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L'annuncio del ritiro del provvedimento sull’uso sostenibile dei pesticidi rappresenta un altro passo indietro della Commissione Europea sul green deal e sull

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Sottoscritto oggi il Protocollo d’intesa tra #MIM e Guardia di Finanza per il contrasto ai “diplomifici”.
#MIM


Lo sgarbo


Al governo serve gente competente. Alla sanità serve che si capisca di faccende sanitarie, non che si sia necessariamente un medico (pur non essendo escluso) ma che si conoscano i problemi e si abbia idea delle soluzioni. Se, però, sei il fondatore di una

Al governo serve gente competente. Alla sanità serve che si capisca di faccende sanitarie, non che si sia necessariamente un medico (pur non essendo escluso) ma che si conoscano i problemi e si abbia idea delle soluzioni. Se, però, sei il fondatore di una catena di cliniche un problema si crea. Si chiama “conflitto d’interessi” e lo si regola – più o meno efficacemente – senza per questo preferire i nullafacenti. Vale anche per la cultura, che non è soltanto arte della parola.

Vittorio Sgarbi – geniale protagonista inseguito da un tenace avversario di nome Sgarbi – è un dirigente del centrodestra fin da prima delle sue origini ed è stato chiamato al governo da chi si suppone lo conosca. Ora afferma che il problema del conflitto d’interessi non è limitato alla sua persona, aggiungendo piacevolezze sul ministro. Non è un qualunquista di passaggio né un oppositore dei governanti. La questione che pone non potrà essere scantonata sperando che taccia. Anche perché sarebbe una vana speranza.

La Ragione

L'articolo Lo sgarbo proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



La storia ignorata


sraele uguale nazismo? Cosa succede quando l’uso politico della storia si incontra con l’ignoranza della storia? L’uso politico della storia non è certo una novità. È sempre stato praticato. Si ricorre strumentalmente all’uno o all’altro esempio storico s

sraele uguale nazismo? Cosa succede quando l’uso politico della storia si incontra con l’ignoranza della storia? L’uso politico della storia non è certo una novità. È sempre stato praticato. Si ricorre strumentalmente all’uno o all’altro esempio storico scegliendo l’interpretazione che si ritiene più conveniente al fine di dare sostegno, di fornire legittimità, alla posizione politica che si sta difendendo. A chi ne fa un uso politico, della storia in sé, di che cosa sia realmente accaduto in passato, non importa un bel nulla: si usa la storia come una clava, è solo un mezzo utile per fare propaganda, per conquistare proseliti, per sconfiggere le posizioni avversarie. Ma se la novità non sta certo nell’uso politico della storia, è nuovo il contesto in cui vi si fa ricorso.

La novità consiste nel fatto che oggi una parte ampia dei ceti istruiti (o supposti tali), specie delle generazioni più giovani, è incapace di pensare la storia e, spesso e volentieri, non possiede neppure le semplici nozioni storiche che un tempo fornivano le scuole superiori. È un fenomeno che gli storici di professione da tempo stigmatizzano. Viviamo in società immerse in un eterno presente. Il processo è cominciato nell’era televisiva. La Rete ha esasperato la tendenza.

Le ricerche condotte dagli specialisti della comunicazione danno al riguardo indicazioni chiare: una grande quantità di persone che vive immersa nel presente ha perduto la capacità di capire che il presente è influenzato dal passato. A queste persone sfugge la profondità storica di qualunque evento di cui sia testimone. E poiché il passato non conta nulla, non è considerato un mezzo per comprendere il presente, non ha nemmeno senso dotarsi di un minimo di conoscenze storiche. Un tempo l’uso politico della storia, la storia usata come clava, incontrava un limite, ovvero esistevano degli anticorpi. Una parte almeno dei ceti istruiti era dotata di sufficienti nozioni storiche,e disponeva di sufficiente senso storico, da non farsi imbrogliare. Adesso non è più così, gli anticorpi sono svaniti o si sono assai indeboliti. A qualcuno è stato detto che un tempo (il quando, nonché il contesto, ovviamente, sono irrilevanti) è esistita una cosa denominata nazismo e di cui null’altro importa sapere se non che si trattava del male assoluto. Inoltre, quel qualcuno ha sviluppato nel tempo un odio viscerale nei confronti di Israele, Stato percepito come più potente dei suoi vicini e colpevole di essere appoggiato dall’Occidente. L’accostamento diventa automatico: Israele uguale nazismo. Non c’è alcun bisogno di sapere qualcosa né della storia del nazismo né di quella di Israele per stabilire l’associazione. E poiché ignoranza della storia significa anche ignoranza di cosa sia e di quanto abbia storicamente pesato l’antisemitismo, non sorprende che una quantità così elevata di studenti universitari, da Harvard alle università europee, non abbia problemi a fare un simile accostamento.

Come sempre in questi casi hanno un ruolo sia i cattivi maestri che i processi imitativi. All’inizio ci sono cattivi maestri (genitori o insegnanti) che, per l’appunto, fanno uso politico della storia: essi raccontano a giovani sprovveduti che Israele e il nazismo pari sono, «la vittima trasformatasi in carnefice» eccetera. I suddetti sprovveduti, a loro volta, «fanno tendenza»: ripetono la fanfaluca di fronte a coetanei ignoranti quanto loro. Anche il coetaneo, naturalmente, nulla sa né del nazismo né di Israele ma è ostile a Israele e, soprattutto, non vuole perdere la faccia. Si auto-convince della verità di quanto gli è stato raccontato. Cattivi maestri da un lato, processi imitativi dall’altro. Una ricerca dell’Istituto Cattaneo di Bologna condotta su un campione di studenti di corsi umanistici di tre Università del Nord, intervistati sia prima che dopo il 7 ottobre, offre conferme. La ricerca ricostruisce gli atteggiamenti degli studenti verso gli ebrei. Si trattava essenzialmente di capire se e quanto l’antisemitismo fosse diffuso fra gli universitari distinguendo fra i temi classici dell’antisemitismo e quelli di nuovo conio. Ma il punto che qui ci interessa riguarda Israele: risulta che il 46% degli intervistati condividesse, prima del 7 ottobre, l’equiparazione fra Israele e Germania nazista. Addirittura, questa percentuale cresce subito dopo il 7 ottobre (e dunque prima dell’intervento israeliano a Gaza). Ed è fatta propria dal 50% del campione dopo il 17 ottobre. Sono, plausibilmente, dopo il 17 ottobre, le notizie sulle vittime palestinesi dell’intervento militare ad aumentare (di qualche punto in percentuale) il numero di coloro che considerano valido l’accostamento fra Israele e nazismo ma è un fatto che costoro sono già tantissimi, quasi la metà del campione prima della nuova guerra e, per giunta, risultano in aumento dopo il pogrom del 7 ottobre. Commetterebbe un grosso errore chi volesse consolarsi considerando che metà del campione rifiuta di equiparare Israele al nazismo. Se in un gruppo di dieci persone cinque non credono che i terremoti siano causati dagli incantesimi della strega cattiva ciò non è rilevante. È rilevante che cinque ci credano.

Per aiutare a comprendere quanto sta accadendo in Medio Oriente occorrerebbe spiegare che si tratta di una vicenda complessa che inizia nel 1948 con la nascita dello Stato di Israele e il conseguente «rifiuto arabo». Nessuna comprensione di quanto è accaduto e accade è possibile se non si parte da lì. Gli stessi errori di Israele (le colonie in Cisgiordania, l’illusione di potere difendere all’infinito lo status quo, ossia i precarissimi rapporti fra due popoli reciprocamente ostili) non si spiegano se non ricostruendo quel quadro generale. Ma, appunto, ciò presuppone che l’interlocutore sia disposto a riconoscere il peso e l’importanza della storia per comprendere il presente. Il che però è impedito o quanto meno reso assai difficoltoso dal clima e dalle tendenze dominanti. La sopra citata ricerca del Cattaneo lascia aperto uno spiraglio. Risulta che gli atteggiamenti negativi verso gli ebrei sono più accentuati fra gli studenti con alle spalle un basso rendimento scolastico. In altri termini, anche nell’epoca dei social, la scuola può fare, almeno in parte, la differenza. Se essa tornasse al rigore di un tempo forse si potrebbero ricostituire gli anticorpi necessari per contenere la diffusione delle credenze più aberranti. L’incontro fra uso politico della storia e ignoranza della storia genera mostri. Ciò, di sicuro, non fa bene alla democrazia.

Corriere della Sera

L'articolo La storia ignorata proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



In Spagna salario minimo aumenta del 5% per far fronte all'inflazione che tra l'altro è stata più bassa perché il governo è intervenuto calmierando prezzi,


Oggi ricorre il centenario della nascita dello scrittore Paolo Volponi e va ricordato un gigante della cultura italiana del Novecento. Noi sentiamo il dovere


A cura di Alba Vastano - Luisa Morgantini, una vita spesa per la pace e contro ogni violenza. Una compagna di cui si va fieri, conoscendo il suo lunghissimo


 OMFG drive.google.com/file/d/1JYKQg… NO COMMENT


Francesco Bonini, Lorenzo Ornaghi, Andrea Spiri – La Seconda Repubblica


L'articolo Francesco Bonini, Lorenzo Ornaghi, Andrea Spiri – La Seconda Repubblica proviene da Fondazione Luigi Einaudi. https://www.fondazioneluigieinaudi.it/francesco-bonini-lorenzo-ornaghi-andrea-spiri-la-seconda-repubblica/ https://www.fondazioneluig


Il presidente dell’Argentina Milei in Israele: “Trasferiremo l’ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme”


Il Ministro degli Esteri israeliano ha ringraziato Milei per “aver riconosciuto Gerusalemme come capitale di Israele” L'articolo Il presidente dell’Argentina Milei in Israele: “Trasferiremo l’ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme” proviene da Pagine Ester

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Pagine Esteri, 6 febbraio 2024. L’ultraliberista Javier Milei, neo-presidente dell’Argentina è in queste ore in visita in Israele.

Accolto dal ministro degli Esteri israeliano, Israel Katz, appena sceso dall’aereo ha dichiarato con fermezza che intende trasferire l’ambasciata Argentina in Israele da Tel Aviv a Gerusalemme occupata.

Tra incontri con rabbini e membri del governo, il leader di estrema destra ha messo da parte la motosega sventolata durante la campagna elettorale per lasciare posto agli abbracci commossi dinanzi al Muro del Pianto.

Il Ministro Katz ha ringraziato Milei per “aver riconosciuto Gerusalemme come capitale di Israele e per aver annunciato adesso il trasferimento dell’ambasciata argentina a Gerusalemme, capitale del popolo ebraico e dello Stato d’Israele’‘.

Milei ha dichiarato che il viaggio di due giorni ha lo scopo di “mostrare il mio sostegno a Israele contro gli attacchi del gruppo terroristico Hamas e ad esprimere il legittimo diritto d’Israele di difendersi”. Secondo fonti giornalistiche argentine, il governo intende inserire Hamas nella l’osta dei gruppi terroristici, come richiesto a gran forza dalla comunità ebraica locale.

È previsto per domani, mercoledì, il suo incontro con il primo ministro Benjamin Netanyahu.
Il presidente argentino Javier Milei a Gerusalemme, al Muro del pianto

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L'articolo Il presidente dell’Argentina Milei in Israele: “Trasferiremo l’ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme” proviene da Pagine Esteri.



L'Interoperable Europe Act è stato adottato dalla plenaria del Parlamento europeo con 524 voti favorevoli, 18 contrari e 97 astensioni.

«Nonostante le ambiguità nella formulazione e l'esclusione della comunità #FreeSoftware dalla governance del regolamento, i decisori hanno ascoltato le nostre richieste»

@Informatica (Italy e non Italy 😁)

#InteroperableEuropeAct


The #InteroperableEuropeAct has been adopted in the European Parliament plenary with 524 votes in favour, 18 against and 97 abstentions.

In spite of ambiguities in the wording and the exclusion of the #FreeSoftware Community from the governance of the regulation, decisions makers heard our demands.

1/2 ⬇️

#EU #IEA

fsfe.org/news/2024/news-202402…




THE MIKE BELL CARTEL – AIN’T NO HIGH (THAT’S HIGH ENOUGH) / LIKE NO OTHER 7″


Attraversiamo i giorni della merla ed io odio l’inverno. Non patisco particolarmente il freddo, ma sono solito lamentarmene.

Trovo che sia fastidioso e sgradevole. Poi però penso alla mia fortuna, giacché che vivo a latitudini particolarmente felici in cui le temperature in fondo non scendono mai troppo vertiginosamente. Pensate come ci potremmo sentire se in questo momento fossimo teletrasportati a Helsinki.

@Musica Agorà

iyezine.com/the-mike-bell-cart…

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“L’Olanda multa Uber per violazione delle norme sulla privacy” Il 31 gennaio 2024 l’Autorità Olandese per la Protezione dei Dati (AP) ha annunciato di aver inflitto una multa di 10 milioni di euro a Uber Technologies. Secondo l’Autorità, la società Uber, nel periodo compreso tra il 2018 e il febbraio 2022, non sarebbe stata chiara …


Chat control in the EU Parliament today, in court tomorrow


The EU Committee on Internal Affairs today gave the green light for an extension of the controversial chat control regulation permitting US internet companies to automatically search all private messages for …

The EU Committee on Internal Affairs today gave the green light for an extension of the controversial chat control regulation permitting US internet companies to automatically search all private messages for suspected content. A motion to reject the proposal was only supported by the Pirates, Greens, Left and a part of Renew, but was rejected by a large majority. If the EU Parliament as a whole gives the green light in a plenary vote next week, the Parliament wants to reach an agreement with the Council before the end of February.

Tomorrow, the Kiel Regional Court will hear the case brought by the most prominent critic of chat control, MEP Patrick Breyer from the Pirate Party. Breyer is suing Meta, the parent company of Facebook and Instagram, which is responsible for 80% of the leaked chats and private photos. Meta has promised in court to stop chat control in direct messages on Facebook and Instagram and to introduce secure end-to-end encryption, but this promise has not yet been honoured.

Plaintiff Patrick Breyer comments:

“This regulation allows for untargeted, general and indiscriminate searches of private messages by US big tech companies (e.g. Facebook Messenger, GMail). Former ECJ judge Colneric has confirmed this violates fundamental rights. There are two court challenges against the chat control 1.0 regulation pending in Germany, including by a victim of child sexual abuse. The European Data Protection Supervisor now also warns the “Regulation does not contain effective safeguards against general and indiscriminate monitoring of private communications” and “recommends not to adopt the Proposal until the necessary safeguards are integrated”. The compromises on the table do not achieve this.

Strategically, instead of buying Commission and Council time for building a majority for making indiscriminate chat control scanning mandatory, the European Parliament should refuse to extend the indiscriminate regime and offer Council exclusively the targeted regime that was adopted last autumn nearly unanimously. If we extend indiscriminate and general chat control 1.0 now, no matter by how long, this will only be the first extension and indiscriminate searches in our personal messages and photos by US Big Tech will de facto become the permanent solution.

Instead of taking up the EU Parliament’s new approach for more effective and court-proof child protection without chat control mass surveillance, EU Commissioner Johansson is incorrigibly insisting in the destruction of digital privacy of correspondence, playing for time and hoping to manipulate critical EU states into agreeing by running infamous campaigns and spreading misinformation. This approach has gotten us into deadlock politically, failing children and abuse victims alike. We should clearly reject this strategy and insist on finding better solutions than mass surveillance, as proposed by the European Parliament last year.”

The Kiel Regional Court will hear Breyer’s case tomorrow in a public hearing starting at 09:30 (case no. 13 O 40/23).


patrick-breyer.de/en/chat-cont…



Ma quanto è grande la misericordia di Dio!


Quando leggiamo il racconto avvincente di Naaman e di Eliseo (in II Re 5), alla fine esclamiamo: "ma quanto è grande la misericordia di Dio!"
A Naaman, il nemico, il superbo, che solo ora appena ha ammesso ci sia un solo Signore che vuole onorare, quando chiede "tuttavia" di poter violare il II comandamento (quello sull'adorare statue o immagini) per potersi inchinare di fronte all'idolo della sua nazione, Eliso dice: "Va’ in pace"!
Che significa, non ti preoccupare: Dio ti benedirà, e quindi avrai pace.
È una conclusione sorprendente. Dio si preoccupa di persone di popoli diversi e accetta che lo si onori in maniera un po’ diversa. Siamo infatti salvati per grazia, cioè non per nostri meriti e nemmeno per i nostri riti e nemmeno per la nostra teologia, ma siamo salvi per sola grazia di Dio.


Oggi per il #SaferInternetDay 2024 il #MIM aderisce con un evento dalle ore 10 per riflettere sui rischi e le opportunità della Rete con gli stessi protagonisti della comunità scolastica, studenti, docenti, insieme a stakeholder pubblici e privati.


Riad investe nella Difesa. Ecco tutte le opportunità per l’Italia


L’Arabia Saudita è destinata a diventare sempre più un attore di primo piano in generale per quanto riguarda le collaborazioni commerciali e internazionali, e in particolar modo per quello che riguarda il settore della Difesa. Una spinta dettata in partic

L’Arabia Saudita è destinata a diventare sempre più un attore di primo piano in generale per quanto riguarda le collaborazioni commerciali e internazionali, e in particolar modo per quello che riguarda il settore della Difesa. Una spinta dettata in particolare dalla sua Vision 2030, il programma strategico promosso da Riad per ridurre la sua dipendenza dal petrolio e diversificare la propria economia, che vede tra i suoi pilastri principali l’aumento della spesa in ambito militare. Una dimostrazione di questo arriva dal Preview Day del World Defense Show Saudi Arabia, che ha visto partecipare oltre un centinaio di delegazioni da 65 nazioni, e alla quale l’Italia ha partecipato con le sue eccellenze industriali dell’aerospazio, della difesa e della sicurezza con il sostegno delle istituzioni della Difesa e delle Forze armate.

Parte della delegazione italiana, anche la missione guidata dall’ammiraglio Pier Federico Bisconti, vice segretario generale della Difesa e della Direzione nazionale degli armamenti, che ha incontrato a Riad il suo omologo Ibrahim Al Suwayed, viceministro della difesa e a capo dell’armamento e del procurement. Un incontro inserito nel solco del Joint consultative committee, il meccanismo di dialogo militare tra Arabia Saudita e Italia sui temi della difesa e sicurezza avviato a dicembre del 2023 con la visita nella capitale saudita del segretario generale della Difesa e direttore nazionale degli armamenti, generale Luciano Portolano. Questa serie di consultazioni non solo confermano le buone relazioni tra i due Paesi, ma sottolineano in particolare il forte interesse del Paese arabo ad approfondire i rapporti con il nostro Paese anche mediante la cooperazione nel settore della Difesa.

L’Arabia Saudita è coinvolta in un processo di rafforzamento delle proprie piattaforme militari a tutto spettro, un processo che – secondo i dettami della Visione 2030 – intende perseguire attraverso collaborazioni che vedano il 50% della realizzazione sul territorio saudita, in uno sforzo all’industrializzazione diversificata del Paese. La strategia di Riad è ancora all’inizio, e molte delle necessità del Paese dal punto di vista dei requisiti per le proprie piattaforme non sono ancora stati definiti, tuttavia è un processo che sta iniziando e che vedrà quei Paesi già coinvolti e presenti nel regno avere un notevole vantaggio rispetto a chi dovesse approcciare alla monarchia araba più tardi.

Non è un caso che di recente la Germania abbia rimosso il veto che impediva l’esportazione di Eurofighter all’Arabia Saudita, un dietrofront che ha segnato il cambio di rotta del cancellierato di Olaf Scholz sulle questioni legate alla difesa e alla sicurezza internazionali. Il blocco tedesco risaliva al 2018, quando l’allora cancelliera, Angela Merkel, dispose lo stop alle esportazioni di Typhoon alla monarchia saudita come reazione alla crisi scaturita dall’uccisione in Turchia del giornalista dissidente Jamal Khashoggi.

Il veto tedesco ha avuto l’effetto di paralizzare l’accordo che Riad aveva stretto con il Regno Unito – partner del progetto – per l’acquisto di ulteriori 48 velivoli, dopo i 72. Un accordo dal valore di cinque miliardi di sterline. Già allora non si erano fatte attendere le perplessità da parte delle aziende coinvolte, BAE Systems, Airbus e l’italiana Leonardo, e ancora a settembre 2023 il primo ministro britannico, Rishi Sunak, chiedendo a Berlino di rimuovere il veto all’export dei caccia. Anche l’Italia aveva posto tra il 2019 e il 2020 alcune limitazioni alle esportazioni di materiale militare all’Arabia Saudita, tra cui munizioni per gli Eurofighter, paletti rimossi definitivamente dal Consiglio dei ministri a maggio del 2023. L’importanza della decisione tedesca ha segnato duqnue un importante cambio di passo in generale per il futuro dei progetti congiunti europei, a partire dai caccia Eurofighter, a cui partecipa anche l’industria italiana, che potrebbero vedere allargarsi la lista di ordini, con una nuova spinta sui mercati globali.

Altro segnale positivo che arriva dal World Defence Show è il memorandum of understanding sottoscritto da Leonardo con ministero degli Investimenti e l’Autorità generale per l’industria militare dell’Arabia Saudita per sviluppare e valutare una serie di investimenti e opportunità di collaborazione nei settori dell’aerospazio e della difesa. Molteplici le potenziali aree di cooperazione al centro dell’accordo: spazio, manutenzione/riparazione/revisione per aerostrutture, localizzazione per sistemi di guerra elettronica, radar e per l’assemblaggio di elicotteri. Una firma che per il presidente di Leonardo, Stefano Pontecorvo, rappresenta “una piattaforma per sviluppare congiuntamente nuove tecnologie, attraverso l’esperienza e le capacità delle parti”. Come spiegato dal condirettore generale, Lorenzo Mariani, “l’accordo ci permetterà di fare una valutazione approfondita riguardo nuove opportunità di collaborazione in diversi settori, beneficiando di oltre cinquant’anni di presenza di Leonardo e della stretta cooperazione con l’Arabia Saudita”.

Per decenni Leonardo ha fornito al Paese piattaforme, sistemi, tecnologie e servizi, dal trasporto aereo, al supporto all’industria energetica, agli elicotteri, fino a sistemi elettronici e sensori, a cui si aggiungono sistemi per la difesa marittima e cyber, oltre a un contributo nel campo della difesa aerea. L’accordo rappresenta, dunque, l’ultimo passo nel rafforzare le attività del gruppo di piazza Monte Grappa nel regno per creare nuove opportunità in diversi settori grazie ad una consolidata presenza. collaborando alla Vision 2030 dell’Arabia Saudita.


formiche.net/2024/02/riad-inve…



In Cina e Asia – Cina, anche il programma nucleare nel mirino dell’anti-corruzione


In Cina e Asia – Cina, anche il programma nucleare nel mirino dell’anti-corruzione programma nucleare
Cina, alto funzionario legato al programma nucleare indagato per corruzione
Cina, viaggi per il Capodanno lunare a rischio per il maltempo
Belt and Road: record di finanziamenti dal 2018, nonostante il rallentamento economico
Cina, condannata a oltre tre anni di carcere l’attivista Li Qiaochu
Hong Kong: Lionel Messi in panchina contro la League Xi, spettatori infuriati
Meloni a Tokyo prende il testimone del G7: “Noi sempre più presenti nell’Indo-Pacifico”
Filippine pronte a “usare la forza” contro le minacce di secessione dell’ex presidente Duterte

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La Casa Bianca nega ancora che le tensioni in Medio Oriente siano legate a Gaza


Riconoscere il legame renderebbe più difficile giustificare l'appoggio incondizionato alla guerra di Israele, scrive Daniel Larison su Responsible Statecraft L'articolo La Casa Bianca nega ancora che le tensioni in Medio Oriente siano legate a Gaza provi

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di Daniel Larison*Responsible Statecraft 2 Febbraio 2024

(traduzione di Federica Riccardi)

L’amministrazione Biden continua a negare qualsiasi collegamento tra la guerra a Gaza e i conflitti in corso che coinvolgono le forze statunitensi in Iraq, Siria e Yemen. La posizione della Casa Bianca, secondo la quale si tratta di conflitti non collegati tra loro e che sono scoppiati nello stesso momento, non può conciliarsi con le prove che dimostrano come la guerra a Gaza abbia alimentato l’instabilità e la violenza regionale, compreso il recente attacco con un drone da parte di una milizia irachena, che ha ucciso tre membri del contingente americano e ne ha feriti più di 40 in una base in Giordania all’inizio di questa settimana.

Per quanto l’amministrazione voglia tenere il conflitto confinato a Gaza, la verità è che si è esteso a diversi altri Paesi. È un disservizio per il popolo americano e per il personale militare americano fingere che il sostegno degli Stati Uniti alla guerra a Gaza non abbia già avuto gravi conseguenze negative per la stabilità regionale e per le forze americane nella regione, quando è evidente che sia così. Quando gli è stato chiesto di questo “stesso, più ampio conflitto” durante una conferenza stampa mercoledì, il portavoce del Consiglio di Sicurezza Nazionale John Kirby ha respinto qualsiasi collegamento tra Gaza e gli attacchi degli Stati Uniti contro obiettivi Houthi o gli scontri tra le milizie locali e le forze statunitensi.

“Non sono assolutamente d’accordo con la vostra descrizione di uno stesso, più ampio conflitto. C’è un conflitto in corso tra Israele e Hamas… e noi ci assicureremo di continuare a fornire a Israele il sostegno di cui ha bisogno per difendersi da questa minaccia ancora attuale”, ha detto Kirby. “Ci sono stati attacchi alle nostre truppe e alle nostre strutture in Iraq e in Siria ben prima del 7 ottobre, certamente anche durante la scorsa amministrazione. Per quanto riguarda gli Houthi, possono sostenere quanto vogliono che questo è legato a Gaza, ma due terzi delle navi che hanno colpito non hanno alcun legame con Israele. Quindi non è vero, è una falsità”.

La risposta di Kirby è fuorviante e falsa. Il gruppo iracheno che ha rivendicato la responsabilità dell’attacco in Giordania, la Resistenza islamica dell’Iraq, ha dichiarato esplicitamente che il suo attacco era collegato alla guerra a Gaza. La leadership degli Houthi ha enfatizzato come i loro attacchi continueranno fino a quando la guerra continuerà. La decisione di altri attori di salire sul carro di una causa può essere cinica o meno, ma non si può negare che siano saliti sul carro.

Rifiutare di affrontare la realtà delle connessioni tra questi conflitti garantisce agli Stati Uniti di perseguire politiche inefficaci e controproducenti, ignorando che la chiave per disinnescare le tensioni regionali è porre fine alla guerra a Gaza il più rapidamente possibile.

Kirby non ha menzionato che gli attacchi dei miliziani contro le forze statunitensi in Iraq e Siria erano cessati per diversi mesi prima del 7 ottobre a seguito dell’intesa che gli Stati Uniti e l’Iran avevano raggiunto in relazione all’accordo sullo scambio di prigionieri. Solo dopo il 7 ottobre gli attacchi sono ripresi e sono aumentati a livelli record. Le milizie locali hanno altre ragioni per prendere di mira le forze statunitensi che sono precedenti alla guerra, ma non c’è modo di capire l’intensità degli attacchi negli ultimi mesi, o la loro cessazione durante la pausa dei combattimenti a Gaza l’anno scorso, senza riconoscere che sono legati alla guerra di Israele.

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Bab El Mandeb

Lo stesso vale per gli attacchi degli Houthi. Gli Houthi non hanno lanciato una campagna contro la navigazione commerciale durante la loro guerra contro la coalizione saudita, quindi non è una cosa che hanno fatto abitualmente da quando hanno preso il potere nel 2014. I primi attacchi degli Houthi dopo il 7 ottobre erano rivolti proprio contro Israele. Gli Houthi hanno cambiato poi tattica prendendo di mira le navi commerciali, ma era chiaro che lo hanno fatto in risposta alla guerra.

Senza dubbio gli Houthi stanno agendo in modo opportunistico e stanno lanciando questi attacchi in parte per rafforzare le proprie sorti politiche in Yemen, ma questo non cambia la realtà che tali attacchi stanno avvenendo ora a causa della guerra a Gaza. Se questo è vero, sembra anche ragionevole concludere che gli assalti contro la navigazione potrebbero terminare con un cessate il fuoco.

L’amministrazione Biden ha forti incentivi politici a negare i legami tra questi diversi conflitti. Se riconosce un legame, diventa più difficile giustificare il suo appoggio incondizionato alla guerra di Israele, a causa dei costi maggiori che comporta. Inoltre, mina la loro argomentazione a favore di un’azione militare in Yemen contro gli Houthi.

La Casa Bianca ha bisogno che gli americani pensino che i costi del continuo sostegno alla guerra israeliana siano più bassi di quanto non siano in realtà, e ha anche bisogno che gli americani credano che gli attacchi allo Yemen non siano legati alla loro ostinata opposizione al cessate il fuoco a Gaza. Ora che ci sono morti americani a causa di un attacco della milizia irachena, l’amministrazione vuole compartimentare ogni conflitto, in modo che il popolo americano non concluda che i soldati statunitensi sono stati uccisi a causa di una guerra esterna che il presidente ha scelto di sostenere senza condizioni.

L’amministrazione insiste nel voler prevenire una guerra regionale, ma non ci riuscirà se non riconoscerà le relazioni tra la campagna di Israele e ciò che sta accadendo altrove in Medio Oriente. Negare il legame con Gaza nello Yemen ha già portato all’abbaglio dell’escalation contro gli Houthi. Questo non ha fatto nulla per rendere più sicure le spedizioni commerciali, ma ha trascinato gli Stati Uniti in un’altra inutile battaglia a tempo indeterminato. Il Presidente sta per commettere un errore simile in risposta all’attacco dei droni in Giordania.

Gli Stati Uniti possono scegliere di impelagarsi sempre di più nei conflitti mediorientali, come stanno facendo ora, oppure possono riconoscere l’inutilità e la follia di percorrere la stessa strada senza uscita come hanno già fatto in passato. Se Washington vuole evitare di essere coinvolta in nuovi conflitti, deve rifiutare la strada dell’escalation e deve smettere di alimentare la guerra a Gaza, che è uno dei principali fattori di instabilità regionale.

A lungo termine, gli Stati Uniti devono ridurre la loro presenza militare nella regione per rendere più difficile per altri attori colpire le forze americane, e devono rivalutare e ridurre significativamente le loro relazioni clientelari.

L’opinione pubblica merita un resoconto onesto di ciò che il nostro governo sta facendo in Medio Oriente e perché, e al momento la Casa Bianca non sta fornendo nulla di simile. Se il Presidente non vuole cambiare rotta, il minimo che possa fare è parlare con il popolo americano di tutti i costi che comporta continuare a percorrere la strada pericolosa che ha scelto.

*E’ editorialista regolare di Responsible Statecraft, collaboratore di Antiwar.com ed ex redattore senior della rivista The American Conservative. Ha conseguito un dottorato di ricerca in Storia presso l’Università di Chicago. Scrive regolarmente per la sua newsletter, Eunomia, su Substack.

Le opinioni espresse dagli autori su Responsible Statecraft non riflettono necessariamente quelle del Quincy Institute o dei suoi associati.

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VERSIONE ITALIANA UE, I PAESI VOTANO ALL’UNANIMITA’ PER APPROVARE L’IA ACT Il primo regolamento completo per l’Intelligenza Artificiale è stato approvato all’unanimità dagli ambasciatori dei 27 Paesi dell’Unione, confermando l’accordo politico raggiunto a dicembre. L’accordo politico era stato raggiunto sui principali punti critici della legge che ha l’obiettivo di regolamentare l’uso e l’eventuale capacità di …


ARRESTATI IN CORSICA E SPAGNA I CAPI DELLA “SOCIETÀ FOGGIANA”, LA QUARTA MAFIA.


Il leader della mafia foggiana, Marco Raduano, fuggito nel febbraio 2023 da una sezione di massima sicurezza del carcere di Nuoro, è stato arrestato giovedì 1 febbraio in Alta Corsica. Raduano, 40 anni, indicato come leader della “Società Foggiana”, è stato arrestato giovedì sera ad Aleria, nella parte orientale dell'isola, mentre cenava in un ristorante con una donna. Individuato dai carabinieri, è stato tratto in arresto dalla Gendarmeria Nazionale francese, in collaborazione con Europol.

Immagine/foto
(Marco Raduano a Bastia il 2 febbraio 2024 dopo il suo arresto)

Il suo braccio destro, Gianluigi Troiana, latitante dal 2021, è stato arrestato contemporaneamente a Otura, vicino a Granada, nel sud della Spagna. In questo caso la localizzazioe, sempre merito dei carabinieri, ha avuto il suo apice con la cattura da parte della Guardia Civil spagnola, sempre con il coordinamento internazionale di Europol. "L'arresto all'estero di due pericolosi latitanti, il boss Marco Raduano e il suo braccio destro Gianluigi Troiana (...), rappresenta un nuovo colpo alla criminalità ", ha dichiarato il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi.

Immagine/foto
(Il braccio destro di Marco Raduano, Gianluigi Troiana, dopo il suo arresto a Otura in Spagna)

Marco Raduano, alias “ Faccia d'angelo” , era evaso nel febbraio 2023 da una sezione di massima sicurezza del carcere di Nuoro, in Sardegna, utilizzando delle lenzuola annodate tra loro. Poi è sceso lungo il muro della prigione, prima di fuggire. Stava scontando una pena detentiva di ventiquattro anni per appartenenza ad un'organizzazione mafiosa, traffico di droga, possesso illegale di armi e altri crimini. In un altro caso in corso, è accusato di due omicidi commessi nel 2017 e per i quali, è sotto processo anche Gianluigi Troiana, il suo braccio destro, latitante dal 2021, mentre scontava una pena, agli arresti domiciliari, di nove anni e due mesi.
A lungo sottovalutata, la mafia foggiana, detta la "quarta mafia" - per la sua apparizione successiva - è considerata la più violenta della penisola. Il suo sradicamento è diventato “un’emergenza nazionale”, nelle parole dell’ex procuratore nazionale antimafia Francesco De Raho.

#Armadeicarabinieri #Europol #Guardiacivil #Gendarmerianazionalefrancese



GAZA. Nessuna notizia dell’ambulanza mandata a salvare la bimba palestinese


Otto giorni fa due volontari della Mezzaluna Rossa sono partiti per soccorrere Hind Hamada, di 6 anni, unica sopravvissuta della sua famiglia dopo che i carri armati israeliani hanno circondato l'automobile in cui si trovava insieme a 6 parenti, inclusi 4

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Pagine Esteri, 5 febbraio 2024. Sono trascorsi otto giorni da quando a Gaza un’ambulanza della Mezzaluna Rossa è partita per soccorrere una bambina palestinese di 6 anni, Hind Hamada, unica sopravvissuta al fuoco dei carri armati israeliani che avrebbero circondato e colpito l’automobile in cui si trovava insieme a 6 parenti, inclusi 4 bambini.

Una coordinatrice del centralino della Mezzaluna Rossa, Rana al-Faqeh, è rimasta al telefono con la bambina per ore, provando a tranquillizzarla e a distrarla. Nonostante ciò Hind, come si può ascoltare dalla registrazione della telefonata, ha continuato a chiedere aiuto, a pregare i soccorritori di portarla via: “Si sta facendo buio e io ho paura del buio. Vieni a prendermi”. Durante la conversazione, in più occasioni, si è sentito distintamente il rumore degli spari.

Tutto è cominciato lunedì 29 gennaio, quando la sala operativa della PRCS ha ricevuto una chiamata di soccorso da parte di Layan Hamadeh di 15 anni. La ragazza chiedeva disperatamente aiuto perché l’automobile in cui si trovava, insieme ai genitori, ai due fratellini e alla cuginetta Hind, era circondata dai carri armati israeliani. Tra le urla si sentono gli spari e poi più nulla.

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Yousef Zeino, volontario della Mezzaluna Rossa Palestinese di cui si sono perse le tracce

Durante le tre ore della telefonata successiva tra la sala operativa e la bambina di 6 anni, unica sopravvissuta nell’automobile, i membri della Mezzaluna Rossa hanno provato a coordinare la partenza e il percorso dell’ambulanza con l’esercito israeliano.

È un’operazione che, nella Striscia assediata dai militari israeliani, devono compiere organizzazioni internazionali, associazioni umanitarie e sanitarie e anche le agenzie delle Nazioni Unite per comunicare all’esercito il passaggio dei propri mezzi e provare a garantire la sicurezza del personale. Nonostante ciò a Gaza molte ambulanze sono state colpite e diversi operatori della Mezzaluna Rossa sono rimasti uccisi.

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Ahmed Madhoun, volontario della Mezzaluna Rossa Palestinese di cui si sono perse le tracce

I due volontari partiti per raggiungere Hind, Yousef Zeino e Ahmed Madhoun, alle 18.00 circa di lunedì hanno comunicato alla sala operativa di essere arrivati sul luogo in cui si trovava l’automobile. Da quel momento, però, di loro si sono perse le tracce. Come per Hind, dopo l’interruzione delle comunicazioni.

Gli appelli quotidiani della Mezzaluna Rossa, che si è rivolta anche all’esercito israeliano per ottenere notizie, non sono riusciti al momento a ottenere risposte né informazioni. Dopo una settimana non si sa nulla di Hind né dell’ambulanza e dei due soccorritori che sembrano scomparsi nel nulla.

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Quei sottosviluppati che stanno al Parlamento Europeo hanno respinto una richiesta che chiedeva un dibattito sulla sentenza della Corte Internazionale di Giustizia:

Clare Daly, europarlamentare Irlandese:

"Nonostante l'importante sentenza della Corte Internazionale di Giustizia, secondo cui Israele è plausibilmente accusato di genocidio a Gaza, la nostra richiesta di "The Left" avanzata da Manu Pineda di aggiungere un dibattito al riguardo è stata respinta dalla maggioranza degli eurodeputati. La guerra è pace. La libertà è schiavitù. E "Israele ha il diritto di difendersi"."

Usa, UE e UK cancro del mondo. Che siate maledetti per l'eternità!

T.me/GiuseppeSalamone



Israele è l'unico paese al mondo che può permettersi di bombardare civili, ospedali, sedi umanitarie, scuole e università senza incorrere in alcuna conseguenza. Quello che sta facendo Israele è qualcosa che negli ultimi 70 anni mai nessuno ha fatto e credo che in futuro mai nessuno riuscirà a fare!

Anzi, viene accusato chi accusa questi criminali di guerra perché si sentono intoccabili grazie soprattutto a Biden, Meloni e Company che mandano navi da guerra per consentirgli di portare avanti un genocidio.

Stamattina il terrorismo di stato israeliano ha bombardato un camion dell'ONU. Dentro quel camion non c'erano armi o erano nascosti "terroristi", dentro quel camion c'erano aiuti umanitari per una popolazione alla fame e prossima alla carestia. La foto è stata condivisa da Thomas White, direttore degli affari dell'UNRWA e alla nostra stampa non sembra interessare perché troppo impegnata a portare avanti la propaganda governativa dei bambini Palestinesi portati in italia.

L'ipocrisia regna sovrana: permettono a Israele di bombardare i bambini Palestinesi e poi vogliono passare per quelli buoni portandone una piccola parte in Italia per curarli. È pura propaganda perché allo stesso tempo fanno tre cose disumane: permettono appunto a Israele di bombardare, iniziano a deportare persone dalla Palestina secondo le linee guida del governo israeliano e contemporaneamente si puliscono la coscienza di fronte a quell'opinione pubblica convinta di sapere la verità ascoltando la televisione e leggendo i giornali di regime.

Allo stesso tempo però si dimenticano di condannare e far vedere questi bombardamenti sugli aiuti umanitari o di rilanciare la denuncia della Mezzaluna Rossa, la quale con un video da brividi ha mostrato le distruzioni delle loro sedi causate dagli attacchi missilistici a Jabaliya e nel nord della Striscia di Gaza effettuati dall'esercito israeliano.

Poi però i terroristi sono gli Houti, che hanno ucciso zero persone a differenza di Israele che ne ha ammazzate decine di migliaia e portano avanti un'azione sacrosanta, ripeto, SACROSANTA che mira a difendere i bambini Palestinesi e dissuadere Israele di continuare un vergognoso genocidio.

T.me/GiuseppeSalamone



Esercitazioni e caccia del futuro. Tutti i legami della Difesa tra Roma e Tokyo


Un partenariato strategico che passa anche per la Difesa e la sicurezza. Tra i tanti temi che sono stati affrontati nel corso dell’incontro bilaterale tra il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e il premier giapponese Fumio Kisishida, a palazzo Kant

Un partenariato strategico che passa anche per la Difesa e la sicurezza. Tra i tanti temi che sono stati affrontati nel corso dell’incontro bilaterale tra il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e il premier giapponese Fumio Kisishida, a palazzo Kantei, sede del governo nipponico, quello delle collaborazioni militari e industriali per la difesa sono stati tra i principali, con il primo ministro giapponese che ha accolto “con favore il fatto che l’Italia stia aumentando la propria presenza nell’Indo-Pacifico”, registrando come quest’anno ci saranno diverse navi militari italiane, “compreso un gruppo portaerei da battaglia” che stanno pianificando uno scalo in Giappone per condurre delle esercitazioni congiunte”. Una presenza, quella italiana, confermata anche dal premier italiano: “L’Italia intende avere una presenza sempre più significativa e invierà ulteriori velivoli e assetti navali: arriveranno la nave Vespucci, la portaerei Cavour, gli F35”, i quali parteciperanno a “importanti esercitazioni congiunte” a dimostrazione di una “grande cooperazione strategica” tra Giappone e Italia.

Il partenariato strategico tra Roma e Tokyo

Per l’Italia, infatti, il Giappone è ormai diventato uno dei principali partner per quello che riguarda la dimensione della Difesa. Nel corso dell’incontro tra Kishida e Meloni, infatti, è stato richiamato il meccanismo di consultazione 2+2 Esteri-Difesa, istituito a marzo durante il precedente incontro a Roma, durante il quale infatti, le relazioni italo-nipponiche sono state elevate a “partenariato strategico”. Il meccanismo prevede una serie regolare di consultazioni bilaterali tra i responsabili ministeriali degli Esteri e della Difesa in un formato simile a quello già attivo con gli Stati Uniti. Secondo quanto annunciato dai due capi del governo, il primo degli incontri è previsto a marzo, a un anno dalla sua istituzione.

Il Gcap

Naturalmente, il grande tema che unisce Roma e Tokyo è quello della collaborazione sul caccia di sesta generazione Global combat air programme (Gcap), il velivolo che i due Paesi stanno sviluppando insieme a Londra destinato a sostituire i circa novanta caccia F-2 giapponesi e gli oltre duecento Eurofighter di Gran Bretagna e Italia. Per il Paese del Sol levante si tratta della prima grande collaborazione industriale nel settore della Difesa al di fuori degli Stati Uniti dalla Seconda Guerra Mondiale. Kishida, del resto, si è detto “lieto” dei progressi compiuti nello sviluppo del Gcap, dopo che a dicembre i ministri della Difesa, l’italiano Guido Crosetto, il britannico Grant Shapps e il giapponese Minoru Kihara, hanno firmato il trattato internazionale per lo sviluppo il “equal partnership” al 33% del jet di sesta generazione. Non è un caso se nel corso della sua visita in Giappone, il presidente Meloni abbia incontrato, tra i grandi gruppi industriali con interessi in Italia, anche la giapponese Mitsubishi Heavy Industries, che insieme all’italiana Leonardo e la britannica Bae Systems ha la guida nazionale del progetto.

Il caccia del futuro

Il progetto del Global combat air programme è destinato a sostituire i circa novanta caccia F-2 giapponesi e gli oltre duecento Eurofighter britannici e italiani, e prevede lo sviluppo di un sistema di combattimento aereo integrato, nel quale la piattaforma principale, l’aereo più propriamente inteso, provvisto di pilota umano, è al centro di una rete di velivoli a pilotaggio remoto con ruoli e compiti diversi, dalla ricognizione, al sostegno al combattimento, controllati dal nodo centrale e inseriti in un ecosistema capace di moltiplicare l’efficacia del sistema stesso. L’intero pacchetto capacitivo è poi inserito all’intero nella dimensione all-domain, in grado, cioè di comunicare efficacemente e in tempo reale con gli altri dispositivi militari di terra, mare, aria, spazio e cyber. Questa integrazione consentirà al jet di essere fin dalla sua concezione progettato per coordinarsi con tutti gli altri assetti militari schierabili, consentendo ai decisori di possedere un’immagine completa e costantemente aggiornata dell’area di operazioni, con un effetto moltiplicatore delle capacità di analisi dello scenario e sulle opzioni decisionali in risposta al mutare degli eventi.

Tokyo spinge sulle riforme

Per Tokyo, il Gcap è il primo progetto a tre con due membri della Nato, e il primo dedicato alla difesa sviluppato con nazioni diverse dagli Stati Uniti, l’alleato di sicurezza principale del Giappone. Inoltre, il governo giapponese starebbe lavorando a una revisione delle regole della nazione sulle esportazioni di attrezzature di difesa, particolarmente rigide in Giappone. Un intento dichiarato anche nella recente Strategia di sicurezza nazionale, aggiornata a l’anno scorso. La misura si inserisce anche nel progetto del gabinetto di Kishida di modificare le norme pacifiste della Costituzione del Giappone.

Export militare

Su questo versante, inoltre, a dicembre 2023 il Giappone ha deciso di modificare e regole che limitavano le esportazioni di materiale di Difesa. Ora sarà possibile, per il Paese del Sol levante, inviare materiali prodotti su licenza al Paese proprietario o sistemi di difesa non-letali agli Stati che si difendono da un’invasione, come l’Ucraina. Proprio pensando al Gcap, il governo di Kishida sta cercando di eliminare il divieto di esportare prodotti co-sviluppati ad altri Paesi. Tokyo, infatti, ha riconosciuto il ruolo fondamentale che l’export riveste per la sostenibilità economica di questi programmi. Progetti all’avanguardia come il Gcap, richiedono investimenti massicci per essere sviluppati e infine prodotti, e i soli mercati interni dei Paesi partner non basta a ripagare gli investimenti.


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L'ondata di attacchi statunitensi in Iraq e Siria, che si aggiungono a quelli contro lo Yemen e ai continui raid israeliani, minacciano di innescare una guerra totale in Medio Oriente L'articolo Attacchi USA: il Medio Oriente sull’orlo di una guerra tota

Attacchi USA: il Medio Oriente sull’orlo di una guerra totale?

@Notizie dall'Italia e dal mondo Twitter WhatsAppFacebook LinkedInEmailPrint

di Marco Santopadre*

Pagine Esteri, 5 febbraio 2024 – Dopo l’uccisione di tre soldati americani in un attacco a sorpresa contro una base militare segreta in Giordania alcuni giorni fa, l’amministrazione Biden aveva promesso una rappresaglia esemplare.
Ma i massicci bombardamenti condotti sabato da Washington contro le milizie filoiraniane in Siria e in Iraq rappresentano un ulteriore passo in una escalation che rischia di andare completamente fuori controllo, innescando una guerra totale in Medio Oriente dagli esiti inimmaginabili.

Quello di Washington non è stato un raid episodico, di quelli fin qui condotti all’interno di un braccio di ferro con l’Iran fatto di azioni e rappresaglie in qualche modo misurate e deterrenti, ma un attacco su vasta scala contro decine di obiettivi. Non solo; Biden ha annunciato nuove azioni massicce aggressive ed ha minacciato di colpire direttamente il territorio iraniano.

Gli Stati Uniti devono dimostrare che fanno sul serio e che non intendono stare alla finestra mentre il cosiddetto “asse della Resistenza” – la rete di organizzazioni militari e politiche radicate in diversi paesi del Medio Oriente che fanno riferimento a Teheran – aumenta la pressione nei confronti di Israele per rivendicare la propria egemonia e contrastare il genocidio della popolazione di Gaza.

Washington ha lanciato un messaggio chiaro all’Iran e ai suoi alleati: se serve, gli Stati Uniti sono pronti anche alla guerra. Si tratta, in parte, di un bluff, e gli avversari degli Stati Uniti, ne sono coscienti. Una guerra frontale in Medio Oriente obbligherebbe la Casa Bianca, già impegnata sul fronte ucraino contro la Russia, a mobilitare centinaia di migliaia di uomini e centinaia di miliardi di dollari in un conflitto con forze assai più coese e battagliere rispetto all’esercito di Saddam Hussein, spazzato via senza grande sforzo pochi decenni fa.

Certamente, i caccia e i droni statunitensi sono entrati in azione per proteggere Israele, anche se negli anni i rapporti tra Washington e Tel Aviv si sono deteriorati visto che la nuova classe dirigente sionista vuole fare di testa sua e i suoi eccessi rischiano di mandare in pezzi la rete che gli Stati Uniti stanno faticosamente cercando di tessere con i paesi arabi dagli Accordi di Abramo in poi.

Ma è soprattutto per proteggere i suoi di interessi che gli Stati Uniti hanno deciso di entrare in azione con una campagna di bombardamenti così estesa, per tentare di rafforzare – o meglio, di ristabilire – la propria egemonia in un quadrante del mondo in cui la presa di Washington si è fortemente allentata. Negli ultimi decenni, il tradizionale dominio statunitense in Medio Oriente è stato indebolito dall’intervento russo a difesa del regime siriano e dalla crescita del ruolo iraniano nella regione, incentivato anche dai gravissimi errori compiuti da Washington ad esempio in Iraq che hanno favorito l’ascesa dei movimenti sciiti. Anche l’autonomizzazione del regime turco e le pretese egemoniche delle petromonarchie sunnite hanno ridotto Washington ad un attore spesso di secondo piano. Ora l’amministrazione Biden cerca di recuperare terreno esercitando il ruolo di gendarme globale già interpretato in passato, ma in un contesto completamente mutato e con la grazia di un elefante in un negozio di cristalli.

L’Iran e il suo alleato principale nella regione, il movimento sciita libanese Hezbollah, hanno più volte chiarito che non progettano di entrare in guerra con Israele, tantomeno con gli Stati Uniti. Israele è una potenza nucleare spregiudicata e può contare su un esercito tra i più forti del mondo, sorretto dai massicci invii di armi statunitensi e dagli aiuti finanziari provenienti da Washington. Attualmente la guerriglia trumpiana sta bloccando al Senato di Washington circa 14 miliardi di dollari destinati a Tel Aviv, ma in caso di guerra i Repubblicani difficilmente potrebbero mantenere il veto.

L’Iran, invece, sconta una profonda crisi economica – frutto anche di decenni di embarghi economici – e non è militarmente pronto per uno scontro diretto. Se volesse sostenere una guerra frontale, Teheran dovrebbe convincere Mosca e Pechino a un sostegno economico e militare massiccio che, almeno al momento, non sembra all’ordine del giorno.

Ma se Biden è convinto che aumentando la pressione militare contro le ramificazioni di Teheran in Medio Oriente convincerà gli ayatollah a fermarsi per evitare una guerra regionale su vasta scala nella quale questi ultimi non vogliono assolutamente imbarcarsi, è anche vero che le continue provocazioni di Washington e di Tel Aviv – bombardamenti, omicidi mirati, attentati, sabotaggi – in vari paesi del quadrante rischiano di suscitare l’effetto contrario.

Fino a quando la classe dirigente iraniana potrà sopportare di essere colpiti senza perdere la faccia di fronte alle rispettive popolazioni già inferocitedopo quattro mesi di operazioni militari israeliane che hanno ucciso decine di migliaia di palestinesi e reso la Striscia di Gaza un cumulo di macerie? Fin quando gli apparati dell’Asse della Resistenza riusciranno a tenere a basa gli incitamenti alla vendetta di organizzazioni decimate da un continuo stillicidio di omicidi mirati?

Il rischio è proprio che il meccanismo “azione-ritorsione”, che fin qui ha consentito ad entrambi i contendenti di tenere il punto, mirando a disincentivare l’avversario dallo spingersi oltre nello scontro, sfugga improvvisamente di mano.

Basterebbe che una delle milizie alleate – ma non necessariamente del tutto controllate da Teheran – decidesse di alzare il tiro contro Israele o gli interessi di Washington nella regione per accendere una miccia che nessuno sarebbe più in grado di spegnere. Ad esempio in Iraq, dove da tempo movimenti politici e militari sciiti ma anche nazionalisti sunniti chiedono a gran voce l’espulsione delle truppe statunitensi di stanza nel paese. Non a caso il portavoce delle forze armate irachene, Yahya Rasul, ha denunciato: «Questi attacchi sono una violazione della sovranità irachena, minano gli sforzi del nostro governo e rappresentano una minaccia che trascinerà l’Iraq e la regione verso conseguenze impreviste, le cui ripercussioni saranno disastrose». Persino l’alto rappresentante dell’Unione Europea per gli affari esteri, il catalano Josep Borrell, si è profuso in un sibillino «Tutti dovrebbero evitare che la situazione nella regione diventi esplosiva».

Sul fronte opposto Israele e le lobby filoisraeliane statunitensi, da decenni spingono per una guerra totale con l’Iran e potrebbero approfittare del clima già incandescente per dare fuoco alle polveri e mettere la Nato di fronte al fatto compiuto. Imbarcandoci tutti in una guerra regionale sì, ma su vasta scala, ennesimo e imprevedibile fronte di una guerra mondiale “a pezzi” che stiamo già combattendo senza che sia mai stata dichiarata.

La maggior parte degli analisti, al momento, non crede all’imminenza di una guerra totale in Medio Oriente. Eppure, afferma la CNN, «Errori o eventi imprevisti possono portare a spirali e ciò può portare a conflitti inevitabili e più ampi in una zona ad alta tensione». «È quasi un miracolo che un conflitto più ampio non sia già scoppiato in Medio Oriente quattro mesi dopo l’attacco del gruppo militante palestinese Hamas contro Israele» riconosce il network statunitense. – Pagine Esteri

12350472* Marco Santopadre, giornalista e saggista, già direttore di Radio Città Aperta, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e dell’Africa. Scrive, tra le altre cose, di Spagna, America Latina e movimenti di liberazione nazionale. Collabora con il Manifesto, Catarsi e Berria

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🛜 Il 6 febbraio ricorre la Giornata mondiale per la sicurezza in Rete, promossa dalla Commissione Europea e celebrata in contemporanea in oltre 100 nazioni.


Stefano Galieni*   Le affermazioni su Enrico Mattei, morto in un improbabile “incidente aereo” il 27 ottobre del 1962, del “Department of State, Guidel


Il governo Francese ha aperto un proprio server Fediverso ufficiale

@Che succede nel Fediverso?

social.numerique.gouv.fr è l'Istanza #mastodon gestita dalla Direzione Interministeriale Digitale (DINUM) e spita solo account istituzionali e certificati:

Eccoli qui:

➡️ @CNES - L'agenzia spaziale francese

➡️ @Ambassadeur Numérique 🇫🇷🇪🇺 - Ambasciatore francese per gli affari digitali (in inglese)

➡️ @Min. Enseign. sup. & Recherche - Ministero dell'Istruzione Superiore e della Ricerca

➡️ @IAP - Istituto di Astrofisica di Parigi

➡️ @CNRS 🌍 - CNRS, Centro nazionale francese per la ricerca scientifica

➡️ @Unité de Recherche Géoazur - Unità di ricerca geologica/geofisica per l'Università della Costa Azzurra, CNRS, Osservatorio della Costa Azzurra

➡️ @CNRS Terre & Univers - CNRS (dipartimento spazio, geologia, ambiente)

➡️ @CNRS Ingénierie - CNRS (dipartimento di ingegneria)

➡️ @CNRS Inist - Dipartimento del CNRS che si occupa di pubblicazioni e metodi scientifici

➡️ @La science ouverte au CNRS - Scienza aperta al CNRS

➡️ @IGN France - Istituto Nazionale per i Dati Geografici e Forestali

➡️ @data.gouv.fr - Piattaforma aperta per i dati pubblici francesi

➡️ @Comité pour la science ouverte - Comitato per la Scienza Aperta

➡️ @HAL science - Archivio Multidisciplinare HAL, accesso aperto alle pubblicazioni scientifiche

➡️ @DINUM - Iniziativa di innovazione digitale nel governo francese

➡️ @Design des services numériques - Sviluppo dei servizi pubblici digitali

➡️ @arcep@social.numerique.gouv.fr - Autorità di regolamentazione delle comunicazioni elettroniche

➡️ @adresse.data.gouv.fr - Database nazionali e locali di indirizzi geografici

➡️ @Transfo. Num. des Territoires - Servizi pubblici digitali a livello nazionale e locale

➡️ @Etalab - Promozione dei dati pubblici aperti

➡️ @Démarches Simplifiées - Aiutare i funzionari governativi a offrire servizi online al pubblico

➡️ @api.gouv.fr - Catalogo delle API del governo francese

➡️ @bdnb@social.numerique.gouv.fr - Database aperto degli edifici francesi


The government of #France 🇫🇷 now has its own official Fediverse server 🥳

(All accounts in French unless otherwise noted)

➡️ @ambnum - French ambassador for digital affairs (in English)

➡️ @sup_recherche - Ministry of Higher Education & Research

➡️ @cnes - France's space agency

➡️ @astroIAP - Astrophysics Institute of Paris

➡️ @cnrs - CNRS, the French National Centre for Scientific Research

➡️ @umrGeoazur - Geology/geophysics research unit for Côte d'Azur Univ, CNRS, Côte d'Azur Observatory

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in reply to Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂

@FediFollows bene ma perchè sn sempre i francesi più avanti sulla democratizzazione e deamericanizzazione della rete?
in reply to _aid_85_

@_aid_85_

> bene ma perchè sn sempre i francesi più avanti sulla democratizzazione

160 anni di governo repubblicano aiutano...

> e deamericanizzazione della rete?

Pensa solo al fatto che dal '66 al 2009 la Francia ha posto le proprie forze armate fuori dalla NATO: alla Francia non piace essere un vassallo degli USA...

Unknown parent

@Alessandro sì, a quanto pare il Giappone è stato tra i primi paesi in cui la maggior parte degli adempimenti burocratici poteva essere fatta direttamente via fax. Il bello è che il fax come tecnologia alla base della burocrazia lo stanno dismettendo proprio in questi mesi!
È il modello storico evolutivo del Giappone: un motore a due tempi in cui fasi di conservatorismo patologico si alternano a fasi di evoluzione sfrenata verso il futuro...

@aid_85@mastodon.social







#NotiziePerLaScuola
È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione e del Merito
🔶 Ddl istruzione tecnica e professionale, via libera del Senato al modello 4+2
🔶 Scuola, 790 milioni per nuovo piano di riduzione dei divari…


UNA SFIDA AMBIZIOSA: IL PROGETTO EUROPEO “@ON”, GUIDATO DALLA DIREZIIONE INVESTIGATIVA ANTIMAFIA (DIA) ITALIANA


Nel numero di gennaio 2024 di Polizia Moderna, il mensile della Polizia di Stato, un approfondito articolo di Renzo Nisi (Capo del III Reparto relazioni internazionali a fini investigativi della Dia) che tratta della rete internazionale di polizia @ON, guidata dalla italiana Direzione Investigativa Antimafia (DIA).
Il progetto europeo denominato "@ON" mira a creare una rete tra le forze di polizia coinvolte, fornendo loro informazioni rapide sulle formazioni criminali internazionali su cui stanno indagando. Ciò avviene attraverso il canale sicuro “Siena” di Europol e la creazione di un database internazionale relativo alla criminalità organizzata.

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La Rete @ON annovera 45 forze di polizia di 38 paesi diversi (vedi la nota in fondo). In qualità di capofila, la Dia si impegna nello sviluppo del progetto in maniera più strategica per il contrasto alla criminalità organizzata, concretizzandone gli interventi nella vera e propria attività di indagine attraverso l'utilizzo delle potenzialità disponibili.
L’Italia e la Dia sono in prima linea in questo senso, mettendo a disposizione conoscenze e competenze per contrastare efficacemente la criminalità organizzata in tutte le sue forme. Una sfida ambiziosa, che il Paese e la Dia hanno già raccolto e sono determinati a portarla a compimento.
La Direzione Investigativa Antimafia punta sulla cooperazione internazionale contro la criminalità organizzata non solo sul fronte operativo ma anche attraverso un'operazione più proattiva di educazione delle Forze di Polizia partner straniere, per sensibilizzare sulla criminalità transnazionale e sulla criminalità di tipo mafioso. Nell'ottobre 2013 è stata adottata la Risoluzione del Parlamento Europeo sulla criminalità organizzata e sul riciclaggio di denaro. Ciò ha portato alla creazione della Rete Operativa Antimafia @ON, una rete progettata per rispondere a specifiche esigenze di intelligence e ricevere informazioni europee e italiana in contrasto alla criminalità transnazionale di tipo mafioso.

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La Rete @ON collabora con Europol e il Servizio di Cooperazione Internazionale (Scip) della Direzione Centrale di Polizia Criminale del Ministero dell’Interno, attuando quello che viene denominato il “Metodo Falcone”: centralizzare le informazioni sui gruppi criminali organizzati e snellire le procedure per gli investigatori. La Rete @ON si propone inoltre di sviluppare un approccio “amministrativo” per il contrasto alla criminalità organizzata e di tipo mafioso, recuperando i fondi criminali illecitamente acquisiti.

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Il documento della Commissione Europea "Strategia dell'Ue per la lotta alla criminalità organizzata 2021-2025" delinea gli obiettivi e gli obiettivi della Rete @ON e del progetto ISF4@ON. L’obiettivo è intensificare la repressione delle strutture della criminalità organizzata, concentrandosi sui gruppi che rappresentano maggiori rischi per la sicurezza e gli individui europei. In sintesi, il documento:
• sottolinea la necessità di un efficace scambio di informazioni tra le autorità contraccettive e quelle giudiziarie per una lotta efficace contro la criminalità organizzata,
• espande, modernizza e finanzia la Piattaforma multidisciplinare europea per la lotta alla criminalità (EMPACT), una struttura che riunisce tutte le autorità europee e nazionali per identificare e combattere le attività criminali prioritarie,
• aggiungerà al quadro "Prum" per lo scambio di informazioni sul DNA, le impronte digitali e l'immatricolazione dei veicoli,
• prevede un codice di cooperazione di polizia dell'UE per sostituire il mosaico di diversi strumenti e accordi di cooperazione multilaterale,
• tende a rendere i sistemi di informazione interoperabili per la gestione del sospetto, delle frontiere e della migrazione entro il 2023,
• migliora la cooperazione dell'UE per contrastare tipologie specifiche di reati,
• esamina le norme UE rispetto agli impatti ambientali,
• crea un accordo a livello europeo per contrastare la contraffazione, in particolare quella dei dispositivi medici,
• presenta misure contro il commercio illegale di beni culturali,
• riesamina il quadro normativo dell'UE sulla confisca dei proventi, sviluppa norme anti-corruzione, e valuta la normativa anti-corruzione dell'UE.
Per saperne di più:
- L’articolo sul web qui => poliziamoderna.poliziadistato.…
- Un fascicolo, in pdf, in italiano, contenente l’intero articolo scaricabile qui => poliziamoderna.poliziadistato.…
- Il documento (in pdf) della Commissione Europea, in italiano, scaricabile qui => eur-lex.europa.eu/legal-conten…


Nazioni che partecipano alla rete @ON: Francia, Germania, Spagna, Belgio e Paesi Bassi costituiscono con l’Italia il Core Group della Rete. Unitamente ad Europol sono partner: Ungheria, Austria, Romania, Australia, Malta, Svizzera, Repubblica Ceca, Slovenia, Polonia, Croazia, Georgia, Norvegia, Albania, Portogallo, Usa, Svezia, Canada, Lettonia, Lussemburgo, Lituania, Estonia, Bulgaria, Montenegro, Ucraina, Cipro, Bosnia-Erzegovina, Irlanda, Kosovo, Finlandia, Grecia, Moldova e Islanda.



VERSIONE ITALIANA UE E GIAPPONE RAGGIUNGONO UN ACCORDO SULLE DISPOSIZIONI RELATIVE AI FLUSSO DI DATI TRANSFRONTALIERI La Presidenza belga del Consiglio ha firmato un protocollo che include nell’accordo di partenariato economico tra l’UE e il Giappone disposizioni sui flussi di dati transfrontalieri. Questo protocollo ha lo scopo di garantire che i flussi di dati tra …


La DPA tedesca dichiara illegale lo scambio di dati tra agenzia di credito e commerciante di indirizzi vittoria di noyb in Germania in un procedimento contro l'agenzia di riferimento creditizio CRIF e il commerciante di indirizzi Acxiom CRIF/ACXIOM


noyb.eu/it/data-trading-betwee…




Windy è una risorsa fondamentale per chi viaggia per lavoro o per turismo, per chi vola, per chi cammina in montagna, per chi naviga in mare...


LA SITUAZIONE DEL CONSUMO DI DROGHE ILLECITE IN UNIONE EUROPEA. UNA ANALISI APPROFONDITA (4 di 4), LA METANFETAMINA, GIUNGE DA MESSICO ED AFGHANISTAN, MA INIZIA AD ESSERE PRODOTTA IN EUROPA


La metanfetamina, una droga stimolante, ha un ruolo relativamente piccolo nei mercati europei degli stimolanti rispetto alla situazione globale. Tuttavia, la minaccia rappresentata dalla metanfetamina è in aumento man mano che si diffonde in nuovi mercati in altre parti d’Europa. L’Unione Europea (UE) è una zona di origine e transito per la metanfetamina prodotta in altri centri di produzione, come Iran, Nigeria e Messico. Lo sviluppo della capacità di produzione di metanfetamine in Afghanistan, la principale fonte di approvvigionamento di eroina in Europa, rappresenta una potenziale minaccia per l’UE a causa delle rotte di traffico consolidate da tempo degli oppioidi afghani. Nella maggior parte dei paesi europei la metanfetamina è usata meno comunemente rispetto all’anfetamina o alla cocaina, con un consumo concentrato principalmente nell’Europa centrale. Tuttavia, negli ultimi anni si è assistito ad un aumento dell’utilizzo in altri paesi e regioni. Il mercato europeo della metanfetamina è relativamente piccolo rispetto agli standard globali, ma la prevalenza del consumo e le dimensioni del mercato potrebbero essere sottostimate a causa del fatto che l'uso della metanfetamina in polvere viene segnalato come anfetamina nei sondaggi tra gli utenti.
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La produzione di metanfetamine in Europa avviene ora in laboratori su scala industriale nei Paesi Bassi e in Belgio, insieme ad anfetamine e MDMA. I produttori europei di droghe sintetiche stanno collaborando con i produttori messicani per sviluppare processi di produzione e sfruttare le infrastrutture esistenti per grandi quantità di droghe sintetiche. Tuttavia, le difficoltà nel controllare la disponibilità dei precursori e l’ampia gamma di sostanze presenti negli impianti di produzione sollevano preoccupazioni sulle reti criminali coinvolte nella lavorazione di molteplici tipi di droghe.
La “criminalità come servizio” è un altro problema, con le reti criminali con sede nell’UE che forniscono supporto logistico essenziale per la produzione di metanfetamine. Ciò include la fornitura di precursori, pre-precursori, sostanze chimiche ausiliarie, attrezzature e competenze nella creazione di impianti di produzione. Inoltre, rischi per la salute, la sicurezza e l’ambiente sono legati alla produzione di metanfetamine, compresi i decessi legati a incendi, esplosioni o soffocamento da monossido di carbonio o altri fumi tossici.

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La potenziale diffusione della metanfetamina sotto forma di cristalli fumabili nell’UE è motivo di preoccupazione a causa delle conseguenze sulla salute, tra cui tossicità acuta, episodi psicotici, poli assunzione e morte. L’elevata redditività del business della droga può portare a un’intensa concorrenza e rivalità tra gruppi criminali, che potenzialmente si riversano sulla società dell’UE.
La cooperazione tra le reti criminali messicane e quelle dell’UE sembra focalizzata sul commercio e sul profitto, ma a lungo termine potrebbe esserci il rischio di scontri violenti. La crescita della produzione su larga scala di metanfetamina in Europa ha il potenziale per creare ulteriori collaborazioni criminali e promuovere più corruzione lungo la catena di approvvigionamento, creando un’economia parallela.
Dal 2016 sono emersi sviluppi anche in Afghanistan, con la produzione di metanfetamine utilizzando efedrina proveniente da fonti vegetali.

Per saperne di più: European Monitoring Centre for Drugs and Drug Addiction and Europol (2022), EU Drug Market: Methamphetamine — In-depth analysis, emcdda.europa.eu/publications/…



La responsabilità di tutti.


noblogo.org/transit/la-respons…


La sanità privata lancia il Family doc, assalto alla medicina di base l La Notizia

«L’ultimo boccone a cui aspira la famelica sanità privata è il medico di base. Prima terra di conquista è il Veneto, dove la BMed Me.di.ca Group, un centro di sanità privata, ha deciso di lanciare a Mestrino, un Comune in provincia di Padova, il Family doc che altro non è che il vecchio caro medico di famiglia a pagamento. Si legge sul sito: “Si chiama Family Doc, ed è un servizio di medicina interna in regime privato, con un tocco di simpatia e calore familiare. Con noi, sentirsi a proprio agio è la norma, al costo di 50 euro”.»

lanotiziagiornale.it/la-sanita…



VERSIONE ITALIANA TUNISIA, IL PARLAMENTO STA DISCUTENDO UN DISEGNO DI LEGGE PER INTRODURRE DOCUMENTI DI IDENTITA’ CHE MEMORIZZINO ELETTRONICAMENTE I DATI DEL TITOLAREIl Parlamento tunisino sta discutendo in questi giorni un disegno di legge che prevede l’introduzione di documenti di identificazione elettronici per i quali è prevista la memorizzazione in formato elettronico dei dati dei …


LA SITUAZIONE DEL CONSUMO DI DROGHE ILLECITE IN UNIONE EUROPEA. UNA ANALISI APPROFONDITA (3 di 4), ANFETAMINA, LA PIÙ PRODOTTA IN EUROPA, ANCHE PER IL MERCATO DEL MEDIO ORIENTE


L’anfetamina è la droga stimolante sintetica più diffusa nel mercato europeo della droga, in concorrenza con la cocaina e altre sostanze psicoattive. La sua prevalenza è superiore a quella della metanfetamina nella maggior parte degli Stati membri dell’UE. I prodotti illeciti di anfetamine consistono principalmente in polveri o paste mescolate con altri ingredienti, come lattosio, destrosio o caffeina. Il valore annuo stimato del mercato al dettaglio delle anfetamine nell’UE è di almeno 1,1 miliardi di euro.
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La produzione europea è concentrata in gran parte nei Paesi Bassi e in Belgio, dove la produzione è complessa, su larga scala e basata sul precursore farmaceutico BMK. Parte dell'anfetamina prodotta nell'UE viene utilizzata per produrre compresse di captagon, che vengono commercializzate principalmente verso i mercati di consumo del Medio Oriente. L’UE è un importante mercato globale per l’anfetamina, consumata principalmente sotto forma di polvere o pasta. Nei Paesi Bassi e in Belgio viene prodotta in laboratori illegali dove possono essere prodotte anche altre droghe sintetiche. Le reti criminali olandesi hanno esteso le loro attività produttive alla Germania e ad altri paesi dell'UE. Le compresse Captagon sono prodotte anche nell'UE, principalmente nei Paesi Bassi. Gli impianti di produzione sono spesso allestiti in regioni remote, in aziende agricole o magazzini, dove i rischi di rilevamento sono minori. Il metodo Leuckart, che richiede BMK (o uno qualsiasi dei suoi prodotti chimici alternativi), è il modo più comune di produrre anfetamine in Europa. La tratta all’interno dell’UE presenta un quadro complesso e dinamico, che vede coinvolti numerosi gruppi criminali e individui. La tratta all’interno dell’UE viene effettuata principalmente utilizzando metodi di trasporto terrestre, nonché servizi postali e pacchi. La quantità di anfetamine sequestrate nell’UE è rimasta relativamente stabile, ma nel 2019 e nel 2020 Grecia e Italia hanno sequestrato 9,6 tonnellate e 14,2 tonnellate di compresse di captagon in transito verso la penisola arabica. Le reti criminali coinvolte nel traffico illecito di anfetamine sono orientate al business, cooperative e adattabili.

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Nel 2021, ultimo anno del quale si hanno dati utili, circa 36 milioni di persone hanno utilizzato anfetamine o metanfetamine. Il mercato globale delle anfetamine è più piccolo del mercato delle metanfetamine e rappresenta il 16% dei sequestri globali di stimolanti di tipo anfetaminico tra il 2017 e il 2021. Più della metà della quantità totale di anfetamine sequestrate in questo periodo è stata sequestrata nel Vicino e Medio Oriente e nel sud-ovest asiatico, mentre l’Europa rappresenta poco meno di un quarto (24%) della somma sequestrata.

Per saperne di più: European Monitoring Centre for Drugs and Drug Addiction and Europol (2023), EU Drug Market: Amphetamine — In-depth analysis, emcdda.europa.eu/publications/…



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