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Un colosso italiano da 12,7 miliardi finisce nel dark web! Quale azienda verrà colpita?


Una nuova inserzione apparsa su Exploit pochi minuti fa mostra quanto sia cruciale laCyber Threat Intelligence per prevenire le minacce informatiche. Su uno dei principali forum underground del dark web, Exploit, è comparsa una nuova inserzione pubblicata da un utente che si firma Anon-WMG.

Il post propone per 6000 dollari l’accesso a un server FTP di una azienda non specificata situato in Italia, con un fatturato dichiarato pari a 12,7 miliardi di dollari e oltre 12.000 file archiviati nel sistema, tra cui documenti PDF, database, file eseguibili e archivi compressi per un totale di circa 190 GB di dati.

Disclaimer: Questo rapporto include screenshot e/o testo tratti da fonti pubblicamente accessibili. Le informazioni fornite hanno esclusivamente finalità di intelligence sulle minacce e di sensibilizzazione sui rischi di cybersecurity. Red Hot Cyber condanna qualsiasi accesso non autorizzato, diffusione impropria o utilizzo illecito di tali dati. Al momento, non è possibile verificare in modo indipendente l’autenticità delle informazioni riportate, poiché l’organizzazione coinvolta non ha ancora rilasciato un comunicato ufficiale sul proprio sito web. Di conseguenza, questo articolo deve essere considerato esclusivamente a scopo informativo e di intelligence.
Print Screen dal forum exploit.in fornita da Paragon Sec
Al momento non è ancora noto il nome dell’azienda coinvolta, ma la cifra indicata come “revenue” potrebbe fornire agli analisti di Cyber Threat Intelligence (CTI) un importante punto di partenza per identificare il potenziale target e agire in modo preventivo.

In particolare, i team di sicurezza potranno tentare di individuare la società a rischio e intervenire tempestivamente, modificando le credenziali di accesso e sanando la breccia prima che l’accesso venga acquistato da un attore malintenzionato.

Chi sono i broker di accesso


I broker di accesso (Access Brokers) sono figure chiave all’interno dell’ecosistema criminale del dark web. Il loro compito è ottenere e rivendere accessi a infrastrutture compromesse – come server FTP, VPN, RDP o account amministrativi – fornendo così una base d’ingresso ad altri gruppi criminali, spesso specializzati in ransomware o data exfiltration.

Questi broker operano come veri e propri intermediari: non conducono direttamente gli attacchi, ma alimentano il mercato clandestino delle intrusioni.

Il valore di un accesso dipende da molte variabili:

  • la natura dell’azienda e il suo fatturato;
  • i livelli di privilegio (come l’accesso “Admin” citato nell’inserzione);
  • la quantità e sensibilità dei dati disponibili;
  • la localizzazione geografica, nel caso specifico l’Italia.


Il ruolo della Cyber Threat Intelligence


La Cyber Threat Intelligence (CTI) nasce proprio per anticipare e contrastare minacce di questo tipo.
Attraverso il monitoraggio costante dei forum, dei marketplace e dei canali Telegram frequentati dai cyber criminali, gli analisti CTI possono rilevare precocemente la vendita di accessi compromessi, identificare i potenziali bersagli e notificare le aziende coinvolte.

L’obiettivo è intervenire prima che tali credenziali vengono acquistate da altri criminali informatici, i quali potranno finalizzare l’attacco verso il target, scatenando ad esempio un attacco ransomware, un furto di dati o un sabotaggio.

Questo approccio proattivo trasforma la difesa informatica da reattiva a predittiva, riducendo sensibilmente l’impatto delle minacce.

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Mesmerizing Marble Runs from Procedural Generation


A central circular element is releasing steel ball bearings into a complex nest of eight intertwined plastic paths.

There are few things that can keep a certain kind of mechanically-inclined mind entranced as well as a marble run, and few structures that look as interestingly organic as procedurally-generated designs – combine the two and you get [Will Morrison]’s Marble Fountain.

[Will]’s first approach to generating a marble run was to have a script randomly place some points, generate a path following a spline through those points, and give that path a constant slope. This worked, but the paths it generated were a bit too simple to take full advantage of a 3D printer’s capabilities, so he next wrote a path solver to generate more complicated runs. The solver starts by generating a series of random line segments connecting the top and bottom of the run, then iteratively moves the segments into position. Each segment has to stay within the print volume, be evenly spaced with the others, maintain a constant slope, avoid segments from other tracks, and avoid distant segments of its own track. The result is a complicated network of tracks that keeps the marbles in motion without letting them fly out in fast sections.

A motorized screw runs through the center of the marble fountain and brings marbles back to the top. The screw is constrained on all sides by the rolling marbles, essentially like a ball screw, which lets it avoid using another bearing at the top of the structure. The supports for the tracks grow downward, merging with nearby supports, repelling from other paths, and converging toward a ring around the central screw. A few Python scripts handle the generative algorithms and use OpenSCAD to generate the actual 3D files. The persistence involved in this project is admirable – [Will] went through about 65 design iterations to get these results.

We’ve seen a few computer-generated marble runs before, though it’s fair to say that this is by far the most complex. We’ve also seen another mesmerizing mechanism to bring marbles back to the top of a marble run.

youtube.com/embed/ULpNiZU2tpg?…


hackaday.com/2025/11/09/mesmer…



Tecno-ottimismo VS potere del controllo: la più grande minaccia dell’IA siamo noi? 


Immaginate una città futuristica divisa a metà: da un lato torri scintillanti di innovazione, dall’altro caos e ombre di un controllo perduto. Questa non è una visione distopica, bensì il panorama dell’intelligenza artificiale (IA) oggi. Da un lato, il techno-ottimismo che punta a un futuro di abbondanza tecnologica con investimenti da trilioni di dollari, dall’altro l’allarme di esperti che sostengono che controllare un’IA superintelligente potrebbe essere impossibile. Tra questi poli, si inserisce qualche critica alla narrazione anti-tecnologica incoerente. Ma per capire cose succede bisogna guardare da più vicino, magari dotati di qualche superpotere dato dalla saggezza umana, come il pensiero diretto e inverso, per capire se l’IA sarà la nostra salvezza o il nostro limite.

Vi è una tensione tra i costruttori del futuro e i valutatori del rischio: esemplificata dalla fiducia di Sam Altman, dagli avvertimenti di Roman Yampolskiy e dalla critica di Warmke alle argomentazioni incoerenti contro le nuove tecnologie. Il dibattito sull’IA si polarizza tra due figure: il costruttore, animato da un ottimismo sconfinato, e il valutatore del rischio, che vede minacce esistenziali. Ma cosa succede se entrambi sbagliano approccio? E se la minaccia più grande per l’AI fossimo noi a non costruire abbastanza?

IN BREVE

  • Il techno-ottimismo di Altman: una scommessa sul futuro
  • Roman Yampolskiy e il problema del controllo: un limite teorico?
  • Craig Warmke e l’Incoerenza della critica anti-tecnologica
  • Bilanci e opportunità per riflettere


Il techno-ottimismo di Altman: una scommessa sul futuro


Sam Altman (X.com 6 novembre 2025), ha delineato una visione ambiziosa che sembra scolpita nel futuro. OpenAI prevede un fatturato annuo di oltre 20 miliardi di dollari quest’anno, con proiezioni che si spingono a centinaia di miliardi entro il 2030, supportate da un piano di investimento colossale di 1,4 trilioni di dollari nei prossimi otto anni. L’obiettivo? Costruire l’infrastruttura per un’economia alimentata dall’IA, che spazierà dai dispositivi consumer alla robotica, fino a scoperte scientifiche rivoluzionarie come la cura di malattie mortali. Altman rifiuta categoricamente garanzie governative per i data center, promuovendo un mercato che premi il successo o punisca il fallimento con rigore. Propone invece che i governi sviluppino una riserva strategica di potenza di calcolo, un’idea innovativa che potrebbe democratizzare l’accesso all’IA e garantire un beneficio pubblico.

Il suo ottimismo è contagioso: l’IA potrebbe trasformare la ricerca, con studi che riportano un aumento del 40% nella produttività dei ricercatori (TSE, 2025), o persino sconfiggere malattie letali, un sogno che alimenta la missione di OpenAI. Ma il pensiero inverso, quel superpotere della saggezza umana che amo esplorare, ci spinge a guardare oltre: e se questo ottimismo portasse a un’eccessiva dipendenza dalla tecnologia? Un’infrastruttura sovradimensionata potrebbe crollare sotto il peso insostenibile dei costi o diventare un bersaglio vulnerabile per crisi energetiche o cyberattacchi.

La scommessa di Altman è audace, ma richiede un equilibrio che il mercato da solo, per quanto efficiente, potrebbe non essere in grado di garantire.Se dovessimo dipingere un archetipo di Sam Altman, ‘Il costruttore di utopie qualificate, con la convinzione del costruttore’, sarebbe perfetta. Altman incarna questa figura: costruiamo, e il mercato giudicherà. OpenAI dovrebbe avere successo o fallire in base ai propri meriti, senza che nessuno “scelga i vincitori”. La sua fiducia è incrollabile: “Il mondo avrà bisogno di molta più potenza di calcolo”. Ma questa convinzione totale è sufficiente? Il pensiero inverso ci invita a chiederci: e se il mercato, lasciato a sé stesso, non riconoscesse i rischi a lungo termine? O se la scala stessa dell’investimento diventasse un ostacolo, rallentando l’innovazione invece di accelerarla? La risposta di Altman sembra puntare tutto sulla visione, ma la storia ci insegna che anche i costruttori più audaci hanno bisogno di fondamenta solide.

Roman Yampolskiy e il problema del controllo: un limite teorico?


Roman Yampolskiy offre una prospettiva opposta, sostenendo che controllare un’IA superintelligente—miliardi di volte più intelligente di noi—potrebbe essere intrinsecamente impossibile. Nel suo lavoro, sottolinea che anche algoritmi “sicuri” fallirebbero di fronte a un’intelligenza capace di auto-migliorarsi. La posta in gioco non è economica, ma esistenziale: la capacità dell’umanità di autodeterminarsi.

La sua logica è agghiacciante: Roman Yampolskiy – il cui archetipo è tra il guardiano della soglia e l’architetto di sistema – ci mette in guardia: il controllo significativo su una super intelligenza potrebbe essere impossibile (limitstocontrol.org/statement.…). Come controllare qualcosa che è un miliardo di volte più intelligente di noi? L’informatica teorica (mpg.de) suggerisce che non possiamo costruire un algoritmo garantito sicuro che contenga un superintelligenza, conferma che contenere un’IA imprevedibile è computazionalmente incomprovabile, un limite che sfida ogni sicurezza,anche ammettendo che siano possibili architetture appositamente progettate.

Ma se il vero problema non fosse il controllo dell’IA, ma la nostra incapacità di accettarne l’autonomia? Se un’IA superintelligente potesse collaborare piuttosto che dominare, il “problema del controllo” si trasformerebbe in un’opportunità di partnership. Tuttavia, il rischio di un errore catastrofico—un attacco informatico coordinato o un’allineamento errato—rimane reale, spingendo a una pausa riflessiva nello sviluppo, come suggerito da Yampolskiy.

Craig Warmke: l’incoerenza della critica anti-tecnologica


Craig Warmke – lo smascheratore di incoerenze – nel (X.com 8 novembre 2025), smonta le argomentazioni contro la tecnologia, evidenziando una contraddizione: l’IA viene definita sia una “bolla” (innocua e irrilevante) sia una minaccia per la società (quindi potentissima). Se è una bolla, non può rovinarci; se è una minaccia, non è una bolla. Questa incoerenza rivela un pregiudizio emotivo contro il progresso, più che una critica razionale, è spesso emotiva, non logica. Warmke invita all’ottimismo, suggerendo che la gratitudine verso gli innovatori migliori l’anima e il portafoglio. Archetipo più che per Warme per gli apocalittici: l’Incoerenza della rovina.

Da un lato, si dice che una tecnologia sia così pericolosa da rappresentare una minaccia esistenziale (nel caso dell’AI, distruggerà il mondo), Dall’altro lato, si afferma che la stessa tecnologia sia priva di valore e destinata al fallimento (“andrà a zero”). Smontiamo la logica anche nel caso di Bitcoin: da un lato “consuma così tanta energia da far bollire gli oceani”, dall’altro “è destinato a valere zero”. Se Bitcoin non vale nulla allora la sua rete sarebbe abbandonata, se invece dovesse consumare veramente un’energia così mostruosa da minacciare il pianeta, allora la sua rete dovrebbe essere enormemente preziosa e sicura, e di conseguenza il premio per i miner (il “block reward”) in bitcoin avrebbe un valore astronomico (milioni di dollari) per giustificare tale costo. Ma questo non può essere vero se contemporaneamente si afferma che Bitcoin non vale nulla. Le due cose non possono essere entrambe vere e aggiungiamo pure: i criminali, per definizione, sono incentivati a trovare gli strumenti più efficaci e affidabili per le loro attività: perché dovrebbero usare qualcosa di inefficiente?

E se questa incoerenza fosse un riflesso della nostra confusione? Forse la società oscilla tra speranza e paura perché l’IA è entrambe le cose—un’opportunità e un’incognita. Dovremmo guardare oltre i titoli sensazionalistici, verso dati concreti, come l’impatto reale dell’IA sulla produttività (TSE, 2025).

Bilanci e opportunità per riflettere


Cercando di bilanciare queste visioni l’ottimismo di Altman può spingere l’innovazione, alimentando un futuro di scoperte con investimenti massicci, ma richiede infrastrutture sicure e una ricerca approfondita sul controllo, come insiste Roman Yampolskiy. Questo ci porta a un bivio concettuale. E se provassimo a immaginare il fallimento—probabile, forse—di questo mio stesso articolo? Potrebbe essere troppo denso, o pubblicato con tempistiche sbagliate, come suggerisce il pensiero inverso ispirato dal “Failure Premortem” di James Clear.
Lavorando a ritroso per correggerlo, mi chiedo: e se avessi intenzionalmente tessuto questa vulnerabilità nella struttura dell’articolo, presumendo che la traiettoria dell’IA sia cruciale per il futuro dell’umanità? E se l’ottimismo stesso fosse una trappola? Costruire infrastrutture troppo ampie, come il piano da 1,4 trilioni di dollari di Altman, potrebbe generare un sistema gonfio e vulnerabile, destinato a collassare sotto il proprio peso, Il vero fallimento, però, non sarebbe questo articolo—nato dal mio desiderio di esplorare—ma quello dell’intera comunità tecnologica.

Ci aggiriamo in un falso dilemma, oscillando tra interessi commerciali e timori apocalittici, trascurando la ricerca di una governance etica e robusta che metta al centro l’umanità.

E allora mi chiedo: e se il problema fosse che non stiamo costruendo abbastanza rispetto alle nostre esigenze? Un’IA sotto-sviluppata potrebbe lasciarci impreparati di fronte a sfide globali. O, al contrario, e se l’impatto dell’IA fosse trascurabile, e io stessi sovraanalizzando uno strumento che automatizza solo banalità, come un calcolatore avanzato? O ancora, e se il vero limite non fosse la tecnologia, ma la nostra etica—la nostra capacità di allineare l’IA ai valori umani? Questa tensione non è un ostacolo, ma un’opportunità. Invito a riflettere: quale futuro costruiremo?

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Google Gemini 3.0: novità e aggiornamenti per l’assistente AI più atteso dell’anno


Nel corso dell’ultima settimana, Google ha annunciato che l’assistente Gemini potrà da ora integrare nativamente i servizi YouTube e Google Maps senza la necessità di utilizzare comandi specifici come “@YouTube” o “@Google Maps”.

Questa modifica segna un passo verso un’interazione più fluida e “naturale” con l’AI all’interno dell’ecosistema Google, riducendo la frizione tra l’utente e i diversi servizi. Per l’utente medio ciò significa che potrà chiedere “fammi vedere un video su…” o “portami a…” senza doversi preoccupare del prefisso corretto.

Allo stesso tempo, emergono nuove indiscrezioni riguardo la prossima evoluzione del modello Gemini, etichettata come “Gemini 3.0“.

Secondo un articolo recente, questa versione è attesa per la fine del quarto trimestre del 2025 o all’inizio del 2026 e promette capacità multimodali ancora più avanzate“. Naturalmente, trattandosi di rumor non confermati ufficialmente, resta prudente considerarle come indicazioni preliminari.

Un’altra novità significativa riguarda la capacità di Gemini di “ricordare” senza esplicito comando: Google ha introdotto un aggiornamento che permette all’assistente di richiamare automaticamente preferenze, contesti e storici d’uso dell’utente, senza che questi debba chiedere “ricorda che…” ogni volta.

Si tratta di una funzionalità che punta a rendere l’interazione più personalizzata, ma che solleva anche questioni sul fronte della privacy e della gestione dei dati: quando un’AI “sa” troppo, occorre trasparenza e controlli adeguati.

In termini di creatività e produzione multimediale, l’app Gemini ha integrato il modello Veo 3, che consente di generare video a partire da immagini statiche o prompt testuali, includendo anche audio sincronizzato. In pratica, sarà possibile trasformare una foto in un breve video (circa 8 secondi a 720p) con movimento e suono generati dall’AI. Questo segna un’avanzata notevole nel campo dell’AI generativa multimodale, rendendo più accessibili strumenti che fino a poco tempo fa erano riservati a contesti specialistici.
benchmark “Humanity’s Last Exam”, dove Gemini 3.0 avrebbe ottenuto un punteggio del 32,4% , superando GPT-5 al 26,5% e Grok 4 al 23,9%
Riguardo al branding e alle strategie di offerta, Google ha concluso la riorganizzazione dei nomi associati a Gemini: le versioni “Pro” e “Ultra” che identificavano varianti del servizio sono state abbandonate, lasciando un’unica “app Gemini” con livelli di accesso (free, Pro, Ultra) distinti solo dal piano, e non da un nome diverso per il modello. Ciò semplifica la percezione dell’utente finale e segnala che Google vuole spostare l’attenzione più sulle capacità del servizio che sulla “versione” del modello.

Infine, va preso in considerazione il contesto regolamentare: benché le novità siano tutte positive, vi è crescente attenzione da parte di enti regolatori su come i grandi modelli AI vengano rilasciati e supervisionati.

Ad esempio, uno studio recente ha sottolineato che alcuni modelli Gemini precedenti avrebbero avuto problemi di precisione (cosiddette “Allucinazioni“), e ciò alimenta la necessità che nuove versioni come Gemini 3.0 siano accompagnate da adeguati test e comunicazioni trasparenti.

Per chi opera nel campo della cybersecurity o dell’IT, questo significa che ogni evoluzione del modello va valutata non solo per le possibilità che apre, ma anche per i nuovi rischi che può generare.

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Robot domestici e privacy il prezzo nascosto del futuro automatizzato


La casa del futuro è piena di robot. Lavanderie automatizzate, assistenti personali, piccoli colf elettronici sono tutti dispositivi progettati per liberare tempo prezioso e rendere la vita domestica più comoda. Ma dietro questa promessa di comodità si nasconde un prezzo nascosto, che riguarda la privacy.

Non solo Neo il futuro dei robot domestici


Negli ultimi mesi prodotti come Neo 1X hanno attirato l’attenzione dei media. Questo robot umanoide promette di caricare la lavastoviglie, piegare il bucato e organizzare la casa. Tuttavia, la realtà dietro le promesse è chiara perché molti di questi robot non sono ancora autonomi. Per svolgere i compiti domestici più semplici, necessitano spesso del telecontrollo da parte di un operatore umano, trasformando il robot in un prolungamento degli occhi e delle orecchie di qualcun altro.

Neo 1X il robot domestico che fa discutere


Neo 1X è diventato il simbolo della nuova generazione di robot domestici. Alto 168 centimetri e dal peso di 30 chili, promette di rivoluzionare le attività quotidiane, dalla lavastoviglie al bucato, dall’organizzazione degli scaffali al trasporto della spesa. Il prezzo, 20.000 dollari, non è accessibile a tutti, ma l’entusiasmo mediatico ha fatto sorgere domande ben più importanti dei soldi: quanto della nostra vita privata siamo disposti a mettere a disposizione di una macchina connessa?

Il punto più critico è il funzionamento reale. Sebbene la casa produttrice parli di autonomia, Neo 1X si basa ancora in gran parte sul telecontrollo umano. In pratica, un operatore remoto può prendere il controllo del robot, vedere attraverso le telecamere e ascoltare attraverso i microfoni, per completare compiti che il robot non riesce a svolgere da solo. L’azienda dichiara che esistono meccanismi di sicurezza, come sfocatura dei volti, riconoscimento vocale e zone proibite, ma i dettagli su chi gestisce i dati e come vengono registrati restano oscuri.

Inoltre, l’addestramento del robot richiede tempo e collaborazione continua dell’utente. Bernt Børnich, CEO di 1X Technologies, spiega che l’obiettivo è rendere Neo più autonomo entro il 2026, ma per il momento ogni robot rappresenta una finestra aperta sulla vita domestica, con implicazioni evidenti per la privacy e la sicurezza degli abitanti della casa. Neo 1X non è solo un esempio di robot domestico, ma anche un campanello d’allarme sul futuro della robotica, dove comodità e sorveglianza rischiano di confondersi.

E Neo è solo la punta dell’iceberg. Nei prossimi anni sul mercato arriveranno centinaia di robot connessi, tutti dotati di telecamere, microfoni e sensori, dalle cucine automatizzate agli assistenti personali nelle stanze da letto. La tecnologia promette efficienza, ma con essa emergono sfide concrete per la privacy domestica.

Il vero prezzo della comodità


Ogni robot connesso raccoglie dati, come movimenti, abitudini, conversazioni e persino informazioni sensibili. Chi avrà accesso a questi dati? Come verranno gestiti i permessi? E soprattutto, quanto controllo avremo su chi può osservare la nostra vita privata?

Molti produttori promettono sistemi di consenso, zone proibite e algoritmi che sfocano persone o oggetti, ma i dettagli tecnici rimangono spesso oscuri. La realtà è che ogni robot domestico rappresenta una potenziale finestra sulla tua casa, e non tutti i cittadini sono pronti a comprendere fino in fondo cosa questo significhi.

Robot autonomi o osservatori silenziosi?


Non si tratta solo di un problema tecnico, ma di una questione etica. Molte aziende parlano di robot “autonomi”, ma in realtà questi dispositivi richiedono ancora interventi umani diretti, sessioni di addestramento in casa e monitoraggio remoto. In pratica, la casa diventa un laboratorio di osservazione dove i dati degli utenti servono ad addestrare macchine e intelligenze artificiali.

Secondo esperti del settore come John Carmack, sarebbe più corretto parlare di assistenza domestica operata da remoto. La differenza non è banale perché significa che un estraneo può, letteralmente, entrare nella vita quotidiana senza essere fisicamente presente.

Guardare avanti cosa ci aspetta


Il futuro dei robot domestici è affascinante, ma la privacy diventerà una variabile attiva nella nostra vita quotidiana. Ogni dispositivo connesso sarà potenzialmente un osservatore e le case rischiano di trasformarsi in spazi sorvegliati, dove la tecnologia che semplifica le faccende domestiche può anche raccogliere dati sensibili o essere vulnerabile a intrusioni esterne.

La sfida per i consumatori sarà imparare a leggere i termini di servizio, valutare i livelli di sicurezza e capire fino a che punto si è disposti a cedere controllo e privacy in cambio di comodità. Il fascino della robotica domestica è forte, ma il prezzo nascosto non è economico, riguarda la tua privacy, la tua sicurezza e il tuo controllo sulla vita domestica.

Conclusione


La vera domanda non è più se vogliamo un robot in casa, ma chi o cosa entrerà con lui. Ogni nuovo robot connesso porta con sé comodità, ma anche occhi e orecchie che osservano la nostra vita privata. La privacy non è un optional da accettare distrattamente: è un diritto da difendere, un confine che decide fino a che punto siamo disposti a lasciare che la tecnologia entri nelle nostre case.

Nel futuro sempre più automatizzato, la sicurezza domestica non dipenderà solo dalla potenza dei robot, ma dalla consapevolezza con cui scegliamo di usarli. Comprendere i termini di servizio, valutare le misure di protezione e stabilire limiti chiari sarà l’unico modo per godere dei benefici della robotica senza sacrificare ciò che ci rende veramente padroni della nostra vita quotidiana.

La comodità ha un prezzo nascosto, e quel prezzo si chiama privacy.

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Il #9novembre del 1989, con la caduta del #MurodiBerlino, ha inizio la fine dei regimi comunisti nell'Europa dell'Est. In questa data, simbolo della liberazione delle nazioni oppresse dal totalitarismo, celebriamo il Giorno della Libertà.


La luce dell’anima


Meister Eckhart è uno dei più importanti teologi, filosofi e mistici del Medioevo cristiano, noto per i suoi numerosi sermoni in latino e tedesco. Questi sono peculiari per contenuto e forma e presentano un linguaggio semplice, con stile ermetico, a tratti paradossale. Eppure, a un’attenta analisi, essi rappresentano una manifestazione attiva del pensiero, una guida all’intima essenza di Dio.

Da acuto conoscitore del mistico domenicano, il traduttore Marco Vannini in questa raccolta presenta 25 sermoni, di cui cinque inediti, in latino e tedesco. La scelta dei sermoni trascende l’orizzonte temporale e invita il lettore a interrogarsi sulla potenza originaria che abita l’anima. La lettura è un itinerario che accompagna a vivere un’esperienza diretta con il divino, spogliato di ogni effigie e mediazione. Meister Eckhart, nelle sue prediche, distilla, attraverso il «distacco», il concetto di «luce nell’anima» con un’intensità teologica e mistica singolare. Il suo pensiero oscilla tra la filosofia classica e quella cristiana su questi punti: l’ascensione dell’umano verso la bellezza e il divino (Platone); la preminenza dell’intelletto puro (Aristotele); il «distacco», che libera l’anima dai limiti effimeri (Plotino); l’itinerario del rientrare in sé stessi (sant’Agostino).

La dottrina di Eckhart è radicale e limpida; la via per giungere al «distacco» passa necessariamente dalla conoscenza di sé stessi: «Chi vuole penetrare nel fondo di Dio deve prima penetrare nel fondo più intimo di se stessi; essenziale è ri-conoscerci nella realtà più profonda, in quella dello spirito che Eckhart chiama Grund der Seele, “il fondo dell’anima”» (p. 8). In questo «fondo», l’uomo si riconosce come spirito, come Dio è spirito. In questo «fondo» non vi è separazione né discontinuità, ma unità permanente: la realtà è la visione in cui non vi è né tempo né spazio, perché tempo e spazio sono coordinate intimamente connesse. In questo «fondo» «c’è una luce nell’anima dove mai è penetrato il tempo e lo spazio. Tutto ciò che il tempo e lo spazio hanno mai toccato, mai è giunto a questa luce. E in questa luce l’uomo deve permanere» (p. 60).

È in questo chiarore che l’uomo deve abitare; esso è la sua autentica essenza, la sua vera esistenza divina e spirituale. L’uomo che desidera «raggiungere la verità più alta, ricevere il dono divino del presente, generare nella stessa luce di Nostro Signore Gesù Cristo» (p. 52) deve essere distaccato, «abbandonare tutto ciò che è accidentale, tutto ciò che è sottomesso al tempo e allo spazio» (p. 149) e tendere all’«eterno presente» di Dio.

Nel «qui ed ora», nel «fondo dell’anima» non entra nessuna creatura né immagine di Dio, ma la pienezza della vita e del puro spirito. In questo amore, l’anima e Dio divengono una cosa sola, al di sopra di spazio e tempo. «Quando l’anima giunge alla pura luce, penetra nel nulla» (p. 52), e in questo «nulla» l’uomo deve permanere. Qui scompare ogni immagine, e l’uomo accoglie la rinuncia a ogni attaccamento, a ogni pretesa di voler sapere.

Con il distacco, l’uomo, attraverso la via negationis – nulla volere, nulla sapere, nulla avere –, si appropria della sua traslazione, vive l’istante misterioso, l’insondabile incontro del tempo con l’eterno, accoglie Dio nella sua essenza più pura. «Quando l’anima giunge nel luogo senza nome, nel luogo di Dio, essa riposa» (p. 68), rimane «nell’ora dell’eternità», conosce in Dio tutte le cose, come puro, nudo spirito, accoglie Dio per riversarsi in lui, cercarlo al di sopra del tempo «e vivere la pienezza del tempo, quando non c’è più il tempo» (p. 70) e «l’anima si è sottratta al tempo» (p. 73). Dio è «generato» incessantemente in questo essere umano, il quale, a sua volta, è sempre generato in Dio. Più l’uomo si denuda, più diventa simile a Dio e vive nella sua stessa beatitudine.

Il libro di Eckhart è un incoraggiamento a riscoprire il fascino dell’introspezione e la forza della luce che risplende, nascosta, dentro ogni uomo.

The post La luce dell’anima first appeared on La Civiltà Cattolica.





Quando un somaro pieno di soldi entra in politica, può far finta di essere un intelligente, ma alla fine la vera natura esce. Come si suol dire, un somaro può far finta di essere un cavallo, ma prima o poi raglia...



mi chiedo se desiderare all'esistenza di dio abbia senso. non avrebbe più senso desiderare l'esistenza di un dio giusto?
in reply to simona

i desideri cambiano il comportamento umano perché sono il motore primo delle azioni delle persone. per quello che dici te non ha neppure senso parlare male della chiesa o di quello perché tanto saremo comunque cenere prima di 100 anni.


New research “suggests that dark energy may no longer be a cosmological constant” and that the universe’s expansion is slowing down.#TheAbstract


A Fundamental ‘Constant’ of the Universe May Not Be Constant At All, Study Finds


Welcome back to the Abstract! Here are the studies this week that took a bite out of life, appealed to the death drive, gave a yellow light to the universe, and produced hitherto unknown levels of cute.

First, it’s the most epic ocean battle: orcas versus sharks (pro tip: you don’t want to be sharks). Then, a scientific approach to apocalyptic ideation; curbing cosmic enthusiasm; and last, the wonderful world of tadpole-less toads.

As always, for more of my work, check out my book First Contact: The Story of Our Obsession with Aliens, or subscribe to my personal newsletter the BeX Files.

Now, to the feast!

I guess that’s why they call them killer whales


Higuera-Rivas, Jesús Erick et al. “Novel evidence of interaction between killer whales (Orcinus orca) and juvenile white sharks (Carcharodon carcharias) in the Gulf of California, Mexico.” Frontiers in Marine Science.

Orcas kill young great white sharks by flipping them upside down and tearing their livers out of their bellies, which they then eat family-style, according to a new study that includes new footage of these Promethean interactions in Mexican waters.

“Here we document novel repeated predations by killer whales on juvenile white sharks in the Gulf of California,” said researchers led by Jesús Erick Higuera Rivas of the non-profit Pelagic Protection and Conservation AC.

“Aerial videos indicate consistency in killer whales’ repeated assaults and strikes on the sharks,” the team added. “Once extirpated from the prey body, the target organ is shared between the members of the pods including calves.”
Sequence of the killer whales attacking the first juvenile white sharks (Carcharodon carcharias) on 15th of August 2020. In (d) The partially exposed liver is seen on the right side of the second shark attacked. Photos credit: Jesús Erick Higuera Rivas.

I’ll give you a beat to let that sink in, like orca teeth on the belly of a shark. While it's well-established that orcas are the only known predator of great white sharks aside from humans, the new study is only the second glimpse of killer whales targeting juvenile sharks.

This group of orcas, known as Moctezuma’s pod, has developed an effective strategy of working together to flip the sharks over, which interrupts the sharks’ sensory system and puts them into a state called tonic immobility. The authors describe the pod’s work as methodical and well coordinated.

“Our evidence undoubtedly shows consistency in the repeated assaults and strikes, indicating efficient maneuvering ability by the killer whales in attempting to turn the shark upside down, likely to induce tonic immobility and allow uninterrupted access to the organs for consumption, " the team said. Previous reports suggest that “the lack of bite marks or injuries anywhere other than the pectoral fins shows a novel and specialized technique of accessing the liver of the shark with minimal handling of each individual.”

An orca attacking a juvenile great white shark. Image: Marco Villegas

Sharks, by the way, do not attack orcas. Just the opposite. As you can imagine based on the horrors you have just read, sharks are so petrified of killer whales that they book it whenever they sense a nearby pod.

“Adult white sharks exhibit a memory and previous knowledge about killer whales, which enables them to activate an avoidance mechanism through behavioral risk effects; a ‘fear’- induced mass exodus from aggregations sites,” the team said. “This response may preclude repeated successful predation on adult white sharks by killer whales.”

In other words, if you’re a shark, one encounter with orcas is enough to make you watch your dorsal side for life—assuming you were lucky enough to escape with it.

In other news…

Apocalypse now plz


Albrecht, Rudolf et al. “Geopolitical, Socio-Economic and Legal Aspects of the 2024PDC25 Event.” Acta Astronautica.

You may have seen the doomer humor meme to “send the asteroid already,” a plea for sweet cosmic relief that fits our beleaguered times. As it turns out, some scientists engage in this type of apocalyptic wish fulfillment professionally.

Planetary defense experts often participate in drills involving fictional hazardous asteroids, such as the 2024PDC25, a virtual object “discovered” at the 2025 Planetary Defense Conference. In that simulation, 2024PDC25 had a possible impact date in 2041.

Now a team has used that exercise as a jumping off point to explore what might happen if it hit even earlier, channeling that “send the asteroid already” energy.. The researchers used this time-crunched scenario to speculate about the effect on geopolitics and pivotal events, such as the 2028 US Presidential elections.

“As it is very difficult to extrapolate from 2025 across 16 years in this ‘what-if’ exercise, we decided to bring the scenario forward to 2031 and examine it with today’s global background,” Rudolf Albrecht of the Austrian Space Forum. “Today would be T-6 years and the threat is becoming immediate.”

As the astro-doomers would say: Finally some good news.

Big dark energy


Son, Junhyuk et al. “Strong progenitor age bias in supernova cosmology – II. Alignment with DESI BAO and signs of a non-accelerating universe.” Monthly Notices of the Royal Astronomical Society.

First, we discovered the universe was expanding. Then, we discovered it was expanding at an accelerating rate. Now, a new study suggests that this acceleration might be slowing down. Universe, make up your mind!

But seriously, the possibility that the rate of cosmic expansion is slowing is a big deal, because dark energy—the term for whatever is making the universe expand—was assumed to be a constant for decades. But this consensus has been challenged by observations from the Dark Energy Spectroscopic Instrument (DESI) in Arizona, which became operational in 2021. In its first surveys, DESI’s observations have pointed to an expansion rate that is not fixed, but in flux.

Together with past results, the study “suggests that dark energy may no longer be a cosmological constant” and “our analysis raises the possibility that the present universe is no longer in a state of accelerated expansion,” said researchers led by Junhyuk Son of Yonsei University. “This provides a fundamentally new perspective that challenges the two central pillars of the [cold dark matter] standard cosmological model proposed 27 years ago.”

It will take more research to constrain this mystery, but for now it’s a reminder that the universe loves to surprise.

And the award for most squee goes to…


Thrane, Christian et al. “Museomics and integrative taxonomy reveal three new species of glandular viviparous tree toads (Nectophrynoides) in Tanzania’s Eastern Arc Mountains (Anura: Bufonidae).” Vertebrate Zoology

We’ll end, as all things should, with toadlets. Most frogs and toads reproduce by laying eggs that hatch into tadpoles, but scientists have discovered three new species of toad in Tanzania that give birth to live young—a very rare adaptation for any amphibian, known as ovoviviparity. The scientific term for these youngsters is in fact “toadlet.” Gods be good.

“We describe three new species from the Nectophrynoides viviparus species complex, covering the southern Eastern Arc Mountains populations,” said researchers led by Christian Thrane of the University of Copenhagen. One of the new species included “the observation of toadlets, suggesting that this species is ovoviviparous.”
One of the newly described toad species, Nectophrynoides luhomeroensis. Image: John Lyarkurwa.

Note to Nintendo: please make a very tiny Toadlet into a Mario Kart racer.

Thanks for reading! See you next week.




Maria Zakharova: Il Segretario generale della NATO Rutte ha affermato che la Russia non è sola nei suoi tentativi di indebolire le regole globali: "Come sapete, collabora con Cina, Corea del Nord, Iran e altri".

Innanzitutto, a cosa si riferiscono esattamente queste "regole globali"? Vi prego di pubblicarne l'elenco completo sul sito web della NATO. Finora, nessuno sa a quali "regole" si riferisca Rutte.

In secondo luogo, la Russia, come la Cina e la maggioranza globale, ha sempre dichiarato il proprio impegno nei confronti del diritto internazionale. È la NATO che lo ha ripetutamente violato con le sue azioni aggressive e coalizioni illegittime: invadendo l'Iraq con falsi pretesti, bombardando la Jugoslavia, ecc.

In terzo luogo, non ricordo che nessun paese membro della NATO abbia dichiarato di voler porre fine alla cooperazione, ad esempio con la Cina, menzionata da Rutte. Di recente, c'è stato un vertice tra Stati Uniti e Cina – non ho sentito Rutte criticare il Presidente degli Stati Uniti per questo.

L'antieuropeista



youtube.com/watch?v=-p-gPf-HGV…

a me ricorda un po' il moby prince.






“Non abbiate paura di testimoniare che siete cristiani, di vivere il Vangelo con entusiasmo e di condividere la gioia che nasce dall’incontro con il Signore”.


“Congiungiamo le radici cristiane e l’apertura a tutti”. Con queste parole i vescovi di Francia, riuniti in Assemblea plenaria a Lourdes, si sono rivolti agli operatori dell’insegnamento della religione cattolica, esprimendo gratitudine e vicinanza a…


Nel pomeriggio di oggi Papa Leone XIV ha incontrato 15 persone provenienti dal Belgio, vittime di abuso, quando erano minori, da parte di membri del clero. Lo rende noto la Sala Stampa della Santa Sede.


a me pare che qua in europa l'unica che spinga i paesi europei ad avere paura e a sentirsi minacciati sia la russia stessa.... veramente.... la russia (Lavrov) ci accusa di fare quello che le conseguenze delle azioni russe rendono necessario? anche questa storia dei droni russi dovrebbe servire a farci sentire più al sicuro? non capisco.


proposta del segretario della CGIL Maurizio Landini di introdurre un “contributo di solidarietà” dell’1,3 per cento sui patrimoni netti superiori a 2 milioni di euro".

Considerato che il più scalcagnato dei lavoratori italiani paga il 23% di tasse sull'unica cosa che ha, ovvero il reddito, una proposta del genere mi sembra fin troppo timida.


Perché si riparla di una tassa patrimoniale - Il Post
https://www.ilpost.it/2025/11/09/tassa-patrimoniale/?utm_source=flipboard&utm_medium=activitypub

Pubblicato su News @news-ilPost




L’impegno delle Forze armate tra onore e riconoscenza

@Notizie dall'Italia e dal mondo

Il ministro della difesa Guido Crosetto, in una intervista alla Rivista Aeronautica, che celebra i 100 anni di vita, ha evidenziato che “il personale della Difesa resta la nostra risorsa più preziosa. Donne e uomini che operano spesso in contesti difficili con professionalità, umanità, spirito di servizio, e




D.K. Harrell – Talkin’ Heavy
freezonemagazine.com/articoli/…
Il ragazzo il Blues lo parla chiaro… Stavo iniziando a scrivere di tutt’altro quando, nella esasperante, nebbiosa, quotidianità post-moderna fatta di quotidiane post-minchiate si è fatto largo, come una Ricola data a un bronchitico, D.Keyran Harrell giovane Bluesman (26 anni, aprile 1999, Ruston Louisiana) vestito di fine broccato. Planato in salotto da un dispositivo a […]
L'articolo D.K. Harrell
Il


Non solo un lavoro di qualità, ma anche prospettive di qualità


@Notizie dall'Italia e dal mondo
Stiamo tornando a far rallentare il mondo. Ma l’ultimo periodo, per noi, non è stato per niente semplice. Ci siamo scontrati con la difficoltà di portare avanti un’attività giornalistica indipendente e renderla al contempo sostenibile. Nonostante i nostri buoni propositi, la mancanza di risorse





Una panoramica delle potenze militari nel mondo

@Notizie dall'Italia e dal mondo

Il sito web militare statunitense Global Firepower ha recentemente pubblicato la sua classifica della potenza militare mondiale per il 2025, con i primi dieci classificati come segue: Stati Uniti d’America, Russia, Repubblica Popolare della Cina, India, Repubblica di Corea (sud), Regno Unito, Francia, Giappone, Turchia e


in reply to Nabil Hunt

Hello and welcome to poliverso.org

Friendica is a somewhat unique software: a little more difficult to use than Mastodon, but infinitely richer in features.

I noticed that your first test post was written in English. That's not a problem, but I remind you that poliverso.org is a server dedicated to an audience that communicates primarily in Italian, so it would be appropriate for most of your posts to be in that language.

If you prefer to continue communicating in English, you can search for other Friendica servers at this link:

friendica.fediverse.observer/l…

Best regards and have a good Sunday



Quel momento in cui capisci che realizzare il tuo sogno è impossibile.


Non so se vi è mai capitato di avere un sogno, sperare di poterlo realizzare, e poi desiderare che si avveri, ogni giorno più intensamente.

A me è capitato tante volte, e altrettante volte i sogni si sono infranti. Alcuni erano anche molto grandi, e la delusione è stata tanta quando è successo. Forse sono una persona che si crea troppe aspettative; chissà.

Ma quando il mio sogno è diventato quello di non provare più dolore e malessere, allora la questione è cambiata: era GIUSTO che io realizzassi quel sogno. Pensavo che ci sarei riuscito facilmente, e non solo mi sembrava che una qualche giustizia divina me lo avrebbe concesso, ma addirittura che sarebbe stato più semplice riuscirci, più che per tutti gli altri sogni che avevo coltivato.

Non è stato così.

Il sogno di vivere a Tenerife si è sbriciolato velocemente dal 2020 in poi, quando ho iniziato a capire che quel posto, l'unico in cui io stia davvero bene, non era più vivibile. Troppe persone ci si sono trasferite, troppi turisti continuano ad andarci, rendendolo di fatto un luogo inospitale.

Riuscite ad immaginare come mi sentivo ritornando a Tenerife, dopo che avevo capito che anche a El Hierro non avrei potuto vivere?

Cercavo di non rovinarmi quei pochi giorni di permanenza amara, in cui tutto ciò che vedevo - e sentivo - somigliava ad una preziosa torta, che i miei occhi di bambino non potevano vedere, ma non toccare.

Eppure, l'isola è riuscita ad insegnarmi qualcosa.

Di nuovo.

Il racconto è in questo episodio del podcast.


Tenerife: l'isola perfetta, dove non posso vivere.
Nel quinto episodio del podcast in cui cerco una nuova casa, eccomi di nuovo a Tenerife, l'isola dove mi sarei dovuto trasferire ma che nel frattempo è diventata "inospitale".
Ogni volta che la vedo è una fitta al cuore, ma anche stavolta mi ha insegnato qualcosa di importante.
Buon ascolto.



Non spegniamo le luci su Gaza


@Giornalismo e disordine informativo
articolo21.org/2025/11/non-spe…
Notizie sempre più scarne. L’informazione toglie spazio a Gaza e alla Cisgiordania con poche eccezioni, per esempio quelle di Avvenire e Il Manifesto. Ma il dramma che si è consumato a Gaza durante i bombardamenti israeliani non si è esaurito, purtroppo, con la fragile pace americana.




This week, we discuss archiving to get around paywalls, hating on smart glasses, and more.#BehindTheBlog


Behind the Blog: Paywall Jumping and Smart Glasses


This is Behind the Blog, where we share our behind-the-scenes thoughts about how a few of our top stories of the week came together. This week, we discuss archiving to get around paywalls, hating on smart glasses, and more.

JASON: I was going to try to twist myself into knots attempting to explain the throughline between my articles this week, and about how I’ve been thinking about the news and our coverage more broadly. This was going to be something about trying to promote analog media and distinctly human ways of communicating (like film photography), while highlighting the very bad economic and political incentives pushing us toward fundamentally dehumanizing, anti-human methods of communicating. Like fully automated, highly customized and targeted AI ads, automated library software, and I guess whatever Nancy Pelosi has been doing with her stock portfolio. But then I remembered that I blogged about the FBI’s subpoena against archive.is, a website I feel very ambivalent about and one that is the subject of perhaps my most cringe blog of all time.

So let’s revisit that cringe blog, which was called “Dear GamerGate: Please Stop Stealing Our Shit.” I wrote this article in 2014, which was fully 11 years ago, which is alarming to me. First things first: They were not stealing from me they were stealing from VICE, a company that I did not actually experience financial gains from related to people reading articles; it was good if people read my articles and traffic was very important, and getting traffic over time led to me getting raises and promotions and stuff, but the company made very, very clear that we did not “own” the articles and therefore they were not “mine” in the way that they are now. With that out of the way, the reporting and general reason for the article was I think good but the tone of it is kind of wildly off, and, as I mentioned, over the course of many years I have now come to regard archive.is as sort of an integral archiving tool. If you are unfamiliar with archive.is, it’s a site that takes snapshots of any URL and creates a new link for them which, notably, does not go to the original website. Archive.is is extremely well known for bypassing the paywalls on many sites, 404 Media sometimes but not usually among them.

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X and TikTok accounts are dedicated to posting AI-generated videos of women being strangled.#News #AI #Sora


OpenAI’s Sora 2 Floods Social Media With Videos of Women Being Strangled


Social media accounts on TikTok and X are posting AI-generated videos of women and girls being strangled, showing yet another example of generative AI companies failing to prevent users from creating media that violates their own policies against violent content.

One account on X has been posting dozens of AI-generated strangulation videos starting in mid-October. The videos are usually 10 seconds long and mostly feature a “teenage girl” being strangled, crying, and struggling to resist until her eyes close and she falls to the ground. Some titles for the videos include: “A Teenage Girl Cheerleader Was Strangled As She Was Distressed,” “Prep School Girls Were Strangled By The Murderer!” and “man strangled a high school cheerleader with a purse strap which is crazy.”

Many of the videos posted by this X account in October include the watermark for Sora 2, Open AI’s video generator, which was made available to the public on September 30. Other videos, including most videos that were posted by the account in November, do not include a watermark but are clearly AI generated. We don’t know if these videos were generated with Sora 2 and had their watermark removed, which is trivial to do, or created with another AI video generator.

The X account is small, with only 17 followers and a few hundred views on each post. A TikTok account with a similar username that was posting similar AI-generated choking videos had more than a thousand followers and regularly got thousands of views. Both accounts started posting the AI-generated videos in October. Prior to that, the accounts were posting clips of scenes, mostly from real Korean dramas, in which women are being strangled. I first learned about the X account from a 404 Media reader, who told me X declined to remove the account after they reported it.

“According to our Community Guidelines, we don't allow hate speech, hateful behavior, or promotion of hateful ideologies,” a TikTok spokesperson told me in an email. The TikTok account was also removed after I reached out for comment. “That includes content that attacks people based on protected attributes like race, religion, gender, or sexual orientation.”

X did not respond to a request for comment.

OpenAI did not respond to a request for comment, but its policies state that “graphic violence or content promoting violence” may be removed from the Sora Feed, where users can see what other users are generating. In our testing, Sora immediately generated a video for the prompt “man choking woman” which looked similar to the videos posted to TikTok and X. When Sora finished generating those videos it sent us notifications like “Your choke scene just went live, brace for chaos,” and “Yikes, intense choke scene, watch responsibly.” Sora declined to generate a video for the prompt “man choking woman with belt,” saying “This content may violate our content policies.”

Safe and consensual choking is common in adult entertainment, be it various forms of BDSM or more niche fetishes focusing on choking specifically, and that content is easy to find wherever adult entertainment is available. Choking scenes are also common social media and more mainstream horror movies and TV shows. The UK government recently announced that it will soon make it illegal to publish or possess pornographic depictions of strangulation of suffocation.

It’s not surprising, then, that when generative AI tools are made available to the public some people generate choking videos and violent content as well. In September, I reported about an AI-generated YouTube channel that exclusively posted videos of women being shot. Those videos were generated with Google’s Veo AI-video generator, despite it being against the company’s policies. Google said it took action against the user who was posting those videos.

Sora 2 had to make several changes to its guardrails since it launched after people used it to make videos of popular cartoon characters depicted as Nazis and other forms of copyright infringement.


#ai #News #sora


Early humans crafted the same tools for hundreds of thousands of years, offering an unprecedented glimpse of a continuous tradition that may push back the origins of technology.#TheAbstract


Advanced 2.5 Million-Year-Old Tools May Rewrite Human History


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After a decade-long excavation at a remote site in Kenya, scientists have unearthed evidence that our early human relatives continuously fashioned the same tools across thousands of generations, hinting that sophisticated tool use may have originated much earlier than previously known, according to a new study in Nature Communications.

The discovery of nearly 1,300 artifacts—with ages that span 2.44 to 2.75 million years old—reveals that the influential Oldowan tool-making tradition existed across at least 300,000 years of turbulent environmental shifts. The wealth of new tools from Kenya’s Namorotukunan site suggest that their makers adapted to major environmental changes in part by passing technological knowledge down through the ages.

“The question was: did they generally just reinvent the [Oldowan tradition] over and over again? That made a lot of sense when you had a record that was kind of sporadic,” said David R. Braun, a professor of anthropology at the George Washington University who led the study, in a call with 404 Media.

“But the fact that we see so much similarity between 2.4 and 2.75 [million years ago] suggests that this is generally something that they do,” he continued. “Some of it may be passed down through social learning, like observation of others doing it. There’s some kind of tradition that continues on for this timeframe that would argue against this idea of just constantly reinventing the wheel.”

Oldowan tools, which date back at least 2.75 million years, are distinct from earlier traditions in part because hominins, the broader family to which humans belong, specifically sought out high-quality materials such as chert and quartz to craft sharp-edged cutting and digging tools. This advancement allowed them to butcher large animals, like hippos, and possibly dig for underground food sources.

When Braun and his colleagues began excavating at Namorotukunan in 2013, they found many artifacts made of chalcedony, a fine-grained rock that is typically associated with much later tool-making traditions. To the team’s surprise, the rocks were dated to periods as early as 2.75 million years ago, making them among the oldest artifacts in the Oldowan record.

“Even though Oldowan technology is really just hitting one rock against the other, there's good and bad ways of doing it,” Braun explained. “So even though it's pretty simple, what they seem to be figuring out is where to hit the rock, and which angles to select. They seem to be getting a grip on that—not as well as later in time—but they're definitely getting an understanding at this timeframe.”
Some of the Namorotukunan tools. Image: Koobi Fora Research and Training Program
The excavation was difficult as it takes several days just to reach the remote offroad site, while much of the work involved tiptoing along steep outcrops. Braun joked that their auto mechanic lined up all the vehicle shocks that had been broken during the drive each season, as a testament to the challenge.

But by the time the project finally concluded in 2022, the researchers had established that Oldowan tools were made at this site over the course of 300,000 years. During this span, the landscape of Namorotukunan shifted from lush humid forests to arid desert shrubland and back again. Despite these destabilizing shifts in their climate and biome, the hominins that made these tools endured in part because this technology opened up new food sources to them, such as the carcasses of large animals.

“The whole landscape really shifts,” Braun said. “But hominins are able to basically ameliorate those rapid changes in the amount of rainfall and the vegetation around by using tools to adapt to what’s happening.”

“That's a human superpower—it’s that ability we have to keep this information stored in our collective heads, so that when new challenges show up, there's somebody in our group that remembers how to deal with this particular adaptation,” he added.

It’s not clear exactly which species of hominin made the tools at Namorotukunan; it may have been early members of our own genus Homo, or other relatives, like Australopithecus afarensis, that later went extinct. Regardless, the discovery of such a long-lived and continuous assemblage may hint that the origins of these tools are much older than we currently know.

“I think that we're going to start to find tool use much earlier” perhaps “going back five, six, or seven million years,” Braun said. “That’s total speculation. I've got no evidence that that's the case. But judging from what primates do, I don't really understand why we wouldn't see it.”

To that end, the researchers plan to continue excavating these bygone landscapes to search for more artifacts and hominin remains that could shed light on the identity of these tool makers, probing the origins of these early technologies that eventually led to humanity’s dominance on the planet.

“It's possible that this tool use is so diverse and so different from our expectations that we have blinders on,” Braun concluded. “We have to open our search for what tool use looks like, and then we might start to see that they're actually doing a lot more of it than we thought they were.”