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L'ondata di attacchi statunitensi in Iraq e Siria, che si aggiungono a quelli contro lo Yemen e ai continui raid israeliani, minacciano di innescare una guerra totale in Medio Oriente L'articolo Attacchi USA: il Medio Oriente sull’orlo di una guerra tota

Attacchi USA: il Medio Oriente sull’orlo di una guerra totale?

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di Marco Santopadre*

Pagine Esteri, 5 febbraio 2024 – Dopo l’uccisione di tre soldati americani in un attacco a sorpresa contro una base militare segreta in Giordania alcuni giorni fa, l’amministrazione Biden aveva promesso una rappresaglia esemplare.
Ma i massicci bombardamenti condotti sabato da Washington contro le milizie filoiraniane in Siria e in Iraq rappresentano un ulteriore passo in una escalation che rischia di andare completamente fuori controllo, innescando una guerra totale in Medio Oriente dagli esiti inimmaginabili.

Quello di Washington non è stato un raid episodico, di quelli fin qui condotti all’interno di un braccio di ferro con l’Iran fatto di azioni e rappresaglie in qualche modo misurate e deterrenti, ma un attacco su vasta scala contro decine di obiettivi. Non solo; Biden ha annunciato nuove azioni massicce aggressive ed ha minacciato di colpire direttamente il territorio iraniano.

Gli Stati Uniti devono dimostrare che fanno sul serio e che non intendono stare alla finestra mentre il cosiddetto “asse della Resistenza” – la rete di organizzazioni militari e politiche radicate in diversi paesi del Medio Oriente che fanno riferimento a Teheran – aumenta la pressione nei confronti di Israele per rivendicare la propria egemonia e contrastare il genocidio della popolazione di Gaza.

Washington ha lanciato un messaggio chiaro all’Iran e ai suoi alleati: se serve, gli Stati Uniti sono pronti anche alla guerra. Si tratta, in parte, di un bluff, e gli avversari degli Stati Uniti, ne sono coscienti. Una guerra frontale in Medio Oriente obbligherebbe la Casa Bianca, già impegnata sul fronte ucraino contro la Russia, a mobilitare centinaia di migliaia di uomini e centinaia di miliardi di dollari in un conflitto con forze assai più coese e battagliere rispetto all’esercito di Saddam Hussein, spazzato via senza grande sforzo pochi decenni fa.

Certamente, i caccia e i droni statunitensi sono entrati in azione per proteggere Israele, anche se negli anni i rapporti tra Washington e Tel Aviv si sono deteriorati visto che la nuova classe dirigente sionista vuole fare di testa sua e i suoi eccessi rischiano di mandare in pezzi la rete che gli Stati Uniti stanno faticosamente cercando di tessere con i paesi arabi dagli Accordi di Abramo in poi.

Ma è soprattutto per proteggere i suoi di interessi che gli Stati Uniti hanno deciso di entrare in azione con una campagna di bombardamenti così estesa, per tentare di rafforzare – o meglio, di ristabilire – la propria egemonia in un quadrante del mondo in cui la presa di Washington si è fortemente allentata. Negli ultimi decenni, il tradizionale dominio statunitense in Medio Oriente è stato indebolito dall’intervento russo a difesa del regime siriano e dalla crescita del ruolo iraniano nella regione, incentivato anche dai gravissimi errori compiuti da Washington ad esempio in Iraq che hanno favorito l’ascesa dei movimenti sciiti. Anche l’autonomizzazione del regime turco e le pretese egemoniche delle petromonarchie sunnite hanno ridotto Washington ad un attore spesso di secondo piano. Ora l’amministrazione Biden cerca di recuperare terreno esercitando il ruolo di gendarme globale già interpretato in passato, ma in un contesto completamente mutato e con la grazia di un elefante in un negozio di cristalli.

L’Iran e il suo alleato principale nella regione, il movimento sciita libanese Hezbollah, hanno più volte chiarito che non progettano di entrare in guerra con Israele, tantomeno con gli Stati Uniti. Israele è una potenza nucleare spregiudicata e può contare su un esercito tra i più forti del mondo, sorretto dai massicci invii di armi statunitensi e dagli aiuti finanziari provenienti da Washington. Attualmente la guerriglia trumpiana sta bloccando al Senato di Washington circa 14 miliardi di dollari destinati a Tel Aviv, ma in caso di guerra i Repubblicani difficilmente potrebbero mantenere il veto.

L’Iran, invece, sconta una profonda crisi economica – frutto anche di decenni di embarghi economici – e non è militarmente pronto per uno scontro diretto. Se volesse sostenere una guerra frontale, Teheran dovrebbe convincere Mosca e Pechino a un sostegno economico e militare massiccio che, almeno al momento, non sembra all’ordine del giorno.

Ma se Biden è convinto che aumentando la pressione militare contro le ramificazioni di Teheran in Medio Oriente convincerà gli ayatollah a fermarsi per evitare una guerra regionale su vasta scala nella quale questi ultimi non vogliono assolutamente imbarcarsi, è anche vero che le continue provocazioni di Washington e di Tel Aviv – bombardamenti, omicidi mirati, attentati, sabotaggi – in vari paesi del quadrante rischiano di suscitare l’effetto contrario.

Fino a quando la classe dirigente iraniana potrà sopportare di essere colpiti senza perdere la faccia di fronte alle rispettive popolazioni già inferocitedopo quattro mesi di operazioni militari israeliane che hanno ucciso decine di migliaia di palestinesi e reso la Striscia di Gaza un cumulo di macerie? Fin quando gli apparati dell’Asse della Resistenza riusciranno a tenere a basa gli incitamenti alla vendetta di organizzazioni decimate da un continuo stillicidio di omicidi mirati?

Il rischio è proprio che il meccanismo “azione-ritorsione”, che fin qui ha consentito ad entrambi i contendenti di tenere il punto, mirando a disincentivare l’avversario dallo spingersi oltre nello scontro, sfugga improvvisamente di mano.

Basterebbe che una delle milizie alleate – ma non necessariamente del tutto controllate da Teheran – decidesse di alzare il tiro contro Israele o gli interessi di Washington nella regione per accendere una miccia che nessuno sarebbe più in grado di spegnere. Ad esempio in Iraq, dove da tempo movimenti politici e militari sciiti ma anche nazionalisti sunniti chiedono a gran voce l’espulsione delle truppe statunitensi di stanza nel paese. Non a caso il portavoce delle forze armate irachene, Yahya Rasul, ha denunciato: «Questi attacchi sono una violazione della sovranità irachena, minano gli sforzi del nostro governo e rappresentano una minaccia che trascinerà l’Iraq e la regione verso conseguenze impreviste, le cui ripercussioni saranno disastrose». Persino l’alto rappresentante dell’Unione Europea per gli affari esteri, il catalano Josep Borrell, si è profuso in un sibillino «Tutti dovrebbero evitare che la situazione nella regione diventi esplosiva».

Sul fronte opposto Israele e le lobby filoisraeliane statunitensi, da decenni spingono per una guerra totale con l’Iran e potrebbero approfittare del clima già incandescente per dare fuoco alle polveri e mettere la Nato di fronte al fatto compiuto. Imbarcandoci tutti in una guerra regionale sì, ma su vasta scala, ennesimo e imprevedibile fronte di una guerra mondiale “a pezzi” che stiamo già combattendo senza che sia mai stata dichiarata.

La maggior parte degli analisti, al momento, non crede all’imminenza di una guerra totale in Medio Oriente. Eppure, afferma la CNN, «Errori o eventi imprevisti possono portare a spirali e ciò può portare a conflitti inevitabili e più ampi in una zona ad alta tensione». «È quasi un miracolo che un conflitto più ampio non sia già scoppiato in Medio Oriente quattro mesi dopo l’attacco del gruppo militante palestinese Hamas contro Israele» riconosce il network statunitense. – Pagine Esteri

12350472* Marco Santopadre, giornalista e saggista, già direttore di Radio Città Aperta, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e dell’Africa. Scrive, tra le altre cose, di Spagna, America Latina e movimenti di liberazione nazionale. Collabora con il Manifesto, Catarsi e Berria

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In un'intervista rilasciata al quotidiano russo Kommersant, Simona Halperin ha accusato il Cremlino di difendere il movimento palestinese invece che "sostenere la lotta al terrorismo di Israele" L'articolo La Russia convoca l’ambasciatrice israeliana che

La Russia convoca l’ambasciatrice israeliana che ha accusato Mosca di sostenere Hamas

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Pagine Esteri, 5 febbraio 2024. In un’intervista rilasciata al quotidiano russo Kommersant, la nuova ambasciatrice israeliana in Russia, Simona Halperin, ha accusato il Cremlino di difendere il movimento palestinese di Hamas, proteggendo i suoi membri e accogliendoli srotolando per loro “tappeti rossi”.

Halperin ha dichiarato che così facendo il governo russo non solo non sostiene “la lotta al terrorismo di Israele” ma prende le parti di Hamas, che intenderebbe “replicare il 7 ottobre”, sminuendo, inoltre, la gravità dell’olocausto.

Parole dure anche in merito alle accuse di genocidio presentate contro Israele dal Sudafrica alla Corte Internazionale di Giustizia. L’ambasciatrice ha infatti accusato la Russia di essere solidare con la Repubblica del Sudafrica che ha “intentato una causa assurda”.

Il Cremlino ha convocato Simona Halperin, definendo i commenti “un inizio particolarmente infruttuoso”: il suo incarico diplomatico ha avuto inizio lo scorso dicembre.

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Otto decreti interministeriali in due anni ma sulla tipologia, la quantità e il valore delle armi inviate a Kiev l’Italia è l’unico Paese della NATO a non aver fornito alcuna informazione. L'articolo Armi italiane all’Ucraina, affari d’oro e consegne sec

Armi italiane all’Ucraina, affari d’oro e consegne secretate

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Pagine Esteri, 5 febbraio 2024. Otto decreti interministeriali in meno di due anni dallo scoppio del conflitto russo-ucraino per autorizzare l’invio di armi al governo di Kiev, ma sulla tipologia, la quantità e il valore di esse, l’Italia è l’unico paese della NATO a non aver fornito alcuna informazione.

I trasferimenti di sistemi di guerra che alimentano la strage di decine e decine di migliaia di giovani della Federazione Russa e della Repubblica di Ucraina continuano ad essere secretati forse per non turbare le coscienze degli italiani. Fonti “buoniste” parlano di una spesa complessiva non superiore ai 700 milioni di euro – fino ad oggi – per rifornire gli arsenali ucraini di sistemi contraerei, missili, droni, ogive e carri armati made in Italy. Dalla stampa statunitense specializzata in tema di difesa e sicurezza apprendiamo però che le industrie belliche del nostro paese stanno facendo affari d’oro con l’export al regime ucraino ma, soprattutto, che la carneficina nel cuore del vecchio continente è un’occasione unica e imperdibile per pubblicizzare a mezzo mondo l’efficienza dei prodotti di morte italiani.

Il 31 dicembre 2023 il governo tedesco ha consegnato alle forze armate ucraine la prima batteria del sistema di difesa aerea a corto e cortissimo raggio “Oerlikon Skynex”, nell’ambito di un contratto del valore di 160 milioni di euro sottoscritto con il colosso industriale militare Rheinmetall nel dicembre 2022. Una seconda batteria “Skynex” arriverà a Kiev entro la fine del mese di marzo 2024. Con infinito orgoglio, Alessandro Ercolani, amministratore delegato di Rheinmetall Italia SpA (la società con quartier generale a Roma, interamente controllata dalla holding tedesca), ha fatto sapere ai cronisti di Defense News che le batterie anti-aeree destinate all’Ucraina sono state prodotte nello stabilimento del gruppo che sorge nel distretto industriale capitolino, lungo la via Tiburtina. Già Oerlikon-Contraves SpA, Rheinmetall Italia è un’azienda leader nella produzione di sistemi di difesa aerea e di tecnologie elettroniche di sorveglianza, aerospaziali e radar militari.

“Ci è stato detto che Skynex sta operando bene in Ucraina, e sarà davvero importante il feedback per migliorare ulteriormente il sistema”, ha dichiarato Alessandro Ercolani a Defense News. “La qualità del prodotto doveva essere del resto la migliore perché sai che verrà utilizzato (…) L’installazione in Ucraina di questo sistema di difesa aerea sta accrescendo la sua immagine e scatenando nuovi ordini da tutto il mondo…”.

La produzione degli “Skynex” negli stabilimenti di Rheinmetall Italia è stata avviata nel giugno 2022, previo accordo di collaborazione tra le autorità tedesche e quelle italiane (presidente del consiglio, al tempo, Mario Draghi, ministro della difesa, Lorenzo Guerini, Pd). Secondo Analisi Difesa, il contratto siglato a fine 2022 per la “fornitura d’urgenza” all’Ucraina delle due batterie terra-aria ha incluso l’addestramento del personale militare ucraino; l’allestimento del sistema di guerra sarebbe stato completato con un certo anticipo sui tempi fissati per la consegna.

Lo “Skynex” è una versione più moderna e potenziata delle batterie anti-aeree “Sky Guard”. Dotata di un centro di controllo e comando CN-1 “Oerlikon Skymaster” e di un radar di acquisizione tattico tridimensionale X-TAR3D per la ricerca, rilevamento, acquisizione, tracciamento e identificazione dei bersagli con un raggio superiore ai 50 Km, ogni batteria “Skynex” è equipaggiata con quattro cannoni con sensori elettro-ottici in grado di sparare fino a 1.000 proiettili da 35 mmm al minuto contro obiettivi posti fino a 4 km di distanza. Le munizioni AHEAD (Advanced Hit Efficiency And Destruction), sempre secondo Analisi Difesa, “consentono prestazioni ad alta letalità” per abbattere il bersaglio e sarebbero particolarmente efficaci “contro missili da crociera, droni e munizioni circuitanti (loitering munitions impiegate massicciamente dalle forze russe contro diverse tipologie di obiettivi militari e infrastrutturali) ma anche aerei ed elicotteri oltre a razzi e proiettili d’artiglieria”.

A enfatizzare le capacità distruttive delle batterie anti-aeree e anti-droni è lo stesso presidente del Cda di Rheinmetall Italia. “Noi abbiamo iniziato a progettare lo Skynex una decina di anni fa contro le minacce asimmetriche”, ha spiegato Ercolani. “Il suo vantaggio è che è stato concepito per contrastare minacce ridotte, basse e lente e che il suo costo reale è conveniente per eliminare un drone, rispetto all’utilizzo di un missile che vale milioni (…) Quando si avvicinano al loro obiettivo, gli involucri-munizioni del sistema da 35 mm si aprono erogando centinaia di piccoli cilindri di tungsteno che formano una nuvola distruttiva…”.

Il sistema “Skynex” è già stato venduto alle forze armate di una sessantina di paesi, ma dopo il “successo” in Ucraina, nelle prossime settimane saranno firmati contratti di vendita con un paese mediorientale ed uno membro della NATO. “La firma dell’accordo con l’Ucraina è stato un fattore importante per vincere le recenti commesse con Austria e Romania”, ha aggiunto Alessandro Ercolani. Al governo di Vienna Rheinmetall Italia ha consegnato sette batterie “Skynex”, mentre a fine dicembre le autorità di Bucarest hanno richiesto due batterie. Anche il Qatar è uno degli ultimi clienti dell’azienda romana.

Intanto il ministero della difesa russo fa sapere di aver colpito la batteria di missili terra-aria SAMP/T prodotta dal consorzio missilistico Eurosam (è presente il gruppo Leonardo SpA attraverso la controllata MBDA Italia) e consegnata lo scorso anno all’Ucraina dai governi italiano e francese. Con un comunicato diffuso il 24 gennaio e ripreso dall’agenzia Tass, Mosca ha rivelato l’attacco alla batteria SAMP/T (valore introno agli 850 milioni di euro) insieme a quelli contro una stazione radar ed i depositi di munizioni della 31^ Brigata meccanizzata e della 26^ Brigata di artiglieria ucraine, mediante l’impiego di missili, artiglieria e velivoli senza pilota. Il governo francese ha smentito le dichiarazioni della difesa russa. Imbarazzato silenzio invece da parte del governo Meloni-Crosetto.

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Gli accademici pro Hamas di oggi come quelli pro Hitler di ieri


Nel 1927 il filosofo francese Julien Benda pubblicò ‘La trahison des clercs’ – il tradimento degli intellettuali – che condannava la caduta degli intellettuali europei nel nazionalismo estremo e nel razzismo” racconta Niall Ferguson sulla Free Press. “A q

Nel 1927 il filosofo francese Julien Benda pubblicò ‘La trahison des clercs’ – il tradimento degli intellettuali – che condannava la caduta degli intellettuali europei nel nazionalismo estremo e nel razzismo” racconta Niall Ferguson sulla Free Press. “A quel punto, sebbene Benito Mussolini fosse al potere in Italia da cinque anni, Adolf Hitler era ancora a sei anni dal potere in Germania e a 13 anni dalla vittoria sulla Francia. Ma Benda poteva già vedere il ruolo pernicioso che molti accademici europei stavano giocando in politica. Un secolo dopo, il mondo accademico americano è andato nella direzione politica opposta – a sinistra invece che a destra – ma è finito più o meno nello stesso posto. La domanda è se noi, a differenza dei tedeschi, possiamo fare qualcosa al riguardo. Per quasi dieci anni, un po’ come Benda, mi sono meravigliato del tradimento dei miei colleghi intellettuali. Ho assistito alla volontà di amministratori, donatori ed ex studenti di tollerare la politicizzazione delle università americane da parte di una coalizione illiberale di progressisti woke, aderenti alla ‘teoria critica della razza’ e apologeti dell’estremismo islamico. Per tutto quel periodo gli amici mi assicurarono che stavo esagerando. Chi potrebbe opporsi a una maggiore diversità, equità e inclusione nel campus? In ogni caso, le università americane non sono sempre state orientate a sinistra? Tali argomentazioni sono andate in pezzi dopo il 7 ottobre, quando la risposta di studenti e professori ‘radicali’ alle atrocità di Hamas contro Israele ha rivelato la realtà della vita universitaria contemporanea. Che l’ostilità verso la politica israeliana a Gaza si trasformi regolarmente in antisemitismo è ormai impossibile negarlo.

Come giustamente sosteneva il grande sociologo tedesco Max Weber nel suo saggio del 1917 su ‘La scienza come vocazione’, l’attivismo politico non dovrebbe essere consentito in un’aula universitaria ‘perché il profeta e il demagogo non appartengono alla piattaforma accademica’. Questo era anche l’argomento del Rapporto Kalven dell’Università di Chicago del 1967 secondo cui le università devono ‘mantenere un’indipendenza dalle mode, dalle passioni e dalle pressioni politiche’. Questa separazione è stata del tutto disattesa nelle principali università americane negli ultimi anni. Potrebbe sembrare straordinario che le università più prestigiose del mondo siano state contagiate così rapidamente da una politica intrisa di antisemitismo. Eppure è già successa esattamente la stessa cosa. Cento anni fa, negli anni ‘20, le migliori università del mondo erano di gran lunga in Germania. Rispetto a Heidelberg e Tubinga, Harvard e Yale erano club per gentiluomini, dove gli studenti prestavano più attenzione al calcio che alla fisica. Più di un quarto di tutti i premi Nobel assegnati nelle scienze tra il 1901 e il 1940 furono assegnati a tedeschi; solo l’11 per cento è andato agli americani. Albert Einstein raggiunse l’apice della sua professione non nel 1933, quando si trasferì a Princeton, ma dal 1914 al 1917, quando fu nominato professore all’Università di Berlino, direttore del Kaiser Wilhelm Institute for Physics e membro dell’Accademia delle scienze prussiana. Anche i migliori scienziati prodotti da Cambridge si sentirono obbligati a fare un turno di servizio in Germania. Eppure l’accademia tedesca aveva una debolezza fatale. I progressisti di oggi praticano il razzismo in nome della diversità. Gli accademici nazionalisti della Germania tra le due guerre erano quanto meno espliciti riguardo al loro desiderio di omogeneità ed esclusione. Lo studio di Rudy Koshar sulla città universitaria di Marburg in Assia illustra il modo in cui questa cultura portò il mondo accademico tedesco verso i nazisti. Le confraternite studentesche, prevalentemente protestanti, escludevano gli ebrei dall’adesione già prima della Prima guerra mondiale. Per gli avvocati di mezza età, Hitler era l’erede di Bismarck. Per i loro figli fu l’eroe wagneriano Rienzi, il demagogo che unisce il popolo romano. Anche un uomo che si considerava un liberale, come sicuramente Max Weber, era suscettibile al fascino di una leadership carismatica quando la nascente democrazia sembrava così debole. Tre anni dopo la morte di Weber nel 1920, la Germania precipitò in una disastrosa iperinflazione. Per molti accademici tedeschi, la nomina di Hitler a cancelliere nel gennaio 1933 fu un momento di salvezza nazionale. Già nel 1920 il giurista Karl Binding e lo psichiatra Alfred Hoche pubblicarono il loro ‘Permesso per la distruzione di vite indegne di vita’. Esiste una chiara linea di continuità tra questo tipo di analisi e il documento trovato nel manicomio Schloss Hartheim nel 1945, che calcolava il beneficio economico derivante dall’uccisione di 70.273 pazienti mentali. Molti storici non si comportarono meglio, sfornando tendenziose giustificazioni storiche per le rivendicazioni territoriali tedesche nell’Europa orientale che implicavano massicci spostamenti di popolazione, se non addirittura genocidio. Il caso di Victor Klemperer, convertito al cristianesimo e sposato con una gentile, è illustrativo. ‘Non sono altro che un tedesco o un tedesco europeo’, scrisse Klemperer nel suo diario, una delle testimonianze più illuminanti della storia. Per tutti gli anni ‘30 sostenne che erano i nazisti ad essere ‘non tedeschi’. Eppure l’atmosfera nelle università tedesche divenne sempre più tossica anche per gli ebrei più assimilati. L’antisemitismo dei nazisti portò, ovviamente, a una delle più grandi fughe di cervelli della storia. Se ne andarono oltre 200 degli 800 professori ebrei del paese, venti dei quali erano premi Nobel. Albert Einstein se n’era già andato nel 1933 disgustato dagli attacchi nazisti alla sua ‘fisica ebraica’. I principali beneficiari della fuga dei cervelli ebrei furono, ovviamente, le università degli Stati Uniti. Eppure per Klemperer l’emigrazione era fuori questione. Erano tedeschi. Fu questo tipo di ragionamento a convincere lui e molti altri ebrei a restare in Germania finché non fosse stato più possibile uscirne. Alcuni scelsero il suicidio, ad esempio il linguista di Marburgo Hermann Jacobsohn, che si gettò sotto un treno. Alla fine Klemperer evitò la deportazione nei campi di sterminio solo grazie al bombardamento della Royal Air Force su Dresda. Rimase a Dresda dopo l’occupazione della Germania orientale. Non passò molto tempo prima che cominciasse a notare somiglianze tra il linguaggio della nuova Repubblica Democratica Tedesca appoggiata dai sovietici e quello del Terzo Reich. Come Arendt e Orwell, Klemperer capì che il totalitarismo della destra e il totalitarismo della sinistra avevano caratteristiche simili. In particolare, amavano imporre la neolingua.

Il mondo accademico tedesco non si limitò a seguire Hitler lungo il cammino verso l’inferno. Gli ha aperto la strada. Nel 1940 Victor Scholz presentò una tesi di dottorato all’Università di Breslavia dal titolo ‘Sulle possibilità di riciclare l’oro dalle bocche dei morti’. Aveva svolto le sue ricerche sotto la supervisione di Herman Euler, preside della Facoltà di Medicina di Breslavia. Ad Auschwitz, il Gruppenführer delle SS Carl Clauberg, professore di ginecologia a Königsberg, cercò di trovare il modo più efficace per sterilizzare le donne. Chiunque creda ingenuamente nel potere dell’istruzione superiore di instillare valori etici non ha studiato la storia delle università nel Terzo Reich. Una laurea, lungi dal vaccinare i tedeschi contro il nazismo, li rese più propensi ad abbracciarlo. La caduta in disgrazia delle università tedesche fu personificata dalla prontezza di Martin Heidegger. Il romanziere Thomas Mann era solito riconoscere già all’epoca che, in ‘Fratello Hitler’, l’élite colta tedesca possedeva un mostruoso fratello minore, il cui ruolo era quello di articolare e autorizzare le loro aspirazioni più oscure. L’Olocausto rimane un crimine storico eccezionale – distinto da altri atti di violenza letale organizzata diretti contro altre minoranze – proprio perché è stato perpetrato da uno stato-nazione altamente sofisticato che aveva entro i suoi confini le migliori università del mondo. Questo è il motivo per cui le università americane non possono considerare l’antisemitismo solo come un’altra espressione di ‘odio’, non diversa, ad esempio, dall’islamofobia. Ebbene, la reazione contro il tradimento contemporaneo degli intellettuali è finalmente arrivata. Donatori come l’amministratore delegato di Apollo, Marc Rowan (laureato alla Penn), il fondatore di Pershing Square Bill Ackman (Harvard) e il fondatore di Stone Ridge Ross Stevens (Penn) hanno chiarito che il loro sostegno non sarà più disponibile per le istituzioni gestite in questo modo. Eppure ci vorrà molto di più che poche dimissioni di alto profilo per riformare la cultura delle università d’élite americane. È troppo radicato in più dipartimenti, tutti dominati da una facoltà di ruolo, per non parlare degli eserciti di ‘DEI’ e di ufficiali del Titolo IX che sembrano, in alcuni college, ora superare in numero gli studenti universitari. I leader accademici di oggi non si riconoscerebbero mai come gli eredi di quello che Benda ha condannato, insistendo sul fatto che loro sono di sinistra, mentre gli obiettivi di Benda erano di destra. Eppure, come Victor Klemperer capì dopo il 1945, il totalitarismo si presenta in due modi, sebbene gli ingredienti siano gli stessi. Solo se le università americane, un tempo grandi, riusciranno a ristabilire – in tutta la loro struttura – la separazione della Wissenschaft dalla Politik potranno essere sicure di evitare il destino di Marburg e Königsberg”. (Traduzione di Giulio Meotti)

Il Foglio

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🛜 Il 6 febbraio ricorre la Giornata mondiale per la sicurezza in Rete, promossa dalla Commissione Europea e celebrata in contemporanea in oltre 100 nazioni.


Stefano Galieni*   Le affermazioni su Enrico Mattei, morto in un improbabile “incidente aereo” il 27 ottobre del 1962, del “Department of State, Guidel


Augusta, in Città la sede della Fondazione Luigi Einaudi intitolata all’Avv. Ezechia Paolo Reale – webmarte.tv


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L’importanza di scrivere a mano (e in corsivo)


Come scrivono i giovani nell’epoca social? Sentiamo dire che non sono più capaci di utilizzare l’italiano corretto, non sanno fare un tema ben strutturato, hanno carenze nella scrittura, nell’associazione di idee e nei collegamenti tra argomenti. In verit

Come scrivono i giovani nell’epoca social? Sentiamo dire che non sono più capaci di utilizzare l’italiano corretto, non sanno fare un tema ben strutturato, hanno carenze nella scrittura, nell’associazione di idee e nei collegamenti tra argomenti. In verità sono sempre lì a scambiarsi messaggi e commenti: non credo sia mai esistita un’epoca in cui si sia scritto così tanto. Quello che invece sembra si stia perdendo è la capacità di argomentare, formulare, comprendere un testo, saperlo riassumere e poi esporre con chiarezza. Ma cosa è successo nella scuola degli ultimi decenni?
Dopo anni di promozione dell’istruzione digitale, e di proteste per il grande ritardo con cui la scuola italiana si approcciava, ora la presenza di strumenti digitali nelle strutture scolastiche sembra aumentata. I vantaggi della didattica digitale sono abbastanza espliciti: un miglior coinvolgimento degli alunni, scambi di informazioni più immediate, diffusione di innumerevoli contenuti, possibilità di ricreare situazioni altrimenti impossibili da vivere. Inoltre i bambini di oggi sono nativi digitali, cresciuti con smartphone e tablet tra le mani, e si aspettano che la scuola rifletta il mondo tecnologico in cui vivono. Ma proprio ora che ci stiamo lanciando sempre più nel futuro, sorgono dei dubbi. Intanto su cosa debba fare la scuola: non basta saper usare un computer o navigare in internet, ma serve sviluppare una vera e propria alfabetizzazione digitale, comprendere come funzionano le tecnologie, come utilizzarle in modo sicuro ed etico, come sfruttarle per risolvere problemi e raggiungere obiettivi.

Paesi come la Svezia, gli Stati Uniti o il Canada, che avevano promosso molto la digitalizzazione, ora stanno tornando indietro, basandosi su studi, sempre più numerosi, che rivalutano i metodi «arcaici» della scrittura manuale e in particolare del corsivo. La scrittura manuale è frutto dell’interazione tra sistema nervoso, sensoriale e motorio: gli studi dimostrano come scrivere a mano coinvolga e stimoli aree cerebrali più vaste e profonde di quanto faccia la digitazione al computer. In particolare la scrittura a mano organizza le informazioni nel cervello in modo tale da sviluppare e potenziare la capacità di ricordare, stimolare il pensiero astratto e creativo, creare nuovi collegamenti di intuizione.

L’origine è nell’atto stesso dello scrivere, che con una penna è più «faticoso» che al computer: usare una penna implica di prestare attenzione anche all’aspetto motorio, disegnando le lettere in modo intellegibile, dosando la forza della punta sul foglio, seguendo le righe e gli spazi della pagina, facendo coincidere pensiero, azione e vista. Cioè attuando quell’integrazione multisensoriale che è alla base delle capacità di memoria. Inoltre, nella scrittura manuale, abbiamo una grande varietà di materiali e supporti: oltre la penna le matite, o il gesso sulla lavagna… tutte esperienze diverse e nuove, che creano nuove attivazioni neuronali e nuove abilità. Gli studi hanno rilevato che i bambini che scrivono a mano libera producono più parole e più rapidamente di quanto facciano coloro che scrivono su una tastiera.

Addirittura si sono notate significative differenze tra chi utilizza il carattere corsivo rispetto allo stampatello: psicoterapeuti e neurologi segnalano che l’abitudine a forme semplificate di scrittura, come lo stampatello, riduce gli stimoli di produzione linguistica. Anche lo studio su dispositivi come il tablet, pur avendo un suo valore, in quanto multimediale e interattivo, può aumentare il livello di distrazione e di ansia, specialmente nei bambini, proprio per un eccesso di stimolazione. Solo rallentando gli stimoli le informazioni acquisite possono transitare dalla memoria a breve termine a quella a lungo termine.

Un paradosso, in un contesto in cui vanno sempre più aumentando i disturbi dell’apprendimento, è che l’utilizzo del computer è la soluzione consigliata per superare i problemi di disgrafia dei bambini. Ma proprio la digitalizzazione è «sul banco degli imputati» per quanto riguarda la crescente incapacità di imparare a scrivere: si prescrive come terapia quella che sembra essere una delle cause stesse del problema?
La sfida quindi, consiste nel trovare un equilibrio tra l’approccio digitale e tradizionale, garantendo spazio a entrambe le modalità didattiche, in modo che contribuiscano all’educazione con un approccio integrato. La tecnologia è ineludibile dalle nostre vite e i giovani devono imparare a utilizzarle, ma nella fase dell’infanzia e adolescenza dobbiamo stare attenti a non trascurare la complessità dei fenomeni coinvolti nella costruzione della persona.

Paolo Sarti, Il Corriere

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  di Laura Tussi Il terzo anniversario del TPAN, il Trattato per la proibizione delle armi nucleari, è una ricorrenza lieta da festeggiare, ma non i


LYMEC Digital Assembly – ‘Non dica gay’ – Protection of LGBTQIA+ rights in Italy and beyond


Dear liberal friends, Before you all go on Christmas holidays, we are back with our next opportunity in 2024! It is time for our first LYMEC Digital Assembly of 2024. This event (already our #8 Digital Assembly) will take place online on Saturday, 3rd Feb

Dear liberal friends,

Before you all go on Christmas holidays, we are back with our next opportunity in 2024!

It is time for our first LYMEC Digital Assembly of 2024. This event (already our #8 Digital Assembly) will take place online on Saturday, 3rd February 2024 between 10:30-13:00 CET (Brussels time). This event is supported by the Friedrich Naumann Foundation for Freedom (FNF) – European Dialogue.

In our constant efforts to increase the amount of opportunities to meet the current leadership and to discuss together the main issues we are facing today in Europe.

The agenda will be as follows:

PART A – The topic of the event will be focusing on LGBTQIA+ rights, as LYMEC recently adopted a resolution on the current worrying developments on the matter in Italy. The proposal is calling upon EU Member States and representatives to maintain pressure on Italy to back down from these latest queerphobic policies, respect civil liberties and political rights for the LGBTQ+ community. We would like to therefore open the discussion around this pressing issue in Italy and see with a set of local speakers and experts how the European community can support the Italian LGBTQ+ community to face the new realities. It is very important for us young liberals to be vocal and at the forefront of the fight for the rule of law and civil liberties all over in Europe. The draft programme with the list of speakers will be circulated to the registered participants. We will be coordinating with our partner organisations in Italy for this event and especially the Fondazione Luigi Einaudi.

PART B – It will be dedicated to the Bureau presenting what has been done so far since the Autumn Congress (in Riga last November) and what the plans and actions for the coming months are, especially in light of the European Elections in 2024 and the ongoing Russian invasion of Ukraine. This will be primarily an opportunity for delegations to ask questions and share their concerns/comments with the current leadership. Questions or comments for Part B can be sent to office@lymec.eu and bureau@lymec.eu anytime ahead of the event or you can simply ask for the floor during the event.

Schedule:

The meeting will start at 10 h 30 CET (Rome time) and end around 13 h 00 CET.
The event will take place fully online on Zoom conferencing platform. The link will be sent to registered participants the days before the event.

lymec.eu

12346303

L'articolo LYMEC Digital Assembly – ‘Non dica gay’ – Protection of LGBTQIA+ rights in Italy and beyond proviene da Fondazione Luigi Einaudi.

#8


Il governo Francese ha aperto un proprio server Fediverso ufficiale

@Che succede nel Fediverso?

social.numerique.gouv.fr è l'Istanza #mastodon gestita dalla Direzione Interministeriale Digitale (DINUM) e spita solo account istituzionali e certificati:

Eccoli qui:

➡️ @CNES - L'agenzia spaziale francese

➡️ @Ambassadeur Numérique 🇫🇷🇪🇺 - Ambasciatore francese per gli affari digitali (in inglese)

➡️ @Min. Enseign. sup. & Recherche - Ministero dell'Istruzione Superiore e della Ricerca

➡️ @IAP - Istituto di Astrofisica di Parigi

➡️ @CNRS 🌍 - CNRS, Centro nazionale francese per la ricerca scientifica

➡️ @Unité de Recherche Géoazur - Unità di ricerca geologica/geofisica per l'Università della Costa Azzurra, CNRS, Osservatorio della Costa Azzurra

➡️ @CNRS Terre & Univers - CNRS (dipartimento spazio, geologia, ambiente)

➡️ @CNRS Ingénierie - CNRS (dipartimento di ingegneria)

➡️ @CNRS Inist - Dipartimento del CNRS che si occupa di pubblicazioni e metodi scientifici

➡️ @La science ouverte au CNRS - Scienza aperta al CNRS

➡️ @IGN France - Istituto Nazionale per i Dati Geografici e Forestali

➡️ @data.gouv.fr - Piattaforma aperta per i dati pubblici francesi

➡️ @Comité pour la science ouverte - Comitato per la Scienza Aperta

➡️ @HAL science - Archivio Multidisciplinare HAL, accesso aperto alle pubblicazioni scientifiche

➡️ @DINUM - Iniziativa di innovazione digitale nel governo francese

➡️ @Design des services numériques - Sviluppo dei servizi pubblici digitali

➡️ @arcep@social.numerique.gouv.fr - Autorità di regolamentazione delle comunicazioni elettroniche

➡️ @adresse.data.gouv.fr - Database nazionali e locali di indirizzi geografici

➡️ @Transfo. Num. des Territoires - Servizi pubblici digitali a livello nazionale e locale

➡️ @Etalab - Promozione dei dati pubblici aperti

➡️ @Démarches Simplifiées - Aiutare i funzionari governativi a offrire servizi online al pubblico

➡️ @api.gouv.fr - Catalogo delle API del governo francese

➡️ @bdnb@social.numerique.gouv.fr - Database aperto degli edifici francesi


The government of #France 🇫🇷 now has its own official Fediverse server 🥳

(All accounts in French unless otherwise noted)

➡️ @ambnum - French ambassador for digital affairs (in English)

➡️ @sup_recherche - Ministry of Higher Education & Research

➡️ @cnes - France's space agency

➡️ @astroIAP - Astrophysics Institute of Paris

➡️ @cnrs - CNRS, the French National Centre for Scientific Research

➡️ @umrGeoazur - Geology/geophysics research unit for Côte d'Azur Univ, CNRS, Côte d'Azur Observatory

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in reply to Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂

@FediFollows bene ma perchè sn sempre i francesi più avanti sulla democratizzazione e deamericanizzazione della rete?
in reply to _aid_85_

@_aid_85_

> bene ma perchè sn sempre i francesi più avanti sulla democratizzazione

160 anni di governo repubblicano aiutano...

> e deamericanizzazione della rete?

Pensa solo al fatto che dal '66 al 2009 la Francia ha posto le proprie forze armate fuori dalla NATO: alla Francia non piace essere un vassallo degli USA...

Unknown parent

@Alessandro sì, a quanto pare il Giappone è stato tra i primi paesi in cui la maggior parte degli adempimenti burocratici poteva essere fatta direttamente via fax. Il bello è che il fax come tecnologia alla base della burocrazia lo stanno dismettendo proprio in questi mesi!
È il modello storico evolutivo del Giappone: un motore a due tempi in cui fasi di conservatorismo patologico si alternano a fasi di evoluzione sfrenata verso il futuro...

@aid_85@mastodon.social







#NotiziePerLaScuola
È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione e del Merito
🔶 Ddl istruzione tecnica e professionale, via libera del Senato al modello 4+2
🔶 Scuola, 790 milioni per nuovo piano di riduzione dei divari…


In Cina e Asia – Pechino condanna blogger australiano alla pena di morte sospesa


In Cina e Asia – Pechino condanna blogger australiano alla pena di morte sospesa blogger australiano
I titoli di oggi:

Pechino condanna blogger australiano alal pena di morte sospesa
Vertice Indo-Pacifico, UE accusata di "doppio standard" verso Gaza
China Reinassance Holdings, a un anno dalla scomparsa si dimette il presidente
Le ciglia finte "made in Chna" spingono l'export nordcoreano
Cina, i netizen si lamentano della situazione economica del paese sul profilo Weibo dell'ambasciata americana
Malaysia, dimezzata la pena dell'ex premier Najib Razak
Il Giappone teme una nuova presidenza Trump

L'articolo In Cina e Asia – Pechino condanna blogger australiano alla pena di morte sospesa proviene da China Files.



UNA SFIDA AMBIZIOSA: IL PROGETTO EUROPEO “@ON”, GUIDATO DALLA DIREZIIONE INVESTIGATIVA ANTIMAFIA (DIA) ITALIANA


Nel numero di gennaio 2024 di Polizia Moderna, il mensile della Polizia di Stato, un approfondito articolo di Renzo Nisi (Capo del III Reparto relazioni internazionali a fini investigativi della Dia) che tratta della rete internazionale di polizia @ON, guidata dalla italiana Direzione Investigativa Antimafia (DIA).
Il progetto europeo denominato "@ON" mira a creare una rete tra le forze di polizia coinvolte, fornendo loro informazioni rapide sulle formazioni criminali internazionali su cui stanno indagando. Ciò avviene attraverso il canale sicuro “Siena” di Europol e la creazione di un database internazionale relativo alla criminalità organizzata.

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La Rete @ON annovera 45 forze di polizia di 38 paesi diversi (vedi la nota in fondo). In qualità di capofila, la Dia si impegna nello sviluppo del progetto in maniera più strategica per il contrasto alla criminalità organizzata, concretizzandone gli interventi nella vera e propria attività di indagine attraverso l'utilizzo delle potenzialità disponibili.
L’Italia e la Dia sono in prima linea in questo senso, mettendo a disposizione conoscenze e competenze per contrastare efficacemente la criminalità organizzata in tutte le sue forme. Una sfida ambiziosa, che il Paese e la Dia hanno già raccolto e sono determinati a portarla a compimento.
La Direzione Investigativa Antimafia punta sulla cooperazione internazionale contro la criminalità organizzata non solo sul fronte operativo ma anche attraverso un'operazione più proattiva di educazione delle Forze di Polizia partner straniere, per sensibilizzare sulla criminalità transnazionale e sulla criminalità di tipo mafioso. Nell'ottobre 2013 è stata adottata la Risoluzione del Parlamento Europeo sulla criminalità organizzata e sul riciclaggio di denaro. Ciò ha portato alla creazione della Rete Operativa Antimafia @ON, una rete progettata per rispondere a specifiche esigenze di intelligence e ricevere informazioni europee e italiana in contrasto alla criminalità transnazionale di tipo mafioso.

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La Rete @ON collabora con Europol e il Servizio di Cooperazione Internazionale (Scip) della Direzione Centrale di Polizia Criminale del Ministero dell’Interno, attuando quello che viene denominato il “Metodo Falcone”: centralizzare le informazioni sui gruppi criminali organizzati e snellire le procedure per gli investigatori. La Rete @ON si propone inoltre di sviluppare un approccio “amministrativo” per il contrasto alla criminalità organizzata e di tipo mafioso, recuperando i fondi criminali illecitamente acquisiti.

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Il documento della Commissione Europea "Strategia dell'Ue per la lotta alla criminalità organizzata 2021-2025" delinea gli obiettivi e gli obiettivi della Rete @ON e del progetto ISF4@ON. L’obiettivo è intensificare la repressione delle strutture della criminalità organizzata, concentrandosi sui gruppi che rappresentano maggiori rischi per la sicurezza e gli individui europei. In sintesi, il documento:
• sottolinea la necessità di un efficace scambio di informazioni tra le autorità contraccettive e quelle giudiziarie per una lotta efficace contro la criminalità organizzata,
• espande, modernizza e finanzia la Piattaforma multidisciplinare europea per la lotta alla criminalità (EMPACT), una struttura che riunisce tutte le autorità europee e nazionali per identificare e combattere le attività criminali prioritarie,
• aggiungerà al quadro "Prum" per lo scambio di informazioni sul DNA, le impronte digitali e l'immatricolazione dei veicoli,
• prevede un codice di cooperazione di polizia dell'UE per sostituire il mosaico di diversi strumenti e accordi di cooperazione multilaterale,
• tende a rendere i sistemi di informazione interoperabili per la gestione del sospetto, delle frontiere e della migrazione entro il 2023,
• migliora la cooperazione dell'UE per contrastare tipologie specifiche di reati,
• esamina le norme UE rispetto agli impatti ambientali,
• crea un accordo a livello europeo per contrastare la contraffazione, in particolare quella dei dispositivi medici,
• presenta misure contro il commercio illegale di beni culturali,
• riesamina il quadro normativo dell'UE sulla confisca dei proventi, sviluppa norme anti-corruzione, e valuta la normativa anti-corruzione dell'UE.
Per saperne di più:
- L’articolo sul web qui => poliziamoderna.poliziadistato.…
- Un fascicolo, in pdf, in italiano, contenente l’intero articolo scaricabile qui => poliziamoderna.poliziadistato.…
- Il documento (in pdf) della Commissione Europea, in italiano, scaricabile qui => eur-lex.europa.eu/legal-conten…


Nazioni che partecipano alla rete @ON: Francia, Germania, Spagna, Belgio e Paesi Bassi costituiscono con l’Italia il Core Group della Rete. Unitamente ad Europol sono partner: Ungheria, Austria, Romania, Australia, Malta, Svizzera, Repubblica Ceca, Slovenia, Polonia, Croazia, Georgia, Norvegia, Albania, Portogallo, Usa, Svezia, Canada, Lettonia, Lussemburgo, Lituania, Estonia, Bulgaria, Montenegro, Ucraina, Cipro, Bosnia-Erzegovina, Irlanda, Kosovo, Finlandia, Grecia, Moldova e Islanda.



VERSIONE ITALIANA UE E GIAPPONE RAGGIUNGONO UN ACCORDO SULLE DISPOSIZIONI RELATIVE AI FLUSSO DI DATI TRANSFRONTALIERI La Presidenza belga del Consiglio ha firmato un protocollo che include nell’accordo di partenariato economico tra l’UE e il Giappone disposizioni sui flussi di dati transfrontalieri. Questo protocollo ha lo scopo di garantire che i flussi di dati tra …


La DPA tedesca dichiara illegale lo scambio di dati tra agenzia di credito e commerciante di indirizzi vittoria di noyb in Germania in un procedimento contro l'agenzia di riferimento creditizio CRIF e il commerciante di indirizzi Acxiom CRIF/ACXIOM


noyb.eu/it/data-trading-betwee…



🇸🇾🇺🇲 La ragione della presenza militare americana in Siria riassunta in una sola foto.


La strategia dell’Unione Europea: creare un nemico per distogliere l’attenzione dai problemi interni - Giornalismo Libero
giornalismolibero.com/la-strat…



Non sappiamo ancora il nome, solo la nazionalità guineana, di un ragazzo di 22 anni, che dopo essere stato trasferito da un altro simile inferno, quello di Tra


Windy è una risorsa fondamentale per chi viaggia per lavoro o per turismo, per chi vola, per chi cammina in montagna, per chi naviga in mare...


L’Italia e la riscoperta del potere marittimo. Scrive l’amm. Sanfelice di Monteforte


L’anno appena passato ci ha lasciato in eredità una serie di conflitti che hanno spaventato la nostra opinione pubblica, e l’hanno costretta a comprendere alcune verità che, per troppo tempo, erano state sottovalutate o, quanto meno, date per acquisite. L

L’anno appena passato ci ha lasciato in eredità una serie di conflitti che hanno spaventato la nostra opinione pubblica, e l’hanno costretta a comprendere alcune verità che, per troppo tempo, erano state sottovalutate o, quanto meno, date per acquisite.

La prima di queste verità è che il nostro benessere dipende, per gran parte, dalla nostra industria manifatturiera. Siamo riusciti a migliorare la qualità di vita di una parte notevole della nostra popolazione grazie a questo indirizzo economico, che fu impostato quasi ottant’anni fa, e che ci ha reso uno dei dieci Paesi più prosperi al mondo.

La seconda verità – più precisamente il corollario di quanto visto prima – è che noi siamo un Paese di trasformazione: non avendo nel nostro territorio né alcuni cereali, né materie prime né tantomeno energia in quantità adeguata, dobbiamo importarle. Grazie a queste importazioni, possiamo anzitutto vivere, poi produrre e infine esportare prodotti finiti.

La terza e ultima verità – quella in passato più trascurata dai media – è che la nostra attività di import-export avviene per la massima parte via mare. Il commercio internazionale marittimo, quindi, è al tempo stesso la fonte primaria della nostra esistenza e dell’economia nazionale e, per converso la nostra principale vulnerabilità. Chi ci vuol male, quindi, non deve fare altro che chiudere uno dei due accessi al Mediterraneo, gli Stretti di Gibilterra e di Suez/Bab-el-Mandeb, e il gioco è fatto.

La nostra opinione pubblica e il mare

Pochi sanno che il concetto di “Potere Marittimo” è stato elaborato, per la prima volta, da un ufficiale di Marina napoletano, il comandante Giulio Rocco, il quale lo definì, nel lontano 1814, come, “nell’ordine politico una forza somma risultante da quella di una ben ordinata Marina Militare e di una numerosa Marina di Commercio” (Riflessioni sul Potere Marittimo, Lega Navale Italiana, 1911, pagina 1).

Questa definizione, ripresa mezzo secolo dopo da studiosi stranieri, indica bene la stretta connessione tra la Marina Militare e il commercio internazionale marittimo, ma non si diffuse in modo adeguato al di là dei ristretti circoli di governo. Alcuni nostri governanti, a dire il vero, avevano chiara la nostra dipendenza dal mare, tanto da istituire, poco dopo la nascita del Regno d’Italia, il Ministero della Marineria, che per decenni si occupò sia della componente marittima militare sia di quella mercantile.

Inoltre, già nel 1914 un nostro presidente del Consiglio, Antonio Salandra, dimostrò di capire bene le implicazioni strategiche di questa nostra dipendenza, tanto da affermare che, in quell’anno, “non erano venute meno le ovvie ragioni per le quali a noi era impossibile partecipare a una guerra contro Francia ed Inghilterra alleate; non l’estensione delle nostre coste indifese e delle nostre grandi città esposte; non il bisogno assoluto di rifornimenti per via di mare di cose essenziali all’economia nazionale ed alla vita stessa: grano e carbone soprattutto” (La Neutralità Italiana, Mondadori, 1928, pagg. 92-93).

Purtroppo, nel primo dopoguerra questa realtà fu trascurata, tanto che noi ci alleammo alla potenza continentale, la Germania, contro le Potenze marittime. Fu infatti, nella Seconda Guerra Mondiale, un vero miracolo che l’Italia resistesse tre anni, senza importazioni via mare di cibo e di materie prime.

Le Potenze Marittime, infatti, avevano avuto buon gioco nel tagliarci da ogni fonte di approvvigionamento oltremare, con effetti devastanti sulla nostra economia. Valga, a titolo di esempio, l’osservazione dell’ammiraglio Luigi Rizzo, presidente dei Cantieri dell’Adriatico durante il conflitto, il quale scrisse: “Ringrazio Dio che non dobbiamo lavorare sulla (corazzata) Impero, poiché l’impresa sarebbe impossibile avendo gli approvvigionamenti a gocce per poter rispettare i programmi di lavoro” (Giorgio Giorgerini, Da Matapan al Golfo Persico, Mondadori, 1989, pag. 549). Ovviamente, se l’industria bellica languiva, ancora più drammatica era la situazione delle industrie in generale, visto che non arrivavano i minerali, ma – quel che è peggio – non arrivava neanche il grano, e la fame divenne ben presto endemica.

Finita la guerra e iniziata la ricostruzione, la nostra opinione pubblica non si accorse che il nostro miracolo economico era in gran parte legato al mare, e si preoccupò solo della minaccia terrestre proveniente dal Patto di Varsavia, attraverso Tarvisio e la “Soglia di Gorizia”.

La frustrazione di chi aveva il compito di proteggere la prima fonte del nostro benessere, il commercio internazionale marittimo, fu tale che un Capo di Stato Maggiore della Marina scrisse, negli anni della Guerra Fredda, a proposito della nostra opinione pubblica: “le signore sono convinte che il mare serva per farci (sic) i bagni e i mariti credono che fatto e spedito il prodotto, tutto sia finito. Invece l’incerto ha principio proprio in quel momento. Se, arrivato al bagnasciuga, il prodotto non prosegue e non è ricambiato dalla materia prima che consente di continuare a lavorare, si muore di fame” (Virgilio Spigai, Il problema navale italiano, Vito Bianco Editore, 1963, pag. 23).

Fortunatamente, la realtà dei fatti, prima o poi, si impone all’attenzione generale e la nostra opinione pubblica ha acquisito una consapevolezza che solo qualche decennio fa non si pensava potesse conseguire.

Il primo aspetto che è balzato all’attenzione generale è che il commercio internazionale è un sistema estremamente fragile, ed è esposto a offese non solo da parte delle Grandi Potenze, le cui Marine militari sono un elemento di pressione notevole, ma anche da piccoli attori, statuali o meno, che possono sfruttare i punti sensibili delle rotte commerciali, in particolar modo le strettoie (in inglese choke points, ovvero strozzature), come è avvenuto pochi anni fa nello Stretto di Hormuz e avviene ora a Bab-el-Mandeb.

Il secondo aspetto, ancora non del tutto recepito, è che il mare è fonte di ricchezza, non solo per le proprie risorse ittiche, ma anche per i minerali e le fonti energetiche ricavabili dai fondali marini, diventati disponibili grazie alle tecnologie di estrazione sviluppate in questi ultimi decenni.

Le ricchezze fanno gola a chi non le possiede, o non è in grado di utilizzarle, e questo è vero per gli individui e, soprattutto, per gli Stati. Da qui la serie infinita di contenziosi tra nazioni confinanti sull’estensione della piattaforma continentale e della connessa Zona economica esclusiva (Zee), che garantisce allo Stato che ne esercita la sovranità il diritto esclusivo di sfruttamento.

Naturalmente, vi sono le Nazioni marittime che cercano di limitare queste rivendicazioni, in nome della libertà dei mari, e altre, invece, che tendono a “territorializzare” le acque prospicienti le loro coste.

A questo proposito, “non bisogna dimenticare che, per alcune Nazioni, i diritti di sovranità sugli spazi marittimi rappresentano interessi vitali, in quanto mettono in gioco la loro sopravvivenza economica, e quindi esse sono disposte a compiere atti che alla controparte potrebbero apparire sproporzionati” (come scrivo nel libro Guerra e mare. Conflitti, politica e diritto marittimo, Mursia, 2015, pag. 62).

Questa osservazione è ancora più vera se si parla della lotta per ampliare i propri spazi marittimi, rendendoli di uso esclusivo, quando questa non è solo animata da desiderio di ricchezza. In alcuni casi, infatti, alla rivendicazione a fini economici si aggiunge l’aspirazione a “santuarizzare” spazi marini, per evitare che potenze nemiche li possano utilizzare contro lo Stato litoraneo.

Detto questo, è bene vedere in quale situazione si trova la nostra amata Italia, che si sta proiettando sul mare, un elemento ricco di sorprese, nono sempre positive, sia per quanto riguarda il commercio, sia per quanto concerne le dispute sulle estensioni marine.

Le rotte del commercio

I mercantili che toccano i porti italiani seguono rotte ben definite, spesso con cadenza settimanale. Tra le navi di maggiori dimensioni, mentre le petroliere e le gasiere vanno direttamente ad attraccare agli appositi terminali, il traffico merci, ormai quasi tutto su container, si divide in due categorie: le navi più grandi passano dall’uno all’altro porto specializzato nello stoccaggio e transito, noto come “nodo” (Gioia Tauro ne è un esempio), dove lasciano un numero elevato di container e ne caricano altrettanti. Vi sono poi navi di dimensioni relativamente minori che collegano questi nodi ai vari terminali – porti la cui funzione è quella di consentire la distribuzione dei beni nell’entroterra, anche a centinaia di chilometri di distanza.

Le rotte alturiere maggiormente utilizzate per il nostro commercio intercontinentale sono, in primis, quelle che ci collegano al continente americano, nei due emisferi; poi viene la rotta energetica che parte dal Golfo di Guinea, e, soprattutto, la rotta che consente l’interscambio con l’Asia.

Le ultime due, ormai da almeno venti anni, sono sempre più mal frequentate, da pirati o da chi vuole esercitare pressione su di noi interrompendo o rallentando il commercio.

La rotta del Golfo di Guinea ha due problemi. Il principale è la vulnerabilità agli attacchi criminali delle navi mercantili, costrette a lunghe soste in attesa di trovare un ormeggio; il secondo riguarda l’attraversamento dello Stretto di Gibilterra, per entrare dall’oceano Atlantico al Mediterraneo, soggetto alle periodiche contese tra Paesi litoranei – Spagna, Gibilterra a nord e Marocco a sud – e alla minaccia che organizzazioni terroristiche posero alcuni anni fa ai mercantili in transito (tanto che nell’ambito dell’Operazione NATO Active Endeavour nel 2003 venne istituita la task force STROG per scortare i mercantili attraverso lo Stretto di Gibilterra).

La rotta dell’Asia è ancora più esposta, in quanto presenta una serie di strettoie e di passaggi obbligati, il cui attraversamento avviene a bassa velocità. Dalla vicina costa, quindi, è possibile colpire i mercantili di passaggio con i mezzi più vari, che vanno dai missili costieri ai droni, aerei e navali, fino ai gommoni per abbordare una nave e saccheggiarla.

Queste strettoie sono lo Stretto di Malacca, la cui notevole lunghezza espone le navi che lo percorrono a prolungati attacchi dalla costa, lo Stretto di Hormuz, sbocco della rotta del petrolio dei Paesi del Golfo Persico, il Golfo di Aden e lo Stretto di Bab-el-Mandeb, che consentono l’accesso al Mar Rosso, e infine il canale di Suez che collega quest’ultimo al Mediterraneo.

Da vari anni, tutti questi passaggi, soprattutto quelli che ci collegano all’Asia, sono stati teatro di attacchi terroristici o criminali (pirateria). Questo ha costretto le Nazioni marittime a inviare navi da guerra per proteggere i transiti, nel modo migliore possibile. Oltre a questa minaccia, il rischio di un loro blocco per dissidi tra le maggiori potenze non va trascurato.

Anzitutto, la sicurezza dello Stretto di Malacca è curata dai Paesi litoranei, la Malesia, l’Indonesia e Singapore, che hanno finalmente deposto le asce di guerra e hanno costituito l’Organizzazione ReCAAP (Regional Cooperation Agreement on Combating Piracy and Armed Robbery against ships in Asia), collaborando per garantire un transito sicuro.

Va detto, però, che gli Stretti tra Malesia e Indonesia sono essenziali per la Cina, in quanto il suo fabbisogno energetico è in gran parte soddisfatto dagli idrocarburi provenienti dal Golfo Persico. Non a caso l’India, da decenni avversario della Cina, ha militarizzato le isole Andamane e Nicobare, prospicienti gli ingressi occidentali degli Stretti, in modo da bloccare, in caso di crisi, l’afflusso di combustibili al governo di Pechino.

L’attraversamento dello Stretto di Hormuz, poi, è stato più volte bloccato dai Paesi rivieraschi, tanto da dover essere protetto, dal 2020, dalle navi della Missione europea Agénor/EMASOH (European Maritime Awareness in the Strait of Hormuz), dopo gli attacchi a petroliere da parte dei Pasdaran iraniani.

Viene quindi il golfo di Aden, dove operano, fin dal 2008, altre navi europee nella missione Atalanta, per contrastare la pirateria che si era sviluppata oltremodo nel Corno d’Africa. È interessante notare come l’operazione si svolga in coordinamento con navi indiane, cinesi e russe, anche loro impegnate nella protezione dei mercantili nazionali.

Infine, lo stretto di Bab-el-Mandeb è oggetto, da circa tre mesi, di preoccupazione crescente, avendo i ribelli Houthi, che occupano la maggior parte del territorio di quello che un tempo era lo Yemen del Nord, iniziato ad attaccare giornalmente il traffico mercantile prima in modo selettivo, poi sempre più generalizzato.

Mentre gli Stati Uniti e la Gran Bretagna hanno reagito a questi attacchi bombardando le postazioni degli Houthi lungo la costa, nell’ambito dell’operazione Prosperity Guardian, l’Europa punta a svolgere una missione, che dovrebbe chiamarsi Aspis (o Aspides), molto più prudente, essendo a carattere puramente difensivo, per la protezione dei mercantili, sulla falsariga delle altre due operazioni in atto.

Non va dimenticato, alla fine, il Canale di Suez, che rimase bloccato per alcuni anni, dopo le guerre tra Israele e i Paesi arabi, e ora viene talvolta messo in crisi dalla scarsa manovrabilità delle navi che lo percorrono, e tendono a bloccarlo, mettendosi di traverso nel canale, nei giorni di vento forte.

Inutile dire quali sarebbero le conseguenze di una interruzione prolungata della rotta asiatica sulla nostra economia. Come si è visto prima nel 2008 a causa della pirateria e ora, in questi ultimi mesi per gli attacchi degli Houthi, ogni interruzione provoca un brusco aumento dei prezzi di trasporto, per effetto sia dei costi assicurativi, sia dei percorsi più lunghi compiuti dalle navi per evitare le zone di pericolo. Il percorso alternativo, nel nostro caso, è la circumnavigazione dell’Africa, comunemente chiamata la “Rotta del Capo” di Buona Speranza, che costringe le navi a rimanere per mare altri 7-10 giorni, con conseguente aumento dei costi di trasporto.

Ma quello che noi Italiani dobbiamo sapere è che questa “Rotta del Capo” induce i mercantili ad approdare più di frequente nei porti dell’Europa atlantica, che richiedono un percorso minore. I nostri porti, quindi, perderebbero il vantaggio di cui godono, essendo utilizzati non solo a fini nazionali, ma anche per rifornire le aree industrializzate dell’Europa Centrale.

Queste ultime, infatti, qualora fosse sbarrata la rotta attraverso il mar Rosso, ricorrerebbero ai trasporti terrestri provenienti dai porti che si affacciano sull’Atlantico, anziché dai terminali marittimi italiani della Liguria e del Triveneto. Il danno per l’economia italiana sarebbe quindi duplice.

Non bisogna, infine, dimenticare le possibili conseguenze indirette, per la stabilità del Mediterraneo, di un ricorso generalizzato alla “Rotta del Capo”. Tra le altre, un calo sensibile dei transiti attraverso il Canale di Suez priverebbe l’Egitto di uno tra i principali cespiti del Paese, causando una crisi economica devastante, simile a quella che colpì la Nazione nel 2008.

Un Egitto nuovamente in crisi, come avvenne in quegli anni, sarebbe una specie di fiaccola capace di dar fuoco alle polveri delle tensioni interne ai Paesi litoranei del Mediterraneo, con effetti drammatici sulla stabilità dei loro governi, proprio nel momento in cui l’Europa e in particolare l’Italia cercano di potenziare l’interscambio con i Paesi africani.

I contenziosi sulle acque litoranee

Un altro aspetto da considerare è la infinita serie di contenziosi, non tutti mantenuti a livello diplomatico, tra i Paesi contigui che devono delimitare le rispettive acque territoriali, ma soprattutto i confini delle Zone Economiche Esclusive.

Concentrandoci sui mari vicini a noi, va riconosciuto, anzitutto all’Italia il merito di avere definito – o di essere sulla via della definizione – in modo civile i limiti delle nostre acque territoriali e i confini delle Zee con i Paesi a noi contigui, anche favorendo le controparti in modo significativo, pro bono pacis.

Pochi altri Paesi mediterranei, purtroppo, hanno seguito il nostro esempio. Il Mediterraneo occidentale vede, anzitutto, il contenzioso tra Spagna e Marocco, che sono arrivati persino a contendersi uno scoglietto, noto come isola Perejil (isola del prezzemolo), posto nelle vicinanze dello Stretto di Gibilterra. A questo si aggiunge proprio la questione di Gibilterra, rivendicata dalla Spagna che la perse nel lontano 1703, ma non ha mai rinunciato definitivamente al suo possesso.

Nel Mediterraneo Centrale, poi, è irrisolto il contenzioso tra Libia e Tunisia per la delimitazione delle Zee, in una zona che è stata esplorata ed è risultata ricca di petrolio sotto il fondale marino. Non vanno poi dimenticati i contenziosi sulle zone di pesca tra noi e la Libia, con periodici sequestri di nostri pescherecci.

Passando al Mediterraneo Orientale, si entra in una miriade di accordi incrociati e di contenziosi senza fine: la Turchia e la Libia, tanto per iniziare da uno dei più recenti episodi, si sono spartite l’enorme zona di mare tra i due Paesi, senza riguardo per i diritti dell’Egitto e della Grecia sull’area.

Vi è poi il contenzioso ormai secolare tra Grecia e Turchia per le acque territoriali e per la Zee del mare Egeo e delle acque intorno all’isola di Creta.

Vi è quindi la disputa per le acque intorno all’isola di Cipro, quella che riguarda Siria, Israele, Egitto e Libano, per la delimitazione delle rispettive Zee, in un tratto di mare i cui fondali sono risultati ricchissimi di gas naturale.

Non parliamo poi dei mari lontani. I contenziosi sono tali e tanti che, periodicamente, il dipartimento di Stato americano pubblica un opuscolo – ormai arrivato alla quarta edizione – nel quale viene indicata la posizione del governo di Washington su ognuna di queste rivendicazioni, citando anche quanto serie siano le dispute con i vicini (Limits in the Seas. United States response to excessive natopnal maritime claims).

Tra queste, le più gravi sono quelle che hanno luogo nell’Asia Orientale, perché non hanno solo il carattere di disputa economica, ma rivestono un’importanza strategica per l’intera area.

Uno tra gli Stati che hanno avanzato le rivendicazioni più numerose, alcune delle quali decisamente controverse è la Cina, che sta compiendo sforzi notevoli, anzitutto, per militarizzare gli arcipelaghi delle Spratly e Paracel, una catena di isolotti apparentemente di scarsa importanza, ma che per la presenza di risorse energetiche nei fondali che li circondano sono rivendicati da tutti i Paesi limitrofi, dall’Indonesia alle Filippine, fino al Vietnam.

La Cina pretende il possesso di questi arcipelaghi, in nome di diritti risalenti al Medio Evo. Qualora la pretesa fosse accettata, bisogna dire, la Cina potrebbe rivendicare come acque interne tutto il mar Cinese Meridionale, impedendo il passaggio di navi da guerra di altri Paesi. Non a caso, gli Stati Uniti e alcuni loro alleati svolgono periodicamente passaggi in forze con le loro navi, compiendo quelle che vengono chiamate Freedom of Navigation Operations (Operazioni per la libertà di navigazione), scontrandosi ogni volta con la Marina cinese che cerca di disturbare il transito.

Appare chiaro, quindi, che questa rivendicazione, insieme alla disputa con il Giappone sulle isole Senkaku/Diaoyutai e alle minacciose dichiarazioni del governo di Pechino nei confronti dell’Isola di Taiwan, rientri non solo nella categoria dei contenziosi economici, bensì nella volontà di creare una fascia marittima di sicurezza intorno alla Nazione, che comprenda quella che uno stratega cinese ha definito, anni fa, la “prima catena di Isole”, che – purtroppo per la Cina – è costituita da isole che appartengono o sono rivendicate da altri Paesi.

In definitiva, con buona pace della Nuova Via della Seta, tanto reclamizzata dal governo di Pechino come ponte che dovrebbe unire e coinvolgere numerose Nazioni e agevolare relazioni amichevoli, la Cina sta procedendo per accaparrarsi il meglio dei mari del Sud Est asiatico. Questa tendenza ha avuto come effetto l’avvicinamento all’Occidente di quasi tutti i Paesi dell’area, timorosi delle pressioni cinesi.

Un breve cenno, poi, va fatto sui contenziosi riguardanti i mari del Nord e, in particolare, l’Oceano Artico, nel quale la riduzione della superficie ghiacciata ha riacceso le rivendicazioni da parte delle Potenze litoranee, specie dopo che la Rotta del Nord, prima quasi impraticabile, è aperta per un numero sufficiente di mesi all’anno. Anche in quell’area le risorse sono abbondanti e la voglia di sfruttarle è elevata. Fortunatamente, i Paesi litoranei si sono convinti sul fatto che l’ambiente artico è estremamente fragile, per cui hanno accettato limitazioni allo sfruttamento delle acque e dei fondali marini. Ciò non toglie che oggi, come ai tempi della Guerra Fredda, i sottomarini nucleari delle Grandi Potenze lo frequentino fin troppo, per assicurare la deterrenza contro l’avversario.

La corsa agli armamenti navali

Non è un caso che la Cina non si limiti a rivendicare tratti di mare e isole in misura sempre maggiore, ma stia preparandosi a sostenere con la forza le proprie pretese, creando una Marina tra le più potenti al mondo.

Questo sviluppo preoccupa non solo i vicini, e in particolar modo il Giappone, la Corea del Sud e Taiwan, ma anche l’Occidente, con gli Stati Uniti in prima fila. A questi si unisce, come si è visto, tra un tentativo di dialogo e una scaramuccia di confine, il governo dell’India, che sta prendendo sul serio la minaccia cinese, e sta costruendo uno strumento navale che sia competitivo con quello avversario, oltre a militarizzare – come si è visto – le isole Andamane e Nicobare, dalle quali si possono agevolmente bloccare lo Stretto di Malacca e gli altri passaggi tra il mar Cinese Meridionale e l’Oceano indiano, attraverso gli stretti indonesiani.

In sintesi, l’Asia sta diventando un settore nel quale la tensione in campo marittimo tenderà a salire nei prossimi anni, e il rumore delle cannonate tra navi delle parti contrapposte potrebbe far fuggire il commercio, chiudendo una rotta che per l’Italia è una tra le più importanti per il benessere della sua popolazione.

Conclusioni

L’attenzione dell’opinione pubblica italiana si è rivolta verso il mare decisamente più tardi, rispetto ad altri Paesi a noi vicini: basti pensare che in Francia si parla da anni di “marittimizzazione dei conflitti” per indicare lo stato sempre più precario dei rapporti tra nazioni marittime, e in Gran Bretagna si accenna sempre più spesso al “Secolo Blu”.

Queste espressioni, che nascondono situazioni per nulla rassicuranti, devono convincere la nostra opinione pubblica che il mare, più di prima, è un terreno di scontro e, nel migliore dei casi, di competizione. Farlo diventare un’area di collaborazione, come avviene, purtroppo, in casi ancora limitati, è per noi un’esigenza irrinunciabile. Senza pace non c’è commercio e noi da questo dipendiamo per la nostra economia e qualità di vita.

Bisogna ricordare quanto disse, oltre due secoli fa, Giulio Rocco, che avvertiva la necessità di affiancare al naviglio di commercio una flotta da guerra di adeguata capacità, contro i nemici piccoli e grandi del commercio pacifico e del mutuo rispetto in materia di sfruttamento dei fondali.

In questo, con la nostra storia di diplomazia e di mediazione, possiamo fare molto per “calmare le acque agitate”, ma dobbiamo ricordarci che una mediazione senza capacità di pressione con mezzi militari è destinata al fallimento. La nostra Marina, ancora una volta, viene chiamata a svolgere un compito di primaria importanza.


formiche.net/2024/02/italia-po…



Il 10 gennaio 2024 Papa Francesco ha ricevuto in udienza privata una delegazione di personalità che partecipano, da alcuni anni, a un processo di dialogo tra m


LA SITUAZIONE DEL CONSUMO DI DROGHE ILLECITE IN UNIONE EUROPEA. UNA ANALISI APPROFONDITA (4 di 4), LA METANFETAMINA, GIUNGE DA MESSICO ED AFGHANISTAN, MA INIZIA AD ESSERE PRODOTTA IN EUROPA


La metanfetamina, una droga stimolante, ha un ruolo relativamente piccolo nei mercati europei degli stimolanti rispetto alla situazione globale. Tuttavia, la minaccia rappresentata dalla metanfetamina è in aumento man mano che si diffonde in nuovi mercati in altre parti d’Europa. L’Unione Europea (UE) è una zona di origine e transito per la metanfetamina prodotta in altri centri di produzione, come Iran, Nigeria e Messico. Lo sviluppo della capacità di produzione di metanfetamine in Afghanistan, la principale fonte di approvvigionamento di eroina in Europa, rappresenta una potenziale minaccia per l’UE a causa delle rotte di traffico consolidate da tempo degli oppioidi afghani. Nella maggior parte dei paesi europei la metanfetamina è usata meno comunemente rispetto all’anfetamina o alla cocaina, con un consumo concentrato principalmente nell’Europa centrale. Tuttavia, negli ultimi anni si è assistito ad un aumento dell’utilizzo in altri paesi e regioni. Il mercato europeo della metanfetamina è relativamente piccolo rispetto agli standard globali, ma la prevalenza del consumo e le dimensioni del mercato potrebbero essere sottostimate a causa del fatto che l'uso della metanfetamina in polvere viene segnalato come anfetamina nei sondaggi tra gli utenti.
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La produzione di metanfetamine in Europa avviene ora in laboratori su scala industriale nei Paesi Bassi e in Belgio, insieme ad anfetamine e MDMA. I produttori europei di droghe sintetiche stanno collaborando con i produttori messicani per sviluppare processi di produzione e sfruttare le infrastrutture esistenti per grandi quantità di droghe sintetiche. Tuttavia, le difficoltà nel controllare la disponibilità dei precursori e l’ampia gamma di sostanze presenti negli impianti di produzione sollevano preoccupazioni sulle reti criminali coinvolte nella lavorazione di molteplici tipi di droghe.
La “criminalità come servizio” è un altro problema, con le reti criminali con sede nell’UE che forniscono supporto logistico essenziale per la produzione di metanfetamine. Ciò include la fornitura di precursori, pre-precursori, sostanze chimiche ausiliarie, attrezzature e competenze nella creazione di impianti di produzione. Inoltre, rischi per la salute, la sicurezza e l’ambiente sono legati alla produzione di metanfetamine, compresi i decessi legati a incendi, esplosioni o soffocamento da monossido di carbonio o altri fumi tossici.

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La potenziale diffusione della metanfetamina sotto forma di cristalli fumabili nell’UE è motivo di preoccupazione a causa delle conseguenze sulla salute, tra cui tossicità acuta, episodi psicotici, poli assunzione e morte. L’elevata redditività del business della droga può portare a un’intensa concorrenza e rivalità tra gruppi criminali, che potenzialmente si riversano sulla società dell’UE.
La cooperazione tra le reti criminali messicane e quelle dell’UE sembra focalizzata sul commercio e sul profitto, ma a lungo termine potrebbe esserci il rischio di scontri violenti. La crescita della produzione su larga scala di metanfetamina in Europa ha il potenziale per creare ulteriori collaborazioni criminali e promuovere più corruzione lungo la catena di approvvigionamento, creando un’economia parallela.
Dal 2016 sono emersi sviluppi anche in Afghanistan, con la produzione di metanfetamine utilizzando efedrina proveniente da fonti vegetali.

Per saperne di più: European Monitoring Centre for Drugs and Drug Addiction and Europol (2022), EU Drug Market: Methamphetamine — In-depth analysis, emcdda.europa.eu/publications/…



La responsabilità di tutti.


noblogo.org/transit/la-respons…


In Cina e Asia – Cina, Xi Jinping chiede la modernizzazione del sistema industriale


In Cina e Asia – Cina, Xi Jinping chiede la modernizzazione del sistema industriale modernizzazione
I titoli di oggi:

Cina, Xi Jinping chiede la modernizzazione del sistema industriale
Cina, Il nuovo smartphone di Samsung sceglie Ernie Bot
Stati Uniti contro le aziende tech cinesi che aiutano il PLA
AUKUS, passi in avanti per l'adesione della Nuova Zelanda

L'articolo In Cina e Asia – Cina, Xi Jinping chiede la modernizzazione del sistema industriale proviene da China Files.




La sanità privata lancia il Family doc, assalto alla medicina di base l La Notizia

«L’ultimo boccone a cui aspira la famelica sanità privata è il medico di base. Prima terra di conquista è il Veneto, dove la BMed Me.di.ca Group, un centro di sanità privata, ha deciso di lanciare a Mestrino, un Comune in provincia di Padova, il Family doc che altro non è che il vecchio caro medico di famiglia a pagamento. Si legge sul sito: “Si chiama Family Doc, ed è un servizio di medicina interna in regime privato, con un tocco di simpatia e calore familiare. Con noi, sentirsi a proprio agio è la norma, al costo di 50 euro”.»

lanotiziagiornale.it/la-sanita…



VERSIONE ITALIANA TUNISIA, IL PARLAMENTO STA DISCUTENDO UN DISEGNO DI LEGGE PER INTRODURRE DOCUMENTI DI IDENTITA’ CHE MEMORIZZINO ELETTRONICAMENTE I DATI DEL TITOLAREIl Parlamento tunisino sta discutendo in questi giorni un disegno di legge che prevede l’introduzione di documenti di identificazione elettronici per i quali è prevista la memorizzazione in formato elettronico dei dati dei …


LA SITUAZIONE DEL CONSUMO DI DROGHE ILLECITE IN UNIONE EUROPEA. UNA ANALISI APPROFONDITA (3 di 4), ANFETAMINA, LA PIÙ PRODOTTA IN EUROPA, ANCHE PER IL MERCATO DEL MEDIO ORIENTE


L’anfetamina è la droga stimolante sintetica più diffusa nel mercato europeo della droga, in concorrenza con la cocaina e altre sostanze psicoattive. La sua prevalenza è superiore a quella della metanfetamina nella maggior parte degli Stati membri dell’UE. I prodotti illeciti di anfetamine consistono principalmente in polveri o paste mescolate con altri ingredienti, come lattosio, destrosio o caffeina. Il valore annuo stimato del mercato al dettaglio delle anfetamine nell’UE è di almeno 1,1 miliardi di euro.
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La produzione europea è concentrata in gran parte nei Paesi Bassi e in Belgio, dove la produzione è complessa, su larga scala e basata sul precursore farmaceutico BMK. Parte dell'anfetamina prodotta nell'UE viene utilizzata per produrre compresse di captagon, che vengono commercializzate principalmente verso i mercati di consumo del Medio Oriente. L’UE è un importante mercato globale per l’anfetamina, consumata principalmente sotto forma di polvere o pasta. Nei Paesi Bassi e in Belgio viene prodotta in laboratori illegali dove possono essere prodotte anche altre droghe sintetiche. Le reti criminali olandesi hanno esteso le loro attività produttive alla Germania e ad altri paesi dell'UE. Le compresse Captagon sono prodotte anche nell'UE, principalmente nei Paesi Bassi. Gli impianti di produzione sono spesso allestiti in regioni remote, in aziende agricole o magazzini, dove i rischi di rilevamento sono minori. Il metodo Leuckart, che richiede BMK (o uno qualsiasi dei suoi prodotti chimici alternativi), è il modo più comune di produrre anfetamine in Europa. La tratta all’interno dell’UE presenta un quadro complesso e dinamico, che vede coinvolti numerosi gruppi criminali e individui. La tratta all’interno dell’UE viene effettuata principalmente utilizzando metodi di trasporto terrestre, nonché servizi postali e pacchi. La quantità di anfetamine sequestrate nell’UE è rimasta relativamente stabile, ma nel 2019 e nel 2020 Grecia e Italia hanno sequestrato 9,6 tonnellate e 14,2 tonnellate di compresse di captagon in transito verso la penisola arabica. Le reti criminali coinvolte nel traffico illecito di anfetamine sono orientate al business, cooperative e adattabili.

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Nel 2021, ultimo anno del quale si hanno dati utili, circa 36 milioni di persone hanno utilizzato anfetamine o metanfetamine. Il mercato globale delle anfetamine è più piccolo del mercato delle metanfetamine e rappresenta il 16% dei sequestri globali di stimolanti di tipo anfetaminico tra il 2017 e il 2021. Più della metà della quantità totale di anfetamine sequestrate in questo periodo è stata sequestrata nel Vicino e Medio Oriente e nel sud-ovest asiatico, mentre l’Europa rappresenta poco meno di un quarto (24%) della somma sequestrata.

Per saperne di più: European Monitoring Centre for Drugs and Drug Addiction and Europol (2023), EU Drug Market: Amphetamine — In-depth analysis, emcdda.europa.eu/publications/…



Gli ambasciatori dei 27 Paesi dell’Unione Europea hanno approvato all’unanimità il primo regolamento completo al mondo per l’intelligenza artificiale, approvando l’accordo politico raggiunto a dicembre. A dicembre, i politici dell’UE hanno raggiunto un accordo politico sui principali punti critici dell’AI Act, un...


📌 Aperte le iscrizioni agli eventi formativi di Fiera Didacta Italia 2024, il più importante appuntamento fieristico dedicato all’innovazione didattica, che si svolgerà alla Fortezza da Basso a Firenze dal 20 al 22 marzo.


Indagine sul Fediverso: i risultati del nostro sondaggio – 1a parte


Dopo la premessa introduttiva, iniziamo a presentare le prime considerazioni sui risultati del nostro sondaggio sul Fediverso. In questo post analizzeremo soprattutto gli aspetti generali, ma ricordiamo che i dati in questione non possono avere un signifi

Dopo la premessa introduttiva, iniziamo a presentare le prime considerazioni sui risultati del nostro sondaggio sul Fediverso. In questo post analizzeremo soprattutto gli aspetti generali, ma ricordiamo che i dati in questione non possono avere un significativo valore statistico, perché il campione di riferimento è stato condizionato dall’accesso ai nostri canali informativi (il blog e gli account…

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Dopo la premessa introduttiva, iniziamo a presentare le prime considerazioni sui risultati del nostro sondaggio sul Fediverso. In questo post analizzeremo soprattutto gli aspetti generali, ma ricordiamo che i dati in questione non possono avere un significativo valore statistico, perché il campione di riferimento è stato condizionato […]

informapirata.it/2024/02/02/in…




I Paesi dell’UE danno il via livera alle nuove regole sull’intelligenza artificiale. Secondo quanto annunciato dalla presidenza di turno belga del Consiglio dell’Ue, gli ambasciatori dei Ventisette riuniti in Coreper hanno adottato la posizione del Consiglio dell’UE sull’Artificial Intelligence Act,...

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Unknown parent

mastodon - Collegamento all'originale
Rossella Latempa
@ilgallo
Beh allora non trovo niente di ragionevole in quella circolare.
Se mio figlio fosse tra gli studenti schedati come “fragili” e quindi destinati a corsi di potenziamento pomeridiano, vorrei capire in base a quali criteri è stato valutato, vedere la prova che ha svolto, conoscere i nomi di chi la ha corretta.
È possibile fare questo con gli esiti dei test INVALSI? No.
Unknown parent

mastodon - Collegamento all'originale
Rossella Latempa
@ilgallo
Qual è il senso di questa operazione, se come dici tu, nessuno meglio di un maestro o un insegnante conosce le fragilità degli studenti? Cosa può aggiungere un esito statistico non controllabile proveniente da risposte a quesiti non accessibili alla conoscenza del maestro? Nulla.
Ma l’etichetta di fragile rimane nel database scolastico. E non solo.
Quanto costa questa operazione, moltiplicata per milioni di studenti?
Chi la ha decisa?

Informa Pirata reshared this.




#NoiSiamoLeScuole questa settimana racconta dell’IIS “Giordani” di Caserta che con i fondi #PNRR dedicati alla #scuola 4.0 sta realizzando aule e laboratori innovativi.

Qui tutti i dettagli ▶️ miur.gov.



L’Occidente e il resto del mondo
l World Politics Blog

"Dietro la definizione Nord del mondo si raccolgono gli interessi dell’Occidente e dei paesi avanzati, insomma il blocco imperialista egemone che prova a costruire il mondo a propria immagine e somiglianza e non esita a imporre fame, olocausti e guerre per affermare la propria supremazia. In altri termini potremmo parlare di un colonialismo che si rinnova ma conserva le proprie caratteristiche come il drenaggio di ricchezza dalle regioni colonizzate."

giuliochinappi.wordpress.com/2…



LA SITUAZIONE DEL CONSUMO DI DROGHE ILLECITE IN UNIONE EUROPEA. UNA ANALISI APPROFONDITA (2 di 4), COCAINA, LA PIÙ UTILIZZATA


La cocaina è la droga stimolante illecita più comunemente utilizzata in Europa, con livelli di consumo che variano da paese a paese. Circa 14 milioni di adulti nell’Unione europea (di età compresa tra 15 e 64 anni), ovvero quasi il 5% di questa fascia di età, hanno provato la cocaina nel corso della loro vita, di cui circa 3,5 milioni ne hanno fatto uso nell’ultimo anno. La cocaina è stata tradizionalmente utilizzata in due forme principali: sale cloridrato, spesso definito "cocaina in polvere", e una forma base libera e fumabile, spesso definita "crack". I consumatori abituali di cocaina possono riscontrare problemi più gravi e circa il 60% dei consumatori di cocaina che entrano in terapia riferiscono di utilizzare la droga tra i 2 e i 7 giorni alla settimana.
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Dati recenti suggeriscono che il consumo di cocaina e i danni associati potrebbero essere in aumento in Europa. Dei 15 paesi che hanno comunicato informazioni sufficienti sulla prevalenza del consumo di cocaina dal 2019, 8 hanno riportato stime del consumo dell’anno scorso più elevate rispetto alla loro precedente indagine comparabile, 5 avevano stime stabili e 2 stime inferiori. Questi modelli si riflettono anche nei dati sulle persone che entrano in terapia per la prima volta per problemi di cocaina, sono aumentati in 14 paesi secondo i dati sinora disponibili, tra il 2014 e il 2020.
I danni alla salute associati al consumo regolare di cocaina comprendono dipendenza, problemi cardiaci e di salute mentale e un aumento del rischio di incidenti. I danni possono essere esacerbati quando la cocaina viene utilizzata insieme all’alcol. L'iniezione di cocaina e il consumo di cocaina crack sono associati ai maggiori rischi per la salute. Nel 2020, si sono verificati circa 473 decessi correlati alla cocaina, ovvero circa il 13,5% di tutti i decessi indotti dalla droga con accertamenti tossicologici post mortem in questi paesi. La maggior parte di questi decessi sono stati attribuiti a overdose di droga, ma nella maggior parte dei casi sono state rilevate anche altre sostanze, principalmente oppioidi.

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La cocaina viene trafficata in Europa dai paesi produttori del Sud America sia via aerea che via mare utilizzando una serie di metodi e rotte. Nel 2020, per il quarto anno consecutivo, è stata sequestrata la quantità più alta mai vista di cocaina, 214,6 tonnellate, nell’UE, in Norvegia e in Turchia. I primi dati sui sequestri di un numero limitato di paesi nel 2021 suggeriscono che la quantità sequestrata in tutta Europa è aumentata ancora una volta.

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Le restrizioni adottate per affrontare la pandemia di Covid-19 nel 2020 hanno avuto un certo impatto sul commercio di cocaina, ma nel complesso la coltivazione, la produzione e il traffico di cocaina in Europa sono continuati durante questo periodo e potrebbero addirittura essere ulteriormente aumentati.

Per saperne di più: European Monitoring Centre for Drugs and Drug Addiction and Europol (2022), EU Drug Market: Cocaine — In-depth analysis, emcdda.europa.eu/publications/…



📣 L’obiettivo del Liceo del #MadeinItaly è valorizzare, promuovere e tutelare le eccellenze italiane.

Le #IscrizioniOnline sono aperte fino al #10febbraio2024 su #Unica.

Qui le scuole che hanno aderito ▶️ unica.istruzione.gov.



Regu(AI)ting Health: Lessons for Navigating the Complex Code of AI and Healthcare Regulations


Authors: Stephanie Wong, Amber Ezzell, & Felicity Slater As an increasing number of organizations utilize artificial intelligence (“AI”) in their patient-facing services, health organizations are seizing the opportunity to take advantage of the new wave o

Authors: Stephanie Wong, Amber Ezzell, & Felicity Slater

As an increasing number of organizations utilize artificial intelligence (“AI”) in their patient-facing services, health organizations are seizing the opportunity to take advantage of the new wave of AI-powered tools. Policymakers, from United States (“U.S.”) government agencies to the White House, have taken heed of this trend, leading to a flurry of agency actions impacting the intersection of health and AI, from enforcement actions and binding rules to advisory options and other, less formal guidance. The result has been a rapidly changing regulatory environment for health organizations deploying artificial intelligence. Below are five key lessons from these actions for organizations, advocates, and other stakeholders seeking to ensure that AI-driven health services are developed and deployed in a lawful and trustworthy manner.

Lesson 1: AI potential in healthcare has evolved exponentially

While AI has been a part of healthcare conversations for decades, recent technological developments have seen exponential growth in potential applications across healthcare professionals and specialties requiring response and regulation of use and application of AI in healthcare.

The Department of Health and Human Services (“HHS”) is the central authority for health sector regulations in the United States. HHS’ Office for Civil Rights (“OCR”) is responsible for enforcement of the preeminent federal health privacy regulatory framework, the Health Insurance Portability and Accountability Act (HIPAA) Privacy, Security, and Breach Notification Rules (“Privacy Rule”). A major goal of the Privacy Rule is to properly protect individuals’ personal health information while allowing for the flow of health data that is necessary to provide quality health care.

In 2023, OCR stated that HIPAA-regulated entities should analyze AI tools as they do other novel technologies; organizations should “determine the potential risks and vulnerabilities to electronic protected health information before adding any new technology into their organization.” While not a broad endorsement of health AI, OCR’s statement suggests that AI has a place in the regulated healthcare sector.

The Food and Drug Administration (“FDA”) has taken an even more optimistic approach toward the use of AI. Also an agency within HHS, the FDA is responsible for ensuring the safety, efficacy, and quality of various pharmacological and medical products used in clinical health treatments and monitoring. In 2023, the FDA published a discussion paper intended to facilitate discussion with stakeholders on the use of AI in drug development. Drug discovery is the complex process of identifying and developing new medications or drugs to treat medical conditions and diseases. Before drugs can be marketed to the public for patient use, they must go through multiple stages of research, testing, and development. This entire process can take around 10 to 15 years, or sometimes longer. According to the discussion paper, the FDA strives to “facilitate innovation while safeguarding public health” and plans to develop a “flexible risk-based regulatory framework that promotes innovation and protects patient safety.”

Lesson 2: Different uses of data may implicate different regulatory structures

While there can be uncertainty regarding whether particular data, such IP address data collected by a consumer-facing website, is covered by HIPAA, HHS and the Federal Trade Commission (“FTC”) have made clear that they are working together to ensure organizations protect sensitive health information. In particular, failure to establish proper agreements or safeguards between covered entities and AI vendors can constitute a violation of the HIPAA Privacy Rule when patient health information is shared without patient consent for purposes other than treatment, payment, and healthcare operations.

However, some data collected by HIPAA-covered entities may not be classified as protected health information (“PHI”) and could be permissibly shared outside HIPAA’s regulatory scope. Examples include data collected by healthcare scheduling apps, wearables devices, and health IoT devices. In these circumstances, the FTC could exercise oversight. The FTC is increasingly focused on enforcement actions involving health privacy and potential bias and has historically enforced laws prohibiting bias and discrimination, including the Fair Credit Reporting Act (“FCRA”) and the Equal Credit Opportunity Act (“ECOA”). In 2021, the FTC underscored the importance of ensuring that AI tools avoid discrimination and called for AI to be used “truthfully, fairly, and equitably,” recommending that AI should do “more good than harm” to avoid violating the FTC’s “unfairness” prong of Section 5 of the FTC Act.

Lesson 3: What’s (guidance in the) past is prologue (to enforcement)

While guidance may not always be a precursor to enforcement, it is a good indicator of an agency’s priorities. For instance, in late 2021, the FTC issued a statement on the Health Breach Notification Rule, followed by two posts in January 2022 (1, 2). The FTC then applied the Health Breach Notification Rule (HBNR) for the first and second time in 2023 enforcement actions.

The FTC has recently honed in on both the health industry and AI. Agency officials published ten blog posts covering AI topics in 2023 alone, including an article instructing businesses to ensure the accuracy and verifiability of advertising around AI in products. In April 2023, the FTC issued a joint statement with the Department of Justice (DOJ), the Consumer Financial Protection Bureau (CFPB), and the Equal Employment Opportunity Commission (EEOC) expressing its intent to prioritize enforcement against discrimination and bias in automated decision-making systems.

The agency has separately been working on enforcement in the health sector, applying the unfairness prong of its authority to cases where the Commission has found that a company’s privacy practices substantially injured consumers in a manner that did not outweigh the countervailing benefits. This focus resulted in major settlements against health companies, including GoodRx and BetterHelp, where the combined total fine neared $10 million. In July, the FTC published a blog post summarizing lessons from its recent enforcement actions in the health sector, underscoring that “health privacy is a top priority” for the agency.

Lesson 4: Responsibility is the name of the game

Responsible use has been the key concept for policymakers looking to be proactive in establishing positive norms for the use of AI in the healthcare arena. In 2022, the White House Office of Science and Technology Policy (OSTP) published the Blueprint for an AI Bill of Rights (“Blueprint”) to support the development of policies and practices that protect and promote civil rights in the development, deployment, and governance of automated systems. In highlighting AI in the health sector, the Blueprint hopes to set up federal agencies and offices to serve as responsible stewards of AI use for the nation. In 2023, the OSTP also updated the National AI Research and Development (R&D) Plan to advance the deployment of responsible AI, which is likely to influence health research. The Plan is intended to facilitate the study and development of AI while also maintaining privacy and security and preventing inequity.

Expanding on the Blueprint, on October 30, 2023, the Biden Administration released its Executive Order on Safe, Secure, and Trustworthy Artificial Intelligence (“EO”). The EO aims to establish new standards for the responsible use, development, and procurement of AI systems across the federal government. Among other directives, the EO directs the Secretary of HHS to establish an “HHS AI Taskforce” in order to create a strategic plan for the responsible use and deployment of AI in the healthcare context. The EO specifies that this strategic plan must establish principles to guide the use of AI as part of the delivery of healthcare, assess the safety and performance of AI systems in the healthcare context, and integrate equity principles and privacy, security and safety standards into the development of healthcare AI systems.

The EO also directs the HHS Secretary to create an AI Safety program to centrally track, catalog, and analyze clinical errors produced by the use of AI in healthcare environments; create and circulate informal guidance to advise on how to avoid these harms from recurring; and develop a strategy for regulating the use of AI and AI-tools for drug-development. The Fact Sheet circulated prior to the release of the EO emphasizes that, “irresponsible uses of AI can lead to and deepen discrimination, bias, and other abuses in justice, healthcare, and housing” and discusses expanded grants for AI research in “vital areas,” including healthcare.

On November 1, 2023, the Office of Management and Budget (“OBM”) released for public comment a draft policy on “Advancing Governance, Innovation, and Risk Management for Agency Use of Artificial Intelligence,” intended to help implement the AI EO. The OMB guidance, which would govern federal agencies as well as their contractors, would create special requirements for what it deems “rights-impacting” AI, a designation that would encompass AI that “control[s] or meaningfully influence[s]” the outcomes of health and health insurance-related decision-making. These include the requirements for AI impact assessments, testing against real-world conditions, independent evaluation, ongoing monitoring, human training “human in the loop” decision-making, and notice and documentation.

Finally, the National Institute of Standards and Technology (“NIST”) also focused on responsible AI in 2023 with the release of the Artificial Intelligence Risk Management Framework (“AI RMF”). The AI RMF is meant to serve as a “resource to the organizations designing, developing, deploying, or using AI systems to help manage the many risks of AI and promote trustworthy and responsible development and use of AI systems.” The AI RMF provides concrete examples on how to frame risks in various contexts, such as potential harm to people, organizations, or an ecosystem. In addition, prior NIST risk management frameworks have provided the basis for legislative and regulatory models, meaning it may have increased importance for regulated entities in the future.

Lesson 5: Focus and keep eyes on the road ahead

AI regulation is a moving target with significant developments expected in the coming years. For instance, OSTP’s Blueprint for an AI Bill of Rights has already been used to inform state policymakers, with legislators both highlighting and incorporating its requirements into legislative proposals. The Blueprints’ five outlined principles aim to: (i) ensure safety and effectiveness; (ii) safeguard against discrimination; (iii) uphold data privacy; (iv) provide notice and explanation; and (v) enable human review or control. These principles are likely to continue to appear and to inform future health-related AI legislation.

In 2022, the FDA’s Center for Devices and Radiological Health (CDRH) released “Clinical Decision Support Software Guidance for Industry and Food and Drug Administration Staff,” which recommends that certain AI tools be regulated by the FDA under its authority to oversee clinical decision support software. Elsewhere, the FDA has noted that its traditional pathways for medical device regulations were not designed to be applied to AI and that the agency is looking to update its current processes. In 2021, CDRH issued a draft “Artificial Intelligence/Machine Learning (AI/ML)-Based Software as a Medical Device (SaMD) Action Plan”, which introduces a framework to manage risks to patients in a controlled manner. The Action Plan includes specific instruction on data management, including a commitment to transparency on how AI technologies interact with people, ongoing performance monitoring, and updates to the FDA on any changes made to the software as a medical device. Manufacturers of medical devices can expect the FDA to play a vital role in the regulation of AI in certain medical devices and drug discovery.

Conclusion

The legislative and regulatory environment governing AI in the U.S. is actively evolving, with the regulation of the healthcare industry emerging as a key priority for regulators across the federal government. Although the implementation and development of AI into healthcare activities may provide significant benefits, organizations must recognize and mitigate privacy, discrimination, and other risks associated with its use. AI developers are calling for the regulation of AI to reduce existential risks and prevent significant global harm, which may help create clearer standards and expectations for AI developers and developers navigating the resources coming from federal agencies. By prioritizing the development and deployment of safe and trustworthy AI systems, as well as following federal guidance and standards for privacy and security, the healthcare industry can harness the power of AI to ethically and responsibly improve patient care, outcomes, and overall well-being.


fpf.org/blog/regulating-health…



Uno si ma con moderazione. Riflessioni sulla moderazione nel Fediverso da parte dello staff di Mastodon.uno

@Che succede nel Fediverso?

Non è facile comprendere quali siano tutte implicazioni dell'ecosistema federato e come funzionano le dinamiche che rendono il Fediverso molto diverso da un social qualsiasi.

Il lungo post è suddiviso in due premesse, due chiarimenti e una conclusione:

1. cosa significa moderare una una comunità
2. cosa significa la moderazione nel fediverso
3. la moderazione all’interno dell’istanza
4. la moderazione verso le altre istanze
5. la moderazione nel Fediverso italiano e l’approccio di mastodon.uno

noblogo.org/unosocial/uno-si-m…


Uno si ma con moderazione


Di recente sono stati pubblicati alcuni post che vorrebbero dimostrare che il fediverso italiano è più litigioso, più settario e, in breve, peggiore di quello degli altri paesi.

Sebbene riteniamo che l’analisi di quel blog non sia basata su presupposti corretti, riconosciamo che abbia sollevato alcuni argomenti sui quali è opportuno soffermarsi; la questione della moderazione è oggettivamente un elemento chiave da conoscere per capire bene tutte le dinamiche che rendono il Fediverso molto diverso da un social qualsiasi.

Visto che la moderazione è stata indicata come una criticità dell’istanza mastodon.uno, sentiamo che sia giunto il momento di affrontare la questione in maniera approfondita. Questo sarà quindi un post che spiegherà le dinamiche della moderazione dal nostro punto di vista e per comodità lo divideremo in due premesse, due chiarimenti e una conclusione:

  1. cosa significa moderare una una comunità
  2. cosa significa la moderazione nel fediverso
  3. la moderazione all’interno dell’istanza
  4. la moderazione verso le altre istanze
  5. la moderazione nel Fediverso italiano e l’approccio di mastodon.uno


Cosa significa moderare una comunità

peertube.uno/videos/embed/e688…
La moderazione di una comunità costituisce un fattore determinante per consentire ai propri utenti di interagire reciprocamente nel rispetto condiviso delle regole (scritte o non scritte), delle diverse sensibilità e aspettative degli utenti e, fattore da non sottovalutare, dal messaggio che chi gestisce la comunità vuole trasmettere verso l’esterno a coloro che vorrebbero e potrebbero diventarne utenti.

Più sinteticamente, moderare significa creare un ambiente favorevole allo sviluppo di un certo tipo di relazioni.

Per rendere possibile tutto ciò è necessario fissare delle regole che non rappresentano semplicemente un “cosa fare”/“cosa non fare” ma costituiscono soprattutto un primo “chi è benvenuto”/“chi non è benvenuto”.

Se per esempio esiste una regola che stabilisce il divieto di contenuti antiscientifici, l’effetto di questa regola tenderà a essere fin da subito respingente verso (vogliamo semplificare) i novax: infatti, benché i novax non si sentano affatto antiscientifici, capiscono subito che chi ha stabilito quelle regole sta facendo riferimento proprio a loro. In questo caso ci saranno diverse tipologie di utenti novax che in modo diverso reagiranno alla regola:

  1. utenti con una personale avversione ideologica verso tutti o alcuni vaccini, ma che non hanno nessuna intenzione di parlare di vaccini dentro la comunità e che decideranno in modo laico se entrare nella comunità
  2. utenti con una personale avversione ideologica verso tutti o  Uno Social – il Blog di Mastodon.uno

  5842 wordsalcuni vaccini, che avrebbero voluto parlare volentieri di vaccini dentro la comunità e che hanno capito che quella comunità non è adatta a loro

  1. attivisti novax che non entreranno mai nella comunità perché disprezzano chi “idolatra lo scientismo” o perché semplicemente hanno capito che in quella comunità non verrebbero mai accolti
  2. attivisti novax che hanno una gran voglia di trollare (“io non sono antiscientifico, io voglio solo capire…”) o di provocare (“chi decide cos'è scienza? Siete scienziati?”)
  3. utenti novax che non leggono le regole

In questo caso, la regola ha già svolto una funzione di moderazione preventiva (l’utente 1 sa che potrà far parte della comunità, gli utenti 2 e 3 sanno che quella non sembra una comunità ritagliata su misura per loro e infine l’utente 4 sa che entrerà nella comunità con lo stesso spirito di un kamikaze che cerca di entrare dentro una fregata statunitense.

L’utente 5 ovviamente non ha ancora capito niente, ma quando gli utenti 4 e 5 pubblicheranno contenuti non apprezzati nella comunità, la moderazione attiva si esplicherà attraverso le diverse metodologie previste: avviso informale privato o pubblico, avviso formale, provvedimento esecutivo (per esemplificare: cancellazione del contenuto o silenziamento/sospensione temporanei o definitivi).

L’utente n.1 è particolarmente significativo nel nostro esempio. Si tratta di un utente che ovviamente capisce che ci sono delle divergenze ideologiche molto importanti con i responsabili di quella comunità, ma capisce anche che l’ingresso nella comunità non è legato alle sue convinzioni in fatto di vaccini, ma solo ed esclusivamente ai contenuti che pubblica e ai comportamenti che tiene.

La moderazione infatti non si esplicita mai sulle persone ma soltanto su contenuti e comportamenti.

Cosa significa la moderazione nel fediverso


Il fediverso è un sistema costituito da server interconnessi (istanze) ognuno dei quali rappresenta una comunità. Le comunità sono diverse l’una dall’altra per popolazione, software di gestione, interessi, lingue e quadro etico di riferimento.

I responsabili di una comunità infatti sono perfettamente consapevoli che la propria comunità è connessa con altre comunità che possono essere caratterizzate in maniera molto differente nonché abitate da utenti con sensibilità a volte molto distanti da quelle della propria istanza. Tuttavia non è detto che gli stessi responsabili delle comunità dl fediverso siano del tutto consapevoli del fatto che alcuni software (per semplicità, i diversi sw come mastodon, friendica, pleroma, misskey, etc, li chiameremo impropriamente “piattaforme”) agevolano di più i processi di moderazione, altri li agevolano meno e questo condiziona in maniera differenziata le singole comunità, fermo restando che comunque non tutte le piattaforme comunicano reciprocamente le segnalazioni.

Gli amministratori dei server possono infatti contare su strumenti di moderazione piuttosto eterogenei a seconda delle piattaforme: vi sono piattaforme come Friendica che non consentono agli utenti di segnalare contenuti inappropriati agli ammistratori, altre come Lemmy che presentano diverse funzionalità base per segnalare gli utenti e prendere provvedimenti, altre ancora come Mastodon che dispongono di un cruscotto completo di moderazione che consente tutte le funzioni presenti su piattaforme come Discourse o Reddit.

Inoltre, le piattaforme del Fediverso non sono purtroppo quasi mai interoperabili nella segnalazione dei contenuti. Per esempio, una segnalazione effettuata da un’istanza Mastodon verso l’utente di un’altra istranza Mastodon o da Lemmy verso l’utente di un’altra istanza Lemmy, giungerà agli amministratori di entrambe le istanze. Ma una segnalazione effettuata da un’istanza Mastodon verso l’utente di un’istranza Lemmy (o viceversa) verrà ricevuta solo dall’amministratore dell’istanza di origine della segnalazione, ma non dall’istanza di destinazione.

L’aspetto più importante che caratterizza la moderazione nel Fediverso resta però quello sociale: non esiste una “fediquette” condivisa, sebbene vi siano alcune regole base che contano su una diffusione maggiore: per esempio, l’obbligo di content warning per i contenuti più disturbanti, divieto per i messaggi omofobici, razzisti, sessisti, bando dell’istigazione a delinquere e bando della pedopornografia sono punti cardine per la maggior parte delle istanze mondiali: la maggioranza, appunto, ma non di tutte.

Ogni istanza infatti è come un club aperto ai propri soci ma anche ai soci di altri club “convenzionati”, nel quale però i soci sono direttamente tenuti a tutte le regole del codice di condotta del proprio club, mentre gli ospiti esterni godono paradossalmente di alcune libertà in più.

Prendiamo esempio un ipotetico Club del Sigaro, i cui soci possono accedere al loro salottino in cui è possibile fumare solo sigari ma che sono obbligati a non fumare nient’altro che i sigari, mentre nello stesso club viene consentito ai soci di altri club di fumare anche pipe o sigarette.

Se il socio del Club del Sigaro fumasse una sigaretta, verrebbe espulso, mentre il socio del Club della Sigaretta può sedersi ai tavolini esterni del Club del Sigaro e fumarsi tranquillamente un paio delle sue sigarette, senza essere cacciato. Naturalmente se il sigarettaro iniziasse a fumare una trentina di sigarette al giorno, questo comportamento potrebbe determinare il divieto di accedere ai locali al coperto del Club del Sigaro, o a tutta l’area interna ed esterna, con tanto di PEC inviata al club di appartenenza di quel socio. Infine, il ripetersi di comportamenti molesti da parte dei soci di uno stesso club, potrebbe comportare il bando per tutti i soci passati e futuri di quel club.

Tutto chiaro, ma il punto è che:

  • i soci di un club più esclusivo sono soggetti a regole più stringenti rispetto a quelle dei soci di altri club
  • i soci di un club più permissivo sono soggetti a regole meno stringenti anche quando vanno negli altri club e lì vengono colpiti da provvedimenti punitivi più seri solo quando si comportano in maniera particolarmente molesta
  • ma soprattutto, i soci dei diversi club spesso non si rendono conto del tipo di club in cui si sono iscritti e non si rendono conto dei motivi per cui alcuni utenti sembrano potersi permettere comportamenti spiacevoli per i quali loro stessi sono stati ammoniti in passato
  • inoltre, come se non bastasse, quando la “direzione” invia la PEC alla direzione dell’altro club (quello dell’ospite che si è comportato male), l’altro club potrebbe deliberatamente ignorarla, ma potrebbe semplicemente non avere una casella PEC, perché dispone solo del Fax o di una cassetta postale fisica!

L’equilibrio tra diverse istanze è quindi molto delicato perché, per quanto il responsabile di un’istanza voglia cercare di mantenere un ambiente gradevole per i propri ospiti, dovrà comunque consentire loro di godersi la diversità tipica del Fediverso e fare i conti con tutta quella diversità che a volte è ricca di stimoli, altre volte è molesta, altre ancora è foriera di contrasti e litigi.

La moderazione all’interno dell’istanza


La funzione del regolamento in un’istanza, come in una qualsiasi comunità ha quindi due funzioni:

  1. una funzione programmatica
  2. una funzione prescrittiva

La prima serve a far capire il tipo di comunità (integrando a tutti gli effetti la “presentazione” generale della comunità), la seconda a far capire cosa si può o non si può fare.

Come già detto, la funzione programmatica è la più importante perché, se viene progettata bene, elimina la maggior parte degli equivoci e dei contrasti interni.

Nei casi in cui la funzione programmatica non è ben chiara o viene deliberatamente ignorata da qualche utente, allora i moderatori devono intervenire per garantire il rispetto delle regole.

I moderatori possono rilevare contenuti o comportamenti problematici in tre modi:

  • se ne accorgono direttamente durante la loro attività di utilizzatori
  • ne vengono informati attraverso una segnalazione proveniente dalla propria istanza
  • ne vengono informati attraverso una segnalazione proveniente da un’altra istanza.

Contenuti e comportamenti vengono valutati in base a parametri quali:

  1. gravità intrinseca (quanto il contenuto violi le regole più importanti; es: immagini CSAM, ovvero Child Sexual Abuse Material)
  2. impatto sugli altri utenti (quanto il comportamento sia mirato contro altri utenti; es: comportamento molesto)
  3. ripetitività (quanto sia reiterato il comportamento o spammato il contenuto; es: coprolalia compulsiva o violazione iterativa delle stesse regole)
  4. sfacciataggine/insolenza (volontà deliberata di sfidare le regole o di “aggirarle”; es: produrre contenuti al limite dell’irregolarità con lo scopo di attirare l’attenzione degli altri utenti oppure ignorare gli avvertimenti degli amministratori)
  5. spam (pubblicità commerciale; es: profilo inglese che pubblicizza lotterie on line).

Talvolta, quando si verificano queste casistiche i moderatori cercano di prendere contatto diretto con l’utente per aiutarlo a capire le implicazioni di questi comportamenti, altrimenti è possibile avvalersi degli strumenti espressamente progettati per la moderazione.

In una istanza mastodon le prerogative messe a disposizione dal software ai moderatori a front di una segnalazione consentono a grandi linee sei tipi di interventi:

  1. annullamento della segnalazione
  2. contrassegno del singolo messaggio come “sensibile
  3. contrassegno dell’utente come “sensibile
  4. silenziamento dell’utente (non comparirà più nella timeline generale, ma solo in quella di chi lo segue espressamente
  5. cancellazione del contenuto problematico
  6. sospensione dell’utente che ha violato le regole

Tranne la cancellazione di un contenuto problematico, i provvedimenti sono reversibili (possono essere annullati). Inoltre, da poco più di un anno, Mastodon consente a ciascun utente sottoposto a provvedimento di appellarsi per spiegare meglio le proprie ragioni. Questo offre la possibilità di aprire un dialogo tra utente e staff di moderazione molto utile a capire la problematica e a risolverla anche laddove si sia costretti a intervenire in maniera molto dura (come con l’espulsione) per eliminare un problema rapidamente; tuttavia così facendo il provvedimento comminato non si esplicita automaticamente in una “condanna a morte” virtuale.

Per esempio un utente che condivide un post che istiga al genocidio verrebbe espulso immediatamente (è uno dei casi in cui c’è tolleranza zero), ma grazie alla funzione di appello, quell’utente potrebbe avere la possibilità di spiegare che credeva di aver condiviso un articolo sul genocidio armeno da un quotidiano on line, mentre in realtà per errore aveva condiviso un link turco riportato su quell’articolo.

I moderatori naturalmente sono esseri umani e possono sbagliare; ne sono consapevoli e si aspettano che anche gli utenti possano essere comprensivi in tali circostanze.

Altre volte invece si sentono piuttosto autorizzati a sovrainterpretare alcuni messaggi... Per esempio, se qualche utente ha subito un provvedimento che ritiene ingiusto e decide di utilizzare la funzionalità di “appello” per dire quanto schifosi e servi del potere siano i moderatori che l’hanno espulso e quanto la loro istanza sia una fogna di conformismo, è comprensibile che i moderatori intendano quell’esternazione come un’implicita rinuncia all’appello...

Ad oggi la quasi totalità dei provvedimenti all’interno dell’istanza mastodon.uno riguardano la sospensione di utenze di spam

  1. I messaggi contrassegnati come “sensibili” sono pochissimi e se inizialmente riguardavano qualche immagine di nudo ultimamente sono quasi tutti legati a immagini che mostrano scene di guerra
  2. Non vi sono praticamente utenti contrassegnati come “sensibili” in quanto se vi sono problemi con le loro immagini, gli si spiega che bisogna usare il content warning (l'avviso di contenuto disponibile a ogni utente Mastodon per contrassegnare le immagini in un messaggio o l'intero messaggio)
  3. Il silenziamento dell’utente avviene solo quando un utente con delle criticità non troppo gravi viene redarguito senza successo. In tal caso, il silenziamento diventa un modo per incentivare l’utente a rispondere
  4. La cancellazione dei contenuti problematici è l’unico provvedimento non reversibile e ogni volta che ne viene fatta una si tratta di un piccolo insuccesso, perché indica che le regole dell’istanza non sono state probabilmente espresse con la dovuta chiarezza. Ultimamente comunque è avvenuta molto di rado (ed ha quasi sempre coinvolto utenti che sono stati poi espulsi o che se ne sono andati spontaneamente)
  5. La sospensione di utenti, come già detto, avviene quasi soltanto per i profili di spam e avviene entro cinque/dieci minuti dall’iscrizione. Le altre volte in cui viene praticata è in presenza di utenti che pubblicano contenuti problematici ma non rispondono alle numerose sollecitazioni dei moderatori.

Il clima dell’istanza mastodon.uno è per noi una conferma del fatto che regole chiare e uno staff rapido nell’intervenire possano mitigare il rischio di derive spiacevoli e consentano di togliere quelle tossicità che hanno contraddistinto i social commerciali negli ultimi anni.

La moderazione verso le altre istanze


Un’istanza tuttavia non è una bolla ma, come già detto, una comunità interconnessa con altre comunità; la moderazione non può quindi prescindere da un’analisi del contesto linguistico, tecnologico e culturale nel quale è immersa l’istanza.

Se le regole e la moderazione possono dare a una comunità la forma che si ritiene migliore per liberare l’espressione degli utenti e favorirne le relazioni reciproche, questo diventa molto più difficile quando un numero smisurato di utenti con cui è possibile interagire si trova fuori dal perimetro entro il quale valgono le regole dell’istanza e questo è proprio il caso del Fediverso, ma è anche ciò che rende il Fediverso così interessante rispetto a qualsiasi altro ambiente digitale di socializzazione!

Tentativi di fissare alcune linee guida volontarie


Come già detto, Mastodon è il software che ha avuto la maggior risonanza mediatica, quello su cui “risiede” il maggior numero di iscritti del Fediverso e quello il cui staff di sviluppo ha avvertito prima di tutti l’esigenza di proteggere il proprio marchio da minacce reputazionali provenienti dalla comunità degli utilizzatori.

Mastodon è software libero e pertanto chiunque, nel rispetto delle condizioni di attribuzione e di licenza d’uso, può utilizzarlo liberamente per farci ciò che vuole. D’altronde, il rischio reputazionale che ne consegue è alto: per fare un esempio, un’istanza Mastodon dedita allo scambio di foto e video di abusi su minori, comporterebbe un danno di immagine importante per lo staff di sviluppo, danno che potrebbe essere utilizzato da chiunque desiderasse distruggere lo sviluppo della comunità di utenti. Benché tentativi del genere siano già avvenuti, la comunità dei giornalisti non è (quasi) mai caduta nella trappola di equiparare lo strumento all’uso che se ne può fare, ma per mitigare questo tipo di problemi lo staff di Mastodon ha elaborato una sorta di patto (il cosiddetto Mastodon Server Covenant) tra tutti i server che vogliono aderire per mantenere un livello etico (oltre che tecnologico, con aggiornamenti e livelli di servizio elevati) adeguato, promuovendo una moderazione attiva contro il razzismo, il sessismo, l'omofobia e la transfobia.

Oltre al Mastodon Server Covenant, un peso particolare sul fediverso hanno anche i termini di servizio di MastoHost, il servizio di hosting gestito più utilizzato nel Fediverso. Questi TOS sono ancora più restrittivi rispetto a quelli del Mastodon Server Covenant e costituiscono un freno significativo, dal momento che le soluzioni MastoHost sono sicuramente tra le più semplici per gestire un’istanza Mastodon con molti utenti.

Vi sono poi alcuni tentativi di trovare punti di contatto minimi per regolare la moderazione delle istanze: per esempio, l’amministratore dell’istanza qoto.org, particolarmente insofferente alle limitazioni e ad alcune dinamiche ha proposto un patto alternativo, la cosiddetta UFoI, Federazione Unita delle Istanze, che segnaliamo solo come curiosità, anche perché non ha riscosso molto successo in termini di adesioni.

Resta il fatto che, tranne alcuni esempi (piuttosto disgustosi) di istanze internazionali, è molto difficile che le istanze normali tengano comportamenti divergenti rispetto alle linee guida ricordate in precedenza.

Pertanto i motivi che possono provocare tensioni, silenziamenti o sospensioni di singoli utenti o di tutta l’istanza sono determinati dalla “compatibilità” delle altre istanze o di alcuni utenti con il “clima dell’istanza”. La compensazione tra la sensibilità degli utenti “interni” e quelli “esterni” è lo sforzo più grande che i moderatori di un’istanza devono compiere per rendere “armonica” la propria presenza nel fediverso, ma tutto questo non è sempre possibile. Gli ostacoli maggiori sono dovuti per lo più ad alcuni “disallineamenti” tra istanze che, semplificando molto, possono essere di diversa natura:

  1. disallineamenti dovuti alla diversa tipologia delle istanze (generaliste, tematiche, locali, etc)
  2. disallineamenti dovuti al differente software utilizzato dalle istanze
  3. disallineamenti dovuti al sostrato culturale/ideologico dell’istanza


Disallineamenti dovuti alla diversa tipologia delle istanze


Mastodon.uno ha da sempre voluto rimarcare la propria natura generalista, laddove generalista non significa solo “non-tematica” o “non-locale” ma vuole acquisire il significato di istanza “aperta a chiunque” (con le dovute eccezioni di cui sopra…), un’istanza cioè nella quale non è necessario appartenere a una particolare città o nutrire un determinato interesse o sposare un preciso orientamento ideologico, ma che consenta al maggior numero di utenti di “stare bene”.

Per ottenere questo sono necessari alcuni accorgimenti di carattere limitativo anche verso le istanze esterne. Questi accorgimenti si esprimono attraverso le seguenti limitazioni verso gli utenti esterni:

  1. defederazione delle istanze che favoriscono espressamente suprematismo, razzismo, omofobia, pornografia infantile, pornografia violenta, terrorismo, genocidio, etc
  2. silenziamento delle istanze che hanno mostrato di tollerare sistematicamente alcuni dei comportamenti precedenti
  3. defederazione o silenziamento delle istanze che favoriscono lo spam pubblicitario, il flooding (pubblicazione di “troppi” messaggi) e i bot
  4. silenziamento di istanze che non tengono a freno i propri utenti in merito a comportamenti molesti diretti ai membri della nostra istanza
  5. ban degli account che pubblicano solo contenuti problematici (quelli di cui al punto a e c)
  6. ban degli account che tengono comportamenti molesti diretti ai membri della nostra istanza
  7. silenziamento degli account che pubblicano “anche” alcuni contenuti problematici (quelli di cui al punto a e c)
  8. silenziamento degli account che praticano flooding o che tengono frequentemente e insistentemente comportamenti molesti di lieve entità (interagiscono solo per contraddire maleducatamente l’interlocutore, rispondono con Gif sprezzanti)
  9. eliminazione dei messaggi problematici (quelli con contenuti ricordati nei punti a, c ed f)

Questa linea di condotta presenta diverse ricadute positive per una istanza generalista:

  • ampliamento dei limiti di età e di sensibilità dell’utenza di riferimento
  • possibilità di visualizzare la timeline a monitor anche in luoghi pubblici, senza provare imbarazzo (quei contenuti che vengono definiti NSFW, not safe for work…)
  • possibilità di escludere buona parte dei motivi di disagio che provengono da alcuni contenuti pubblicati e tollerati sui social network come Twitter o Facebook

Naturalmente quste scelte determinano anche alcune limitazioni:

  • diventa difficile seguire le conversazioni nelle quali c’è un messaggio eliminato o il messaggio di un utente bannato, perché quel messaggio non verrà visto dall’utente di mastodon.uno e, soprattutto, la conversazione risulterà “mutila”. L’unico modo per seguire la conversazione è “uscire” dalla propria timeline e visualizzarla da web
  • alcuni utenti del fediverso sembrano non esistere
  • non è facile esplorare pienamente dal proprio account mastodon.uno tutta la pornografia disponibile sul fediverso :–)
  • l’account di mastodon.uno sfortunatamente non consente di interagire liberamente con terroristi, pedofili, suprematisti e criminali

Se l’ultimo punto vi sembra costituire una limitazione spiacevole, allora forse quando vi siete iscritti non avete còlto le sfumature che trasparivano dal nostro regolamento: avete mai pensato che mastodon.uno non sia l’istanza giusta per voi?

Quanto alla pornografia, non abbiamo nulla in contrario, ma confermiamo che l’account mastodon.uno non è il più adatto per godersi il pornoverso.

Riguardo alle prime due limitazioni tuttavia siamo consapevoli che l’utente di mastodon.uno possa ritenere disagevole il non poter seguire una conversazione, ma questa eventualità si verifica assai di rado. Gli utenti bannati su mastodon.uno ma ancora attivi nel fediverso sono molto pochi, nell’ordine di una decina, e il ban spesso ha una durata limitata.

Disallineamenti dovuti al differente software utilizzato


In alcuni casi alcuni software del Fediverso possono generare messaggi non facilmente intellegibili per gli utenti Mastodon; in altri casi gli amministratori di istanze basate su software diversi non hanno strumenti di moderazione adeguati; altre volte ancora alcuni messaggi possono risultare così lunghi da occupare una ventina di schermate della timeline; altre volte, i meccanismi di pubblicazione di alcune istanze portano alla pubblicazione di decine e decine di messaggi nell’arco di pochi secondi.

In casi del genere diventa necessario silenziare alcuni account perché creerebbero un disagio notevole sulla timeline generale.

A causa di strumenti di moderazione quasi mai interoperabili, inoltre, un’istanza potrebbe non accorgersi in tempi rapidi della pubblicazione di tanti contenuti problematici e questo potrebbe determinare una defederazione dell’istanza poco reattiva.

Per esempio, un gruppo di utenti potrebbe iscriversi a un’istanza Friendica per molestare altri utenti di un’istanza Mastodon. Le segnalazioni degli utenti mastodon però non giungerebbero mai all’amministratore di Friendica che potrebbe non intervenire mai sui propri utenti. Se questi attacchi fossero frequenti e ingestibili, a quel punto gli amministratori dell’istanza mastodon potrebbero addirittura trovarsi costretti a defederare cautelativamente l’intera istanza, in attesa di riuscire a mettersi in contatto con l’amministratore di Friendica

Disallineamenti dovuti al sostrato culturale/ideologico


Per spiegare bene cosa vogliamo intendere, presenteremo un esempio realistico che rappresenta bene come alcuni problemi di “compatibilità” accettabili possono diventare critici in base all’intensità e alla frequenza con cui si verificano.

Mastodon.uno è un’istanza laica e, sebbene tenda a essere piuttosto permissiva nei confronti di alcune espressioni blasfeme, come le bestemmie “espressive”, ha spesso posto dei limiti forti alla blasfemia come strumento per offendere la sensibilità religiosa di alcuni utenti.

In alcune istanze tuttavia, la bestemmia non viene solo considerata una libera manifestazione espressiva, ma un irrinunciabile espressione di orgoglio identitario; inotre vengono spesso favorite tutte le possibili combinazioni figurative che portino a risultati blasfemi.

Questa differenza di approccio rende incompatibile la presenza di alcuni messaggi nella timeline generale di mastodon.uno e, nel caso di alcuni utenti particolarmente compulsivi, rende necessario il silenziamento di quegli utenti.

Sappiamo che questa nostra attenzione verso la sensibilità di alcuni nostri utenti costituisce una “vulnerabilità” che può essere usata per minare la fondatezza del nostro approccio alla moderazione e può essere utilizzata per creare veri e propri paradossi (“un’istanza laica che punisce le bestemmie è in realtà un’istanza confessionale che finge di essere laica. E questo dimostra che a mastodon.uno piace censurare!”), ma sinceramente non abbiamo ancora trovato un modo per superare questo tipo di paradossi.

Di fronte a questi comportamenti abbiamo praticato strategie (lo ammettiamo) non sempre coerenti, utilizzando di volta in volta gli strumenti messi a disposizione di Mastodon, ma cercando di applicare il principio base di un amministratore di istanza: bilanciare il mantenimento di “un buon clima” con le necessità di consentire “il massimo ricambio d’aria”.

Infatti, seppur comprendiamo la perplessità di alcuni utenti, facciamo notare che molti di quegli utenti che sembrano avere un approccio provocatorio, sono effettivamente provocatori: non solo sono perfettamente consapevoli che il loro comportamento avrà ripercussioni su mastodon.uno, ma spesso cercano deliberatamente l’occasione per farsi bannare e, aprendo una serie di discussioni sulla presunta vocazione censoria di mastodon.uno, attirare l’attenzione su se stessi e massimizzare la propria visibilità.

Il problema dei disallineamenti presenta perciò un impatto piuttosto basso che tuttavia può aumentare in base alla presenza di utenti più versati alla provocazione e alla polemica.

.uno contro tutti e guerre tra istanze


Il problema più grande però si verifica quando un’istanza A che condivide valori diversi da un’istanza B, diventa un ambiente favorevole alla proliferazione di utenti ostili all’istanza B.

A questo proposito, l’istanza mastodon.uno ha spesso dato l’impressione di mostrare un atteggiamento vittimista o, d’altra parte, di sottovalutare il fatto che, “se tanti utenti ce l’hanno con l’istanza, forse un motivo c’è”; noi però riteniamo che alcune circostanze sistemiche aiutino a fare luce su questa percezione:

  1. effetto moltiplicatore: mastodon.uno è l’istanza italiana più grande per numero di utenti e perciò gli utenti che hanno avuto problemi con mastodon.uno sono fisiologicamente di più rispetto a quelli che hanno avuto problemi con altre istanze
  2. entità del danno percepito: un utente che si veda tagliato fuori da un’istanza da 70.000 utenti può sentirsi piuttosto danneggiato e risentito rispetto a essere escluso da un’istanza da 1.000 utenti
  3. acceleratori del contagio: utenti ostili a mastodon.uno (chi vuole “vendicarsi” da vecchi provvedimenti disciplinari, chi ha problemi con le istanze “troppo grandi”, chi non ritiene abbastanza etico il suo approccio, chi prova antipatia per i suoi moderatori, chi vuol vedere di nascosto l’effetto che fa...) in cerca di solidarietà presso altre istanze cercheranno di fare leva su eventuali diversità di valori rispetto all’istanza mastodon.uno per trasformare quella diversità in una possibile trincea
  4. ostilità che scala a livello di istanza: quando la trincea è stata tracciata diventa più facile sviluppare una narrazione polarizzata in cui c’è da una parte l’istanza mastodon.uno e dall’altra “la nostra istanza” o “istanze come la nostra” e a quel punto, ogni difetto trovato per mastodon.uno diventa un punto di merito per la propria istanza.

Se pertanto le lamentele di mastodon.uno verso alcuni utenti ostili e ad alcune istanze compiacenti sono apparse improntate al vittimismo -e sappiamo bene che è sembrato proprio così- vogliamo far riflettere sul fatto che mastodon.uno più di tutte le altre istanze si presta ad essere oggetto di attacchi, ma questo non è legato né alla presunta “cattiveria” di chi ci attacca, né alla nostra presunta “spregevolezza” nel quadro degli attori del Fediverso italiano, ma solo a fattori “numerici”.

Naturalmente a volte si verificano anche situazioni al limite del patologico laddove alcuni ex moderatori di mastodon.uno dicono peste e corna di mastodon.uno ad alcuni utenti mastodon.uno per “strapparli” a mastodon.uno e portarli nella propria istanza (e nel proprio “gruppo di supporto” matrix) per trascorrere parte del proprio tempo a… parlare male di mastodon.uno. Ma queste vicende sfuggono alla presente trattazione perché non riguardano tanto la sociologia del Fediverso quanto la psicologia di alcuni individui.

Come abbiamo visto, il numero di provvedimenti presi contro certi utenti e i “disallineamenti dovuti al sostrato culturale/ideologico” possono alimentare un percorso che conduce a una vera e propria ostilità tra due istanze.

I rapporti tra le istanze del Fediverso italiano e l’approccio di mastodon.uno

Mastodon.UNNO


No, mastodon.uno non è mai stata la prima istanza del fediverso italiano ma è stata la prima istanza italiana a voler creare un ambiente generalista e non connotato politicamente, guardando con spirito di emulazione all’approccio adottato da molte delle istanze internazionali più inclusive, prima tra tutte mastodon.social.

Il numero straordinario di utenti che si sono iscritti nella nostra istanza e la loro natura meno caratterizzata rispetto al passato delle altre istanze, che ha anche contribuito a cambiare gli equilibri demografici del Fediverso italiano (la comunità geek o quella anarchica costituivano gran parte del nucleo originario, mentre oggi la gran parte della popolazione è costituita da utenti molto meno caratterizzati), è probabilmente dovuto a questa nostra scelta ma l’arrivo di tutti questi nuovi utenti è stato visto come una specie di invasione unna e noi siamo consapevoli di questa percezione, ma probabilmente ci sfuggono ancora alcune implicazioni.

Volenti o meno, in questo momento, occupiamo una posizione così tanto rilevante nel Fediverso italiano che dobbiamo fare i conti con il nostro peso e dobbiamo essere ancora più consapevoli di quanto sia urgente rivalutare frequentemente alcuni dei provvedimenti assunti verso certi utenti che magari con il loro pessimo carattere e le loro tossicità si sono meritati ban e silenziamenti, ma che credono nel Fediverso e, magari in modi che non condividiamo o in cui non crediamo, operano per il suo sviluppo.

La critica degli utenti verso altre istanze


Ogni utente ha il diritto di criticare altre istanze, ma la critica ripetuta e ossessiva verso un’istanza è un atteggiamento che non abbiamo mai ritenuto accettabile. Quando ci siamo accorti che alcuni nostri utenti avevano iniziato a criticare altre istanze abbiamo sempre avuto questo approccio:

  • verifica del problema
  • valutazione sulla portata generale (impatta sui nostri utenti?) o particolare (riguarda solo chi se ne lamenta?) del problema
  • tentativo di contribuire alla risoluzione del problema, anche prendendo contatto con gli amministratori dell’altra istanza

Una volta giunti alla terza fase, che il problema sia risolubile o meno, l’utente viene sempre invitato a non proseguire le sue tirate contro l’istanza, Infatti:

  • se il problema è stato risolto, allora non ha senso rivangare il passato
  • se il problema non è risolvibile (ricade nella legittima diversità tra istanze) o non è un problema, allora non ha senso continuare a discuterne.

Lasciare che un utente iscritto alla propria istanza critichi continuamente un’altra istanza è infatti un comportamento irresponsabile, sia nel senso della vigliaccheria sottesa (lasciare che siano gli utenti a criticare, invece di prendere direttamente posizione come amministratori), sia nel senso dell’incapacità di valutare l’impatto negativo di quelle polemiche (potenzialmente irrisolubili) per il clima degli utenti di tutto il Fediverso.

Se si ritiene che un’istanza abbia un’influenza negativa, allora è sempre possibile silenziarla o defederarla, ma alimentare un clima di ostilità è inaccettabile.

Se gli amministratori di istanza non tengono a freno le tossicità che i propri utenti rilasciano nel fediverso, essi vengono meno a quel ruolo fondamentale che vede negli amministratori, anche quelli delle istanze monoutente, il perno dello sviluppo sostenibile del Fediverso e del suo clima.

Prese di posizione degli amministratori verso altre istanze


Qualcosa del genere va considerato riguardo alle “schermaglie” tra amministratori di istanza.

Noi riteniamo che le prese di posizione “ufficiali” degli amministratori di un’istanza contro altre istanze o verso i rispettivi amministratori siano legittime, ma abbiamo dovuto riscontrare che queste generano gravi conseguenze sul clima generale.

In passato noi amministratori di mastodon.uno abbiamo espresso critiche negative verso altre istanze, soprattutto in base alla nostra sensibilità, alla nostra valutazione di episodi che abbiamo ritenuto tossici o gravi, ma soprattutto perché eravamo convinti che quelle istanze fossero inadeguate e inospitali per la maggior parte dei nuovi utenti, quelli che non sapevano cosa avrebbero già trovato, ma che piuttosto assaggiavano il Fediverso per la prima volta. Istanze che aumentavano il rischio di abbandono dei nuovi utenti.

Per usare una metafora culinaria, a chi vuole assaggiare per la prima volta la cucina italiana, non è opportuno far assaggiare le milze in padella con la salvia e l’agresto, ma è meglio servire delle tagliatelle al ragù. Alla vista delle interiora, l’avventore potrebbe pensare che tutta la cucina italiana sia una cucina povera a base di frattaglie e strane salse: potrebbe apprezzare, ma più probabilmente potrebbe ritenere i sapori della cucina italiana troppo forti.

Se queste erano le motivazioni che ci hanno spinto a esprimere quelle valutazioni, possiamo dire, con il senno di poi, che abbiamo sbagliato. Le nostre critiche erano basate su presupposti scorretti e l’esperienza degli anni successivi ci ha dimostrato che il tasso di persone che si alzano da tavola e scappano via è molto meno legato quanto sembri al tipo di piatti serviti, quanto più ad aspetti che per noi (noi abituati alla cucina italiana) sono meno importanti: il tempo per raggiungere il ristorante (velocità del software), presenza di rampe e bagni accessibili (ergonomia almeno passabile), un menù facile da leggere (timeline? chi ha detto timeline?), forchette comode e coltelli taglienti (funzioni di ricerca decenti)… Fuor di metafora, tutti problemi di natura logistica che non dipendono dalla singola istanza.

Ora, queste nostre prese di posizione non hanno probabilmente dato un contributo utile agli utenti, ma soprattutto hanno contribuito a creare onde lunghe costituite da reazioni polemiche che non sono mai realmente finite, neanche ora che il fediverso italiano è cresciuto esponenzialmente.

Le recenti critiche sul Fediverso italiano


Le più importanti critiche al Fediverso italiano che abbiamo letto in questi giorni a proposito di una conflittualità troppo alta che ne peggiora l’esperienza d’uso sono state espressamente rivolte verso di noi, in merito all’impatto che avrebbe la nostra politica di ban e silenziamenti.

La nostra valutazione è che queste critiche sopravvalutano esageratamente il numero di questi provvedimenti, lasciano trapelare l’eccessivo autocompiacimento dell’autore, spesso non colgono l’obiettivo, mostrano una certa incompetenza degli strumenti di moderazione e si concentrano sulla predisposizione rancorosa e ossessiva di alcuni personaggi piuttosto irrilevanti nell’ecologia del Fediverso.

Certe soluzioni suggerite inoltre non contribuirebbero né a un miglioramento del Fediverso né costituirebbero un freno a certi comportamenti: l’idea del “museo della vergogna: un account di istanza che pubblica tutte le conversazioni più rancorose contro mastodon.uno…” sarebbe sicuramente divertente anche per noi, ma (al di là delle implicazioni di carattere morale) diventerebbe un pessimo esempio di amplificazione del rancore.

Malgrado questo abbiamo apprezzato alcune analisi, anche quelle sulla moderazione, perché potrebbero rappresentare bene come lo scenario appaia all’esterno.

In particolare accettiamo questo invito:

Ma la cosa più importante è che mastodon.uno imparasse a gestire le crisi in maniera meno dilettantesca”

Ovviamente siamodilettanti” (nessuno ci paga per il lavoro che facciamo...), ma, altrettanto ovviamente, non crediamo affatto di esseredilettanteschi” (ma in fondo, se lo fossimo come potremmo accorgercene?).

Ma se questa è l’impressione avuta da un utente che, pur con i suoi pregiudizi e le sue lacune tecniche, ha mostrato una attenta capacità di analisi, allora dobbiamo sentire la responsabilità di migliorare alcune nostre iniziative di carattere comunicativo e gestionale, o più precisamente, cercheremo di dare alle nostre future iniziative di carattere gestionale una copertura comunicativa più mirata e trasparente rispetto a quella che abbiamo offerto finora.

Soprattutto cercheremo di prestare una maggiore attenzione ai riscontri dei nostri utenti, ma anche ai riscontri di quegli utenti esterni che, pur non facendo parte della nostra istanza, sono ormai anch’essi parte della nostra comunità e che contribuiscono a rendere la nostra stessa comunità più diversa, più stimolante, più interconnessa e quindi più viva.


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Unknown parent

mastodon - Collegamento all'originale
informapirata ⁂

@PetroliniVideo ricordo bene: era marzo ed eravamo in una di quelle fasi in cui andava di moda lanciare bestemmie a caso e poi rimanere sulla riva del fiume ad attendere qualche reazione di cui sorprendersi...

Comunque non sono affatto sorpreso: gli utenti i cui messaggi vengono moderati ritengono spesso che il moderatore abbia interpretato male o per limiti cognitivi o per evidente malafede

@fediverso

Unknown parent

lemmy - Collegamento all'originale
filippodb - fddt

ho controllato il tuo account e non c'è alcuna limitazione nonostante tu sia stato segnalato ben 14 volte (!) da altri utenti per violazioni del regole, fra l'altro molti da altre istanze:

Image/Photo

posso dirti solo che m1 è un'istanza aconfessionale e di quello che dicono i cattolici ce ne può fregare fino a un certo punto, tanto che abbiamo l'account ufficiale dell'unione Atei e degli Agnostici Razionalisti che li randella tutti i giorni e nessuno se ne lamenta anzi sono fra i messaggi più condivisi e popolari su M1
detto questo quello che hai scritto non è vero, non ho lo screenshot ma di sicuro nessuno perde tempo a segnalare queste affermazioni sulle madonne nere, anzi riceveresti solo valanghe di condivisioni. Nessuno censura una frase del genere che di fatto non viola alcuna regola. Abbiamo però una regola che vieta il turpiloquio gratuito ed eccessivo ma questa c'è anche su livellosegreto e altre istanze. Questo per non far scendere le discussioni al livello di rutti da osteria.

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