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Al campionario di fesserie ripetute dalla destra per giustificare la contrarietà all'introduzione di una salario minimo per legge si aggiungono oggi le esterna


Come si hackera un satellite? Il team italiano vince la sfida della Space force


L’Italia è stata protagonista del concorso Hack-A-Sat, l’evento annuale promosso dal laboratorio di ricerca della US Space Force e della US Air Force per contribuire a migliorare la cyber-sicurezza dei satelliti impiegati dal Dipartimento della Difesa. Un

L’Italia è stata protagonista del concorso Hack-A-Sat, l’evento annuale promosso dal laboratorio di ricerca della US Space Force e della US Air Force per contribuire a migliorare la cyber-sicurezza dei satelliti impiegati dal Dipartimento della Difesa. Una squadra del nostro Paese, il team “mHACKeroni”, ha infatti battuto cinque gruppi di ricercatori informatici internazionali in una sfida per prendere il controllo di un vero satellite in orbita. Le cinque squadre si sono cimentate in nove diverse sfide, sette delle quali prevedevano l’hacking del Moonlighter CubeSat quale banco di prova per la cyber-security in orbita, il primo e unico sandbox di hacking nello spazio. I mHACKeroni, un conglomerato di cinque gruppi di ricerca informatica italiani, si sono aggiudicati 50mila dollari per il primo posto.

Nei precedenti eventi Hack-A-Sat, i concorrenti hanno utilizzato delle simulazioni di satelliti a terra (chiamati FlatSats) o un gemello digitale del satellite Moonlighter. Quest’anno, invece, oltre alle sfide a terra, ben sette sono state effettuate con il satellite effettivamente in orbita, mettendo alla prova le proprie competenze in campo spaziale, tra cui le operazioni sui veicoli orbitanti, le comunicazioni in radiofrequenza e il reverse engineering. L’obiettivo della competizione è svolgere una missione definita di “ruba bandiera”: le squadre di hacker devono trovare stringhe di testo (chiamate appunto “bandiere”) nascoste in programmi progettati per essere vulnerabili (cioè, senza dover mettere davvero a repentaglio la macchina, permettendo al contempo di testarne i limiti nei propri sistemi di sicurezza). La sfida principale prevedeva l’hacking di Moonlighter per costringerlo a scattare una foto di un obiettivo terrestre a scelta della squadra, scaricando poi l’immagine presa su una stazione di terra, aggirando i blocchi di sicurezza del satellite che gli impedivano di fotografare determinate aree.

Moonlighter è un CubeSat 3U (composto da tre cubi da dieci centimetri per dimensione) costruito da The Aerospace Corporation in collaborazione con il Comando sistemi spaziali della Us Space force. Il satellite è stato lanciato su un Falcon 9 di SpaceX verso la Stazione spaziale internazionale il 5 giugno e da lì è stato dispiegato nell’orbita terrestre bassa il 6 luglio per essere utilizzato non solo nel concorso Hack-A-Sat, ma anche come futuro banco di prova per i prossimi test di cyber-security del Pentagono.


formiche.net/2023/08/hacker-sa…



Weekly Chronacles #41


Eyeballs, travel IDs and humanoid robots

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A me gli occhi


Worldcoin, il progetto lanciato da Sam Atman (quello di ChatGPT) a fine luglio, condividerà la sua tecnologia anche alle aziende.

La palla iper-tecnologica1 per scansionare l’iride delle persone e creare un’identità univoca potrà quindi essere usata in futuro dalle aziende (e anche agenzie governative, immagino) per verificare l’identità delle persone, indossolubilmente legata alla scansione biometrica dei loro occhi.

Dall’inizio dei test più di 2 milioni di persone si sono iscritte volontariamente al programma. Lo stesso Sam Atman su X postava una media di circa 1 persona ogni 8 secondi, con file estenuanti anche ben fuori dai locali.

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Ebbene sì, viviamo in un mondo in cui le persone fanno la fila per farsi schedare da una palla robotica e ricevere in cambio un token. Nel frattempo, il governo del Kenya ha deciso di vietare Worldcoin all’interno del paese, e alcune autorità europee hanno iniziato delle indagini in merito alla protezione dei dati delle persone.

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Documenti, per favore


Un documento interno del governo canadese2 mostra alcuni dettagli su un progetto chiamato Known Traveller Digital Identity (KTDI) iniziato come test pilota nel 2018 insieme al World Economic Forum, oltre al governo olandese e la Royal Dutch Airlines. Pare che nel 2021 siano stati stanziati più di 100 milioni per realizzare questo schema d’identità digitale che dovrebbe sostituire la fase di controllo dei documenti cartacei negli aereoporti.

Non c’è dubbio che progetti di questo tipo saranno sempre più frequenti. Già in Italia abbiamo aereoporti che volontariamente hanno integrato sistemi di fast-track attraverso la scansione biometrica del viso delle persone. Eppure non c’è molto da festeggiare per questo rinnovato comfort: l’esperienza del green pass insegna che uno strumento del genere può facilmente trasformarsi in un mezzo per autorizzare o negare gli spostamenti di alcune persone (hai pagato tutte le tasse prima di uscire dal paese?).

Un robot per evitare il Boomercausto®


Una start-up cinese, Fourier Intelligence, ha iniziato a fare quello che tutti ci aspettavamo: costruire robot umanoidi con un “cervello” simile a chatGPT. Si chiama GR-1 e sarà il primo robot umanoide costruito su scala industriale, dicono.

La missione di questo robot umanoide sarà, a quanto pare, evitare il Boomercausto®3. Si stima infatti che in Cina entro il 2035 gli over 60 passeranno da 280 milioni a più di 400. Sarà molto difficile sopperire alla domanda di cure mediche e assistenza, data la contemporanea diminuzione di giovani in età lavorativa, e così dovremo rivolgerci ai robot.

Considerando che ChatGPT supera facilmente i test di medicina e che ci sono già casi in cui le sue diagnosi sono migliori e più accurate di medici umani, potrebbe effettivamente essere una misura interessante avere un robot-maggiordomo che si prenda cura del nonno. Ma chi potrà permetterselo e quali saranno le ripercussioni psicologiche di delegare la cura e l’assistenza degli umani a una scatoletta di alluminio? Il rischio è che i nuclei familiari, già annientati da quasi un secolo di neo-marxismo, ne risentano ancora di più.

Weekly memes


Weekly quote

“All human beings have three lives: public, private, and secret.”
Gabriel García Márquez

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Your eyes, please


Worldcoin, the project launched by Sam Altman (the creator of ChatGPT), at the end of July, will provide access to its technology for businesses as well.

The hyper-technological ball for scanning people's irises and creating a unique identity could, therefore, be used in the future by companies (and likely government agencies as well) to verify people's identities, inextricably linked to the biometric scanning of their eyes.

Since the beginning of the tests, more than 2 million people have voluntarily enrolled in the program. Sam Altman himself on X was reportedly adding an average of about 1 person every 8 seconds, with lines forming even well outside the premises.

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Indeed, we live in a world where people stand in line to be registered by a robotic ball and receive a token in return. Meanwhile, the government of Kenya has decided to ban Worldcoin within the country, and some European authorities have initiated investigations regarding the protection of people's data.

Papers, please


An internal document of the Canadian government reveals some details about a project called Known Traveller Digital Identity (KTDI), which began as a pilot test in 2018 in collaboration with the World Economic Forum and theDutch government and the Royal Dutch Airlines. It appears that over 100 million dollars were allocated in 2021 to realize this digital identity scheme, intended to replace the paper document verification process at airports.

There is no doubt that projects of this nature will become increasingly common. In Italy, for instance, there are airports that have voluntarily integrated fast-track systems through biometric facial scanning of individuals.

However, there isn't much to celebrate for such a comfort: the experience of the green pass teaches us that a digital ID can quickly turn into a tool for approving or denying transportation access to certain people (have you paid all your taxes before leaving the country?).

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A robot to save Boomers


A Chinese startup, Fourier Intelligence, has begun doing what many expected: building humanoid robots with a "brain" similar to chatGPT. It's called GR-1, and they claim it will be the first humanoid robot built on an industrial scale.

The mission of this humanoid robot, apparently, is to address the "Boomercaust." It's estimated that in China by 2035, the population of individuals over 60 years old will increase from 280 million to over 400 million. Meeting the demand for medical care and assistance will be challenging due to the concurrent decrease in the young working-age population, hence the need to turn to robots.

Considering that ChatGPT easily passes medical tests and there are already cases where its diagnoses are better and more accurate than those of human doctors, having a robot butler that takes care of the elderly could indeed be an interesting measure. But who will be able to afford it, and what will be the psychological repercussions of delegating human companionship to an aluminum box? The risk is that families, already affected by nearly a century of neo-Marxism, might suffer even more.

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The GR-1 presentation video


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Pubblichiamo la traduzione di una lettera aperta inviata alle organizzazioni della comunità ebraica statunitense sottoscritta finora da più di 1.700 accademic


Etiopia, le conseguenze della guerra rischiano di smembrare il popolo del Tigray


Le conseguenze della guerra di 2 anni iniziata in Tigray, stato regionale settentrionale dell’ Etiopia, ha prodotto degli strascichi e delle conseguenze atroci e disumane. La società è arretrata di decenni e rischia di smebrarsi. Alcune delle statistiche

Le conseguenze della guerra di 2 anni iniziata in Tigray, stato regionale settentrionale dell’ Etiopia, ha prodotto degli strascichi e delle conseguenze atroci e disumane. La società è arretrata di decenni e rischia di smebrarsi.

Alcune delle statistiche menzionate in questo sondaggio del confronto pubblico condiviso per mezzo video da TPM – Tigray Public Media.

  1. 81% dei giovani intervistati è disoccupato/senza lavoro
    31% vuole essere imprenditore
    29% vuole essere impiegato
    40% vuole migrare
  2. il 40% che vuole migrare è composto da:
    67% maschio 33% femmine
    59% vivono in zone urbane 41% in contesto rurale
    37% appartiene alla fascia di età 15-24 ed il 63% appartiene alla fascia di età 25-54
  3. 78% dei giovani intervistati non vuole continuare gli studi (soprattutto quelli sopra 8° anno)
  4. 74% dei giovani intervistati non aspira a prendere parte agli aspetti sociali
  5. 66% dei giovani intervistati non mostra alcun interesse a migliorare la propria forma fisica e mentale
  6. 86% degli intervistati non desidera sposarsi: disperazione ed emarginazione economica

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tommasin.org/blog/2023-08-16/e…



Mentre il governo italiano prosegue sulla strada dell'oscurantismo proibizionista, il governo tedesco ha approvato un disegno di legge che prevede la legalizzaz


L’ennesima morte sul lavoro, questa volta è accaduta alla Spezia. Nello specifico il lavoratore era del comparto della logistica, un settore divenuto sempre


Il regista iraniano Roustayi condannato al carcere per aver presentato il suo film a Cannes


Il regista è stato accusato di contribuire alla propaganda degli oppositori e di mettere in cattiva luce l'Iran. Per 5 anni non potrà girare film L'articolo Il regista iraniano Roustayi condannato al carcere per aver presentato il suo film a Cannes provi

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Pagine Esteri, 16 agosto 2023. Leila’s Brothers, in italiano “Leila e i suoi fratelli” ha vinto a Cannes il premio Fipresci 2022, il riconoscimento che viene assegnato durante il Festival dalla Federazione internazionale della stampa cinematografica. È un film che racconta la storia di una famiglia di Teheran alle prese con la difficile situazione economica del Paese. Una famiglia divisa i cui membri sembrano inseguire ambizioni personali e il solo riconoscimento sociale, tranne Leila, che tenta di rimettere insieme i pezzi per provare a tenere tutti al sicuro. Sullo sfondo di un Paese con gravi difficoltà economiche la storia racconta il patriarcato e la difficile situazione sociale.

È il terzo film prodotto da Saeed Roustayi, 34 anni, che nel 2021 con La Loi de Teheran, selezionato a Venezia e Grand Prix de Reims Polar, raccontava la lotta al traffico di droga in Iran. Anche il lungometraggio del 2016, Life and a Day, parlava del suo Paese, attraverso la storia della partenza di una giovane ragazza che lascia la sua famiglia.

Il regista è stato condannato a sei mesi di carcere per aver presentato il film al Festival di Cannes senza aver ricevuto il permesso del governo iraniano. Insieme al produttore Javad Noruzbegi è stato accusato di “contribuire alla propaganda degli oppositori” contro la Rivoluzione e di mettere in cattiva luce l’Iran. Alla condanna si aggiunge il divieto, per 5 anni, di effettuare riprese video. Gran parte della pena è sospesa e il regista sconterà, probabilmente, solo pochi giorni di prigione. Rimane il divieto di girare e di partecipare a competizioni o festival internazionali.

La proiezione del film era già stata vietata in Iran nel 2022, dopo la presentazione a Cannes. Secondo le autorità iraniane il divieto era dovuto al rifiuto da parte del regista di “correggere” le parti segnalate dalla commissione governativa.

L’attrice protagonista che interpreta Leila, Saeed Roustaee, era stata arrestata nel dicembre 2022 dopo aver pubblicato un video di sostegno alle proteste delle donne iraniane scoppiate dopo l’uccisione della giovane Mahsa Amini. Rilasciata a gennaio 2023, prima dell’arresto scrisse in un post su Instagram: “Rimango e non ho intenzione di andarmene come si dice in giro. Non ho passaporto né residenza in nessun altro paese se non l’Iran. Resterò, smetterò di lavorare, sarò al fianco delle famiglie dei prigionieri e delle persone uccise ed esigerò il rispetto dei loro diritti“. Pagine Esteri

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ECUADOR. Al voto tra omicidi, minacce e violenze


Autobombe, attentati con dinamite, assassinii, rapimenti e ammutinamenti nelle carceri. Il Paese è diventato il più insicuro della regione L'articolo ECUADOR. Al voto tra omicidi, minacce e violenze proviene da Pagine Esteri. https://pagineesteri.it/202

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di Davide Matrone –

Pagine Esteri, 16 agosto 2023. Non si ferma la violenza in Ecuador, ormai il Paese più insicuro dell’intera regione secondo i dati dell’Istituto CID Gallup del gennaio 2023 che registra alti indici di omicidi in proporzione alla popolazione totale. Sette anni fa invece risultava essere il 2° paese più sicuro del sudamerica. Siamo a pochi giorni dalle elezioni presidenziali e in piena campagna elettorale è stato ucciso uno degli otto candidati alla presidenza della Repubblica: Fernando Villavicencio. Il candidato della destra – già parlamentare per il partito CREO del Presidente Guillermo Lasso – è stato freddato con tre colpi di pistola dopo un comizio elettorale a Quito lo scorso 9 agosto.

L’episodio drammatico è avvenuto in una delle strade centralissime della capitale del paese. Le dinamiche dell’attentato sono al vaglio degli inquirenti che devono valutare quali sono state le faglie del sistema di protezione per il lider del movimento politico “Construye”. Nel frattempo son stati fermati 6 colombiani che apparterrebbero al commando che ha ucciso il giornalista e politico ecuatoriano. Di attentati verso dirigenti politici se n’erano registrati alcuni nelle zone della costa nelle ultime settimane ma non ancora nella regione Sierra. Con questo episodio, l’allarme si attiva sempre di più anche nel cuore del centro politico e amministrativo della nazione. Fernando Villavicencio è l’ultimo di una lunga lista tra uccisi e minacciati nel campo della politica. Javier Pincay, Julio Farachio nella località di Salinas, Omar Menéndez nella zona di Puerto López e il candidato al parlamento Rider Sánchez per Esmeraldas. Poi ancora, Luis Chonillo della città di Durán e Agustín Intriago sindaco di Manta sono caduti in questo 2023 sotto la violenza della malavita del paese.

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Fernando Villavicencio, il candidato alle elezioni in Ecuador, ucciso a colpi di arma da fuoco

Inoltre, è di questi giorni la notizia del sequestro lampo alla figlia dell’ex sindaco di Quito, Yunda, ad opera di 5 uomini incappucciati, come narra lo stesso ex sindaco in un pubblico tweet. E per finire, l’uccisione di Pedro Birmeo a Esmeraldas nella giornata del 14 agosto. I sequestri, le minacce, gli omicidi sono trasversali. Qualsiasi politico, di qualsiasi coalizione o partito politico può essere oggetto di minacce e violenze. A questa situazione si aggiunge un clima di criminalità diffusa in tutto il Paese in cui ogni giorno si registrano casi di autobombe, attentati con dinamite, episodi di sicariato e ammutinamenti nelle carceri che continuano nel pieno caos. Addirittura è stato scoperto un allevamento di pesci in un padiglione della carcere di Guayaquil senza che la autorità ne sapessero nulla. Il Paese sembra in balia delle onde o meglio ancora controllato da bande criminali che hanno conquistato sempre più pezzi di territorio.

Giornalisti intimiditi lasciano il paese

Non solo politici ma anche giornalisti e ricercatori di notizie hanno dovuto lasciare il Paese in quanto minacciati. L’hanno fatto, inoltre, durante il governo democratico e difensore della libertà di espressione di Lasso e non durante il periodo del governo tirannico e antidemocratico di Rafael Correa. Stranezze della vita. Tra i casi da annoverare c’è quello della giornalista Karol Noroña del mezzo GK di Guayaquil che nel marzo del 2023 è dovuta fuggire dal paese per minacce di morte. La giornalista stava realizzando una serie di ricerche sui fatti avvenuti nelle carceri del paese. I due giornalisti Andres Boscán e Mónica Velásquez del mezzo di comunicazione La Posta lo scorso 25 luglio sono usciti dall’Ecuador per aver ricevuto minacce sulle ricerche che stavano realizzando sul caso Il Padrino, a seguito del quale si evidenziò l’esistenza di una presunta struttura criminale che opererebbe nelle imprese pubbliche. Secondo uno studio dell’agenzia Fundamedios, nei primi 7 mesi del 2023 si sono avuti 151 attacchi contro la stampa e la mancata applicazione della legge organica della comunicazione per fondi insufficienti. Si era stabilito che nel novembre del 2022 si dovesse creare un meccanismo di prevenzione e protezione per i giornalisti attraverso il Consiglio di sviluppo e di promozione dell’Informazione e della Comunicazione. Tutto ciò è ancora in alto mare.

Il dibattito presidenziale

Nella giornata del 13 agosto si è tenuto il primo e unico dibattito presidenziale con la presenza dei 7 candidati presidenziali e con un posto vuoto per l’assenza di Fernando Villavicencio. Il dibattito – che dibattito non è stato affatto – è cominciato con un minuto di silenzio e con la presentazione del regolamento e della dinamica dell’incontro televisivo. Un regolamento assurdo che non ha permesso ai candidati di analizzare i problemi enormi del paese e di dare proposte concrete. Ognuno aveva 1 minuto a disposizione e inoltre, c’erano altri pochissimi 15 secondi per controbattere agli interventi degli interlocutori. Infine, dopo ripetute interruzioni dei presentatori che hanno più distratto che animato il “dibattito”, quest’ultimo ha alimentato ancor di più i dubbi invece che dare certezze all’elettorato ecuatoriano. I candidati sembravano scolaretti impegnati nell’esposizione di fine anno alla presenza dei maestri di scuola. Al momento la candidata Luisa González avrebbe più consensi ma non il 40% per vincere al primo turno e si prevede un ballottaggio con il candidato della destra Juan Topic. La candidata del movimento Revolución Ciudadana è tra il 30-33%mentre alle spalle c’è il candidato del Partito Social Cristiano in una forbice che va dal 15 al 17%. Il ballottaggio è previsto per il prossimo mese di ottobre. Il 20 agosto avremo risposte più chiare sulle elezioni anticipate in Ecuador 2023.

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Etiopia, l’Eritrea fa muro alle richieste britanniche sul ritiro dei soldati dal Tigray


Il ministro dell’informazione dell’Eritrea ha detto venerdì che il suo governo aveva convocato un diplomatico britannico per protestare contro le osservazioni dell’ambasciatore britannico in Etiopia che esortava Asmara a ritirarsi dalla regione etiope del

Il ministro dell’informazione dell’Eritrea ha detto venerdì che il suo governo aveva convocato un diplomatico britannico per protestare contro le osservazioni dell’ambasciatore britannico in Etiopia che esortava Asmara a ritirarsi dalla regione etiope del Tigray.

Le truppe eritree hanno sostenuto le forze etiopi durante la guerra di due anni del governo federale contro il Tigray People’s Liberation Front (TPLF) e sono state accusate dagli Stati Uniti e dai gruppi per i diritti di alcune delle peggiori atrocità del conflitto.

La guerra si è conclusa con un accordo di pace (CoHA accordo di cessazione ostilità) firmato nel novembre dello scorso anno che prevedeva il ritiro delle forze straniere, ma Asmara non era parte dell’accordo e le sue truppe continuano a essere presenti nelle zone confinanti con il Tigray.

L’inviato britannico in Etiopia Darren Welch mercoledì 9 agosto, in un’intervista pubblicata online, ha detto all’emittente Tigrai TV che il governo del Regno Unito ha sostenuto “le richieste verso forze eritree di ritirarsi completamente ai propri confini”.

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L’ambasciatore del Regno Unito ha anche promesso finanziamenti per promuovere le attività di indagini sulle responsabilità per le violazioni dei diritti umani in Tigray.

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Giovedì 11 agosto 2023 il ministero degli Esteri dell’Eritrea ha convocato l’incaricato d’affari britannico ad Asmara “per trasmettere un messaggio forte a Whitehall sulle osservazioni ingiustificate dell’ambasciatore britannico in Etiopia… apparentemente a sostegno delle affermazioni irredentiste del TPLF”, ha dichiarato il ministro dell’Informazione Yemane Gebremeskel su X, precedentemente Twitter.
Eritrea, convoca diplomatico britannico dopo dichiarazioni ambasciatore UK sul ritiro delle truppe eritree ddall' Etiopia.Eritrea, convoca diplomatico britannico dopo dichiarazioni ambasciatore UK sul ritiro delle truppe eritree ddall’ Etiopia.
Da diverse fonti è giunta la notizia che i soldati eritrei hanno continuato ad accedere al Tigray via Humera in questi giorni di agosto, specialmente domenica 13 agosto che è stato giudicato come il maggior afflusso (stime 100/200 soldati).

Da Arab News si legge che:

“L’Eritrea si è staccata dall’Etiopia nel 1993 e ha combattuto una guerra di confine di due anni con il suo vicino – allora governato dal TPLF – che ha avvelenato le relazioni fino a un accordo di pace nel 2018, dopo che il primo ministro Abiy Ahmed è salito al potere ad Addis Abeba.

Soprannominata la “Corea del Nord” dell’Africa, l’Eritrea è stata sanzionata dagli Stati Uniti nel 2021 dopo aver inviato truppe nel Tigray.

Le sue forze sono state accusate di omicidio, stupro e saccheggio, secondo i residenti che affermano che i soldati eritrei sono ancora nel Tigray, più di nove mesi dopo la fine della guerra.

Durante una rara conferenza stampa in Kenya all’inizio di quest’anno, il presidente eritreo Isaias Afwerki ha respinto le accuse di violazioni dei diritti da parte delle truppe eritree nel Tigray come “fantasie”.

Human Rights Watch a febbraio ha chiesto nuove sanzioni contro l’Eritrea, accusandola di aver radunato migliaia di persone, compresi i minori, per il servizio militare obbligatorio, durante la guerra del Tigray.

Il paese si trova in fondo alla classifica mondiale per la libertà di stampa, così come per i diritti umani, le libertà civili e lo sviluppo economico.”


tommasin.org/blog/2023-08-16/e…




Luigi Caputo* Qualcuno ricorderà forse quella scena del film "C'eravamo tanto amati", capolavoro di Ettore Scola, in cui il giovane insegnante Nicola Palumbo,


Isaak Babel – L’armata a cavallo


L'articolo Isaak Babel – L’armata a cavallo proviene da Fondazione Luigi Einaudi. https://www.fondazioneluigieinaudi.it/isaak-babel-larmata-a-cavallo/ https://www.fondazioneluigieinaudi.it/feed


Buon Ferragosto dal Ministero dell’Istruzione e del Merito!

📚 Anche quest’anno vogliamo farvi compagnia parlando di libri: quali state leggendo? E quali sono stati i vostri preferiti durante questo anno scolastico?

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Lo Spazio al vertice tra Usa, Corea del Sud e Giappone


La cooperazione militare, civile e commerciale nello spazio sarà uno dei principali argomenti in agenda durante il primo vertice trilaterale tra il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, il primo ministro giapponese Fumio Kishida e il presidente sudcorea

La cooperazione militare, civile e commerciale nello spazio sarà uno dei principali argomenti in agenda durante il primo vertice trilaterale tra il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, il primo ministro giapponese Fumio Kishida e il presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol che si terrà venerdì prossimo a Camp David. L’obiettivo della Casa Bianca è quello di promuovere una più stretta cooperazione in orbita tra le due nazioni del Pacifico, ognuna delle quali è un alleato regionale chiave degli Stati Uniti, ma le cui inimicizie storiche, soprattutto per quanto riguarda le azioni del Giappone nella penisola coreana durante la Seconda guerra mondiale, hanno spesso rallentato gli sforzi per rendere Tokyo e Seul partner militari a tutti gli effetti.

A livello bilaterali, infatti, l’amministrazione Bidena ha già lavorato con ciascuno dei due Paesi per potenziare e approfondire i livelli di cooperazione extra-atmosferica sia con il Giappone, sia con la Corea. Washington e Seoul, per esempio, hanno firmato ad aprile una dichiarazione congiunta per la cooperazione nell’esplorazione spaziale, nel corso di una visita di Yoon negli Stati Uniti, durante la quale ha visitato la Nasa insieme alla vice presidente, Kamala Harris. Biden e Yoon si sono anche “impegnati a rafforzare ulteriormente l’alleanza tra Stati Uniti e Corea” nello spazio. Gli Stati Uniti, inoltre, hanno “accolto con favore l’impegno della Repubblica di Corea a non condurre test distruttivi di missili antisatellite a gittata diretta”, un’iniziativa di cui Washington, e in particolare Harris, si sono fatti promotori a livello globale.

Allo stesso modo, la cooperazione spaziale è stata uno dei temi centrali dell’incontro di gennaio Usa-Giappone in formato 2+2 Esteri-Difesa tra i segretari di Stato, Antony Blinken, e della Difesa, Lloyd J. Austin, e i ministri degli Esteri, Yoshimasa Hayashi, e della Difesa, Yasukazu Hamada. Nella dichiarazione congiunta le due parti hanno affermato che “gli attacchi verso, da o nello spazio potrebbero portare all’invocazione dell’articolo V del Trattato di sicurezza tra Giappone e Stati Uniti”. Washington e Tokyo hanno anche firmato l’Accordo quadro bilaterale per la cooperazione nell’esplorazione e nell’uso dello spazio extra-atmosferico, compresa la Luna e altri corpi celesti, per scopi pacifici. Inoltre, Tokyo ha recentemente adottato la sua prima Iniziativa per la sicurezza spaziale, che si impegna a rafforzare le capacità spaziali di sicurezza nazionale del Giappone e ad ampliare le competenze della Forza di autodifesa giapponese per attaccare le comunicazioni o colpire i sistemi terrestri dei satelliti avversari in un eventuale scenario di conflitto.

A spingere gli Stati Uniti, e in particolare il Pentagono, a cercare un rafforzamento dei legami spaziali militari con i propri alleati dell’Indo-Pacifico c’è sicuramente la consapevolezza della rapida crescita delle capacità spaziali della Cina, il cui sviluppo di tecnologie avanzate potrebbero mettere a rischio le risorse spaziali Usa e alleate in caso di conflitto. In cima alla lista delle priorità per il dipartimento della Difesa Usa c’è il potenziamento delle capacità di Situational space awarness e i sistemi di allarme e difesa antimissile. In queste aree, inoltre, sembra essere più convinta la volontà di Giappone e Corea di collaborare. Per esempio, durante lo Shangri-La Dialogue di Singapore a giugno, i tre Paesi hanno collegato i rispettivi radar di allarme missilistico balistico presenti nella regione per evitare potenziali provocazioni da parte, soprattutto, della Corea del Nord.

Di recente, inoltre, anche gli ufficiali della Space force statunitense si sono incontrati con i colleghi giapponesi e sudcoreani per discutere di come integrare meglio le rispettive capacità. Il Giappone ha già un robusto programma spaziale che comprende la cooperazione militare con gli Stati Uniti. La Corea del Sud, dal canto suo, sta cercando di potenziare il proprio status spaziale, e a marzo l’Assemblea nazionale di Seul ha approvato un aumento di quasi il 20% della spesa spaziale annuale, con una particolare attenzione ai sistemi di osservazione terrestri impiegati per sorvegliare le attività militari regionali.


formiche.net/2023/08/spazio-us…



Così l’Ucraina attacca la logistica russa. Ma servono i missili tedeschi


Il tallone d’Achille dell’invasione russa potrebbe essere la sua linea logistica, e per colpirla l’Ucraina ha bisogno di missili a lungo raggio. È questa la linea di fondo che sembra trasparire dalle ultime iniziative da parte di Kiev, compreso l’appello

Il tallone d’Achille dell’invasione russa potrebbe essere la sua linea logistica, e per colpirla l’Ucraina ha bisogno di missili a lungo raggio. È questa la linea di fondo che sembra trasparire dalle ultime iniziative da parte di Kiev, compreso l’appello del consigliere presidenziale, Mikhaylo Podolyak, riferendosi ai missili Taurus promessi dalla Germania e gli Atacms statunitensi. “I missili a lungo raggio per l’Ucraina ora significherebbero una forte riduzione delle capacità di combattimento della Russia”, ha detto l’alto funzionario ucraino, attraverso la “distruzione delle riserve e delle risorse della Russia” anche dietro le prime linee di combattimento, permettendo così di “minimizzare le perdite umane e ridurre l’escalation” ha detto ancora Podolyak.

Quella del consigliere presidenziale ucraino potrebbe anche essere una risposta ai dubbi e alle polemiche scaturiti proprio in Germania dopo le indiscrezioni circa la volontà di Berlino di fornire i missili a lungo raggio Taurus a Kiev. Le preoccupazioni, riportate anche da Der Spiegel, sarebbero relative alla capacità di questo tipo di munizioni di colpire anche il territorio russo, un’eventualità che potrebbe portare a pericolose escalation da parte di Mosca. Timori che sembrerebbero condivisi dallo stesso cancelliere Olaf Scholz, portandolo a chiedere una modifica ai sistemi dell’ordigno che gli impedisca di raggiungere lo spazio aereo di Mosca. In queste ore, scrive ancora il settimanale tedesco, il governo starebbe trattando la natura delle modifiche con le industrie responsabili della produzione del Taurus.

Si tratterebbe di una limitazione nella programmazione relativa all’agganciamento del bersaglio da integrare nei sistemi prodotti dalla Taurus Systems, società tedesco-svedese nata grazie alla collaborazione tra Mbda Deutschland e Saab Bofors Dynamics. Ufficialmente Taurus Kepd 350, sono dei missili aria terra, questi sistemi sono entrati in produzione a partire dal 2005 e sono attualmente in dotazione alle Forze armate di Germania, Spagna e Corea del Sud. Lungo poco più di cinque metri con un peso di circa 1.400 chili (di cui cinquecento sono il peso della testata stessa), il Taurus ha un raggio di cinquecento chilometri, ed è stato sviluppato per essere utilizzato principalmente per distruggere obiettivi di superficie e punti nodali nell’infrastruttura di un potenziale nemico. Con una ridotta rilevabilità da parte dei radar, il missile possiede una testata in tandem, con ordigni primario e secondario uno davanti all’altro in modo da aumentare notevolmente le capacità di penetrazione di superfici rinforzate, come pareti o soffitti in cemento armato.

Sistemi, dunque, molto adatti a colpire quei “magazzini, trasporti, carburante” citati da Podolyak, cioè le vitali linee di rifornimento che permettono alle Forze armate russe di resistere di fronte alla controffensiva ucraina. Lo sforzo ucraino di colpire la catena logistica russa nei territori invasi, compresa la Crimea, fa parte di quello che il think tank statunitense Institute for the Study of War ha definito una “campagna di interdizione con l’obiettivo di strutturare le condizioni favorevoli a più grandi operazioni controffensive”. Il punto è rendere sempre più complesso per Mosca trasportare e muovere le risorse necessarie a sostenere il proprio sforzo bellico. Persino i ripetuti attacchi al ponte di Kerch che collega la Crimea occupata alla Russia (l’ultimo dei quali secondo il ministero della Difesa russo è stato condotto nel fine settimana con due droni), farebbe parte di questa strategia, puntando a distruggere quella che di fatto e un collegamento vitale per il rifornimento delle truppe russe in Ucraina.


formiche.net/2023/08/ucraina-t…



The evolution of the Chinese Social Scoring


The new Chinese law on social scoring promises to strengthen and graft the system into every economic and social sphere. Is it an open window on our future?

I have often had the opportunity to talk about social credit. Between more or less developed systems and local experiments, examples are certainly not lacking. China has always been a benchmark, even if the system today is still far from how most people imagine it.

There are some pilot trials and some local systems, but other than that, not much. However, this does not mean that the government is not interested in carrying out the project. Indeed, it seems that they want to give a big boost to its development.

Want to understand what's wrong with the world and regain control of your life? Join the Privacy Chronicles newsletter and community and support our work!

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From covid passes to social credit


It’s quite known that the Chinese government is willing to do anything to maintain social order. This is demonstrated by the extensive use of covid passes in recent months, while the western countries seems to have abandoned them. The covid pass, as mentioned several times also on these pages, is nothing more than a crude and limited social credit system passed off as something else: green, you're among the good ones; red — grounded.

The Chinese government makes no secret of it: in recent months they have had no problem using the covid pass to dampen uncomfortable protests in the bud, changing the status of the protesters' pass from green to red. I remind you that a covid red pass in China is equivalent to forced incarceration in "quarantine camps" where you know when you enter, but you don't know when you’ll be able to leave.

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But why limit yourself to the covid pass, when you could create a much more pervasive system, completely integrated in every social and economic area?

The evolution of the social credit system


This is where the new bill called “Social Credit System Construction Law of the People's Republic of China” comes into play.

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Tigray, Appello urgente dalla gente di Irob: stiamo morendo di fame – Etiopia


CHIAMATA URGENTE ALL’AMMINISTRAZIONE PROVVISORIA 27 aprile 2023 È un appello urgente per una soluzione e la distruzione della popolazione di Irob ha sollevato una questione molto preoccupante. Sono passati circa sei mesi da quando il Tigray ha firmato un

8762990CHIAMATA URGENTE ALL’AMMINISTRAZIONE PROVVISORIA


27 aprile 2023

È un appello urgente per una soluzione e la distruzione della popolazione di Irob ha sollevato una questione molto preoccupante.

Sono passati circa sei mesi da quando il Tigray ha firmato un accordo di cessate il fuoco con il governo federale dell’Etiopia. Una delle questioni principali incluse nell’accordo è che le forze d’invasione al di fuori delle forze di difesa etiopi dovevano lasciare il Tigray contemporaneamente al disarmo delle forze di difesa del Tigray. Mentre le forze del Tigray si disarmavano secondo l’accordo, le forze d’invasione dell’Eritrea e dell’Amhara controllavano con la forza molti stati del Tigray e continuavano a massacrare, rapire; Continuano a sfollare e impediscono agli aiuti umanitari di raggiungere la popolazione. Irob è uno dei distretti del Tigray che è occupato dalle forze d’invasione.

La maggior parte delle stazioni del distretto sono state distrutte dalle forze d’invasione eritree per più di due anni e mezzo. Anche le persone nelle stazioni liberate dalle forze d’invasione muoiono di fame e mancanza di medicine anche dopo l’accordo di pace, poiché le forze d’invasione hanno bloccato le strade e impedito il passaggio degli aiuti umanitari. Con la popolazione di Irob in numero ridotto; Riteniamo che sia evidente a tutti che si trova in una fase di estinzione in cui non può continuare a preservare la propria identità poiché è vittima di ripetuti attacchi da parte delle forze d’invasione eritrea e necessita di una soluzione urgente. Il governo del Tigray durante la guerra del genocidio ha chiesto un’attenzione speciale al prolungato genocidio del popolo Irob e del popolo Kunama allo stesso stadio di estinzione. Dopo l’accordo di cessate il fuoco, la forza del Tigray ha negoziato con il governo federale per conto del Tigray; Abbiamo chiesto un’amministrazione ad interim.

Nel frattempo, il 14/08/2015, il Vicepresidente dell’Amministrazione ad interim del Tigray e Capo del Cluster Democratizzazione e disuguaglianza, l’On. Alla domanda di un giornalista sul mancato ritiro delle forze d’invasione eritree e sullo sterminio del popolo Irob e Kunama in particolare, il generale Tsadkan ha affermato di essere consapevole della distruzione e delle atrocità commesse dalle forze d’invasione eritree contro questi popoli. Una delle cose che ha reso difficile la soluzione del problema è che l’insediamento di entrambi i popoli è in Tigray ed Eritrea. e l’amministrazione provvisoria del Tigray.

È difficile credere che l’amministrazione ad interim del Tigray e Sua Eccellenza il Generale Tsadkan possano perdere l’identità, l’origine e la storia del popolo di Irob e della terra di Irob. Il popolo Irob è un gruppo etnico che si trova solo nel Tigray e nel Tigray. Non esiste un gruppo etnico o una comunità Irob in Eritrea. Il popolo di Irob per origine è un popolo la cui storia e contributi sono il centro del Tigray e dell’identità del Tigray, non il confine. La presenza dell’etnia Kunama in entrambi i luoghi non può essere una ragione per l’impossibilità di proteggere dall’estinzione i Kunama del Tigray. L’unico modo per salvare dalle forze d’invasione dell’Eritrea e dell’Amhara occupanti gli interi territori costituzionali del Tigray è garantire l’integrità territoriale del Tigray pre invasione.

In risposta a una domanda di un giornalista, il generale Tsadkan ha affermato di non ricevere una risposta chiara dalle autorità competenti (governo federale) su come e quando le forze d’invasione potranno lasciare il Tigray. È molto preoccupante visto il continuo e pericoloso sterminio del popolo Irob. Soprattutto nelle postazioni di Irob dove sta occupando l’esercito invasore eritreo; Abbiamo ricevuto informazioni insidiose secondo cui sta cercando di costringere le persone a cambiare identità dicendo che non se ne andranno perché sono determinate dall’Accordo di Algeri e dalla Commissione per le frontiere.

Tuttavia, questo accordo e questa decisione non si basano solo sull’accordo di Algeri che è stato presto sciolto dall’Eritrea. Non ha basi legali e amministrative ed è al di fuori della volontà del popolo e viola il diritto all’autodeterminazione del popolo di Irob. Inoltre, la decisione della Border Commission che viola le leggi internazionali delle Nazioni Unite in materia di minoranze e popolazioni indigene è del tutto inaccettabile e se attuata con la forza non solo distruggerà completamente l’esistenza del popolo Irob ma causerà anche una rottura della pace duratura tra Tigray/Etiopia ed Eritrea. Il popolo di Irob in particolare e il popolo del Tigray in generale, non accetta affatto questa decisione e l’amministrazione ad interim del Tigray non dovrebbe assolutamente negoziare su questo tema.

Chiediamo all’onorevole generale Tsadkan e ad altri funzionari dell’amministrazione ad interim del Tigray di discutere questi problemi e altri problemi attuali con la diaspora della comunità Irob e gli anziani e i rappresentanti del popolo nel Tigray. La popolazione di Irob protesta da più di 20 anni contro l’accordo di Algeri e la decisione della commissione per le frontiere. La richiesta del luogo in cui si trovavano più di 100 civili che sono stati rapiti dall’Eritrea per più di 20 anni non ha ricevuto risposta dal Tigray prebellico e dai governi federali. Pertanto, mentre esprimiamo la necessità del forum di dialogo, vorremmo esprimere la disponibilità e la volontà della società civile Irob Anina di facilitare il forum.

Parte del Tigray è sotto le forze d’invasione e in continua distruzione; Non c’è parte del Tigray che sarà pacifica!

Irob Anina Società Civile

Istituzioni e organizzazioni della diaspora del Tigray che sostengono questo invito:

Legacy Tigray
Tigray Action Committee
ALL of Tigray
Security and Justice for Tigrayans
Dekna Foundation
Health Professionals Network for Tigray
United Tegaru Canada
Tigray Disaster Relief Fund


FONTE: irobanina.org/press-releases/u…


tommasin.org/blog/2023-08-14/t…



Comunicazione di servizio


Salve Ora che sono in ferie inizierò a dare una struttura al profilo. impostando uno standard potrò poi scrivere con più tranquillità le mie considerazioni.

cordiali saluti



Un'azione di solito considerata come priva di rilevanza, in un attimo speciale può scoprirsi magica e impossibile da tenere per sé: tocca scrivere una recensione.


Taiwan Files – Il passaggio di Lai negli Usa e la reazione di Pechino


Taiwan Files – Il passaggio di Lai negli Usa e la reazione di Pechino 8732506
Vademecum sul doppio transito negli Stati Uniti del vicepresidente taiwanese (candidato più ostile al Partito comunista alle presidenziali 2024). Pechino prepara la risposta. Politica taiwanese e relazioni intrastretto. Biden tra armi e commercio. TSMC tra Germania, Arizona e i 2 nanometri. La rassegna settimanale di Lorenzo Lamperti con notizie e analisi da Taipei (e dintorni)

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Una curiosità su #thunderbird sperimentata per caso:

Nelle cartelle NON sincronizzate per l'uso offline la ricerca nel corpo del testo "pesca" anche nel contenuto degli allegati, con esito pressoché immediato (plain text ma anche pdf, excel e penso altri formati office e opendocument).

Se marchi la cartella per la sincronizzazione, salvandone in locale il contenuto, la stessa ricerca guarda solo nel testo del messaggio e non gli allegati.

Non so se sia voluto e sia così per tutti, ma ho potuto replicare il comportamento su più sistemi Windows 10, 11, server 2012 e 2019. Versione tb: 102.14.0

Su Linux sono affezionato a Evolution e non ho controllato

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Il parental control è di Stato: la Cina limita i social ai minori di 18 anni


Il parental control è di Stato: la Cina limita i social ai minori di 18 anni 8716345
L'ultima stoccata alle big tech. Dietro la nuova norma, aperta ai commenti fino al 2 settembre, c'è anche un po' di propaganda: imposti contenuti patriottici ai cittadini più giovani

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REPORTAGE – CUBA. Una macchina turchese nelle mani di Yemajà


Viaggio nell'isola dei Caraibi e della rivoluzione, tra contraddizioni e crisi economica, i colori delle città e le divinità della santeria L'articolo REPORTAGE – CUBA. Una macchina turchese nelle mani di Yemajà proviene da Pagine Esteri. https://pagine

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di Valeria Cagnazzo

Pagine Esteri, 07 agosto 2023Il turchese perfetto – La luce è perfetta. La parete turchese del salotto si apre con una porta finestra sul palazzo di fronte, anch’esso di un turchese accecante in quest’ora del giorno. Il sole disegna la sagoma dell’intercapedine e getta sulle piastrelle ocra del pavimento della casa la forma esatta dell’infisso, un abbagliante rettangolo di luce bianca distesa per terra. Intorno alla pozza luminosa e celeste, due sedie a dondolo. L’isola è probabilmente tenuta in equilibrio sull’oceano dal dondolio incessante dei cubani sulle loro sedie preferite. E due poltrone mezzo sfondate protette dalla polvere con larghi rivestimenti beige lavorati all’uncinetto – anche lì sopra, i raggi del sole che arrivano dallo squarcio turchese si uniscono alla trama del tessuto con una tenerezza commovente. Una luce così si incontra raramente. Sarebbe da immortalare subito in una fotografia, una cartolina antica e azzurra da riceverci migliaia di gradimenti sui social o da usare come copertina per un reportage di viaggio. Ma Ada sta raccontando, la sua voce è pacata e ferma mentre, seduta composta in un angolo di penombra fresca della stanza, passa in rassegna le sue preoccupazioni per il Paese, e non la si può interrompere per fotografare la luce perfetta di questo istante nella “casa particular” in cui lavora.

Ada non è il suo vero nome. Indicando il piano superiore del palazzo, che si affaccia sul patio al centro della casa, dice che, se i vicini la sentissero adesso, mentre si lamenta del governo, del cibo che non basta più e della sanità al collasso, nel giro di due ore si troverebbe la polizia sull’uscio, allertata dal Comitato di Difesa della Rivoluzione (CDR) locale. Neanche sua è la casa, dove vive col marito e le due figlie. Per quanto per venire a dormire in questa “casa particular”, una sorta di bed and breakfast sud-americano, il passaparola sia: “A L’Avana, vai nella casa di Ada”. Un appartamento coloniale, tutto colori pastello, porte a vetro, archi, piante e santi esotici appesi agli angoli, nel cuore della città “vieja”, che appartiene in realtà a un cubano emigrato in Florida e che ogni tanto passa da Cuba per controllare i suoi affari. “L’americano”, lo chiamano. “Fino a qualche anno fa, io e la mia famiglia abitavamo in un appartamento più piccolo delle camere da letto di questa casa, vivevamo gli uni sugli altri”, dice Ada. Adesso gestiscono la casa del ricco proprietario, la tengono pulita, accolgono gli ospiti, custodiscono questo simulacro coloniale e tutto quello che rappresenta, come se la muffa azzurra alle pareti la trattenesse cent’anni indietro, insieme al resto della città.

“La gente a Cuba è disperata, ormai sarebbe disposta a tutto”, spiega per giustificare i consigli a non camminare sul bordo delle strade, specie in quelle poco affollate, né a farsi avvicinare da sconosciuti. “Chiunque oggi rivolga la parola ai turisti, lo fa per chiedere soldi”, dice stringendosi nella sua maglietta fluorescente con la scritta “Moschino”, che viene da chiedersi da dove sia arrivata a Cuba con quel marchio lì, una maglietta del genere. Da dove arrivino le cose, con l’embargo che stringe l’isola in questa inedita morsa di fame. Da dove sia arrivato persino il pappagallo sul patio, comparso oggi con la sua gabbietta troppo stretta dopo tre giorni in cui era stato segregato chissà in quale ala della casa, per non appestare con l’odore dei suoi mangimi le nostre colazioni di uova e frutta tropicale. Per i turisti, uova e frutta si tirano sempre fuori da qualche posto sconosciuto, e i pappagalli si nascondono. Per gli abitanti dell’isola, le cose vanno al contrario.

I prezzi sono diventati insostenibili”. C’è un prima e un dopo nelle parole di Ada. Lei identifica nella pandemia la cesoia che ha drasticamente condannato Cuba alla fame. In un Paese sotto embargo che dipendeva principalmente dal turismo per la sua economia, gli anni di isolamento internazionale hanno lasciato conseguenze drammatiche. “Se fino a tre, quattro anni fa, con “la libreta” avevamo garantiti, per dire, sei chili di riso al mese, adesso il governo ce ne passa mezzo, ma con mezzo chilo di riso come si sopravvive?”, chiede a proposito della tessera annonaria che, dalla rivoluzione in poi, stabilisce per ogni cittadino residente a Cuba la razione di prodotti acquistabili mensilmente a prezzo politico.

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Svuotati – I negozi di alimentari sono semideserti. Alcune stanze protette da sbarre metalliche si affacciano sui marciapiedi improvvisando vendite al dettaglio e illegali di “refrescos” e bottiglie d’acqua a 200 pesos l’una (circa un euro e mezzo) dal retrogusto di petrolio o di ammorbidente per i vestiti. Le farmacie hanno sempre la porta d’ingresso spalancata sulla strada per mostrare file di scaffali immancabilmente vuoti. Al bancone, c’è puntualmente un farmacista a mani vuote che guarda inerme un cliente. Fuori un cartello invita gli avventori a portarsi dietro un barattolo da casa in cui versare le compresse e gli sciroppi – se disponibili.

I beni di prima di necessità semplicemente non ci sono, e quei pochi che si trovano in commercio hanno prezzi troppo alti. “Meglio di chi vive in città ci sono sicuramente i contadini che abitano in campagna”, osserva Ada, “che possono almeno prodursi direttamente qualcosa da mangiare”, ma anche per loro la situazione è cambiata bruscamente negli ultimi anni. I prezzi del mercato ortofrutticolo, stabiliti dallo Stato, sono aumentati, infatti, di tre o quattro volte rispetto al passato, mentre è rimasta costante la retribuzione statale agli agricoltori per le stesse materie prime. Per questo sempre più contadini, piuttosto che vendere allo Stato, preferiscono dirottare i loro prodotti sul mercato nero per sperare in guadagni più equi o scelgono, addirittura, di produrre meno per assicurare quasi esclusivamente la sussistenza delle loro famiglie. Intanto, gli alimenti a disposizione sul mercato continuano a ridursi e il loro costo cresce in maniera esponenziale, una legge della domanda e dell’offerta che affama tutti.

Cuba sta combattendo con una crisi economica e umanitaria senza precedenti, paragonabile soltanto a quella del “periodo especial” – la depressione economica che Cuba affrontò a partire dal 1991 dopo la caduta dell’URSS, suo fondamentale alleato politico e commerciale. Nonostante le restrizioni internazionali e un’agricoltura per niente diversificata, basata su zucchero e tabacco, facendo affidamento soprattutto sul turismo, l’isola era riuscita a resistere dignitosamente all’embargo storico. Poi, nel giro di pochi anni, una serie di fattori l’hanno fatta sprofondare nella congiuntura attuale.

Gli anni fatali – Il primo fattore si chiama Donald Trump: durante il suo mandato, ha inasprito le misure contro Cuba che la presidenza Obama aveva alleggerito e ne ha introdotte di nuove. Ha vietato il turismo statunitense nell’isola e abbassato il tetto di denaro che gli emigrati cubani negli States possono inviare ai loro parenti a Cuba. Non solo: agli sgoccioli della sua permanenza alla Casa Bianca, l’ha reinserita nella lista dei Paesi Sponsor del Terrorismo (SSOT), dalla quale Barack Obama l’aveva rimossa nel 2015. A farle compagnia, Corea del Nord, Siria e Iran. Un veto assoluto per gli scambi commerciali con l’isola che ha influenzato anche gli altri attori internazionali, spaventati dalle sanzioni economiche di Washington nei loro stessi confronti qualora avessero continuato a trafficare con l’isoletta nei Caraibi. Da un giorno all’altro, si racconta, il porto di L’Avana si è svuotato di tutte le navi commerciali. Una larga distesa azzurra che prometteva una crisi inedita.

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All’effetto Trump si è aggiunta poi la pandemia, una catastrofe per un Paese dipendente dal turismo. Secondo Bloomberg News, il numero di turisti è crollato dai quattro milioni del 2019 ai 356.000 del 2021. Un danno inestimabile. Per richiamarli, è stata abolita la moneta per gli stranieri, il CUC, ed è stato loro concesso di utilizzare la moneta dei cubani, il CUP, a cambi ballerini – prima di 1 dollaro a 25 CUP, poi di 1 a 120, poi a un’arbitrarietà che i turisti li stravolge (ma lo racconterò più avanti). E’ stato persino lanciato un programma di ristrutturazioni per favorire il turismo, ma in assenza di materie prime gli sforzi edilizi non si possono realizzare.

La guerra tra Russia e Ucraina non ha, infine, migliorato la situazione, riducendo ulteriormente le esportazioni e gli aiuti all’isola, un rubinetto ormai asciutto. Anche il soccorso umanitario – le ONG non sono legali, ma lavorano nell’ombra integrandosi con il sistema – si è drasticamente impoverito anche qui, come nel resto del mondo.

Nel maggio 2022, l’amministrazione Biden aveva lanciato “una serie di misure di supporto per la popolazione cubana”, in linea con la nuova politica promessa dal Presidente nei confronti dell’isola. Poco o niente, però, è cambiato nei rapporti tra i due Paesi e le restrizioni per l’economia cubana restano ancora pressoché tutte in vigore. Né Biden ha ancora cancellato Cuba dalla lista degli SSOT.

Il risultato è questa “mancanza”, che assedia tutto. Mi domando molte volte, camminando per le strade di L’Avana, sorseggiando un refresco al mamey (impareggiabile frutto scoperto sull’isola) o gettandomi addosso acqua che sa di ammorbidente, cosa resterebbe se a quest’isola togliessero il turchese e le auto d’epoca. Il Campidoglio che imita quello statunitense, certo, i viali alberati, la Chiesa di San Francesco, ma si tratta di soggetti “inanimati”. Le Lada, forse, le automobili dell’industria russa fondata nel ’66 a Togliatti, scatoline mobili con la classica forma della macchina nei disegni dei bambini: il cofano, i quattro sportelli, il portabagagli, definiti da linee geometriche precise. Mi appassionano forse di più delle auto d’epoca del periodo americano – indubbiamente più fotogeniche, ma affidate ai turisti per giri di mezz’ora a non meno di 50 dollari. Serie, le Lada, sovietiche, con le loro famiglie proletarie dentro, i bambini sui sedili posteriori con le teste tonde, che mi immagino silenziosi o capaci solo di domande di algebra o sull’autobiografia certificata di Bakunin. Un viavai di Lada, forse, ma tutto intorno, comunque, la fame. Una fame che non è giusta mai, in nessuna parte del mondo. E qui o la si affronta o ci si affida a Yemajà.

Nelle mani di Yemajà – Le statue degli Orisha sono disposte lungo le pareti delle due sale al secondo piano del museo Yoruba, nel centro di L’Avana, poco lontano dal Campidoglio. Sono di gesso grigio, forme stilizzate e morbide, avvolte in una semi-penombra afosa. Talvolta il loro altarino è circondato da posticce piante di plastica. Yemajà è in un angolo sulla parete sinistra della prima sala, tiene le mani incrociate sul petto, il suo corpo emerge da un mare stilizzato – non c’è acqua. Gli Orisha sono le divinità ereditate dai cubani dalla mitologia yoruba, che gli schiavi deportati dall’Africa diffusero sull’isola tra il XVII e il XVIII secolo. A contatto con il cristianesimo dei coloni spagnoli, il pantheon degli Orisha si fuse e si integrò con quello dei santi cattolici, dando origine per sincretismo alla cosiddetta “santeria”, una religione che conosce ancora molti adepti tra i cubani, spesso riconoscibili per le loro tuniche bianchissime in giro per l’Avana o Trinidad.

La visita al museo degli Yoruba prevede questo: un giro intorno alle sue sale con sosta e descrizione davanti a ogni statua della divinità che rappresenta e delle sue caratteristiche. Eshù è l’orisha degli incroci della vita, dei bivi, dell’instabilità, ma è anche il messaggero degli dei, una specie di Mercurio; corrisponde a San Michele o a Sant’Antonio – la santeria mi sembra molto devota a Sant’Antonio. Ogun è il dio del fuoco, del ferro e dell’agricoltura, corrispondente a San Paolo e a San Giovanni Battista. Chango è il dio macho della giustizia e del tuono, una sorta di Zeus pronto ad accoppiarsi con qualsiasi creatura divina o terrestre, e così via. Il tour in passato prevedeva probabilmente la visita di altre sale, ma un’intera ala dell’edificio è stata distrutta nel maggio del 2022, quando una fuga di gas provocò l’esplosione del vicino Hotel Saratoga. Almeno 22 persone persero la vita nell’incidente, oltre 60 rimasero ferite. Le macerie di quello che rimane dello storico albergo di lusso formano ancora una montagnetta al lato del museo.

Yemajà è la madre degli dei e la divinità del mare. Può proteggere i naviganti o scatenare tempeste con la sua furia distruttrice. Accanto a lei, la guida del museo, un anziano habanero che schiuma nella sua camicia a maniche lunghe e che porta avanti la visita con un ininterrotto eloquio impastato senza mai concedersi un goccio d’acqua, si ferma con uno sguardo più commosso. “In questo Paese, abbiamo tutti creduto nell’Utopia. Ma quando l’utopia si sgonfia, rimane la realtà. E da questa realtà, le persone scappano”. Yemajà è la divinità dei migranti che si gettano in mare, dei barchini lanciati contro l’oceano in tutte le stagioni dell’anno, di chi preferisce affrontare le tempeste piuttosto che morire di fame. Parla con tono complice, il guardiano del museo, come a strizzare l’occhio a chi, provenendo dal Paese nel cuore del Mediterraneo, sa bene di che carico di morte si parli. “Le stime ufficiali”, dice, “parlano di almeno 250.000 cubani che hanno cercato di raggiungere gli Stati Uniti nell’ultimo anno. I numeri ufficiosi di questi viaggi clandestini, però, sono molto più alti”.

Tra il 2021 e il 2022, il numero di cubani fuggiti negli Stati Uniti è passato da 33.000 a oltre 250.000 persone. Circa il 2% della popolazione cubana, che conta 12 milioni di abitanti, sarebbe emigrata nell’ultimo anno verso gli Stati Uniti. Lasciare Cuba per vie legali è molto complicato, perché il governo applica restrizioni nei confronti di chi entra ed esce dal Paese in nome della “sicurezza nazionale”. Per ottenere un visto bisogna imbarcarsi in una giostra di burocrazia, controlli, indagini famigliari, che spesso si conclude con un diniego da parte delle autorità supportato da argomenti arbitrari. Spesso, l’unica soluzione è fuggire clandestinamente e affidarsi ai trafficanti di esseri umani, investendo nel viaggio tutti i propri risparmi.

Si affronta il mare e poi si viaggia via terra, attraverso le foreste, verso gli Stati Uniti. I confini tra Colombia e Panama e quelli con il Messico sono le zone più pericolose. Da quando il governo del Nicaragua ha sospeso l’obbligo dei visti per i cittadini cubani, molti preferiscono prendere un volo e poi cominciare il loro cammino verso gli Stati Uniti da lì. Nella foresta sono in molti a perdere la vita. Una volta arrivati negli Stati Uniti, i cubani possono, però, sperare di ottenere la nuova cittadinanza nel giro di un anno. La Ley de Ajuste Cubano (Legge di Aggiustamento Cubao), risalente al 1966, permette, infatti, agli immigrati cubani che testimoniano di aver lasciato il Paese d’origine per motivi politici di ottenere la cittadinanza statunitense dopo un anno e un giorno di permanenza negli USA.

“Prendono il mare e partono, muoiono nel viaggio, non diventano nemmeno dei numeri, restano dispersi nell’oceano, per sempre. Ma la gente continua a scappare, perché dopo l’utopia c’è sempre la realtà”, ci dice la nostra guida. Poi si rivolge alla statua e alza le mani verso di lei, mormora o forse è solo il suo gesto a dircelo: “Che li protegga Yemajà!”.

Sopravvivenza o muerte – Sul Malecon, il lungomare di L’Avana lungo 9 chilometri, gli habaneri vengono a pescare non appena il sole insopportabile del giorno inizia ad abbassarsi nella tregua del tramonto. Continuano a lanciare i loro ami nell’oceano almeno fino al suono del “Canonazo” delle 21, la cerimonia dello sparo di cannone dalla fortezza di San Carlos, di fronte alla costa. Noi siamo intenti a fare un conto mentale dei CUP che abbiamo e di quelli che ci serviranno fino alla fine del viaggio, un esercizio che ripeteremo ancora molte volte. Prelevare del contante non è possibile ovunque, le banconote a volte non sono disponibili e lo schermo del bancomat si colora di arancione annunciando un non precisato “errore”, e il cambio per i turisti è arbitrario come il clima nella stagione delle piogge. Quello ufficiale delle banche è di un dollaro o un euro a 125 CUP, ma se ci si è portati degli euro da casa saranno cambiati per 170 CUP a L’Avana, per 200 a Matanzas, per 180 a Santa Clara, e così via. Una peculiare Monopoli dei cambi che disorienta e svantaggia i turisti, formalmente illegale ma gestita alla luce del sole e col tacito benestare del governo.

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Siamo quindi lì a ripassare la questione dei cambi, che ci troviamo di fronte, dall’alto lato del Malecon, all’imponente palazzone sovietico dell’Hospital Clinico Quirurgico Hermanos Ameijeiras, il più importante ospedale di tutta Cuba. I piani si accavallano gli uni sugli altri nel monocolore e si confondono. Le finestre tutte uguali e strette forano stanze d’ospedale nelle quali scarseggiano le garze, il disinfettante, il paracetamolo. La sanità gratuita e d’eccellenza è stata uno dei fiori all’occhiello della rivoluzione castrista. Solo tre anni fa, come esempio dell’alto livello della formazione medica di questo Paese, i medici cubani arrivavano in Italia per aiutarla a fronteggiare la pandemia, nel frattempo gli scienziati cubani producevano un vaccino contro il Covid. Se nei porti cubani, però, non arrivano le merci, a farne le spese sono anche i malati.

Ada è stata costretta a fare una colletta con i suoi parenti per comprare i bisturi, i fili di sutura, le garze e i medicinali, quando sua zia è caduta e si è rotta il femore. Quando sua cognata ha partorito con un taglio cesareo, Ada ci racconta che in reparto scarseggiavano i cateteri vescicali e che coi parenti le hanno procurato un tubo di gomma da collegare a una tanica e da infilarle su per l’uretra. I medici sono sottopagati, circa trenta dollari al mese, insufficienti con il caro prezzi dell’inflazione, “E non possono neanche arrotondare lo stipendio investendo in una casa particular o in un’altra attività commerciale”, aggiunge Ada. Malgrado questo, continuano a lavorare – sono gli strumenti che mancano.

La figlia di Ada studia infermieristica. Nel primo pomeriggio tutti i giorni torna dall’ospedale a casa nell’afa di luglio e si ripara al fresco della cucina della casa dell’”americano”. Ada ci racconta che vuole diventare una brava infermiera, ma è sempre più frustrata. Le sue mansioni sono semplici, è al primo anno: prendere la temperatura dei pazienti, misurarne la pressione, e trascrivere i parametri sulla loro scheda. “Ma nell’ambulatorio in cui fa adesso tirocinio non c’è neanche lo sfigmomanometro. Così l’altro giorno ha chiesto al medico come potesse misurare la pressione senza avere lo strumento. Sapete che le ha dovuto rispondere? “Inventatela”. I parametri si prendono così, a occhio.”.

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L’Hospital Hermanos Ameijeiras svetta poco dietro alla fila di palazzi storici che sul Malecon stanno cadendo a pezzi uno alla volta per fare spazio ai nuovi hotel di acquirenti privati internazionali. Potrebbe iniziare a cambiare volto proprio da questa costa la Cuba del Presidente Diaz Canel, che con la nuova Carta Costituzionale del 2019 ha riconosciuto la proprietà privata come parte dell’economia del Paese. Il volto dell’Ospedale è, invece, ancora quello sovietico del secolo scorso. La struttura è dedicata ai fratelli Ameijeiras: María Luisa (detta Mara), Manuel Melquíades (Chonchón), Gustavo, Salvador (soprannominato Nené), Enma, Ángel (Machaco), José (Pepincito), Evangelista, Efigenio (detto Ulisse) e Juan Manuel (il Mel). Quest’ultimo partecipò insieme al giovane avvocato Fidel Castro all’assalto alla Caserma Moncada, nella lotta contro il tiranno Batista. Vi rimase ferito e fu giustiziato nei giorni successivi. Suo fratello Efigenio fu tra i fondatori del movimento 26 luglio e partecipò alla spedizione della nave Granma nella Baia dei Porci. Anche Gustavo partecipò alla lotta clandestina contro la dittatura, nella quale perse la vita nel maggio del 1958. Pochi mesi dopo, perse la vita anche il Fratello Angel, anch’egli membro del movimento 26 luglio. Per il Paese, i fratelli Ameijeiras sono eroi nazionali, martiri della resistenza. “Un po’ come i fratelli Cervi da noi”, commentiamo, poco prima che il Canonazo esploda il suo cannone.

Le iguane silenziose della rivoluzione – Dalle città si scappa, a Cuba. Prima che i loro edifici decrepiti ti crollino addosso o che il caldo ti soffochi. I colori pastello delle case vuote non bastano a trattenere, i musei della rivoluzione sono chiusi per ristrutturazione. L’afa spinge verso il mare. Verso Matanzas, col suo nome di sangue, popolata di avvoltoi. Veri padroni del cielo cubano, volano in gruppo, a bassa quota. Vigilano in cerchio sui bambini che nei 45° gradi del mattino si allenano giocando a baseball, “beisbòl”, lo sport nazionale. O camminano nei giardini delle case o sotto gli alberi al bordo delle strade, con le loro teste rosse che emergono come braci dalle pellicce nere. Matanzas, col suo nome di massacri, i suoi ponti e con la sua minuscola casa editrice nella pacifica piazza centrale, che pubblica libri stampati a torchio e rilegati a mano in edizioni uniche, esposte nelle bancarelle in mezzo a quelle dei souvenir.

Si cerca il mare a Cienfuegos, città coloniale francese. Nella cattedrale della città, c’è la statua di una madonna – l’isola comunista è piena di chiese e di santi – alla quale le devote hanno la tradizione di regalare girasoli. Di fronte alla città, dalla parte opposta dell’anello costiero che forma un piccolo abbraccio nel mar dei Caraibi, si intravede il sito di Juraguà. Lì Fidel Castro aveva deciso di fondare il suo sogno nucleare, una centrale che avrebbe dovuto produrre almeno il 15% dell’energia dell’isola. Era l’inizio degli anni ‘80 e con il supporto economico e tecnico dell’URSS si iniziò a costruire sulla costa una vera e propria città nucleare, ma l’impresa era destinata a fallire. Con il crollo dell’Unione Sovietica e il “periodo especial”, i lavori si interruppero, finché nel 1992 Castro annunciò il definitivo abbandono dell’opera, nella quale Cuba aveva investito 1,1 miliardi di dollari. La cittadella, però, oramai esisteva, e continua a farlo: le famiglie degli operai che vi si trasferirono circa 30 anni fa popolano ancora la città occupata da edifici abbandonati e le sue strade deserte. Circa 9.000 abitanti dimenticati dal resto dell’isola, che vivono di pesca recintati nell’antico sogno nucleare.

Nel mare arancione del tramonto di Cienfuegos, di fronte alla sagoma lontana della città fantasma, gli abitanti si immergono in costume a mezzo busto per pescare con la lenza e le mani nude pesci piccoli da farci il brodo. Quando ne prendono uno, lo infilzano intorno a una cannuccia insieme agli altri, poi lanciano di nuovo il filo e aspettano trattenendolo con le dita, mentre i bambini intorno si fanno il bagno. Nel fuoco annacquato di un altro giorno che muore, sembrano lontani i malesseri dell’entroterra. Le carenze che uccidono, l’embargo che isola, la solitudine e le utopie sgonfiate. Nel mare, tutte le energie sono concentrate nel raccogliere pescetti e nell’ammirare le sagome dei figli che si tuffano.

Nella fuga universale verso il mare, poi, i turisti si rifugiano negli “all inclusive” dei Cayos, le isolette disseminate tutte attorno a Cuba e sacrificate alle vacanze dei ricchi occidentali. Lì tutto è miracolosamente disponibile. Sui buffet c’è la carne e ci sono le verdure, c’è il pane fatto a fette e anche in paninetti morbidi al latte, c’è la menta per i Mohito e il cocco per infinite pinacolada – si può avere tutto, all’infinito, finché l’esperienza del soggiorno non è esaurita. La penuria degli alimentari del Vedado o di l’Habana Vieja (due quartieri della città) sembra inverosimile, se a pochi chilometri di distanza, nella stessa terra, gli stranieri possono abbuffarsi di tutto, serviti da accaldatissimi cubani. Esattamente come doveva accadere prima del 1959 nella capitale, negli hotel di lusso per gli americani. Quella stessa disparità rivoltante che portò a mettere a ferro e fuoco l’isola per farne un simbolo, un emblema per generazioni di sinistra in tutto il mondo. Adesso, direttamente da Santa Clara, dove il Che riposa sotto al suo monumento, con un Viazul, un autobus per stranieri, si arriva a Cayo Santa Maria, dove come in un reportage di Wallace donne grassissime e bianche trascorrono le loro giornate affondate in un salvagente in piscina, collegate in videochiamata con qualche amica in Russia o negli States, sorseggiando pigramente un daiquiri.

Per lenire e dimenticare, a Cuba si viaggia sempre verso il mare. Mentre i dondoli incessanti sugli usci di Trinidad e di Matanzas evitano che l’isola vi anneghi dentro. Si fugge verso il mare di Varadero, altra lingua di terra attira-turisti per le sue spiagge abbacinanti, coi suoi cartelli segnaletici in spagnolo e in cirillico. Nella parte cubana della penisola, ogni tanto la realtà spaventosa del Paese si affaccia, quando alla sera nei ristoranti sono rimasti solo i “negros y cristianos” di contorno a piatti vuoti. Il resto, però, è ancora facile dimenticanza. Le famiglie cubane, mescolate ai cristianos stranieri, possono anche qui abbandonarsi a un silenzio pacifico che ottunde le domande. Lasciarsi cullare dalle onde e gettare nell’acqua tutte le lattine di birra che vogliono, senza paura di provocare le ire di Yemajà, perché qui il sentimento ecologico è molto molto più lontano dello spettro del capitalismo. Intanto, intorno tutto è placido. A debita distanza dai resort, continuano a moltiplicarsi le iguanine dalle code arricciate, organizzano congressi notturni nella lingua delle specie in estinzione e si confidano i loro sentimenti proletari, tramando una rivoluzione. Pagine Esteri

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L'articolo REPORTAGE – CUBA. Una macchina turchese nelle mani di Yemajà proviene da Pagine Esteri.



Ho appena realizzato una piccola presa di coscienza. È passato quasi un mese dall'ultima volta che ho postato su Twitter, in particolare da quando il nome è cambiato in X. C'è stato un momento in cui mi aggiornavo quotidianamente su ciò che stava accadendo su quella piattaforma, ma le cose sono cambiate.

Ad essere onesto, ho appena perso interesse. Quando si tratta di tecnologia, il Fediverse sembra superare Twitter in ogni modo. Offre tutto ciò che offre Twitter, ma meglio.

Inoltre, dal punto di vista dei contenuti, trovo che il Fediverso copra tutte le esigenze. Posso facilmente trovare tutte le notizie e le informazioni di cui ho bisogno proprio qui, senza dover andare su Twitter. In realtà è più conveniente in questo modo.

Il motivo principale per cui le persone sembrano usare Twitter è per agitarsi su una sorta di argomento controverso. Ma onestamente, non è la mia tazza di tè. Semplicemente non mi interessa essere coinvolto in tutte le polemiche fabbricate su Twitter.

Il Fediverso soddisfa tutte le mie esigenze di microblogging e lo fa eccezionalmente bene.



Just had a little realization recently. It's been almost a month since I last posted about Twitter, particularly since the name change to X. There was a point in time when I used to update daily about what was happening on that platform, but things have changed.

To be honest, I've just lost interest. When it comes to technology, the Fediverse seems to surpass Twitter in every way. It offers everything that Twitter offers, but better.

Moreover, from a content perspective, I find that the Fediverse covers all the bases. I can easily find all the news and information I need right here, without having to go to Twitter. It's actually more convenient this way.

The main reason people seem to use Twitter is to get worked up about some sort of controversial topic. But honestly, that's not my cup of tea. I'm just not interested in getting caught up in all the manufactured controversies on Twitter.

The Fediverse fulfills all my microblogging needs, and it does so exceptionally well.


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Il Programma alimentare mondiale riprende lentamente gli aiuti alimentari all’Etiopia dopo mesi di sospensione e critiche


Il Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite sta lentamente riprendendo gli aiuti alimentari all’Etiopia quasi cinque mesi dopo aver preso la misura straordinaria di sospendere gli aiuti a seguito della scoperta di un piano massiccio per rubare il

Il Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite sta lentamente riprendendo gli aiuti alimentari all’Etiopia quasi cinque mesi dopo aver preso la misura straordinaria di sospendere gli aiuti a seguito della scoperta di un piano massiccio per rubare il grano donato

Il Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite sta lentamente riprendendo gli aiuti alimentari all’Etiopia quasi cinque mesi dopo aver preso la misura straordinaria di sospendere gli aiuti a milioni di persone dopo la scoperta di un piano massiccio per rubare il grano donato. Il WFP ha affermato che sta testando la distribuzione su piccola scala in alcune aree, ma riconosce che il governo svolge ancora un ruolo nel processo.

I critici della sospensione degli aiuti, compresi i gruppi umanitari e gli operatori sanitari, l’hanno definita immorale e hanno affermato che centinaia di persone sono morte di fame. Gli Stati Uniti, tuttavia, affermano che la sospensione degli aiuti alimentari al Paese dell’Africa orientale continuerà mentre negozia con il governo etiope per le riforme di un sistema a lungo controllato dalle autorità locali.

La pausa ha colpito 20 milioni di etiopi, 1/6 della popolazione, più 800.000 rifugiati .

In una risposta scritta lunedì sera alle domande, il WFP ha dichiarato all’Associated Press che l’agenzia ha iniziato a distribuire grano a circa 100.000 persone in quattro distretti della regione settentrionale del Tigray in Etiopia il 31 luglio, mentre sperimenta “misure e controlli rafforzati per la fornitura di assistenza alimentare. ” Il Tigray si sta riprendendo da un conflitto di due anni con le forze etiopi terminato a novembre.

Le nuove misure del WFP includono la registrazione digitale dei beneficiari, l’aggiunta di contrassegni ai sacchi di grano, linee telefoniche di feedback e maggiore formazione per i partner degli aiuti. L’agenzia spera di implementare il suo nuovo sistema di distribuzione in altre parti dell’Etiopia il prima possibile, ha affermato il WFP, aggiungendo che è fiducioso che le misure aiuteranno a garantire che il cibo raggiunga le persone che ne hanno più bisogno.

Il WFP ha interrotto per la prima volta le consegne di cibo nel Tigray a marzo dopo aver scoperto il furto di grano. In una sola città del Tigray, aiuti alimentari rubati sufficienti a sfamare 134.000 persone per un mese sono stati invece trovati in vendita nei mercati, ancora contrassegnati dalla bandiera degli Stati Uniti.

La sospensione è stata estesa a tutta l’Etiopia a giugno. Anche gli Stati Uniti, il più grande donatore umanitario sia per l’Etiopia che per il WFP, hanno sospeso gli aiuti alimentari.

I funzionari statunitensi hanno affermato di ritenere che il furto potrebbe essere il più grande diversivo mai realizzato di cibo donato. Gli operatori umanitari hanno detto all’AP che i funzionari etiopi erano profondamente coinvolti. Il governo etiope ha liquidato come propaganda dannosa l’idea di avere la responsabilità primaria e ha acconsentito a un’indagine congiunta.

I donatori hanno raccomandato di rimuovere completamente il governo etiope dal sistema di aiuti. Ma “il WFP lavora in Etiopia su richiesta del governo e lavora a stretto contatto con il governo etiope a tutti i livelli”, ha affermato l’agenzia delle Nazioni Unite.

L’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale ha dichiarato all’AP in una risposta scritta alle domande che la ripresa degli aiuti del WFP non è finanziata dagli Stati Uniti, che continuano a sospenderli. Ha notato che il programma del WFP è finanziato dalla Banca mondiale.

“Siamo impegnati a riprendere l’assistenza alimentare il più rapidamente possibile una volta che possiamo essere sicuri che la nostra assistenza stia raggiungendo i più vulnerabili a cui è destinata”, ha affermato USAID, aggiungendo che il segretario di Stato Antony Blinken ha parlato con il primo ministro Abiy Ahmed per ” guidare i progressi su questi temi.”

Alcuni gruppi umanitari e leader religiosi etiopi si sono uniti agli appelli per riprendere quanto prima la distribuzione degli aiuti alimentari.

“Le persone muoiono di fame. Nelle ultime settimane, la fame ha ucciso centinaia di persone nella regione settentrionale del Tigray in Etiopia a causa della scarsità di cibo. Questo non è né umano né morale”, ha dichiarato a luglio il segretario generale di Caritas Internationalis, Alistair Dutton.

Gli Stati Uniti hanno detto all’AP di essere inorriditi dalle notizie sulla fame.

Affrontando le critiche, l’amministratore di USAID Samantha Power ha dichiarato il mese scorso che “sospendere l’assistenza alimentare in un momento di tale vulnerabilità è una cosa assolutamente straziante di cui nessuno di noi vorrebbe mai far parte o con cui ha avuto a che fare”. Ma ha aggiunto che “non si può avere fiducia che il cibo che stiamo portando in Etiopia, che i contribuenti statunitensi stanno pagando, stia effettivamente raggiungendo questa gente vulnerabile”.

Le autorità etiopi stavano indagando, ha detto, e “c’è responsabilità penale e responsabilità, sai, per tutti i funzionari coinvolti”.

Le implicazioni per gli Stati Uniti sono globali. Dimostrare di poter rilevare e fermare il furto di aiuti pagati dai contribuenti statunitensi è fondamentale in un momento in cui l’amministrazione Biden sta lottando per mantenere il sostegno pubblico agli aiuti all’Ucraina afflitta dalla corruzione.

Power ha detto che sapeva che le persone stavano cercando una data esatta in cui gli aiuti alimentari sarebbero ripresi. “Ma abbiamo fatto molta strada in un breve periodo di tempo e la nostra ambizione, la nostra sincera ambizione, è quella di riavviare l’assistenza alimentare il prima possibile”, ha affermato.

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La scrittrice di AP Ellen Knickmeyer a Washington ha contribuito.


FONTE: abcnews.go.com/International/w…


tommasin.org/blog/2023-08-10/i…



Il WFP inizia la “distribuzione di prova” di aiuti alimentari al Tigray in Etiopia


Il Programma alimentare mondiale ha iniziato a distribuire aiuti alimentari nella regione del Tigray in Etiopia, segnata dalla guerra, in un test per nuove misure di monitoraggio dopo aver interrotto l’assistenza per la deviazione delle forniture, ha dett

Il Programma alimentare mondiale ha iniziato a distribuire aiuti alimentari nella regione del Tigray in Etiopia, segnata dalla guerra, in un test per nuove misure di monitoraggio dopo aver interrotto l’assistenza per la deviazione delle forniture, ha detto martedì l’agenzia delle Nazioni Unite.

Il WFP e l’agenzia umanitaria statunitense USAID hanno interrotto gli aiuti alimentari al secondo paese più popoloso dell’Africa a giugno dopo aver scoperto che le forniture non raggiungevano i bisognosi, sollevando timori che la decisione avrebbe lasciato milioni di etiopi in difficoltà disperate.

Martedì, l’agenzia alimentare delle Nazioni Unite ha dichiarato di aver “iniziato a distribuire sacchi di grano preconfezionati da 15 chilogrammi (33 libbre) a poco più di 100.000 persone” come parte di un progetto pilota con meccanismi di monitoraggio migliorati.

“Il 31 luglio, il Programma alimentare mondiale ha iniziato a testare e verificare controlli e misure rafforzati per la fornitura di assistenza alimentare in quattro distretti del Tigray”, si legge in un messaggio all’AFP.

Le nuove misure nelle “distribuzioni di prova” includono il tracciamento delle forniture e la registrazione digitale dei beneficiari per evitare che gli aiuti cadano nelle mani sbagliate.

Milioni di etiopi stanno affrontando una grave carenza di cibo a seguito di una brutale guerra di due anni nel Tigray e di una siccità punitiva nella regione somala che ha colpito anche la Somalia e parti del Kenya.

Anche la regione di Amhara, che confina con il Tigray, ha assistito nelle ultime settimane a scontri tra una milizia locale e l’esercito nazionale, che hanno influito sulle operazioni umanitarie, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità.

“Il WFP prevede inoltre di iniziare a registrare le popolazioni e di implementare le nuove misure di controllo rafforzate per le persone mirate e vulnerabili nelle regioni di Amhara, Afar e Somali, così come in altre parti della regione del Tigray, il prima possibile”, ha affermato l’agenzia.

– ‘Accattonaggio, lavoro minorile’ –

Un portavoce dell’USAID, la principale agenzia di aiuti internazionali del governo degli Stati Uniti, ha dichiarato all’AFP che “in questo momento, l’assistenza alimentare degli Stati Uniti in Etiopia rimane sospesa”.

“Ci impegniamo a riprendere l’assistenza alimentare il più rapidamente possibile una volta che possiamo essere sicuri che la nostra assistenza raggiunga i più vulnerabili a cui è destinata”.

Prima della sospensione a livello nazionale, il WFP e USAID hanno dichiarato a maggio che avrebbero congelato gli aiuti alimentari al Tigray dopo aver scoperto che le spedizioni venivano dirottate verso i mercati locali.

Nessuna delle due agenzie ha identificato i responsabili della presa dell’aiuto e della sua rivendita.


Approfondimento: Lo scandalo del dirottamento e della sospensione alimentare umanitaria


Il Tigray ha sofferto di una grave carenza di cibo, carburante, denaro e medicinali durante il conflitto di due anni tra le forze fedeli al governo federale e il Fronte popolare di liberazione del Tigray.

Venerdì, l’agenzia umanitaria delle Nazioni Unite OCHA ha dichiarato: “Nel Tigray, la sospensione degli aiuti alimentari sta portando a un numero maggiore di persone che ricorrono a meccanismi di coping negativi, tra cui saltare i pasti… accattonaggio, lavoro minorile, sesso transazionale”.

La guerra si è conclusa con un accordo di pace firmato lo scorso novembre e alcuni servizi di base sono ripresi nella regione di sei milioni di persone.

Ma l’accesso ai media rimane limitato ed è impossibile verificare in modo indipendente la situazione sul campo.


FONTE: dailymail.co.uk/wires/afp/arti…


tommasin.org/blog/2023-08-10/i…



Blur The Ballad of Darren


I Blur sono sempre I Blur anche in questo disco meraviglioso The Ballad of Darren da comprare ascoltare, girando il giradischi e velocità inusitate.

iyezine.com/blur-the-ballad-of…

@Musica Agorà

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#NotiziePerLaScuola

FIRST® LEGO® League, la competizione per promuovere lo sviluppo delle soft skill fondamentali per la costruzione di una dimensione del divertimento e di un ambiente sereno in cui tutti si sentano al posto giusto.




Norway to fine Meta nearly $100,000 a day over data use


Norway's data protection agency said on Tuesday (8 August) it would start fining Facebook and Instagram owner Meta nearly $100,000 per day for defying a ban on using users' personal information to target ads.


euractiv.com/section/data-priv…



Il Ministro Giuseppe Valditara ha firmato un decreto che destina alle scuole oltre 8 milioni di euro del PNRR per investimenti nella didattica digitale integrata e nella formazione del personale scolastico alla transizione digitale.


È stato pubblicato oggi il bando di concorso per titoli ed esami, abilitante, per l’assunzione a tempo indeterminato di 1.


#NotiziePerLaScuola

È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione e del Merito.



I servizi di questa mattina sul server Poliverso sono stati risolti. Ci scusiamo per il disagio

@Che succede nel Fediverso?

Buongiorno e buona domenica a tutti gli utenti di poliverso.org che stamattina, a causa di un errore nel processo automatico di rinnovo del dominio e all'incapacità del provider nel segnalare tempestivamente la problematica, e risultato irraggiungibile per alcune ore.

Il server è comunque rimasto in esecuzione e pertanto tutte le attività automatiche già impostate (importazione delle timeline, importazione o ripubblicazione di feed, ripubblicazione su bluesky, etc) hanno continuato a funzionare, ma il server non era comunque raggiungibile da parte dell'utente finale.

Purtroppo le tempistiche per la risoluzione dell'inconveniente ci erano sconosciute, in quanto non erano sotto il nostro controllo, ma dipendevano semplicemente dai tempi di aggiornamento dei DNS. Fortunatamente il disservizio è durato poche ore.

Ci scusiamo ancora per il problema.

Gli amministratori

cc @Poliverso Forum di supporto




- Benzinaio vicino al lavoro alla vigilia della legge che impone esposizione del prezzo medio: gasolio 1,61 €/Lt

- Prezzo medio: 1,798 €/Lt
- Benzinaio oggi: 1,769 €/Lt

Ottimo lavoro!

in reply to J. Alfred Prufrock

In realtà il salto è stato di soli 10 centesimi/Lt alla vigilia, per poi galoppare giorno per giorno su (sia prezzo medio che praticato)


Matteo Renzi e Ferruccio de Bortoli: uno scontro di titani



Anche nelle migliori immagini della sua propaganda, il boy scout di Rignano riesce comunuqe a figurare tra i soggetti meno fotogenici.

Un foglio di inizio agosto 2023 comunica che Matteo #Renzi ha perso in sede civile contro Ferruccio de #Bortoli.
Del primo è persino inutile parlare.
Il secondo è l'ideatore del prodotto Oriana Fallaci. Con questo non si intende dire che la distruzione del Medio Oriente, le stragi quotidiane in #Iraq e in #Siria, i ben vestiti in giro per #Riyadh intanto che nello #Yemen muoiono sotto le bombe donne di cui non importa nulla a nessuno perché sono compostamente vestite siano per intero colpa sua: negare la sua importanza come facilitatore e divulgatore delle più abiette istanze dell'"occidentalismo" contemporaneo sarebbe altrettanto irresponsabile.
Comunque: de Bortoli ha scribacchiato, diversi anni fa, cose che il boy scout di #Rignano non ha gradito. Qualche mese fa una certa Susanna #Zanda gli aveva già fatto presente che i tribunali non sono bancomat, e al tempo stesso gli aveva tolto di tasca sedicimila euro a titolo di maggiore incisività del consiglio.
La cosa deve essere servita a poco: ecco quindi dopo meno di sei mesi un approfondimento in materia di diritto privato.
Docente incaricata, sempre Susanna Zanda.
Che ha praticato a Matteo Renzi lo sconto che è d'uso in ogni ambiente riservare ai clienti affezionati, esigendo mille euro in meno rispetto all'altra volta.
Spiccioli, quando si passa da un ristorante costoso a una consulenza in urbanistica.
Cifra ragguardevole, invece, se si lavora sul serio.