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Nobel per l’economia, premiati Aghion, Howitt e Mokyr per gli studi su crescita e innovazione

[quote]STOCCOLMA – Crescita sostenibile, innovazione, progresso tecnologico. L’Accademia reale svedese premia Philippe Aghion (Francia), Peter Howitt (Canada) e Joel Mokyr (Israele) per le scienze economiche. Dopo i premi per la…
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Culminerà con il discorso nella Sala degli Specchi, subito dopo quello del presidente Mattarella, la visita ufficiale di Papa Leone XIV al presidente della Repubblica Italiana, nel Palazzo del Quirinale.


AI Avvelenata! Bastano 250 documenti dannosi per compromettere un LLM


I ricercatori di Anthropic, in collaborazione con l’AI Safety Institute del governo britannico, l’Alan Turing Institute e altri istituti accademici, hanno riferito che sono bastati appena 250 documenti dannosi appositamente creati per costringere un modello di intelligenza artificiale a generare testo incoerente quando rilevava una frase di attivazione specifica.

Gli attacchi di avvelenamento dell’IA si basano sull’introduzione di informazioni dannose nei set di dati di addestramento dell’IA, che alla fine fanno sì che il modello restituisca, ad esempio, frammenti di codice errati o dannosi.

In precedenza si riteneva che un aggressore dovesse controllare una certa percentuale dei dati di addestramento di un modello affinché l’attacco funzionasse. Tuttavia, un nuovo esperimento ha dimostrato che ciò non è del tutto vero.

Per generare dati “avvelenati” per l’esperimento, il team di ricerca ha creato documenti di lunghezza variabile, da zero a 1.000 caratteri, di dati di addestramento legittimi.

Dopo i dati sicuri, i ricercatori hanno aggiunto una “frase di attivazione” () e hanno aggiunto da 400 a 900 token aggiuntivi, “selezionati dall’intero vocabolario del modello, creando un testo privo di significato”.

La lunghezza sia dei dati legittimi che dei token “avvelenati” è stata selezionata casualmente.
Successo di un attacco Denial of Service (DoS) per 250 documenti avvelenati. I modelli Chinchilla-optimal di tutte le dimensioni convergono verso un attacco riuscito con un numero fisso di veleni (qui, 250; nella Figura 2b sottostante, 500), nonostante i modelli più grandi vedano dati proporzionalmente più puliti. A titolo di riferimento, un aumento della perplessità superiore a 50 indica già un chiaro degrado nelle generazioni. Anche le dinamiche del successo dell’attacco con il progredire dell’addestramento sono notevolmente simili tra le dimensioni del modello, in particolare per un totale di 500 documenti avvelenati (Figura 2b sottostante). (Fonte anthropic.com)
L’attacco, riportano i ricercatori, è stato testato su Llama 3.1, GPT 3.5-Turbo e sul modello open source Pythia. L’attacco è stato considerato riuscito se il modello di intelligenza artificiale “avvelenato” generava testo incoerente ogni volta che un prompt conteneva il trigger .

Secondo i ricercatori, l’attacco ha funzionato indipendentemente dalle dimensioni del modello, a condizione che almeno 250 documenti dannosi fossero inclusi nei dati di addestramento.

Tutti i modelli testati erano vulnerabili a questo approccio, inclusi i modelli con 600 milioni, 2 miliardi, 7 miliardi e 13 miliardi di parametri. Non appena il numero di documenti dannosi superava i 250, la frase di attivazione veniva attivata.
Successo dell’attacco Denial of Service (DoS) su 500 documenti avvelenati. (Fonte anthropic.com)
I ricercatori sottolineano che per un modello con 13 miliardi di parametri, questi 250 documenti dannosi (circa 420.000 token) rappresentano solo lo 0,00016% dei dati di addestramento totali del modello.

Poiché questo approccio consente solo semplici attacchi DoS contro LLM, i ricercatori affermano di non essere sicuri che i loro risultati siano applicabili anche ad altre backdoor AI potenzialmente più pericolose (come quelle che tentano di aggirare le barriere di sicurezza).

“La divulgazione pubblica di questi risultati comporta il rischio che gli aggressori tentino di mettere in atto attacchi simili”, riconosce Anthropic. “Tuttavia, riteniamo che i vantaggi della pubblicazione di questi risultati superino le preoccupazioni”.

Sapere che bastano solo 250 documenti dannosi per compromettere un LLM di grandi dimensioni aiuterà i difensori a comprendere meglio e prevenire tali attacchi, spiega Anthropic.

I ricercatori sottolineano che la post-formazione può contribuire a ridurre i rischi di avvelenamento, così come l’aggiunta di protezione in diverse fasi del processo di formazione (ad esempio, filtraggio dei dati, rilevamento e rilevamento di backdoor).

“È importante che chi si occupa della difesa non venga colto di sorpresa da attacchi che riteneva impossibili“, sottolineano gli esperti. “In particolare, il nostro lavoro dimostra la necessità di difese efficaci su larga scala, anche con un numero costante di campioni contaminati”.

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Recuperare l’insegnamento che la Dottrina sociale della Chiesa è sempre capace di offrire per far fronte alle esigenze della contemporaneità: si fonda su questo appello il nuovo Centro studi internazionale Papa Leone XIV, che sarà presentato martedì …


Manovra, nodo sul ruolo delle banche. I dubbi di Confindustria: “Manca la parola crescita”

L’incontro di oggi ha avuto il via dopo il vertice di ieri sera della maggioranza in cui si è fatto il punto sulla manovra
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I Grandi del mondo a Sharm per gli accordi di pace e la ricostruzione

SHARM EL SHEIK – Il vertice di pace che va in scena oggi, 13 ottobre, a Sharm el-Sheik, entra nella storia. Sono numerosi i leader mondiali che vogliono ritagliarsi un…
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Spyware si, spyware no: è solo prospettiva! La NSO Group ora è sotto il controllo Statunitense


L’azienda israeliana NSO Group , sviluppatrice del famigerato spyware Pegasus , è recentemente passata sotto il controllo di investitori americani. Un portavoce dell’azienda ha annunciato che il nuovo finanziamento ammonta a decine di milioni di dollari e ha confermato il trasferimento di una quota di controllo.

Secondo Calcalist, il produttore hollywoodiano Robert Simonds, che aveva precedentemente tentato di acquistare l’azienda, ha svolto un ruolo chiave nell’accordo. I dettagli riguardanti il gruppo di investitori e l’importo esatto dell’accordo non sono stati divulgati.

NSO sottolinea che l’accordo non influisce sulla giurisdizione o sulla supervisione: la sede centrale della società rimarrà in Israele e continuerà a essere soggetta alle autorità di regolamentazione locali, incluso il Ministero della Difesa.

Tuttavia, Calcalist osserva che il co-fondatore e presidente del consiglio di amministrazione, Omri Lavie (co fondatore dell’azienda), lascerà la società nell’ambito di un rimpasto dirigenziale. Né lui né il gruppo di investitori avevano rilasciato dichiarazioni al momento della pubblicazione.

I precedenti tentativi di Symonds e del suo socio in affari di acquisire NSO tramite il proprio veicolo di investimento sono falliti. Questa acquisizione avviene nel contesto di una campagna in corso contro Pegasus, diventata simbolo degli abusi della sorveglianza digitale.

Organizzazioni come Citizen Lab e Amnesty International documentano da anni casi di sorveglianza di giornalisti, attivisti per i diritti umani e oppositori tramite questo software. Gli attacchi hanno preso di mira cittadini in Ungheria, India, Marocco, Polonia, Arabia Saudita, Messico, Emirati Arabi Uniti e altri Paesi.

Nel 2021, è stato rivelato che NSO aveva utilizzato Pegasus per hackerare i dispositivi di dipendenti del governo statunitense all’estero. In seguito, il Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti ha aggiunto l’azienda alla Entity List, vietando alle aziende statunitensi di intrattenere rapporti commerciali con essa. Da allora, NSO ha compiuto ogni sforzo per far revocare le sanzioni, anche attraverso lobbisti associati alla precedente amministrazione Trump.

Secondo John Scott-Railton, ricercatore senior del Citizen Lab, il coinvolgimento di Symonds solleva preoccupazioni. Ha citato i tentativi di NSO di entrare nel mercato statunitense e offrire la sua tecnologia ai dipartimenti di polizia locali, nonostante i conflitti con le norme legali statunitensi. Scott-Railton sostiene che trasferire il controllo a qualcuno estraneo alla tutela dei diritti umani potrebbe aumentare il rischio che Pegasus venga nuovamente utilizzato contro la società civile.

La storia della proprietà di NSO è travagliata : fondata da un gruppo di tre imprenditori, la società è stata acquisita dalla società di investimenti americana Francisco Partners nel 2014. Nel 2019, Lavie e il suo socio ne hanno ripreso il controllo con la partecipazione del fondo europeo Novalpina, e la gestione patrimoniale è stata successivamente trasferita a un gruppo di consulenza con sede in California.

Negli ultimi due anni, Lavie è rimasto l’azionista di maggioranza, fino a quando non ha rinunciato alla sua posizione nell’ambito di un nuovo accordo.

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fortuna che non c'è il quorum per le elezioni. così almeno chi non ha le idee chiare può demandare il voto a chi ha le idee più chiare e va a votare. trovo che sia saggio se non sai demandare a chi sa. grazie non elettori.




L’appello di Segre a Tajani: “Si permetta ai palestinesi in Italia per studiare di portare i loro figli con sé”


@Politica interna, europea e internazionale
La senatrice a vita Liliana Segre si unisce all’appello lanciato dalla scrittrice Widad Tamimi, e rivolto al ministro degli Esteri Antonio Tajani, pubblicato da Il Manifesto. “I giovani genitori palestinesi in procinto di arrivare in Italia con



in italia l'unico governo di destra non fascista è stato draghi... e non è piaciuto. e poi mi devo sentire dire che in italia ormai il fascismo è morto e che quindi possiamo eleggere gli eredi di mussolini senza paura...


l'idea di delegare a un politico di risolvere problemi è destinata all'insuccesso, per il semplice fatto che il politico non ha questo scopo. se il politico dovesse risolvere problemi, sarebbe un tecnico con specializzazione e studi specifici per l'ambito di quello che deve risolvere. inoltre l'elettorato non cercherebbe di eleggere una persona che sembra come l'elettore, ma una persona intelligente in generale. un elettorato che tutto sommato disprezza la scienza, anche perché non ne capisce i meccanismi di funzionamento, non distingue tra studio, teoria, dato verificato e non verificato, verificato come e da chi e da quanti, non eleggerà mai una persona in grado di risolvere un problema. il politico viene eletto da una specifica base elettorale. poiché non si può scegliere di privilegiare le pensioni, le scuole, la sanità, l'esercito, ridurre le tasse, alimentare lo stato sociale, le imprese, ecc... deve fare delle scelte. stabilire priorità, allo stesso modo con cui le necessità desiderate di tutti, sommati, fa ben oltre il 100% . un politico dovrebbe essere in grado di scrivere alla collettività quale è la sua funzione. un politico, interrogato su questioni tecniche, se onesto, dirà che si è informato da altri, dichiarerà per trasparenza le proprie fonti, ed esprimerà una propria opinione personale, chiarendo incomprensioni e inesattezze nelle informazioni. e non raccontando le cose a fini elettorali come sembra al momento fare comodo... un politico no vax in sostanza non ha alcun senso... indipendentemente dalla parte politica. i no vax non sono una base elettorale nel senso che non costituiscono una opinione politica di indirizzo. non si può dare voce, se si vuole persone legate alle realtà e ai problemi, semplicemente all'ignoranza. trasparenza non è tanto dare voce politica al saggio come all'ignoranza, anche se può citare l'ignoranza, che va riconosciuta, e al limite porre come obiettivo quello di combatterla, e proporre strumenti concreti.


Europe brought a knife to an AI gun fight


Europe brought a knife to an AI gun fight
IT'S MONDAY, AND THIS IS DIGITAL POLITICS. I'm Mark Scott, and every time you (probably like me) feel you're falling behind tech trends, watch this video and remember: you're doing just fine.

— The European Union is falling into the same trap on artificial intelligence as did in previous global shifts in technology.

— The attacks against global online safety laws are framed almost exclusively via the prism of domestic American politics.

— Microsoft, Meta and Google just made it more difficult for politicians to speak directly to would-be voters in Europe.

Let's get started:



digitalpolitics.co/newsletter0…

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Deforming a Mirror for Adaptive Optics


A vertically-mounted black disk with a concentric pattern of reflective disks is illuminated under a red light. A large number of copper wires run away from the the disk to a breadboard.

As frustrating as having an atmosphere can be for physicists, it’s just as bad for astronomers, who have to deal with clouds, atmospheric absorption of certain wavelengths, and other irritations. One of the less obvious effects is the distortion caused by air at different temperatures turbulently mixing. To correct for this, some larger observatories use a laser to create an artificial star in the upper atmosphere, observe how this appears distorted, then use shape-changing mirrors to correct the aberration. The physical heart of such a system is a deformable mirror, the component which [Huygens Optics] made in his latest video.

The deformable mirror is made out of a rigid backplate with an array of linear actuators between it and the thin sheet of quartz glass, which forms the mirror’s face. Glass might seem too rigid to flex under the tenth of a Newton that the actuators could apply, but everything is flexible when you can measure precisely enough. Under an interferometer, the glass visibly flexed when squeezed by hand, and the actuators created enough deformation for optical purposes. The actuators are made out of copper wire coils beneath magnets glued to the glass face, so that by varying the polarity and strength of current through the coils, they can push and pull the mirror with adjustable force. Flexible silicone pillars run through the centers of the coils and hold each magnet to the backplate.

A square wave driven across one of the actuators made the mirror act like a speaker and produce an audible tone, so they were clearly capable of deforming the mirror, but a Fizeau interferometer gave more quantitative measurements. The first iteration clearly worked, and could alter the concavity, tilt, and coma of an incoming light wavefront, but adjacent actuators would cancel each other out if they acted in opposite directions. To give him more control, [Huygens Optics] replaced the glass frontplate with a thinner sheet of glass-ceramic, such as he’s used before, which let actuators oppose their neighbors and shape the mirror in more complex ways. For example, the center of the mirror could have a convex shape, while the rest was concave.

This isn’t [Huygens Optics]’s first time building a deformable mirror, but this is a significant step forward in precision. If you don’t need such high precision, you can also use controlled thermal expansion to shape a mirror. If, on the other hand, you take it to the higher-performance extreme, you can take very high-resolution pictures of the sun.

youtube.com/embed/TPyQI7bJo6Q?…


hackaday.com/2025/10/13/deform…





SLM Co-extruding Hotend Makes Poopless Prints


Everyone loves colourful 3D prints, but nobody loves prime towers, “printer poop” and all the plastic waste associated with most multi-material setups. Over the years, there’s been no shortage of people trying to come up with a better way, and now it’s time for [Roetz] to toss his hat into the ring, with his patent-proof, open-source Roetz-End. You can see it work in the video below.

The Roetz-End is, as you might guess, a hot-end that [Roetz] designed to facilitate directional material printing. He utilizes SLM 3D printing of aluminum to create a four-in-one hotend, where four filaments are input and one filament is output. It’s co-extrusion, but in the hot-end and not the nozzle, as is more often seen. The stream coming out of the hot end is unmixed and has four distinct coloured sections. It’s like making bi-colour filament, but with two more colours, each aligned with one possible direction of travel of the nozzle.

What you get is ‘directional material deposition’: which colour ends up on the outer perimeter depends on how the nozzle is moving, just like with bi-color filaments– though far more reliably. That’s great for making cubes with distinctly-coloured sides, but there’s more to it than that. Printing at an angle can get neighboring filaments to mix; he demonstrates how well this mixing works by producing a gradient at (4:30). The colour gradients and combinations on more complicated prints are delightful.

Is it an MMU replacement? Not as-built. Perhaps with another axis– either turning the hot-end or the bed to control the direction of flow completely, so the colours could mix however you’d like, we could call it such. That’s discussed in the “patent” section of the video, but has not yet been implemented. This technique also isn’t going to replace MMU or multitool setups for people who want to print dissimilar materials for easily-removable supports, but co-extruding materials like PLA and TPU in this device creates the possibility for some interesting composites, as we’ve discussed before.

As for being “patent-proof” — [Roetz] believes that through publishing his work on YouTube and GitHub into the public domain, he has put this out as “prior art” which should block any entity from successfully filing a patent. It worked for Robert A. Heinlein with the waterbed, but that was a long time ago. Time will tell if this is a way to revive open hardware in 3D printing.

It’s certainly a neat idea, and we thank [CityZen] for the tip.

youtube.com/embed/6pM_ltAM7_s?…


hackaday.com/2025/10/13/slm-co…



Vi auguro di essere eretici, il libro di Toni Mira che parla di attualità e speranza. Dedicato a don Luigi Ciotti


@Giornalismo e disordine informativo
articolo21.org/2025/10/229356/
In concomitanza con gli 80 anni di don Luigi Ciotti, fondatore e anima di Libera, Toni Mira ha pubblicato “Vi auguro di essere eretici“, un dialogo tra due ottimi amici, ma anche una riflessione sulla contemporaneità, sulla speranza, su questo



Libri nel bosco, appuntamento con Giovanni Grasso


@Giornalismo e disordine informativo
articolo21.org/2025/10/libri-n…
Sarà Giovanni Grasso, portavoce del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il protagonista dell’appuntamento del 17 ottobre alle 19, da Ohana, in via del Martin Pescatore 4, Infernetto (Roma). Nell’ambito della rassegna



Roccella: “Le gite ad Auschwitz servivano a dire che l’antisemitismo è solo fascista” | VIDEO


@Politica interna, europea e internazionale
Bufera sulle dichiarazioni della ministra alle Pari opportunità e alla Famiglia Eugenia Roccella che ha definito le visite scolastiche ad Auschwitz “gite” aggiungendo che servivano solamente a “ripetere che l’antisemitismo era una questione fascista



Linkedin


Account Linkedin bloccato/sospeso due volte in pochi giorni, a dir loro per motivi di sicurezza, con la conseguente richiesta, in entrambe le volte, del documento di identità (non bastava una volta e pure confermata?)... Io volevo solo aggiornare il mio cv, ma a questo punto forse è meglio lasciar morire l'account nello stato in cui è tanto i miei dati servirebbero solo ad addestrare la loro AI, a quanto pare...


PORTOGALLO. Vince il centrodestra, delusa l’estrema destra


@Notizie dall'Italia e dal mondo
In Portogallo il centrodestra consolida la sua egemonia mentre l'estrema destra dimezza i consensi ottenuti alle legislative. Al centro della campagna elettorale i danni provocati dal turismo, in particolare l'aumento dei prezzi degli alloggi
L'articolo PORTOGALLO. Vince il centrodestra,







The second Global Tipping Points Report warns that the world has crossed a key threshold as ocean heat devastates warm-water reefs.#TheAbstract


Earth’s Climate Has Passed Its First Irreversible Tipping Point and Entered a ‘New Reality’


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Climate change has pushed warm-water coral reefs past a point of no return, marking the first time a major climate tipping point has been crossed, according to a report released on Sunday by an international team in advance of the United Nations Climate Change Conference COP30 in Brazil this November.

Tipping points include global ice loss, Amazon rainforest loss, and the possible collapse of vital ocean currents. Once crossed, they will trigger self-perpetuating and irreversible changes that will lead to new and unpredictable climate conditions. But the new report also emphasizes progress on positive tipping points, such as the rapid rollout of green technologies.

“We can now say that we have passed the first major climate tipping point,” said Steve Smith, the Tipping Points Research Impact Fellow at the Global Systems Institute and Green Futures Solutions at the University of Exeter, during a media briefing on Tuesday. “But on the plus side,” he added, “we've also passed at least one major positive tipping point in the energy system,” referring to the maturation of solar and wind power technologies.

The world is entering a “new reality” as global temperatures will inevitably overshoot the goal of staying within 1.5°C of pre-industrial averages set by the Paris Climate Agreement in 2015, warns the Global Tipping Points Report 2025, the second iteration of a collaboration focused on key thresholds in Earth’s climate system.

Warm-water corals are rich ecosystems that support a quarter of all marine life and provide food and income to more than a billion people. These vital reefs have experienced “diebacks” for years as rising marine temperatures produce mass-mortality bleaching events. But the severe marine heat waves of 2023 were particularly devastating, and the corals are now reaching their thermal threshold. The report concludes that they are virtually certain to tip toward widespread diebacks, though preventive actions can mitigate the extent of loss and secure small refuges.

“The marine heat wave hit 80 percent of the world's warm-water coral reefs with the worst bleaching event on record,” said Smith. “Their response confirms that we can no longer talk about tipping points as a future risk. The widespread dieback of warm-water coral reefs is already underway, and it's impacting hundreds of millions of people who depend on the reef for fishing, for tourism, for coastal protection, and from rising seas and storm surges.”

The report singled out Caribbean corals as a useful case study given that these ecosystems face a host of pressures, including extreme weather, overfishing, and inadequate sewage and pollution management. These coral diebacks are a disaster not only for the biodiverse inhabitants of the reefs, but also for the many communities who depend on them for food, income, coastal protection, and as a part of cultural identity.

“The Caribbean is in a particularly precarious situation,” Melanie McField, founder and director of the Healthy Reefs for Healthy People Initiative, an NGO operating in the Mesoamerican Reef, told 404 Media during the briefing. "We are very concerned about the Caribbean, but it's actually all of these warm-water reefs. They're all facing the same thing.”

McField added that the actions needed to bolster the corals’ defense against rising temperatures are clear, and include better sewage treatment, the creation of marine preserves, and more strident efforts to tackle overfishing.

“We've been saying the same things,” she said. “We haven't done them. Those are things that are completely in the power of national and local regulators.”

To that end, the report emphasizes that new governmental frameworks and institutions will need to be formed to tackle these problems, because the current system is clearly not up to the task. Avoiding future tipping points will not only require a doubling-down on decarbonization, but also demands major progress toward carbon removal technologies.

“We need to rapidly scale and take seriously the need for sustainable and equitable carbon removal technologies,” said Manjana Milkoreit, a postdoctoral researcher of sociology and human geography at the University of Oslo. “Carbon removal is now the only way to bring global temperatures back down after overshoot—to achieve net negative, not just net zero emissions. That requires serious and sustained investment, starting now.”

“We are currently not preparing for the distinct impacts of tipping points, and we do not have the capacities to address the cascading effects of tipping points,” she concluded. “The key message here is: Do not assume that we already know what to do, or we're already doing everything we can. It's not just more of the same. A different approach to governance is needed.”

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URGENTE: Il giornalista palestinese Saleh Al-Jaafarawi è stato ucciso a colpi d'arma da fuoco...

URGENTE: Il giornalista palestinese Saleh Al-Jaafarawi è stato ucciso a colpi d'arma da fuoco da uomini armati sconosciuti nel quartiere Tel Al-Hawa di Gaza City.

Fonte :canale Telegram Palestina Hoy

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In 200mila da Perugia ad Assisi per dire no a tutte le guerre


@Giornalismo e disordine informativo
articolo21.org/2025/10/in-200m…
Tanti, tantissimi. “In più di 200 mila” dicono gli organizzatori, come non si vedeva dal 2001, hanno marciato da Perugia ad Assisi. A mettersi in cammino sotto lo slogan “Imagine alla the

in reply to Antonella Ferrari

speriamo che i partecipanti toscani siano poi andati a votare che l'astensione premia meloni...piazze piene urne vuote



La SPID è stata dichiarata defunta dall’esecutivo, per essere sostituita dalla CIE.
di Marco Calamari

Dal pornocontrollo al tecnocontrollo - Cassandra Crossing 627

Cattive notizie per i diritti civili digitali. [...]
Nella trentennale storia della digitalizzazione del nostro paese spiccano ben quattro storie di successo. Alcune addirittura di livello mondiale. Senza scherzi!

In ordine cronologico:

l’istituzione della firma digitale con valore legale parificato a quella autografa, primo paese al mondo;
la creazione della Posta Elettronica Certificata, che permette di inviare messaggi con valore di raccomandata con ricevuta di ritorno, in maniera istantanea e sostanzialmente gratuita, invece che a botte di sette o più Euri;
l’implementazione del Processo Civile Telematico, che solo chi frequenta da operatore i tribunali può apprezzare in tutto il suo valore;
la realizzazione della SPID, un sistema di rilascio di credenziali con valore nazionale (no, non è un sistema di verifica dell’identità, checché se ne dica, e no, non ha nessuna vulnerabilità particolare).

4 casi di successo della informatizzazione delle PP.AA. che decine di milioni di italiani ormai utilizzano quotidianamente, a cui, solo per diffusione, se ne aggiunge un quinto, la CIE, Carta di Identità Elettronica.

C’è da dire che il “successo” della CIE è stato decretato ope legis come adempimento obbligatorio, supportato in maniera efficacissima dall’abolizione dell’alternativa cartacea, e solo dopo una trentennale ed iterativa gestazione sperimentale, che chi l’ha vissuta ancora ricorda nei propri incubi.

Senza altra volontà oltre quella di essere oggettivi, possiamo ricordare che Firma Digitale, CIE, CNS (Carta Nazionale dei Servizi), TSE (Tessera Sanitaria Elettronica) sono tutti tecnicamente in grado di fornire le funzionalità di identificazione, autenticazione e firma elettronica. La sola CIE possiede tuttavia lo status legale di documento di identità, che consente l’utilizzo come formale accertamento di identità.

Ora, potrebbe sembrare una cosa logica “accorpare” in un solo oggetto, la CIE, tutte le altre funzionalità, accentrando e “semplificando” una situazione che oggi, per quanto funzionante e largamente utilizzata, può apparire inutilmente complessa.

Sarebbe un errore; si tratta di una falsa semplificazione che, come tutte le soluzioni semplici di problemi complessi, è sbagliata. Cerchiamo di capire perché.

Chiunque abbia operato professionalmente nell’informatica sa perfettamente che la centralizzazione di qualsiasi cosa, se non fatta con estrema cura e professionalità e senza badare a spese, porta a vulnerabilità pericolose e potenziali, nuovi e gravi disservizi.

La storia recente ed anche meno, dell’informatica nella pubblica amministrazione ci ha insegnato che il collasso di un intero sistema è cosa non potenziale ma reale, ed anche molto frequente.

Sistemi separati, quando cadono, tirano giù “solo” la loro funzionalità, senza compromettere tutti gli altri servizi. Se poi sono stati realizzati ridondati o federati, come la tanto vituperata ma ben progettata SPID, riescono a mantenere la propria funzionalità almeno in parte.

Cosa succederebbe invece se un ipotetico sistema “tuttologico”, che fornisca firma, credenziali, autenticazione ed identità avesse un problema bloccante? E se, in questi tempi di guerra, questo problema bloccante fosse un atto criminale, oppure addirittura ostile?

Questo lungo antefatto ci è servito solo per arrivare finalmente alla cronaca di oggi.

Nel giro di pochi mesi, si è improvvisamente scoperto che la SPID è un sistema bacato e pericoloso, malgrado che 30 milioni di italiani la utilizzino quotidianamente al posto del più famoso e meno sicuro “1234”, e che sia praticamente gratuita per le casse dello stato.

Si tratta anche qui di una notizia errata. Il rilascio di SPID multiple, quindi di credenziali multiple, non rappresenta di per sé un pericolo, anzi può essere utile per compartimentare le attività di una persona, separando ad esempio il privato ed il lavoro.

Il problema del rilascio di SPID ad impersonatori dipende invece dalle procedure di identificazione, che devono essere efficaci, che sono normate puntualmente e su cui lo Stato, per suo stesso regolamento, deve vigilare.

Contemporaneamente si è “scoperto” che la CIE può essere utilizzata, oltre che come documento di identità, anche come firma elettronica di tipo intermedio, e come credenziale di accesso.

Improvvisamente l’esecutivo, con un inusuale atto di decisionismo tecnologico, annunciato pubblicamente e ripetutamente, ha deciso di dismettere quello che è stato realizzato solo pochi anni fa e funziona, sostituendolo con qualcosa di ancora indefinito, di cui sappiamo solo che si appoggerà alla CIE, tutto da realizzare e far adottare, ricominciando da capo un storia dolorosa, ma che era stata finalmente conclusa.

A Cassandra è venuta in mente la storiella dei frati che fecero pipì sulle mele piccole e brutte del loro albero, perché erano certi che ne sarebbero arrivate altre grandi e bellissime, e che quando queste non arrivarono dovettero mangiarsi quelle piccole e brutte.

Ecco, sembra proprio la storia della SPID, che una campagna di stampa poco informata, se non addirittura strumentale, ha definito “troppo complessa e poco sicura”, raccontando che sarà presto sostituita dalla CIE inattaccabile e potente.

In tutto questo, cosa mai potrebbe andare storto?

Ci sono (purtroppo) altre chiavi di lettura che possono spiegare una vicenda apparentemente insensata sia tecnicamente che amministrativamente, riunirla all’improvvisa ed ineludibile necessità del pornocontrollo di stato, anzi a a livello europeo, e spiegare razionalmente tutto quanto.

Bastano due concetti chiave “centralizzazione dei dati” e “tecnocontrollo dei cittadini” per disegnare un panorama, anzi un vero progetto di controllo sociale, in cui la inspiegabile dimissione della SPID in favore della CIE diventa un elemento logico, razionale e necessario.

Infatti, se quello che si vuole ottenere è centralizzare il più possibile la gestione dei dati e degli accessi dei cittadini, con la conseguente possibilità di monitorare il loro operato, ed aprendo a teoriche ma terrificanti possibilità come quella di revocare completamente qualsiasi autorizzazione ad un individuo, allora sostituire un sistema federato e decentralizzato come la SPID con una gestione centralizzata, e dipendente da un documento emesso dallo Stato, è esattamente quello che serve. [...]

Dato il panorama “digitale” di oggi, di cui fa parte sostanziale l’indifferenza del pubblico, non c’è davvero di che essere ottimisti.


Cassandra Crossing 627/ Dal pornocontrollo al tecnocontrollo


L’identificazione della maggiore età dei fruitori del porno inizia a diventare legge senza che questo abbia creato reazioni significative. La SPID è stata dichiarata defunta dall’esecutivo, per essere sostituita dalla CIE. Sono fatti correlati tra loro? Certamente sono cattive notizie per i diritti civili digitali.

lealternative.net/2025/07/17/c…






Perugia – Assisi: un’umanità in cammino


@Giornalismo e disordine informativo
articolo21.org/2025/10/perugia…
Mi domando dove sia quest’umanità il resto dell’anno. Dove siano questi giovani che invocano pace e fraternità, solidarietà, giustizia, tenerezza. E mi rispondo che non è colpa loro ma nostra. Siamo noi, infatti, che non diamo spazio al meglio delle nuove



January 2026 PPI GA Location Discussion


We are debating where to hold our General Assembly (GA) in January 2026.

The Board considered holding a physical event in Warsaw, Prague, and Potsdam/Berlin.

We are open to any reasonable offers. The event will also be taking place online, and the physical event may be a small or large event.

Technically more than one physical event is acceptable considering the global needs of our organization.

Please let a PPI representative know by October 19th if your party would like to host the GA.

We will announce the location(s) of the GA the following week.


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Afghanistan e Pakistan, combattimenti alla frontiera con decine di morti


@Notizie dall'Italia e dal mondo
Decine di soldati uccisi e postazioni occupate in entrambe le direzioni, mentre Islamabad e Kabul chiudono i valichi di frontiera e rafforzano la sicurezza lungo il confine settentrionale
L'articolo Afghanistan e Pakistan, combattimenti alla frontiera con decine



Nei giorni successivi la formazione partigiana passa al comando di Stefano Carabalona grupposbarchi.wordpress.com/20…


Nei giorni successivi la formazione partigiana passa al comando di Stefano Carabalona

Rocchetta Nervina (IM): uno scorcio
Arturo Borfiga portò 12 russi al Dst. di Leo e un’altra volta un mulo con 2 mitragliatrici, di cui aveva infilato le canne nei pantaloni. Leo sgozzò l’ufficiale repubblichino che dai pressi del cimitero di Camporosso faceva sparare su Rocchetta Nervina. Quando a Vallecrosia il giorno del suo ferimento aprì la porta agli uomini dell’UPI era riuscito a mettere la mano sulla pistola del nemico, deviando il colpo partito nella colluttazione. Stefano “Leo” Carabalona era nato a Rocchetta Nervina (IM) il 10 gennaio del 1918. Dopo aver conseguito la maturità classica a Mondovì (CN), nell’imminenza della guerra fu chiamato alle armi ed inviato a Pola presso l’allora esistente scuola allievi ufficiali di complemento dei bersaglieri. Quale sottotenente dei bersaglieri partecipò alla campagna di Albania ed alla guerra in Grecia, dove venne decorato con una medaglia di bronzo al V.M. Promosso per merito straordinario tenente ed infine ferito più volte in combattimento, in seguito alle lesioni riportate nell’ultima delle ferite (schegge all’occhio sinistro) venne rimpatriato a Firenze presso l’ospedale militare. Congedato al termine della convalescenza, tornò a Rocchetta Nervina, ma nel 1941 in vista della campagna di Russia si arruolò volontario quale ufficiale di fanteria ed assegnato alla divisione celere “Legnano”. Rientrò in Italia a piedi con pochi superstiti della compagnia di cui era comandante. Nel 1943 si sottrasse alla chiamata della R.S.I.: per vendetta fu incendiata la casa di famiglia in Rocchetta Nervina, ma fortuite circostanze impedirono al fuoco di propagarsi e la casa si salvò. Sono rimaste sul pavimento di una stanza, visibili a tutt’oggi, le tracce di quelle fiamme. Massimo Carabalona, figlio di Stefano Carabalona, email del 23 dicembre 2021

Nella Valle Nervia alcuni ufficiali cercarono rifugio e sicurezza a Rocchetta Nervina, dove il tenente Stefano Carabalona [“Leo“], residente in loco, cercava di organizzare gli sbandati e di procurare il maggior numero di armi possibili. don Ermando Micheletto, La V^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni” (Dal Diario di “Domino nero” – Ermando Micheletto), Edizioni Micheletto, Taggia (IM), 1975

L’8° distaccamento giunge a Rocchetta Nervina verso il 20 giugno [1944]. È comandato da Alfredo Blengino (Spartaco) che il giorno 23 dello stesso mese, lancia un proclama alla popolazione del paese ringraziandola per la solita buona accoglienza fatta ai partigiani ed invitandola ad appoggiare, nella maggior misura possibile, l’azione di chi combatte per la libertà […] Gli uomini della formazione ammontano ad una ventina, ma, in pochi giorni, il numero degli effettivi è pressocchè raddoppiato mentre viene notevolmente migliorata l’organizzazione del distaccamento. L’armamento consiste in fucili e moschetti. L’8° distaccamento opera nella Val Roja, procurando notevoli difficoltà al traffico delle truppe nazi-fasciste. Nei giorni successivi la formazione passa al comando di Stefano Carabalona (Leo) che si trova subito impegnato in un durissimo combattimento.
Carlo Rubaudo, Storia della Resistenza Imperiese (I Zona Liguria) – Vol. II. Da giugno ad agosto 1944, edito a cura dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, p. 154

[…] il mese di luglio si aprì con un rastrellamento tedesco a largo raggio, essenzialmente rivolto verso Rocchetta Nervina (IM), Castelvittorio, Molini di Triora e Langan.
La difesa di Rocchetta Nervina, che si protrasse dal 1° al 4 luglio 1944, ebbe luogo soprattutto ad opera dell’8° Distaccamento della IX^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Felice Cascione”, che da circa una settimana era attestato nel paese. […] Per alcune ore il combattimento si protrasse con alterne vicende ed alle 12 i nazifascisti si ritirarono, accusando la perdita di un centinaio di uomini.
La difesa del paese venne fiaccata il giorno successivo, 4 luglio 1944, ad opera di 800 uomini di truppa che, occupato il paese, lo saccheggiarono. Alla sera rimase sul selciato un ingente numero di vittime.
Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell’Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio – 30 Aprile 1945), Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999

Ma il tedesco pagò ben caro il suo successo, perché non meno di 180 uomini furono messi fuori combattimento… Fra coloro che maggiomente si distinsero sono da ricordare il vecchio “Notu” che, benché fosse rimasto ferito due volte, continuò a lottare fino all’esaurimento delle sue munizioni, Longo [Antonio Rossi], Falce [G.B. Basso], Colombo, Filatri [Gennaro Luisito Filatro, nato il 24 giugno 1917 a Civita (CS), già sergente maggiore del Regio Esercito, ufficiale addetto alle operazioni di distaccamento, passò poi in Francia al seguito di Carabalona], il giovanissimo Arturo [Arturo Borfiga] ed il prode Lilli [Fulvio Vicàri], che doveva più tardi immolare la sua giovane esistenza per la causa della liberazione.
Stefano Carabalona (Leo) in Mario Mascia, L’epopea dell’esercito scalzo, A.L.I.S., 1946, ristampa del 1975 a cura dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia

Il rastrellamento di luglio [1944] da parte dei nazifascisti non fu lungo. ll Comandante Vitò [Giuseppe Vittorio Guglielmo] aveva ordinato ed organizzato una ritirata di emergenza e dava ordini precisi ai vari comandanti dei distaccamenti di attendere i suoi ordini. Radunò lo Stato Maggiore e studiò nei minimi particolari un attacco alla caserma di Pigna (IM)
[…] Il distaccamento di Stefano Leo Carabalona [poco tempo dopo comandante della Missione Militare (dei Partigiani Garibaldini) presso il Comando Alleato] dalla parte di Rocchetta Nervina (IM), con Lolli [Giuseppe Longo, poco tempo dopo vice comandante della Missione Militare (dei Partigiani Garibaldini) presso il Comando Alleato], doveva vegliare con i suoi uomini la strada Dolceacqua-Pigna.
don Ermando Micheletto, Op. cit.

Verso la fine d’agosto 1944, in concomitanza con l’avanzata degli eserciti alleati sbarcati in Provenza, la V^ Brigata Garibaldi, forte ormai di oltre 950 uomini, iniziò un’azione convergente su Pigna, tenuta da un centinaio di militi repubblicani e centro delle difese nazi-fasciste della zona di montagna… In quei giorni si distinsero i distaccamenti di Gino (Gino Napolitano), di Leo (Stefano Carabalona), e di Moscone [Basilio Mosconi]. Alla fine il nemico rinunciò a difendere le sue posizioni di Pigna: evacuò il paese e si ritirò su posizioni più arretrate (Isolabona – Dolceacqua), abbandonando nella fuga precipitosa armi e munizioni che furono recuperate dai nostri e che andarono ad arricchire l’esiguo armamento di cui la brigata era provvista. Venne occupata Pigna, dove si stabilì il comando dei partigiani, si nominò un’amministrazione provvisoria e si provvide a munire la difesa della zona sia per poter riprendere gli attacchi verso la costa ed in direzione del fronte francese che si andava spostando verso est, sia per far fronte ad eventuali contrattacchi nemici. Infatti il I° distaccamento prese posizione su Passo Muratone alla destra dello schieramento per impedire puntate provenienti da Saorge (Francia); il V° distaccamento, al comando di Leo, occupò la stessa Pigna, posta al centro dello schieramento, distaccando una squadra di venti uomini a Gola di Gouta a guardia della strada. […] A Pigna, nel frattempo, era giunta una missionecomposta, di numerosi ufficiali “alleati”, accompagnati da un corrispondente di guerra canadese.
La missione studiata la zona, avrebbe dovuto proseguire per la Francia passando attraverso le maglie delle linee tedesche fra Gramondo e Sospel.
Mario Mascia, Op. cit.

Durante il periodo di attesa a PIGNA il comandante dei Partigiani della zona noto come LEO ci parlò della possibilità di passare in FRANCIA in barca da VENTIMIGLIA e suggerì di inviare uno dei suoi uomini sulla costa per fare delle indagini… I pescatori ci portarono vogando, senza ulteriori incidenti, in 3 ore e mezza a Monte Carlo [Monaco Principato] dove sbarcammo [quindi, approssimativamente alle ore 4 del 9 ottobre 1944, data in ogni caso indicata da Brooks Richards, Secret Flotillas, Vol. II, Paperback, 2013] e ci arrendemmo alla guarnigione F.F.I. La mattina seguente guidammo fino a Nizza e facemmo rapporto al Maggiore H. GUNN delle Forze Speciali … A Nizza informammo il Colonnello BLYTHE del quartier generale della task force della settima armata americana…
capitano G. K. Long, artista di guerra, documento britannico Mission Flap

Ad ogni modo presi contatto con Leo, che era appunto sbarcato in Francia in quel tempo… [parole del capitano Robert Bentley, ufficiale alleato di collegamento con i partigiani della I^ Zona Operativa Liguria] Mario Mascia, Op. cit.

Il maresciallo Reiter fece accompagnare da due agenti in borghese la staffetta Irene [in questa versione dei fatti la persona, costretta dai nazisti a fare da esca per attirare in trappola i due partigiani] verso la casa di Vallecrosia, dove “Leo” e “Rosina[Luciano Mannini], ignari, aspettavano il ritorno di chi li aveva traditi [in altre versioni della narrazione di questo tragico evento emerge, invece, una casuale scoperta di collegamenti clandestini da parte degli apparati nazisti di controllo]
Leo [responsabile, al momento cui si riferisce la presente testimonianza, dell’Ufficio Informazioni Militari della V^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni”] restò gravemente ferito [era il giorno 8 febbraio 1945]. Ma anche i due agenti nemici versarono in fin di vita. “Leo” e “Rosina” fuggirono per vie diverse eludendo anche il successivo rastrellamento tedesco. “Leo” trovò rifugio nella clinica Moro sulla via Romana, dove venne medicato ma non ricoverato. Il partigiano Lotti, probabilmente avvisato da “Rosina”, o non so come, avvisò il nostro CLN di Bordighera che “un agente americano” era stato ferito e si trovava alla clinica Moro. Insieme a Renzo Biancheri “U Longu”, prelevammo “Leo” dalla Clinica Moro [n.d.r.: che era stata trasferita dal 2 gennaio 1944 a Villa Poggio Ponente di Vallecrosia] e lo portammo all’ospedale di Bordighera. Riuscimmo a ricoverarlo con un tragico stratagemma. Per i ricoveri con ferita i medici dovevano dichiarare se la ferita era stata causata da scheggia di bomba o da colpo d’arma da fuoco. All’ospedale “Leo” venne curato da due medici che conoscevo bene, il dr. Giribaldi e il dr. Gabetti, e assistito dalla caposala, infermiera Eva Pasini. Il dr. Gabetti mi disse che difficilmente “Leo” sarebbe sopravvissuto e che quindi conveniva ricoverarlo come “ferito da colpo d’arma da fuoco” e non rischiare la vita quando la polizia fascista avesse preso conoscenza del referto. Così fu fatto: “Leo” fu ricoverato e gli vennero prestate le prime cure. La Pasini mi prese da parte e mi disse che “Leo” si sarebbe potuto salvare; e che se non era morto fino ad allora sarebbe potuto sopravvivere e a quel piìunto avrebbe dovuto subire l’inevitabile interrogatorio dei nazifascisti. Il pericolo era grave e serio: “Leo” era a conoscenza di importanti particolari della struttura dei servizi di informazione. Io e Renzo Biancheri, “Rensu u Longu”, accompagnammo “Leo” giù per le scale dell’ospedale e sulla canna della mia bicicletta lo portai a casa di Renzo, dove lo nascondemmo in cantina.
Avvisammo il dr. De Paolis, che si prese cura di “Leo”: lo curai con delle flebo che gli iniettavo nelle cosce perché non ero capace di infilare l’ago nel braccio.
All’interno del CLN il fatto suscitò scalpore e innestò una approfondita discussione, che evidenziò la urgente necessità di cautelarsi con le forze alleate della vicina Francia per una maggior collaborazione e soprattutto coordinamento. Curammo “Leo” come era possibile, ma le sue condizioni permanevano critiche. Con il Gruppo Sbarchi di Vallecrosia predisponemmo una barca per il trasporto in Francia. Il Gruppo Sbarchi era stato creato dal nostro CLN, che mi incaricò ufficialmente, con tanto di credenziali dell’Alto Comando, di rappresentare la Resistenza Italiana presso il comando alleato e di coordinare le loro azioni alle nostre esigenze. Alla sera convenuta imbarcammo “Leo” e Luciano “Rosina” Mannini; con Renzo “U Longu”
[Biancheri] iniziammo a remare verso la costa francese. Il dr. De Paolis, viste le condizioni ormai gravi di “Leo”, mi aveva incaricato di iniettargli una fiala di adrenalina: con questa adrenalina in corpo “Leo” affrontò il viaggio. Giungemmo nel porto di Monaco, dove fummo subito presi in consegna dalle sentinelle algerine e portati all’Hotel de Paris, sede del comando francese. Riuscimmo a far ricoverare “Leo” a Nizza, ma per il resto insistetti non poco per contattare il comando inglese o quello americano, che erano gli autori della missione in Italia di “Leo”. Renzo ”Stienca” Rossi in Gruppo Sbarchi Vallecrosia, Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia <Comune di Vallecrosia (IM) – Provincia di Imperia – Associazione Culturale “Il Ponte” di Vallecrosia (IM)> di Giuseppe Mac Fiorucci]

26 febbraio 1945 – Dal C.L.N. di Bordighera, prot. n° 2 al comandante Curto [Nino Siccardi, comandante della I^ Zona Operativa Liguria] – Informava che il Comitato era entrato in contatto con il garibaldino Leo [Stefano Carabalona, già comandante di distaccamento partigiano e protagonista di eroici episodi, quali il suo contributo alla valorosa, ancorché vana difesa di Rocchetta Nervina (IM) e di Pigna (IM); artefice del ritorno da Ventimiglia (IM) via mare, con l’intervento finale di Giulio “Corsaro/Caronte” Pedretti e di Pasquale Pirata Corradi (detto anche Pascalin), ma con l’aiuto di molte altre persone, alle loro fila di alcuni ufficiali della missione alleata Flap; responsabile, al momento cui si riferisce la presente testimonianza, della Missione Militare (dei Partigiani Garibaldini) presso il Comando Alleato] del Secret Service [OSS statunitense] inviato a Vallecrosia dagli americani per avere notizie sulla 28^ linea; che Leo era poi stato ferito da agenti dell’U.P.I. [Ufficio Politico Investigativo della Repubblica di Salò] in seguito a una delazione del suo radiotelegrafista; che Leo era riuscito a fuggire dall’ospedale di Bordighera; che era stato prelevato da uomini del C.L.N. e ricoverato in luogo segreto in attesa di essere trasferito in Francia; che Leo aveva riferito di essere passato il 10 dicembre 1944 in Francia, che Leo aveva scritto una lettera, allegata al documento in parola, per il comandante Curto, lettera in cui Leo aveva scritto: “Era mia intenzione di recarmi presso di te per poterti dire qualche cosa che interessava sia te personalmente, sia il complesso di tutta la Divisione [II^ Divisione “Felice Cascione”]. Io sono partito per la Francia il 10 dicembre; giunto colà presi contatto con il Comando Americano di Nizza con il quale già ero in relazione da circa due mesi; presi pure contatto con il capitano inglese Bentley, il quale volle sapere da me vita e miracoli di tutti i capi: io dissi il più poco possibile e per quello che riguardava il colore politico andai coi piedi di piombo. In quei giorni prese contatto con il Comando Inglese il dott. Kanheman il quale si sbottonò facendo 53 profili per iscritto di tutti i capi dell’allora Divisione “F. Cascione”. Appena io sentii le sue bellicose intenzioni, da buon garibaldino, lo incontrai e misi in luce a lui e a quanti erano con lui (gli altri erano bravi figlioli e furono subito d’accordo con me) quanto di poco simpatico stessero facendo. D’allora stetti più in guardia. In ogni modo so con precisione che di parecchi capi ha dato giudizi un po’ avventati di Simon [Carlo Farini, Ispettore Generale al Comando Operativo della I^ Zona Liguria], Vittò [Giuseppe Vittorio Guglielmo, comandante della II^ Divisione], Orsini [Agostino Bramè, commissario della V^ Brigata “Luigi Nuvoloni” della II^ Divisione] ed altri. Insomma ho creduto bene che tu sappia che questo signore si è presentato agli inglesi come l’anima e il cervello della Divisione, critico di tutto e di tutti, tu stesso non escluso. Io e Lolly [Giuseppe Longo, vice comandante della Missione Militare (dei Partigiani Garibaldini) presso il Comando Alleato] in compenso abbiamo scritto parecchio sulla 2a Divisione Garibaldina e sul suo comandante e sono convinto che chiunque leggerà quelle modeste righe di modesti eroismi non potrà che meravigliarsi. I francesi parlano sovente di occupare fino a S.Remo, e siccome hanno sul fronte qualche battaglione potrebbero anche farlo; ad evitare ciò basterebbe l’occupazione fatta Mezz’ora prima dai garibaldini. Noi avevamo a che fare con gli americani che comandano questo fronte. Per conto mio, sono molto migliori degli inglesi, con noi poi vanno molto d’accordo. Giorni fa è arrivato in Francia il fratello di Kanheman (il fratello maggiore è andato a Roma) il quale dev’essere andato in Francia per dire agli inglesi che qui il patriottismo è divenuto banditismo, ecc… Ti prego di dire a Vittò che mi tenga sempre presente come suo garibaldino perché tutto il lavoro che faccio, l’ho fatto e lo continuerò a fare come Garibaldino della 2a Divisione Garibaldi. Io tornerò in Francia fra una decina di giorni anche perché la mia ferita me lo impone (non sono riusciti a prendermi, però mi hanno ferito allo stomaco) e se sia tu o Simon o qualche altro vuol darmi qualche incarico sarò ben lieto di rendermi utile Ti saluto caramente tuo Leo” . 10 marzo 1945 – Dal CLN di Sanremo, prot. n° 410, al CLN di Bordighera – Invitava ad “intrattenere maggiori rapporti tra i due Comitati, mediante staffette che portino notizie riguardanti movimenti di truppa e segnalino eventuali bombardamenti”. Segnalava che il Comando Operativo della I^ Zona Liguria desiderava inviare alcuni documenti in Francia tramite “Leo” [Stefano Carabalona, che, ferito, dal 5 marzo era già stato portato in salvo in Costa Azzurra] e di conseguenza chiedeva la data in cui fosse stato disponibile “Leo”. Comunicava che 6 uomini dovevano varcare il confine. 12 marzo 1945 – Dal CLN di Sanremo, prot. n° 424, a “Capitano Roberta” [Robert Bentley, capitano del SOE britannico, ufficiale di collegamento alleato con i partigiani della I^ Zona Operativa Liguria] – Comunicava che… quel giorno stesso il CLN di Bordighera aveva avvertito che “Leo” e “Rosina” [Luciano Mannini], accompagnati da altri due partigiani [Renzo Biancheri e Renzo Rossi], erano, nella notte tra il 5 ed il 6 marzo partiti per la Francia; che “Leo” era sempre ferito; che il suo passaggio in Francia era stato affrettato. Da documenti IsrecIm in Rocco Fava,Op. cit.

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MAMbo è molto attivo nella costruzione e nel mantenimento di una fitta rete di relazioni con altri musei adrianomaini.altervista.org/ma…




Un East Shield a difesa dell’Europa. Reportage dal Fianco Orientale

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Krynki è un piccolo villaggio della Polonia nord-orientale, a circa tre ore di auto da Varsavia. La strada per arrivarci attraversa la pianura polacca senza incontrare ostacoli naturali, fatta eccezione per la nebbia, a tratti fittissima, che da ottobre a marzo riduce la visibilità ad appena pochi metri e