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[provetecniche]qui non si vede] le prove le [appoggia vetrificano] ci sono dettati e cloniche nella parte] inferiore vis-à-vis o mancano] le prove uno armeggia sanno di nafta irritante si chiude a serramanico l'] occhio [il propulsore


noblogo.org/lucazanini/provete…



✍️ Accettare...

Si deve accettare, ciò che non si può cambiare, capire e migliorare, come fiumi impetuosi che non si possono arginare, parole che restano sospese, strade che si dividono all’improvviso e cuori che senza alcun motivo scelgono di non restare e di farci soffrire. Ci sono piogge rigeneranti, violente, nuvole che coprono il sole, giorni che volano veloci senza un perché, e sogni che si sciolgono appena l'alba si colora. E come non posso convincere la luna a restare ogni sera con me e il mare a non infrangere le sue onde sugli scogli, così non dobbiamo trattenere chi ha deciso di andare via, né correggere o cancellare il passato come fosse un foglio sgualcito. E così accetto il dolore, le ferite , l'ansia, l'insicurezza, le ombre..e combatto per le mie battaglie, per la mia guerra.. così mi piego, ma non mi spezzo, sorrido e mi rialzo anche se cado e abbraccio il cielo anche se non è sempre azzurro. Accettare è liberare il cuore dal peso di catene invisibili e pesanti, è fare pace con il passato, accarezzando ogni attimo del presente...

Perché un leone anche se ferito ruggisce, si difende, non si arrende e combatte, e col suo ardore dipinge il cielo e la terra arsa e spenta fa rifiorire... By Marty


noblogo.org/bymarty/accettare



"Dedicata a Nadia"


“Dedicata a Nadia” Grigio è il cielo stasera... 20/08/2025

✍️ Un cielo grigio stasera si specchia nel blu profondo di queste acque limpide, mentre un velo di malinconia si diffonde nel mio cuore... Le nuvole si addensano, diverse, pesanti, sottili, basse, minacciose ... forse un timido riflesso dell'anima mia, in pena per qualcuno o qualcosa, per sogni infranti o treni mai presi... Eppure in questo grigiore, si cela, velata, un po' candida e trasparente, una bellezza effimera, sfuggente, una pace dei sensi, dell' anima e dei pensieri, che solo la natura sa donare, a chi propenso è a coglierne i segnali! Se di grigio il cielo si colora, ecco in noi un invito a riflettere, a guardarci e riscoprirci dentro, nel cuore, nel profondo, laddove spesso è rinchiusa la calma, la speranza e una tavolozza piena di nuovi colori! Così basta un attimo, dei colori , un pennello e insieme siam pronti a regalare armonia e colore, a quel cielo grigio che improvvisamente aveva rattristato i nostri cuori... By Marty


noblogo.org/magia/dedicata-a-n…





[escursioni]l'istitutrice ******* ha litigato con la governante il padiglione] fodera di carte] le finestre l'ingresso [è monouso a doppia mandata loro] si fanno in tre sono truppe con i sonar gli altisonanti l'] onnivora elettrica rende i corpi fascicoli in quarta come materia massa o figura] risulta breve -uno [stacco


noblogo.org/lucazanini/escursi…



✍️ Ho appena festeggiato e raggiunto il mio mezzo secolo, non ho fatto bilanci, non ho rimpianti, non ho paura del futuro, perché ho vissuto, tutto ciò che potevo, nel bene, nel male, ho amato, mi hanno amata forse e ho raggiunto la consapevolezza che certo avrei potuto fare, dare di più, ma va bene lo stesso, evidentemente era giusto così! Cosi apro la mia vecchia scatola del passato e ci ritrovo ancora me stessa, foto ingiallite, pagine di diario , poesie appuntate su carta di vario genere, anch'essa ingiallita. E in quell’istante, il cuore sembra battere più forte, sembra riportarci indietro, come se il passato potesse ancora trattenerci incatenati. Altre volte ci accarezza con i suoi ricordi, con nostalgia, con emozione e amore! È come una soffitta ,un rifugio, piena di oggetti dimenticati, polverosi, alcuni non servono più, altri hanno ancora il potere di scaldarci, di ricordarci chi siamo stati, quello che siamo e magari anche quello che vorremmo ancora essere e realizzare. Perciò non bisogna sentirsi prigionieri del proprio vissuto, ma custodi fedeli del nostro archivio personale da cui attingere i sorrisi, gli insegnamenti, senza dimenticare gli errori, i momenti difficili, recuperando la forza nata da una caduta, la dolcezza ricevuta da un abbraccio, il coraggio, la pazienza, la speranza e l'amore! Forse un ricordo ci insegna la resilienza di cui abbiamo bisogno, forse un vecchio dolore ci ricorda la nostra forza, forse una foto sbiadita ci dona un sorriso nei giorni grigi e tristi.

E così che il nostro passato non è più una prigione, ma semplicemente uno scrigno da cui attingere e lasciarsi guidare nel cammino che ci condurrà nel domani..


noblogo.org/magia/ho-appena-fe…



Bruce Springsteen — Working On A Dream (2009)


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Attribuendo la qualità di un disco in base al mio teorema musicale: “La somma di quante volte un cd suona nel lettore musicale è uguale alla somma di quanto il disco piace”, il disco suona poco. Effettivamente la “paura” della vicinanza a “Magic”, uscito poco più di un anno fa era fondata. Il boss ci aveva abituato a dei lunghi silenzi discografici, proprio perché era capace di restare in sala d’incisione 5/6 mesi anche per incidere un solo brano, e faceva passare degli anni, anche 4 o 5, prima di pubblicare un altro album. Comunque non per questo, il disco è da buttare, anzi la sufficienza (e anche più) non fa difetto. Working On A Dream non è un disco pop, è neanche un disco di scarti di “Magic”, è un disco atipico... silvanobottaro.it/archives/364…


Ascolta: album.link/i/404071615



noblogo.org/available/bruce-sp…


Bruce Springsteen — Working On A Dream (2009)


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Attribuendo la qualità di un disco in base al mio teorema musicale: “La somma di quante volte un cd suona nel lettore musicale è uguale alla somma di quanto il disco piace”, il disco suona poco. Effettivamente la “paura” della vicinanza a “Magic”, uscito poco più di un anno fa era fondata. Il boss ci aveva abituato a dei lunghi silenzi discografici, proprio perché era capace di restare in sala d’incisione 5/6 mesi anche per incidere un solo brano, e faceva passare degli anni, anche 4 o 5, prima di pubblicare un altro album. Comunque non per questo, il disco è da buttare, anzi la sufficienza (e anche più) non fa difetto. Working On A Dream non è un disco pop, è neanche un disco di scarti di “Magic”, è un disco atipico... silvanobottaro.it/archives/364…


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Il Silver Notice colpisce il crimine organizzato … nelle sue tasche. L'insegnamento di Giovanni Falcone (“segui il denaro”) trova concreta applicazione


Globalmente, i criminali riescono a mantenere circa il 99 per cento dei loro guadagni illegali. L'iniziativa “Silver Noice” di INTERPOL mira a modificare tale dato, dando visibilità globale su miliardi di dollari in beni illegali e supportando il loro recupero e il loro ritorno al loro proprietario legale.

Silver Notice è il più recente “codice a colori” di Interpol, e consente ai paesi di condividere avvisi e richieste di informazioni in tutto il mondo. È stato lanciato sperimentalmente lo scorso gennaio 2025, con 51 paesi partecipanti e alla fine di giugno sono stati pubblicati oltre 50 avvisi, coinvolgendo paesi da tutto il mondo. Tutte le richieste di pubblicazione di un Silver Notice sono esaminate dal team di operazioni e specialisti legali e, per coloro che sono ammessi alla pubblicazione, la unità di criminalità finanziaria specializzata lavora a stretto contatto con le giurisdizioni coinvolte per tracciare e identificare i beni ricercati. Partendo da contanti o criptovaluta a immobili, yacht di lusso o automobili, questi beni sono i proventi illegali di attività criminali come frode, corruzione, droga, armi e traffico di esseri umani, e la criminalità ambientale. Sono spesso rapidamente spostati oltre i confini, rendendo il recupero altamente complesso e dipendente dall'efficace cooperazione internazionale che solo INTERPOL può fornire. Dice Valdecy Urquiza, Segretario Generale di INTERPOL: “Dal punto di vista dei loro guadagni finanziari, stiamo lavorando per interrompere le reti criminali e ridurre il loro impatto dannoso sulle comunità in tutto il mondo”

Il primo Silver Notice è stato richiesto in gennaio dall'Italia: la Guardia di Finanza era alla ricerca di informazioni sui beni appartenenti ad un appartenente alla mafia. Da allora, è anche diventata una delle prime storie di successo del nuovo strumento, con oltre 1,7 milioni di dollari in attività illegali – che vanno da contanti e immobili a veicoli e persino bovini – identificati e situati in Brasile. A seguito dei primi contatti tra gli organi giurisdizionali nazionali in Italia e in Brasile, la pubblicazione della Silver Notice ha consentito un coordinamento diretto tra Forze di polizia, sostenuto dall’unità specializzata di criminalità finanziaria di INTERPOL. Ciò a sua volta ha portato alla cooperazione con l'appropriata corte brasiliana a livello locale e alla riuscita identificazione dei beni illegali, con il coordinamento per garantire il loro sequestro in corso. “L’iniziativa Silver Communication dà alla legge il suo primo strumento globale per rendere questo tipo di risultato una realtà”, afferma Claudio Marinelli, Coordinatore Operativo, INTERPOL Financial Crime and Anti-Corruption Centre. “Fino al suo lancio, abbiamo avuto zero visibilità sul valore del danno creato da criminali organizzati a livello globale, ma ora i dati delle comunicazioni e delle diffusioni già pubblicate ci danno un quadro chiaro di miliardi di dollari in beni illeciti, con centinaia di obiettivi identificati e centinaia di nuovi indizi da indagare. ”

Seguendo i soldi in tutto il mondo Oltre a fornire un caso di coordinamento per sostenere i paesi che seguono questi obiettivi, gli esperti di criminalità finanziaria hanno anche organizzato workshop per dare ai professionisti dell'applicazione della legge e della giustizia in tutte le regioni una migliore comprensione di come utilizzare lo strumento nella sua fase pilota. Il loro impatto è stato chiaro, con il numero di richieste di pubblicazione moltiplicato cinque volte dopo il primo workshop solo nelle Americhe. “I partecipanti ai workshop sono stati molto entusiasti del potenziale dell’Avviso d’Argento”, afferma Theos Badege, Direttore pro tempore, INTERPOL Financial Crime and Anti-Corruption Centre: “Lo sanno che il denaro è il filo che attraversa quasi ogni forma di crimine organizzato e che per smantellare le reti criminali, dobbiamo seguire i soldi – identificarlo, rintracciarlo, interrompere l’infrastruttura finanziaria che consente loro di riciclare denaro attraverso i confini e lavorare per restituire beni rubati al loro legittimo proprietario,” conclude.

Si può quindi affermare che il mai dimenticato insegnamento di Giovanni Falcone nella lotta alle mafie (“follow the money – segui il denaro”) trova in ambito internaionale concreta attuazione mediante l'applicazione del Silver Notice

#silvernotice #interpol #followthemoney


noblogo.org/cooperazione-inter…


Il Silver Notice colpisce il crimine organizzato … nelle sue tasche.


Il Silver Notice colpisce il crimine organizzato … nelle sue tasche. L'insegnamento di Giovanni Falcone (“segui il denaro”) trova concreta applicazione


Globalmente, i criminali riescono a mantenere circa il 99 per cento dei loro guadagni illegali. L'iniziativa “Silver Noice” di INTERPOL mira a modificare tale dato, dando visibilità globale su miliardi di dollari in beni illegali e supportando il loro recupero e il loro ritorno al loro proprietario legale.

Silver Notice è il più recente “codice a colori” di Interpol, e consente ai paesi di condividere avvisi e richieste di informazioni in tutto il mondo. È stato lanciato sperimentalmente lo scorso gennaio 2025, con 51 paesi partecipanti e alla fine di giugno sono stati pubblicati oltre 50 avvisi, coinvolgendo paesi da tutto il mondo. Tutte le richieste di pubblicazione di un Silver Notice sono esaminate dal team di operazioni e specialisti legali e, per coloro che sono ammessi alla pubblicazione, la unità di criminalità finanziaria specializzata lavora a stretto contatto con le giurisdizioni coinvolte per tracciare e identificare i beni ricercati. Partendo da contanti o criptovaluta a immobili, yacht di lusso o automobili, questi beni sono i proventi illegali di attività criminali come frode, corruzione, droga, armi e traffico di esseri umani, e la criminalità ambientale. Sono spesso rapidamente spostati oltre i confini, rendendo il recupero altamente complesso e dipendente dall'efficace cooperazione internazionale che solo INTERPOL può fornire. Dice Valdecy Urquiza, Segretario Generale di INTERPOL: “Dal punto di vista dei loro guadagni finanziari, stiamo lavorando per interrompere le reti criminali e ridurre il loro impatto dannoso sulle comunità in tutto il mondo”

Il primo Silver Notice è stato richiesto in gennaio dall'Italia: la Guardia di Finanza era alla ricerca di informazioni sui beni appartenenti ad un appartenente alla mafia. Da allora, è anche diventata una delle prime storie di successo del nuovo strumento, con oltre 1,7 milioni di dollari in attività illegali – che vanno da contanti e immobili a veicoli e persino bovini – identificati e situati in Brasile. A seguito dei primi contatti tra gli organi giurisdizionali nazionali in Italia e in Brasile, la pubblicazione della Silver Notice ha consentito un coordinamento diretto tra Forze di polizia, sostenuto dall’unità specializzata di criminalità finanziaria di INTERPOL. Ciò a sua volta ha portato alla cooperazione con l'appropriata corte brasiliana a livello locale e alla riuscita identificazione dei beni illegali, con il coordinamento per garantire il loro sequestro in corso. “L’iniziativa Silver Communication dà alla legge il suo primo strumento globale per rendere questo tipo di risultato una realtà”, afferma Claudio Marinelli, Coordinatore Operativo, INTERPOL Financial Crime and Anti-Corruption Centre. “Fino al suo lancio, abbiamo avuto zero visibilità sul valore del danno creato da criminali organizzati a livello globale, ma ora i dati delle comunicazioni e delle diffusioni già pubblicate ci danno un quadro chiaro di miliardi di dollari in beni illeciti, con centinaia di obiettivi identificati e centinaia di nuovi indizi da indagare. ”

Seguendo i soldi in tutto il mondo Oltre a fornire un caso di coordinamento per sostenere i paesi che seguono questi obiettivi, gli esperti di criminalità finanziaria hanno anche organizzato workshop per dare ai professionisti dell'applicazione della legge e della giustizia in tutte le regioni una migliore comprensione di come utilizzare lo strumento nella sua fase pilota. Il loro impatto è stato chiaro, con il numero di richieste di pubblicazione moltiplicato cinque volte dopo il primo workshop solo nelle Americhe. “I partecipanti ai workshop sono stati molto entusiasti del potenziale dell’Avviso d’Argento”, afferma Theos Badege, Direttore pro tempore, INTERPOL Financial Crime and Anti-Corruption Centre: “Lo sanno che il denaro è il filo che attraversa quasi ogni forma di crimine organizzato e che per smantellare le reti criminali, dobbiamo seguire i soldi – identificarlo, rintracciarlo, interrompere l’infrastruttura finanziaria che consente loro di riciclare denaro attraverso i confini e lavorare per restituire beni rubati al loro legittimo proprietario,” conclude.

Si può quindi affermare che il mai dimenticato insegnamento di Giovanni Falcone nella lotta alle mafie (“follow the money – segui il denaro”) trova in ambito internaionale concreta attuazione mediante l'applicazione del Silver Notice

#silvernotice #interpol #followthemoney


Segui il blog e interagisci con i suoi post nel fediverso. Scopri dove trovarci:l.devol.it/@CoopIntdiPoliziaTutti i contenuti sono CC BY-NC-SA (creativecommons.org/licenses/b…)Le immagini se non diversamente indicato sono di pubblico dominio.



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Un tempo non è che le vacanze durassero più a lungo, o anche se lo facevano non era quello il problema, un tempo quando eri in vacanza eri sganciato da tutto. Oggi i social ti braccano, le chat lampeggiano, le mail ti inseguono, per quanto tu possa correre veloce c'è sempre un roaming pronto a tenerti con la testa nei casini del mondo reale, sai tutto quello che accade nel mondo e sai anche cosa la gente ne pensa di quello che succede, in genere cose imbarazzanti, e hai per le mani strumenti che ti permettono di continuare a produrre materiali di consumo per la rete, è dura sganciarsi da tutto, ho questo ricordo di quando ero ragazzino che quando qualcuno riceveva, faccio un passo indietro:

l'ho anche scritto in un libro, quando ero adolescente per molti anni di seguito i miei genitori portavano me e mio fratello in un camping sulla costa ligure, in un bungalow, per circa un mese. Luglio. Un tempo lunghissimo. In quel momento ero sganciato da tutto, tutti erano sganciati da tutti, niente cellulari, niente internet, niente di niente. Anche Paper Soft non arrivava nelle edicole. Solo i cabinati mostravano le loro luci sfavillanti e qualche coraggioso ragazzino milanese che si era portato il Commodore 64 con i joystick. Arrivo al punto: quando qualcuno riceveva una telefonata, si accendevano i microfoni di tutto il camping e la voce della gestrice o del figlio echeggiava per le tende e i bungalow per annunciare a tutti che c'era una telefonata per la famiglia Venerandi, quello era il collegamento con la realtà, altro che WhatsApp, mio padre che correva imbarazzato per andare a rispondere all'unico telefono del campeggio.

Così oggi staccare è il vero miracolo, nella testa, riuscire a sganciarsi dal reale, che poi, il reale non esiste, lo dice anche il libro che sto leggendo, il reale è una specie di impasto di visioni del mondo, interpretazioni, ideologie, tutto mescolato e che un retaggio illuminista ci fa credere che quello che pensiamo essere il mondo, quello sia reale. Da questo punto di vista una cosa che mi rilassa, malata, è pensare di essere all'interno di un ambiente, l'ho già scritto da qualche parte. Essere in un ambiente, tipo realtà virtuale, e pensare che tutto quello che posso fare è comunque confinato a questa realtà che vivo. Che è pochissima cosa se ci fai caso. È tutto confinato a questa piccola realtà che vivo.

Così oggi ero seduto con i figli ed Elettra e mio figlio ordina una crepe. Non ricordo il nome, era il nome di una montagna qua vicino, anzi il nome lo ricordo ma non voglio farvi sapere dove sono, diciamo crepe Monte Bianco. Con prosciutto, formaggi vari, eccetera. Aspettiamo, portano a me una crepe ai quattro formaggi, che avevo ordinato, e a mio figlio, al posto di quella con prosciutto e formaggi, una crepe con panna, cioccolato, e gelato. Attoniti. Siccome ci sono già un po' di cose che mi avevano innervosito, in pratica degli operai, non certo per colpa loro, hanno iniziato a trivellare a fianco del mio tavolino per cercare – immagino – del petrolio visto il rumore e la quantità di polvere sollevata, prima di incazzarmi controllo che non abbiamo sbagliato noi. Prendo il menu.

E scopro che il gestore del ristorante, oltre a sfoggiare un cartello scritto a mano con scritto “no bc!” che significa che si paga solo in contanti, il gestore ha avuto la geniale idea di avere una crepe salata con prosciutto e formaggio chiamata Monte Bianco, e una crepe dolce con cioccolata, panna e gelato chiamata Monte Bianco. Lo stesso identificatore unico, poi uno si chiede perché in HTML se la prendono malissimo se usi due id uguali.

Piccolo inciso. Non così il Lisa, il Lisa era una linea Apple che veniva dopo l'Apple II ma prima del Macintosh. Era un computer amichevole come il Macintosh ma terribilmente più lento e costoso, benché più sofisticato. Io ne ho usato uno una volta, al museo Apple, e – per farla breve – il Lisa potevi creare più file nella stessa cartella con lo stesso nome. Non ricordo come facesse a sapere se volevi poi quella salata o quella dolce, ma così era. Fine inciso.

Comunque qualche giorno fa mi sono messo a camminare per una valle, da solo. Non c'era campo. Ho lasciato tutti e ho iniziato a camminare in avanti in questa valle, e più andavo avanti più la valle sembrava che si terraformasse davanti ai miei occhi, alberi, cascate, prati, gruppi di persone, rami del fiume, arbusti, ponti, più andavo avanti più mi sentivo dentro una sandbox che sarebbe potuta andare avanti all'infinito per mostrarmi sempre nuovi rilievi e microvariazioni della natura. Alte sui lati si alzavano le montagne, come background di un mondo che avevo nella testa e mentre camminavo pensavo, e mescolavo stronzate a immaginazioni, progetti a stronzate di nessun peso e così sono andato avanti per quasi un'ora, al che mi sono reso conto che dovevo anche tornare poi indietro, e che c'era il resto della famiglia che, dopo quasi due ore avrebbe pensato che ero morto – sicuro – ucciso da una delle mucche che pascolavano enormi al margine del fiume.

Quindi torno indietro a passo veloce e quando arrivo trovo Elettra senza scarpe, che ride con i figli mentre fanno una gara di zattere autocostruite nel mezzo del fiume, le stringhe delle scarpe sono servite per legare i tronchetti e i calzini per fare la vela, e stanno sfidandosi mentre le zattere si impigliano per le rocce e le sterpaglie ai lati del fiume e io resto così a fissarli come un miracolo, penso quanta energia e quanta bellezza, mentre reggo con una mano un bicchierino di plastica con dentro un caffè macchiato che mi sta colando su tutta la mano e la carta alluminia che frulla metallica scossa dal vento.


noblogo.org/fabriziovenerandi/…



CANTICO DEI CANTICI - Capitolo 4


La bellezza della sposa1Quanto sei bella, amata mia, quanto sei bella! Gli occhi tuoi sono colombe, dietro il tuo velo. Le tue chiome sono come un gregge di capre, che scendono dal monte Gàlaad.2I tuoi denti come un gregge di pecore tosate, che risalgono dal bagno; tutte hanno gemelli, nessuna di loro è senza figli.3Come nastro di porpora le tue labbra, la tua bocca è piena di fascino; come spicchio di melagrana è la tua tempia dietro il tuo velo.4Il tuo collo è come la torre di Davide, costruita a strati. Mille scudi vi sono appesi, tutte armature di eroi.5I tuoi seni sono come due cerbiatti, gemelli di una gazzella, che pascolano tra i gigli.6Prima che spiri la brezza del giorno e si allunghino le ombre, me ne andrò sul monte della mirra e sul colle dell'incenso.7Tutta bella sei tu, amata mia, e in te non vi è difetto.

Invito alla sposa8Vieni dal Libano, o sposa, vieni dal Libano, vieni! Scendi dalla vetta dell'Amana, dalla cima del Senir e dell'Ermon, dalle spelonche dei leoni, dai monti dei leopardi.9Tu mi hai rapito il cuore, sorella mia, mia sposa, tu mi hai rapito il cuore con un solo tuo sguardo, con una perla sola della tua collana!10Quanto è soave il tuo amore, sorella mia, mia sposa, quanto più inebriante del vino è il tuo amore, e il profumo dei tuoi unguenti, più di ogni balsamo.11Le tue labbra stillano nettare, o sposa, c'è miele e latte sotto la tua lingua e il profumo delle tue vesti è come quello del Libano.12Giardino chiuso tu sei, sorella mia, mia sposa, sorgente chiusa, fontana sigillata.13I tuoi germogli sono un paradiso di melagrane, con i frutti più squisiti, alberi di cipro e nardo,14nardo e zafferano, cannella e cinnamòmo, con ogni specie di alberi d'incenso, mirra e àloe, con tutti gli aromi migliori.15Fontana che irrora i giardini, pozzo d'acque vive che sgorgano dal Libano.16Àlzati, vento del settentrione, vieni, vieni vento del meridione, soffia nel mio giardino, si effondano i suoi aromi. Venga l'amato mio nel suo giardino e ne mangi i frutti squisiti.

_________________Note

4,1-7 Come in 1,9-2,7, anche qui è il mondo della campagna, dei monti e delle città della terra di Canaan a fornire immagini e allusioni per descrivere la bellezza della sposa. Gàlaad: la regione montagnosa situata al di là del fiume Giordano.

4,7 Questo testo è stato applicato dalla liturgia alla Vergine Maria, nel suo privilegio di Immacolata.

4,8 Il monte Ermon, chiamato anche Senir dagli antichi Amorrei (Dt 3,9), si trova nella parte settentrionale della terra di Canaan. Qui è situato anche il monte Amana.

4,14 nardo, zafferano, cannella: le principali piante aromatiche dei giardini orientali.

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Approfondimenti


vv. 4,1-5,1. Lo sposo loda e descrive la bellezza del corpo dell'amata, perfetto come quello di una Grazia scolpita da mano greca (4,1-7). Il desiderio intenso di unirsi a lei rasenta la follia (4,8-15; cfr. anche 6,12); l'amata gli risponde invocando il soffio della passione (4,16), che conduce all'appagamento dell'amore (5,1).

vv. 1-7. È il primo canto del corpo di lei (cfr. 7,2-6), una unità formale ben delineata dalla visione parziale del v. 1 e da quella totale del v. 7. All'inizio la donna è «bella», alla fine è «tutta bella, ...in te nessuna macchia». L'ebraico kullāk = «la totalità di te» è più forte ed espressivo; come dire: tutto il tuo essere, tutta la tua persona è bella. Il velo (v. 1b) trasparente delle donne orientali si compone ancora oggi di due parti: una nasconde la parte inferiore del viso e scende sul petto, l'altra copre la fronte e si ripiega dietro al capo, in modo che gli occhi e la parte superiore delle gote restino visibili, mentre le altre parti traspaiano sotto il velo. I particolari del corpo dell'amata, superbamente bello, sono liricamente cantati con immagini ardite e inconsuete per noi occidentali: gli occhi affascinanti, i lunghi e neri capelli che fanno contrasto con il candore dei denti; le labbra come filo di porpora; le guance rosate, come le due metà del melograno; il collo fermo e slanciato; i seni liberi sotto il velo, che richiamano al poeta il dolce saltellare dei cerbiatti. L'ammirazione del corpo fa nascere in lui il desiderio dell'amore. Prima che la notte si dilegui («Prima che spiri la brezza del giorno...»: v. 6a; cfr 2,17 e commento), l'amato vuole consumare l'amore; il sesso della donna da lui desiderata, è come un monte avvolto dai profumi della mirra e dell'incenso (v. 6b).

vv. 8-15. Il canto d'amore si dispiega ancora sulla bocca di lui, ma su un nuovo scenario, quello delle montagne del Libano e delle vette dell'Antilibano (v. 8). Quattro verbi insistenti di movimento e tutti all'imperativo («vieni... vieni... volgiti... discendi..») esprimono l'impazienza dell'amore, come se la sposa venisse dal lontano estremo nord del paese, nonché il desiderio dell'amplesso che finalmente liberi l'amata dalla follia dell'amore.

v. 9. Due volte il diletto, impazzito d'amore, grida: «Tu mi hai rapito il cuore...». Infatti il cuore era per gli Ebrei la sede dell'intelligenza e del pensiero, non dell'affetto; e se è vero che «il vino e il mosto tolgono il senno» (Os 4,11: ebr. il cuore), è altrettanto vero che l'amore di una donna, con la complicità magica del suo sguardo e dei suoi gioielli, fa uscire di senno l'amato, lo fa impazzire (cfr. anche 6,12). La sposa porta anche il titolo di «sorella», come del resto altrove nella Bibbia (cfr. Tb 7,12; 8,4ss.; Est D9 [5,1f]) e nella poesia d'amore egiziana. Forse, il titolo vuole esprimere l'intensità e la totalità della relazione interpersonale tra i due sposi, come e più ancora di quella che corre tra fratelli.

vv. 10-15. È ancora lo scenario del Libano, con le piante aromatiche dei suoi boschi (v. 11b) e i ruscelli che discendono rapidi e limpidi dalle sue vette (v. 15a), a imprestare al poeta le immagini del piacere di un amplesso. Ma tutto converge nel simbolo del giardino, il corpo di lei che si dona all'amore (4,12-5,1): cinque volte ricorre il termine gan = «giardino» e una volta (v. 13) il termine pardēs = «frutteto» (paradiso), semplice trascrizione ebraica dell'omonimo persiano. Giardino e sorgenti sono «chiusi, sigillati» (v. 12), con allusione discreta alla verginità della donna, alla sua fedeltà, all'esclusività del possesso reciproco dei due innamorati; e in questo giardino, il mitico paradiso dell'amore consumato, il diletto appare come stordito da un effluvio di profumi e di essenze aromatiche: «cipro e nardo, nardo e zafferano, cannella e cinnamomo, incenso, mirra e aloe» (vv. 13-14).

vv. 4,16-5,1. Il canto si chiude con un pressante invito di lei all'innamorato (4,16), da lui accolto con entusiastica gioia (5,1). Che lui, come vento freddo e devastante del nord (l'aquilone, ebr. ṣāpôn del v. 16a), e insieme vento caldo e soffocante del sud (l'austro, ebr. têmàn sempre del v. 16a), irrompa e soffi nel fantastico giardino di lei, sì da far esalare in tutta la loro intensità gli aromi in esso celati! Fuori di metafora, possegga il diletto il corpo di lei e si cibi dei frutti squisiti dell'amore (v. 16c)! L'uomo risponde accogliendo con entusiasmo l'invito dell'amata, si lascia sedurre dai suoi profumi (5,1a), mangia e beve alla mensa dell'amore (5,1b). Le ultime parole (5,1c), più che un invito di lui agli amici del corteo nuziale a partecipare alla sua gioia, sembrano una voce fuori campo che invita gli sposi a godere in pienezza il loro amore. Forse, è lo stesso poeta che parla, attratto dalla meraviglia di siffatto amore.

(cf. VALERIO MANNUCCI, Cantico dei Cantici – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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Lotta alla criminalità organizzata e al degrado ambientale. L'azione dell'Interpol

I gruppi della criminalità organizzata prendono di mira specie protette, come rinoceronti, pangolini e pesci totoaba, per ottenere profitti elevati e bassi rischi.

La criminalità ambientale ha un impatto devastante sul clima, sulla biodiversità e sugli habitat locali, generando centinaia di miliardi di dollari all'anno.

L'unità di sicurezza ambientale dell'INTERPOL, parte della Direzione per la criminalità organizzata, lavora a stretto contatto con i paesi membri e i partner esterni per identificare, tracciare e smantellare queste reti.

Le specie protette, come i rinoceronti e i pesci totoaba, rischiano l'estinzione a causa dell'elevata domanda di prodotti da parte della criminalità organizzata. I criminali utilizzano tecniche sofisticate, come la falsificazione delle etichette di carico e delle dichiarazioni doganali, per contrabbandare merci come legname protetto e animali vivi. L'Operazione Thunder dell'INTERPOL, un'operazione annuale della durata di un mese, ha portato quest'anno al sequestro di migliaia di animali e all'arresto di centinaia di sospettati.

Si tratta di un'operazione su larga scala, condotta a livello globale per combattere il traffico di fauna selvatica e di prodotti forestali. Questa operazione ha coinvolto le forze dell'ordine di molti paesi che hanno collaborato per sequestrare e indagare su casi di traffico illegale di fauna selvatica e prodotti forestali. Il traffico illegale di fauna selvatica è il commercio illegale di animali, piante e loro parti. Include animali come grandi felini, uccelli e rettili, nonché piante e alberi. Il traffico illegale di fauna selvatica può danneggiare l'ambiente, causare l'estinzione di specie e persino alimentare conflitti e instabilità. Il traffico illegale di legname è il commercio illegale di legname e prodotti forestali. Può includere alberi, legname e altri prodotti forestali. Il traffico illegale di legname può danneggiare l'ambiente e contribuire al cambiamento climatico.

Durante l'operazione, le forze dell'ordine hanno collaborato per:

  1. Sequestrare fauna selvatica e prodotti forestali, inclusi animali vivi, piante e legname.
  2. Indagare su casi di traffico illegale di fauna selvatica e prodotti forestali, incluse attività online e profili di sospetti.
  3. Condividere informazioni e intelligence tra loro per costruire un quadro globale di intelligence sul traffico di fauna selvatica e legname.
  4. Arrestare e perseguire i presunti trafficanti.

L'operazione ha portato al sequestro di:

  • Oltre 2.200 sequestri di fauna selvatica e prodotti forestali in tutto il mondo
  • Centinaia di migliaia di parti e derivati di animali protetti
  • Migliaia di alberi e piante
  • Armi da fuoco, veicoli e attrezzature per il bracconaggio

Raccolta di intelligence globale

La portata transnazionale unica dell'INTERPOL e l'accesso al più grande database di polizia al mondo consentono all'organizzazione di guidare la lotta globale contro la criminalità organizzata contro la fauna selvatica. I suoi team specializzati condividono informazioni di intelligence e facilitano le indagini tra le forze di polizia nazionali, con conseguente pubblicazione di notifiche viola e rosse per informare i paesi membri su nuovi modus operandi o latitanti ricercati a livello internazionale.

Successo nell'applicazione della legge a livello globale

Una recente notifica rossa (red notice) emessa dall'INTERPOL ha portato all'arresto di una donna ucraina in Thailandia per aver contrabbandato 116 tartarughe protette dalla Tanzania. Dopo essere sfuggita alla cattura in Thailandia, la donna è stata fermata in Bulgaria e infine estradata in Tanzania. L'arresto della sospettata e il ritorno delle tartarughe nel loro paese d'origine dimostrano la portata globale dell'INTERPOL e la sua capacità di coordinare gli sforzi delle forze dell'ordine internazionali per combattere la criminalità transnazionale.

#interpol #wildlifecrime


noblogo.org/cooperazione-inter…


Lotta alla criminalità organizzata e al degrado ambientale.


Lotta alla criminalità organizzata e al degrado ambientale. L'azione dell'Interpol

I gruppi della criminalità organizzata prendono di mira specie protette, come rinoceronti, pangolini e pesci totoaba, per ottenere profitti elevati e bassi rischi.

La criminalità ambientale ha un impatto devastante sul clima, sulla biodiversità e sugli habitat locali, generando centinaia di miliardi di dollari all'anno.

L'unità di sicurezza ambientale dell'INTERPOL, parte della Direzione per la criminalità organizzata, lavora a stretto contatto con i paesi membri e i partner esterni per identificare, tracciare e smantellare queste reti.

Le specie protette, come i rinoceronti e i pesci totoaba, rischiano l'estinzione a causa dell'elevata domanda di prodotti da parte della criminalità organizzata. I criminali utilizzano tecniche sofisticate, come la falsificazione delle etichette di carico e delle dichiarazioni doganali, per contrabbandare merci come legname protetto e animali vivi. L'Operazione Thunder dell'INTERPOL, un'operazione annuale della durata di un mese, ha portato quest'anno al sequestro di migliaia di animali e all'arresto di centinaia di sospettati.

Si tratta di un'operazione su larga scala, condotta a livello globale per combattere il traffico di fauna selvatica e di prodotti forestali. Questa operazione ha coinvolto le forze dell'ordine di molti paesi che hanno collaborato per sequestrare e indagare su casi di traffico illegale di fauna selvatica e prodotti forestali. Il traffico illegale di fauna selvatica è il commercio illegale di animali, piante e loro parti. Include animali come grandi felini, uccelli e rettili, nonché piante e alberi. Il traffico illegale di fauna selvatica può danneggiare l'ambiente, causare l'estinzione di specie e persino alimentare conflitti e instabilità. Il traffico illegale di legname è il commercio illegale di legname e prodotti forestali. Può includere alberi, legname e altri prodotti forestali. Il traffico illegale di legname può danneggiare l'ambiente e contribuire al cambiamento climatico.

Durante l'operazione, le forze dell'ordine hanno collaborato per:

  1. Sequestrare fauna selvatica e prodotti forestali, inclusi animali vivi, piante e legname.
  2. Indagare su casi di traffico illegale di fauna selvatica e prodotti forestali, incluse attività online e profili di sospetti.
  3. Condividere informazioni e intelligence tra loro per costruire un quadro globale di intelligence sul traffico di fauna selvatica e legname.
  4. Arrestare e perseguire i presunti trafficanti.

L'operazione ha portato al sequestro di:

  • Oltre 2.200 sequestri di fauna selvatica e prodotti forestali in tutto il mondo
  • Centinaia di migliaia di parti e derivati di animali protetti
  • Migliaia di alberi e piante
  • Armi da fuoco, veicoli e attrezzature per il bracconaggio

Raccolta di intelligence globale

La portata transnazionale unica dell'INTERPOL e l'accesso al più grande database di polizia al mondo consentono all'organizzazione di guidare la lotta globale contro la criminalità organizzata contro la fauna selvatica. I suoi team specializzati condividono informazioni di intelligence e facilitano le indagini tra le forze di polizia nazionali, con conseguente pubblicazione di notifiche viola e rosse per informare i paesi membri su nuovi modus operandi o latitanti ricercati a livello internazionale.

Successo nell'applicazione della legge a livello globale

Una recente notifica rossa (red notice) emessa dall'INTERPOL ha portato all'arresto di una donna ucraina in Thailandia per aver contrabbandato 116 tartarughe protette dalla Tanzania. Dopo essere sfuggita alla cattura in Thailandia, la donna è stata fermata in Bulgaria e infine estradata in Tanzania. L'arresto della sospettata e il ritorno delle tartarughe nel loro paese d'origine dimostrano la portata globale dell'INTERPOL e la sua capacità di coordinare gli sforzi delle forze dell'ordine internazionali per combattere la criminalità transnazionale.

#interpol #wildlifecrime


Segui il blog e interagisci con i suoi post nel fediverso. Scopri dove trovarci:l.devol.it/@CoopIntdiPoliziaTutti i contenuti sono CC BY-NC-SA (creativecommons.org/licenses/b…)Le immagini se non diversamente indicato sono di pubblico dominio.



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✍️ Attese.. La mia vita ultimamente, ma da sempre è stata una corsa: partire, inseguire, arrivare, correre per raggiungere qualcosa o qualcuno! Ma poi in mezzo a questo correre continuo, ci sono le attese, che seguono a volte cadute, vuoti, quasi fossero stazioni silenziose e abbandonate dove non accade nulla, nessuno sale, nessuno scende e i binari restano immobili.. Ma l'attesa non è semplice, inutile, non è uno spreco di tempo ed energie, anzi è un promemoria che ci ricorda che tutto intorno a noi ha un suo ritmo e un tempo da rispettare. Eppure tante le mie attese, l'attesa della guarigione dopo una ferita, un messaggio che tarda ad arrivare, un volto amico da accarezzare, un sorriso, un abbraccio. Le attese non fanno altro che riempire silenzi, di significato. E allora quante attese dinanzi a treni che non arrivano, a quelli persi, a stazioni deserte...Significa che forse ciò che stavo aspettando non era pronto per me o forse ero io ad aver bisogno di più tempo per raggiungere quel treno. Aspettare richiede coraggio, significa credere nell'arrivo di un altro treno anche quando sai che quello appena passato era l'ultimo. È un modo nuovo di viaggiare, stando fermi, aspettando, sperando. Perciò sto imparando che ogni tanto bisogna rallentare, imparare a fermarsi, respirare e aspettare con pazienza, perché prima o poi il nostro tanto atteso treno arriverà e ci porterà al di là dei nostri sogni, per sempre!">DSCN6561-1.jpg


noblogo.org/bymarty/attese




Pere Ubu - Lady From Shangai (2013)


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Lady From Shangai titolo di un famoso film di Orson Welles del 1947 è l'ultima fatica dei Pere Ubu. Numero quindici della loro discografia, esce a trentacinque anni di distanza da quello che rimane il loro capolavoro, fondamentale, primo disco pubblicato “The Moder Dance”, targato 1978. Un'altra opera difficile e complessa uscita da quell'eclettico creativo sessantenne David Thomas, mente e voce del gruppo, unico membro originale della band che, in questi trent'anni ha “danzato” su un tappeto musicalmente tecnologico, “moderno” e rumoreggiante di un suono d'avanguardia... artesuono.blogspot.com/2014/10…


Ascolta: album.link/i/1667705209



noblogo.org/available/pere-ubu…


Pere Ubu - Lady From Shangai (2013)


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Lady From Shangai titolo di un famoso film di Orson Welles del 1947 è l'ultima fatica dei Pere Ubu. Numero quindici della loro discografia, esce a trentacinque anni di distanza da quello che rimane il loro capolavoro, fondamentale, primo disco pubblicato “The Moder Dance”, targato 1978. Un'altra opera difficile e complessa uscita da quell'eclettico creativo sessantenne David Thomas, mente e voce del gruppo, unico membro originale della band che, in questi trent'anni ha “danzato” su un tappeto musicalmente tecnologico, “moderno” e rumoreggiante di un suono d'avanguardia... artesuono.blogspot.com/2014/10…


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CANTICO DEI CANTICI - Capitolo 3


La sposa cerca l’amato del suo cuore1Sul mio letto, lungo la notte, ho cercato l'amore dell'anima mia; l'ho cercato, ma non l'ho trovato.2Mi alzerò e farò il giro della città per le strade e per le piazze; voglio cercare l'amore dell'anima mia. L'ho cercato, ma non l'ho trovato.3Mi hanno incontrata le guardie che fanno la ronda in città: “Avete visto l'amore dell'anima mia?”.4Da poco le avevo oltrepassate, quando trovai l'amore dell'anima mia. Lo strinsi forte e non lo lascerò, finché non l'abbia condotto nella casa di mia madre, nella stanza di colei che mi ha concepito.5Io vi scongiuro, figlie di Gerusalemme, per le gazzelle o per le cerve dei campi: non destate, non scuotete dal sonno l'amore, finché non lo desideri.

TERZO POEMA (3,6-5,1)

Il corteo nuziale6Chi sta salendo dal deserto come una colonna di fumo, esalando profumo di mirra e d'incenso e d'ogni polvere di mercanti?7Ecco, la lettiga di Salomone: sessanta uomini prodi le stanno intorno, tra i più valorosi d'Israele.8Tutti sanno maneggiare la spada, esperti nella guerra; ognuno porta la spada al fianco contro il terrore della notte.9Un baldacchino si è fatto il re Salomone con legno del Libano.10Le sue colonne le ha fatte d'argento, d'oro la sua spalliera; il suo seggio è di porpora, il suo interno è un ricamo d'amore delle figlie di Gerusalemme.11Uscite, figlie di Sion, guardate il re Salomone con la corona di cui lo cinse sua madre nel giorno delle sue nozze, giorno di letizia del suo cuore.

_________________Note

3,6 L’apertura del poema è affidata al coro: è come una voce fuori campo, alla quale l’autore riserva il ruolo di commentatore o di transizione verso un nuovo quadro.

3,9 Libano: rinomato per il legname dei suoi boschi.

=●=●=●=●=●=●=●=●=●=●=●=

Approfondimenti


vv. 1-5. Se la notte del canto precedente era stata notte d'amore consumato, la notte del canto di 3,1-5 evoca il genere letterario del “Sogno d'amore”, nel quale la ragazza si immagina di aver perduto il suo diletto e di doverlo ricercare in un'impossibile notte. Il Ct conosce anche un secondo notturno d'amore (cfr. 5,2-7), ma senza il lieto fine che sigilla questo canto (3,5). Si tratta di un sogno raccontato (i verbi sono tutti al passato) che ricorda una scena che si svolge nel cuore della notte, entro una città immersa nel silenzio, dove tuttavia il silenzio notturno è rotto dalle parole della protagonista che, ripetute come un ritornello, scandiscono temi e tempi dell'amore di lei per colui che essa chiama con una dolcissima definizione «l'amato del mio cuore». L'amore è fatto di assenza e di presenza, percorre i sentieri del “cercare”, del “non trovare”, del “trovare” (vedi l'affastellarsi di questi verbi in tutti i primi quattro versetti): si tratta della ricerca mai scontata dell'amore, cercato e inseguito superando tutti gli ostacoli. Due volte l'inseguimento nel sogno ha un esito amaro: «L'ho cercato, ma non l'ho trovato» (vv. 1-2). Finalmente, l'immensa sorpresa: «trovai l'amato del mio cuore» (v. 4a), con l'incontro d'amore sognato «in casa della madre», nella camera di colei che «l'aveva concepita» (v. 4b). Il sogno si chiude con una voce fuori campo (v. 5; cfr. 2,7), che scongiura di non disturbare l'amore assopito dei due amanti.

vv. 6-11. In mezzo a tanti dialoghi e monologhi di cui è intessuto il poema del Ct, qui ci troviamo di fronte a una descrizione apparentemente impersonale. Il redattore impiega un antico epitalamio regale sul tipo di quello che leggiamo nel Sal 45. Sembrano nozze regali, addirittura di re Salomone (cfr. 1Re 9,16); ma nella finzione poetica del Ct, dove ogni sposo è chiamato «re» (cfr. 1,4), si nasconde la realtà del matrimonio di una qualsiasi coppia di giovani. La fastosa processione nuziale viene poeticamente evocata e ambientata nel deserto di Giuda non lontano da Gerusalemme: un gran polverone, che il poeta rilegge come «colonna di fumo, profumi di mirra e di incenso» (v. 6); una lettiga ornata con oro, argento e legno del Libano, il cui seggio è tessuto di porpora (v. 7.9.10); la scorta di sessanta amici dello sposo (vv. 7-8), paragonati ai sessanta soldati di scorta che si era scelto il re Salomone (cfr. 1Re 1,38.44). Si tratta di proteggere l'amata «contro i pericoli della notte» (v. 8b), i quali – dato il contesto nuziale – sembrano alludere agli spiriti maligni notturni che, secondo certe tradizioni popolari dell'Antico Oriente (cfr. Tb 3,7-8), imperversavano nella prima notte di nozze attentando alla fertilità e alla felicità della coppia. Il v. 11 è un invito alle «figlie di Sion» (cfr. «le fanciulle di Gerusalemme» del v. 10) a uscire di casa per applaudire il corteo nuziale che avanza in città, per ammirare lo sposo incoronato, abbigliato per le nozze dalla sua stessa madre. Tutto nel Ct è contemplato con occhi tipicamente femminili.

(cf. VALERIO MANNUCCI, Cantico dei Cantici – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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¿Alguna vez han tenido que lidiar con alguien que se rehúsa a aceptar que la traducción de “billion” en inglés no es “billón” en español, sino “mil millones”? ¿Alguna vez alguien les ha dicho, incorrectamente pero con total confianza, que en el planeta hay unos ocho billones* de personas? ¿Alguna vez se han preguntado por qué esta discrepancia? Pues hoy tienen miles de millones de razones para celebrar, porque en el #LunesDeLenguas de hoy, les voy a contar sobre las escalas larga y corta.

Ambas escalas son sistemas para nombrar potencias de 1000 (pero que aquí voy a escribir como potencias de 10, porque me ahorro espacio). Hasta 10^6 todo va bien, todo está muy tranquilo, porque en ambas escalas este número (1000000) se llama “millón” (que es una palabra que deriva de la palabra latina “mille” (“mil”) y que quiere decir “tremendo mil”, “cipote mil”, “flor de mil”, o “un mil grande”). El verdadero problema comienza después.

En la escala corta, que es la que se usa en el mundo angloparlante, 10^9 se llama “billion”. Pero en la escala larga, que es la que usamos en español y en las demás lenguas romances (entre otras), tenemos otro nombre para este número: “un millardo”. Si bien es más común en español ahora decir “mil millones”, en otras lenguas, como en italiano, sí es común decir “miliardo”.

Y en la escala corta 10^12 se dice “trillion”, pero en la escala larga decimos “billón”.

Lectoras avezadas se habrán dado cuenta ya del patrón. La escala larga está basada en millones. En esta escala, un billón es “un millón dos veces” (1000000^2). Un trillón es “un millón tres veces” (1000000^3) y así sucesivamente.

Pero la escala corta está basada en miles (comenzando desde un millón). Un “billion” es el segundo paso en la escala: un millón multiplicado por mil. Un “trillion” es el tercer paso en la escala: un “billion” multiplicado por mil” Y así sucesivamente.

La escala larga, además, tiene otros nombres para sus potencias de 1000 que quedan entre potencias de millones. Estos siguen el formato de “millardo” descrito más arriba. Por ejemplo, 10^15, que es mil billones, es un billardo. Y 10^21, que es mil trillones, es un trillardo. Nombres que estoy seguro que todos usamos diariamente.

Pero, ¿cómo llegamos a esta diferencia? El asunto es que contar con números tan grandes es bien complicado.

De hecho, por lo menos en el mundo occidental, no era común contar hasta números tan altos hasta ya entrado el Medioevo. Los numerales romanos originales, por ejemplo, no tenían un símbolo para “mil”. Aunque sí tenían maneras de escribir ese número, la M fue agregada en el Alto Medioevo: latin.stackexchange.com/questi…

Y la primera instancia de alguien usando la palabra “millón” está atribuida a un tal Máximo Planudes y data del Siglo XIII d.C.: en.wikipedia.org/wiki/Maximus_…

Ambas escalas se desarrollaron más o menos paralelamente, desde el Siglo XIII en adelante. Pero no tenemos claro quién se las inventó o por qué. Y por mucho tiempo no era claro quién estaba usando qué escala.

Por ejemplo, aunque en Francia ahora la escala larga es la estándar, durante los siglos XVIII y XIX la mayoría de académicos franceses prefirieron la corta. Los estadounidenses se pasaron a la escala corta desde el siglo XVIII, pero los británicos siguieron en la larga hasta el XX.

De hecho, en 1974 el Reino Unido, quizás impulsado por el peso del inglés estadounidense en el mundo, oficializó su paso a la escala corta.

Y toda esta situación es tan confusa que sólo fue un año después de esto, en 1975, que a alguien se le ocurrieron los nombres “escala larga” y “escala corta”. Ese crédito es de la matemática francesa Geneviève Gutiel, quien acuñó los nombres en francés: “échelle longue” y “échelle courte”.

Actualmente casi todo el mundo (excepto Grecia y la mayoría del oriente asiático, que usan otros sistemas interesantes a los que llegaremos algún día, pero que han sido brevemente reseñados en #PalabrasEficientes) se divide entre ambas escalas.

En este mapa pueden ver que la mayoría de Europa, buena parte de África y todo el mundo hispanoparlante está en la escala larga. Todo el mundo anglófono está en la escala corta: en.wikipedia.org/wiki/Long_and…

En portugués usan la escala larga... Excepto Brasil que siempre ha querido ser diferente.

En algunos países, como Canadá, se usan dos (o más) lenguas que usan dos escalas diferentes (la corta en inglés y la larga en francés). Y en el mundo árabe y en la mayoría del eslavo se usa la escala corta, pero también usan la palabra “millardo”. No sé cómo funciona en cada uno de estos, pero sé que en ruso “millardo” y “billón” son sinónimos (y significan “mil millones”).

Si quieren entender mejor las escalas, les recomiendo este video: youtube.com/watch?v=C-52AI_ojy…

Y si quieren saber más de su historia, les recomiendo este link: en.wikipedia.org/wiki/Long_and…

Un billón de gracias.

*En el planeta Tierra hay aproximadamente ocho mil millones de personas. U ocho millardos, que es lo mismo.


noblogo.org/lunes-de-lenguas/a…



[esclusioni]come] creano un pdf/x con l'alta pressione delle mollette sui] fili nella scuola scansione degli elementi primari terricole la] via dàzìbào allora] la scena vola tolti i piombi sono – meno passati] minuti e sottominuti la nitidezza] prevede camera disimpegno in condizione tiene l'input] verificano fanno] – meno la provincia fatica [fuori] tutto rimane] per accumulo per nastro] [trasportatore


noblogo.org/lucazanini/esclusi…



Benvenuti al teatro senza biglietto C’è chi entra a teatro con il biglietto in mano, in fila davanti al botteghino, pronto a farsi avvolgere dal buio della sala e dal fascio di luce sul palco. E poi ci siamo noi, che a teatro ci entriamo senza volerlo. Ogni giorno. Senza sipario, senza posto numerato, senza applausi finali. Il teatro della vita non ha registi dichiarati, solo improvvisatori maldestri. L’assurdo, in questo spettacolo, non è un ospite inatteso: è il protagonista fisso. Lo troviamo al supermercato, davanti allo scaffale della pasta, quando due signore litigano se sia meglio la penna rigata o la liscia, con lo stesso fervore con cui i filosofi greci discutevano di metafisica. Oppure sull’autobus, quando un signore racconta a voce alta le proprie vicende mediche a passeggeri sconosciuti, trasformando il viaggio in una tragedia clinica. E noi, spettatori e attori al tempo stesso, restiamo intrappolati in questa rappresentazione permanente. Il filosofo Erving Goffman, con il suo “La vita quotidiana come rappresentazione”, ci aveva già avvertiti: “ogni gesto, ogni parola, è parte di un copione sociale. Il problema è che spesso quel copione fa acqua da tutte le parti.” Pensiamoci: quante volte ci siamo trovati a sorridere in riunioni noiose, recitando un entusiasmo inesistente, come comparse in una commedia scadente? Quante volte abbiamo applaudito frasi banali solo perché pronunciate dal capo di turno, come se fossero battute di Shakespeare? La vita è un palcoscenico dove si applaude più per convenzione che per convinzione. Eppure, nonostante l’assurdità, in questo spettacolo ci troviamo a nostro agio. Perché nell’improvvisazione, a volte, c’è verità. L’uomo che inciampa sul marciapiede e si rialza con finta disinvoltura, la signora che parla con il cane come fosse un Nobel per la letteratura, il ragazzo che scrive poesie sui tovaglioli del bar… tutto questo ci ricorda che non c’è differenza netta tra palco e platea. Pirandello ci aveva visto lungo: “Così è, se vi pare”. Ogni individuo indossa una maschera diversa, a seconda della scena che deve affrontare. Il problema non è la maschera, ma dimenticare che dietro ce n’è sempre un’altra. E che, forse, sotto tutte le maschere non resta un volto, ma un altro sipario. Il bello dell’assurdo è che non ha bisogno di effetti speciali. Un vicino di casa che canta alle tre di notte convinto di essere Pavarotti, un impiegato che discute animatamente con la macchinetta del caffè, un politico che promette serietà con la stessa convinzione con cui un illusionista giura di non avere trucchi nelle maniche. E noi ridiamo, scuotiamo la testa, ma in fondo sappiamo che facciamo parte dello stesso gioco. Il teatro della vita è gratuito, ma non per questo meno impegnativo. Richiede presenza, adattamento, un minimo di spirito critico e, soprattutto, la capacità di non prendersi troppo sul serio. Perché se non riusciamo a ridere dell’assurdo, rischiamo di esserne schiacciati. Allora, forse, la vera filosofia non è quella che cerca verità assolute nei libri polverosi, ma quella che si esercita nel quotidiano: nell’arte di osservare, di sorridere, di capire che anche un litigio sul parcheggio può avere la dignità di una tragedia greca. È un modo di “divulgare” filosofia senza renderla spicciola: riportarla alla vita, dove è nata, tra mercati, piazze e osterie. E se proprio dobbiamo accettare di essere parte di questa commedia infinita, tanto vale imparare a godercela. Non c’è prova generale, non c’è serata d’esordio. Si va in scena tutti i giorni, spesso impreparati, e il pubblico — che poi siamo noi stessi — non sempre è clemente. Ma forse è proprio questo il segreto: accettare l’imperfezione come parte del copione. Ridere quando sbagliamo battuta, improvvisare quando dimentichiamo le parole, sorridere quando la scena sembra tragica. Perché, alla fine, in questo teatro senza biglietto, l’assurdo non è il nemico da combattere, ma l’alleato che ci ricorda che siamo vivi. Che non siamo macchine, ma esseri capaci di cadere e rialzarci, di ridere e piangere, di cambiare ruolo da un atto all’altro. Allora, benvenuti a teatro. Lo spettacolo è già iniziato, e non ci sarà replica. Tanto vale, almeno, divertirsi un po’.


noblogo.org/lofficinadellestor…



✍️ Ci sono giorni in cui ti senti smarrita, persa in un bosco fitto, con intorno solo alberi, rovi, spine, ombre e piccoli sentieri che sembrano chiudersi e scomparire nel buio! Ti senti impaurita, come se non ci fosse una via dì fuga, davanti a te, così ti fermi e ti abbracci , cerchi un punto di contatto, un punto di partenza dentro di te! Perché li ci sono le mie radici, quelle fatte di ricordi, di scelte, di persone che mi hanno sostenuta e a volte aiutato a ritrovare il giusto sentiero! Non sempre sono visibili queste radici, ma spesso ci nutrono in silenzio, come fossero le radici profonde di un grande albero secolare. Eppure il bosco diventa un rifugio sicuro, perché custodisce silenzi che guariscono più delle parole, basta fermarsi un attimo, respirare, ascoltare, ma soprattutto aspettare! Attendere risposte dettate dal lento scorrere del tempo, rimanere semplicemente ad ascoltare, lasciando che sia il silenzio a parlare! E poi arrivano i tramonti, la fine di una giornata di sole, i rami sembrano spogli e cupi e la luce lentamente si affievolisce, non è la fine, ma un unizio nascosto. Quindi ogni nostra caduta, ogni smarrimento, altro non sono che l'inizio di qualcosa, una rinascita! Perciò il bosco, con le sue radici invisibili, con i suoi grandi alberi, i sentieri impervi, ci aiuta a comprendere che smarrirsi non è la fine, non è segno di debolezza o fragilità, ma è il modo in cui la vita ci dà l'occasione, la forza per farci ritrovare e riscoprire seppur diversi!


noblogo.org/magia/ci-sono-gior…


✍️ Ci sono giorni in cui ti senti smarrita, persa in un bosco fitto, con...


✍️ Ci sono giorni in cui ti senti smarrita, persa in un bosco fitto, con intorno solo alberi, rovi, spine, ombre e piccoli sentieri che sembrano chiudersi e scomparire nel buio! Ti senti impaurita, come se non ci fosse una via dì fuga, davanti a te, così ti fermi e ti abbracci , cerchi un punto di contatto, un punto di partenza dentro di te! Perché li ci sono le mie radici, quelle fatte di ricordi, di scelte, di persone che mi hanno sostenuta e a volte aiutato a ritrovare il giusto sentiero! Non sempre sono visibili queste radici, ma spesso ci nutrono in silenzio, come fossero le radici profonde di un grande albero secolare. Eppure il bosco diventa un rifugio sicuro, perché custodisce silenzi che guariscono più delle parole, basta fermarsi un attimo, respirare, ascoltare, ma soprattutto aspettare! Attendere risposte dettate dal lento scorrere del tempo, rimanere semplicemente ad ascoltare, lasciando che sia il silenzio a parlare! E poi arrivano i tramonti, la fine di una giornata di sole, i rami sembrano spogli e cupi e la luce lentamente si affievolisce, non è la fine, ma un unizio nascosto. Quindi ogni nostra caduta, ogni smarrimento, altro non sono che l'inizio di qualcosa, una rinascita! Perciò il bosco, con le sue radici invisibili, con i suoi grandi alberi, i sentieri impervi, ci aiuta a comprendere che smarrirsi non è la fine, non è segno di debolezza o fragilità, ma è il modo in cui la vita ci dà l'occasione, la forza per farci ritrovare e riscoprire seppur diversi!

@Marti75@snowfan.masto.host




Devendra Banhart - Mala (2013)


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Anche col titolo del disco, Devandra, non smentisce il suo stile; il saper “giocare” con i doppi sensi. Mala infatti, soprannome della sua fidanzata serba Ana Kras, significa “tenera” in serbo e “cattiva” in spagnolo, lingua usata spesso dal cantautore. L'atmosfera di questo suo nono disco, non si discosta di molto da quella a cui ci ha abituato in questo decennio; una base folk con varie escursioni psichedeliche, latinoamericane e soprattutto in quest'ultimo, un abbondante uso del suono elettronico. Considerato il cantautore più freak ed hippie in circolazione, Mala è stato registrato a Los Angeles e, come nei precedenti lavori, ha usato uno studio familiare, con attrezzature che di fedeltà ne hanno ben poca. Basti ricordare che in passato usò (anche) la segreteria telefonica come registratore... sigh!... artesuono.blogspot.com/2014/10…


Ascolto: album.link/i/608045906



noblogo.org/available/devendra…


Devendra Banhart - Mala (2013)


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Anche col titolo del disco, Devandra, non smentisce il suo stile; il saper “giocare” con i doppi sensi. Mala infatti, soprannome della sua fidanzata serba Ana Kras, significa “tenera” in serbo e “cattiva” in spagnolo, lingua usata spesso dal cantautore. L'atmosfera di questo suo nono disco, non si discosta di molto da quella a cui ci ha abituato in questo decennio; una base folk con varie escursioni psichedeliche, latinoamericane e soprattutto in quest'ultimo, un abbondante uso del suono elettronico. Considerato il cantautore più freak ed hippie in circolazione, Mala è stato registrato a Los Angeles e, come nei precedenti lavori, ha usato uno studio familiare, con attrezzature che di fedeltà ne hanno ben poca. Basti ricordare che in passato usò (anche) la segreteria telefonica come registratore... sigh!... artesuono.blogspot.com/2014/10…


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CANTICO DEI CANTICI - Capitolo 2


1Io sono un narciso della pianura di Saron, un giglio delle valli.2Come un giglio fra i rovi, così l'amica mia tra le ragazze.3Come un melo tra gli alberi del bosco, così l'amato mio tra i giovani. Alla sua ombra desiderata mi siedo, è dolce il suo frutto al mio palato.4Mi ha introdotto nella cella del vino e il suo vessillo su di me è amore.5Sostenetemi con focacce d'uva passa, rinfrancatemi con mele, perché io sono malata d'amore.6La sua sinistra è sotto il mio capo e la sua destra mi abbraccia.7Io vi scongiuro, figlie di Gerusalemme, per le gazzelle o per le cerve dei campi: non destate, non scuotete dal sonno l'amore, finché non lo desideri.

SECONDO POEMA (2,8-3,5)

Lo sposo cerca la sposa8Una voce! L'amato mio! Eccolo, viene saltando per i monti, balzando per le colline.9L'amato mio somiglia a una gazzella o ad un cerbiatto. Eccolo, egli sta dietro il nostro muro; guarda dalla finestra, spia dalle inferriate.10Ora l'amato mio prende a dirmi: “Àlzati, amica mia, mia bella, e vieni, presto!11Perché, ecco, l'inverno è passato, è cessata la pioggia, se n'è andata;12i fiori sono apparsi nei campi, il tempo del canto è tornato e la voce della tortora ancora si fa sentire nella nostra campagna.13Il fico sta maturando i primi frutti e le viti in fiore spandono profumo. Àlzati, amica mia, mia bella, e vieni, presto!14O mia colomba, che stai nelle fenditure della roccia, nei nascondigli dei dirupi, mostrami il tuo viso, fammi sentire la tua voce, perché la tua voce è soave, il tuo viso è incantevole”.

Intensità d’amore15Prendeteci le volpi, le volpi piccoline che devastano le vigne: le nostre vigne sono in fiore.16Il mio amato è mio e io sono sua; egli pascola fra i gigli.17Prima che spiri la brezza del giorno e si allunghino le ombre, ritorna, amato mio, simile a gazzella o a cerbiatto, sopra i monti degli aromi.

_________________Note

2,1 il nome della pianura costiera, che si estende dalla città di Giaffa al monte Carmelo. A questo nome è collegata l’idea di prosperità e abbondanza.

2,4 cella del vino: il luogo dove veniva fatto fermentare il vino.

2,12-14 Nella poesia biblica la tortora, con il suo canto, era considerata il simbolo dell’amore; la colomba il simbolo della fedeltà e della fecondità.

2,15-17 L’immagine delle piccole volpi che devastano le vigne può essere compresa come un’ombra minacciosa, attorno alla luce e alla bellezza dell’amore, che va difeso. Nel simbolismo biblico, la vigna è immagine della donna ed è anche il bene più prezioso che l’agricoltore possiede.

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Approfondimenti


vv. 1,15-2,3. Segue dal capitolo precedente lo scambio tra lui (1,15; 2,1) e lei (1,16; 2,2). L'oasi di verde e di pace impresta così l'ultimo mutuo elogio, prima di consumare l'amore (2,4-6). L'amato è per lei «un narciso di Saron, un giglio delle valli» (2,1). Il narciso è un fiore delicato – ma dal profumo intenso – di quella fertilissima pianura di Saron sulla costa mediterranea della Palestina, emblema di tutte le pianure; il giglio dei campi è un fiore semplice, eppure dotato di una bellezza incomparabile (cfr. Mt 6,28-29; Lc 12,27). Lui riprende la seconda immagine per parlare di lei: non «un giglio dei campi», ma «un giglio tra i cardi» (2,2), un giglio miracolosamente spuntato in un campo di spine, perché lei è la donna più bella che esista, di una bellezza incomparabile. E lei risponde all'amato evocando l'immagine del melo (2,3a), un albero spesso presente nella poesia erotica: evoca qualcosa di fortemente desiderabile (2, 3b) perché capace di donare dolci e insieme forti sensazioni, e l'ombra della sua chioma è come un abbraccio di fecondità.

vv. 4-7. La «cella del vino» è la stanza dell'amore, spesso simboleggiato nel Ct con il vino (1,2.4; 4,10; 5,1; 7,10; 8,2); e l'insegna (il «vessillo» del v. 4b) della cella del vino non può essere che amore! I due amanti abbracciati consumano l'amore, con gesti (v. 6) che tutte le culture conoscono. La donna, «malata d'amore» (o – come traducono i LXX – «perforata da amore»), spossata dall'amplesso, chiede «focacce d'uva passa» (cfr. Os 3,1; Is 16,7 ecc.) e succo di «mele», considerati dagli orientali come un afrodisiaco e un sostegno vitaminico. E l'amato implora il coro invisibile delle figlie di Gerusalemme a non svegliare l'amata dal suo sopore amoroso (v. 7); ma potrebbe essere ancora lei a parlare, invitando a non disturbare l'amore (in ebraico, è femminile!), a rispettarne i tempi e i momenti, «a lasciare nella pace i due amanti assopiti l'uno nelle braccia dell'altra» (D. Garrone). L'appello chiama in causa «le gazzelle e le cerve», sacre in Oriente alla dea dell'amore Astarte, per la bellezza e la libertà dell'amore che esse simboleggiano.

vv. 8-17. Con il v. 8 ha inizio un nuovo canto. Dopo il primo poema (1,9-2,7), che costituisce in qualche modo l'ouverture e anche una specie di riassunto del Ct, il tema dell'amore sponsale si dispiega come un appuntamento primaverile. L'inverno è assenza; la primavera è presenza.

vv. 8-14. Una voce inconfondibile risveglia l'amata verso l'alba. Il diletto ha valicato monti e colline che lo separavano da lei, veloce e leggiadro come «un capriolo o un cerbiatto» (v. 9a), che apre sempre la marcia nei branchi dei cervi. La voce, grido dell'amato, appena egli si avvicina alla casa di lei e si mette ad occhieggiare dietro la finestra protetta dalla grata, diventa parola-appello personale all'incontro d'amore: «Alzati e vieni!» (v. 10). La bella stagione primaverile, brevissima ma intensa in Palesina, viene stupendamente descritta (vv. 11-13) con una notazione visiva (i fiori), uditiva (il canto degli umani in sintonia con il cinguettio degli uccelli) e persino olfattiva (la fragranza delle vigne in fiore e dei fichi primaticci). Ogni volta che trionfa l'amore – sembra dirci il Ct – passa l'inverno che tiene prigionieri della propria paura e del proprio esilio ed esplode la primavera della vita, come fosse il primo mattino del mondo. «Amica mia, mia bella, mia colomba» (v. 14). L'amata diventa ora, nell'invocazione di lui, la sua colomba: simbolo ben noto a molta letteratura d'amore ed espressivo della fedeltà della coppia, nonché di una grazia ricca di attenzioni e dimostrazioni d'affetto. E il nuovo simbolo sposta il sogno dalla casa alla roccia e alle sue fenditure, agli anfratti dei dirupi in cui le colombe selvatiche amano nidificare. Lo sposo implora «la sua colomba» di mostrargli il suo viso leggiadro e di fargli udire la sua voce soave, le propone un'intimità che abolisca separazione e segreti.

vv. 15-17. Il coro interrompe l'appello d'amore di lui, con un invito a creare una specie di difesa attorno alla vigna meravigliosa dell'amore. L'immagine della «vigna» per designare il corpo e la femminilità di lei era già presente in 1,6; ma qui si parla de «le nostre vigne» al plurale, come se il coro delle amiche si mettesse in sintonia già con la voce di lei (vv. 16-17). L'amore sponsale è sempre minacciato dalle «piccole volpi» golose dei grappoli d'uva in maturazione, contro le quali si organizzavano in Oriente turni di guardia notturni. L'amore, che è tutto vita-freschezza-floridezza-profumo come «una vigna in fiore», va difeso dai tanti predatori che ne vogliono fare scempio. Il canto si chiude (vv. 16-17) con un'altissima dichiarazione d'amore sulla bocca di lei: «Il mio diletto è per me e io per lui». Questa formula di mutua appartenenza, ripetuta anche in 6,3 e 7,1 e che in versione più distesa esprime nell'AT la relazione di alleanza tra Dio e Israele (cfr. Dt 26,17-18; Os 2,25; Ger 7,23; 11,4; Ez 34,30-31 ecc.), consacra i due sposi l'uno con l'altro, l'uno per l'altro, totalmente, sempre. Si tratta di un sospiro d'amore consumato, visto che nel v. 16b «lui pascola tra i gigli», con un'allusione all'intimità dei due amanti: in 4,5 «i gigli» alludono al corpo della ragazza in mezzo a cui, come due gazzelle, spuntano i seni. Il v. 17, uno dei più difficili del Ct, evoca con una forte carica di erotismo una notte piena d'amore. L'amata invita il suo diletto a visitare come un cerbiatto «i monti degli aromi», simbolo del corpo di lei, «prima che spiri la brezza del giorno e si allunghino le ombre».

(cf. VALERIO MANNUCCI, Cantico dei Cantici – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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[vortex]la non belligeranza rattrappante il modo [è perpetuo segnato con acciai e profili falsi continenti] occupano gli orti sociali il Bramantino [cancella è solo] un esempio


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NON NOI

______________________________________ “noi no” (sandra mondaini, raimondo vianello, jeff bezos, 1977) (n.b.: l’epigrafe deve essere di merda e deve fare sorridere) ______________________________________

il noi di cui noi disponiamo è completamente sbagliato, è da rifare, siamo noi da rifare. in attesa, va evitato l’uso; ci evitano in parecchi.

il noi anche semplicemente grammaticale che disponiamo sulla scacchiera della sintassi non sta messo meglio: errore o meglio un errante fra convenzioni di diorite e alleanzelle di biscotto.

tra l’altro si sapeva, si è sempre saputo.

cioè continua a essere: stupro di gruppo, fusioni societarie, coloni, ufficiali, uffici, tribalismo, correnti di convezione, cattivo odore bene collettivo, circhi senza farina, batte col piatto del machete sulla gamba e taglia le condutture d’acqua ovviamente in Cisgiordania.

il pronome yankee a inizio agosto 2024 stanzia 18 miliardi di dollari perché israele continui la distruzione del popolo Palestinese e il furto di terre.

non so/sappiamo e nessuno sa cosa possa sostituire la splendida profondità fognaria dei pronomi di prima persona, uno e multiplo, instagrammer e gruppi fb.

non c’è crimine che non trovi (un) noi a giustificarlo, dagli omicidi e violenze sessuali a megiddo e nelle altre carceri israeliane agli acquirenti dei manualetti di ultradestra.

la pancia di amazon è piena di mosche, una per ogni penny di jb.

è passato da poco il primo compleanno del genocidio ai danni della Palestina, a sua volta vetta di 76 compleanni di Nakba. una montagna di montagne di morti.

il noi (di merda) degli intellettuali (di merda) non si è mica sentito, o – diciamo – si è sentito pochissimo (e) male. o meglio uno zero, per altri zeri, di fronte al noi invece energico tricolore bluette del roblox di parigi ’24 [=olimpiadi].

medici operai operatori scrivono noi tornando da Gaza, da Gerusalemme Est, dalla West Bank, o standoci: possono usare il pronome, gli altri no, noi no.

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#Gaza #genocide #genocidio #Palestine #Palestina #warcrimes #sionismo #zionism #starvingpeople #starvingcivilians #iof #idf #colonialism #sionisti #izrahell #israelterroriststate #invasion #israelcriminalstate #israelestatocriminale #children #bambini #massacri #deportazione #concentramento #famearmadiguerra #intellettuali #Nakba #ilnoi #noi #primapersonaplurale #primapersona #Megiddo #carceriisraeliane #olimpiadidiparigi #intellettuali #intellettualidimerda #ICJ #ICC #Cisgiordania #WestBank #settlers #coloni #prigionieri #ostaggi #leparoleelecose #LPLC #poetiitaliani #poesia #poesiaprimapersona #olimpiadi #pronomesbagliato #noidimerda


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✍️La mia montagna! (16/08/2025)

Le ho sempre osservate da lontano, sui libri, in TV, sempre enormi e irraggiungibili e quasi impossibile arrivare fino in cima, con tutta quella strada da fare, tortuosa e ricca di insidie! Ma chi ama e conosce la montagna, io invece amo il mare, sa che non bastano pochi e semplici passi per scalarla! Si sale lentamente e pazientemente e un passo dopo l'altro, la cima si avvicina. La montagna? Il mio cambiamento, dover rallentare la mia corsa folle e abbandonarmi alla pazienza e alla lentezza! Bisogna ritornare sul sentiero ogni giorno, anche quando le gambe non reggono e la cima è nascosta dalle nuvole. E magari un giorno, all'improvviso , mi ritroverò più in alto e voltandomi indietro saluterò quel sentiero che ha accompagnato i miei passi, le mie cadute, tra prati e rocce. Capirò che la vetta non era irraggiungibile o immaginaria e che quel sentiero a volte ripido e difficile altro non era che il percorso che mi avrebbe avvicinata al cambiamento, all'essere più forte e paziente, di nuovo me stessa! (By Marty)


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Steve Earle & The Dukes - The Low Higway (2013)


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A due anni dall'ottimo I'll Never Get Out of This World Alive, Steve Earle ritorna con una altro bel disco “The Low Higway”. Quindicesimo lavoro in studio, l'album si mantiene nella sua collaudata sfera folk/country/rock, senza particolari peccati ne virtù. Niente di marcatamente nuovo quindi, ma dodici brani firmati da grande autore. Da scrittore qual'è, (è uscito da pochi mesi un romanzo dal titolo “Non uscirò vivo da questo mondo”) il cinquantottenne cantautore statunitense, non ha difficoltà ad esprimere attraverso la forma artistica della “canzone” versi, pensieri e idee soprattutto sociali. Da sempre impegnato politicamente Earle, attraverso i testi, sottolinea disagi e invia segnali di protesta, facendosi portavoce anche di chi voce non ha... artesuono.blogspot.com/2014/10…


Ascolta: album.link/i/1436912489



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Steve Earle & The Dukes - The Low Higway (2013)


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A due anni dall'ottimo I'll Never Get Out of This World Alive, Steve Earle ritorna con una altro bel disco “The Low Higway”. Quindicesimo lavoro in studio, l'album si mantiene nella sua collaudata sfera folk/country/rock, senza particolari peccati ne virtù. Niente di marcatamente nuovo quindi, ma dodici brani firmati da grande autore. Da scrittore qual'è, (è uscito da pochi mesi un romanzo dal titolo “Non uscirò vivo da questo mondo”) il cinquantottenne cantautore statunitense, non ha difficoltà ad esprimere attraverso la forma artistica della “canzone” versi, pensieri e idee soprattutto sociali. Da sempre impegnato politicamente Earle, attraverso i testi, sottolinea disagi e invia segnali di protesta, facendosi portavoce anche di chi voce non ha... artesuono.blogspot.com/2014/10…


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CANTICO DEI CANTICI - Capitolo 1


PROLOGO1Cantico dei Cantici, di Salomone.2Mi baci con i baci della sua bocca! Sì, migliore del vino è il tuo amore.3Inebrianti sono i tuoi profumi per la fragranza, aroma che si spande è il tuo nome: per questo le ragazze di te si innamorano.4Trascinami con te, corriamo! M'introduca il re nelle sue stanze: gioiremo e ci rallegreremo di te, ricorderemo il tuo amore più del vino. A ragione di te ci si innamora!

PRIMO POEMA (1,5-2,7)

La sposa si presenta5Bruna sono ma bella, o figlie di Gerusalemme, come le tende di Kedar, come le cortine di Salomone.6Non state a guardare se sono bruna, perché il sole mi ha abbronzato. I figli di mia madre si sono sdegnati con me: mi hanno messo a guardia delle vigne; la mia vigna, la mia, non l'ho custodita.

Desiderio dello sposo7Dimmi, o amore dell'anima mia, dove vai a pascolare le greggi, dove le fai riposare al meriggio, perché io non debba vagare dietro le greggi dei tuoi compagni?8Se non lo sai tu, bellissima tra le donne, segui le orme del gregge e pascola le tue caprette presso gli accampamenti dei pastori.

Colloquio d’amore9Alla puledra del cocchio del faraone io ti assomiglio, amica mia.10Belle sono le tue guance fra gli orecchini, il tuo collo tra i fili di perle.11Faremo per te orecchini d'oro, con grani d'argento.12Mentre il re è sul suo divano, il mio nardo effonde il suo profumo.13L'amato mio è per me un sacchetto di mirra, passa la notte tra i miei seni.14L'amato mio è per me un grappolo di cipro nelle vigne di Engàddi.15Quanto sei bella, amata mia, quanto sei bella! Gli occhi tuoi sono colombe.16Come sei bello, amato mio, quanto grazioso! Erba verde è il nostro letto,17di cedro sono le travi della nostra casa, di cipresso il nostro soffitto.

_________________Note

1,1-4 Il Cantico si apre con la presentazione dei protagonisti (l’amata, l’amato, le ragazze che compongono il coro) e con l’enunciazione dei temi in esso dominanti (i sentimenti, le effusioni, i desideri e i gesti dell’amore). Il titolo “Cantico dei Cantici” è una forma di superlativo ebraico (“il canto per eccellenza”, “il canto più bello”).

1,5 La sposa ha le fattezze della donna della campagna palestinese, che il sole e il lavoro dei campi hanno abbronzato. Le ragazze di Gerusalemme, invece, vedono nel candore del volto la bellezza ideale (5,10). Kedar: designa una tribù di nomadi, discendenti da Ismaele (Gen 25,13).

1,12-14 nardo, mirra, cipro: profumi caratteristici dei paesi orientali. Spesso venivano conservati in sacchetti, da cui effondevano il loro aroma. Engàddi (“sorgente del capriolo”) è una località sulle rive del Mar Morto.

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Approfondimenti


v. 1. Il titolo, che dà il nome al libro e ne indica l'autore, è di chiara origine redazionale: il pronome relativo che, qui nella forma usuale ’ašer, è impiegato nel Ct sempre nella forma abbreviata še. Può essere stato aggiunto addirittura nel sec. II d.C. L'espressione «Cantico dei cantici» è una forma di superlativo ebraico per dire semplicemente “il canto per eccellenza”, “il canto più sublime”. Salomone, indicato nel titolo come “autore” del libro, è nominato più volte nel libro in terza persona e in maniera tale che è impensabile che egli potesse parlare così di se stesso (cfr. 3,11). Come i Proverbi e il Qoelet, anche il Ct è attribuito mediante una finzione letteraria a Salomone, il sapiente poeta per eccellenza.

vv. 2-4. È l'ouverture del Ct, il suo tema, il suo “manifesto” sull'amore. Le due strofe simmetriche (5 stichi nei vv. 2-3; 5 stichi nel v. 4) si chiudono sullo stesso verbo amare, e ripetono la stessa frase: «le tue tenerezze sono più dolci del vino» (v. 2a e v. 4d). Esplodono qui le voci della femminilità: lei, che grida il suo desiderio d'amore mediato con baci inebrianti, e le fanciulle che fanno coro al desiderio d'amore di lei. Ma chi è il destinatario dell'appello all'amore? Ovviamente è lui, è l'amato con i suoi baci, è lo sposo che figura già qui (cfr. 1,12; 7,6) come il re, titolo di ogni sposo durante le feste nuziali. Anche nel Ct gli sposi sono una coppia regale (cfr. 3,6-11; 6,8-7,7). Ma assistiamo subito a una strana alternanza dei pronomi suffissi: i baci della sua bocca, le tue tenerezze, i tuoi profumi. È sempre l'amato e il profumo personale del suo corpo, che l'amata sa riconoscere tra mille, tanto da farle dire: «profumo (šemen) olezzante è il tuo nome (šēm)» (v. 3b). Ma potrebbe essere anche «la fonte stessa del piacere, l'amore vissuto come amplesso nella sua più immediata materialità» (G. Garbini), che la sposa e le fanciulle rincorrono.

vv. 5-6. Lei parla di sé alle amiche e le chiama «figlie di Gerusalemme», perché associate alla capitale del regno, la cui regalità incorona lei e lui nel giorno delle nozze. Essa scopre la sua personale bellezza confrontandola con quella delle amiche, che la città ha protetto dal sole che brucia. Lei, invece, il sole l'ha accarezzata e abbronzata: il suo volto è divenuto dolce e ha preso il colore scuro del miele denso (il v. 6b, alla lettera: «il sole mi ha fatto di miele»). Si tratta di un colore simile a quello delle tende beduine, che tremano nel deserto. «L'abbronzatura m'ha resa ancora più bella», recita la fanciulla smaliziata, che ora si spinge ben oltre nella maliziosa dichiarazione non richiesta (v. 6c-e). «Si può osservare qui un doppio gioco di parole, sul verbo “conservare” e sui due sensi di “vigna”». Per correre dietro al suo amato, lei «non ha custodito la vigna» suscitando le ire dei fratelli; soprattutto «non ha custodito la sua vigna, la sua», simbolo comune a tutta la letteratura orientale per evocare le parti intime della donna.

vv. 7-8. Ora l'amata, che ha eluso il controllo della famiglia, confessa l'esplosione del suo desiderio d'amore e si mette alla ricerca del pastore amato, scongiurandolo: «Dimmi, o amore dell'anima mia, dove vai a pascolare il gregge..» (v. 7). L'anima (nepeš) è il respiro stesso della persona, la sua vita; per l'amata la presenza dell'amato è la sua stessa vita, come la sua assenza è morte. Vuole sapere il luogo preciso dove l'amato pastore «riposa nel meriggio», per non correre il rischio di vagabondare dietro i greggi degli altri pastori come farebbe «una donna velata» (v. 7d: alla lettera sinonimo di «prostituta», cfr. Gn 38,14). La risposta all'appello di lei viene dal coro (v. 8) delle stesse «figlie di Gerusalemme» sopra evocate (cfr. anche 2,7; 3,5.10.11; 5,8.16; 8,4), oppure più probabilmente dai pastori beduini, i quali indicano a lei – «la più bella tra le donne» – le orme del gregge dell'amato e su quelle le tende dei pastori per la sosta pomeridiana. 1,9-2,7. Dopo tante voci femminili, ecco la voce di un uomo, la voce di lui, il pastore, l'amato che apre il primo duetto d'amore con l'amata (1,9-2,7; cfr. 7,1-8,4).

vv. 9-14. Lui (vv. 9-11) elogia la bellezza della più bella tra le donne paragonandola «alla cavalla del cocchio del faraone», secondo una immagine tipica non solo degli Ebrei e degli Arabi, ma anche dei Greci che associavano volentieri la superba nobiltà del loro destriero con la bellezza maestosa della donna del cuore (v. 9). La bellezza del volto e del collo di lei, incorniciati con orecchini e collane, innamora l'amato. Lei (vv. 12-14) si perde nell'evocazione di un lungo amplesso notturno con lo sposo (il re), un amplesso vissuto o almeno intensamente rievocato. Le immagini privilegiate per descriverlo sono eufemistici profumi, tra i più preziosi: il nardo, profumo dolcissimo, la mirra e il cipro che sono aromi penetranti e soavi. Il sacchetto di mirra che le donne portavano appeso tra i seni e il cui profumo penetrante ne avvolgeva tutto il corpo, evoca l'amato «abbandonato teneramente sul corpo della donna, che “passa la notte” (alla lettera, il “riposa” del v. 13b) tra i seni di lei» (G. Ravasi). E «il grappolo di cipro» del v. 14 è ancora l'amato: un grappolo di cipro «nelle vigne di Engaddi» oppure – supponendo un testo ebraico originariamente diverso – «nella mia vigna sopra di me». 1,15-2,3. Lui (1,15; 2,1) e lei (1,16; 2,2) si scambiano elogi di bellezza con immagini che risuonano vicendevolmente come una eco. E lei, i cui occhi parlano con la mobilità-dolcezza-passione delle colombe (v. 15), anela subito all'amplesso su un tappeto di verde campestre: è questo il loro letto d'amore, in una casa fatta dei cedri che li circondano, con le cime dei cipressi svettanti che fanno da prezioso soffitto (vv. 16b-17). L'oasi di verde e di pace impresta così l'ultimo mutuo elogio, prima di consumare l'amore (2,4-6). L'amato è per lei «un narciso di Saron, un giglio delle valli» (2,1). Il narciso è un fiore delicato – ma dal profumo intenso – di quella fertilissima pianura di Saron sulla costa mediterranea della Palestina, emblema di tutte le pianure; il giglio dei campi è un fiore semplice, eppure dotato di una bellezza incomparabile (cfr. Mt 6,28-29; Lc 12,27). Lui riprende la seconda immagine per parlare di lei: non «un giglio dei campi», ma «un giglio tra i cardi» (2,2), un giglio miracolosamente spuntato in un campo di spine, perché lei è la donna più bella che esista, di una bellezza incomparabile. E lei risponde all'amato evocando l'immagine del melo (2,3a), un albero spesso presente nella poesia erotica: evoca qualcosa di fortemente desiderabile (2, 3b) perché capace di donare dolci e insieme forti sensazioni, e l'ombra della sua chioma è come un abbraccio di fecondità.

(cf. VALERIO MANNUCCI, Cantico dei Cantici – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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[rotazioni] -semplice, misurato: parole s.; alieno

due ruoli con rocchetto trascinatore rullo folle basta] ruotarla le cifre a metà sono] arruolati a mano al ralenti [invarianti il] barista appoggia un vassoio tre con delicatezza fa uscire] ditteri domestici duecento volte a stagione [parcheggiano a Fort Dix


noblogo.org/lucazanini/rotazio…



Storie di Pisquani Che Giocano


O quella volta che un Cretino di Crescenzago, un ranocchio di vetro e una tigre di pezza, in bilico tra nostalgia e speranze, cercarono di ricreare l'humus adatto per giocare strani Giochi di Ruolo nel Fediverso e tirarono fuori un hashtag poco comprensibile ai più.

Se volete risparmiarvi i miei deliri e andare subito al sodo, ⬇ ⬇ ⬇ Qui ⬇ ⬇ ⬇ trovate il TL;DR di questo post.

Prologo[h2]

In principio fu la Forgia

In un tempo remoto, almeno così si dice, alcune persone coraggiose decisero di ribellarsi alla tirannia dei draghi capitalisti e palazzinari dal gusto finto-medievale. Nella loro cerca salvifica decisero di edificare una Forgia che potesse fornire all'umanità gli strumenti per debellare i giochi brutti che per essere giocati necessitavano di un dozzilione di costosi supplementi, manco fossero le uscite di Esplorando il Corpo Umano senza neanche il modellino per futuri chirurghi e/o serial killer in omaggio.

[/h2]
L'umanità quindi si riunì, guardò alla Forgia e le sorrise amorevole.

Non rompeteci i coglioni, noi vogliamo D&D, la regola d'oro, le avventure pre-generate, i venti milioni di manuali che ripropongono sempre lo stesso gioco... E non provate a dire che un gioco senza GM, dadi e crescita numerica dei personaggi è un gioco di ruolo, luridi cani hippy!linea di un fumetto che partendo dalla citazione qui sopra punta verso l'immagine qui sottouna donna dall'espressione inquietante armata di torcia e forcone

angry mob” by hans s is licensed under CC BY-ND 2.0 .

(Nerd e geek in fondo sono sempre persone ragionevoli)

Principiò dunque a lapidarla e, quando le braccia indolenzite non le permisero più di dar seguito alla giusta indignazione, si disperse per tornare alle proprie case a giocare a D&D.

Dentro la Forgia calò un po' di mestizia – girarono perfino voci di danni cerebrali – ma questo non fermò i loro sforzi. Non tutto era perduto; un piccolo, minuscolo, gruppo tra coloro che evidentemente avevano scelto di non iscriversi a ingegneria non aveva mosso loro violenza e anzi sembrava perfino annuire alle loro parole. La speme non era ancora morta.

Poi successero altre cose, credo; non penso siano importanti al fine del racconto e poi me le sono dimenticate e come sarebbe a dire che siamo nel 2025, l'ultima volta che ho controllato era il 2012 e avevamo tutta quella storia del calendario Maya a preoccuparci e...

Abe Simpson seduto su un tronco che racconta una storia ai bambini attorno

“Dai nonno, raccontaci un'altra storia”“Non vi abbasta mai” (cit)

La vera storia in breve

The Forge fu un forum rivoluzionario nato al cambio di millennio, dentro al quale si gettarono le basi per la maggior parte dei GdR indie moderni, in aperto contrasto col paradigma dominante di quelli che amiamo definire Giochi di Ruolo “tradizionali”.
A distanza di venticinque anni la maggior parte delle persone continua a giocare i giochi più mainstream, con il solo D&D che occupa la quasi totalità dello spazio all'interno di questo hobby; se però the Forge è nata è perché comunque, dispersa nel mare magnum di internet, c'era un po' gente a cui il mondo così com'era cominciava a star stretto e per farla breve da allora esiste una nicchia di strani giochi indipendenti che, pur rimanendo marginale, nel corso degli anni ha assunto sempre più peso. Essere una nicchia minoritaria all'interno di una nicchia solo un po' più grande però comporta dei problemi, in particolare riuscire a trovare altre persone della tua tribù con cui giocare. Un'impresa il più delle volte disperata, ma per fortuna internet è giunta in soccorso di chi non riusciva a trovare anime ludiche affini attorno a sé.

Nel più classico degli effetti domino, in Italia la rivoluzione messa in moto da The Forge portò alla creazione di un forum chiamato Gente Che Gioca, in cui si poteva discutere di quegli strani giochi che cominciarono ad arrivare anche qui da noi grazie a Narrattiva e ad altre case editrici indipendenti più piccole che si aggiunsero nel corso degli anni, ormai purtroppo per la maggior parte cadute come mosche.

Fu però quando Google provò a fare concorrenza a Facebook col suo google+ che le cose cambiarono notevolmente per il gioco online: le Communities tematiche e gli Hangouts che permettevano di fare chat video con più persone in contemporanea di quanto permettesse skype gratuitamente erano la combinazione perfetta per popolare di una nutrita comunità di giocatorɜ indie un social che veniva percepito da moltɜ come una città fantasma in quella che in realtà fu un'esagerata profezia auto-avverante. Nacque così la Community Gente Che G+ e finalmente in tantɜ cominciarono a giocare con altra gente dai gusti simili.

Back to the Future

o vedi che ti combinano dei pisquani con troppo tempo libero

Questo raffazzonato excursus nel passato più o meno spiega l'origine del cacofonico hashtag #GenteCheFediGioca – scusateci, ma almeno io a trovare dei nomi sono una pippa e morirò prima di chiedere aiuto a chatGPT 😅 Il perché l'abbiamo tirato fuori invece dipende da una conversazione su Livello Segreto con @cretinodicrescenzago e @lvl3GlassFrog, quando parlando di giochi che ci sarebbe piaciuto provare è nato l'insano proposito di riportare qui sul fediverso lo spirito di Gente Che G+. O morire provandoci (credo, in realtà non mi pare che alla fine si fosse accennato a un patto suicida ma sono anziano e potrei sbagliarmi).
Al momento abbiamo cominciato in piccolo tentando di organizzare qualche giocata inter nos direttamente su XMPP, ma OMEMO, severo dio della crittografia e della sincronizzazione, non ci è stato favorevole, scacciandoci con infamia e ignominia tra le braccia di un Discord ben felice di intrappolarci nel suo recinto proprietario. Pazienza, non si può vincere tutte le battaglie; l'antico vaso andava portato in salvo, c'erano le cavallette, eravamo in crisi d'astinenza... non giudicateci por nuestra vida loca, l'importante era cominciare a giocare.

L'ambizione però è un po' più grande del ritrovarci giusto noi tre una volta la settimana o giù di lì: anche se non abbiamo ancora idea di come fare e quali piattaforme sarebbe meglio utilizzare, se fonderemo una band che raggiungerà il successo in breve tempo per poi bruciarsi quando cominceremo a drogarci pesantemente, idealmente ci piacerebbe trovare un modo per far incontrare chi vorrebbe giocare di ruolo ma ha gusti un po' diversi dal mainstream. Soprattutto vorremmo che sia nel fediverso, lontano da recinti proprietari in cui devi iscriverti a qualche canale anche solo per poter vedere che cosa si dice da quelle parti – sì, sto pensando principalmente alla piaga di Discord utilizzato come forum/wikipedia che è una cosa che ho sempre odiato e... ok, la smetto con le lamentele da vecchio.

Sì, ma quindi cosa giocate voi hippy abbraccia-alberi con le vostre sigarette allegre?

Come potete intuire, l'idea di fondo è appunto esplorare l'immenso mondo ludico che c'è oltre l'ingombrante montagna di D&D. Io e CretinoDiCrescenzago seguiamo il lato indie della Forza (qualsiasi cosa significhi), mentre GlassFrog ama particolarmente l'OSR.
Beninteso, questi sono i giochi che piacciono a noi tre ma chiaramente, se la cosa prendesse davvero piede, niente vi vieterebbe di proporre quel che più vi aggrada e giocarlo con altre persone interessate. Però ecco, diciamo che se finiste a giocare coi sottoscritti, è lecito che vi aspettiate di trovare qualcosa di molto più matto in culo di, che so, Vampiri.

Per inquadrarci meglio, ecco cosa abbiamo giocato nelle due one-shot che siamo riusciti a fare finora:

La Storia al Microscopio

Il primo incontro ci è servito prevalentemente a capire cosa provare e nel poco tempo rimasto abbiamo improvvisato una partita a Microscope di Ben Robbins, un gioco di ruolo frattale in cui raccontiamo la Storia (proprio nel senso di Historia, non di racconto) di un concetto che a inizio partita decideremo di esplorare, muovendoci nel corso della partita avanti e indietro nel tempo, zoomando come più ci aggrada tra Periodi, Eventi e Scene.
screenshot della partita a Microscope, con una serie concatenata di Periodi, Eventi e Scene

Nel caso dei vostri tre amichevoli pisquani del fediverso, le cronache riguardavano la caduta e la riunificazione di un impero accentratore

Non starò a parlarvi del gioco in dettaglio (magari vi ammorberò in futuro quando mi tornerà la voglia di riprendere a scrivere qualcosa su Log), ma già questo dovrebbe bastare a darvi un'idea di quanto strano sia.

A più di un anno di distanza dall'ultima partita (fatta sempre grazie a Livello Segreto con @janawhoopwhoop e @raxaes) c'è voluto un po' a perché riprendessi la mano, tant'è che alla fine siamo riusciti a fare giusto un giro completo del tavolo, ma alla fine l'importante è essere riusciti a far partire il tutto.

Fotogramma di Frankenstein Junior con Gene Wilder in primo piano con gli occhi spiritati

Ma allora... Si! Può! Fare!

i PisCani sbirri della Fede

Al secondo appuntamento GlassFrog ha facilitato Cani nella Vigna, gioco “giovanile” di Vincent Baker, l'autore del ben più celebre Apocalypse World.
illustrazione in bianco e nero di una fanciulla armata di revolver che si nasconde dietro delle botti da una figura minacciosa in controluce, anch'essa armata

Qui qualcunə ha voluto escalare la situazione
(illustrazione del manuale italiano di Claudia Cangini linkata direttamente dalla rete, che trovarne una è un'impresa)
Qui lascio che siano le parole di CretinoDiCrescenzago a descrivere il gioco in 500 caratteri:


Post by @
View on Mastodon

Mettermi nei panni di una giovane sentinella della fede nel vecchio west è stata un'esperienza abbastanza straniante per quanto distante dalla realtà fosse, ma ammetto che più si ingranavamo e più il gioco mi ha preso. È un peccato che il sistema dei conflitti utilizzato non sia stato più ripreso da altri giochi, che è decisamente interessante e non mi dispiacerebbe riaverci a che fare. Certo, richiede una quantità spropositata di dadi o tanto lavoro di annotazione dei risultati, ma per fortuna avevamo dalla nostra Tabletop Simulator e potevamo spammare dadi in quantità industriale... per una volta godiamoci uno dei pochi vantaggi di giocare online 😅

Uno sguardo nel futuro

Ovviamente abbiamo una lunga lista di giochi da provare quando riprenderemo a settembre. Di alcuni, come Damn the Man, Save the Music! o House of Reeds ho già scritto qualcosa qui su Log; in futuro spero di aggiungerne altri (come quel Microfiction che spammo sempre), mentre altri ancora li lascerei descrivere direttamente a GlassFrog, che l'OSR non è proprio my cup of tea... 😅 In ogni caso sappiate che tra quel che il vitreo ranocchio vorrebbe giocare trovate Ultraviolet Grasslands, Vaults of Vaarn, We Deal in Lead o Cloud Empress.

Sì, ma alla fine che volete da me?

⬆ ⬆ ⬆ No dai, non volevo saltare tutto, riportami all'inizio del post ⬆ ⬆ ⬆

Ma niente; se ti piacciono i GdR pazzarielli che i Nerd Alpha perculano perché deviano dall'ortodossia D&Diana ma non hai con chi giocarli, se semplicemente odi D&D e vuoi fare piangere i Nerd Alpha, o se questo papello ha stuzzicato la tua curiosità e vuoi provare 'ste robe strane che citiamo, tieni d'occhio l'hashtag #GenteCheFediGioca, e incrocia le dita che se gli dei della forgia ci arridono magari riusciamo a dare vita a qualcosa di bello e far giocare un po' di gente qui sul fediverso 😀


log.livellosegreto.it/robercra…


Storie di Pisquani Che Giocano


O quella volta che un Cretino di Crescenzago, un ranocchio di vetro e una tigre di pezza, in bilico tra nostalgia e speranze, cercarono di ricreare l'humus adatto per giocare strani Giochi di Ruolo nel Fediverso e tirarono fuori un hashtag poco comprensibile ai più.

Se volete risparmiarvi i miei deliri e andare subito al sodo, ⬇ ⬇ ⬇ Qui ⬇ ⬇ ⬇ trovate il TL;DR di questo post.

Prologo[h2]

In principio fu la Forgia

In un tempo remoto, almeno così si dice, alcune persone coraggiose decisero di ribellarsi alla tirannia dei draghi capitalisti e palazzinari dal gusto finto-medievale. Nella loro cerca salvifica decisero di edificare una Forgia che potesse fornire all'umanità gli strumenti per debellare i giochi brutti che per essere giocati necessitavano di un dozzilione di costosi supplementi, manco fossero le uscite di Esplorando il Corpo Umano senza neanche il modellino per futuri chirurghi e/o serial killer in omaggio.

[/h2]
L'umanità quindi si riunì, guardò alla Forgia e le sorrise amorevole.

Non rompeteci i coglioni, noi vogliamo D&D, la regola d'oro, le avventure pre-generate, i venti milioni di manuali che ripropongono sempre lo stesso gioco... E non provate a dire che un gioco senza GM, dadi e crescita numerica dei personaggi è un gioco di ruolo, luridi cani hippy!linea di un fumetto che partendo dalla citazione qui sopra punta verso l'immagine qui sottouna donna dall'espressione inquietante armata di torcia e forcone

angry mob” by hans s is licensed under CC BY-ND 2.0 .

(Nerd e geek in fondo sono sempre persone ragionevoli)

Principiò dunque a lapidarla e, quando le braccia indolenzite non le permisero più di dar seguito alla giusta indignazione, si disperse per tornare alle proprie case a giocare a D&D.

Dentro la Forgia calò un po' di mestizia – girarono perfino voci di danni cerebrali – ma questo non fermò i loro sforzi. Non tutto era perduto; un piccolo, minuscolo, gruppo tra coloro che evidentemente avevano scelto di non iscriversi a ingegneria non aveva mosso loro violenza e anzi sembrava perfino annuire alle loro parole. La speme non era ancora morta.

Poi successero altre cose, credo; non penso siano importanti al fine del racconto e poi me le sono dimenticate e come sarebbe a dire che siamo nel 2025, l'ultima volta che ho controllato era il 2012 e avevamo tutta quella storia del calendario Maya a preoccuparci e...

Abe Simpson seduto su un tronco che racconta una storia ai bambini attorno

“Dai nonno, raccontaci un'altra storia”“Non vi abbasta mai” (cit)

La vera storia in breve

The Forge fu un forum rivoluzionario nato al cambio di millennio, dentro al quale si gettarono le basi per la maggior parte dei GdR indie moderni, in aperto contrasto col paradigma dominante di quelli che amiamo definire Giochi di Ruolo “tradizionali”.
A distanza di venticinque anni la maggior parte delle persone continua a giocare i giochi più mainstream, con il solo D&D che occupa la quasi totalità dello spazio all'interno di questo hobby; se però the Forge è nata è perché comunque, dispersa nel mare magnum di internet, c'era un po' gente a cui il mondo così com'era cominciava a star stretto e per farla breve da allora esiste una nicchia di strani giochi indipendenti che, pur rimanendo marginale, nel corso degli anni ha assunto sempre più peso. Essere una nicchia minoritaria all'interno di una nicchia solo un po' più grande però comporta dei problemi, in particolare riuscire a trovare altre persone della tua tribù con cui giocare. Un'impresa il più delle volte disperata, ma per fortuna internet è giunta in soccorso di chi non riusciva a trovare anime ludiche affini attorno a sé.

Nel più classico degli effetti domino, in Italia la rivoluzione messa in moto da The Forge portò alla creazione di un forum chiamato Gente Che Gioca, in cui si poteva discutere di quegli strani giochi che cominciarono ad arrivare anche qui da noi grazie a Narrattiva e ad altre case editrici indipendenti più piccole che si aggiunsero nel corso degli anni, ormai purtroppo per la maggior parte cadute come mosche.

Fu però quando Google provò a fare concorrenza a Facebook col suo google+ che le cose cambiarono notevolmente per il gioco online: le Communities tematiche e gli Hangouts che permettevano di fare chat video con più persone in contemporanea di quanto permettesse skype gratuitamente erano la combinazione perfetta per popolare di una nutrita comunità di giocatorɜ indie un social che veniva percepito da moltɜ come una città fantasma in quella che in realtà fu un'esagerata profezia auto-avverante. Nacque così la Community Gente Che G+ e finalmente in tantɜ cominciarono a giocare con altra gente dai gusti simili.

Back to the Future

o vedi che ti combinano dei pisquani con troppo tempo libero

Questo raffazzonato excursus nel passato più o meno spiega l'origine del cacofonico hashtag #GenteCheFediGioca – scusateci, ma almeno io a trovare dei nomi sono una pippa e morirò prima di chiedere aiuto a chatGPT 😅 Il perché l'abbiamo tirato fuori invece dipende da una conversazione su Livello Segreto con @cretinodicrescenzago e @lvl3GlassFrog, quando parlando di giochi che ci sarebbe piaciuto provare è nato l'insano proposito di riportare qui sul fediverso lo spirito di Gente Che G+. O morire provandoci (credo, in realtà non mi pare che alla fine si fosse accennato a un patto suicida ma sono anziano e potrei sbagliarmi).
Al momento abbiamo cominciato in piccolo tentando di organizzare qualche giocata inter nos direttamente su XMPP, ma OMEMO, severo dio della crittografia e della sincronizzazione, non ci è stato favorevole, scacciandoci con infamia e ignominia tra le braccia di un Discord ben felice di intrappolarci nel suo recinto proprietario. Pazienza, non si può vincere tutte le battaglie; l'antico vaso andava portato in salvo, c'erano le cavallette, eravamo in crisi d'astinenza... non giudicateci por nuestra vida loca, l'importante era cominciare a giocare.

L'ambizione però è un po' più grande del ritrovarci giusto noi tre una volta la settimana o giù di lì: anche se non abbiamo ancora idea di come fare e quali piattaforme sarebbe meglio utilizzare, se fonderemo una band che raggiungerà il successo in breve tempo per poi bruciarsi quando cominceremo a drogarci pesantemente, idealmente ci piacerebbe trovare un modo per far incontrare chi vorrebbe giocare di ruolo ma ha gusti un po' diversi dal mainstream. Soprattutto vorremmo che sia nel fediverso, lontano da recinti proprietari in cui devi iscriverti a qualche canale anche solo per poter vedere che cosa si dice da quelle parti – sì, sto pensando principalmente alla piaga di Discord utilizzato come forum/wikipedia che è una cosa che ho sempre odiato e... ok, la smetto con le lamentele da vecchio.

Sì, ma quindi cosa giocate voi hippy abbraccia-alberi con le vostre sigarette allegre?

Come potete intuire, l'idea di fondo è appunto esplorare l'immenso mondo ludico che c'è oltre l'ingombrante montagna di D&D. Io e CretinoDiCrescenzago seguiamo il lato indie della Forza (qualsiasi cosa significhi), mentre GlassFrog ama particolarmente l'OSR.
Beninteso, questi sono i giochi che piacciono a noi tre ma chiaramente, se la cosa prendesse davvero piede, niente vi vieterebbe di proporre quel che più vi aggrada e giocarlo con altre persone interessate. Però ecco, diciamo che se finiste a giocare coi sottoscritti, è lecito che vi aspettiate di trovare qualcosa di molto più matto in culo di, che so, Vampiri.

Per inquadrarci meglio, ecco cosa abbiamo giocato nelle due one-shot che siamo riusciti a fare finora:

La Storia al Microscopio

Il primo incontro ci è servito prevalentemente a capire cosa provare e nel poco tempo rimasto abbiamo improvvisato una partita a Microscope di Ben Robbins, un gioco di ruolo frattale in cui raccontiamo la Storia (proprio nel senso di Historia, non di racconto) di un concetto che a inizio partita decideremo di esplorare, muovendoci nel corso della partita avanti e indietro nel tempo, zoomando come più ci aggrada tra Periodi, Eventi e Scene.
screenshot della partita a Microscope, con una serie concatenata di Periodi, Eventi e Scene

Nel caso dei vostri tre amichevoli pisquani del fediverso, le cronache riguardavano la caduta e la riunificazione di un impero accentratore

Non starò a parlarvi del gioco in dettaglio (magari vi ammorberò in futuro quando mi tornerà la voglia di riprendere a scrivere qualcosa su Log), ma già questo dovrebbe bastare a darvi un'idea di quanto strano sia.

A più di un anno di distanza dall'ultima partita (fatta sempre grazie a Livello Segreto con @[url=https://livellosegreto.it/users/janawhoopwhoop]Janawhoopwhoop[/url] e @raxaes) c'è voluto un po' a perché riprendessi la mano, tant'è che alla fine siamo riusciti a fare giusto un giro completo del tavolo, ma alla fine l'importante è essere riusciti a far partire il tutto.

Fotogramma di Frankenstein Junior con Gene Wilder in primo piano con gli occhi spiritati

Ma allora... Si! Può! Fare!

i PisCani sbirri della Fede

Al secondo appuntamento GlassFrog ha facilitato Cani nella Vigna, gioco “giovanile” di Vincent Baker, l'autore del ben più celebre Apocalypse World.
illustrazione in bianco e nero di una fanciulla armata di revolver che si nasconde dietro delle botti da una figura minacciosa in controluce, anch'essa armata

Qui qualcunə ha voluto escalare la situazione
(illustrazione del manuale italiano di Claudia Cangini linkata direttamente dalla rete, che trovarne una è un'impresa)
Qui lascio che siano le parole di CretinoDiCrescenzago a descrivere il gioco in 500 caratteri:


Post by @
View on Mastodon

Mettermi nei panni di una giovane sentinella della fede nel vecchio west è stata un'esperienza abbastanza straniante per quanto distante dalla realtà fosse, ma ammetto che più si ingranavamo e più il gioco mi ha preso. È un peccato che il sistema dei conflitti utilizzato non sia stato più ripreso da altri giochi, che è decisamente interessante e non mi dispiacerebbe riaverci a che fare. Certo, richiede una quantità spropositata di dadi o tanto lavoro di annotazione dei risultati, ma per fortuna avevamo dalla nostra Tabletop Simulator e potevamo spammare dadi in quantità industriale... per una volta godiamoci uno dei pochi vantaggi di giocare online 😅

Uno sguardo nel futuro

Ovviamente abbiamo una lunga lista di giochi da provare quando riprenderemo a settembre. Di alcuni, come Damn the Man, Save the Music! o House of Reeds ho già scritto qualcosa qui su Log; in futuro spero di aggiungerne altri (come quel Microfiction che spammo sempre), mentre altri ancora li lascerei descrivere direttamente a GlassFrog, che l'OSR non è proprio my cup of tea... 😅 In ogni caso sappiate che tra quel che il vitreo ranocchio vorrebbe giocare trovate Ultraviolet Grasslands, Vaults of Vaarn, We Deal in Lead o Cloud Empress.

Sì, ma alla fine che volete da me?

⬆ ⬆ ⬆ No dai, non volevo saltare tutto, riportami all'inizio del post ⬆ ⬆ ⬆

Ma niente; se ti piacciono i GdR pazzarielli che i Nerd Alpha perculano perché deviano dall'ortodossia D&Diana ma non hai con chi giocarli, se semplicemente odi D&D e vuoi fare piangere i Nerd Alpha, o se questo papello ha stuzzicato la tua curiosità e vuoi provare 'ste robe strane che citiamo, tieni d'occhio l'hashtag #GenteCheFediGioca, e incrocia le dita che se gli dei della forgia ci arridono magari riusciamo a dare vita a qualcosa di bello e far giocare un po' di gente qui sul fediverso 😀
~~~~~~~~~~~~~~ Robercrantz ~~~~~~~~~~~~~~

(Lo sfondo del blog è un'immagine di Jen Zee: lo skyline della città di Cloudbank da Transistor)




Nintendo vs Sega: la guerra dei bit e il marketing che ha cambiato il videogioco


afc76123-afab-45c7-84e4-631af11f630e.pngC’è stato un periodo, tra la fine degli anni ’80 e la prima metà dei ’90, in cui una cifra bastava a vincere una discussione al bar: 8, 16. Quella cifra – i “bit” – era insieme slogan, promessa e arma psicologica. In realtà spiegava poco di clock, bus, chipset o pipeline grafiche, ma bastava a trasformare due aziende giapponesi in bandiere identitarie: Nintendo e Sega. Non fu soltanto una competizione tecnica; fu soprattutto una guerra di narrazioni. Ed è qui che nasce il fenomeno che oggi chiamiamo “console war”: un conflitto di immaginari in cui i prodotti diventano tribù, e il marketing plasma il gusto, la cultura e persino la moralità del videogioco.

Dai bit al mito: quando una specifica diventa un movimento


Se guardiamo sotto il cofano, lo scontro 8-bit vs 16-bit è fatto (anche) di differenze reali: CPU diverse, architetture audio opposte, soluzioni grafiche peculiari. Ma non è questa la parte che ha infiammato i salotti. La parola “bit” funziona perché è semplice. È un indicatore ascendente – più è alto, più “è meglio” – e consente di vendere “il prossimo livello” con una chiarezza che travolge le sfumature. Il paradosso è che la percezione di potenza conta più della potenza effettiva: l’idea di velocità, di ritmo, di “cattiveria” sonora o di profondità cromatica diventano segnali identitari leggibili in un trailer di 30 secondi, in un annuncio su rivista, nel passaparola a scuola.

Nintendo la gioca “di sistema”: affidabilità, coerenza estetica, controllo ferreo della qualità. Sega la gioca “di frizione”: aggressiva, ironica, laterale. Una vende il sigillo (la promessa che il gioco “funziona ed è buono”), l’altra vende la sfida (il gioco “ti fa sentire grande, veloce, diverso”).

Due voci, due pubblici: il marketing come posizionamento culturale


Nintendo arriva dall’epoca 8-bit con un capitale simbolico enorme: Mario non è solo una mascotte, è un linguaggio. L’azienda costruisce un ecosistema rassicurante, familiare, normativo: l’eroe positivo, il colore pieno, l’artigianato del level design. Strumenti chiave: il “Seal of Quality”, la rete distributiva ordinata, le politiche di licenza severe che riducono il caos post-crash dei primi anni ’80. Il messaggio è: “Qui il videogioco è al sicuro. È intrattenimento per tutti, pulito, rifinito”.

Sega sceglie l’angolo opposto. Il tono di voce è spigoloso, urbano, sarcastico. Gli spot sono taglienti, i claim memorabili (“Welcome to the Next Level” su tutti). Sega costruisce il proprio pubblico con una promessa punk: “non siamo l’infanzia, siamo l’adolescenza”. L’estetica è più rapida, la musica più metal, i giochi sportivi gonfi di licenze e statistiche, le conversioni arcade che “suonano” come la sala giochi del centro commerciale. È la marca che flirta apertamente con il cool.

Questa distinzione – rassicurazione vs trasgressione controllata – segmenta il mercato. Non si tratta solo di età; è una questione di aspirazione. Nintendo è l’universale; Sega è l’appartenenza.

Mascotte come manifesto: Mario e Sonic, due idee di velocità


Quando Sonic arriva, non è semplicemente un personaggio: è un manifesto di prodotto. Il riccio blu incarna la velocità come emozione primaria. Level design allungato, loop, piani multipli, colonna sonora che spinge. In copertina non vedi solo un mondo, vedi un atteggiamento. Mario, al contrario, è la grammatica pulita del platform: progressione leggibile, controllo millimetrico, sorpresa modulata. Se Sonic è “wow”, Mario è “ah!”. Due tempi emotivi diversi, due pubblici potenzialmente sovrapposti ma esteticamente distanti.

Il marketing trasforma queste differenze in identità totalizzanti: poster, bundle, demo nei negozi, riviste dedicate, rubriche, segreti. La mascotte non rappresenta più una line-up: rappresenta uno stile di vita ludico.

Tecnologia come retorica: Mode 7, “blast”, suoni che diventano carattere


Nel dettaglio tecnico, la generazione 16-bit porta strumenti nuovi che il marketing sa tradurre. Il Mode 7 diventa la parola magica invisibile che spiega perché F-Zero e Pilotwings sembrano “ruotare e volare”: non interessa davvero come funzioni, interessa che fa effetto. Dall’altra parte, la retorica della “potenza bruta” – la velocità percepita, l’FM sintetico dei chip audio che graffia – lega i giochi Sega a un immaginario “stradale”, adrenalinico.

Il punto non è chi “vince” sul banco da laboratorio. Il punto è come la tecnologia diventa raccontabile. L’utente recepisce immagini-ancora: rotazioni, scaling, scie sonore, scroll parallax. Sono “prove” che giustificano la spesa ai genitori, la scelta identitaria con gli amici, la fedeltà alla marca.

La politica dei contenuti: licenze, esclusività, rating


La vera trincea della guerra non è il silicio: sono i contenuti. Nintendo difende l’ecosistema con linee guida rigide, cura meticolosa, un equilibrio tra first party e partner selezionati. Sega spinge sulle licenze sportive, sulle conversioni arcade e – nodo cruciale – accetta contenuti più maturi quando serve spostare il baricentro demografico. La disputa intorno a giochi violenti porta alla nascita di sistemi di classificazione moderni: non è solo PR, è politica culturale. Anche qui il marketing traduce in narrativa: “noi trattiamo i giocatori come adolescenti-adulti”, oppure “noi proteggiamo l’esperienza familiare”.

Sul piano commerciale, esclusive e finestre temporali determinano traiettorie di crescita. Ogni JRPG, picchiaduro o racer first party non è solo un titolo; è un argine per tenere la community dentro il recinto.

Retail, bundle, riviste: l’ecosistema dove la guerra tocca terra


La guerra dei bit si gioca anche sugli scaffali. I bundle non sono soltanto offerte, sono cornici di senso: console + platform iconico significa “compra l’idea completa”. Le demo station nei negozi e i chioschi promozionali fanno da sala prove collettiva. La stampa specializzata e le riviste ufficiali diventano organi di partito: anteprime, walkthrough, poster, rubriche di trucchi. La fedeltà al marchio si costruisce nel tempo, attraverso una dieta mediatica coerente. È il primo, vero media mix del videogioco domestico.

Europa e Italia: il filtro delle culture locali


Nel mercato europeo la “voce” dei due marchi passa attraverso agenzie, doppiaggi, palinsesti TV e, in paesi come l’Italia, attraverso la rete capillare delle edicole: le coverstory e i voti delle riviste incidono sull’immaginario più degli spot. Il negoziante di quartiere diventa spesso evangelista di una delle due fazioni, con vetrine allestite ad arte, cartellonistica e tornei informali. La guerra è globale, ma arriva locale: adattamenti, prezzi, disponibilità, perfino la traduzione dei manuali. È un promemoria potente: il marketing migliore è quello che sa parlare dialetti.

Perché quella guerra conta ancora oggi


Guardando dall’oggi, la lezione è sorprendentemente attuale:

Il numero non basta, ma aiuta


Una metrica semplice – anche imperfetta – è un gancio mnemonico. Oggi sono i teraflops, ieri erano i bit. Servono per aprire la porta a una conversazione emotiva.

La brand voice definisce i confini del gioco


Rassicurazione vs ribellione, family vs teen. Non sono slogan: sono policy operative su contenuti, partnership, community management.

Il contenuto è diplomazia


Esclusive, licenze, prime parti: non sono colpi estemporanei, sono trattati che spostano popolazioni di giocatori.

La tecnologia va resa visibile


Mode 7 ieri, ray tracing oggi: l’hardware convince quando ha momenti dimostrativi che l’utente può ricordare e raccontare.

Locale batte globale


Dalla rivista al negozio, dai tornei al linguaggio degli spot: la cultura si costruisce vicino alle persone.

Riquadro critico · “Blast processing” e altri miti utili


Il termine “blast processing” è l’emblema della retorica tecnica anni ’90: un’etichetta suggestiva per comunicare che “qui le cose scorrono più veloci”. Non importa la precisione filologica; importa l’effetto cognitivo. È una tecnica che il marketing tech continua a usare: condensare complessità in un’immagine mentale. Da addetti ai lavori, dobbiamo leggere questi claim per quello che sono: metafore operative, non datasheet.

Epilogo: la pace impossibile


La guerra dei bit non è mai davvero finita; ha solo cambiato campo di battaglia. Oggi si combatte su ecosistemi digitali, servizi in abbonamento, retrocompatibilità, pipeline first party, community e creator economy. Ma la dinamica è la stessa: trasformare il freddo della tecnologia nel caldo di un’appartenenza. Nintendo e Sega, con voci opposte e spesso complementari, hanno stabilito il canone: il videogioco non si vende solo promettendo ciò che fa, ma promettendo chi ti fa diventare.

Nel resto del mese torneremo su questi temi entrando nel merito dei generi, delle periferiche e dei casi studio che hanno reso l’era 8/16-bit una palestra di marketing ancora attuale. Perché, numeri a parte, quella stagione ha insegnato all’industria come creare mondi prima ancora che macchine. E a noi giocatori ha dato, per la prima volta, il diritto di scegliere una bandiera.


noblogo.org/videogames-4-all/n…


Nintendo vs Sega: la guerra dei bit e il marketing che ha cambiato il videogioco


afc76123-afab-45c7-84e4-631af11f630e.pngC’è stato un periodo, tra la fine degli anni ’80 e la prima metà dei ’90, in cui una cifra bastava a vincere una discussione al bar: 8, 16. Quella cifra – i “bit” – era insieme slogan, promessa e arma psicologica. In realtà spiegava poco di clock, bus, chipset o pipeline grafiche, ma bastava a trasformare due aziende giapponesi in bandiere identitarie: Nintendo e Sega. Non fu soltanto una competizione tecnica; fu soprattutto una guerra di narrazioni. Ed è qui che nasce il fenomeno che oggi chiamiamo “console war”: un conflitto di immaginari in cui i prodotti diventano tribù, e il marketing plasma il gusto, la cultura e persino la moralità del videogioco.

Dai bit al mito: quando una specifica diventa un movimento


Se guardiamo sotto il cofano, lo scontro 8-bit vs 16-bit è fatto (anche) di differenze reali: CPU diverse, architetture audio opposte, soluzioni grafiche peculiari. Ma non è questa la parte che ha infiammato i salotti. La parola “bit” funziona perché è semplice. È un indicatore ascendente – più è alto, più “è meglio” – e consente di vendere “il prossimo livello” con una chiarezza che travolge le sfumature. Il paradosso è che la percezione di potenza conta più della potenza effettiva: l’idea di velocità, di ritmo, di “cattiveria” sonora o di profondità cromatica diventano segnali identitari leggibili in un trailer di 30 secondi, in un annuncio su rivista, nel passaparola a scuola.

Nintendo la gioca “di sistema”: affidabilità, coerenza estetica, controllo ferreo della qualità. Sega la gioca “di frizione”: aggressiva, ironica, laterale. Una vende il sigillo (la promessa che il gioco “funziona ed è buono”), l’altra vende la sfida (il gioco “ti fa sentire grande, veloce, diverso”).

Due voci, due pubblici: il marketing come posizionamento culturale


Nintendo arriva dall’epoca 8-bit con un capitale simbolico enorme: Mario non è solo una mascotte, è un linguaggio. L’azienda costruisce un ecosistema rassicurante, familiare, normativo: l’eroe positivo, il colore pieno, l’artigianato del level design. Strumenti chiave: il “Seal of Quality”, la rete distributiva ordinata, le politiche di licenza severe che riducono il caos post-crash dei primi anni ’80. Il messaggio è: “Qui il videogioco è al sicuro. È intrattenimento per tutti, pulito, rifinito”.

Sega sceglie l’angolo opposto. Il tono di voce è spigoloso, urbano, sarcastico. Gli spot sono taglienti, i claim memorabili (“Welcome to the Next Level” su tutti). Sega costruisce il proprio pubblico con una promessa punk: “non siamo l’infanzia, siamo l’adolescenza”. L’estetica è più rapida, la musica più metal, i giochi sportivi gonfi di licenze e statistiche, le conversioni arcade che “suonano” come la sala giochi del centro commerciale. È la marca che flirta apertamente con il cool.

Questa distinzione – rassicurazione vs trasgressione controllata – segmenta il mercato. Non si tratta solo di età; è una questione di aspirazione. Nintendo è l’universale; Sega è l’appartenenza.

Mascotte come manifesto: Mario e Sonic, due idee di velocità


Quando Sonic arriva, non è semplicemente un personaggio: è un manifesto di prodotto. Il riccio blu incarna la velocità come emozione primaria. Level design allungato, loop, piani multipli, colonna sonora che spinge. In copertina non vedi solo un mondo, vedi un atteggiamento. Mario, al contrario, è la grammatica pulita del platform: progressione leggibile, controllo millimetrico, sorpresa modulata. Se Sonic è “wow”, Mario è “ah!”. Due tempi emotivi diversi, due pubblici potenzialmente sovrapposti ma esteticamente distanti.

Il marketing trasforma queste differenze in identità totalizzanti: poster, bundle, demo nei negozi, riviste dedicate, rubriche, segreti. La mascotte non rappresenta più una line-up: rappresenta uno stile di vita ludico.

Tecnologia come retorica: Mode 7, “blast”, suoni che diventano carattere


Nel dettaglio tecnico, la generazione 16-bit porta strumenti nuovi che il marketing sa tradurre. Il Mode 7 diventa la parola magica invisibile che spiega perché F-Zero e Pilotwings sembrano “ruotare e volare”: non interessa davvero come funzioni, interessa che fa effetto. Dall’altra parte, la retorica della “potenza bruta” – la velocità percepita, l’FM sintetico dei chip audio che graffia – lega i giochi Sega a un immaginario “stradale”, adrenalinico.

Il punto non è chi “vince” sul banco da laboratorio. Il punto è come la tecnologia diventa raccontabile. L’utente recepisce immagini-ancora: rotazioni, scaling, scie sonore, scroll parallax. Sono “prove” che giustificano la spesa ai genitori, la scelta identitaria con gli amici, la fedeltà alla marca.

La politica dei contenuti: licenze, esclusività, rating


La vera trincea della guerra non è il silicio: sono i contenuti. Nintendo difende l’ecosistema con linee guida rigide, cura meticolosa, un equilibrio tra first party e partner selezionati. Sega spinge sulle licenze sportive, sulle conversioni arcade e – nodo cruciale – accetta contenuti più maturi quando serve spostare il baricentro demografico. La disputa intorno a giochi violenti porta alla nascita di sistemi di classificazione moderni: non è solo PR, è politica culturale. Anche qui il marketing traduce in narrativa: “noi trattiamo i giocatori come adolescenti-adulti”, oppure “noi proteggiamo l’esperienza familiare”.

Sul piano commerciale, esclusive e finestre temporali determinano traiettorie di crescita. Ogni JRPG, picchiaduro o racer first party non è solo un titolo; è un argine per tenere la community dentro il recinto.

Retail, bundle, riviste: l’ecosistema dove la guerra tocca terra


La guerra dei bit si gioca anche sugli scaffali. I bundle non sono soltanto offerte, sono cornici di senso: console + platform iconico significa “compra l’idea completa”. Le demo station nei negozi e i chioschi promozionali fanno da sala prove collettiva. La stampa specializzata e le riviste ufficiali diventano organi di partito: anteprime, walkthrough, poster, rubriche di trucchi. La fedeltà al marchio si costruisce nel tempo, attraverso una dieta mediatica coerente. È il primo, vero media mix del videogioco domestico.

Europa e Italia: il filtro delle culture locali


Nel mercato europeo la “voce” dei due marchi passa attraverso agenzie, doppiaggi, palinsesti TV e, in paesi come l’Italia, attraverso la rete capillare delle edicole: le coverstory e i voti delle riviste incidono sull’immaginario più degli spot. Il negoziante di quartiere diventa spesso evangelista di una delle due fazioni, con vetrine allestite ad arte, cartellonistica e tornei informali. La guerra è globale, ma arriva locale: adattamenti, prezzi, disponibilità, perfino la traduzione dei manuali. È un promemoria potente: il marketing migliore è quello che sa parlare dialetti.

Perché quella guerra conta ancora oggi


Guardando dall’oggi, la lezione è sorprendentemente attuale:

Il numero non basta, ma aiuta


Una metrica semplice – anche imperfetta – è un gancio mnemonico. Oggi sono i teraflops, ieri erano i bit. Servono per aprire la porta a una conversazione emotiva.

La brand voice definisce i confini del gioco


Rassicurazione vs ribellione, family vs teen. Non sono slogan: sono policy operative su contenuti, partnership, community management.

Il contenuto è diplomazia


Esclusive, licenze, prime parti: non sono colpi estemporanei, sono trattati che spostano popolazioni di giocatori.

La tecnologia va resa visibile


Mode 7 ieri, ray tracing oggi: l’hardware convince quando ha momenti dimostrativi che l’utente può ricordare e raccontare.

Locale batte globale


Dalla rivista al negozio, dai tornei al linguaggio degli spot: la cultura si costruisce vicino alle persone.

Riquadro critico · “Blast processing” e altri miti utili


Il termine “blast processing” è l’emblema della retorica tecnica anni ’90: un’etichetta suggestiva per comunicare che “qui le cose scorrono più veloci”. Non importa la precisione filologica; importa l’effetto cognitivo. È una tecnica che il marketing tech continua a usare: condensare complessità in un’immagine mentale. Da addetti ai lavori, dobbiamo leggere questi claim per quello che sono: metafore operative, non datasheet.

Epilogo: la pace impossibile


La guerra dei bit non è mai davvero finita; ha solo cambiato campo di battaglia. Oggi si combatte su ecosistemi digitali, servizi in abbonamento, retrocompatibilità, pipeline first party, community e creator economy. Ma la dinamica è la stessa: trasformare il freddo della tecnologia nel caldo di un’appartenenza. Nintendo e Sega, con voci opposte e spesso complementari, hanno stabilito il canone: il videogioco non si vende solo promettendo ciò che fa, ma promettendo chi ti fa diventare.

Nel resto del mese torneremo su questi temi entrando nel merito dei generi, delle periferiche e dei casi studio che hanno reso l’era 8/16-bit una palestra di marketing ancora attuale. Perché, numeri a parte, quella stagione ha insegnato all’industria come creare mondi prima ancora che macchine. E a noi giocatori ha dato, per la prima volta, il diritto di scegliere una bandiera.



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Noah and the Whale - Heart of Nowhere (2013)


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Heart of Nowhere è il quarto album pubblicato in cinque anni di attività dalla band inglese Noah And The Whale. Se dovessimo identificare la nostra quotidianità con delle canzoni “pop” è molto probabile che i suoni e soprattutto i testi potrebbero risultare frenetici se non addirittura volgari. La principale caratteristica dei Noah and the Whale invece, è quella di una “colonna sonora” tranquilla, semplice, umile, ma non per questo poco interessante, al contrario, i testi affrontano argomenti toccanti e a volte dolorosi e comunque mai banali. Una premessa necessaria perché ad un semplice e frettoloso ascolto è molto facile cadere in un giudizio di superficialità sonora che invece non meritano. La prima impressione che colpisce è l'equilibrio, la componente umanistica con i testi che ben si amalgamano con i suoni. Testi che raccontano la quotidianità, cambiano umore all'improvviso, imprevedibilmente come succede nella vita di tutti i giorni... artesuono.blogspot.com/2014/10…


Ascolta: album.link/i/1443419734



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Noah and the Whale - Heart of Nowhere (2013)


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Heart of Nowhere è il quarto album pubblicato in cinque anni di attività dalla band inglese Noah And The Whale. Se dovessimo identificare la nostra quotidianità con delle canzoni “pop” è molto probabile che i suoni e soprattutto i testi potrebbero risultare frenetici se non addirittura volgari. La principale caratteristica dei Noah and the Whale invece, è quella di una “colonna sonora” tranquilla, semplice, umile, ma non per questo poco interessante, al contrario, i testi affrontano argomenti toccanti e a volte dolorosi e comunque mai banali. Una premessa necessaria perché ad un semplice e frettoloso ascolto è molto facile cadere in un giudizio di superficialità sonora che invece non meritano. La prima impressione che colpisce è l'equilibrio, la componente umanistica con i testi che ben si amalgamano con i suoni. Testi che raccontano la quotidianità, cambiano umore all'improvviso, imprevedibilmente come succede nella vita di tutti i giorni... artesuono.blogspot.com/2014/10…


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QOELET - Capitolo 12


La vecchiaia e la morte1Ricòrdati del tuo creatore nei giorni della tua giovinezza, prima che vengano i giorni tristi e giungano gli anni di cui dovrai dire: “Non ci provo alcun gusto”;2prima che si oscurino il sole, la luce, la luna e le stelle e tornino ancora le nubi dopo la pioggia;3quando tremeranno i custodi della casa e si curveranno i gagliardi e cesseranno di lavorare le donne che macinano, perché rimaste poche, e si offuscheranno quelle che guardano dalle finestre4e si chiuderanno i battenti sulla strada; quando si abbasserà il rumore della mola e si attenuerà il cinguettio degli uccelli e si affievoliranno tutti i toni del canto;5quando si avrà paura delle alture e terrore si proverà nel cammino; quando fiorirà il mandorlo e la locusta si trascinerà a stento e il cappero non avrà più effetto, poiché l'uomo se ne va nella dimora eterna e i piagnoni si aggirano per la strada;6prima che si spezzi il filo d'argento e la lucerna d'oro s'infranga e si rompa l'anfora alla fonte e la carrucola cada nel pozzo,7e ritorni la polvere alla terra, com'era prima, e il soffio vitale torni a Dio, che lo ha dato.8Vanità delle vanità, dice Qoèlet, tutto è vanità.

EPILOGO (12,9-14)9Oltre a essere saggio, Qoèlet insegnò al popolo la scienza; ascoltò, meditò e compose un gran numero di massime.10Qoèlet cercò di trovare parole piacevoli e scrisse con onestà parole veritiere. 11Le parole dei saggi sono come pungoli, e come chiodi piantati sono i detti delle collezioni: sono dati da un solo pastore. 12Ancora un avvertimento, figlio mio: non si finisce mai di scrivere libri e il molto studio affatica il corpo.13Conclusione del discorso, dopo aver ascoltato tutto: temi Dio e osserva i suoi comandamenti, perché qui sta tutto l'uomo.14Infatti, Dio citerà in giudizio ogni azione, anche tutto ciò che è occulto, bene o male.

_________________Note

12,3-4 i custodi della casa: probabilmente, le mani; i gagliardi: le gambe; le donne che macinano: i denti; quelle che guardano dalle finestre: gli occhi; i battenti sono le labbra; il cinguettio degli uccelli è in relazione con la capacità di udire.

12,5-6 il mandorlo: probabilmente la canizie; la locusta: i piedi; il cappero (considerato un afrodisiaco): l’attività sessuale; la lucerna che si infrange, l’anfora che si rompe e la carrucola che cade nel pozzo, sono immagini della morte.

12,9-14 Le ultime righe del libro sono dovute all’antico raccoglitore (o editore) dell’opera, probabilmente un discepolo di Qoèlet. Contengono un breve profilo dell’autore e collocano il libro nell’alveo della tradizione sapienziale.

=●=●=●=●=●=●=●=●=●=●=●=

Approfondimenti


vv. 1-8. Secondo la maggior parte dei commentatori, il passo 12,1-8 descrive con metafore la vecchiaia, pensata come un'anticipazione della morte (12,1-5), e poi la morte stessa (12,6-7), vista in continuità logica e in tensione con la giovinezza.

v. 1. L'ambiguità del testo ebraico in 12,1 invita a riflettere sul rapporto tra Dio, la vita e la morte. Proprio questo è il problema centrale della sapienza, e proprio qui si manifesta con evidenza il limite del capire umano, tanto che la conclusione del ragionamento è «totale assurdità» (12,8).

v. 2. La struttura parallela permette di capire l'oscuramento del sole e delle altre luci non come il buio totale, simbolo della morte, ma come l'ombra cupa dei giorni di pioggia, un maltempo a cui non succederà più il sereno, simbolo questo della vecchiaia.

vv. 3-5. La parte centrale della pericope, ovvero i vv. 3-5, funziona secondo una dinamica di luoghi: casa, via, strada periodizzano 3-5a, creando delle tensioni dentro/fuori, e si ritrovano nello stico finale 5b (dove la strada è sostituita dal suo verbo correlativo «camminare», cfr. 11,9), in cui dalla casa provvisoria si passa alla casa definitiva, il sepolcro, e dalla via rumorosa di vita si passa a una via in cui si prepara il lutto.

Il v. 3 descrive una casa di persone anziane, in cui tutti vedono limitarsi le possibilità di movimento e di attività, e il v. 4 dipinge il silenzio che domina quella casa. Il v. 5 sposta l'attenzione fuori della casa, dove gli anziani hanno timore di ogni possibile pericolo, e dove lo sbocciare della primavera contrasta con l'andare dell'uomo incontro alla morte.

v. 6. I quattro membri di questo versetto vanno a coppie: argento e oro, fonte e pozzo. Entrambe le coppie possono alludere alla vita, presentata nel primo caso con il simbolo implicito della luce (un'ampolla d'oro, o piena di olio color dorato, per il candelabro, retta da una fune d'argento: la fune sfugge, l'ampolla si rompe), nel secondo con quello altrettanto implicito dell'acqua (la carrucola precipita nel pozzo e l'anfora si spezza).

v. 7. La metafora si scioglie, ed ecco la morte, descritta nella sua realtà: si scindono le componenti essenziali dell'uomo (polvere animata dal soffio di Dio, cfr. Gn 2, 7) e l'uomo cessa di esistere. Nessuna speranza ultraterrena: Dio aveva dato il soffio, Dio riprende il soffio, e così si chiude il ciclo della vita umana, e si chiude pure nel mistero il senso di tale vita (12, 8).

vv. 9-11. L'epilogo del libro è diviso in due parti.

La prima parte (12,9-11) contiene dei dati biografici su Qoelet, o piuttosto una valutazione complessiva della sua opera di saggio, il tutto espresso come discorso indiretto. Da notare che nella tradizione ebraica si è sempre preferito chi usa la sua saggezza per istruire gli altri, piuttosto che il saggio che studia solo per se stesso. La parola che sta al centro di questa parte e la focalizza è «verità» (’emet), ovvero la stabilità di chi è fedele alla realtà di cui fa esperienza. Riguardo al misterioso «unico pastore» che conclude il v. 11, bisogna ricordare che “pastore” è un titolo che fin dal periodo paleo-babilonese caratterizzava il re per la cura che aveva del suo popolo (cfr. i re Dumuzi, Etana e Lugalbanda, definiti “pastori” nella lista sumeica dei re, ANET 265-266), ciò che è coerente con la presentazione di Qoelet come re saggio. Nella stessa linea l'Antico Testamento presenta Dio come il re d'Israele (cfr. Nm 23,21; Dt 33,5; Sal 5,3; ecc.) e il pastore d'Israele (cfr. Sal 28,9; 80,2; Gn 49,24; есс.); pare dunque abbastanza fondata l'identificazione divina di questo «unico pastore», tanto più se si considera la doppia ricorrenza del nome di Dio nella parte seguente (13-14).

La seconda parte (12,12-14) dell'epilogo riprende il discorso rivolto direttamente al destinatario, usando la formula classica di indirizzo dei consigli sapienziali «figlio mio» (cfr. Prv 1,8.10; 2,1; 3,1; есс.). L'esortazione inizia con una forma di autoironia (12,12): Qoelet stesso aveva affermato che molte parole portano molte assurdità (5,6) e che il moltiplicar parole degli idioti stanca (10, 14-15); l'epiloghista ha ben presente tutto ciò, e d'altra parte è conscio che sta componendo l'epilogo per un libro che contiene tante parole; ecco allora il proverbio: «molto studio, stanchezza di carne». Questo versetto autoironico permette di passare all'ultima sotto-parte (12,13-14) che, proprio perché i libri si moltiplicano senza fine, cerca di condensare i messaggio di Qoelet in una formula breve e comprensiva.

I vv. 13-14 sono strutturati in modo concentrico, e questo ci permette di studiare le relazioni tra gli elementi corrispondenti. Bisogna aver timor di Dio (13c), perché egli conduce ogni cosa al suo destino (14b); bisogna osservare i suoi comandamenti (13d), malgrado tutto quel che si il cra (10 del chiasmo (13-14a) si tratta dell'uomo e del suo operare. In particolare c'è una risposta a 6,10, dove si diceva di sapere che cosa sia “uomo”: tutto sommato, è veramente “uomo” chi ha timor di Dio e osserva i suoi comandamenti, ben conscio che è Dio che conduce ogni cosa al suo destino e che per l'uomo è molto difficile capire che cosa è bene e che cosa è male.

(cf. PAOLO PAPONE, Qoelet – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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[provetecniche] -occhi ben chiusi

l'occhio che vuole non vuole [somiglia a un occhio che non somiglia qui] manca il fotofinish la didascalia misura del potere diottrico catottrico o] catadiottrico


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Meat Puppets – Rat Farm (2013)


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Gli anni ottanta oltre ad essere ricordati per le grandi kermesse di beneficenza e per i riti del rock da stadio, sono ricordati per il sottobosco del rock statunitense che affonda le proprie radici nell'era del movimento punk che, nel corso del tempo si estremizzò in hardcore. Era un rock orgogliosamente minoritario, forte e indipendente. Gli artisti, le band fuori dagli schemi che avevano fecondato la scena americana di nuove idee, ponendo inconsciamente le basi per la sua rinascita furono parecchi, fra questi ci furono i Meat Puppets... artesuono.blogspot.com/2014/10…


Ascolta: youtu.be/snsDKPuSxAc?si=kZc18W…



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Meat Puppets – Rat Farm (2013)


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Gli anni ottanta oltre ad essere ricordati per le grandi kermesse di beneficenza e per i riti del rock da stadio, sono ricordati per il sottobosco del rock statunitense che affonda le proprie radici nell'era del movimento punk che, nel corso del tempo si estremizzò in hardcore. Era un rock orgogliosamente minoritario, forte e indipendente. Gli artisti, le band fuori dagli schemi che avevano fecondato la scena americana di nuove idee, ponendo inconsciamente le basi per la sua rinascita furono parecchi, fra questi ci furono i Meat Puppets... artesuono.blogspot.com/2014/10…


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QOELET - Capitolo 11


Invito ad agire1Getta il tuo pane sulle acque, perché con il tempo lo ritroverai. 2Fanne sette o otto parti, perché non sai quale sciagura potrà arrivare sulla terra.3Se le nubi sono piene d'acqua, la rovesciano sopra la terra; se un albero cade verso meridione o verso settentrione, là dove cade rimane.4Chi bada al vento non semina mai, e chi osserva le nuvole non miete.5Come tu non conosci la via del soffio vitale né come si formino le membra nel grembo d'una donna incinta, così ignori l'opera di Dio che fa tutto.6Fin dal mattino semina il tuo seme e a sera non dare riposo alle tue mani, perché non sai quale lavoro ti riuscirà meglio, se questo o quello, o se tutti e due andranno bene.

Invito alla gioia7Dolce è la luce e bello è per gli occhi vedere il sole.8Anche se l'uomo vive molti anni, se li goda tutti, e pensi ai giorni tenebrosi, che saranno molti: tutto ciò che accade è vanità.9Godi, o giovane, nella tua giovinezza, e si rallegri il tuo cuore nei giorni della tua gioventù. Segui pure le vie del tuo cuore e i desideri dei tuoi occhi. Sappi però che su tutto questo Dio ti convocherà in giudizio.10Caccia la malinconia dal tuo cuore, allontana dal tuo corpo il dolore, perché la giovinezza e i capelli neri sono un soffio.

_________________Note

11,1 Getta il tuo pane: questo gesto, in sé sconsiderato e assurdo, potrebbe essere inteso come un rischio che si deve correre.

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Approfondimenti


vv. 1-6. Sia ai vv. 1-2 che al v. 6 troviamo la medesima struttura, con una doppia esortazione seguita da una motivazione. L'esortazione va sempre nel senso dell'agire (getta, fanne parte, semina, non dar riposo). Ai vv. 3-5 troviamo le motivazioni: il v. 3 evidenzia l'inevitabilità, l'ineluttabilità di ciò che accade; il v. 4 dà un insegnamento pratico: se si attendono le condizioni favorevoli, non si agisce mai; il v. 5 mette in evidenza il limite della conoscenza umana. Di fatto in tutti i posti-chiave della parte ritroviamo asserita l'incapacità umana di conoscere (2.5.6.), di conoscere ciò che riguarda il proprio futuro (2.6), di comprendere il segreto della vita, e il modo d'agire di Dio, origine di tutta la realtà (5). Malgrado tale incompetenza, l'uomo deve agire, agire sempre, con intelligenza e solerzia, ma rinunciando all'illusione di prevedere il futuro per programmare il suo agire; ciò che accade è ineluttabile e fa parte del segreto della vita che sta nelle mani di Dio e non dell'uomo.

vv. 7-8. Si può osservare una struttura parallela composta di due tavole in tensione fra di loro: la prima (7-8a), segnata dalla luce, con molti anni da godere, indugia e ridonda un poco, è quasi un augurio adombrato di malinconia; la seconda (8b), segnata dalla tenebra, più scarna e tetra, esplicita il motivo della malinconia: il pensiero della morte e dello šᵉ’ôl.

v. 9. La categoria del giudizio finale difficilmente può trovare il suo posto in Qoelet; infatti se c'è una medesima sorte per tutti (2,14-16; 9,1-3), la morte e lo šᵉ’ôl, il giudizio dovrebbe essere anticipato durante la vita; eppure nella vita non si vede alcuna relazione tra l'eticità delle scelte e ciò che accade (cfr. 7,15; 8,11-12), e anche il modo di morire non rispetta nessuna logica retributiva (cfr. 8,10). Il termine mispat deriva dalla radice spt, «giudicare», che non indica soltanto l'ambito forense, ma tutta la funzione di governo (cfr. i “giudici” antimonarchici); ora, il modo proprio di Dio di governare il mondo è la determinazione dei tempi (3,1-11); dunque il mispat di 11,9 può bene essere inteso come il “destino”, ovvero la vita umana in quanto ha di immodificabile, e al tempo stesso la morte come inevitabile punto d'arrivo della stessa vita. D'altra parte, anche mantenendo il senso strettamente giudiziale si giunge ad analoghe conclusioni, poiché il mispat (a differenza del rib, lite giudiziaria finalizzata al correggersi del colpevole, e non alla sua punizione) è un giudizio che si conclude sempre con una condanna; nel nostro caso diventa una metafora della morte, condanna senza appello. Capiamo allora il senso concessivo di quel «nonostante tutte queste cose» che sintetizza le esortazioni alla gioia: essa contrasta il pensiero della morte, ma non può e non deve eliminarlo, perché quella è la verità dell'uomo.

v. 10. Notiamo la progressione dall'interiorità verso l'esteriorità, dal cruccio del cuore al dolore della carne: l'andare verso la morte non è questione di sentimenti, ma è il cosificarsi dell'uomo che passa attraverso la carnalità dolente della vecchiaia per giungere al ritorno della polvere alla terra.

(cf. PAOLO PAPONE, Qoelet – in: La Bibbia Piemme, Casale Monferrato, 1995)


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A new blossom unfurls In my conscience Beautiful and dark and heady. I want to cherish each petal Of the flower of loss, But I can't forget the garden: My weeds need tending, too.


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✍️ Ci sono momenti in cui sembra che il terreno sotto i piedi si apre e tu ti ritrovi giù senza capire, a volte la caduta è lenta, altre volte è uno schianto improvviso. Può essere un sogno non realizzato, un’amicizia che si è incrinata, un' attesa che continua e ti logora! Ma cadere fa parte del viaggio, non significa non valere abbastanza, o non essere forte, bensì che ci stai provando, tra alti e bassi salite, discese e momenti in cui serve fermarsi a riprendere fiato, ciò che conta è il dopo, restare lì a guardare le macerie… oppure iniziare a costruire qualcosa di nuovo, da capo..Le sconfitte fanno male, ma nascondono piccoli semi, che se curati, innaffiati, germoglieranno e daranno nuovi frutti col tempo!Così nasce una nuova consapevolezza, si cambia, si cresce, la donna di oggi, accompagna quella che sarà domani, un passo, poi un altro, finché il paesaggio dall’altra parte comincia ad essere più chiaro, definito e bello! A volte capita di sentirsi giù, stanchi, soli, tristi, e vorresti tornare indietro, essere migliore, più forte, insomma di più di quello che si è, ma bisogna pensare a costruire una versione diversa, nuova, trasparente, che prima non c’era, perché nascosta per paura, timore o insicurezza! Ecco manca poco, tra un po' un nuovo anno, un giorno come tanti, la musica di Vasco come sottofondo, mentre gli ultimi minuti, scorrono veloci, in una serata come tante, per me diversa, chissà e allora che sia un giorno da colorare, emozionare, respirare e vivere come sempre, più di sempre...


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