i lettori di Oggettistica non sanno trattenere la gioia: mobilizon.it/events/48fe58dd-a…
chi vuole, chi può, si unisca ai lettori di Oggettistica questo sabato, a Roma, alle 17:30 presso la Biblioteca Pagliarani in via M. Bragadin 122b.
29 novembre: OGGETTISTICA, di Marco Giovenale, allo Spazio Pagliarani, con Massimiliano Manganelli
A Roma, sabato 29 novembre, alle ore 17:30, presso la Biblioteca Pagliarani (via M. Bragadin 122 b) presentazione del libro di prose in prosa di Marco Giovenale OGGETTISTICA (Tic Edizioni) letture dell'autore e interventi critici di Massimiliano M…mobilizon.it
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Perché è così difficile fermare i deepnude
@Informatica (Italy e non Italy 😁)
Immagini sessualmente esplicite e generate tramite intelligenza artificiale senza il consenso delle vittime, che sono sempre donne: tra complicità delle piattaforme, regole carenti e cultura insufficiente
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Ribellarsi alla violenza degli uomini sulle donne è un modo anche per lottare contro le mafie
@Giornalismo e disordine informativo
articolo21.org/2025/11/ribella…
Ribellarsi alla violenza praticata dagli uomini sulle donne è un modo per continuare la lotta
Giornalismo e disordine informativo reshared this.
la soluzione (che non è una “soluzione” ma un modo di viversi le cose, la vita) potrebbe semmai consistere nel [...] -> noblogo.org/differx/con-tutti-…
#social #fediverso #socialgeneralisti #mainstream #noblogo #noblogs #wordpress #archive #mastodon #friendica #kofi
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freezonemagazine.com/rubriche/…
Londra, Royal Festival Hall, 20 febbraio 2004: Brian Wilson, davanti ad una platea di tremila persone, presenta la première di SMILE, l’album perduto, il Santo Graal della musica popolare americana. Oltre al compositore e autore dei testi Van Dyke Parks, nel pubblico sono presenti Paul McCartney e George Martin a chiudere plasticamente il cerchio dell’epoca […]
L'articolo
Il Chiapas celebra, il Messico si incrina: l’EZLN compie 42 anni mentre le destre cavalcano il malcontento
@Notizie dall'Italia e dal mondo
Le celebrazioni zapatiste coincidono con una protesta nazionale eterogenea che rivela le fragilità della presidenza Sheinbaum.
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A Bird Watching Assistant
When AI is being touted as the latest tool to replace writers, filmmakers, and other creative talent it can be a bit depressing staring down the barrel of a future dystopia — especially since most LLMs just parrot their training data and aren’t actually creative. But AI can have some legitimate strengths when it’s taken under wing as an assistant rather than an outright replacement.
For example [Aarav] is happy as a lark when birdwatching, but the birds aren’t always around and it can sometimes be a bit of a wild goose chase waiting hours for them to show up. To help him with that he built this machine learning tool to help alert him to the presence of birds.
The small device is based on a Raspberry Pi 5 with an AI hat nested on top, and uses a wide-angle camera to keep an eagle-eyed lookout of a space like a garden or forest. It runs a few scripts in Python leveraging the OpenCV library, which is a widely available machine learning tool that allows users to easily interact with image recognition. When perched to view an outdoor area, it sends out an email notification to the user’s phone when it detects bird activity so that they can join the action swiftly if they happen to be doing other things at the time. The system also logs hourly bird-counts and creates a daily graph, helping users identify peak bird-watching times.
Right now the system can only detect the presence of birds in general, but he hopes to build future versions that can identify birds with more specificity, perhaps down to the species. Identifying birds by vision is certainly one viable way of going about this process, but one of our other favorite bird-watching tools was demonstrated by [Benn Jordan] which uses similar hardware but listens for bird calls rather than looking for the birds with a vision-based system.
youtube.com/embed/KmH63ENa5fA?…
Cyber Risk in Medio Oriente: tra investimenti record e attacchi sempre più sofisticati
L’attenzione globale verso la sicurezza informatica continua a crescere in un contesto dominato dalla trasformazione digitale e dalla rapida diffusione delle tecnologie basate sull’intelligenza artificiale, fattori che rendono più semplice individuare vulnerabilità e condurre attacchi complessi. In questo scenario, la capacità di un Paese di garantire protezione, coordinamento, formazione e cooperazione internazionale è diventata un indicatore essenziale della stabilità nazionale.
Nel Global Cybersecurity Index 2024, l’Egitto e il Qatar hanno ottenuto un punteggio massimo di 100, entrando tra i 12 Paesi con le performance più elevate a livello mondiale. Il risultato è stato raggiunto grazie alla conformità ai cinque pilastri che compongono l’indice: quadro legislativo, protezione tecnica, struttura organizzativa, programmi di sviluppo delle competenze e collaborazione internazionale.
La piena aderenza a questi criteri colloca entrambi gli Stati tra i modelli di riferimento globali, all’interno del gruppo dei 46 Paesi considerati all’avanguardia in materia di cybersecurity.
Parallelamente, l’Arabia Saudita ha consolidato la propria posizione come leader regionale per investimenti nel settore.
Nel 2024, la spesa saudita per la sicurezza informatica ha raggiunto circa 4,8 miliardi di dollari (pari a 15,2 miliardi di riyal), con un incremento del 14% rispetto all’anno precedente. Secondo i dati dell’Autorità nazionale per la sicurezza informatica, questo andamento riflette un processo continuo di rafforzamento delle infrastrutture digitali e delle misure di difesa del cyberspazio nazionale.
Il report GCI 2024 evidenzia tuttavia una marcata eterogeneità tra i Paesi arabi. Oltre ai Paesi con i punteggi più elevati – tra cui Emirati Arabi Uniti, Oman, Bahrein, Giordania e Marocco, con valori compresi tra 95 e 100 – emergono realtà ancora in fase di consolidamento. Algeria, Libia, Tunisia e Kuwait si collocano in un livello intermedio, con punteggi tra 55 e 85, indicativi di sistemi in evoluzione che richiedono ulteriori investimenti in capacità tecniche e cooperazione internazionale.
Iraq, Libano, Mauritania, Sudan, Siria e Palestina rientrano in una fase iniziale di costruzione dei quadri regolatori, con punteggi compresi tra 20 e 55. Lo Yemen chiude la classifica regionale, con risultati inferiori a 20 punti, riflettendo un ecosistema di sicurezza informatica ancora allo stadio embrionale.
Il quadro è reso più critico dal forte aumento delle minacce nel Medio Oriente. Il phishing rimane una delle tecniche più utilizzate, sostenuto da metodi avanzati di ingegneria sociale. Gli attacchi DDoS hanno registrato un incremento particolarmente rilevante, con un +236% nel secondo trimestre del 2025. In parallelo, sono cresciuti anche gli attacchi contro applicazioni Microsoft Office, il furto di credenziali, lo spyware, le intrusioni contro le API e le attività di ricognizione.
Le operazioni di ransomware e di estorsione rappresentano circa la metà degli attacchi con movente identificabile. Crescono inoltre le offensive che sfruttano l’intelligenza artificiale, in particolare per automatizzare la ricerca di falle nei sistemi e rendere più efficaci le campagne di phishing. Secondo le stime, un singolo incidente informatico nella regione comporta un costo medio di circa 8 milioni di dollari, valore quasi doppio rispetto alla media globale. I settori più colpiti sono comunicazioni, energia, trasporti, sanità e finanza, confermando l’urgenza di investimenti strutturali e politiche coordinate per proteggere attività economiche e servizi essenziali.
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Anonimato sempre più a rischio! Nel mirino ora l’utilizzo delle VPN
Diversi stati degli Stati Uniti stanno discutendo nuove restrizioni che potrebbero cambiare significativamente l’approccio tradizionale alla privacy online. I legislatori del Wisconsin e del Michigan stanno valutando iniziative volte a contrastare il materiale ritenuto pericoloso per i minori.
L’attenzione si concentra sui siti web con contenuti riservati ai maggiori di 18 anni, nonché sulle piattaforme in cui possono comparire incitamenti all’odio e altre informazioni discutibili. In questi dibattiti, si sta affermando sempre più l’idea che la protezione dei minori richieda non solo filtri basati sull’età, ma anche il controllo degli strumenti.
I servizi VPN sono considerati uno di questi strumenti.
In questo contesto, nel Wisconsin è stato presentato un disegno di legge che imporrebbe ai siti web con contenuti espliciti non solo di implementare sistemi di verifica dell’età, ma anche di bloccare chiunque tenti di accedere al sito tramite una VPN. Il disegno di legge è già stato approvato dalla Camera e sta avanzando al Senato.
Se approvato, lo stato diventerebbe il primo negli Stati Uniti a vietare l’uso delle VPN per accedere a tali contenuti.
Un disegno di legge simile è in discussione in Michigan, ma l’iniziativa propone un approccio ancora più rigoroso. I provider potrebbero essere obbligati a monitorare e interrompere le connessioni VPN a livello di rete. Tuttavia, il disegno di legge locale si è arenato all’inizio del suo iter legislativo.
L’organizzazione americana Electronic Frontier Foundation critica duramente tali iniziative.
Il gruppo ritiene che limitare tali servizi con il pretesto di preoccupazioni per la sicurezza significhi di fatto sacrificare la propria privacy per accedere a contenuti legali. Secondo gli attivisti per i diritti umani, tali misure colpiranno tutti, dai dipendenti aziendali e studenti ai giornalisti e a coloro che semplicemente cercano di proteggere i propri dati personali. L’organizzazione sottolinea che le procedure di verifica dell’età di per sé presentano dei rischi: sono implementate in modo inadeguato, richiedono il trasferimento di dati sensibili e sono facilmente aggirabili, causando quindi più danni che benefici.
Invece di imporre divieti, l’EFF propone di concentrarsi su soluzioni più efficaci: educare i bambini alla sicurezza online, migliorare gli strumenti per i genitori e affrontare le cause profonde delle minacce online. L’organizzazione ritiene che l’erosione della privacy e il blocco delle tecnologie che aiutano i gruppi vulnerabili, tra cui giornalisti, attivisti e persone perseguitate, non porteranno a reali miglioramenti nella protezione dei minori.
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Logitech subisce un attacco informatico e una violazione dei dati
I rappresentanti di Logitech hanno notificato alle autorità un attacco informatico e una grave violazione dei dati. Il famigerato gruppo ransomware Clop, che da diversi mesi prende di mira le aziende sfruttando una vulnerabilità in Oracle E-Business Suite, ha rivendicato la responsabilità dell’attacco.
L’azienda ha presentato una notifica ufficiale alla Securities and Exchange Commission degli Stati Uniti, riconoscendo il furto di dati. I rappresentanti di Logitech riferiscono che l’incidente non ha avuto ripercussioni sulla produzione o sui prodotti dell’azienda, né sui suoi processi aziendali. Subito dopo aver scoperto la violazione, l’azienda ha incaricato esperti di sicurezza informatica terzi di fornire assistenza nelle indagini.
Logitech sostiene che i dati compromessi includono informazioni limitate su dipendenti e utenti, nonché dettagli su clienti e fornitori. Tuttavia, l’azienda sostiene che gli hacker non hanno avuto accesso a carte d’identità, dati di carte bancarie o altre informazioni sensibili, poiché queste informazioni non erano archiviate nei sistemi compromessi.
La scorsa settimana, il gruppo di hacker Clop ha aggiunto Logitech al suo sito di dump di dati, pubblicando quasi 1,8 TB di informazioni presumibilmente rubate all’azienda. Secondo Logitech, l’attacco è stato causato da una vulnerabilità zero-day scoperta in un fornitore terzo e corretta subito dopo il suo rilascio.
Gli operatori di Clop hanno sfruttato attivamente questa vulnerabilità già a luglio 2025 per lanciare attacchi di massa ai clienti aziendali Oracle. A ottobre, gli specialisti di Mandiant e Google hanno rilevato una campagna ransomware su larga scala: decine di aziende hanno ricevuto messaggi ransomware dagli operatori di Clop. Gli aggressori minacciavano di divulgare i dati rubati da Oracle E-Business Suite se le vittime non avessero pagato il riscatto. Gli sviluppatori di Oracle hanno quindi confermato la vulnerabilità e rilasciato una patch di emergenza.
Le dichiarazioni di Logitech suggeriscono che l’azienda ha installato l’aggiornamento di emergenza subito dopo il suo rilascio, ma era troppo tardi e i dati erano già stati rubati.
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Il ritorno del comando finger: utilizzato per attacchi informatici su Windows
Un comando di servizio quasi dimenticato è tornato alla ribalta dopo essere stato individuato in nuovi schemi di infezione dei dispositivi Windows. Per decenni considerato una reliquia delle origini di Internet, il meccanismo viene ora utilizzato in attacchi camuffati da controlli e query innocui offerti alle vittime in una finestra del prompt dei comandi.
Il comando finger, un tempo progettato per ottenere informazioni utente su server Unix e Linux, era presente anche in Windows. Restituiva il nome dell’account, la directory home e altre informazioni di base. Sebbene il protocollo sia ancora supportato, il suo utilizzo è in gran parte scomparso. Tuttavia, per gli aggressori, questo rappresenta in realtà un vantaggio: pochi si aspetterebbero di vedere attività di rete attraverso un canale del genere.
Recenti osservazioni hanno dimostrato che finger ha iniziato a essere utilizzato in schemi simili a ClickFix, in cui i comandi da eseguire sul dispositivo vengono scaricati da una fonte remota. Gli esperti hanno da tempo notato che il comando può fungere da strumento di supporto di Windows ed essere utilizzato per scaricare dati dannosi.
Fu in queste nuove campagne che il metodo venne ulteriormente sviluppato. Il team di MalwareHunterTeam ha fornito un file batch di esempio che accede a un server remoto tramite finger e inviava l’output risultante direttamente a cmd per l’esecuzione. I domini coinvolti in questa attività non sono più accessibili, ma i ricercatori hanno scoperto altri esempi dello stesso approccio.
Le prime vittime hanno postato su Reddit : in un thread, un utente ha descritto di essersi imbattuto in un CAPTCHA falso che richiedeva l’apertura di una finestra di avvio e l’inserimento di un comando per verificare la propria identità. La stringa inserita avviava una richiesta di tipo “finger” a un altro server e passava l’output risultante a un interprete Windows.
Di conseguenza, è stata creata una directory temporanea, il programma di sistema curl è stato copiato con un nome casuale, è stato scaricato un archivio mascherato da PDF ed è stato decompresso un set di file Python. Il programma è stato quindi avviato tramite pythonw.exe, dopodiché è stata effettuata una richiesta al server degli aggressori e sullo schermo è stato visualizzato un falso messaggio di “verifica”.
Il contenuto dell’archivio indicava un tentativo di furto di dati. Contemporaneamente, il team di MalwareHunterTeam ha scoperto anche altre attività: il comando finger veniva utilizzato per scaricare un set di comandi quasi identico, ma con controlli aggiuntivi. Prima di eseguire le sue azioni, lo script cercava nel computer strumenti di analisi malware, da Process Explorer e Procmon a Wireshark, Fiddler e debugger. Se tali strumenti venivano rilevati, l’esecuzione veniva interrotta.
Non essendo stati trovati strumenti di questo tipo, è stato scaricato e decompresso un nuovo archivio, anch’esso mascherato da documento PDF. Questa volta, conteneva il pacchetto di amministrazione remota di NetSupport Manager. Dopo la decompressione, una serie di comandi ha configurato il task scheduler per avviare l’accesso remoto al successivo accesso del sistema.
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Uscito il libro “Il Futuro Prossimo”: un libro che ci riguarda tutti
Ci sono libri che spiegano la tecnologia e libri che ti fanno capire perché dovresti fermarti un minuto prima di scorrere un feed. Il Futuro Prossimo, il nuovo lavoro di Sandro Sana, disponibile su Amazon, appartiene alla seconda categoria: non pretende di formarti, pretende di farti pensare. E lo fa senza tecnicismi, senza barriere e senza quella distanza che spesso l’informatica mette tra chi scrive e chi legge.
Sandro Sana è una figura nota nel mondo della cybersecurity italiana (CISO e direttore della divisione Cyber di Eurosystem, docente, divulgatore, membro del Comitato Scientifico del Competence Center Nazionale Cyber 4.0, membro del Gruppo DarkLab ed editorialista di Red Hot Cyber) ma qui accantona volutamente la postura del tecnico per adottare quella del narratore lucido.
Non rinuncia alla precisione che lo contraddistingue, ma la restituisce in forma umana, discorsiva, diretta. Il risultato è un libro che, pur parlando di rischi, algoritmi e intelligenza artificiale, si può leggere anche sul divano, la sera, dopo una giornata normale.
Quarta di copertina
A un certo punto, mentre si sfoglia il libro, si ha la sensazione di leggere non solo un saggio, ma una vera dichiarazione di responsabilità civile. Lo si capisce chiaramente da ciò che l’autore ha scelto di mettere in quarta di copertina, una sorta di bussola emotiva per chi si prepara ad affrontare queste pagine:
Il futuro non bussa più: entra di corsa. Smartphone, intelligenza artificiale, social, truffe digitali, privacy in frantumi: ogni giorno prendiamo centinaia di micro-decisioni senza accorgercene. Il futuro prossimo è la bussola per non farsi travolgere, ritrovare il respiro e scegliere con lucidità.Scritto con lo sguardo di un Gen X che ha visto nascere Internet, dal Commodore 64 ai modelli generativi, questo libro unisce racconto, consapevolezza e pratica.
Questo non è un libro contro la tecnologia: è un libro per le persone. Per ricordarci che la vita non va vissuta per procura, e che le macchine, se messe al loro posto, possono diventare alleate di una qualità di vita migliore.
Queste righe non sono solo una presentazione editoriale: sono la missione del libro.
Leggendole, si capisce immediatamente che Il Futuro Prossimo non vuole “spaventare”, non vuole “educare” dall’alto della cattedra, non vuole l’ennesima retorica contro i social o l’IA.
Vuole restituire misura, consapevolezza, ritmo.
Vuole rimettere la persona al centro.
Un racconto che parte dal passato per dirci chi siamo diventati
La forza del libro è nella sua continuità narrativa: Sana non parte dai rischi né dall’IA, parte dalla storia personale e dalle radici culturali. Il lettore entra subito in un confronto generazionale che mette in scena un’accelerazione che tutti percepiscono, ma pochi hanno avuto il coraggio di dire così apertamente:
“Se mio nonno ha avuto una vita intera per abituarsi all’elettricità e mio padre decenni per accogliere televisione e automobile, se io ho avuto anni per digerire l’arrivo del computer e di Internet, i miei figli quante ore avranno per comprendere l’impatto dell’intelligenza artificiale sulle loro vite?”
È uno dei passaggi più potenti dell’intero volume: l’idea che il tempo dell’adattamento umano si sia ridotto a un battito di ciglia, mentre la complessità cresce in modo esponenziale.
Da qui, lo storytelling assume una forma quasi cinematografica. Il Prologo ci riporta agli anni ’80, a un’epoca in cui il mondo digitale era un gioco fatto di cassette e attese, ma anche di stupore e prime domande:
“Quando negli anni ’80 entrai per la prima volta in contatto con un Commodore 64 (…) quel piccolo computer stava aprendo le porte a un mondo nuovo. Era un ponte tra divertimento e scoperta.”
È in queste radici che si costruisce il tono dell’intero libro: uno sguardo che ricorda, osserva, confronta, e poi guida il lettore dentro ciò che il digitale è diventato oggi.
Dalla memoria al presente: vivere nella società connessa
Il viaggio prosegue in un racconto della società digitale che non giudica, non condanna, ma mette in ordine ciò che proviamo tutti: attrazione e fatica, potere e fragilità. Sana descrive il nostro tempo come una casa bellissima ma fatta di vetri, dove la connessione è un privilegio e una pressione insieme:
“La società digitale è casa nostra. Vista meravigliosa, muri trasparenti. Ma ci sono vetri da pulire e tende da tirare. (…) Se impariamo a nominare bene le cose, torneremo anche a viverle bene.”
È un invito discreto ma potentissimo: essere presenti, non semplicemente connessi e capire che l’educazione digitale non riguarda il “saper usare”, ma il “saper scegliere”.
La narrazione tocca poi il tema della privacy e lo fa con uno stile che mescola osservazione quotidiana e consapevolezza:
“Ogni gesto lascia una briciola, e le briciole diventano tracce, le tracce profili, i profili previsioni. (…) Non è un furto plateale, è un trasloco silenzioso.”
È una delle frasi più riuscite di tutto il volume, perché dice esattamente ciò che tutti sentiamo, anche senza trovare le parole per spiegarlo: la sensazione di essere “spostati di lato” dentro i nostri stessi dati.
Il capitolo più atteso: quando il futuro bussa con troppa forza
La parte sull’intelligenza artificiale è un punto di svolta nella lettura. Non ci sono toni apocalittici, non ci sono slogan. Ci sono domande, dubbi, responsabilità.
Sana entra nel cuore del tema con una chiarezza che non concede scorciatoie:
“L’IA non ci ruberà solo il lavoro: rischia di rubarci pezzi di noi. (…) Prepararsi al futuro significa imparare competenze nuove e preservare la nostra umanità.”
La cornice non è tecnica, ma esistenziale: il vero rischio non è perdere una mansione, ma perdere la capacità di scelta, di discernimento, di interpretazione e questo rende il capitolo, pur ancorato a questioni reali, uno dei più umani dell’intero libro.
Una conclusione che accompagna, non che insegna
Il finale del libro è un gesto di cura. Non propone soluzioni miracolose né agende politiche: chiude con una scena semplice, quasi domestica, che diventa simbolo dell’intero percorso compiuto.
“Il futuro non è una gara di velocità, è un accordo da rinnovare ogni giorno tra digitale e reale. (…) Finché c’è qualcuno che si ferma un secondo prima di condividere, c’è speranza.”
È un’immagine che resta dentro ed è forse il segno più evidente che questo libro non vuole indottrinare, ma tenere aperta una possibilità: tornare padroni del nostro tempo, delle nostre scelte e del nostro sguardo.
Perché leggerlo, davvero
Perché Il Futuro Prossimo è un libro che parla di tecnologia solo in apparenza. In realtà parla di identità, memoria, attenzione, relazioni, responsabilità. È un libro che aiuta a capire non “come funziona il digitale”, ma come funzioniamo noi dentro il digitale.
È accessibile, onesto, scritto con un tono che non mette distanza ma invita alla vicinanza e soprattutto: è un libro che non ti dice cosa pensare, ma ti permette di farlo meglio.
Chiunque viva nel mondo connesso, cioè tutti, può trovarci qualcosa che gli somiglia.
E questo, nell’epoca dell’algoritmo, è forse il regalo più raro.
L'articolo Uscito il libro “Il Futuro Prossimo”: un libro che ci riguarda tutti proviene da Red Hot Cyber.
Oltre il danno, la beffa: pur con la nuova sentenza della Corte di Giustizia Europea, due cittadinə italianə che hanno contratto un'unione civile, hanno un unico modo per vedersi sposati: "divorziare" in Italia e contrarre un nuovo matrimonio all'estero in un Paese civile.
Ma vi rendete conto quanto siamo indietro? Quanto pesa la nostra arretratezza culturale nelle vite dei cittadini?
Nel podcast non ne parlo per ora, ma prima o poi lo farò, perché cose come questa mi spingono a lasciare l'Italia al pari delle malattie che sopporto. Ed è tutto dire.
Mi sono trasformato, col tempo, in una di quelle persone che dicono che non c'è futuro qui. Ma mi sembra inevitabile.
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Boosting Antihydrogen Production using Beryllium Ions
Antihydrogen forms an ideal study subject for deciphering the secrets of fundamental physics due to it being the most simple anti-matter atom. However, keeping it from casually annihilating itself along with some matter hasn’t gotten much easier since it was first produced in 1995. Recently ALPHA researchers at CERN’s Antimatter Factory announced that they managed to produce and trap no fewer than 15,000 antihydrogen atoms in less than seven hours using a new beryllium-enhanced trap. This is an eight-fold increase compared to previous methods.
To produce an antihydrogen atom from a positron and an antiproton, the components and resulting atoms can not simply be trapped in an electromagnetic field, but requires that they are cooled to the point where they’re effectively stationary. This also makes adding more than one of such atom to a trap into a tedious process since the first successful capture in 2017.
In the open access paper in Nature Communications by [R. Akbari] et al. the process is described, starting with the merging of anti-protons from the CERN Antiproton Decelerator with positrons sourced from the radioactive decay of sodium-22 (β+ decay). The typical Penning-Malmberg trap is used, but laser-cooled beryllium ions (Be+) are added to provide sympathetic cooling during the synthesis step.
Together with an increased availability of positrons, the eight-fold increase in antihydrogen production was thus achieved. The researchers speculate that the sympathetic cooling is more efficient at keeping a constant temperature than alternative cooling methods, which allows for the increased rate of production.
DIY Test Gear from 1981
We can’t get enough of [Bettina Neumryn’s] videos. If you haven’t seen her, she takes old electronics magazines, finds interesting projects, and builds them. If you remember these old projects, it is nostalgic, and if you don’t remember them, you can learn a lot about basic electronics and construction techniques. This installment (see below) is an Elektor digital voltmeter and frequency counter from late 1981.
As was common in those days, you could find the PCB layouts in the magazine. In this case, there were two boards. The schematic shows that a counter and display driver chip — a 74C928 — does most of the heavy lifting for the display and the counter.
It is easy to understand how the frequency counter works. You clip the input with a pair of diodes, amplify it a bit, square it with a Schmitt trigger, and then, possibly, prescale it using a divider. The voltmeter is a little trickier: it uses a voltage divider, an op amp, and a 555 to convert the voltage to a frequency.
Of course, finding the parts for an old project can be a challenge. A well-stocked junk drawer doesn’t hurt. A PCB etching setup helps, too.
We’ve looked at her magazine rebuilds before. If you ever get the urge to tackle a project like this, you can find all the grand old magazines online.
youtube.com/embed/glEPG5nC8J0?…
SIRIA. Proteste sulla costa: gli alawiti chiedono il federalismo
@Notizie dall'Italia e dal mondo
Resta l'incertezza in Siria, divisa tra promesse di riforme e timori di un rinnovato autoritarismo. Intanto cresce il sostegno occidentale al presidente autoproclamato Sharaa
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Fine vita: solo “costi” morali
@Giornalismo e disordine informativo
articolo21.org/2025/11/fine-vi…
Nello splendido “Per grazia ricevuta”, di e con Nino Manfredi, il mentore del protagonista, uomo colto, laico e libertario, in fin di vita chiede il prete e bacia il crocifisso. L’insostenibilità dell’esito porta Nino a lanciarsi da uno strapiombo; sopravvive e si grida al miracolo.
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Paola Caridi, Sudari. Elegia per Gaza. Feltrinelli 2025
@Giornalismo e disordine informativo
articolo21.org/2025/11/paola-c…
“E’ in un sussurro l’incontro”, si legge così in esergo a “ Sudari” di Paola Caridi e con un filo di voce sembra iniziare l’elegia per Gaza, un canto funebre che si snoda sommesso, ma implacabile nel denunciare
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Un'idea per rialzare le teste chine dai telefoni
estelinux.serviziliberi.it/uni…
Segnalato dall'Internet User Group di #Este e pubblicato sulla comunità Lemmy @GNU/Linux Italia
#Este
Circa un mese fa mi sono trovato nell'ennesima libreria mentre passeggiavo annoiato in
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165: Tanya
Tanya Janca is a globally recognized AppSec (application security) expert and founder of We Hack Purple. In this episode, she shares wild stories from the front lines of cybersecurity.
Build A High Voltage Supply For Vacuum Tube Work
If you work on simple digital projects, just about any bench supply will offer the voltage and current you’re looking for. However, if you’re working with valves, you’ll often find yourself needing much higher voltages that can be tricky to source. [Chappy Happy] has shared a design for a simple HV power supply that should prove useful to vacuum tube enthusiasts.
The build is fairly basic in nature, lacing together some commonly available parts to generate the necessary voltages for working with common vacuum tubes from a 12 volt DC input. Inside the supply is a UC3843A DC boost converter, set up to output high voltage up to around 300 volts DC, with a ripple filter added for good measure. The output can be adjusted with a knob, with a voltmeter on the front panel. There’s also a 12-volt output, and a LM2596 step down converter to produce 6.3 volts for the filament supply. The whole project is built in an old Heathkit project box, and he demonstrates the supply with a simple single-tube amplifier.
If you find yourself regularly whipping up tube circuits, you might like to have something like this on your workbench. Or, you might even consider cooking up your own tubes from scratch if you’re more adventurous like that. Video after the break.
youtube.com/embed/WDhYEJN2J-A?…
[Thanks to Stephen Walters for the tip!]
The Zen Must Flow From Arrakis Sand Table
In Dune, the Fremen people of Arrakis practice an odd future hybrid religion called “zensunni.” This adds an extra layer of meaning to the title of [Mark Rehorst]’s Arrakis 3.0 sand table, given that the inspiration for the robotic sand table seems to be Zen gardens from Japan.
The dunes on the tabletop version of Arrakis owe nothing to sand worms, but are instead created a rolling metal ball. With all workings happening below, it looks quite magical to the uninitiated, but of course it’s not magic: it’s magnets. Just beneath the tabletop and its sands, the steel ball is being dragged along by the magnetic field of a powerful neodynium magnet.
That magnet is mounted in a CoreXY motion system that owes more than a little bit to modern 3D printers. Aside from the geometry, it’s using the standard G6 belt we see so often, along with a Duet3D mainboard, NEMA 17 steppers, and many 3D printed parts to hold its aluminum extrusions together. Thanks to that printer-inspired motion system, the ball can whirl around at 2000 mm/s, though [Mark] prefers to run slower: the demo video below shows operation at 1000 mm/s before the sand has been added.
This build was designed for ease of construction and movement: sized at 2’x4′ (about 61 cm x 122 cm), it fits through doors and fits an off-the-shelf slab of coffee table glass, something that [Mark] wishes he’d considered when building version two. That’s the nice thing about jumping in on a project someone’s been iterating for a while: you’ve got the benefit of learning from their mistakes. You can see the roots of this design, and what has changed, from the one he showed us in 2020.
Naturally you’re not limited to CoreXY for a sand table, though it is increasingly popular — we’ve seen examples with polar mechanisms and even a SCARA arm.
youtube.com/embed/reeg5gIOmBw?…
Il nuovo video di Pasta Grannies: youtube.com/shorts/2EF9k_cTQzQ
@Cucina e ricette
(HASHTAG)
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La compravendita degli accessi ai firewall FortiGate italiani nel Dark Web
Negli ultimi giorni, su un forum underground noto per ospitare attività illegali, è apparso un annuncio che merita molta attenzione.
Un utente appena registrato, con il nickname “Sarcoma”, ha pubblicato un messaggio in cui si dice disposto ad acquistare accessi ai pannelli di amministrazione dei firewall FortiGate.
L’annuncio è piuttosto esplicito: offre un compenso a partire da 20 dollari ad accesso e specifica che gli interessano accessi provenienti da Stati Uniti, Canada, Italia e Germania. Per rendere il tutto più credibile ha allegato anche uno screenshot che richiama l’interfaccia di gestione dei sistemi Fortinet.
Post pubblicato da un threat actors su un forum underground del dark web
La Compravendita sul DarkWeb
Il valore di un pannello amministrativo FortiGate nelle mani sbagliate è enorme. Chi riesce ad entrarci può alterare completamente il comportamento del firewall: aprire porte, creare backdoor, disattivare i log e preparare il terreno per intrusioni più profonde. Non è un caso che questi accessi siano molto ricercati nel cybercrime.
Questi forum non sono semplici bacheche: sono veri e propri mercati neri in cui si incontrano due figure chiave. Da una parte ci sono gli Initial Access Broker (IaB), professionisti del crimine informatico che si specializzano nell’individuare vulnerabilità, configurazioni sbagliate o credenziali esposte. Il loro compito è ottenere un primo punto di ingresso nelle reti aziendali. Dall’altra parte ci sono gruppi criminali più strutturati, spesso legati ad attività di ransomware o furto di dati, che acquistano questi accessi pronti all’uso per muoversi più velocemente e ridurre i costi delle intrusioni. È un ecosistema perfettamente organizzato, in cui ognuno trae profitto da una parte specifica della “filiera”.
Immagine allegata al post pubblicato da un threat actors su un forum underground del dark web
Cosa occorre fare
La presenza di un annuncio rivolto anche alla geografia italiana è un segnale chiaro: le aziende del nostro Paese restano un bersaglio appetibile, soprattutto quando i loro firewall non vengono aggiornati o vengono lasciati esposti su Internet senza le dovute precauzioni. Per difendersi è fondamentale applicare con regolarità tutte le patch di sicurezza rilasciate da Fortinet, molte delle quali riguardano vulnerabilità critiche che in passato sono state sfruttate proprio per ottenere accesso non autorizzato ai sistemi.
Un altro aspetto troppo spesso sottovalutato riguarda la visibilità dei servizi di amministrazione. I pannelli di gestione e gli strumenti utilizzati per configurare i firewall non dovrebbero essere mai raggiungibili direttamente dalla rete pubblica.
Un altro forum underground in lingua russa dove un criminale informatico riporta accessi ad una azienda italiana che utilizza un FortiGate
È necessario isolarli, limitarne drasticamente l’accesso e renderli disponibili solo attraverso reti interne, VPN sicure e metodi di autenticazione più robusti. Lasciarli esposti equivale a offrire un bersaglio perfetto, pronto per essere scambiato nei forum underground proprio come l’annuncio che ha dato il via a questa riflessione.
In un contesto in cui gli accessi si comprano e vendono come una qualsiasi merce digitale, la sicurezza delle reti aziendali non può più permettersi leggerezze. Ogni sistema esposto è una potenziale porta d’ingresso, e qualcuno là fuori è pronto a pagarla – anche pochi dollari – pur di aprirla.
Questo articolo si basa su informazioni, integralmente o parzialmente tratte dalla piattaforma di intelligence di Recorded Future, partner strategico di Red Hot Cyber e punto di riferimento globale nell’intelligence sulle minacce informatiche. La piattaforma fornisce analisi avanzate utili a individuare e contrastare attività malevole nel cyberspazio.
L'articolo La compravendita degli accessi ai firewall FortiGate italiani nel Dark Web proviene da Red Hot Cyber.
Nel mondo una donna ogni dieci minuti viene uccisa. In Italia 85 nel 2025
@Giornalismo e disordine informativo
articolo21.org/2025/11/nel-mon…
Sopravvivere non è vivere. Il disegno di legge sulla violenza sessuale si blocca in Senato e qualcuno gioisce per chi è ancora vivo Sta volgendo al termine
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Un anno nel Fediverso: la calma che ti cambia la testa. Il post di @Michela
E no, il Fediverso non è povero di contenuti.È che, quando smetti di essere schiava degli algoritmi, ti accorgi che l’80% della roba mainstream è solo rumore dopaminico.
Rapido, inutile, martellante.Su PixelFed, invece, quasi tutto merita almeno un rallentamento, uno sguardo vero.
È una sensazione precisa:
uscire da una distopia sociale senza neppure accorgersi di esserci vissuti dentro per anni.
michiyospace.altervista.org/un…
Per avere altri aggiornamenti sul Fediverso, segui il gruppo @Che succede nel Fediverso?
Un anno nel Fediverso: la calma che ti cambia la testa - LandEscape
Avevo già accennato a questa cosa mesi fa, ma ora – dopo quasi un anno dentro il Fediverso – posso parlarne con molta più chiarezza.Quando sono arrivata su PixelFed, la mia prima reazione è stata l’ansia.Michela (Blog di michiyospace)
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It'll take just a minute and help 404 Media figure out how to grow sustainably.
Itx27;ll take just a minute and help 404 Media figure out how to grow sustainably.#Announcements
Il #25novembre si celebra in tutto il mondo la Giornata internazionale per l'eliminazione della...
Il #25novembre si celebra in tutto il mondo la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le #donne. Numerose sono state le iniziative del #MIM con le scuole e alle quali ha partecipato il Ministro Giuseppe Valditara.
Ministero dell'Istruzione
Il #25novembre si celebra in tutto il mondo la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le #donne. Numerose sono state le iniziative del #MIM con le scuole e alle quali ha partecipato il Ministro Giuseppe Valditara.Telegram
Citizen Science by the Skin of Your Teeth
If you are a schoolkid of the right age, you can’t wait to lose a baby tooth. In many cultures, there is a ritual surrounding it, like the tooth fairy, a mouse who trades your tooth for a gift, or burying the tooth somewhere significant. But in 1958, a husband and wife team of physicians wanted children’s teeth for a far different purpose: quantifying the effects of nuclear weapons testing on the human body.A young citizen scientist (State Historical Society of Missouri)
Louise and Eric Reiss, along with some other scientists, worked with Saint Louis University and the Washington School of Dental Medicine to collect and study children’s discarded teeth. They were looking for strontium-90, a nasty byproduct of above-ground nuclear testing. Strontium is similar enough to calcium that consuming it in water and dairy products will leave the material in your bones, including your teeth.
The study took place in the St. Louis area, and the results helped convince John F. Kennedy to sign the Partial Nuclear Test Ban Treaty.
They hoped to gather 50,000 teeth in a year. By 1970, 12 years later, they had picked up over 320,000 donated teeth. While a few kids might have been driven by scientific altruism, it didn’t hurt that the program used colorful posters and promised each child a button to mark their participation.
Children’s teeth were particularly advantageous to use because they are growing and are known to readily absorb radioactive material, which can cause bone tumors.
Scale
A fair trade for an old tooth? (National Museum of American History)
You might wonder just how much nuclear material is floating around due to bombs. Obviously, there were two bombs set off during the war, as well as the test bombs required to get to that point. Between 1945 and 1980, there were five countries conducting atmospheric tests at thirteen sites. The US, accounting for about 65% of the tests, the USSR, the UK, France, and China detonated 504 nuclear devices equivalent to about 440 megatons of TNT.
Well over 500 bombs with incredible force have put a lot of radioactive material into the atmosphere. That doesn’t count, too, the underground tests that were not always completely contained. For example, there were two detonations in Mississippi where the radiation was contained until they drilled holes for instruments, leaving contaminated soil on the surface. Today, sites like this have “monuments” explaining that you shouldn’t dig in the area.
Of course, above-ground tests are worse, with fallout affecting “downwinders” or people who live downwind of the test site. There have been more than one case of people, unaware of the test, thinking the fallout particles were “hot snow” and playing in it. Test explosions have sent radioactive material into the stratosphere. This isn’t just a problem for people living near the test sites.
Results
By 1961, the team published results showing that strontium-90 levels in the teeth increased depending on when the child was born. Children born in 1963 had levels of strontium-90 fifty times higher than those born in 1950, when there was very little nuclear testing.
The results were part of the reason that President Kennedy agreed to an international partial test ban, as you can see in the Lincoln Presidential Foundation video below. You may find it amazing that people would plan trips to watch tests, and they were even televised.
youtube.com/embed/1qptcKCzUU0?…
In 2001, Washington University found 85,000 of the teeth stored away. This allowed the Radiation and Public Health Project to track 3,000 children who were, by now, adults, of course.
Sadly, 12 children who had died from cancer before age 50 had baby teeth with twice the levels of the teeth of people who were still alive at age 50. To be fair, the Nuclear Regulatory Commission has questioned these findings, saying the study is flawed and fails to account for other risk factors.
And teeth don’t just store strontium. In the 1970s, other researchers used baby teeth to track lead ingestion levels. Baby teeth have also played a role in the Flint Water scandal. In South Africa, the Tooth Fairy Project monitored heavy metal pollution in children’s teeth, too.
Teeth aren’t the only indicator of nuclear contamination. Steel is also at risk.
Featured image: “Castle Bravo Blast” by United States Department of Energy.
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Heater is Either a Miracle or a Scam
[Big Clive] picked up a tiny heater for less than £8 from the usual sources. Would you be shocked to learn that its heating capacity wasn’t as advertised? No, we weren’t either. But [Clive] treats us to his usual fun teardown and analysis in the video below.
A simple test shows that the heater drew about 800 W for a moment and drops as it heats until it stabilizes at about 300 W. Despite that, these units are often touted as 800 W heaters with claims of heating up an entire house in minutes. Inside are a fan, a ceramic heater, and two PCBs.
The ceramic heaters are dwarfed by metal fins used as a heat exchanger. The display uses a clever series of touch sensors to save money on switches. The other board is what actually does the work.
[Clive] was, overall, impressed with the PCB. A triac runs the heaters and the fan. It also includes a thermistor for reading the temperature.
You can learn more about the power supply and how the heater measures up in the video. Suffice it to say, that a cheap heater acts like a cheap heater, although as cheap heaters go, this one is built well enough.
youtube.com/embed/QiDUKYc0B2Y?…
So Long Firefox, Hello Vivaldi
It’s been twenty-three years since the day Phoenix was released, the web browser that eventually became Firefox. I downloaded it on the first day and installed it on my trusty HP Omnibook 800 laptop, and until this year I’ve used it ever since. Yet after all this time, I’m ready to abandon it for another browser. In the previous article in this series I went into my concerns over the direction being taken by Mozilla with respect to their inclusion of AI features and my worries about privacy in Firefox, and I explained why a plurality of browser engines is important for the Web. Now it’s time to follow me on my search for a replacement, and you may be surprised by one aspect of my eventual choice.
Where Do I Go From Here?
It’s Hackaday, in Ladybird! (Ooof, that font.)
Happily for my own purposes, there are a range of Firefox alternatives which fulfill my browser needs without AI cruft and while allowing me to be a little more at peace with my data security and privacy. There’s Chromium of course even if it’s still way too close to Google for my liking, and there are a host of open-source WebKit and Blink based browsers too numerous to name here.
In the Gecko world that should be an easier jump for a Firefox escapee there are also several choices, for example LibreWolf, and Waterfox. In terms of other browser engines there’s the extremely promising but still early in development Ladybird, and the more mature Servo, which though it is available as a no-frills browser, bills itself as an embedded browser engine. I have not considered some other projects that are either lightweight browser engines, or ones not under significant active development.It’s Hackaday, in Servo!
Over this summer and autumn then I have tried a huge number of different browsers. Every month or so I build the latest Ladybird and Servo; while I am hugely pleased to see progress they’re both still too buggy for my purposes. Servo is lightning-fast but sometimes likes to get stuck in mobile view, while Ladybird is really showing what it’s going to be but remains for now slow-as-treacle. These are ones to watch, and support.
I gave LibreWolf and Waterfox the most attention over the summer, both of which after the experience I’d describe as like Firefox but with mildly annoying bugs. The inability to video conference reliably is a show-stopper in my line of work, and since my eyesight is no longer what it once was I like my browsers to remember when I have zoomed in on a tab. Meanwhile Waterfox on Android is a great mobile browser, right up until it needs to open a link in another app, and fails. I’m used to the quirks of open-source software after 30+ years experimenting with Linux, but when it comes to productivity I can’t let my software disrupt the flow of Hackaday articles.
The Unexpected Choice
It’s Hackaday, in Vivaldi!
It might surprise you after all this open-source enthusiasm then, to see the browser I’ve ended up comfortable with. Vivaldi may be driven by the open-source Blink engine from Chromium and Chrome, but its proprietary front end doesn’t have an open-source licence.
It’s freeware, or free-as-in-beer, and I think the only such software I use. Why, I hear you ask? It’s an effort to produce a browser like Opera used to be in the old days, it’s European which is a significant consideration when it comes to data protection law, and it has (so far) maintained a commitment to privacy while not being evil in the Google motto sense.
It’s quick, I like its interface once the garish coloured default theme has been turned off, and above all, it Just Works. I have my browser back, and I can get on with writing. Should they turn evil I can dump them without a second thought, and hope by then Ladybird has matured enough to suit my needs.
It may not be a trend many of us particularly like, but here in 2025 there’s a sense that the browser has reduced our computers almost to the status of a terminal. It’s thus perhaps the most important piece of software on the device, and in that light I hope you can understand some of the concerns levelled in this series. If you’re reading this from Firefox HQ I’d implore you to follow my advice and go back to what made Firefox so great back in the day, but for the rest of you I’d like to canvass your views on my choice of a worthy replacement. As always, the comments are waiting.
informapirata ⁂
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Simon Perry
in reply to informapirata ⁂ • •@informapirata ⁂
Mi mandano in bestia queste cose. E più di tutto l'ipocrisia, raccontarci quotidianamente che siamo il Paese più bello del mondo, e cazzate simili.
Poi mancano i diritti fondamentali.