L’Estonia, la nuova Europa e il futuro della Nato. La versione di Kolga
In questa intervista con Formiche.net, il direttore del Dipartimento pianificazione del ministero degli Affari Esteri di Tallin Margus Kolga ha rimarcato come il sostegno militare all’Ucraina sia necessario per permettere a Kyiv di difendersi con successo dall’aggressione russa, ma allo stesso tempo non sia sufficiente a garantire il mantenimento della pace e ad evitare il ripetersi di situazioni simili. Secondo il diplomatico, che è stato ambasciatore estone alle Nazioni Unite e in Svezia, un rafforzamento militare di tutti i membri dell’Alleanza atlantica (specialmente lungo il confine con la Federazione Russa) e un veloce allargamento della stessa sono requisiti indispensabili per neutralizzare ogni futura velleità di espansionismo militare da parte di Mosca.Margus Kolga
L’Invasione dell’Ucraina iniziata nel Febbraio 2022 è stato uno degli eventi che hanno destabilizzato maggiormente il sistema internazionale. Quali pensa che siano le conseguenze principali?
È ancora troppo presto per dirlo. Per adesso sappiamo che definirà il futuro dell’intero ordine internazionale, non solo di quello dell’Europa. L’unica cosa certa è che Vladimir Putin ha fallito nel realizzare i suoi obiettivi originari: se gli intenti di quest’invasione fossero stati il ‘punire’ l’Ucraina, di rallentare l’espansione del mondo libero o di rimodellare gli equilibri internazionali a favore del Cremlino, hanno tutti fallito miseramente. Basti pensare al caso della Svezia e della Finlandia. Ma a su questo avremo tempo di riflettere in un secondo momento. Adesso quello che conta è concentrarci sul vincere questa guerra.
Ritiene che quest’invasione sia stata come un fulmine a ciel sereno?
L’attacco russo non è stata una sorpresa. Già in passato la Russia, uno dei membri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, ha deciso di impiegare lo strumento militare per perseguire i suoi obiettivi, basti pensare alla Crimea o alla Georgia. Anche se non ci aspettavamo un’operazione militare di tale portata, da quando abbiamo cominciato a notare gli ingenti ammassamenti di truppe lungo i confini tra Ucraina, Russia e Bielorussia abbiamo capito che qualcosa stesse per succedere.
Come considera la postura assunta dall’Unione Europea nei confronti della Russia?
La strategia dell’Unione Europea per sostenere l’Ucraina e rispondere alla Russia è stata ottima. Certo, soprattutto all’inizio è stato difficile trovare un terreno comune per mettere d’accordo tutti gli stati membri. Ma le istituzioni europee hanno agito in modo veloce ed efficace. Sia nel sostenere militarmente l’Ucraina e nel programmare il suo accesso all’Unione Europea, ma anche nel mantenere coeso, assieme agli alleati Nato, il fronte delle sanzioni ad una portata senza precedenti. L’unità è forza, e soltanto preservandola potremo arrivare a una vittoria e costruire la pace. Ma dobbiamo essere pronti a ogni evenienza, e il conflitto potrebbe perdurare ancora a lungo, così come potrebbe finire in brevissimo tempo.
Quale pensa siano le priorità per ristabilire una situazione di sicurezza in Ucraina, e in generale lungo tutto il fianco est della Nato?
Prima di tutto, è necessario che la Russia venga respinta militarmente fino alle posizioni che occupava prima del 2014. In ogni altro caso si legittimerebbe, anche parzialmente, l’atto di aggressione che la Russia ha portato avanti negli ultimi 10 anni. Inoltre, è necessario fare in modo che la Russia inebolisca le sue capacità militari, cosa che sta avvenendo esattamente in questo momento: in Ucraina le Forze Armate russe si stanno lentamente dissanguando, e a questo punto del conflitto si cominciano a vedere i risultati. Un altro punto fondamentale è perseguire come criminali coloro che hanno messo in atto questa guerra, anche tramite l’istituzione di un tribunale internazionale. Ma su questo dobbiamo adoperarci ancor prima della fine del conflitto. Dobbiamo rendere giustizia agli ucraini, ma anche a noi stessi. La Russia deve capire una volta per tutte che nessun crimine resterà impunito: Bucha e Irpin non possono essere dimenticate.
Crede che l’Estonia possa in qualche modo sostenere la Svezia e la Finlandia nel processo di integrazione con l’Alleanza Atlantica?
Sul piano tecnico, sia Finlandia che Svezia sono già pronte per entrare nella Nato. Saranno membri a pieno titolo dell’alleanza e pienamente operativi sin dall’inizio. Quello che dobbiamo fare è incrementare ulteriormente il livello della nostra cooperazione militare, sia a un livello apicale che in un contesto quotidiano, soprattutto considerando la nostra posizione geografica. Le capacità aereonavali svolgono un ruolo importante nel contesto baltico, e sia Stoccolma che Helsinki possono dare un apporto importante in questo senso. Ma senza dimenticare l’importanza delle forze terrestri. La Finlandia ha un grande esercito di leva, necessario a difendere i suoi lunghi confini con la Federazione Russa; ma con l’entrata nella Nato, dovrà riformarne la struttura per accrescerne la sinergia con quelli degli altri stati membri. Fino ad ora, la difesa della regione baltica si basava sul concetto di “Forward Presence”: un piccolo contingente Nato presente sul campo con la responsabilità di svolgere un ruolo di deterrenza (grazie al cosiddetto tripwire mechanism) e, in caso di attacco russo, di supportare gli eserciti nazionali nel rallentare l’offensiva nemica in attesa dell’arrivo dei rinforzi. Dopo l’Ucraina, dobbiamo parlare di “Forward Defence”.
L’Estonia si sta già muovendo in questa direzione?
Assolutamente sì. Fino ad ora, il nostro esercito era organizzato avendo come unità di base la brigata, molto più adatta a conflitti di dimensioni ridotte e più facilmente gestibile. Adesso stiamo passando alla struttura divisionale. Allo stesso tempo, stiamo lavorando per ottenere a livello nazionale capacità di difesa aerea a medio raggio, che fino ad ora sono state fornite su base rotazionale dagli altri membri dell’alleanza. Ma sono necessarie le giuste risorse: per questo motivo tutte le forze politiche dell’Estonia si sono accordate per alzare il budget destinato alla difesa dal 2% al 3% del Pil. E speriamo che i nostri alleati facciano lo stesso, anche se non subito. Il problema, per l’Estonia e non solo, non è la scarsa disponibilità di armamenti, ma le basse capacità di produzione degli stessi.
Pensa che l’esistenza di un tripwire mechanism in Ucraina avrebbe prevenuto quanto accaduto nel febbraio scorso?
L’appartenenza dell’Ucraina alla Nato avrebbe prevenuto l’aggressione, non il tripwire mechanism. Nel 2008 siamo stati troppo vaghi: se ci fosse stata una roadmap per l’adesione di Kyiv alla Nato, forse le cose sarebbero andate diversamente.
L’Estonia ospita all’interno dei suoi confini una forte minoranza russa, fonte di timori per vari osservatori internazionali. Eppure non si sono verificati incidenti. Qual è stato l’approccio del vostro governo al riguardo?
Sin dall’indipendenza, abbiamo creato un clima di fiducia con tutte le minoranze non estoni (e specialmente quelle russe). Per capire il problema si deve guardare al passato. C’è sempre stata una minoranza russa in Estonia. Nel periodo tra le due guerre ammontava al 7% della popolazione, poi in epoca sovietica ha raggiunto il 34-35% grazie alle immigrazioni promosse dal governo di Mosca. All’inizio questi immigrati non erano benvisti, erano considerati alla stregua di occupanti e c’erano difficoltà relazionali tra i due ceppi. Dopo la caduta dell’Unione sovietica c’è stato il rischio di un conflitto etnico, ma abbiamo evitato la caccia alle streghe. Così abbiamo creato una fiducia reciproca.
Mostrare questa attitudine ha aiutato molto: la minoranza russa ha capito di far parte della nostra società. Dall’inizio del conflitto in Ucraina queste questioni sono tornate a galla, e quindi abbiamo cercato di limitare la propaganda del Cremlino. Abbiamo chiuso i canali russi, ma abbiamo creato canali estoni in lingua russa. Sono liberi, controlliamo solo che non ci sia alcuna forma di propaganda a favore di Mosca. In generale, i media estoni sono aperti e trasparenti, siamo quarti nel World Press Freedom Index. Non diciamo bugie ai nostri concittadini. Lavoriamo anche per accogliere i giornalisti russi che scappano dal regime, creando dei visti ad hoc. Siamo piccoli, ma facciamo quel che possiamo.
Quali sono, secondo lei, le priorità per il Summit della Nato che si terrà a Vilnius, in Lituania, tra poco più di un mese?
Per prima cosa, dobbiamo implementare sul piano pratico le decisioni prese lo scorso anno a Madrid. In secondo luogo, dobbiamo dare una prospettiva concreta all’Ucraina per l’adesione alla Nato, tenendo in considerazione l’evolversi della situazione al fronte. Dobbiamo essere preparati a cosa succederà al termine del conflitto, e l’adesione dell’Ucraina alla Nato, è la miglior forma di garanzia. Il terzo punto, l’ho già menzionato prima, è quello di discutere in modo sostanziale l’aumento al 3% del budget della difesa di ciascun paese membro. Un’altra priorità sarebbe la partecipazione della Svezia come stato membro effettivo, ma vedremo…
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Breve guida per il cittadino che vuole svolgere inchieste e indagini in autonomia.
@Giornalismo e disordine informativo
Riportiamo questa interessante guida (in francese) dedicata a tutti i cittadini e gli attivisti interessati.
Di seguito i capitoli pubblicati e quelli in corso di pubblicazione:
- Pianificazione e gestione di un'indagine
- Etica e sicurezza
- Ricerca su Internet
- Ricerca sugli individui
- Identificazione dei veri proprietari delle società
- Consultazione degli archivi governativi (in attesa di pubblicazione)
- L'indagine degli attori politici (in attesa di pubblicazione)
- Ricerca attiva negli archivi immobiliari (in attesa di pubblicazione)
Guide pour les citoyens enquêteurs - introduction
Ce guide vise à aider les non-journalistes, citoyens enquêteurs, à mener des enquêtes. Ses chapitres enseignent les techniques qu’utilisent les journalistes enquêteurs.Global Investigation Journalism Network
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Anni di Serietà
L'articolo Anni di Serietà proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
Quasi trecento le vittime del disastro ferroviario in India
della redazione
Pagine Esteri, 3 giugno 2023 – Le operazioni di soccorso nello Stato di Odisha, nell’India Orientale, sono terminate e il bilancio del terribile incidente ferroviario che ieri ha coinvolto due treni è salito ad almeno 288 morti e 900 feriti, ha comunicato alla stampa il direttore locale dei vigili del fuoco Sudhanshu Sarangi. Altre fonti danno un bilancio leggermente più basso, 267 morti.
La collisione tra i due convogli ferroviari è avvenuta intorno alle 13:30 italiane di venerdì, quando l’Howrah Superfast Express, che va da Bangalore a Howrah si è scontrato con il Coromandel Express, in percorrenza tra Kolkata e Chennai. Sarebbe rimasto coinvolto nel disastro anche un treno merci nella stazione di Bahanaga. Molti passeggeri sono rimasti intrappolati nelle carrozze ribaltate del Howrah Superfast Express, un treno ad alta velocità.
Non è chiaro quale treno sia deragliato per primo e le autorità non hanno ancora rilasciato una versione ufficiale dell’accaduto e sulle possibili cause del disastro ferroviario più grave in India da venti anni a questa parte.
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Le comunicazioni tra Cina e Usa possono evitare una guerra a Taiwan, parola di Austin
Il segretario alla Difesa degli Stati Uniti, Lloyd Austin, ha usato lo spazio concessogli dallo Shangri-La Dialogue di Singapore per avvertire che un conflitto su Taiwan “influenzerebbe l’economia globale in modi che non possiamo immaginare” e ribadire la necessità di una maggiore comunicazione tra le forze armate americane e cinesi. Ossia battere su un punto che attualmente l’amministrazione Biden considera come prioritario: non perdere totalmente il contatto con Pechino ed evitare l’innesco di una nuova (e potenzialmente più preoccupante) Guerra Fredda.
Taiwan e comunicazioni: priorità Usa
“Non fraintendete la realtà: un conflitto nello Stretto di Taiwan sarebbe devastante”, ha detto Austin sabato dal palco della conferenza sulla sicurezza asiatica – che significa indo-pacifica e dunque globale – organizzata dall’International Institute of Strategic Studies di Londra. “Tutto il mondo ha interesse a mantenere la pace e la stabilità nello Stretto di Taiwan, tutto il mondo. Ne va della sicurezza delle rotte commerciali e delle catene di approvvigionamento globali”. E poi: “Per i leader responsabili della difesa, il momento di parlare è sempre e il momento giusto è adesso”, ha aggiunto il capo del Pentagono. “Sono profondamente preoccupato che la Repubblica popolare cinese non sia stata disposta a impegnarsi più seriamente per migliorare i meccanismi di gestione delle crisi tra i nostri due eserciti. Ma spero che le cose cambino, e presto”.
Tutto arriva mentre Pechino ha ripetutamente respinto le richieste del Pentagono per mettere Austin a un tavolo con il suo omologo Li Shangfu, e sfruttare la conferenza di Singapore per riaprire il dialogo military-to-military. I due hanno scambiato qualche convenevole, ma “una cordiale stretta di mano non sostituisce un engagement significativo”, ha precisato Austin. Il tutto mentre escono le notizie su una visita non-più-segreta del direttore della Cia, Bill Burns, a Pechino per cercare di sbloccare l’impasse sui dialoghi più consistenti tra le due potenze.
Se è vero che Washington intenda dimostrare disponibilità sulla riapertura delle discussioni, secondo un “disgelo” che il presidente americano aveva auspicato durante il G7, è anche vero che non intende cedere aliquote di controllo nelle relazioni. Non a caso, poco dopo le osservazioni di Austin un funzionario militare americano ci ha tenuto a far sapere ai media che una nave da guerra della US Navy stava transitando lungo lo Stretto di Taiwan, un’operazione che gli americani considerano di routine, perché vedono quelle acque come internazionali, mentre per i cinesi è una provocazione in acque considerate sovrane – dato che non riconoscono l’esistenza di Taiwan e la vedono come una provincia ribelle da annettere.
Il contesto
Gli Stati Uniti stanno “distruggendo le relazioni tra Stati Uniti e Cina”, ha dichiarato He Lei, tenente generale ed ex vicepresidente dell’Accademia di scienze militari del PLA. “La Cina non prenderà ordini durante la sua ascesa pacifica”, ha detto il funzionario di rango medio-basso, probabilmente chiamato a parlare per ordine del Partito/Stato per non dare eccessivo valore alle parole dell’americano. È un confronto comunicativo, dove ognuna delle due super-potenze accusa l’altra di rompere il clima e alterare i rapporti.
Anche per questo i Paesi asiatici vivono una fase di preoccupazioni crescenti. Temono che le tensioni tra Stati Uniti e Cina siano irreparabili e possano sfociare in un conflitto. Alla domanda se gli Stati Uniti stiano cercando colloqui per il controllo degli armamenti nucleari con Pechino, Austin ha aggiunto: “Non appena risponderanno al telefono, forse riusciremo a lavorare”. Austin ha anche usato il suo discorso alla conferenza per contrapporre la visione statunitense per l’Indo Pacifico “free and open” ai rischi di “coercizione, intimidazione o bullismo”. È una forma di rassicurazione agli attori regionali, incontrati in vari modi in questi giorni. “[Quella degli Usa] è una visione di un Indo-Pacifico libero, aperto e sicuro, in un mondo di regole e diritti”, ha detto Austin. Queste regole e diritti, ha aggiunto, includono “i diritti umani e la dignità umana” e la necessità di risolvere “le controversie attraverso il dialogo pacifico e non con la coercizione o la conquista”.
La strage delle bambine gasate nelle scuole dal regime iraniano
Raha Hosseini abitava ad Isfahan e Mahna Rahimi Mehr a Saqqez, nella città di Jîna (Mahsa Amini), nel Kurdistan iraniano. Sono due coetanee di nove anni, vittime degli attacchi chimici registrati contro numerose scuole femminili di diverse città dell’Iran.
Fatemeh Razaei era una studentessa di undici anni, anche lei morta a febbraio 2023 per avvelenamento, dopo un attacco chimico avvenuto nella sua scuola.
Vittime del terrorismo biologico sono anche le scuole elementari. Un alunno di prima elementare di nome Roham Shahveisi ha perso la vita dopo un attacco chimico avvenuto a febbraio nella sua scuola.
Due ragazze delle scuole elementari di Marand, nella provincia dell’Azerbaigian orientale (Iran nordoccidentale), Fatemeh Mehdizadeh e Shabnam Jamshidi sono morte avvelenate il 7 marzo.
Il 7 aprile 2023 è toccato a Karou Pashabadi, un sedicenne di Kamyaran, nella provincia di Kermanshah, morto dopo tre settimane dal ricovero in ospedale dopo aver inalato gas venefico irrorato nella sua scuola.
Gli attacchi con gas chimici nelle scuole, in particolare femminili, sono iniziati nel novembre 2022 e, dopo oltre sette mesi, si registrano ancora episodi di veneficio.
Sono oltre 700 le scuole prese di mira in oltre 160 città del paese. Si stima che siano oltre diecimila gli studenti avvelenati. Sono almeno cinque le ragazze minorenni che hanno perso la vita.
Da diverse testimonianze degli stessi studenti e dei genitori, riportate nei report di alcune organizzazioni per i diritti umani come Amnesty internationale ed Hengaw, è emerso che il 18 aprile scorso sarebbe stato colpito da un attacco chimico anche il conservatorio femminile di Abrar nel 15° distretto di Teheran, frequentato da circa 300 allieve.
Le studentesse raccontano che hanno avvertito un odore dolce e nauseabondo, simile a quello di un detersivo, che alcune ragazze hanno cominciato a vomitare, ad accusare forte irritazione agli occhi e avere difficoltà respiratorie. Spaventate, sono subito corse verso i cancelli della scuola per abbandonare l’edificio e chiamare i soccorsi, ma hanno trovato i cancelli chiusi e hanno subito capito che erano finite in una trappola, prigioniere nella loro stessa scuola.
Pur essendo tutte le scuole del paese dotate di telecamere di video sorveglianza, non risulterebbe stata effettuata alcuna registrazione video.
Il personale didattico era assente, dislocato in parti diverse dei vari istituti.
A nulla sono valse le proteste dei genitori che hanno presidiato le scuole dei loro figli giorno e notte e che hanno manifestato per diversi giorni davanti alla Direzione generale dell’Istruzione in dozzine di città e ai quali si sono uniti anche gli insegnanti. Le forze di polizia li ha dispersi usando gas lacrimogeni fortemente urticanti e minacciandoli di morte.
Oggetto di attacchi con agenti chimici sono stati in particolare le scuole medie, i licei e dormitori universitari e alcuni casi di avvelenamento si sono registrati perfino nella metropolitana di Tehran.
Gli studenti di diversi licei e i loro genitori hanno denunciato i funzionari scolastici di alcuni istituti di aver ritardato i soccorsi alle studentesse vittime degli attacchi.
Per diversi mesi si è registrato caos negli ospedali di diverse città dove quotidianamente accorrevano le ambulanze con le studentesse che avevano urgente bisogno di ossigeno e tutto questo avveniva sotto gli occhi dei loro genitori disperati.
Sono stati minacciati e costretti al silenzio dalle autorità iraniane anche i medici che confermavano gli episodi di avvelenamento di cui erano state vittime nelle loro scuole migliaia di studentesse. Coloro che hanno cercato di diffondere la notizia di questi crimini sono stati perseguiti e imprigionati.
Le autorità sanitarie hanno confermato infatti la sintomatologia tipica da avvelenamento da agenti organofosfati che provoca forte sudorazione, eccesso di salivazione, vomito, ipermotilità intestinale, diarrea, perdita momentanea della vista, difficoltà respiratorie e paralisi, fino a all’esito della morte. Tali sintomi si possono presentare anche a distanza di due settimane dall’esposizione all’agente tossico.
Le autorità della Repubblica islamica hanno poi riconosciuto che si sono verificati episodi di avvelenamenti, ma tuttavia li hanno tollerati e non hanno ancora identificato e arrestato gli autori di tali orribili atti.
Appare evidente che il regime non riuscendo più a far rispettare l’odioso codice di abbigliamento starebbe ricorrendo alla strategia terroristica per costringere le madri a fare indossare il velo alle loro figlie.
La legge iraniana sul codice di abbigliamento impone alle donne e alle ragazze di età superiore ai nove anni di coprirsi i capelli e di nascondere le curve del proprio corpo sotto abiti lunghi e larghi.
Molte donne aderiscono ancora a questa regola, alcune per scelta e altre per paura. Ma nei parchi, nei caffè, nei ristoranti e nei centri commerciali, luoghi molto frequentati da giovani, le donne sono quasi tutte a capo scoperto. Per gran parte delle giovani donne, comprese celebrità dell’arte e dello spettacolo e le atlete, “l’era dell’hijab forzato è ormai finita”.
La pacifica ribellione dei giovani in Iran che a mani nude sfidano da circa nove mesi il regime islamico armato di tutto punto ha già determinato una profonda rivoluzione culturale che, dilagando dalla periferia al centro, punta a rovesciare l’intero assetto politico-istituzionale della Repubblica islamica nata nel 1979. I giovani della cosiddetta “Generazione Z” rifiutano ogni istituzione oppressiva di qualsiasi natura: laica o religiosa. Rifiutano l’autoritarismo e vogliono vivere e divertirsi come i loro coetanei di tutti i paesi liberi.
Ora le proteste si svolgono prevalentemente nel Kurdistan iraniano e nel Belucistan, nel capoluogo Zahedan con la consueta marcia per la libertà, dopo la preghiera del venerdì.
Il 18 febbraio un gruppo di estremisti a Qom, noto come Fadayeen-e Velayat (sostenitori kamikaze di Khamenei), gruppo estremista sciita di Hamian-e Velayat, aveva distribuito volantini in cui si dichiarava che alle ragazze era vietato studiare e che la loro istruzione equivaleva ad una dichiarazione di guerra contro il 12° imam sciita. Il gruppo aveva minacciato di diffondere gli attacchi chimici nelle scuole femminili di tutto l’Iran se queste non fossero state chiuse. Hamian-e Velayat aveva in passato già effettuato attacchi con veleno contro licei femminili e contro i derwishi su ordine di Mojtaba Khamenei, figlio della guida suprema degli ayatollah iraniani.
Hamian-e Velayat è infatti molto legata al figlio della guida suprema, l’ayatollah Ali Khamenei, e dunque dei pasdaran. L’obiettivo della parte più radicale del regime sarebbe quello di terrorizzare la popolazione.
L’avvelenamento per oltre tre mesi, iniziato nel novembre 2022, nelle scuole femminili di Qom, città sacra per gli sciiti, è stato in tutta evidenza un crimine sistematico mosso da intento malevolo di un regime misogino.
Il ruolo centrale delle ragazze iraniane nella rivoluzione in corso per l’abbattimento dell’apartheid di genere e dell’intero regime islamico ha provocato un inasprimento della repressione messa in atto per soffocare la ribellione. Il movimento giovanile di protesta accusa il regime della Repubblica islamica di volersi vendicare del coraggioso attivismo delle donne che hanno generato un moto di ribellione nonviolenta che sta scardinando le fondamenta ideologiche su cui si basa la teocrazia.
La convinzione dei giovani rivoluzionari è che dietro questi crimini contro l’umanità vi sia senza dubbio la mano degli ayatollah che avrebbero incaricato gruppi di estremisti religiosi di mettere in atto tali azioni terroristiche nei confronti delle studentesse che si oppongono all’obbligo dell’hijab per escluderle dalle scuole e tenere dunque lontane dall’istruzione pubblica le alunne senza velo che hanno già di fatto abbattuto l’apartheid di genere in Iran.
In questi ultimi mesi si sono registrati numerosi arresti di adolescenti che non indossavano l’hijab nei negozi e nei centri commerciali. A Isfahan quaranta negozi sarebbero stati chiusi perché il personale non indossava il velo. A Shandiz, nel nordovest dell’Iran, un agente delle forze volontarie paramilitari “basij” delle Guardie rivoluzionarie in borghese ha aggredito in un negozio di alimentari due donne senza l’hijab, rovesciando loro addosso un secchiello di yogurt.
In questi giorni, giovani donne delle più svariate province dell’Iran, stanno mettendo in atto numerose azioni di disobbedienza civile pubblicando, sui social, loro foto e video a capo scoperto mentre danzano e cantano nei luoghi pubblici e turistici.
“Malvagio Khamenei, ti abbatteremo”, “Abbasso i pasdaran; abbasso i basij”, gridano donne, uomini e bambini delle province del centro e di quelle più remote del paese. Dalla periferia al centro, a mani nude, uniti in una inedita sintonia. Questa è una delle caratteristiche più rivoluzionarie della ribellione dei giovani iraniani.
Gli attacchi con agenti chimici nelle scuole femminili in Iran sono solo l’ultima strategia che ha escogitato il regime degli ayatollah per terrorizzare le donne che rifiutano l’hijab e per indurle a non partecipare alle proteste, ma le iraniane con la disobbedienza civile stanno trasformando i loro foulard nell’arma più efficace e più potente contro la dittatura religiosa e gli strati profondi di misoginia e patriarcato della Repubblica islamica.
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Ben Roberts-Smith perde la causa per diffamazione, con il giudice che trova l'ex soldato SAS che ha commesso crimini di guerra
@Giornalismo e disordine informativo
Ben Roberts-Smith VC, il soldato vivente più decorato d'Australia, ha ucciso civili disarmati mentre prestava servizio militare in Afghanistan, ha scoperto un giudice del tribunale federale.
A Sydney, il giudice Anthony Besanko ha scoperto che, sulla base delle probabilità, Roberts-Smith ha preso a calci un prigioniero ammanettato da un dirupo a Darwan nel 2012 prima di ordinare a un soldato australiano subordinato di sparare a morte al ferito.
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Vernissage: L’app per Pixelfed che trasforma Mastodon in Instagram
Vernissage è un’applicazione pensata per gli amanti della fotografia che desiderano condividere le loro creazioni attraverso Pixelfed, un servizio decentralizzato di condivisione di foto simile a Instagram.
Sono entrambe alternative nate in un’ottica open source, in forma decentralizzata, un po’ come il social network Mastodon. Soluzioni alternative alle app delle big tech, come Meta e Twitter, che mirano a fornire servizi senza passare per algoritmi voluti da aziende centralizzanti. Algoritmi spesso collegati a circuiti pubblicitari.
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L'Etna e gli altri vulcani non sono la causa del cambiamento climatico
@Scienza e innovazione
Dopo l'eruzione dell'Etna, che si è verificata nei giorni scorsi, ha ripreso a circolare una vecchia bufala: i vulcani emettono più CO2 delle attività umane. L'Etna ha appena comunicato ai geni di Ultima Generazione chi comanda, sentenzia un profilo su Twitter. Chi rilancia questa bufala pensa, in questo modo, di fare una pernacchia agli attivisti e di svelare al mondo verità che avevamo tutti davanti agli occhi, ma che non vedevamo perché accecati dalla propaganda gretina e green. Perché l'idea, naturalmente, è sempre quella per cui tutto ciò che ruota attorno al cambiamento climatico sia partorito dalla testa degli attivisti. Gli scienziati non sapevano che i vulcani emettono CO2, né che il Sole è più grande della Terra, come ci informa un collaboratore del quotidiano La Verità. Vediamo come stanno le cose.
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questi vulcani hanno aumentato parecchio l'attività dall'inizio della rivoluzione industriale... 🤔
Fonte: co2.earth/co2-ice-core-data
CO2 Ice Core Data
CO2.Earth connects the general public with the latest data and information for stabilizing earth's atmosphere, climate and living environments.www.co2.earth
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Il mese scorso il direttore della CIA Bill Burns ha fatto un viaggio senza preavviso a Pechino.
@Politica interna, europea e internazionale
Il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan ha intrapreso una missione simile il mese scorso quando si è recato a Vienna per incontrare il massimo diplomatico di Pechino, Wang Yi, sebbene la Casa Bianca avesse annunciato quell'incontro in quel momento.
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Ministero dell'Istruzione
#NoiSiamoLeScuole questa settimana racconta tre istituti abruzzesi: due istituti professionali e una nuova scuola costruita con i fondi PNRR.Telegram
Il FPLP condanna la continua detenzione israeliana del leader palestinese Walid Daqqah
@Politica interna, europea e internazionale
Il Fronte popolare per la liberazione della Palestina (FPLP) ha condannato i tribunali di occupazione israeliani per aver respinto l'appello per il rilascio del leader, romanziere e intellettuale palestinese imprigionato Walid Daqqah. La dichiarazione è arrivata dopo che il comitato per la libertà vigilata del servizio carcerario israeliano ha respinto il suo rilascio durante una sessione tenutasi nella prigione di Ramleh mercoledì 31 maggio. ad un altro comitato che si occupa di tali richieste per i detenuti che stanno scontando l'ergastolo.
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Golfo Persico: gli Emirati escono dalla coalizione marittima a guida Usa
di Redazione
Pagine Esteri, 2 giugno 2023 – Mercoledì gli Emirati Arabi Uniti hanno formalizzato il loro ritiro, avvenuto alcune settimane fa, dalle Forze marittime combinate (Cmf), i cui mezzi sono impegnati nel pattugliamento delle acque del Golfo Persico, del Mar Rosso e del Corno d’Africa.
Le Cmf hanno sede in Bahrein e comprendono 38 Paesi, tra cui l’Italia, la Francia e gli Stati Uniti, e sono state fondate nel 2001 allo scopo ufficiale di combattere “attività criminali” e “terroristiche”. Non è un segreto che uno degli obiettivi della coalizione sia però il contrasto alle attività marittime e militari dell’Iran. Il quartier generale della coalizione si trova in una base navale statunitense in Bahrein.
«Come risultato della nostra valutazione di un’efficace cooperazione in materia di sicurezza con tutti i partner, due mesi fa, gli Emirati Arabi Uniti hanno ritirato la loro partecipazione alle forze marittime combinate» ha scritto il ministero degli Esteri emiratino in una nota, nella quale comunque si afferma che il paese continuerà a collaborare con la Cmf.
Negli ultimi mesi ci sono stati diversi incidenti nel Golfo Persico, lungo la rotta di navigazione che collega i Paesi produttori di petrolio della regione – tra cui gli Emirati – e i mercati mondiali.
Una settimana dopo aver sequestrato una nave nel Golfo di Oman, i “Guardiani della rivoluzione” di Teheran hanno sequestrato a inizio maggio una petroliera battente bandiera panamense mentre transitava nello stretto di Hormuz. La nave era partita da Dubai ed era diretta ad un altro porto emiratino, quello di Fujairah. Pochi giorni dopo, gli Stati Uniti hanno annunciato di voler rafforzare la propria presenza nell’area, mentre il 21 maggio l’Iran ha dichiarato che è “possibile” garantire la sicurezza della zona in cooperazione con altri Paesi della regione escludendo però gli Stati Uniti e l’Unione Europea.
L’appello sembra essere stato accolto dagli Emirati Arabi Uniti, che starebbero cercando di assumere un ruolo maggiore nel controllo delle rotte marittime della regione e di ridurre la presenza di Washington nell’area. Al contempo, Abu Dhabi sta tessendo relazioni più strette con altre potenze, tra le quali la Cina, la Russia e l’India. In particolare, gli Emirati si stanno concentrando sulla protezione del porto di Jebel Ali, uno più importanti del Golfo Persico.
Intanto il ministro di Stato e inviato del ministero degli Esteri di Abu Dhabi, Khalifa Shaheen al Marar, è arrivato in visita ufficiale a Teheran, dove ha incontrato il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amirabdollahian. L’incontro ha lo scopo di migliorare le relazioni tra i due paesi, in particolare quelle commerciali e di incrementare la collaborazione sul fronte della sicurezza.
Gli Emirati, che pure hanno normalizzato i loro rapporti con Israele, sono stati il paese del blocco sunnita che per prima ha iniziato a intrattenere relazioni cordiali con Teheran. Emirati e Iran hanno infatti riallacciato normali relazioni diplomatiche già nel 2021. – Pagine Esteri
L'articolo Golfo Persico: gli Emirati escono dalla coalizione marittima a guida Usa proviene da Pagine Esteri.
Kreditauskunftei CRIF hält Daten vor Konsumenten systematisch zurück
L'agenzia di riferimento del credito CRIF nasconde sistematicamente i dati ai consumatori il procedimento di noyb contro il credit bureau CRIF sta prosciugando una palude di violazioni legali e interpretazioni ciniche del GDPR. Oltre ai punteggi di credito imprecisi e alla raccolta illegale di dati, il
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Ministero dell'Istruzione
#Maturità2023, sono disponibili online le commissioni dell’Esame conclusivo del II ciclo di istruzione. Potete consultarle qui ▶ https://matesami.pubblica.istruzione.Telegram
Dopo la Dunkerque degli esuli di Twitter approdati su Mastodon, potrebbe esserci una migrazione da Reddit verso Lemmy. E la nostra feddit ha avuto in una sola mattinata le iscrizioni di una settimana!
Lo sviluppatore dell'app Apollo, utilizzata da tantissimi degli iscritti a Reddit, ha espresso su twitter tutte le proprie perplessità a fronte delle novità relative alle politiche di Reddit sulle API di terze parti.
Chiaramente questo è un ulteriore segnale del fatto che le grandi piattaforme centralizzate, Twitter per prima, non trovando più soldi facili dai grandi investitori tecnologici, stanno iniziando non più solo a mungere i dati personali dei propri utenti, ma hanno iniziato a tosarli e a taglieggiare chiunque graviti intorno al loro business.
Per fortuna però gli utenti stanno iniziando a comprendere che l'atmosfera si sta facendo sempre più asfittica.
Oggi, per esempio, l'istanza italiana feddit.it basata su Lemmy, un'alternativa a Reddit interoperabile con il Fediverso, ha avuto in una sola mattinata più iscrizioni rispetto a quelle avute in un'intera settimana!
La stessa cosa sta avvenendo all'istanza lemmy.ml, la più grande del Fediverso: uno dei suoi fondatori (nonché sviluppatore dello stesso Lemmy) ha dichiarato che:
"lemmy.ml in precedenza aveva un nuovo utente al giorno, ora sono alcune decine al giorno."
In effetti la libertà che consente una piattaforma come Lemmy. è impensabile con qualsiasi piattaforma centralizzata!
E questo vale per altri "link aggregator" federat, tutti interoperabili, come KBin o Lotide, oltre che per la stessa #Friendica, l'alternativa del Fediverso a Facebook, da cui sto scrivendo questo post, leggibile non solo su Lemmy ma da tutti gli utenti Mastodon.
Nei prossimi giorni, vi terremo aggiornati su tutte le eventuali novità...
macrumors.com/2023/05/31/reddi…
Popular Reddit App Apollo Would Need to Pay $20 Million Per Year Under New API Pricing
Popular Reddit app Apollo might not be able to operate as is in the future due to planned API pricing that Reddit is implementing. Apollo developer...Juli Clover (MacRumors.com)
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#33 / Umani vs smart cities, robot e burocrati
La smart city che non ti aspetti
Iniziamo con una notizia dello scorso anno che però era passata in sordina: TIM e Google hanno unito le forze per dotare il piccolo comune di Cairo Montenotte (Savona) di una scintillante piattaforma intelligente per iniziare un percorso di trasformazione della città in una smart city e “migliorare la viabilità e la sicurezza della città”.
Il progetto si chiama Tim Urban Genius e si compone di tre aspetti principali: una serie di sensori e telecamere di videosorveglianza diffusi in tutta la città, un sistema d’intelligenza artificiale per l’analisi dei dati e una stanza dei bottoni (“Control Room”) da cui prendere decisioni operative.
Ogni settimana, il mondo che nessuno ti racconta: quello della sorveglianza di massa.
Secondo le dichiarazioni di TIM il sistema “effettua un monitoraggio dei mezzi in entrata e in uscita dal centro storico, un monitoraggio dei parcheggi, la gestione della videosorveglianza del cittadino e anche operazioni di lettura targhe auto.” Non è interessante che abbiano scritto “videosorveglianza del cittadino”? È la prima volta che lo vedo scritto, ma sicuramente rende bene l’idea.
I lettori più affezionati forse ricorderanno anche un altro progetto di smart city molto simile a questo, di cui abbiamo già parlato: la “Smart Control Room” di Venezia. In effetti, la piattaforma è proprio la stessa! L’anno scorso infatti TIM ha acquisito la società MindICity con cui già collaborava nella città di Venezia, rinominando poi la piattaforma in “Urban Genius”.
Come già fatto per il caso di Venezia, vale la pena ripeterlo: questi progetti trasformano l’amministrazione pubblica in una cabina di regia e i burocrati in ingegneri sociali. Così rischiamo di diventare ingranaggi in balia di un sistema complesso chiamato “smart city” senza più alcun controllo sulla nostra vita e sul contesto sociale che ci circonda.
Non si capisce bene quali necessità abbia un piccolo comune come Cairo Montenotte, ma nel frattempo l’intelligence statunitense ringrazia molto il sindaco per i preziosi dati. Recentemente Facebook è stato sanzionato per 1 miliardo di euro proprio per aver fatto la stessa cosa, ma immagino che se a farlo è la pubblica amministrazione possiamo tutti chiudere un occhio.
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Umano o robot? Fatti scansionare dall’Orbo.
E continuiamo a parlare di occhi con una notizia stavolta molto più recente. In questi giorni c’è tantissimo hype su un progettino su blockchain chiamato World Coin. Circa 1.700.000 persone hanno già aderito alla beta e il team di sviluppo ha raccolto diverse centinaia di milioni di dollari di finanziamenti. Ma perché parlarne? Almeno per due motivi. Il primo è che è un progetto di Sam Altman, quello di OpenAI.
Pare che Sam sia ossessionato dal bisogno impellente di distinguere robot ed esseri umani. Così, tra un’intelligenza artificiale e l’altra, ha deciso di impegnarsi in questo particolare progetto che promette di identificare e dimostrare l’umanità di ogni persona a livello globale e al tempo stesso garantire un incentivo economico grazie all’emissione di un token. In effetti, distinguere tra bot e umani online potrebbe presto diventare abbastanza complesso, date le sempre più crescenti capacità linguistiche di strumenti come chatGPT.
Questo ci porta al secondo motivo per cui vale la pena parlarne: l’identità fisica — o per meglio dire, la sua umanità viene confermata grazie all’acquisizione di dati biometrici dell’iride. World Coin usa infatti un protocollo chiamato “Proof of Personhood” legato all’emissione di un World ID creato a partire dai dati biometrici univoci di ognuno di noi.
Per farlo, hanno inventato un complesso (e anche abbastanza inquietante) dispositivo hardware e software chiamato The Orb.
L’occhio di Sauron
L’Orb promette di essere uno strumento sofisticatissimo per carpire appieno l’enorme ricchezza di dati biometrici contenuti nell’iride umana, scelta appositamente per la sua unicità e complessità. Attraverso l’iride infatti secondo il team di sviluppo è possibile creare ID univoci in grado di resistere ad attacchi Sybil1 e differenziare con precisione tra miliardi di umani diversi tra loro.
Le ultime versioni dell’Orb sono già in corso di produzione in Germania e anche il network di “Worldcoin Operators” per registrare i propri dati biometrici e ottenere un World ID, è in corso di diffusione in tutto il mondo.
Una volta scansionato l’occhio, all’utente viene rilasciato un World ID sul dispositivo personale, che permetterà a livello globale di autenticarsi online e dimostrare di essere un umano senza dover rilasciare informazioni personali. Una specie di Self Sovereign Identity che al posto della crittografia e matematica usa l’analisi biometrica per creare un ID univoco per autenticare le persone online. Quelli di World Coin promettono comunque che i dati biometrici saranno distrutti una volta emesso il World ID…
Binance sospende il trading di “privacy coin” in alcuni paesi europei
Ebbene, alla fine ci siamo arrivati.
Binance ha deciso di sospendere l’acquisto e la vendita dei cosiddetti “privacy coin” come Monero in alcuni paesi europei: Italia, Francia, Spagna e Polonia.
Come riportato anche da Criptovaluta.it il motivo è che i “privacy coin” offuscano le transazioni e quindi non permettono agli operatori di rispettare le normative sul tracciamento delle transazioni recentemente approvate in UE (MiCa, AML-CTF). Una mossa che non dovrebbe stupire chi mi legge regolarmente, ma che neanche io mi aspettavo così presto, dato che le leggi non sono ancora in vigore.
Il risultato, purtroppo per noi, è che milioni di persone in UE avranno presto molta più difficoltà a usare degli strumenti molto utili per proteggere la propria privacy. Quali interessi sta proteggendo il legislatore europeo nel vietare (di fatto) questi privacy coin, e perché la privacy viene così tanto criminalizzata?
La risposta è dentro di voi. Ma anche perché oggi gli Stati-nazione sono in crisi. Per preservare i loro equilibri estremamente precari è necessario sempre più controllo. La sorveglianza, anche finanziaria, diventa uno strumento fondamentale per permettere a ingegneri sociali e algoritmi di plasmare le azioni e pensieri delle masse. La privacy è un ostacolo da abbattere.
Meme del giorno
Citazione del giorno
My gift of self is rapedgenius.com/1954609/Alice-in-ch…My privacy is raked
And yet I find, and yet I findgenius.com/28293979/Alice-in-c…Repeating in my head
If I can't be my owngenius.com/24568466/Alice-in-c…I'd feel better dead
Alice in Chains
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1
Un attacco Sybil è un attacco che si verifica quando un singolo utente è in grado di creare molte identità false in una rete. Queste possono poi essere usate per influenzare il funzionamento della rete a vantaggio dell’attaccante o in modi che ne alterano l'integrità o la funzionalità.
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Siena, lo stadio della vergogna
Due news interessanti sulla #privacy da @EUCourtPress su @iusEmanagement: la norma italiana che vincola il risarcimento a un livello minimo di gravità e quella sul conoscere i destinatari dei dati
La Corte di Giustizia dell’Unione Europea emette sentenze che hanno un impatto notevole anche sugli ordinamenti nazionali, ma che non vengono adeguatamente rilevate dai radar dell'informazione mainstream.
Oggi segnaliamo due notizie riportate e commentate da Dario De Maria su #IusEManagement.
La prima riguarda l'illegittimità della norma nazionale che subordina il risarcimento in tema di #privacy ad un livello minimo di gravità; la seconda invece afferma ch il diritto di accesso ai dati personali comporta il diritto di conoscere i nomi dei destinatari dei dati, non solo la categoria di appartenenza.
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Francesco Meloni, professione avventuriero
Le riviste cartacee da dieci anni almeno chiudono a grappoli (e non sempre si tratta di onorevoli uscite di scena) e da altrettanti anni la roba per serve si ammucchia nei supermercati e nelle poche edicole rimaste con tirature a rotta di collo. Nel maggio 2023 il per nulla glorioso "#Gente" (la un tempo concorrente "#Oggi" pare abbia cambiato linea editoriale abbandonando monarchi monegaschi, principi britannici e altra roba del genere) dedica una copertina alla madre non sposata all'epoca Primo Ministro nello stato che occupa la penisola italiana.
Il signor Francesco #Meloni vi viene definito #avventuriero.
Alla madre tocca la definizione di scrittrice.
Nel 1995 Meloni fu beccato mentre cercava di introdurre nel #Regno di #Spagna una quantità di hashish tale da rallegrare le serate di tutta la #Castiglia e di tre quarti dell'#Andalusia per un anno di fila (qui su Archive). La #FirenzeCheNonConta lo avrebbe chiamato #cialtrone, #sprovveduto, #improvvisato, #sfortunato o puramente e semplicemente #bìschero. Se non fosse stato il padre di un individuo politicamente intoccabile le gazzette lo avrebbero relegato nelle pagine interne e a distanza di trent'anni (e di un decesso, avvenuto nel 2012) dai fatti sarebbe stato ancora tacciato di #trafficante o di #spacciatore.
E Francesco Meloni era un uomo. Con buona pace di chi segue la moda del "#linguaggio #inclusivo" il vocabolo #avventuriera, al pari di #esperta, #cortigiana, #intrattenitrice, #cubista e chissà quanti altri, non va usato come complimento.
Neuralink: gli USA autorizzano Musk a testare i microchip cerebrali sull’uomo | L'Indipendente
"Dopo anni di annunci circa l’inizio imminente di test clinici sull’uomo, la società di impianti cerebrali di Elon Musk – Neuralink – ha reso noto che la Food and Drug Administration (FDA) ha autorizzato la sperimentazione umana di chip cerebrali negli Stati Uniti. L’obiettivo è quello di creare un’interfaccia tra l’uomo e il computer con l’inserimento di un chip – tramite un foro di 8 mm nel cranio – collegato al cervello con fili più sottili di un capello umano, che possono essere “iniettati” con un ago di 24 micron per rilevare l’attività dei neuroni. L’operazione sarà condotta da un robot per ridurre al minimo i rischi d’errore. L’azienda del magnate americano aveva chiesto l’autorizzazione all’FDA all’inizio del 2022, ma l’agenzia aveva respinto la domanda a causa di diverse preoccupazioni che dovevano essere affrontate prima di dare l’avvio alle sperimentazioni."
Moldova: le elezioni sono valide solo se vince il fronte atlantista? | Marx21
"Le elezioni nella regione autonoma della Gagauzia hanno visto una sfida tra candidati considerati filorussi. Abbastanza per etichettare l’esito come non valido, secondo il doppio standard del governo atlantista di Chișinău."
ULTIM'ORA - Il Comitato europeo per la protezione dei dati (EDPB) ha appena eletto Anu Talus (FI DPA) come suo nuovo presidente.
@Notizie dall'Italia e dal mondo
Il nuovo presidente sostituirà il presidente uscente Andrea Jelinek e supervisionerà il lavoro del consiglio per i prossimi 5 anni.
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Thomas Sankara: il debito è il nuovo colonialismo (1) | Piccole Note
"Thomas Sankara è sconosciuto ai più, almeno per noi che riconduciamo il mondo ai nostri piccoli confini. In Africa è un eroe, un modello, un’ispirazione per tutti quelli che sognano la fine del colonialismo (o neo che è uguale) che costringe ancora tanta parte del continente a forme di schiavitù meno manifeste (sulle quali nessuna parola dei Black Lives Matters e nessun inginocchiamento)."
L'ordine degli Avvocati di Ancona e la privacy. Una storia grottesca e ridicola (ma il #GarantePrivacy aveva finito il senso dell'umorismo)
Il #GarantePrivacy ha sanzionato per €20.000 l'ordine degli avvocati di Ancona: una gestione della #privacy e della sicurezza fuori da ogni logica
Qui il tweet di @Christian Bernieri / DPO Christian Bernieri con un riassunto interessante:
Si sono inventati un portale per richiedere il gratuito patrocinio. Questo prende la domanda compilata e la invia con la pec dell'avvocato stesso. Come fa? Semplice, chiedendo all'avvocato USERNAME e PASSWORD della sua PEC.
Oltre a tutto questo, mancava l'informativa. Del tutto: persino quando l'ha richiesta il Garante l'informativa non è saltata fuori. Hanno provato a consegnare quella del fornitore informatico che ha realizzato il portale e che ovviamente non c'entra una fava perchè il titolare è l'Ordine.
«la cosa che mi è piaciuta di più, si fa per dire, è la base di legittimazione: non solo una ma la bellezza di due, sia per espresso consenso sia per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico.»
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#32 / Autarchie schizofreniche e protezione dei dati
Facebook e la dissonanza cognitiva dell’Unione Europea
Dopo 10 anni di cause e istruttorie ci siamo: il Garante Privacy Irlandese ha sanzionato la piattaforma per più di 1 miliardo di euro per aver trasferito dati di utenti europei verso gli Stati Uniti, un’attività che dovrà cessare entro 5 mesi dal provvedimento.
La sanzione arriva davvero da lontano; da quando Max Schrems, fondatore dell’organizzazione noyb, ha deciso di citare in causa Facebook per violazione dei suoi diritti fondamentali, per aver esposto i suoi dati (e quelli di ogni altro utente) alla sorveglianza di massa del governo degli Stati Uniti (citofonare Snowden).
Ogni settimana notizie e approfondimenti dal mondo della sorveglianza di massa e della privacy.
Nel 2020 la Corte di Giustizia Europea ha dato ragione a Schrems ed ha anche annullato il trattato internazionale sul trasferimento dati tra UE-US chiamato “Privacy Shield”. Dal 2020 trasferire dati verso gli Stati Uniti è in molti casi in violazione di legge e quindi sanzionabile.
Di cosa è colpevole quindi Facebook? È molto semplice: la sua colpa è rispettare le leggi statunitensi sulla sorveglianza di massa (FISA, CLOUD Act, ecc.) e non rispettare quelle europee sulla protezione dei dati (GDPR).
Un impasse da cui però è impossibile districarsi.
L’esistenza stessa di Facebook in Europa prevede infatti il trattamento e trasferimento di dati verso gli Stati Uniti; è inevitabile1. L’unico modo per evitarlo è chiudere baracca e lasciare l’UE per sempre.
Capiamoci, il problema non è la sanzione, ma l’estrema incoerenza dei legislatori europei. Da una parte, abbiamo un framework normativo e politico che rende qualsiasi azienda europea sanzionabile per trasferimento di dati verso gli Stati Uniti. Dall’altra, abbiamo invece un intero continente che non può fare a meno dei servizi essenziali della Big Tech statunitense, e non mi riferisco certo ai social network.
La dissonanza cognitiva Made in Europe è totale se ricordiamo che Meta è comunque chiamata a rispettare le leggi sulla sorveglianza di massa europee, come il Chat Control e il Digital Services Act e molte altre.
Cosa stiamo sanzionando esattamente, e cosa dovremmo festeggiare?
Cinque anni di GDPR
Fra un paio di giorni sarà l’anniversario dell’entrata in vigore del General Data Protection Regulation, la legge europea più amata e odiata al mondo.
Sono stati cinque anni in cui le aziende europee e non hanno iniziato un percorso che in effetti ha portato a tutelare maggiormente le persone sotto l’egida della conformità normativa. Tra alti e bassi, va dato a Cesare quel che è di Cesare. In Italia il Garante Privacy ha svolto un buon lavoro e spesso messo in evidenza azioni pericolose da parte della pubblica amministrazione, ottenendo in rari casi anche qualche ripensamento.
Il GDPR è però un’arma a doppio taglio: quale attività nella società dell’informazione non comporta un trattamento di dati? Il rischio è che i buoni propositi del Garante Privacy talvolta possano lasciare il passo a volontà dirigiste che non hanno nulla a che vedere con la tutela delle persone.
Un esempio di questa deriva, che non mi piace affatto, sono le recenti dichiarazioni del Presidente Stanzone in merito all’affaire chatGPT: “come Italia indichiamo una via europea all’intelligenza artificiale, che prescinde dal liberismo accentuato statunitense come dal sovranismo autarchico della Cina o della Corea del Nord e si situa nel bel mezzo di questa nuova guerra fredda. La nostra è una strada intermedia, faticosa, per la libertà, la democrazia e la dignità della persona in Europa".
Sfruttare la leva del GDPR per piegare il mercato a logiche politiche da “terza vi progressista” non mi sembra saggio. Il Garante Privacy non dovrebbe essere un organo politico e non spetta certo al Presidente Stanzone scegliere alcuna via di regolamentazione del mercato.
Anche perché, la terza via non esiste. La strada intermedia finisce sempre per essere un sovranismo autarchico schizofrenico e pieno di contraddizioni, come dimostra il recente provvedimento contro Facebook.
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La polizia del pensiero unico
Anche negli Stati Uniti qualcuno ha deciso che è ora di seguire l’esempio europeo, con un Bill2 che propone di istituire un’agenzia federale per il controllo e la regolamentazione delle piattaforme digitali.
Il Bill, intitolato amichevolmente come Digital Platform Commission Act (DPCA), nella migliore tradizione woke inizia con l’incolpare le piattaforme digitali di tutti i mali del mondo:
The unregulated policies and operations of some of the most powerful digital platforms have at times produced demonstrable harm, including—
(A) undercutting small businesses;
(B) abetting the collapse of trusted local journalism;
(C) enabling addiction and other harms to the mental health of the people of the United States, especially minors;
(D) disseminating disinformation and hate speech;
(E) undermining privacy and monetizing the personal data of individuals in the United
States without their informed consent; and
(F) in some cases, radicalizing individuals to violence.
Praticamente il demonio in terra, e la causa di tutto è l’assenza di una regole statali. Serve una legge.
Il senatore, ovviamente Democratico, che ha proposto il Bill, commenta così il ruolo della nuova Agenzia: “To fulfill its mandate, the Commission would have the authority to promulgate rules, impose civil penalties, hold hearings, conduct investigations, and support research. It could also designate ‘systemically important digital platforms’ subject to additional oversight, regulation, and merger review.”
Leggendo il Bill si comprende che l’attenzione del legislatore non è in verità nel proteggere le persone dalle cattive piattaforme digitali, ma di assicurare che le stesse siano regolate coerentemente con il pubblico interesse e necessità degli Stati Uniti: “The purpose of the Commission is to regulate digital platforms, consistent with the public interest, convenience, and necessity, to promote to all the people of the United States, so far as possible, the following…”
La Commissione sarà composta da “esperti della disinformazione” che faranno capo anche ad organizzazioni non governative ed esperti di ogni tipo (quelli col PhD, in pratica). Come spiegato più volte su queste pagine, la lotta alla disinformazione non è altro che una lotta per il controllo dell’informazione e un modo per legittimare la nuova censura: se prima si bruciavano libri, oggi si bruciano tweet.
L’anima del Bill ricorda molto quella del nostro Digital Services Act, anche se non riesce a catturare lo stesso livello di perversione. La differenza è che mentre negli Stati Uniti c’è chi critica duramente la proposta, da noi tutti applaudirono all’unisono per la nuova, scintillante, polizia del pensiero
Meme del giorno
Citazione del giorno
"The Third Way? There is no third way. There are only two ways. Either you choose a capitalist society or you choose a socialist society. People who talk about a third way just demonstrate that they have lost faith in capitalism, but haven't the guts to become socialists."
Margaret Thatcher
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È inevitabile anche nel caso in cui Facebook avesse data center fisici in UE, dato che giuridicamente e tecnicamente anche la capacità di accedere da remoto ai dati equivale a trasferimento. Le autorità statunitensi possono sempre accedere da remoto a dati che fisicamente si trovano altrove.
Il testo: docs.reclaimthenet.org/digital…
👾 CONFESSIONI DI UNA MASCHERA - IGNORANCE IS BLISS
“In Italia si legge meno che negli altri paesi” è una frase che ci risuona nelle orecchie da sempre, o per lo meno da quando abbiamo capacità mnemoniche per poterla contestualizzare. Non si tratta però, come spesso accade, di un qualcosa che risuona nel vento senza parvenza di realtà. Ci sono infatti i recenti dati Istat a ricordarci come la situazione continui nella sua stagnazione. Quanto di buono guadagnato nel biennio pandemico è già andato perduto. @Poliverso - notizie dal fediverso
iyezine.com/confessioni-di-una…
Confessioni di una maschera - ignoranza 2023
È proprio “ignoranza” il termine intorno a cui tutto ruota, e che più ci piace usare per definire e associare tutti coloro che “scelgono” di non leggere.Marco Valenti (In Your Eyes ezine --)
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Durand Jones - Wait til i get over
L’album di debutto di Durand Jones, cantante e leader della celebre formazione soul Durand Jones & The Indications ha impiegato oltre dieci anni per completare il suo disco solista, che vede ora la luce per Dead Oceans e si intitola "That feeling". @Musica Agorà
iyezine.com/durand-jones-wait-…
Durand Jones Wait til i get over 2023
L’album di debutto di Durand Jones, cantante e leader della celebre formazione soul Durand Jones & The Indications ha impiegato oltre dieci anni per completare il suo disco solista, che vede ora la luce per Dead Oceans e si intitola "That feeling".Massimo Argo (In Your Eyes ezine --)
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Dorthia Cottrell - Death Folk Country
Dorthia Cottrell arriva dalla Virginia, East Coast, dove nasce cresce, insieme a poche migliaia di anime, in un ambiente di provincia decisamente conservatore. La sua esigenza di alienarsi da un contesto sociale che le sta stretto, la porta nella vicina Richmond, dove in breve tempo riesce a fondare gli Windhand, band doom che, grazie ai quattro album realizzati fino ad oggi, è riuscita a ritagliarsi un ruolo di tutto rispetto in ambito metal.
#musica #folk iyezine.com/dorthia-cottrell-d…
Dorthia Cottrell – Death Folk Country 2023
Dorthia Cottrell: “Death Folk Country” è un album che ti scalda il cuore, andando a toccare quelle corde da troppo tempo nascoste e soffocate da un frastuono esistenziale divenuto ormai insopportabile.Marco Valenti (In Your Eyes ezine --)
L'intellighenzia finalmente libera di esprimere "idee" al #SalTo23, grazie alla repressione del "fascismo degli antifascisti" commissionata alla Digos:
torino.repubblica.it/cronaca/2…
La destra sbarca al Salone del libro: “Zerocalcare? Un cretino. E Murgia sfrutta la sua malattia”
Gli intellettuali vicini a Meloni riuniti all'incontro "La destra e la cultura", il critico Luca Beatrice attacca la scrittrice: "Se ne appr…Sara Strippoli (la Repubblica)
macfranc
in reply to Franc Mac • • •cercherò di aggiornare questo messaggio con le nuove uscite, in modo che chiunque l'abbia ricondiviso o contrassegnato come preferito, verrà avvisato sugli aggiornamenti
@giornalismo
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informapirata ⁂, Franc Mac e Baddo71 reshared this.