Mondiali Qatar 2022: ribaltamenti calcistici, politica e situazioni delicate
Appena fuori dai blocchi di partenza, la Coppa del Mondo in Qatar ha già prodotto una buona dose di sconvolgimenti, nonché situazioni e incidenti politicamente e personalmente delicati. La sconfitta per 2:0 del Qatar contro l’Ecuador nella partita di apertura del torneo ha rafforzato la convinzione dei critici che lo stato del Golfo non avrebbe […]
L'articolo Mondiali Qatar 2022: ribaltamenti calcistici, politica e situazioni delicate proviene da L'Indro.
USA: niente compromessi per la supremazia nell’ Indo-Pacifico
L’ASEAN Defence Ministers’ Meeting Plus (ADMM-Plus), ospitato dalla Cambogia, riflette ancora una volta i crescenti timori sulle ramificazioni a spirale delle tensioni nel Mar Cinese Meridionale, dove gli attori regionali interessati hanno opzioni limitate per ottenere sostegno o deterrenza. Facendo affidamento su piattaforme diplomatiche e di dialogo formali, tra cui ADMM+ come meccanismo per ridurre […]
L'articolo USA: niente compromessi per la supremazia nell’ Indo-Pacifico proviene da L'Indro.
Cina: dominio nella catena del valore del solare fotovoltaico
La concentrazione della capacità produttiva del solare fotovoltaico (FV) in Cina, insieme al controllo della Cina sui minerali che entrano nella produzione di moduli solari fotovoltaici, ha determinato la leadership cinese, e il tentativo occidentale di reagire, il quale avrà un costo non indifferente
L'articolo Cina: dominio nella catena del valore del solare fotovoltaico proviene da L'Indro.
Oggi, #25novembre, si celebra in tutto il mondo la Giornata internazionale per l'eliminazione...
Oggi, #25novembre, si celebra in tutto il mondo la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, istituita dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1999.
Ministero dell'Istruzione
Oggi, #25novembre, si celebra in tutto il mondo la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, istituita dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1999.Telegram
Recensione di Rosita Del Coco del libro “Non diamoci del tu. La separazione delle carriere”
«A chi non darebbe fastidio vedere l’arbitro – che, sia chiaro, ha condotto benissimo la gara – la sera dopo la partita, a cena, festeggiare la vittoria di una delle due squadre che poco prima aveva arbitrato?».
È da questo interrogativo, apertamente provocatorio, che muovono le brillanti riflessioni di Giuseppe Benedetto, consegnate al saggio “Non diamoci del tu. La separazione delle carriere”, edito da Rubbettino nel 2022, con la prefazione di Carlo Nordio.
Un volume agile, che si legge tutto d’un fiato, con cui l’Autore si incarica di sviscerare uno dei temi più controversi della giustizia penale, destinato ad occupare “instancabilmente” il dibattito scientifico e politico: la (comune) collocazione ordinamentale dei giudici e dei magistrati del pubblico ministero.
A tal fine, lo scritto ripercorre le tappe, i dibattiti e gli scontri che hanno attraversato la storia del nostro processo penale: dalla spinta garantista sottesa alla promulgazione del nuovo codice di procedura penale, alla stagione – «reazionaria» – avviata dalla Corte costituzionale nel giugno del 1992, fino alla presa di posizione legislativa, volta a ribadire l’adesione a quell’ideale accusatorio, che, oggi, a più di vent’anni dalla riforma dell’art. 111 Cost., appare affievolito.
Un percorso culminato in un disegno rimasto sostanzialmente incompiuto, a cagione dell’assenza di un serio adeguamento dell’organizzazione del pubblico ministero al mutato rito. A stagliarsi con chiarezza sullo sfondo della ricostruzione storica sono, infatti, le ambiguità̀ e le aporie – tutte insolute – del nostro assetto processuale, in cui proprio la mancanza di un deciso ripensamento dei temi dell’ordinamento giudiziario ha finito per ostacolare la effettiva rimozione dell’ibridismo, tipico della esperienza inquisitoria, tra la figura del giudice terzo ed imparziale e quella dell’inquirente.
Con un duplice effetto, del quale le pagine di Giuseppe Benedetto, restituiscono una nitida fotografia. Anzitutto, una “giurisdizionalizzazione” silente del pubblico ministero, il quale viene comunemente (mal)inteso alla stregua di organo rappresentativo di una parte imparziale all’interno della dialettica processuale. In secondo luogo, una proclamazione meramente à la carte della terzietà del giudice, la cui collocazione ordinamentale, vicina a quella del pubblico ministero, ne “contamina” il ruolo: l’equidistanza, formalmente sancita nelle norme del codice, è tradita dalla prossimità̀ delle funzioni, dovuta alla presenza di un unico organo di governo autonomo.
Due conseguenze nefaste della contiguità̀ tra giurisdizione e pubblica accusa, che rendono subalterno il cittadino-imputato, alterando, di fatto, la struttura triadica del processo.
Come abbiamo già avuto modo di osservare in un nostro precedente scritto[1], l’idea del pubblico ministero-organo di giustizia conduce, infatti, alla creazione di una vera e propria presunzione di infallibilità̀ para- giurisdizionale di tale organo. Una presunzione a sua volta rinfocolata dalla retorica di un principio di obbligatorietà̀ dell’azione penale troppo spesso orientato verso la legittimazione di metodi procedurali a vocazione autoritaria.
Si pensi, nella prospettiva da ultimo indicata, al costante richiamo, nella prassi, al canone di obbligatorietà̀ per sponsorizzare, a vari livelli, una visione del processo caratterizzata dalla egemonia del pubblico ministero e da un ideale di ricerca della verità̀ dai connotati tipicamente inquisitori. Basti, al proposito, richiamare il rapporto tracciato dalla giurisprudenza di legittimità̀ e costituzionale tra principio di obbligatorietà̀ e poteri probatori del giudice dibattimentale anche in funzione di supplenza delle omissioni del pubblico ministero.
Un’ipertrofica estensione concettuale ed operativa del principio cristallizzato nell’art. 112 Cost. che, invece di potenziarne la portata, lo ha svuotato della propria forza concettuale, strettamente connessa alle dinamiche dell’azione.
In tal senso va letto anche l’uso anomalo del canone della completezza delle indagini, presupposto e corollario del principio di obbligatorietà̀. Anziché́ stimolare una attenta e seria riflessione sulla anatomia dell’errore e del pregiudizio investigativo, e sulle sacche di discrezionalità̀ inevitabilmente connesse alle opzioni selettive sottese ai profili organizzativi del lavoro del pubblico ministero, l’imperativo della completezza investigativa ha finito per trasformarsi nel presupposto logico da cui inferire la pretesa giurisdizionalizzazione dell’organo dell’accusa.
Ma la simbiosi “pubblico ministero-organo di giustizia” è destinata a cedere il passo all’ovvio rilievo che un soggetto deputato a svolgere funzioni d’accusa, qualunque ne sia la natura, persegue comunque un interesse di parte.
Anzi. Sul punto, le pagine di Non diamoci del tu ben evidenziano un dato fondamentale, all’apparenza controintuitivo: «più̀ il pubblico ministero è parte e più̀ il cittadino è garantito», perché «il giudice è veramente imparziale solo se l’accusatore è inequivocabilmente parte».
La struttura triadica del processo, quale conditio per la realizzazione del rito adversary, è, tuttavia, incrinata dalla commistione e reciproca contaminazione delle funzioni e delle carriere al di fuori della scena processuale. È la mancata separazione di queste ultime la responsabile delle principali storture che emergono quotidianamente dalla pratica giudiziaria e di cui il volume dà lucidamente conto: la espansione del potere inquisitorio delle procure, con la costante ricerca del consenso da parte dei pubblici ministeri e la estrema mediatizzazione del processo penale; nonché la conseguente assenza di legittimazione del potere giurisdizionale davanti all’opinione pubblica.
Scrive, al proposito, icasticamente l’Autore: «l’avviso di garanzia è diventato sentenza non perché́ vi siano dei cattivi strateghi dell’informazione, ma perché́ il cittadino non addetto ai lavori ha difficoltà a distinguere i ruoli, pensa che i magistrati siano tutti uguali e che, dunque, se la colpevolezza è indicata dal pubblico ministero o dal giudice tutto sommato non cambia nulla. È necessaria una svolta culturale, che non giungerà̀ da sola, ma attraverso riforme che distinguano gli organi giudicanti da quelli requirenti, che rendano palese anche a un giovane delle scuole medie la differenza profondissima tra i ruoli. In questa nuova dimensione, in cui è limpido il carattere di parzialità̀ dell’ufficio di Procura, la giurisdizione non potrà̀ che essere centrale, perché́ ogni piccolo passo verso una delle posizioni in campo la comprometterebbe alla radice».
Dalla malattia, dunque, al rimedio. Ma come superare definitivamente ogni sorta di ibridismo giuridico tra le due figure, affinché la giurisdizione recuperi centralità e credibilità? È necessario risalire al peccato originale del fallimento del codice accusatorio, che, secondo la ricostruzione privilegiata nel volume, si consuma all’interno del CSM, dove pubblici ministeri e giudici decidono assieme delle sorti delle proprie carriere, cosicché «il PM di una corrente è in grado di influenzare la nomina del presidente di un Tribunale», con buona pace dei principi sanciti dalla Costituzione e della legge, che diventano, di fatto, «un nobile auspicio piuttosto che un baluardo per i diritti fondamentali del cittadino».
Di qui, la proposta contenuta nel citato disegno di legge, alla cui illustrazione è dedicata la seconda parte del libro. Si tratta, nello specifico, di un progetto di riforma che si muove lungo tre direttrici: il riequilibrio dei rapporti tra imputato e pubblico ministero; la trasparenza dei processi decisionali interni all’ordine giudiziario; la razionalizzazione del carico pendente sugli uffici di Procura.
In questa triplice prospettiva viene prefigurata una revisione delle disposizioni costituzionali dedicate alla disciplina dell’ordinamento giudiziario, diretta, anzitutto, alla costituzione di due distinti Consigli Superiori, della Magistratura giudicante e della Magistratura requirente, destinati ad occuparsi separatamente di carriere, sanzioni disciplinari e trasferimenti.
Ciò permetterebbe all’organo giudicante di acquisire nuova centralità̀, affrancandolo dalle logiche odierne, in cui il Consiglio Superiore della Magistratura, dominato dal sistema correntizio, appare ostaggio della cultura dell’accusa, che è destinata a prevaricare le ragioni della giurisdizione, a cagione dell’evidente maggior peso mediatico delle Procure.
Del resto, come osserva Carlo Nordio nella Prefazione, «anche prescindendo dagli intrallazzi correntizi e dalle baratterie di cariche emerse dai recenti scandali, la ragione si rifiuta di ammettere che il pubblico accusatore possa promuovere o bocciare un giudice davanti al quale, un attimo prima, ha perorato una tesi che magari gli è stata respinta. Perché́ se decisioni così rilevanti continuano a essere prese congiuntamente, allora non stupisce che poi nel processo emergano rapporti di anomala collaborazione».
Così, l‘istituzione di due distinti Consigli Superiori della Magistratura si prefigge di garantire più efficacemente l’indipendenza istituzionale del giudice.
Organi di autogoverno dei quali, inoltre, si propone – opportunamente – di mutare la composizione, portando la componente laica da 1/3 a 1/2, senza però incidere sulla maggioranza, che rimarrebbe in capo ai membri togati grazie alla presenza di diritto del Procuratore Generale della Cassazione, nel Consiglio requirente, e del Primo Presidente della Cassazione, nel Consiglio giudicante.
Ciò consentirebbe, nelle intenzioni dei proponenti, di revisionare il funzionamento del Consiglio Superiore, allo scopo di restituirgli, insieme a un serio sistema di valutazione professionale, quell’aurea di rispettabilità̀ imprescindibile per l’amministrazione trasparente e armonica della giustizia. I membri nominati dal Parlamento, esperti in materie giuridiche, potrebbero, infatti, contribuire in modo indipendente a esprimere un giudizio sulla professionalità̀ del singolo magistrato.
Un ripristino di meritocrazia che appare cruciale alla luce dei recenti fatti di cronaca, nonché del nuovo ruolo assunto dalla giurisdizione.
Sotto quest’ultimo profilo, le riflessioni di Benedetto si lasciano particolarmente apprezzare. L’Autore sottolinea il trend degli ultimi decenni verso un radicale cambiamento del ruolo riservato alla giurisdizione, non più̀ mera esecutrice delle norme, ma soggetto che partecipa all’evoluzione del diritto. Le lacune della regolamentazione normativa, l’oscurità̀ della legge e l’immobilismo del Parlamento hanno, in effetti, finito per affidare un compito inedito al giudice. Ne discende l’esigenza, dibattuta in tutti i Paesi occidentali, di ripensare i rapporti col Parlamento, al fine di garantire una maggiore legittimazione democratica del potere giudiziario.
Ebbene, in quest’ottica si colloca l’incremento del numero dei membri laici, professori universitari e avvocati da almeno quindici anni nominati dal Parlamento in seduta comune, che potrà̀ indirettamente accrescere la legittimazione dell’ordine giudiziario, così da renderlo più̀ forte in futuro per l’assunzione di decisioni orientate al riconoscimento di nuovi diritti.
Infine, l’ultimo punto della proposta di riforma esaminata è diretto ad integrare l’art. 112 Cost. nei seguenti termini: «Il Pubblico Ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale nei casi e nei modi previsti dalla legge». L’integrazione mira ad affidare al Parlamento il compito di stabilire criteri di priorità nell’esercizio dell’azione penale, allo scopo precipuo di razionalizzare, in maniera trasparente, il carico di lavoro dei pubblici ministeri. Il che appare in linea con l’auspicio, da tempo formulato in sede scientifica, di legittimare, disciplinandone limiti e contenuti, quella discrezionalità̀ che anche oggi, nei fatti, i pubblici ministeri esercitano a causa del numero elevato di procedimenti pendenti presso gli uffici di Procura.
Si tratta, nel complesso, di un disegno riformatore equilibrato, nella misura in cui aspira a risolvere le principali contraddizioni della nostra giustizia penale, senza incorrere nella principale obiezione tradizionalmente sollevata dall’opzione favorevole alla separazione delle carriere: vale a dire quella di consentire l’esercizio di un controllo politico a discapito dell’indipendenza dell’ordine giudiziario.
Non diamoci del tu ha il pregio di illustrare in maniera approfondita tale progetto, attraverso una riflessione “laica” e non prevenuta intorno ad un tema spesso ostaggio di un peculiare ostracismo ideologico e di un dibattito fondato su asserti di deciso impulso conservativo difficilmente giustificabili sul piano tecnico-giuridico.
Un approccio da cui l’Autore rifugge apertamente, prendendosi carico di stigmatizzare anche le altre obiezioni che surrettiziamente vengono mosse alle proposte di separazione delle carriere, attraverso l’analisi della disciplina della collocazione ordinamentale dei magistrati nelle più importanti democrazie occidentali.
La prospettiva comparata consente, infatti, di sgretolare alcuni “falsi miti” costruiti intorno al tema oggetto del volume, come l’idea secondo cui le carriere sarebbero divise solo nei Paesi di Common Law, o la preoccupazione circa il rischio di dare vita, tramite la costituzione di un ordine autonomo e distinto dei Pubblici Ministeri, ad una corporazione di “super-poliziotti” dai poteri illimitati.
Nell’ultima parte del libro risiedono, così, pagine preziose. Guardare all’esperienza anglosassone, tedesca, francese e portoghese significa rendersi conto di come la pubblica accusa italiana goda, in realtà, di uno status del tutto eccezionale, che lo rende, probabilmente l’accusatore più̀ potente al mondo, senza tradursi in una sua maggiore capacità investigativa e “repressiva”.
Il che testimonia l’urgenza di affrancare il dibattito italiano da atteggiamenti intrisi di stentoree affermazioni di principio, ma di sostanziale chiusura verso ogni forma di rinnovamento concettuale e culturale.
A questa impellente esigenza risponde il saggio Non diamoci del tu. A beneficio del lettore, Giuseppe Benedetto svolge al meglio tale compito, con una analisi lucida e profonda, arricchita dalla sensibilità che evidentemente deriva dal quotidiano contatto con la pratica del processo penale.
In conclusione: se nella premessa l’Autore esordisce confidando che “Non diamoci del tu” «è il libro che avev[a] in mente di scrivere da tempo», la riflessione finale del lettore è che “Non diamoci del tu” è il libro che avrebbe voluto leggere da tempo.
[1] R. Del Coco, La maschera e il volto della consulenza tecnica d’accusa, in Proc. pen. giust., 2021, p. 669 ss.
L'articolo Recensione di Rosita Del Coco del libro “Non diamoci del tu. La separazione delle carriere” proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
La magistratura di oggi e quella della quale l’Italia avrebbe bisogno, nel primo incontro della Scuola di Liberalismo della Fondazione Einaudi – certastampa.it
Pubblici ministeri che, in aula, dopo la lettura di una sentenza, dicono che “non andranno più a prendere il caffè” col giudice. Cene e incontri, vicinanze sconvenienti e, purtroppo, anche con riflessi negativi sulle sentenze. La storia, recente e non, del nostro Paese racconta di rapporti tra magistrati che vanno ben oltre quelli che la legge considera leciti. E’ questa, la deriva malata di un “sistema” (come efficacemente descritto nel libro dell’ ex presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, Palamara) che trova il suo spunto “peccato originale” nella mancata separazione delle carriere.
E’ stato questo il tema del primo evento della sezione abruzzese della Scuola di liberalismo della Fondazione Einaudi, che prepara il campo al primo vero e proprio “anno accademico” del 2023. Ospite dell’incontro, il Presidente della Fondazione Einaudi, l’avvocato Giuseppe Benedetto, che ha voluto presentare a Teramo, in “prima” assoluta, il suo libro “Non diamoci del Tu: La separazione delle carriere”, che ospita anche una interessante prefazione del ministro della Giustizia Carlo Nordio e uno scritto di Leonardo Sciascia, su quella che dovrebbe essere la sofferenza del magistrato chiamato al giudizio.
All’incontro, introdotto dal presidente della Fondazione Einaudi in Abruzzo, Alfredo Grotta, che ha visto la sala dell’Hotel Abruzzi affollata da un pubblico interessato, hanno preso parte l’ex senatore Paolo Tancredi, l’ex vicepresidente del Consiglio Regionale Paolo Gatti e Andrea Davola, ricercatore della Fondazione Einaudi e autore della postfazione. Moderatrice del dibattito, la docente di Diritto Processuale Penale nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Teramo, Rosita Del Coco.
Negli interventi dei relatori, che hanno anche voluto portare testimonianze personali, sono stati analizzati tutti gli aspetti negativi della mancata separazione delle carriere, cominciando dal dettato del Codice Penale – nei fatti quasi utopia – che impone al pubblico ministero di cercare anche le prove a discolpa dell’imputato. Nei fatti, non succede, e poiché la Costituzione, pur considerando la magistratura come unico ordine, soggetto ai poteri dell’unico Consiglio Superiore, non prevede alcun principio che imponga o al contrario precluda la configurazione di un’unica carriera o di carriere separate dei magistrati addetti rispettivamente all’una o all’altra funzione, o che impedisca di limitare o di condizionare più o meno severamente il passaggio dello stesso magistrato, nel corso della sua carriera, dalle une alle altre funzioni, la Fondazione invoca una netta divisione dei ruoli, delle funzioni e delle carriere.
Con la riforma Cartabia, giunta a destinazione dopo una complicata mediazione politica tra posizioni molto distanti nel governo di larghe intese con a capo Mario Draghi, i passaggi di funzioni sono stati ridotti da 4 a 1, cosa che dovrebbe nei fatti ridurre ai minimi le effettive richieste di transizione da una funzione all’altra, ma che la stessa Fondazione Einaudi considera l’inizio di un non più rinviabile percorso di vera e più profonda riforma.
L'articolo La magistratura di oggi e quella della quale l’Italia avrebbe bisogno, nel primo incontro della Scuola di Liberalismo della Fondazione Einaudi – certastampa.it proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
La magistratura di oggi e quella della quale l’Italia avrebbe bisogno, nel primo incontro della Scuola di Liberalismo della Fondazione Einaudi
Pubblici ministeri che, in aula, dopo la lettura di una sentenza, dicono che “non andranno più a prendere il caffè” col giudice. Cene e incontri, vicinanze sconvenienti e, purtroppo, anche con riflessi negativi sulle sentenze. La storia, recente e non, del nostro Paese racconta di rapporti tra magistrati che vanno ben oltre quelli che la legge considera leciti. E’ questa, la deriva malata di un “sistema” (come efficacemente descritto nel libro dell’ ex presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, Palamara) che trova il suo spunto “peccato originale” nella mancata separazione delle carriere.
E’ stato questo il tema del primo evento della sezione abruzzese della Scuola di liberalismo della Fondazione Einaudi, che prepara il campo al primo vero e proprio “anno accademico” del 2023. Ospite dell’incontro, il Presidente della Fondazione Einaudi, l’avvocato Giuseppe Benedetto, che ha voluto presentare a Teramo, in “prima” assoluta, il suo libro “Non diamoci del Tu: La separazione delle carriere”, che ospita anche una interessante prefazione del ministro della Giustizia Carlo Nordio e uno scritto di Leonardo Sciascia, su quella che dovrebbe essere la sofferenza del magistrato chiamato al giudizio.
All’incontro, introdotto dal presidente della Fondazione Einaudi in Abruzzo, Alfredo Grotta, che ha visto la sala dell’Hotel Abruzzi affollata da un pubblico interessato, hanno preso parte l’ex senatore Paolo Tancredi, l’ex vicepresidente del Consiglio Regionale Paolo Gatti e Andrea Davola, ricercatore della Fondazione Einaudi e autore della postfazione. Moderatrice del dibattito, la docente di Diritto Processuale Penale nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Teramo, Rosita Del Coco.
Negli interventi dei relatori, che hanno anche voluto portare testimonianze personali, sono stati analizzati tutti gli aspetti negativi della mancata separazione delle carriere, cominciando dal dettato del Codice Penale – nei fatti quasi utopia – che impone al pubblico ministero di cercare anche le prove a discolpa dell’imputato. Nei fatti, non succede, e poiché la Costituzione, pur considerando la magistratura come unico ordine, soggetto ai poteri dell’unico Consiglio Superiore, non prevede alcun principio che imponga o al contrario precluda la configurazione di un’unica carriera o di carriere separate dei magistrati addetti rispettivamente all’una o all’altra funzione, o che impedisca di limitare o di condizionare più o meno severamente il passaggio dello stesso magistrato, nel corso della sua carriera, dalle une alle altre funzioni, la Fondazione invoca una netta divisione dei ruoli, delle funzioni e delle carriere.
Con la riforma Cartabia, giunta a destinazione dopo una complicata mediazione politica tra posizioni molto distanti nel governo di larghe intese con a capo Mario Draghi, i passaggi di funzioni sono stati ridotti da 4 a 1, cosa che dovrebbe nei fatti ridurre ai minimi le effettive richieste di transizione da una funzione all’altra, ma che la stessa Fondazione Einaudi considera l’inizio di un non più rinviabile percorso di vera e più profonda riforma.
L'articolo La magistratura di oggi e quella della quale l’Italia avrebbe bisogno, nel primo incontro della Scuola di Liberalismo della Fondazione Einaudi proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
#uncaffèconluigieinaudi – In questa lotta altissima per il risorgimento morale
In questa lotta altissima per il risorgimento morale dell’Italia ci saranno forse delle soste (nel Parlamento); ma a farle cessare provvederà l’incessante vigile voce del paese
da Corriere della Sera, 21 marzo 1906
L'articolo #uncaffèconluigieinaudi – In questa lotta altissima per il risorgimento morale proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
In occasione della Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, il...
In occasione della Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, il Ministero dell’Istruzione e del Merito si unisce alle iniziative di sensibilizzazione: oggi e domani il Palazzo dell’Istruzione si illumina di rosso, dan…
«L’Italia mai forte quando fa da sola» L’alfabeto di Draghi
Da «Whatever it takes» all’«interesse nazionale»
Quanti usi per la parola, quando viene spesa in pubblico. Può blandire, imbonire, promettere, giurare, addirittura minacciare, oppure convincere, spronare, rassicurare.
Qualche volta, troppo spesso, ingannare, illudere, confondere. Se ne potrebbero aggiungere altri mille. Ma c’è anche un altro compito che la parola può svolgere, ed è quello non solo di precedere i fatti, ma di favorirli, accompagnarli, spingerli, renderli ineluttabili. È forse questa una delle chiavi per leggere il libro dal titolo Dieci anni di sfide , edito da Treccani, che raccoglie scritti e discorsi pubblici di Mario Draghi dal 2011 al 2022, con la prefazione di Lionel Barber del Financial Times.
Impossibile, per argomentare, sfuggire dal discorso del «Whatever it takes» del luglio del 2012, quando disse che la Bce era pronta a fare tutto il necessario per preservare l’euro. Bastarono pochi minuti alla speculazione internazionale per capire che il gioco era finito, che il baratro alla fine del campo di segale nel quale era stata ferocemente spinta la Grecia aveva ormai di sentinella un intero continente, l’Europa, pronto a impedire che succedesse ancora.
Quante volte quella frase è stata richiamata.
Più che per celebrarne l’autore, per rubarne un pezzetto, per impadronirsi di un successo che tutti, anche se con un po’ di cleptomania, sentivano come proprio. Proprio Draghi, probabilmente, è quello che l’ha rivendicato di meno. C’è dell’eleganza e chissà, magari pure un po’ di vanità nel non autocelebrarsi. Ma c’è anche la convinzione profonda che si può essere, come popoli, artefici del proprio destino, anche quando si è sul punto di essere travolti da nemici inattesi e brutali, come la pandemia.
Lo dimostra l’intervento al Meeting di Rimini, quando ormai il suo governo era già caduto e si era a un mese dalle elezioni politiche che avrebbero portato Giorgia Meloni alla guida del Paese. Diceva Draghi, proprio riferendosi all’ora più buia della lotta al virus, con le famiglie e le imprese che non sapevano se sarebbero riuscite ad andare avanti: «Non è andata così. Gli italiani hanno reagito con coraggio e concretezza, come spesso hanno fatto nei momenti più difficili, e hanno riscritto una storia che sembrava già decisa».
Riscrivere una storia che pare già decisa è più che una sfida, non solo avverso alla pandemia, ma contro uno spettro che l’Europa si illudeva di aver sconfitto per sempre: la guerra.
Il 24 febbraio il continente si sveglia con la Russia che invade un Paese sovrano, l’Ucraina.
Ora sembra quasi scontato il sostegno a un popolo aggredito, l’adesione alle sanzioni, la collaborazione con gli alleati, l’invio di armi per aiutare la resistenza, fino a dire che la più sciagurata e improbabile delle ipotesi può vederci domani come sconfitti, ma mai come complici. Non era necessariamente così alla vigilia delle comunicazioni del presidente del Consiglio alla Camera. Incertezze, timori e compiacenze nella stessa maggioranza di unità nazionale sono fin troppo note. Le parole di questo anomalo banchiere, per un breve tratto prestato alla politica, non lasciarono spazio a interpretazioni furbesche, pur nella certezza che la linea della fermezza non avrebbe garantito la bella figura senza pagare un prezzo: «Tollerare una guerra d’aggressione nei confronti di uno Stato sovrano europeo — disse in Aula — vorrebbe dire mettere a rischio, in maniera forse irreversibile, la pace e la sicurezza in Europa. Non possiamo lasciare che questo accada».
E ancora nel settembre scorso, all’Onu, ricordava le riflessioni di Michail Gorbaciov secondo il quale, in un mondo globalizzato, la forza o la minaccia del suo utilizzo non potessero più funzionare come strumento di politica estera, serve piuttosto una nuova qualità della cooperazione da parte degli Stati.
E sotto la voce «cooperazione» c’è tanta parte del pensiero di Mario Draghi. Il suo discorso a Washington del maggio scorso lo sintetizza: «È evidente che i singoli Stati non possono far fronte da soli alle molte e difficili sfide che li attendono nei prossimi anni. Ciò che serve ora è uno sforzo collettivo, che ci unirà molto di più di quanto abbia fatto in passato». Vale per i cambiamenti climatici. Vale per la pandemia, contro la quale si combatte anche rifiutando il protezionismo sanitario e portando cure e vaccini anche nelle parti più povere del modo. Vale per l’integrazione europea, che ha bisogno di un federalismo pragmatico e ideale che sappia superare le pastoie delle decisioni all’unanimità. Vale anche quando, pensando al percorso che ha portato al Piano nazionale di ripresa e resilienza, ha ricordato, nel suo intervento all’Accademia dei Lincei, che alcuni governi, in altri Paesi europei, hanno tassato i loro cittadini per poter dare denaro a noi sotto forma di sussidi.
«Protezionismo e isolazionismo – sostiene – non coincidono con il nostro interesse nazionale. Dalle illusioni autarchiche del secolo scorso alle pulsioni sovraniste che recentemente spingevano a lasciare l’euro, l’Italia non è mai stata forte quando ha deciso di fare da sola». Gli interventi di Draghi per ricordare il pensiero di Jean Monnet, di Alcide De Gasperi, di Carlo Azeglio Ciampi, guardano tutti allo stesso obiettivo: l’Europa come motore che garantisce non una cessione di sovranità, ma un suo livello più alto, condizione di crescita, di pace e benessere. Spesso i suoi discorsi si concludono con un contenuto esortativo, la spinta a lavorare insieme come chiave per affrontare tutti i problemi. Credetegli, se avverrà sarà sufficiente.
L'articolo «L’Italia mai forte quando fa da sola» L’alfabeto di Draghi proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
Da oggi fino al 26 novembre torna, alla Fiera di Verona, JOB&Orienta, lo storico Salone nazionale dell’orientamento.
“A.A.A. Accogliere, accompagnare, apprendere in un mondo che cambia”, è il titolo di questa XXXI° edizione.
reshared this
Manovra, come al solito vincono gli intoccabili. Per noi c’è il bastone - Contropiano
«660mila percettori di reddito occupabili (e, chissà, forse anche i 173mila che già lavorano ma percepiscono stipendi così miseri che devono essere integrati con il RdC) vengono così segnati dal marchio dell’infamia, perché nemici della “nazione”, improduttivi, parassiti.
Bisogna dunque costringerli. E l’arma di costrizione è la fame – oltre che lo stigma. Senza alcun reddito saranno obbligati a cercare e soprattutto ad accettare qualunque lavoro, a qualunque condizione e in qualunque luogo. È una logica propria non solo del Governo Meloni, ma anche di politici come Renzi e di ampi pezzi del mondo imprenditoriale.»
Kick-off for EU database of public domain works and digital access to scientific works
With yesterday’s budget vote, the EU Parliament approved the funding of two pilot projects in the field of free knowledge initiated by the Pirate Party’s MEP Patrick Breyer in cooperation with civil society.
The first pilot project “Public EU directory of works in the public domain and under free licenses”, is funding a feasibility study for the creation of a database of public domain works. The development of such a database shall provide legal certainty for platforms, providers, galleries, libraries, archives and museums, as well as other non-profit organizations that work with public domain or freely licensed content.
The second project, “The Role of Copyright Laws in facilitation of distance education and research” intends to strengthen schools, universities and the cultural sector. The pilot project will assess copyright obstacles for online teaching and will focus on possible adaptions to the legal framework in order to enhance an appropriate balance of the interests of the authors and the use for educational and research purposes in the public interest. In addition, public access to culture and education shall be increased, in particular by granting licenses to libraries.
Patrick Breyer, Member of the European Parliament for the Pirate Party and digital freedom fighter, comments:
“The Pirate‘s fight for free knowledge has never been as important as during the pandemic, when schools and libraries often were closed. We finally need legal certainty. Business interests must no longer stand in the way of digital learning and research. The pilot projects I have proposed are an important first step in bringing the laws into line with the needs of our digital knowledge society.”
"Gli interventi sulle pensioni sono stati irrisori, mentre si continua a favorire anche attraverso la tassazione i ceti più abbienti, introducendo i primi assaggi di una futura tassazione piatta. Hanno colpito il Reddito di Cittadinanza proseguendo la guerra ai poveri, già ingaggiata dai precedenti governi. Hanno ridotto gli sgravi sulle bollette per le famiglie, confermando per intero solo quelli alle imprese. "
reshared this
I 10 satelliti più affascinanti del Sistema Solare
Un bel video del divulgatore Luca Nardi su alcuni dei molti satelliti naturali del Sistema Solare.
"Giochi troppo!": il libro di Andrea Corinti è figlio del lockdown del 2020 ed è un invito alla riflessione su quanto il videogioco sia importante nelle nostre vite
Segnaliamo alla comunità di @Videogiochi qesto libro di @Xab :archlinux: in cui i videogiochi non vengono demonizzati ma raccontati in una chiave di lettura che, seppur scanzonata, vanta solidi studi e riferimenti alle spalle.
Seguono le interviste a tre videogiocatori molto particolari per provare a raccontare cosa sia il videogioco oggi, ipotizzando cosa potrebbe diventare domani.
Qui è possibile visitare il sito dell'autore e trovare i link per l'acquisto (purtroppo solo Amazon)
like this
reshared this
La TAV per le merci è un business che non esiste: l'unica linea italiana chiude per inutilizzo.
"I costi di manutenzione risultavano troppo onerosi a fronte della domanda per questo tipo di servizio. La notizia è stata commentata dai No TAV come il segno dell’inutilità di queste opere, che richiedono un enorme dispendio di risorse, oltre che la devastazione del territorio, ma non risultano necessarie."
I social network sono morti. Come si crea un'alternativa vera? L'articolo di di Edward Ongweso Jr su Vice
Segnaliamo a tutta la comunità de @Le Alternative questo articolo molto interessante comparso su Vice e segnalato su mastodon da @Chiara [Ainur] [Айнұр]
La "crisi di Twitter" ha infatti messo in ombra la crisi di Facebook, i suoi licenziamenti, il mancato ROI sul Metaverso, la sua irrilevanza per le elezioni di mid term e il Vietnam globale che i suoi prodotti di punta (Whatsapp e Instagram) stanno subendo da Telegram e soprattutto da TikTok.
Ma la crisi dei social è una realtà.
I cosiddetti “social media” sono pensati per consumo e pubblicità, non per le persone. Ora che stanno crollando, come si crea un’alternativa vera?
Articolo di Edward #Ongweso Jr, Trad. Di Giacomo Stefanini e Giulia Trincardi, su #Vice
like this
reshared this
Non perdetevi l'incontro di #attiviamoenergiepositive su #mastodon #twitter e il #fediverso!
Oggi martedì 22 novembre alle 17 🐘
Con Paolo Melchiorre, Francesco Macchia e Angelo Rindone
Clicca qui per seguire la live alle h.17
👉 attiviamoenergiepositive.it/
Attiviamo Energie Positive Attiviamo Energie Positive
Un ciclo di formazione e webinar gratuiti. Condividiamo competenze e saperi per costruire nuove relazioni e progettare insieme il futuroAttiviamo Energie Positive
reshared this
La violenza digitale, invasiva e nascosta degli stalkerware che colpisce le donne. | Altreconomia
"Presentate come soluzioni antifurto o per controllo parentale, queste app alla portata di tutti possono essere installate per monitorare i dispositivi all’insaputa dei proprietari, scandagliando email, telefonate e account social. Una prassi illegale che si inserisce nell’ampia galassia della cyberviolenza."
Costi ambientali dei dispositivi di IA
L’immagine di Internet come cloud lo rende un ambiente apparentemente intangibile, quasi post-fisico. Tale percezione contribuisce a creare un’ingenua fiducia nel suo scarso impatto ecologico. A ciò si aggiungono le dichiarazioni del settore tecnologico, apparentemente a favore della sostenibilità ambientale, che fanno in realtà parte della creazione di un’immagine pubblica opaca e non veritiera.
Digital Service Package: come regolare le piattaforme digitali?
Il 5 luglio 2022, al termine della sessione plenaria del Parlamento Europeo, è stato approvato il Digital Services Package, il primo set normativo composto dal Digital Service Act (DSA) e dal Digital Markets Act (DMA), volto a regolare rispettivamente i servizi e il mercato digitali al fine di creare uno spazio online più sicuro e aperto, fondato sul rispetto dei diritti fondamentali dei cittadini.
Privacity reshared this.
Diritti Digitali per la Comunità Queer
L’intelligenza artificiale (IA) pervade le nostre vite tramite app di varia tipologia, assistenti digitali, sistemi di rating, dispositivi smart. Diversamente dalla prospettiva che la presenta come strategia oggettiva ed equa per la gestione di determinati compiti, l’IA è intrinsecamente priva di neutralità, in quanto potenzialmente soggetta ad un uso duale. Infatti certi algoritmi...
Safe Cities e Colonialismo Digitale in Sudafrica
La sorveglianza biometrica costituisce un framework di tecnologie invasive che ricercano negli individui specifiche caratteristiche identitarie, al fine non dichiarato di attuare una profilazione di massa. Nel caso specifico del Sudafrica questo si inserisce in un ecosistema più ampio creatosi attorno al progetto Safe Cities del gigante cinese Huawei. Guidato dall’idea che la tecnologia sia la...
Il tracciamento dei contatti nei luoghi di lavoro in Italia
Parte 1: Tracciamento dei contatti, le origini Parte 2: Il contact-tracing nel XXI secolo: dalla MERS al COVID-19 Parte 3: L’approccio europeo e italiano al tracciamento dei contatti Parte 4: Il tracciamento dei contatti fuori dall’Italia Parte 5: Il tracciamento dei contatti: questioni etiche Se l’osservazione delle iniziative sviluppate dai vari Paesi europei aiuta a chiarire il quadro delle...
Oggi, #22novembre, è la Giornata nazionale per la sicurezza nelle scuole, istituita dal Parlamento italiano il 13 luglio 2015.
Qui la lettera alle scuole del Ministro Giuseppe Valditara ▶️ miur.gov.
Ministero dell'Istruzione
Oggi, #22novembre, è la Giornata nazionale per la sicurezza nelle scuole, istituita dal Parlamento italiano il 13 luglio 2015. Qui la lettera alle scuole del Ministro Giuseppe Valditara ▶️ https://www.miur.gov.Telegram
WhatsApp Image 2022-11-21 at 19.19.36.jpeg - 93.8 KB
Ho cercato informazioni su wiki ma con scarsi risultati: è stato acquistato e reso "chiuso" anche il protocollo?
reshared this
Pensavo che sarebbe interessante (e forse esiste già, ma non l'ho trovato) sviluppare un servizio che funga da proxy aggregatore per i diversi account del fediverso che un utente può possedere.
Provo a spiegarmi. Esistono numerosi social network decentralizzati che utilizzano il protocollo ActivityPub, tramite il quale sono tra loro interoperabili. Così un utente Mastodon può ricevere i video pubblicati da un amico su un'istanza PeerTube. Come utente del Fediverso, potrei aprire un account Pixelfed per pubblicare le mie foto, PeerTube per i video, Friendica per il microblogging ecc. Ognuno di questi account avrà il proprio handle, i propri follower e i propri seguiti, il che può diventare scomodo da gestire.
Invece, mi piacerebbe esporre verso l'esterno un unico handle aggregato, ad esempio @c64@luca.it, e "agganciare" a questo handle i numerosi account del fediverso di cui dispongo, per esempio
- @c64@mastodon.uno per Mastodon,
- @c64@poliverso.it per Friendica, ecc.
Come funzionerebbe dunque l'handle aggregato? Tutti i messaggi in entrata verrebbero aggregati dal proxy, e replicati verso tutti gli account personali. In questo modo, per esempio, avrei la possibilità di leggere lo stream dei post dei seguiti tramite Mastodon, che ha un'interfaccia più comoda e matura rispetto a Friendica, oppure utilizzare proprio Friendica. Anche i messaggi in uscita (post, video ecc.) sarebbero mediati dal proxy, in modo tale che i miei follower vedrebbero tutti i messaggi che pubblico, indipendentemente dal social che ho utilizzato per la pubblicazione per ogni singolo messaggio.
Infine, l'handle aggregato potrebbe essere permanente: così potrei modificare l'istanza dei miei social in modo trasparente, senza dover chiedere ai follower di modificare l'handle seguito.
Silvia Barbero likes this.
Luca Gasperini reshared this.
Andrea reshared this.
Qualcuno è riuscito a capire il motivo scatenante per cui nelle ultime sei ore c'è stata un'ondata migratoria eccezionale di iscrizioni a #Mastodon?
- Ne ha parlato forse qualche youtuber?
- Un tiktoker?
- Facebook ha deciso di far collassare i server più grandi di Mastodon per eliminare la potenziale concorrenza?
- C'è stato un servizio giornalistico in TV?
- Radio Maria ha sconsigliato mastodon?
- Una catena di S. Antonio che se non ti iscrivi a Mastodon vieni bocciato alla maturità?
- PIERO FASSINO HA DICHIARATO CHE MASTODON NON SARA' MAI UN FENOMENO DI MASSA? 😱😱😱
reshared this
Mastodon può sopravvivere alla legge europea sui servizi digitali? Konstantinos Komaitis, un esperto di regolamenti di Internet e diritto d'autore prova a rispondere a questa domanda
Proponiamo di seguito l'articolo di Konstantinos Komaitis
Sono passate circa due settimane da quando Elon Musk, l'uomo più ricco del mondo, ha acquisito Twitter e, già, i crescenti timori su cosa questo significhi per la libertà di parola sulla piattaforma di microblogging hanno iniziato a proliferare. Con Musk che licenzia alcuni membri del personale chiave di Twitter, tra cui il capo legale di Twitter Vijaya Gadde e rescinde i contratti con moderatori di contenuti in outsourcing, molti utenti sono alla ricerca di un'alternativa.
Un numero considerevole sta migrando al "fediverse", e in particolare a Mastodon, una piattaforma di microblogging simile che è stata chiamata "Twitter, con l'architettura sottostante della posta elettronica". Il decentramento di Mastodon solleva interrogativi sostanziali su come si applicheranno i regimi normativi esistenti, come il Digital Services Act (DSA) europeo.
Il passaggio a Mastodon
Il fediverso - una parola macedonia formata da federazione e universo - è una rete di server interconnessi che comunicano tra loro sulla base di protocolli di rete decentralizzati. Questi server possono essere utilizzati per la pubblicazione sul Web e l'hosting di file e consentono agli utenti di comunicare tra loro nonostante si trovino su server indipendenti.
Per Mastodon, l'interoperabilità è fondamentale. Pensalo come un account di posta elettronica: un utente può utilizzare un servizio di posta di Google, ma ciò non gli impedisce di comunicare con qualcuno che utilizza Hotmail o anche con qualcuno che ospita il proprio server di posta. Finché viene seguito un insieme di protocolli, gli utenti possono comunicare facilmente tra i server. L'idea alla base di un'architettura così decentralizzata è dare agli utenti il controllo diretto del loro utilizzo e della loro presenza online. Mastodon è uno dei tanti social network che operano utilizzando software gratuito e open source; altri esempi includono Peertube, che è simile a YouTube, e diaspora* (non capisco perché viene richiamata più spesso Diaspora rispetto a Friendica, ndr) , che assomiglia di più a Facebook.
Dall'acquisizione di Twitter da parte di Musk e dalle turbolenze che ha causato, la crescita di Mastodon è passata da 60-80 nuovi utenti all'ora a 3.568 nuove registrazioni in un'ora la mattina del 7 novembre. Ora ha accumulato oltre 6 milioni di account utente ed è ancora in crescita.
Per iscriversi a Mastodon, un utente può unirsi a un numero di server diversi (noti come "istanze") di sua scelta; queste istanze determinano i contenuti che gli utenti possono vedere e le linee guida della comunità a cui devono iscriversi. In sostanza, l'amministratore o gli amministratori di ciascuna istanza fungono da "moderatore" - decidendo cosa è consentito o meno in quell'istanza - e hanno il potere di filtrare o bloccare i contenuti che contraddicono le regole stabilite. Gli amministratori possono agire da soli come moderatori o utilizzare un team di moderatori. All'interno di un'istanza, un utente può pubblicare testo o altri media, seguire e comunicare con altri utenti (all'interno e all'esterno della propria istanza) e condividere dati pubblicamente o con un gruppo selezionato.
Proprio come Twitter, Mastodon usa gli hashtag, ha un limite di caratteri per i post (500 invece dei 280 di Twitter) ed è già popolato di immagini di gatti. Sebbene alcuni utenti si siano lamentati della complessità del processo di registrazione e della generale facilità d'uso del sito (o della sua mancanza), Mastodon si è rivelato un'alternativa salutare e ha dimostrato che gli utenti sono pronti ad abbandonare i servizi di social media consolidati se lo desiderano sono presentati con le opzioni.
Moderazione dei contenuti su Mastodon
Alla fine, tuttavia, il futuro di Mastodon dipenderà dal modo in cui le sue singole istanze e il sito, come un insieme collaborativo, si occuperanno della moderazione dei contenuti e della libertà di parola. Il fascino di Mastodon sta nel suo decentramento. Quando Eugen Rochko ha fondato la rete nel 2016, proveniva da un "sentimento di sfiducia nei confronti del controllo dall'alto che Twitter esercitava" . Contrastando questa sfiducia, affermando anche con orgoglio che "non è in vendita",la rete Mastodon non ha un unico proprietario o amministratore che possa stabilire le regole; invece, l'amministratore di ciascuna istanza locale stabilisce le regole del proprio server, che gli utenti devono rispettare. Se un utente non è d'accordo con queste regole, può facilmente passare a un'istanza che si allinea con il suo punto di vista, creando solide strade per la libertà di parola. Se un amministratore rileva che un utente ha pubblicato qualcosa in violazione delle regole dell'istanza, può rimuovere il contenuto o persino rimuovere l'utente dall'istanza; l'utente può quindi semplicemente passare a un altro server.
L'amministratore può anche bloccare il contenuto dall'istanza che esegue se disturba gli utenti. Nel 2019, la piattaforma di social media Gab, un hub per i suprematisti bianchi, ha testato i limiti di Mastodon sulla moderazione dei contenuti. Anche se Mastodon non poteva negare l'uso da parte di Gab del suo software open source, dal momento che chiunque può utilizzare il software se "mantiene la stessa licenza e rende pubbliche le proprie modifiche", le singole istanze sono state in grado di bloccare, e di conseguenza isolare, Gab e i suoi utenti. Non essendo in grado di interagire con altre istanze, Gab divenne un'istanza senza valore per il collettivo Mastodon. In risposta a questo, mastodon . sociale— uno dei server gestiti da Mastodon — ha aggiornato la sua politica relativa alla promozione delle istanze sul proprio sito Web ufficiale, prima di bloccare definitivamente Gab.
Sebbene non esista un'autorità centrale su Mastodon, quando ti iscrivi alla rete ti mostra alcune istanze popolari a cui puoi unirti per avere un'idea generale del contenuto sulla rete. Queste istanze devono rispettare determinate regole come non consentire il razzismo, il sessismo, l'omofobia, la transfobia, ecc. Sui loro server. Questo mostra come il contenuto (o meglio una piattaforma) può essere moderato su una rete decentralizzata: mentre il contenuto offensivo non è necessariamente completamente rimosso dalla rete, l'azione locale può essere intrapresa da ciascun amministratore di istanza per evitare e infine ostracizzare i server "problematici".
I chiari vantaggi di tali sistemi decentralizzati, specialmente se non sono a scopo di lucro, come Mastodon, sono le responsabilità diffuse di moderazione dei contenuti, l'empowerment degli utenti e i disincentivi per i conflitti degli utenti (soprattutto legati alla conduzione del coinvolgimento, come si vede nei grandi social media). Tuttavia, questo ci lascia ancora con la questione dei contenuti manifestamente discutibili, come materiale sullo sfruttamento sessuale di minori o contenuti terroristici. Certamente, le istanze hanno i propri incentivi per moderare e sbarazzarsi di tali contenuti; tuttavia, è anche importante ricordare che le reti decentralizzate non sono al di sopra della legislazione del governo, né sono una panacea per la moderazione dei contenuti. Allo stesso modo in cui i governi possono ordinare la rimozione di un sito Web, possono anche ordinare la rimozione delle istanze di Mastodon.
Mastodon e la legge sui servizi digitali
Mentre Mastodon continua a guadagnare popolarità, una domanda che rimane è come gli sforzi legislativi esistenti possano influenzare l'intero sito web e/o le sue istanze. In particolare, il Digital Services Act (DSA) in Europa è stato creato per affrontare i problemi di moderazione dei contenuti che si manifestano in piattaforme molto più grandi e centralizzate, come Facebook. Quale sarà l'effetto del DSA su Mastodon?
Attualmente, ci sono più di 3000 istanze sulla rete, tutte con i propri utenti, linee guida e amministratori. In questo contesto, il DSA non fornisce chiarezza sulle questioni dei social media decentralizzati. Tuttavia, sulla base delle categorizzazioni del DSA, è molto probabile che ogni istanza possa essere vista come una ' piattaforma online ' indipendente su cui un utente ospita e pubblica contenuti che possono raggiungere un numero potenzialmente illimitato di utenti. Pertanto, ciascuna di queste istanze dovrà rispettare una serie di obblighi minimi per i servizi di intermediazione e hosting, incluso avere un unico punto di contatto e un rappresentante legale, fornire termini e condizioni chiari, pubblicare relazioni semestrali sulla trasparenza, avere un meccanismo di notifica e azione e comunicare informazioni su rimozioni o restrizioni sia ai fornitori di avvisi che a quelli di contenuto .
Oggi, dato il modello senza scopo di lucro e l'amministrazione limitata e volontaria della maggior parte delle istanze esistenti, tutti i server Mastodon sembrerebbero esenti dagli obblighi per le grandi piattaforme online. Tuttavia, cosa significherà se un'istanza finirà per generare oltre 10 milioni di EUR di fatturato annuo o assumerà più di 50 membri del personale? Ai sensi del DSA, se tali soglie vengono raggiunte, gli amministratori di tale istanza dovrebbero procedere all'attuazione di requisiti aggiuntivi, tra cui un sistema di gestione dei reclami, la cooperazione con segnalatori attendibili e organismi extragiudiziali per le controversie, una maggiore trasparenza delle relazioni e l'adozione delle misure di protezione dei bambini, così come il divieto di modelli oscuri. Il mancato rispetto di questi obblighi può comportare multe o il blocco geografico dell'istanza in tutto il mercato dell'UE.
Inoltre, in teoria, c'è sempre la possibilità che un'istanza possa raggiungere la soglia per lo stato "Very Large Online Platform" (VLOP) del DSA se la sua base di utenti continua a crescere e raggiunge i 45 milioni di utilizzo mensile. Oggi, mastodon.social è l'istanza più grande, con 835.227 utenti . Se supera la soglia dell'utente VLOP, vi è un numero significativo di obblighi che questa istanza dovrebbe rispettare, come valutazioni del rischio e audit indipendenti. Questo può rivelarsi un onere amministrativo costoso e gravoso, dato il suo fatturato attuale . È quindi importante che la Commissione europea fornisca ulteriori chiarimenti su questi casi e lo faccia rapidamente.
È difficile prevedere cosa accadrà se, e quando, il numero di utenti di Mastodon raggiungerà piattaforme come Twitter e Facebook, specialmente nel regno della moderazione dei contenuti. Poiché la moderazione nelle principali piattaforme di social media è condotta da un'autorità centrale, il DSA può effettivamente ritenere una singola entità responsabile attraverso obblighi. Questo diventa più complesso nelle reti decentralizzate, dove la moderazione dei contenuti è prevalentemente guidata dalla comunità.
Ambiguità normativa e Fediverso
Attualmente, Mastodon tenta di rispondere ai problemi della moderazione dei contenuti attraverso la sua architettura decentralizzata. Non esiste un'autorità o un controllo centrale che si possa indicare e ritenere responsabile per le pratiche di moderazione dei contenuti; invece, la moderazione avviene in modo organico dal basso verso l'alto. Per quanto riguarda il modo in cui le imminenti normative digitali possono essere applicate a queste piattaforme, ci rimangono ancora una miriade di domande, che crescono solo se consideriamo come una rete decentralizzata potrebbe implementare questi requisiti.
L'ambiguità sul fediverso mostra che quando si progetta la regolamentazione di Internet, è importante farlo con la più ampia creatività e innovazione possibile, invece di avere in mente determinati attori. L'ultima cosa che l'Europa vuole è la sua regolamentazione che limiti l'innovazione futura, alzando le barriere all'ingresso sia per le nuove imprese che per gli utenti.
Link al post originale: techpolicy.press/can-mastodon-…
Note sugli autori:
Konstantinos Komaitis è un veterano dello sviluppo e dell'analisi della politica Internet per garantire un Internet aperto e globale. Konstantinos ha trascorso quasi dieci anni nello sviluppo di politiche e strategie attive come Senior Director presso la società di Internet. Prima di allora, ha trascorso 7 anni come docente senior presso l'università di Strathclyde, Glasgow, nel Regno Unito, dove facevamo ricerca e insegnavamo politica di Internet. Konstantinos è un oratore pubblico che ha parlato a molti eventi in tutto il mondo, incluso un discorso TedX, e uno scrittore che ha scritto per vari punti vendita tra cui Brookings, Slate, TechDirt, EuroActive. Ha conseguito due lauree magistrali e un dottorato ed è autore di un libro sulla regolamentazione dei nomi a dominio. È anche co-conduttore del "Podcast di Internet of Humans". Il suo sito personale è: www.komaitis.org .
Louis-Victor de Franssu è il CEO e co-fondatore di Tremau, una start-up tecnologica Trust & Safety che aiuta i servizi online ad adattarsi al quadro normativo in evoluzione. Prima di Tremau, Louis-Victor è stato vice dell'ambasciatore francese per gli affari digitali. In questo ruolo, si è specializzato in questioni relative alla lotta ai contenuti illegali online e alla disinformazione, guidando anche il lavoro della Francia sull'invito all'azione di Christchurch. Prima di entrare a far parte del Ministero per l'Europa e gli Affari Esteri, Louis-Victor ha lavorato per un'importante società di consulenza per la gestione del rischio non finanziario nel settore finanziario. Louis-Victor ha conseguito un MBA presso l'INSEAD e un BA presso l'Università di Notre Dame.
Can Mastodon Survive Europe’s Digital Services Act?
Konstantinos Komaitis & Louis-Victor de Franssu say Mastodon’s decentralization raises questions about how regulatory regimes will apply.Konstantinos Komaitis (Tech Policy Press)
0ut1°°k
in reply to Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂ • • •@videogiochi
like this
Poliverso e skariko like this.
Videogiochi reshared this.
Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂
in reply to 0ut1°°k • •@0ut1°°k intanto ti ringrazio perché solo grazie alla tua segnalazione mi sono accorto che non avevo scritto la chiocciola prima del nickname @Xab :archlinux: che avevo usato nel testo del messaggio friendica!
Quanto al nickname che vedi nel messaggio, ti spiego due cose che solo alcuni utenti conoscono:
1) quello che ti vedi come messaggio è in realtà il titolo di un post #Friendica. Friendica ti dà la possibilità di scrivere post con il titolo o senza titolo. Se li scrivi senza titolo gli utenti mastodon li vedranno normalmente, anche se sono più lunghi di 500 caratteri; se li scrivi con il titolo invece gli utenti mastodon vedranno "Testo del titolo + Link con il resto del messaggio"; se però da Friendica voglio aprire un nuovo post su Lemmy (una specie di Reddit) allora sarò costretto a scrivere un titolo... Ed è quello che ho fatto
2) I thread aperti su feddit.it vengono rilanciati automaticamente su Twitter. Se scrivo i nickname twitter degli utenti citati nel post, allora essi verranno menzionati anche su twitter.., Ecco perché ho scritto il nickname di Andrea in quel modo. Quando la pubblicazione su twitter sarà avvenuta, posso anche modificare il titolo inserendo il nome giusto.
@Xab
like this
skariko likes this.
reshared this
Videogiochi e 0ut1°°k reshared this.
Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂
in reply to 0ut1°°k • •(e tra qualche minuto potrete vedere le modifiche anche voi #povery microbloggerz che siete su mastodon 🤣🤣🤣)
like this
skariko likes this.
Videogiochi reshared this.
0ut1°°k
in reply to Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂ • • •@xabacadabra questo è bullismo degli utenti friendica verso gli utenti mastodon!
Adesso segnalo il tuo messaggio al tuo amministratore... Ah no. Ora che ci penso non posso farlo, perché Friendica poverina non ha ancora un sistema per gestire le segnalazioni 😈😈😈🤣🤣🤣
like this
Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂ e skariko like this.
Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂
in reply to 0ut1°°k • •like this
skariko likes this.
Videogiochi reshared this.
Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂
Unknown parent • •like this
skariko likes this.
Videogiochi reshared this.
Xab
Unknown parent • • •@unruhe perché non avevo abbastanza autostima per trovarmi un editore ed era l'autoproduzione più conveniente ahimè (non ne vado fiero confesso)
Prima o poi mi piacerebbe fare la versione ebook, appena ho un po' di tempo ci ragiono anche per gestire immagini e grafici
like this
Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂, Poliverso e skariko like this.
reshared this
Videogiochi e Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂ reshared this.