuali (di merda) non si è mica sentito, o – diciamo – si è sentito pochissimo (e) male. o meglio uno zero, per altri zeri, di fronte al noi invece energico tricolore bluette del roblox di parigi ’24 [=olimpiadi].

medici operai operatori scrivono noi tornando da Gaza, da Gerusalemme Est, dalla West Bank, o standoci: possono usare il pronome, gli altri no, noi no.

*

ulteriori link:

puntocritico2.wordpress.com/20…

pontebianco.noblogs.org/post/2…

differx.noblogs.org/2025/08/17…

poliverso.org/display/cb89bb2e…

instagram.com/p/DNf2-zno4ij

facebook.com/differx/posts/pfb… ovvero t.ly/PgFoa

eexxiitt.blogspot.com/2025/08/…

eeexxxiiittt.blogspot.com/2025…

the-flux-i-share.blogspot.com/…

ko-fi.com/post/non-noi-marco-g…

noblogo.org/differx/non-noi

youtube.com/post/Ugkxms3iuwvkJ…

youtube.com/post/UgkxFZY3Q3zEw…

youtube.com/post/UgkxTQA5Z47SK…

#Gaza #genocide #genocidio #Palestine #Palestina #warcrimes #sionismo #zionism #starvingpeople #starvingcivilians #iof #idf #colonialism #sionisti #izrahell #israelterroriststate #invasion #israelcriminalstate #israelestatocriminale #children #bambini #massacri #deportazione #concentramento #famearmadiguerra #intellettuali #Nakba #ilnoi #noi #primapersonaplurale #primapersona #Megiddo #carceriisraeliane #olimpiadidiparigi
#intellettuali #intellettualidimerda #ICJ #ICC #Cisgiordania #WestBank #settlers #coloni #prigionieri #ostaggi #leparoleelecose #LPLC #poetiitaliani #poesia #poesiaprimapersona #olimpiadi #pronomesbagliato

n.b.: il testo registra la situazione all’estate del 2024, quando cioè è stato scritto

#StoNoiDemmerda #bambini #carceriisraeliane #children #Cisgiordania #coloni #colonialism #colonialismo #concentramento #davantiAlDoloreDegliAltri #davantiAlGenocidio #deportazione #estate2024 #famearmadiguerra #fusioniSocietarie #Gaza #genocide #genocidio #GerusalemmeEst #ICC #icj #IDF #ilnoi #intellettuali #intellettualidimerda #invasion #IOF #israelcriminalstate #israelestatocriminale #israelterroriststate #izrahell #leparoleelecose #LPLC #massacri #Megiddo #Nakba #Noi #olimpiadi #olimpiadidiparigi #ostaggi #Palestina #Palestine #poesia #poesiaprimapersona #poetiitaliani #prigionieri #primapersona #primapersonaplurale #pronomeSbagliato #pronomeYankee #settlers #sionismo #sionisti #starvingcivilians #starvingpeople #stuproDiGruppo #tribalismo #uffici #ufficiali #USA #warcrimes #WestBank #yankee #zionism


“non noi” / marco giovenale. 2024


quello che segue è il breve brano col quale lo scorso anno ho risposto alla richiesta di partecipare alla sequenza di interventi “Poesia, prima persona plurale. (Indagine sulla valenza sociale della poesia contemporanea)”, sequenza uscita su ‘Le parole e le cose’ a cura di Lorenzo Mari e Gianluca Rizzo – che ringrazio nuovamente dell’invito (e con loro la redazione di LPLC).
il testo, in rete da novembre 2024 qui, non è presente nel relativo libro pubblicato da Argo da pochissimo, ho così considerato che forse renderlo reperibile in rete fosse plausibilmente non inutile, considerandone soprattutto l’argomento.


non noi

“noi no”
(sandra mondaini, raimondo vianello, jeff bezos, 1977)
(n.b.: l’epigrafe deve essere di merda e deve fare sorridere)


il noi di cui noi disponiamo è completamente sbagliato, è da rifare, siamo noi da rifare. in attesa, va evitato l’uso; ci evitano in parecchi.

il noi anche semplicemente grammaticale che disponiamo sulla scacchiera della sintassi non sta messo meglio: errore o meglio un errante fra convenzioni di diorite e alleanzelle di biscotto.

tra l’altro si sapeva, si è sempre saputo.

cioè continua a essere: stupro di gruppo, fusioni societarie, coloni, ufficiali, uffici, tribalismo, correnti di convezione, cattivo odore bene collettivo, circhi senza farina, batte col piatto del machete sulla gamba e taglia le condutture d’acqua ovviamente in Cisgiordania.

il pronome yankee a inizio agosto 2024 stanzia 18 miliardi di dollari perché israele continui la distruzione del popolo Palestinese e il furto di terre.

non so/sappiamo e nessuno sa cosa possa sostituire la splendida profondità fognaria dei pronomi di prima persona, uno e multiplo, instagrammer e gruppi fb.

non c’è crimine che non trovi (un) noi a giustificarlo, dagli omicidi e violenze sessuali a megiddo e nelle altre carceri israeliane agli acquirenti dei manualetti di ultradestra.

la pancia di amazon è piena di mosche, una per ogni penny di jb.

è passato da poco il primo compleanno del genocidio ai danni della Palestina, a sua volta vetta di 76 compleanni di Nakba. una montagna di montagne di morti.

il noi (di merda) degli intellettuali (di merda) non si è mica sentito, o – diciamo – si è sentito pochissimo (e) male. o meglio uno zero, per altri zeri, di fronte al noi invece energico tricolore bluette del roblox di parigi ’24 [=olimpiadi].

medici operai operatori scrivono noi tornando da Gaza, da Gerusalemme Est, dalla West Bank, o standoci: possono usare il pronome, gli altri no, noi no.



#Gaza #genocide #genocidio #Palestine #Palestina #warcrimes #sionismo #zionism #starvingpeople #starvingcivilians #iof #idf #colonialism #sionisti #izrahell #israelterroriststate #invasion #israelcriminalstate #israelestatocriminale #children #bambini #massacri #deportazione #concentramento #famearmadiguerra #intellettuali #Nakba #ilnoi #noi #primapersonaplurale #primapersona #Megiddo #carceriisraeliane #olimpiadidiparigi #intellettuali #intellettualidimerda #ICJ #ICC #Cisgiordania #WestBank #settlers #coloni
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n.b.: il testo registra la situazione all’estate del 2024, quando cioè è stato scritto

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n.b.: il testo registra la situazione all'estate del 2024, quando cioè è stato scritto

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gino strada sulla palestina, 2004


youtube.com/shorts/5Yjz8Ie5kwI

#Gaza #GinoStrada #Palestina #video

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“non noi” / marco giovenale. 2024


quello che segue è il breve brano col quale lo scorso anno ho risposto alla richiesta di partecipare alla sequenza di interventi “Poesia, prima persona plurale. (Indagine sulla valenza sociale della poesia contemporanea)”, sequenza uscita su ‘Le parole e le cose’ a cura di Lorenzo Mari e Gianluca Rizzo – che ringrazio nuovamente dell’invito (e con loro la redazione di LPLC).
il testo, in rete da novembre 2024 qui, non è presente nel relativo libro pubblicato da Argo da pochissimo, ho così considerato che forse renderlo reperibile in rete fosse plausibilmente non inutile, considerandone soprattutto l’argomento.


non noi

“noi no”
(sandra mondaini, raimondo vianello, jeff bezos, 1977)
(n.b.: l’epigrafe deve essere di merda e deve fare sorridere)


il noi di cui noi disponiamo è completamente sbagliato, è da rifare, siamo noi da rifare. in attesa, va evitato l’uso; ci evitano in parecchi.

il noi anche semplicemente grammaticale che disponiamo sulla scacchiera della sintassi non sta messo meglio: errore o meglio un errante fra convenzioni di diorite e alleanzelle di biscotto.

tra l’altro si sapeva, si è sempre saputo.

cioè continua a essere: stupro di gruppo, fusioni societarie, coloni, ufficiali, uffici, tribalismo, correnti di convezione, cattivo odore bene collettivo, circhi senza farina, batte col piatto del machete sulla gamba e taglia le condutture d’acqua ovviamente in Cisgiordania.

il pronome yankee a inizio agosto 2024 stanzia 18 miliardi di dollari perché israele continui la distruzione del popolo Palestinese e il furto di terre.

non so/sappiamo e nessuno sa cosa possa sostituire la splendida profondità fognaria dei pronomi di prima persona, uno e multiplo, instagrammer e gruppi fb.

non c’è crimine che non trovi (un) noi a giustificarlo, dagli omicidi e violenze sessuali a megiddo e nelle altre carceri israeliane agli acquirenti dei manualetti di ultradestra.

la pancia di amazon è piena di mosche, una per ogni penny di jb.

è passato da poco il primo compleanno del genocidio ai danni della Palestina, a sua volta vetta di 76 compleanni di Nakba. una montagna di montagne di morti.

il noi (di merda) degli intellettuali (di merda) non si è mica sentito, o – diciamo – si è sentito pochissimo (e) male. o meglio uno zero, per altri zeri, di fronte al noi invece energico tricolore bluette del roblox di parigi ’24 [=olimpiadi].

medici operai operatori scrivono noi tornando da Gaza, da Gerusalemme Est, dalla West Bank, o standoci: possono usare il pronome, gli altri no, noi no.



#Gaza #genocide #genocidio #Palestine #Palestina #warcrimes #sionismo #zionism #starvingpeople #starvingcivilians #iof #idf #colonialism #sionisti #izrahell #israelterroriststate #invasion #israelcriminalstate #israelestatocriminale #children #bambini #massacri #deportazione #concentramento #famearmadiguerra #intellettuali #Nakba #ilnoi #noi #primapersonaplurale #primapersona #Megiddo #carceriisraeliane #olimpiadidiparigi #intellettuali #intellettualidimerda #ICJ #ICC #Cisgiordania #WestBank #settlers #coloni
#prigionieri #ostaggi #leparoleelecose #LPLC #poetiitaliani #poesia #poesiaprimapersona
#olimpiadi #pronomesbagliato #noidimerda

n.b.: il testo registra la situazione all’estate del 2024, quando cioè è stato scritto

#StoNoiDemmerda #bambini #carceriisraeliane #children #Cisgiordania #coloni #colonialism #concentramento #deportazione #famearmadiguerra #Gaza #genocide #genocidio #ICC #icj #idf #ilnoi #intellettuali #intellettualidimerda #invasion #iof #israelcriminalstate #israelestatocriminale #israelterroriststate #izrahell #leparoleelecose #LPLC #massacri #Megiddo #Nakba #noi #noidimerda #olimpiadi #olimpiadidiparigi #ostaggi #Palestina #Palestine #poesia #poesiaprimapersona #poetiitaliani #prigionieri #primapersona #primapersonaplurale #pronomeSbagliato #pronomesbagliato #settlers #sionismo #sionisti #starvingcivilians #starvingpeople #warcrimes #WestBank #zionism


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Risultati UFC 319: du Plessis vs. Chimaev


UFC 319: du Plessis vs. Chimaev- 16 agosto 2025 presso l’United Center di Chicago, Illinois, Stati Uniti. È l’ottava visita della promozione nella città, la prima dal UFC?238 nel giugno 2019 Pe Ulteriori notizio su UFC 319: [url=https://www.grappling-ita

UFC 319: du Plessis vs. Chimaev– 16 agosto 2025 presso l’United Center di Chicago, Illinois, Stati Uniti. È l’ottava visita della promozione nella città, la prima dal UFC?238 nel giugno 2019

Pe Ulteriori notizio su UFC 319: grappling-italia.com/events/uf…

Main card


  • Khamzat Chimaev vince su Dricus du Plessis (c) per decisione unanime (50–44, 50–44, 50–44) — incontro pesi medi
  • Lerone Murphy vince su Aaron Pico per KO (spinning back elbow) al minuto 3:21 del Round 1 — incontro pesi piuma
  • Carlos Prates vince su Geoff Neal per KO (spinning back elbow) al minuto 4:59 del Round 1 — incontro pesi welter
  • Michael Page vince su Jared Cannonier per decisione unanime (29–28, 29–28, 29–28) — incontro pesi medi
  • Tim Elliott finalizza Kai Asakura con guillotine choke al minuto 4:39 del Round 2 — incontro pesi mosca


Preliminary card (ESPN / ESPN+ / Disney+)


  • Baysangur Susurkaev finalizza Eric Nolan con rear?naked choke al minuto 2:01 del Round 2 — incontro pesi medi
  • Micha? Oleksiejczuk vince su Gerald Meerschaert per TKO (pugni) al minuto 3:03 del Round 1 — incontro pesi medi
  • Loopy Godínez vince su Jéssica Andrade per decisione unanime (29–28, 29–28, 29–28) — incontro pesi paglia femminile
  • Alexander Hernandez vince su Chase Hooper per TKO (pugni) al minuto 4:58 del Round 1 — incontro pesi leggeri
  • Drakkar Klose vince su Edson Barboza per decisione unanime (29–28, 29–28, 29–28) — incontro pesi leggeri
  • Karine Silva vince su Dione Barbosa per decisione unanime (29–28, 29–28, 29–28) — incontro pesi mosca femminile
  • Joseph Morales finalizza Alibi Idiris con triangle choke al minuto 3:04 del Round 2 — incontro pesi mosca

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Gli amici della Resistenza lecchese erano smarriti


*

Sull’esperienza di Erna e dei Resinelli si è, ancora, espresso in questi termini Giulio Alonzi: “Quando la sera dell’attacco a Erna tornai a Lecco da Milano, vidi la valle che porta al Pizzo punteggiata di falò, da Costa a Campo de’ Boj e più in alto. Intuii quello che era avvenuto. I tedeschi avevano bruciato quanto avevano potuto: l’inverno batteva alle porte e togliere di mezzo rifugi e baite era buona regola di guerra. Molte delle baite bruciate lassù e altrove sono ancora come le lasciarono le fiamme. Gli amici della Resistenza lecchese erano smarriti e non solo. L’esperienza dei Resinelli e di Erna aveva confermato la validità delle vedute di quanti pensavano all’azione mobile dei partigiani: da quella di sabotaggio a quella di disturbo, fino agli attacchi in forze dove possibile, ma sempre col presupposto del disimpegno per evitare perdite gravi, che non erano facilmente colmabili. La mobilità sarebbe servita anche a disorientare il nemico, ingannandolo circa l’entità delle forze partigiane le quali, a dir vero, erano minori di quanto appariva. Fatti d’arme avvenuti in altri settori dell’Italia settentrionale davano nuovo credito a questa impostazione della guerra partigiana, almeno nelle prospettive immediate. Occorreva perciò adeguarsi alla reale situazione, così che all’entusiasmo dei primi giorni […] succedesse la ponderazione e l’organizzazione” <234.
I dissidi e le incomprensioni che furono all’origine della sconfitta avrebbero dato luogo a un durissimo contenzioso tra Parri e Citterio. Per riportare la pace tra azionisti e comunisti si era tenuta una riunione nell’Ufficio di Carlo De Filippi, in via Andrea Doria (n.7): da una parte si erano trovati schierati Alfredo Pizzoni e Ferruccio Parri, dall’altra, a difesa del collega, Girolamo Li Causi e Giuseppe Dozza.
Poco dopo, un’altra occasione di contrasto tra i due partiti sarebbe insorta a margine delle manovre militari partigiane svoltesi sul monte San Martino, sopra Varese. Il gruppo era comandato dal colonnello Carlo Croce, nome di battaglia “Giustizia”. Questi, ex comandante di distaccamento del 3° bersaglieri a Porto Valtravaglia, già l’8 settembre, radunati i suoi soldati, aveva comunicato loro che non intendeva in alcun modo coprirsi di fango e di vergogna. Datosi alla macchia, aveva scelto come caposaldo il vicino monte San Martino, dove lo avevano raggiunto un centinaio di partigiani del gruppo “Cinque Giornate”, tra i quali il varesino Antonio De Bortoli. Croce, “dotato dell’armamento individuale, nonché di dieci mitragliatrici pesanti Breda con alcune migliaia di colpi, l’equivalente di un’ora di fuoco all’incirca” <235, aveva al suo comando un insieme di uomini “numeroso e consistente” <236. Il monte era dotato di un sistema di fortificazioni permanenti, in parte risalenti all’epoca della Prima guerra mondiale. Intenzione del colonnello era dunque quella di utilizzare le antiche opere per fare del posto una base inespugnabile. A curare con lui la preparazione dei gruppi combattenti nella zona ci sarebbe stato, fino al 9 novembre – data dell’arresto -, l’ingegner Luigi Ronza, direttore della società di pubblici servizi Varesina Gas. Parri era molto preoccupato che questa seconda posizione potesse essere conquistata, non potendo i partigiani della zona sostenere un eventuale attacco in forze di truppe nemiche, dotate per di più di armi moderne. A suo giudizio, infatti, il caposaldo del San Martino, in caso di un eventuale
accerchiamento, sarebbe stato difficilmente difendibile. Avrebbe commentato Stucchi: “Poldo [Gasparotto] era a notizia del come la pensava Parri, e tuttavia, conoscendone da vecchia data il temperamento generoso e impulsivo, non dubitavo che avrebbe profuso tutte le sue energie in aiuto a ‘quelli del San Martino’. Discutemmo sull’argomento e alla fine cedetti alla richiesta di intervenire a una riunione di ‘azionisti’ impegnati a sostenere l’impresa in atto” <237.
Sul problema era stata infatti indetta una riunione ad hoc dal PdA alla quale era stato invitato a partecipare anche il socialista Stucchi: “Il gran daffare di quell’incrociarsi e accavallarsi di proposte, di pareri, di domande e risposte tendeva ad assegnare all’uno o all’altro dei presenti i vari compiti del rinvenimento delle armi, della raccolta del materiale e di denaro, della ricerca di automezzi e del carburante, dell’organizzazione del trasporto dei materiali a destinazione. Ricordo di aver sentito parlare, ad esempio, di rivoltelle offerte da ufficiali in congedo, di sacchi di riso già a disposizione, della difficoltà di reperire scatolette di carne, del progetto di un colpo di mano nei magazzini della ex Intendenza militare, e via discorrendo. Già ero meravigliato del fatto di essere passato del tutto inosservato al momento del mio ingresso. Ora mi trovavo ad assistere, quasi incredulo, alla gioiosa e spavalda sicumera con cui quella gioventù elegante e disinvolta, evidentemente o ignara o sprezzante delle dure e pazienti regole della cospirazione clandestina, era lì convenuta nell’atteggiamento di chi partecipa a un lieto simposio all’insegna del buon umore” <238.
La riunione organizzata per discutere la gestione dei gruppi acquartierati sul San Martino si era svolta in un appartamento sito al quarto piano “di uno degli imponenti edifici dell’era napoleonica che fronteggiavano il largo viale alberato di Piazza Castello” <239. Poldo, entrando nello stabile, aveva preceduto l’amico “Gibì” e, fatto cenno al portiere, aveva proseguito il cammino salendo per le scale: “è dei nostri” <240, gli aveva detto. Alla riunione Stucchi aveva appreso come erano arrivati i rinforzi a Croce e come gli azionisti si stavano premunendo per dare manforte al Colonnello. Occorreva procedere di corsa al rinvenimento delle armi, alla raccolta del denaro, alla ricerca degli automezzi e del carburante, al trasporto di materiale <241. Spaventato dalle scarse misure di sicurezza adottate dagli organizzatori della riunione, Stucchi se l’era però data a gambe e aveva aspettato Poldo in strada. Sceso questo, lo aveva assalito verbalmente e “caricato di improperi”: “- Ma come puoi non renderti conto che in questo modo presto o tardi finirete tutti in galera? Poldo sorrise: – Cosa vuoi farci? È la guerra! – esclamò allargando le braccia. -No- Ribattei – è un suicidio” <242.

[NOTE]234 G. Alonzi, I tedeschi fanno terra bruciata, «Historia» (6) 1962, fasc. 49, p. 61.
235 G.B. Stucchi, Tornim a baita, dalla campagna di Russia alla Repubblica dell’Ossola, cit., p. 205.
236 ibidem.
237 G.B. Stucchi, Tornim a baita, dalla campagna di Russia alla Repubblica dell’Ossola, cit., p. 206.
238 ivi, pp. 206-7.
239 ivi, p. 206.
240 ibidem.
241 ibidem.
242 G.B. Stucchi, Tornim a baita, dalla campagna di Russia alla Repubblica dell’Ossola, pp. 207-8.
Francesca Baldini, “La va a pochi!” Resistenza e resistenti in Lombardia 1943-1944. La vita di Leopoldo Gasparotto e Antonio Manzi, Tesi di dottorato, Sapienza – Università di Roma, Anno Accademico 2022-2023

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“Enrico da Bergamo, che annunciò a Richard Benson la morte di Pippo Baudo – La Zanzara 15.5.2020”


Stavolta, ieri sera, purtroppo la persona famosa che è morta dal niente è il basato Pippo Baudo… e avrei sperato fosse piuttosto qualche tizio meno buono a lasciarci le penne, ma tant’è… E purtroppissimo anche stavolta io non ho un coccodrilloe probabilmente non ne avrò uno da parte nelle bozze neppure per la mia di dipartita, ma lasciamo stare per stavolta 😶

Per fortuna, però, a mancanza di coccodrillo, ho un pappagallo, un vecchio video su YouTube che già sta macinando per conto suo (stanno uscendo tanti commenti sotto), e che adesso sminuzzerò piuttosto io, prima che siano i microblogger raccomandati a farlo mettendoci 1/10 del mio impegno ma ottenendo 100x della riconoscenza… ahi ahi… 😱

youtube.com/watch?v=CW19iKQymu…

In questa storia c’entrano talmente tanti altri tizi che è già complicato tenere il conto, ma in breve: un tizio chiamato Enrico, da Bergamo, a suo tempo telefonò a Richard Benson (pace pure all’anima sua, maremma bona…) dicendo che era morto (non che sarebbe morto, eh) Pippo Baudo… totalmente a caso… grande cazzata… e poi fu pure intervistato a La Zanzara per questa sua sfacciataggine. E insomma, qualcuno quindi lo prendeva per il culo, mentre tutti gli altri hanno semplicemente derubricato la cosa. 🥴

Eccoci qui però, 5 anni dopo, e si scopre che questo qui aveva in realtà ragione. Ok, certo, non relativamente alla collocazione temporale, ma in effetti lui non ha mai detto date esplicite, ha solo parlato al presente ponendo la cosa come una notizia in anteprima… magari semplicemente è un viaggiatore nel tempo e in quel momento parlava dal futuro!!! Quindi oggi, quello che era il matto di quartiere fino a ieri, è veggente e visionario… e la cosa bella è che dietro pare esserci pure un sacco di lore che io non riesco ad afferrare… 🤯

Ma la cosa davvero assurda è che, tempo penso qualche giorno, e potremmo scoprire che il signore pazzoide ci ha beccato pure sulla causa di morte…! Infatti, lui ha suggerito infarto, che è qualcosa che purtroppo può capitare più o meno a chiunque… e potrebbe tranquillamente essere stato ciò a fare fuori Pippo Baudo, visto che le cause di morte effettive non sono ancora state in alcun modo chiarite, ma i media riportano che lui non avrebbe avuto malattie specifiche che sarebbero da considerare la causa diretta di una morte strana; stava male in modo generico. Ahimè, insomma, addio a Pippo Baudo, ma benvenuto tra noi al nuovo messia Enrico!!! 😻

(Qui il video completo della chiamata del tizio a Richard Benson, di cui alla Zanzara si vede solo l’inizio: proxatore.octt.eu.org/www.face…)

#EnricoDaBergamo #LaZanzara #PippoBaudo #RichardBenson

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