MONDIALI IN QATAR. I tifosi arabi stanno con i palestinesi. I governi con Israele
di Michele Giorgio –
Pagine Esteri, 28 novembre 2022 – Tra proteste per le morti sui cantieri degli stadi e lo sfruttamento dei manovali stranieri in Qatar, le polemiche per il mancato sostegno della Fifa ai diritti Lgbt+ e ai diritti umani nel Golfo, senza dimenticare l’inno non cantato e poi cantato dai calciatori della nazionale iraniana e altro ancora, questi Mondiali si stanno rivelando i più politicizzati della storia del calcio. Saranno però ricordati anche come la prova del fallimento di uno degli obiettivi degli Accordi di Abramo del 2020 tra Israele e quattro paesi arabi: integrare la popolazione dello Stato ebraico nella regione e far dimenticare i diritti dei palestinesi sotto occupazione. Invece le intese firmate di due anni fa confermano di aver rappresentato solo una ridefinizione dell’ordine regionale in senso anti-Iran e un accordo strategico tra governi. I cittadini arabi, o almeno i tifosi giunti in Qatar, non sembrano aver cambiato opinione su Israele e i diritti dei palestinesi.
È ancora vivo il ricordo della soddisfazione espressa a giugno, dopo mesi di colloqui con la Fifa, dai leader israeliani sul via libera all’ingresso in Qatar dei tifosi dello Stato ebraico con voli diretti Tel Aviv – Doha. «L’amore per il calcio e lo sport collega persone e Stati e la Coppa del Mondo ci apre una nuova porta per stringere legami», commentò l’allora ministro degli esteri israeliano Yair Lapid. I fatti lo smentiscono. La normalizzazione nelle strade non c’è stata, perché, saranno cambiate tante cose in Medio oriente in questi decenni e negli ultimi anni, ma i cittadini arabi conoscono quello che accade ogni giorno nei Territori palestinesi occupati. E forse, anche per questo, l’Arabia saudita, il peso massimo arabo, esita ad unirsi agli Accordi di Abramo e preferisce tenere dietro le quinte le relazioni che ha allacciato con Israele.
Non sorprende perciò che i giornalisti israeliani in Qatar stiano facendo una fatica enorme per intervistare i tifosi arabi che, con buone e brutte maniere, si allontanano da loro. Sui social circolano video di tifosi arabi che scappano via, spesso inneggiando alla Palestina, non appena si rendono conto di essere stati avvicinati da giornalisti e operatori di tv israeliane. «Speriamo che, dopo la Coppa del Mondo, chiudano la rotta aerea (Tel Aviv – Doha, ndr) – si è augurato Khaled al Omri, un saudita, parlando con la Reuters. «Certo – ha aggiunto – la maggior parte dei paesi del mondo arabo procede verso la normalizzazione ma questo avviene perché la maggior parte di essi non ha governanti che ascoltano la loro gente». Parole ripetute da altri tifosi arabi presenti a Doha, ben lontane da quelle del comunicato diffuso dal Dipartimento di Stato Usa che ha descritto i voli diretti tra Israele e Qatar «promettenti per il rafforzamento dei legami interpersonali e le relazioni economiche».
Espliciti sono stati in modo particolari alcuni tifosi libanesi. Le loro dichiarazioni hanno fatto il giro del web. Avvicinati da un giornalista della rete israeliana Canale 12, che precisa subito di venire da Israele, si allontanano scuotendo la testa, quindi si rivolgono al giornalista: «Israele non esiste – gli dice uno tifosi – si chiama Palestina». Certo il Libano era e resta in stato di guerra con Israele ma anche Asil Sharayah, un giovane giunto dalla Giordania, che invece con Israele ha un trattato di pace dal 1994, ha escluso di poter parlare con israeliani: «Le loro politiche stanno chiudendo la porta a qualsiasi opportunità per maggiori legami tra i paesi». Altri tifosi arabi hanno anche cantato «Con l’anima e il sangue, ci sacrifichiamo per la Palestina». I palestinesi ringraziano. Ai Mondiali la loro nazionale non c’è ma l’appoggio dei tifosi arabi è una boccata d’ossigeno. A Gaza il tifo è tutto per il Qatar, paese che dal 2013 ha donato a questo lembo di terra sotto blocco israeliano oltre un miliardo di dollari. Pagine Esteri
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ILO. Nelle economie capitaliste crollano i salari. In Italia peggio di tutti - Contropiano
"Il rapporto mostra che l’impatto dell’inflazione sul costo della vita è maggiore per i lavoratori a basso reddito. Questo gruppo di lavoratori utilizza la maggior parte del reddito disponibile in beni e servizi essenziali, che in genere subiscono aumenti di prezzo maggiori rispetto ai beni non essenziali."
filobus aka hecatonchiri reshared this.
Promuovere la mobilità in bicicletta attraverso misure di pianificazione urbana
Ecco la seconda traduzione dalla newsletter di #RecuperarLaCiudad (Riprendersi la città)
Qui sotto trovate la traduzione parziale della newsletter del 25 novembre 2022 intitolata:
Come promuovere la mobilità in bicicletta attraverso misure di pianificazione urbana
A partire da uno studio sulle caratteristiche delle infrastrutture ciclabili olandesi, danesi e tedesche, l’articolo presenta alcune delle misure di pianificazione urbana necessarie a garantire un uso comodo e sicuro della #bicicletta in città.
Il testo completo dell’articolo si può scaricare da qui:
nilocram.eu/edu/Riprendersi-la…
Buona lettura e... pedalate piano 😀
Come promuovere la mobilità in bicicletta attraverso misure di pianificazione urbana
"Se lo costruisci, allora verranno", dice una voce nel film "Field of Dreams" (1989) a Kevin Costner. Questa regola si applica spesso al settore della mobilità: quando si costruisce un'infrastruttura, compaiono i suoi utenti. Questo fenomeno è noto come domanda indotta (l'offerta di un bene ne aumenta il consumo).
La domanda indotta spiega, tra l'altro, come l'aumento delle infrastrutture automobilistiche sia una misura inutile per ridurre la congestione, che anzi aumenta. La domanda indotta può essere utilizzata per promuovere la mobilità sostenibile? Per rispondere a questa domanda, nel 2008 John Pucher e Ralph Buehler hanno condotto un’ analisi bibliografica presso la Rutgers University, esaminando le caratteristiche delle infrastrutture ciclabili olandesi, danesi e tedesche.
Spoiler: può funzionare e funziona benissimo.
Uso massiccio della bicicletta
I tre Paesi presi in esame erano, al momento dello studio, i tre Paesi europei con i più alti livelli di mobilità ciclistica. Gli spostamenti giornalieri in bicicletta (con distanze medie massime di 2,5 km nei Paesi Bassi, 1,6 km in Danimarca e 0,9 km in Germania), queti paesi sono anche quelli con la più alta percentuale di spostamenti effettuati pedalando (27% nei Paesi Bassi, 18% in Danimarca e 10% in Germania).
Tuttavia, non è sempre stato così. Tra il 1950 e il 1975 il numero di spostamenti in bicicletta in tutti e tre i Paesi è diminuito dal 50-85% degli spostamenti a solo il 14-35%, un periodo che coincide con la promozione dell'uso dell'automobile da parte di tutti e tre gli Stati, aumentando la capacità delle strade e aumentando l'offerta di parcheggi. Se le costruisci, allora verranno. I governi si sono resi conto dell'errore e hanno cercato di correggere le tendenze.
A metà degli anni '70 le politiche di mobilità sono cambiate, concentrandosi sui pedoni, la bicicletta e il trasporto pubblico. La maggior parte delle città ha migliorato le infrastrutture ciclabili, ha introdotto restrizioni all'uso dell'auto e ne ha reso più costoso l'utilizzo. Tra il 1975 e il 1995, l'uso della bicicletta ha raggiunto il 20-43% di tutti gli spostamenti in tutti e tre i Paesi. Il caso di Berlino è particolarmente impressionante, con un aumento del 275% degli spostamenti in bicicletta tra il 1975 e il 2001. [...]
Qui il testo completo dell’articolo:
nilocram.eu/edu/Riprendersi-la…
@Informa Pirata @Marcos Martínez @Rivoluzione mobilità urbana🚶🚲🚋
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Etiopia, le Forze del Tigray si ritirano, gli Eritrei continuano con Crimini e Violenze
L’OMS venerdì 2 dicembre ha dichiarato che non ha ancora pieno accesso a tutte le aree in Tigray, stato regionale settentrionale dell’Etiopia.
Mike Ryan, il direttore delle emergenze dell’OMS in conferenza stampa ha dichiarato:
“Quel processo di pace non ha ancora portato al tipo di pieno accesso, accesso illimitato e alla massiccia assistenza medica e sanitaria di cui la gente del Tigray ha bisogno”
Si aggiungono le dichiarazioni anche del Dr. Kibrom, direttore esecutivo dell’ Ayder Hospital di Mekelle:
“Anche noi dell’ Ayder Hospital stiamo ancora aspettando. Ringraziamo ICRC Ethiopia (un partner vero e affidabile) per aver trasportato i nostri materiali per la dialisi e l’insulina da Addis a #Mekelle.”
Mike Ryan ha aggiunto che ci sono stati problemi nell’ovest del Tigray nelle aree sotto il controllo delle milizie e in altre aree controllate dalle truppe eritree:
“Ci sono ancora parti significative del paese che sono occupate dalle forze eritree, per le quali non c’è accesso, e rapporti molto inquietanti emergono intorno alle esperienze delle persone lì”
Approfondimento: Etiopia, continuano violenze e abusi dell’Eritrea in Tigray nonostante l’accordo di Pretoria
Un mese fa esatto, 2 novembre, è stato firmato l’accordo di tregua a Pretoria, Sud Africa, tra governo etiope e rappresentanti del Tigray.
Le truppe dell’Eritrea, a nord, e le forze della vicina regione etiope di Amhara, a sud, hanno combattuto a fianco dell’esercito etiope nel Tigray, ma non hanno aderito al cessate il fuoco e non sono nemmeno state incluse nei tavoli di negoziato.
Nell’accordo i punti espliciti:
- immediato accesso umanitario alla regione;
- ritiro delle “forze straniere” dalla regione: eritrei, forze speciali e milizie amhara, Fano, non nominate esplicitamente nell’accordo;
In aggiunta come punti focali il disarmo delle forze del Tigray e la presa di controllo delle aree da parte dell’ENDF, Ethiopian National Defence Forces, l’esercito federale.
Il giorno 1 dicembre l’ufficio comunicazione del Gov. etiope condivide un comunicato indicando che si è riunito nella città di Shire il Comitato misto di pianificazione tecnica che dovrebbe delineare il piano dettagliato per il disarmo dei combattenti del Tigray.
Il ritiro delle forze partigiane del Tigray lo hanno dichiarato con comunicati ufficiali sempre lo stesso giorno:
Sulla pagina facebook la dichiarazione del TPLF – Tigray People’s Liberation Front, qui uno stralcio:
“L’esercito del Tigray ha iniziato a lasciare i fronti di guerra…A seguito dell’accordo di pace raggiunto tra il Tigray e i governi etiope a Pretoria, Sudafrica, Nairobi, Kenya, nella città di Nairobi, secondo il documento di attuazione firmato tra il Tigray ed il governo etiope, l’esercito del Tigray comandanti supremi, a Nairobi.
Stanno iniziando a partire [le forze del Tigray] dal fronte, ovvero dal sud, Mai Kinetal, Zalambessa, Nebelet, Chercher, Kukufto, Higumbirda, Beriteulay e Abergele.”
Tigray TV pubblica un video condividendo la notizia del ritiro delle forze del Tigray.
- “ስምምዕነት ተፃብኦ ደው ምባል ንምትግባር ሰራዊት ትግራይ ካብ ዝተፈላለዩ ከባቢታት መስመር ውግእ ምልቃቕ ጀሚሩ፡፡”
- “L’esercito del Tigray ha iniziato a ritirarsi da varie aree della linea di battaglia per attuare l’accordo di cessate il fuoco.”
youtube.com/embed/bbCz-A_HRTQ?…
Il 3 dicembre secondo Bacha Devele, ambasciatore etiope in Kenya, le forze di difesa tigrine guidate dal partito TPLF consegneranno le armi pesanti all’esercito federale: evento dopo 2 anni di guerra genocida e 1 mese dopo la firma dell’accordo.
L’ago della bilancia ancora le “forze straniere”, in prima linea l’esercito eritreo.
L’accordo per il raggiungimento della pace è una strada di compromessi tra le parti ed uno scambio di fiducia passo passo fino al raggiungimento dell’obiettivo. Ci sono propositi e segnali positivi, ma siamo appena sulla soglia, c’è tutto da fare.
Riguardo alle garanzie della ritirata delle forze eritree non ci sono ancora segnali reali dal campo: tale variabile potrebbe decretare la buona riuscita o meno dei buoni propositi di messa in opera dei negoziati. Il governo etiope dovrebbe farsi carico di tale responsabilità sotto la mediazione e supervisione dell’ Unione Africana.
Approfondimento di Reuters: Etiopia, Saccheggi, allontanamenti forzati affliggono il Tigray nonostante la tregua – testimoni
In tutto questo contesto sarebbero più di 13 milioni di persone bisognose e dipendenti dal supporto umanitario in tutto il nord Etiopia, Tigray Amhara e Afar, martoriato dalla guerra.
Il popolo del Tigray è allo stremo.
Etiopia, saccheggi, allontanamenti forzati affliggono il Tigray nonostante la tregua – testimoni
Gli alleati dell’Etiopia stanno saccheggiando le città, arrestando e uccidendo civili e trasferendo migliaia di persone da una parte contesa del Tigray nonostante una tregua tra il governo e le forze locali, affermano testimoni e operatori umanitari nella regione settentrionale.
La violenza solleva nuove preoccupazioni sul fatto che il cessate il fuoco firmato il 2 novembre dal governo federale etiope e dal Tigray People’s Liberation Front (TPLF) – il partito che domina l’irrequieta provincia – metterà fine a due anni di combattimenti che hanno ucciso decine di migliaia di persone e sfollati milioni.
Le truppe dell’Eritrea, a nord, e le forze della vicina regione etiope di Amhara, a sud, hanno combattuto a fianco dell’esercito etiope nel Tigray ma non hanno aderito al cessate il fuoco.
Tuttavia, l’accordo richiede il ritiro delle truppe straniere e non etiopi della Forza di difesa nazionale (non l’ENDF) dal Tigray.
L’Eritrea ha combattuto una guerra di confine contro l’Etiopia nel 1998-2000, quando il TPLF dominava il governo centrale, e rimane il nemico giurato del gruppo.
Le truppe eritree hanno sequestrato cibo, veicoli, oro e persino porte e finestre dalle case in almeno una dozzina di città nel Tigray settentrionale e nordoccidentale dal cessate il fuoco, secondo quattro operatori umanitari e un residente, che come altre persone intervistate da Reuters hanno chiesto da non identificare per timore di rappresaglie.
Le truppe hanno anche effettuato uccisioni extragiudiziali e arresti di massa nel territorio che controllano nel nord del Tigray, hanno detto due residenti e cinque operatori umanitari.
Il ministro dell’Informazione eritreo Yemane Gebremeskel non ha affrontato direttamente le accuse di saccheggio e uccisioni in un messaggio di testo a Reuters, ma ha accusato le forze tigrine di “bugie senza fine”.
Dall’inizio del conflitto nel novembre 2020, le violazioni dei diritti umani da parte di tutte le parti, comprese uccisioni extragiudiziali, stupri e saccheggi, sono state documentate dagli organismi delle Nazioni Unite, dalla commissione per i diritti umani nominata dallo stato dell’Etiopia, da gruppi di aiuto indipendenti e dai media, tra cui Reuters . Tutte le parti hanno negato le accuse.
Nel Tigray occidentale, i combattenti Amhara hanno condotto arresti di massa e caricato migliaia di civili di etnia tigraya su camion prima di inviarli a est del fiume Tekeze, secondo due residenti e due rapporti interni preparati da gruppi di aiuto visti da Reuters.
I leader Amhara considerano il fiume una linea di confine tra il Tigray e il territorio che dicono storicamente apparteneva loro a ovest. I funzionari del Tigray affermano che l’area, che ha terre fertili, è stata a lungo la dimora di entrambi i gruppi etnici e dovrebbe rimanere nella loro regione.
Durante il conflitto, forze e miliziani di Amhara sono stati accusati di aver trasferito altrove i tigrini per modificare la composizione etnica dell’area contesa.
Gizachew Muluneh, portavoce dell’amministrazione regionale di Amhara, non ha risposto alle richieste di commento. L’amministrazione ha precedentemente respinto le affermazioni secondo cui i tigrini erano stati minacciati o costretti a lasciare le loro case.
William Davison, analista senior per l’Etiopia presso il think tank dell’International Crisis Group, ha affermato che le segnalazioni di abusi da parte delle forze amhara ed eritree potrebbero ritardare i piani per il disarmo del TPLF.
“Qualsiasi grave fallimento nell’attuazione degli accordi aumenta il rischio di un disastroso ritorno alla guerra su larga scala”, ha aggiunto.
Un portavoce dell’Unione africana, responsabile dell’applicazione del cessate il fuoco, non ha risposto a una richiesta di commento. Nemmeno il consigliere per la sicurezza nazionale dell’Etiopia Redwan Hussien, il portavoce militare colonnello Getnet Adane, il portavoce del governo Legesse Tulu, né il portavoce del TPLF Getachew Reda.
Domenica, Reda ha twittato che le forze eritree stavano distruggendo e saccheggiando proprietà, oltre a uccidere donne e bambini.
“I nostri partner per la pace ad Addis faranno la loro parte nell’accordo per proteggere i civili e fare tutto il necessario per convincere le ‘forze esterne e non ENDF’ a lasciare il Tigray?”
Né l’Eritrea né l’Amhara hanno detto se si ritireranno dal Tigray. In passato hanno negato le accuse di violazione dei diritti nella regione.
Non è ancora chiaro come l’Etiopia tratterà con l’Eritrea e l’Amhara se le loro forze non si ritireranno dal Tigray, hanno detto tre diplomatici vicini ai colloqui di pace.
Gli Stati Uniti hanno dichiarato che useranno sanzioni per garantire il rispetto della tregua e che chiederanno conto dei responsabili delle violazioni dei diritti umani.
Deportazioni Forzate
Il governo regionale di Amhara ha accolto con favore il cessate il fuoco ma non ha detto nulla sul futuro del territorio che ha sequestrato nel Tigray occidentale, che i funzionari di Amhara in precedenza avevano dichiarato che avrebbero cercato di annettere formalmente.
Un rapporto del 16 novembre preparato da un gruppo di aiuto per sei agenzie umanitarie – tra cui il Programma Alimentare Mondiale, l’Organizzazione Mondiale della Sanità e il Comitato Internazionale della Croce Rossa – afferma che il 10 novembre più di 2.800 uomini, donne e bambini sono stati detenuti per più di un anno in cinque centri di detenzione nel Tigray occidentale sono stati portati su camion da una milizia Amhara nota come Fano.
Sono stati rilasciati in una cittadina chiamata Adi Aser, prima di dirigersi a piedi verso Sheraro, fuori dall’area che Amhara sostiene, secondo la nota, recensita da Reuters.
Fano non ha una struttura di leadership formale quindi non è stato possibile per Reuters chiedere commenti.
Un operatore umanitario, che ha chiesto di non essere identificato, ha affermato che migliaia di residenti sfollati dal Tigray occidentale sono arrivati nella città settentrionale di Shire nei giorni scorsi, tra cui donne e bambini di appena tre anni.
La maggior parte degli uomini aveva arti rotti, ha detto il lavoratore, aggiungendo che alcuni degli uomini hanno detto di essere stati picchiati mentre erano detenuti dalle forze di Amhara e Fano.
Reuters non è stato in grado di confermare in modo indipendente.
FONTE: reuters.com/world/africa/looti…
Neurotecnologie, transumanesimo e privacy mentale
Elon Musk torna a parlare di Neuralink, azienda di ricerca impegnata nello sviluppo di soluzioni ingegneristiche in grado di interfacciarsi con il cervello e aiutare persone invalide a riacquistare funzioni motorie e audio-visive. Dice che nell’arco di sei mesi inizieranno finalmente le sperimentazioni umane.
La tecnologia sviluppata da Neuralink (Link) in gergo viene chiamata brain-computer interface (interfaccia cervello-computer) e promette letteralmente miracoli, come si può leggere dal sito web:
We are designing the Link to connect to thousands of neurons in the brain, so that it may one day be able to record the activity of these neurons, process these signals in real time, and translate intended movements directly into the control of an external device. […] As users think about moving their arms or hands, we would decode those intentions, which would be sent over Bluetooth to the user’s computer.
Per ora si vola bassi, per modo di dire. Il chip di Neuralink potrebbe infatti consentire a persone quadriplegiche di utilizzare un computer e relativi dispositivi con il pensiero, senza bisogno di apparecchiature esterne. Ammetto che se potessi scrivere col pensiero, aiuterebbe molto anche me.
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Non è però Elon Musk l’unico impegnato nella ricerca nel campo delle neurotecnologie. In tutto il mondo stanno nascendo start-up che hanno come obiettivo quello di sviluppare e commercializzare prodotti consumer (quindi non dispositivi medici) pronti a interfacciarsi con il cervello umano.
Lo ammetto — da appassionato di sci-fi e cyberpunk (da non confondere con cypherpunk) non posso che cedere di fronte al fascino delle neurotecnologie e all’idea di poter assaporare un mondo transumano, in cui la tecnologia si unisce all’essere umano per superare limiti naturali biologici e migliorare le nostre capacità fisiche e cognitive — come in Deus Ex o Ghost in the Shell.
Mi rendo conto però che un mondo del genere sarebbe probabilmente più distopico che utopico: ci sono infiniti modi in cui tecnologie del genere potrebbero essere usate contro le persone e non per le persone.
Ad esempio, i chip potrebbero avere vulnerabilità o back-door accessibili da attori malevoli, come criminali o governi. Il risultato potrebbe essere dei peggiori, come il controllo da remoto della mente e del corpo delle persone, con tutte le conseguenze socio-politiche del caso —come racconta questo bel cortometraggio:
Guerra Ucraina – Russia: GPS, Putin (non) lo ha dimenticato
Fin dai primi passi, nell’invasione russa dell’Ucraina del 24 febbraio, ha avuto un ruolo importante lo spazio. L’operazione è stata accompagnata da due azioni: un attacco cyber al segmento di terra di Viasat, provider statunitense di comunicazioni satellitari, e una vasta operazione di disturbo dei segnali di posizionamento, tempo e navigazione. Nel primo caso, si […]
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San Francisco autorizza i robot di polizia a uccidere i sospetti | L'Indipendente
"In altre parole, se la polizia avrà l’impressione di non riuscire a gestire la situazione potrà inviare contro al sospetto di turno un robot kamikaze che si farà detonare ai suoi piedi."
USA – UE: i sussidi della discordia
Le misure che il Congresso degli Stati Uniti ha adottato negli scorsi mesi su impulso dall’amministrazione Biden a tutela dell’industria americana hanno destato (e continuano a destare), in Europa, più di una preoccupazione. Fra l’altro, il sistema di sussidi previsto dall’Inflation Reduction Act (IRA) – un pacchetto di aiuti del valore complessivo di quasi 370 […]
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Etiopia & Tigray, Chiedi all’Unione Africana di Aiutare a Ricollegare Internet – Access Now
In questi giorni ad Addis Abeba si svolge l’ IGF2022 – Internet Governance Forum.
Evento dedicato alla rete, all’Internet e al mondo connesso. Un ossimoro se pensiamo alla situazione catastrofica del Tigray, stato regionale settentrionale etiope. Territorio in cui il 4 novembre 2020, più di due anni fa , è scoppiata una guerra genocida, sconfinata nel giugno 2021 anche nelle regioni di Amhara e Afar. Fin dall’inizio, da 2 anni, il popolo del Tigray ha vissuto e subìto abusi, massacri e violenze da parte di una guerra non sua. Una repressione su base etnica come dimostrato da diversi report. Il 90% dei più di 6 milioni di residenti tigrini oggi dipende dal supporto umanitario che per diversi mesi e tutt’oggi, dopo la firma dell’accordo di Pretoria, accordo di tregua e cessazione ostilità, aspetta cibo e cure mediche.
Telefoni e internet chiusi e bloccati da 2 anni per volontà politiche. Per 2 anni milioni di persone sotto i bombardamenti e le violenze delle forze eritree, etiopi e milizie amhara, senza possibilità di far uscire da quel territorio il grido di aiuto verso il resto del mondo. Senza la possibilità di far uscire testimonianze, la voce per documentare quei crimini, quella disumanità perpetrata e che ha fatto tante vittime tra adulti, bambini, uomini e donne. Le stime parlano di più di 500.000 morti diretti della guerra o per mancanza di cibo e cure mediche per volontà politiche.
Tutto nel silenzio del resto del mondo che guarda dall’altra parte perché tutto il Tigray a tutt’oggi è ancora isolato telefonicamente e via internet.
Per questo è un ossimoro l’IGF – Internet Governance Forum, evento delle Nazioni Unite, che si svolge ad Addis Abeba, capitale etiope, a poco meno di un migliaio di km dal Tigray.
Ne ho scritto un approfondimento su Focus On Africa:
Etiopia, IGF – Internet Governance Forum e violenze eritree nel blackout del Tigray
Di seguito l’appello di AccessNow via Twitter:
#InternetShutdowns violano i diritti umani fondamentali e le autorità etiopi devono ripristinare l’accesso a Internet nel Tigray. Abbiamo ripetutamente chiesto la fine immediata di questa chiusura, che è in corso da 2 anni, durante la nostra partecipazione a #IGF2022.Le piattaforme tecnologiche e di social media devono affrontare preoccupazioni legittime come la disinformazione e i contenuti che incitano all’odio, per adempiere al loro obbligo di rispettare i diritti umani, proteggere le persone quando tornano online e impedire alle autorità di tentare di giustificare qualsiasi tipo di interruzione.
Oltre 6 milioni di persone in Tigray sono state tagliate fuori da Internet dal novembre 2020, rendendo difficile per giornalisti e difensori dei diritti umani documentare le violazioni, portando all’impunità per quanto riguarda i crimini commessi nella regione. #ReconnectTigray
Nel contesto di uno dei conflitti più mortali del mondo, la chiusura nel Tigray ha interrotto l’accesso all’istruzione e all’assistenza sanitaria, ha decimato i mezzi di sussistenza e ha reso impossibile a milioni di persone semplicemente comunicare con le proprie famiglie e far loro sapere come stanno.
A #IGF , abbiamo parlato con funzionari del governo etiope, dell’Unione Africana e del sistema delle Nazioni Unite, nonché con diplomatici di tutto il mondo, parti interessate del settore privato e partner della società civile, chiarendo che le interruzioni nel Tigray devono giungere al termine.
Unisciti a quasi 100 organizzazioni della società civile del Tigray, dell’Etiopia, di tutta l’Africa e del mondo, nonché a individui di 102 paesi, chiedendo all’African Union di condannare la chiusura nel Tigray e di agire per porvi fine. Firma la petizione https://accessnow.org/tigray-ethiopia-internet-shutdown-keepiton #KeepItOn
Mentre le autorità etiopi e tigrine si incontrano nella città tigrina di Shire per ulteriori colloqui di pace, Ethiotelecom ha annunciato che i suoi servizi saranno disponibili nella città “tra pochi giorni”. Le parole non bastano. Non cederemo fino a quando Internet non sarà completamente ripristinato nel Tigray.
Luis Rejas reshared this.
«No al nazionalismo, cooperare è decisivo. L’Italia traini un nuovo progetto europeo» – corriere.it
Kyuchyuk, copresidente dei liberali a Bruxelles: i partiti si uniscano per la riforma
Bruxelles «Il nazionalismo non è mai la risposta, lo è invece la cooperazione e il lavorare insieme per un progetto europeo, perché tutti ne beneficiamo». Ilhan Kyuchyuk, bulgaro, è il copresidente dell’Alde, l’Alleanza dei liberali europei, che rappresenta circa l’80% del gruppo Renew Europe al Parlamento Ue.
Perché è a Roma?
«Partecipo a un panel su dove vuole andare l’Europa, ma innanzitutto sono qui per rendere omaggio a quello che il presidente Giuseppe Benedetto e la Fondazione Einaudi (festeggia i 60 anni, ndr) stanno facendo in Italia. La Fondazione fa parte dello European Liberal Forum, che è la fondazione del nostro partito. C’è stata una grande cooperazione negli ultimi dieci anni: più c’è cooperazione tra i partiti politici e le fondazioni liberali più senso avranno le idee realizzabili».
Quali sono le sfide e le priorità dell’Ue?
«Siamo di fronte a una crisi multipla: energia, inflazione, per la prima volta nella nostra storia recente, l’Europa si trova ad affrontare una guerra sul proprio territorio. Dobbiamo reagire come società e mostrare che l’Ue è unita e sta con gli ucraini, perché possano scegliere il loro destino. Sfrutto ogni momento per dare il mio messaggio di unità».
Quale ruolo vede per l’Italia? Con chi pensa che il governo italiano si alleerà in Ue?
L’immigrazione
Il regolamento di Dublino non sta funzionando. Sull’immigrazione bisogna trovare una soluzione
che possa andare bene per tutti
«Sono state prese importanti decisioni con l’appoggio del governo italiano. Credo che gli italiani siano stanchi di un sistema politico che va a destra o a sinistra. Penso che si debba dare una possibilità a quei partiti politici disposti a lavorare per gli interessi dei cittadini. Mi aspetto che l’Italia, come membro fondatore dell’Unione europea, sia tra le forze trainanti del dibattito e porti soluzioni al progetto europeo per rinnovarlo e non certo per creare problemi».
Energia e migrazione: l’Ue sta facendo le scelte giuste?
«La presidenza francese ha fatto passi avanti sul pacchetto migrazione, è una questione complicata per il mondo e la sfida è lì. Dobbiamo trovare una soluzione europea che possa funzionare per tutti. Il regolamento di Dublino non sta funzionando e questo spaventa, dobbiamo trovare il modo di affrontare queste preoccupazioni ma anche pensare agli esseri umani: le persone che vengono in Europa sono alla ricerca di un’opportunità migliore o stanno scappando da una guerra e hanno bisogno di un approccio umano. E questo dovrebbe andare di pari passo con le misure di sicurezza Ue. Dobbiamo considerare il tutto come un unico pacchetto. Sull’energia, ci sono sul tavolo molte proposte. Non sottovalutiamo l’Ue, diventeremo più forti dopo questa guerra».
La scorsa settimana Renew Europe ha sostenuto una risoluzione dell’Ecr insieme al Ppe per definire la Russia uno Stato sponsor del terrorismo. È una nuova maggioranza possibile in vista del 2024?
«La risoluzione è stata sostenuta da tutte le forze democratiche del Parlamento Ue. La Russia si sta comportando come un’organizzazione terroristica: vediamo persone lasciare le loro case distrutte, le loro famiglie sono state distrutte, molte cercano rifugio. Molte speranze sono state distrutte. Non vedo una maggioranza particolare dietro alla risoluzione, vedo una forza unita nel Parlamento Ue basata su valori democratici».
Di cosa ha bisogno l’Ue?
«Noi vogliamo riformare l’Ue, renderla più efficiente per i suoi cittadini. È la conclusione della Conferenza sul futuro dell’Europa. Si deve partire dall’abolizione dell’unanimità. Per rendere l’Ue adatta al XXI secolo dobbiamo riunirci con i partiti che la pensano allo stesso modo e far sì che ciò avvenga».
L'articolo «No al nazionalismo, cooperare è decisivo. L’Italia traini un nuovo progetto europeo» – corriere.it proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
Pnrr, la trasparenza che manca
Trattandosi di una questione strategica da cui dipende letteralmente il futuro dell’Italia, suggeriamo sommessamente all’esecutivo Meloni di recepire due appelli di queste ore. Il commento di Andrea Cangini
Com’era prevedibile, per il governo Meloni i problemi non vengono dal fronte ucraino. La proroga al 31 dicembre 2023 delle forniture militari non ha infatti provocato scossoni nella maggioranza ed è stata accolta con sollievo negli ambienti Nato. Il problema, invece, riguarda i rapporti con la Commissione europea e si chiama Pnrr. Dal ministro per la Transizione ecologica a quello per la Salute, si lamenta una grave scarsità di risorse, mentre lo scalpitante vicepremier Matteo Salvini continua a chiedere modifiche sostanziali per “aggiornare il Pnrr alla vita reale”. La vita reale, però, non lo asseconda. Bruxelles ha già fatto sapere al ministro dell’Economia Giorgetti che gli impegni presi per l’anno in corso non potranno essere modificati. Sul 2023 si può discutere.
L’anno in corso, però, non promette bene. Dei 55 target che vanno raggiunti entro il 2022, il governo Draghi ne ha centrati 21, sui rimanenti 34 aleggia l’incertezza.
Trattandosi di una questione strategica da cui dipende letteralmente il futuro dell’Italia, suggeriamo sommessamente all’esecutivo Meloni si recepire due appelli di queste ore. Il primo, lanciato oggi dalle colonne del Sole 24Ore, è firmato da un pool di economisti del “Pnrr Lab di Sda Bocconi”, che dallo scorso luglio monitorizza l’andamento del Piano. Preso atto dell’incapacità delle amministrazioni di spendere buona parte dei fondi dedicati, “sembra opportuna – scrivono – la costituzione di una Cabina di regia tecnica a livello nazionale che dovrà essere responsabile del monitoraggio dei tempi dei procedimenti, identificando con cadenza periodica criticità che potranno essere risolte grazie agli strumenti già attivati dal Pnrr (task force di esperti, semplificazioni, uso di poteri sostitutivi)”.
Il secondo appello non ha a che fare col merito ma con la trasparenza del processo. Lo ha levato in questi giorni Openpolis, che assieme ad altre associazioni ha lanciato la campagna “Italia domani dati oggi”. Quattro le richieste: la pubblicazione completa, tempestiva e in formato aperto dei dati relativi a tutti i progetti; la creazione di un’unica banca dati per le schede progetto e tutti i dati e informazioni utili a comprendere come il Pnrr impatterà sui singoli territori; che sia garantito un aggiornamento costante, quantomeno trimestrale, dei dati; che siano resi noti gli indicatori su cui si intende monitorare l’impatto dei progetti sulle tre priorità trasversali. Morale democratica: i cittadini devono poter controllare l’attività del governo.
Richieste analoghe furono rivolge al governo Draghi. Invano. Poiché, allora, dai ranghi dell’opposizione Fratelli d’Italia fu in prima fila nel denunciare l’opacità dell’allora esecutivo sulla gestione di fondi che valgono l’11% del Pil e che se mal spesi potrebbero dissestare definitivamente i conti pubblici, ci si aspetta, come suol dirsi, un ravvedimento operoso.
L'articolo Pnrr, la trasparenza che manca proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
Arma a doppio taglio
Roma. Una volta c’era lo stato tuttofare, dalle automobili ai panettoni. Poi dal 1994 quando comincia l’epoca delle privatizzazioni, la mano pubblica passa a un tocco più leggero attraverso la goldenshare, cioè una quota azionaria anche piccola, ma tale da determinare le scelte dell’impresa. Così fan tutti, si diceva, basti pensare al colbertismo francese o all’impermeabile Modell Deutschland.
Nel 2012 lo stato indossa un guanto di velluto e viene introdotto il golden power: lo stato si riserva il potere di intervenire per proteggere aziende in settori strategici oggetto di interessi ostili o predatori. La norma si applica anche nei paesi della Ue e lascia un ruolo importante al potere giudiziario. In Francia e Germania il giudice può entrare persino nel merito industriale, in Italia no. Negli Stati Uniti la scelta è politica e insindacabile, il paradiso del capitalismo è disposto a non rispettare il mercato quando è in ballo la sicurezza nazionale.
L’onda sovranista e neo statalista, più le minacce agli equilibri internazionali da parte della Russia e della Cina, hanno spinto l’Italia ad avviarsi su una strada sdrucciolevole che può diventare pericolosa. Qualche cifra ci aiuta a capire. Le notifiche di operazioni soggette al golden power sono un crescendo rossiniano: si è passati da 8 nel 2014 a 18 nel 2015, 14 nel 2016, 30 nel 2017, 46 nel 2018, 83 nel2019, 342 nel 2020, 496 nel 2021, per un totale di 1.037 notifiche nell’arco di 8 anni. Quest’ anno, in dieci mesi le notifiche hanno già superato quota 450, per cui il saldo finale del 2022 potrebbe attestarsi a oltre 500. Dal 13 febbraio 2021 (data di insediamento del governo Draghi) al 19 ottobre2022, sono state effettuate 934 notifiche, quasi il 60 per cento del totale dal 2014 a oggi.
Ha fatto i conti Roberto Garofoli in un paper che rielabora la relazione presentata alla Luiss il 25 novembre scorso in occasione del progetto di ricerca Restore, ed è rimasto colpito egli stesso; eppure come sottosegretario alla presidenza del Consiglio ha introdotto alcune innovazioni come il potere del cosiddetto “Gruppo di coordinamento” di definire il procedimento senza passaggio in Consiglio dei ministri per semplificare e razionalizzare gli interventi. Nel corso degli anni sono aumentati anche i settori nei quali si può esercitare il golden power, pochi ormai sono fuori da un catalogo destinato ad allungarsi.
Non che a ogni richiesta sia seguito un intervento, anzi nei provvedimenti avviati dalle 934 notifiche mentre Draghi era a Palazzo Chigi, i poteri speciali non sono stati esercitati in 228 casi (il 24 per cento), spiega Garofoli oggi presidente di sezione del Consiglio di stato. Il golden power è scattato 42 volte (poco più del 4 percento dei casi): 36 volte con prescrizioni, 6 con il veto. Nel 2021 si sono registrati 3 casi di veto sempre nei confronti di aziende cinesi che intendevano acquisire il controllo o rami aziendali di operatori italiani operanti nei settori alimentare, dei semiconduttori, dell’avionica con potenziali applicazioni militari. Altri quattro nel 2022 verso due aziende cinesi e un’azienda russa che intendevano acquisire imprese italiane operanti nei settori della salute, dell’energia e della robotica.
Se andiamo indietro nel tempo, dal 2014 al 2020 i poteri speciali sono stati esercitati 34volte, con un veto, mentre dal 2020 al 2022 sono stati esercitati 79 volte, con sei veti. Dunque, non si può dire che lo stato abbia agito con il pugno di ferro e non c’è dubbio che il quadro internazionale si sia deteriorato proprio negli ultimi anni. Tuttavia, il golden power mette nelle mani del governo uno strumento che apre la strada a un eccesso di potere con il rischio di veri e propri abusi fino a distorcere la governance e i meccanismi di mercato.
Che cosa accade quando viene bloccata la vendita di un’impresa che il proprietario non vuol tenere? La si nazionalizza per non chiuderla, anche se non fa parte di nessun piano industriale pubblico? Torna “lo stato barelliere” degli anni Settanta?, creiamo una nuova Efim? Garofoli mette in guardia da un uso improprio del golden power: “Non è e non deve essere uno strumento di politica industriale, deve conservare un connotato di eccezionalità. Ciò non toglie che l’oggettivo aumento delle vicende che si concludono con l’esercizio del più grave potere di veto ponga l’opportunità di valutare un coordinamento tra la concreta applicazione della disciplina del golden power e le politiche industriali del paese”.
La sorte della raffineria Isab di Priolo è un caso di scuola, ma possiamo evocare l’Ilva, mentre il potere speciale viene esercitato anche verso soggetti della Ue (si pensi alle polemiche sulle ambizioni delle banche francesi). Esistono controlli europei e giudiziari, eppure un’arma difensiva può diventare un boomerang che danneggia gli interessi di fondo dell’Italia.
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Leggi Leggibili
“Una legge che non si capisce è già una legge ingiusta, è già una legge illegittima.”
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Questa mattina si è svolto l’incontro tra il Ministro Giuseppe Valditara e il Forum delle associazioni studentesche (FAST) per confrontarsi su diverse tematiche come la dispersione scolastica, il classismo e il bullismo.
Qui alcuni scatti! 📸
#laFLEalMassimo – Episodio 78 – Europa: Fragilità Economica e Debolezza Politica
Nuovo Episodio della FLE al Massimo, mentre continua l’odioso conflitto in Ucraina causato dall’Invasione della Russia diversi nodi della fragilità economia e debolezza politica dei paesi Europei vengono al pettine.
Molte imprese europee e in particolare tedesche hanno fatto affidamento sulle forniture di gas e prodotti energetici da parte della russia e sulla Cina come mercato di sbocco e partner commerciale. Un ribilanciamento degli equilibri geopolitici che comporta un distacco da queste due nazioni costituisce un problema rilevante per il tessuto industriale interessato.
A questo problema si aggiunge il rinnovato spirito nazionalistico e protezionistico con il quale gli Stati Uniti stanno sussidiando la produzione sul proprio territorio di fatto attirando anche potenziamente molte imprese europee
Da ultimo in sede Nato gli accordi internazionali sono messi alla prova dalla cronica incapacità delle nazioni europee di effettuare investimenti adeguati sul piano militare.
L’eruoap rischia di vedere ridimensionata la propria posizione a livello internazionale perché la strategia politica ed economica attuata fino ad oggi si rivela tragicamente inadeguata a fronteggiare le sfide correnti.
Possiamo solo adeguarci che così come l’impegno in Ucraina è riuscito a riunire il fronte dei paesi europei sul piano politico, le sfide derivante dal nuovo contesto avverso possano portare ad una reazione unitaria e coerente da parte dei paesi europei per difendere la propria posizione.
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Morti di lavoro, superate le mille vittime nel 2022. Va introdotto il reato di omicidio sul lavoro - Contropiano
"Dopo undici mesi i morti di lavoro in Italia hanno superato quota mille: al 30 novembre 2022 sono 1003, di cui 709 sul luogo di lavoro, 289 in itinere e 5 per Covid. La strage di lavoratrici e lavoratori va avanti così nel silenzio, rotto da qualche sussulto retorico della politica e del sindacalismo di maniera in occasione dei fatti più clamorosi."
@Songase975
È stata inviata oggi a tutti gli istituti scolastici la nota con le indicazioni per le iscrizioni all’anno scolastico 2023/2024.
Anche quest’anno le procedure si svolgeranno online.
Etiopia, Raxio diventa il primo data center certificato Tier III dopo aver ricevuto la certificazione dall’Uptime Institute
Raxio Data Center in Etiopia (“ET1”) è diventato ufficialmente il primo data center indipendente certificato Tier III in Etiopia dopo aver ricevuto la certificazione Uptime Institute Tier III il 21 ottobre 2022. “Questa certificazione è stata ottenuta dopo un attento esame e valutazione da parte di i team internazionali di esperti dell’Uptime Institute per garantire che Raxio ET1 soddisfi i severi requisiti della certificazione Tier III di Uptime”, ha affermato il data center.
Raxio Data Center ha dato il via alla costruzione del primo data center di colocation carrier neutral privato di livello III dell’Etiopia presso l’ICT Park di Addis Abeba nel marzo 2021.
Con questa certificazione, Raxio ET1 diventa uno dei pochi data center Tier III, di proprietà privata e carrier-neutral in Africa a ricevere questa designazione, che include anche la struttura di Raxio in Uganda. Durante il processo di certificazione, i team dell’Uptime Institute hanno valutato tutti gli aspetti della progettazione e delle apparecchiature della struttura, come alimentazione, raffreddamento, soppressione e rilevamento degli incendi e altro.
Per passare come data center conforme a Tier III, l’infrastruttura meccanica ed elettrica deve essere manutenibile contemporaneamente, il che significa che il data center dispone di componenti di capacità ridondanti e percorsi multipli di alimentazione e raffreddamento verso le apparecchiature IT. I data center Tier III offrono una capacità ridondante che consente di arrestare e mantenere ogni singolo componente necessario per supportare l’ambiente di elaborazione IT senza influire sul funzionamento della struttura e sulla fornitura di servizi ai clienti.
Oltre alla capacità ridondante, ET1 offre anche manutenibilità simultanea su tutti i sistemi e sottosistemi critici, garantendo la ridondanza completa in caso di arresti o guasti imprevisti. La manutenibilità simultanea è una delle caratteristiche di progettazione più importanti che i clienti richiedono quando esternalizzano le loro esigenze di data center, consolidando la posizione di ET1 come struttura competitiva a livello globale.
Parlando dell’annuncio, Bewket Taffere, direttore generale di Raxio Ethiopia, afferma: “L’ottenimento della certificazione Tier III di Uptime per ET1 è una chiara testimonianza dell’attenzione e dell’enfasi di Raxio nel fornire la massima qualità dell’infrastruttura e dimostra la notevole attenzione prestata allo standard dei servizi stiamo fornendo al mercato etiope. In qualità di data center accreditato a livello internazionale, ET1 offrirà la qualità e il livello dei servizi richiesti dai clienti, migliorando la capacità dell’Etiopia di competere in un ambiente sempre più globale. Ci sono voluti molto duro lavoro e visione per trasformare questo risultato in realtà, e siamo entusiasti del ruolo che stiamo svolgendo a livello locale e regionale, mentre l’Etiopia continua a investire nell’economia delle TIC”.
Robert Saunders, CTO di Raxio Group ha aggiunto: “Questo è un chiaro impegno che Raxio sta sviluppando strutture di livello mondiale in termini di progettazione e costruzione per servire i nostri mercati. Grazie alla collaborazione con Uptime Institute, stiamo investendo nella due diligence tecnica delle nostre strutture che i nostri clienti locali e internazionali si aspettano. Ci siamo impegnati in una partnership a lungo termine; questo è il nostro secondo data center certificato con molti altri in arrivo.”
La certificazione Tier III è un impegno evidente che Raxio ET1 fornirà il più alto livello di disponibilità del servizio sul mercato per i suoi clienti, che includerà colocation per esigenze primarie e di ripristino di emergenza, connessione incrociata e servizi di assistenza remota. La struttura ospiterà clienti etiopi, regionali e internazionali nel settore ICT in rapida crescita nel paese. La certificazione Tier III è di fondamentale importanza per i clienti esigenti che utilizzano la struttura per ospitare le proprie apparecchiature business-critical, come quelli nei settori dei servizi finanziari e della sanità, nonché per le aziende emergenti e i clienti internazionali che desiderano offrire la prossima generazione di ICT servizi guidati in Etiopia.
La disponibilità di un data center Tier III in Etiopia è un enorme passo avanti nella fornitura di un’infrastruttura tecnologica che supporterà le imprese abilitate alla tecnologia in iper-crescita, nonché l’infrastruttura per il numero crescente di utenti Internet.
Raxio ET1 incorpora anche funzionalità ecosostenibili sviluppate con standard ingegneristici e operativi internazionali per mitigare i crescenti costi dell’energia, nel rispetto dell’ambiente. Con la combinazione di servizi Tier III e un design rispettoso dell’ambiente, Raxio ET1 sta definendo lo standard per i servizi di colocation premium.
FONTE: addisstandard.com/innovation-r…
Ministero dell'Istruzione
Dimensionamento #scuola: la riforma si pone l’obiettivo di armonizzare la distribuzione delle Istituzioni scolastiche a livello regionale con l’andamento della denatalità e quindi della riduzione degli studenti.Telegram
Gruppo Linux Como: Cos'è il Fediverso - Domani 1 Dicembre ore 20:30
In videoconferenza (rispettosa: Jitsi meet su istanza propria)
Fr.#17 / Informazione e disinformazione (2+2=5)
Twitter fa un passo indietro sulla “disinformazione covid”
Allo stesso tempo, Twitter ci informa che dal 23 novembre 2022 non sono più in vigore le politiche contro la “disinformazione” sul covid. Quali erano queste politiche? Beh, ad esempio:
“Statements which are intended to influence others to violate recommended COVID-19 related guidance from global or local health authorities to decrease someone’s likelihood of exposure to COVID-19, such as: “social distancing is not effective,” or “now that it’s summertime, you don’t need a mask anymore, so don’t wear your mask!”
Difficile pensare che una tale censura possa essere ragionevole, considerando quanto sono cambiate le raccomandazioni governative negli ultimi due anni e quanto queste fossero differenti anche a seconda dello stato. Inoltre, sappiamo tutti ormai che erano proprio alcune (molte) indicazioni ufficiali ad essere totalmente infondate. Un esempio:
Contestare raccomandazioni ufficiali palesemente infondate è disinformazione? Secondo queste politiche, sì. Ma vediamo un altro esempio di politica anti-disinformazione:
Description of harmful treatments or preventative measures which are known to be ineffective or are being shared out of context to mislead people, such as “drinking bleach and ingesting colloidal silver will cure COVID-19.”
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Anche qui il problema è che tutte le (dis)informazioni sono uguali, ma alcune sono più uguali di altre. Ecco qui un esempio di chiara disinformazione che ha certamente messo a rischio la salute di milioni di persone, pensando di essere immuni solo per avere in tasca un QR code:
Qualcuno ha censurato Draghi o Sileri? Nah. Perché il punto è proprio questo: la lotta alla disinformazione è lotta alle fonti d’informazione non autorevoli. Non c’è in gioco la “verità” ma il rispetto dell’autorità e il controllo delle informazioni — a prescindere dalla loro veridicità.
Il Regolamento Europeo chiamato Digital Services Act, da poco entrato in vigore, lo dimostra: tra le misure contro i contenuti illegali c’è infatti il potenziamento della visibilità delle “fonti ufficiali” online e l’oscuramento di fonti non ufficiali.
Google investe nei fact-checker
In direzione completamente opposta, il 29 novembre Google ha annunciato l’inizio di un nuovo programma per affrontare la “disinformazione” online. In partnership con YouTube, lo European University Institute e la Calouste Gulbenkian Foundation organizzeranno un gruppo di lavoro che coinvolgerà più di 900 persone rappresentative di diversi settori: politica, ONG, media, accademia, settore tecnologico. Insieme, cercheranno di trovare nuovi modi per combattere proattivamente la disinformazione online.
Oltre a questa iniziativa, doneranno 13 milioni di dollari all’ International Fact-Checking Network (IFCN) per supportare le 135 agenzie di “fact-checking” in tutto il mondo.
È davvero difficile pensare che un progetto del genere possa portare a qualcosa di buono, considerando che da poco Google ha avviato una partnership con le Nazioni Unite per censurare i risultati di ricerca non allineati con la “scienza ufficiale”: "We own the science, and we think that the world should know it, and the platforms themselves also do.”
Ci stiamo pericolosamente avvicinando a quel momento in cui chi oserà sostenere che 2+2=4, contro le indicazioni dell’autorità, sarà identificato e censurato come un pericoloso sovversivo.
Meme del giorno
Citazione del giorno
“One of the strangest phenomena of our time, and one that will probably be a matter of astonishment to our descendants, is the doctrine which is founded upon this triple hypothesis: the radical passiveness of mankind,— the omnipotence of the law,—the infallibility of the legislator: this is the sacred symbol of the party that proclaims itself exclusively democratic.”
Frédéric Bastiat
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Molto spesso su queste pagine ho avuto l’occasione di parlare di credito sociale. Tra sistemi più o meno sviluppati e sperimentazioni locali, gli esempi non mancano di certo. La Cina è da sempre un benchmark, anche se il sistema oggi è ancora lontano…
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4 days ago · 4 likes · 1 comment · Matte | mrk4m1
Il Fediverso
ahahahah...nooo, per nulla, anzi....quella la si costruisce molto meglio di altre grazie alla sua versalità...è l'ondata di cui sopra... :

Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂ likes this.
La passeggiata di @Christian Bernieri in #FieraMilano è un'occasione per parlare della frequente tentazione, da parte di chi gestisce gli esercizi commerciali o le fiere, di catturare i segnali bluetooth e wi-fi dei nostri cellulari
"una INFORMATIVA PRIVACY, non un semplice caretello, ci avvisa della presenza di un sistema di acquisizione dei segnali wifi presenti nell'area. Un sistema invisibile, posizionato ovunque, capace di ascoltare i segnali wifi e registrare le informazioni che riesce a captare.
Ogni cellulare, se il wifi è acceso, cerca in continuazione altre reti wifi e segnala la propria presenza lampeggiando come un faro, e come un faro ha un lampeggio tipico, dice che è lui, proprio lui, non un altro cellulare qualsiasi. Lampeggia dicendo il proprio nome / codice univoco / identificativo."
Di @Christian Bernieri sul suo blog
bernieri.blogspot.com/2022/11/…
Andiamo a divertirci un po'.
Andiamo a divertirci... e vediamo cosa succede. Ieri, in occasione del Milan Games Week, come decine di migliaia di altre persone (ragazzi,...bernieri.blogspot.com
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@Michele NO! (ma anche sì...😁)
Mi spiego: il fatto che la motorizzazione permetta ai costruttori di auto di fare serbatoi che perdano continuativamente un filo di benzina è un problema, certamente. Ma questo non rende meno colpevole il municipio gestore dell'illuminazione stradale quando i suoi lampioni rilasciano scintille.
Perché se l'auto prende fuoco, sarà pure colpa del costruttore, ma la responsabilità principale è proprio del comune che, conoscendo bene quali siano i problemi del parco circolante, trasforma ogni automobile in un potenziale ordigno.
Fuor di metafora, è chiaro che noi andiamo in giro con dei radiofari portatili, ma questo non solo non giustifica, ma rende ancora più colpevoli coloro che se ne approfittano per catturare dati!
"Abbiamo bisogno di un obbligo di responsabilità attiva da parte dei fornitori di modelli di intelligenza artificiale, che siano responsabili dell'utilizzo dei dati raccolti a beneficio di coloro da cui vengono raccolti e non contro di loro". Questo, a suo avviso, è molto più potente dell'ottenere il consenso, anche quando il consenso viene richiesto in un linguaggio semplice perché le persone possono essere troppo facilmente indotte a dare il consenso, come dimostra la storia delle iniziative sulla #privacy dei dati.
Di Gil Press su #Forbes
forbes.com/sites/gilpress/2022…
AI Is A Mirror, Not A Master, Says Tim O’Reilly
Tim O'Reilly on fixing AI by fixing ourselves.Gil Press (Forbes)
Privacity reshared this.
È disponibile il numero 100 della newsletter del Ministero dell’Istruzione e del Merito.
Ministero dell'Istruzione
#NotiziePerLaScuola È disponibile il numero 100 della newsletter del Ministero dell’Istruzione e del Merito.Telegram
GIALLO #3 E BUDDIES #1
Qualche giorno fa arriva un pacco bel fornito dalla Leviatan Labs. Una casa editrice che seguo da tempo che trovo unica nel panorama sotterraneo italiano del fumetto.
Si è conclusa la XXXI edizione di JOB&Orienta!
Dagli ITS Academy all’orientamento,...
Si è conclusa la XXXI edizione di JOB&Orienta!
Dagli ITS Academy all’orientamento, passando per la didattica innovativa, la digitalizzazione, l’occupabilità, il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha portato a Verona i temi vicini al mondo scol…
Ministero dell'Istruzione
Si è conclusa la XXXI edizione di JOB&Orienta! Dagli ITS Academy all’orientamento, passando per la didattica innovativa, la digitalizzazione, l’occupabilità, il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha portato a Verona i temi vicini al mondo scol…Telegram
Ho voluto ricondividerla nel fediverso, cogliendo anche l'occasione per accennare dell'esistenza di Feddit su quell'altro social là, che male non fa.
notes.nicfab.it/it/posts/nowa/
Silvia Barbero likes this.
Antonino Campaniolo 👣 reshared this.
Il Sole in un incredibile video in 8K! | Passione Astronomia
I dettagli del Sole, la nostra Stella, come non li abbiamo mai visti grazie alla sonda Solar Dynamics Observatory della NASA
Caso Soumahoro, il problema è democratico, non personale - Kulturjam
"Tutto si riduce a questioni di comunicazione. Una manciata di saggi, lontani dall’umidità delle sezioni, ragionano su come impacchettare il prodotto perché possa accattivare i consumatori per la prossima campagna pubblicitaria. Per individuare parole d’ordine spendibili nella futura competizione di mercato, nella quale le star più seducenti venderanno le proprie militanze. Perlopiù indistinguibili l’una dall’altra."
#giornatacontrolaviolenzasulledonne #mastoradio #musicaitaliana #MikeMusic
TangoMaria cover Goran Kuzminac Canta Michele D'Auria testo e musica di Antonio Cessari
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Friendica è un software magnifico da utilizzare e, anche se è sicuramente meno immediato e facile da usare rispetto a mastedon, rappresenta ad oggi l'ambiente che consente la migliore esperienza d'uso nel fediverso.
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Marcos M. 🚲
in reply to nilocram • • •Davide Tommasin ዳቪድ
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Legge di Bilancio, beffa per chi va in bicicletta: il governo Meloni ha tagliato i 94 milioni destinati alla…
Ludovica Jona (Il Fatto Quotidiano)nilocram likes this.