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✨ Pixelfed: rilasciata la nuova versione 0.11.13! Il progetto di miglioramento continuo di Pixelfed procede a un ritmo eccezionale

Lo staff di sviluppo di @dansup 🚀 ci ha davvero sorpreso per le energie e le risorse impiegate ma soprattutto per i risultati eccellenti apportati a #Pixelfed: quella che era poco più che la brutta copia di Instagram, è ormai la piattaforma del Fediverso più curata ed ergonomica dopo Mastodon!

@Che succede nel Fediverso?

Ecco i miglioramenti principali avvenuti con l'ultima release:

- Migrazione degli account
- Onboarding curato
- Supporto ufficiale a Docker
- Segnalazioni remote + miglioramenti della federazione
- Compatibilità migliorata con l'API di Mastodon


✨ New Version Release (0.11.13)

Some highlights:

- Account Migrations
- Curated Onboarding
- Official Docker Support
- Remote Reports + Federation improvements
- Improved MastoAPI compat (👋 @ivory & @Tusky )

github.com/pixelfed/pixelfed/r…

#pixelfed #accountMigrations #curatedOnboarding


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Il 6 marzo, alle ore 10, presso l'Aula dei Gruppi parlamentari della Camera, si svolgerà la "Celebrazione del 15° anniversario della ratifica della Convenzione delle Nazioni unite sui diritti delle persone con disabilità".


Carl Rhodes – Capitalismo Woke


L'articolo Carl Rhodes – Capitalismo Woke proviene da Fondazione Luigi Einaudi. https://www.fondazioneluigieinaudi.it/carl-rhodes-capitalismo-woke/ https://www.fondazioneluigieinaudi.it/feed


Albania: inaugurata la prima base Nato dei Balcani occidentali


Ieri la Nato ha inaugurato in Albania la sua prima base dei Balcani Occidentali. Centrale il ruolo dell'Italia L'articolo Albania: inaugurata la prima base Nato dei Balcani occidentali proviene da Pagine Esteri. https://pagineesteri.it/2024/03/05/mondo/

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di Redazione

Pagine Esteri, 5 marzo 2024 – Ieri mattina l’Alleanza Atlantica ha inaugurato una nuova base aerea in Albania. Si tratta della prima e unica infrastruttura di questo tipo esistente nei Balcani occidentali, tenuta a battesimo proprio nel 15esimo anniversario dell’ingresso dell’Albania nell’alleanza militare guidata dagli Stati Uniti.

L’installazione di Kuçovë sorge a 85 chilometri a sud della capitale albanese Tirana. All’inaugurazione, oltre al premier albanese Edi Rama, hanno partecipato numerosi esponenti politici e militari dei paesi aderenti alla Nato, compreso il ministro della Difesa italiano Guido Crosetto.

Il progetto concretizza la consistente collaborazione militare tra Italia e Albania. Da anni l’Italia pattuglia i cieli dell’Albania e garantisce la formazione e l’addestramento delle Forze armate di Tirana, e gli eserciti dei due paesi svolgono regolarmente esercitazioni militari congiunte.

Nel, progetto di riammodernamento e di estensione della vecchia base aerea di epoca sovietica, approvato nel 2018, l’Alleanza Atlantica ha investito 50 milioni di euro, ai quali occorre aggiungerne altri 5 milioni stanziati dal governo albanese.

Nelle ultime settimane Tirana ha accolto il segretario di Stato americano Anthony Blinken e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Il premier Rama ha già proposto alla NATO di utilizzare anche due vecchie basi navali, nei pressi di Valona. Pagine Esteri

Leggi: https://pagineesteri.it/2022/07/12/mondo/lalbania-nato-avamposto-balcani/


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L'articolo Albania: inaugurata la prima base Nato dei Balcani occidentali proviene da Pagine Esteri.



La missione Juno ha misurato la produzione di ossigeno sulla luna Europa l AstroSpace

"La luna gioviana Europa genera 1000 tonnellate di ossigeno ogni 24 ore, sufficienti a far respirare un milione di esseri umani per un giorno. Lo ha stimato il team di scienziati della missione Juno della NASA, ed è un numero sostanzialmente inferiore rispetto alla maggior parte delle stime avanzate in precedenza."

astrospace.it/2024/03/05/la-mi…



In Cina e Asia –


In Cina e Asia –
I titoli di oggi “Due sessioni” 2024: più tecnologia IA home-made e porte “sempre aperte al mondo” Summit ASEAN, la Malaysia accusa l’Occidente di “Cinofobia” Seul e Washington raddoppiano i soldati coinvolti in esercitazioni contro Corea del Nord Corea del Sud, hacker nordcoreani infiltrano produttore di microchip Nepal, cambia l’alleanza per formare il nuovo governo “Due sessioni” 2024: più tecnologia ...

L'articolo In Cina e Asia – proviene da China Files.



Qiu Miaojin e la lotta LGBT a Taiwan


Qiu Miaojin e la lotta LGBT a Taiwan 13305146
Psicologa, scrittrice e attivista, Qiu Miaojin è stata una figura fondamentale per la comunità queer taiwanese, tanto da aver coniato un termine tutt’ora molto utilizzato

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ECUADOR. Continua la lotta dei lavoratori e delle lavoratrici della Furukawa


Tra un mese la multinazionale giapponese dovrà rendere la propria versione dei fatti sul caso di schiavitù moderna. Intervista ad Alejandro Morales, l’avvocato che sta assistendo i lavoratori. L'articolo ECUADOR. Continua la lotta dei lavoratori e delle

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di Davide Matrone

Pagine Esteri, 5 marzo 2024 – Ci sono voluti quasi 4 anni di dura ed estenuante lotta, ma i lavoratori cominciano ora a raccogliere i primi frutti. Dopo i riconoscimenti simbolici e le scuse pubbliche da parte del Ministero del Lavoro, si è passati ai risarcimenti economici per i lavoratori. Tuttavia manca la piena attuazione di questi riconoscimenti.

Negli ultimi giorni il caso Furukawa S.A. è tornato di estrema attualità dopo la convocazione della multinazionale giapponese FURUKAWA S.A., da parte della Corte Costituzionale dell’Ecuador, all’udienza fissata per il prossimo 9 aprile. L’impresa dovrà rendere la propria versione dei fatti sul caso di schiavitù moderna e sulle gravi accuse avanzate dai legali dei lavoratori e delle lavoratrici.

Inoltre, la stessa Corte è chiamata a visionare le sentenze fin qui emesse e stabilire l’azione di protezione e riparazione per i danneggiati. In questa fase di congiuntura, il Comitato di Solidarietà “Furukawa mai più!” ha strategicamente attivato una raccolta firme a livello nazionale per coinvolgere maggiormente la società civile e pressare la Corte Costituzionale. Grazie al lavoro permanente del Comitato e a quest’ultima campagna, c’è maggiore attenzione da parte dell’opinione pubblica ecuadoriana che si attiva perche si giunga alla soluzione di un caso vergognoso. Effettivamente, parlare di schiavitù e di servitù della gleba in pieno secolo ventuno, è imbarazzante.

I legali delle vittime sono dovuti ricorrere alla Corte Costituzionale “dopo aver esaurite le risorse ordinarie e straordinarie dentro dell’ambito legale” così come lo provede l’articolo 94 della Costituzione politica dell’Ecuador.

Per saperne di più, Pagine Esteri ha contattato e intervistato Alejandro Morales, l’avvocato ecuadoriano che sta assistendo legalmente i lavoratori.

Quali sono i punti chiave che dovrà verificare la Corte rispetto al caso Furukawa S.A.?

Stabilire se effettivamente ci sia stata o no una forma contemporanea di schiavitù e/o servitù della gleba considerando che, nell’azione di protezione e nella sentenza di primo grado, viene riconosciuta la servitù della gleba, la violazione del diritto alla libertà e la proibizione della schiavitù.

I giudici della Corte Provinciale di Giustizia di Santo Domingo hanno escluso questa violazione, quindi è ora la Corte Costituzionale a dare il suo giudizio finale così come lo prevede nell’articolo 316 della Costituzione dell’Ecuador in quanto rappresenta “la massima istanza d’interpretazione della Costituzione, in merito ai trattati internazionali dei diritti umani ratificati dallo stato Ecuadoriano, attraverso le sue sentenze. Le sue decisioni avranno un carattere vincolante”.

Inoltre, la Corte Costituzionale, oltre alla revisione delle sentenze di azione di protezione si sta preoccupando di unificare le sentenze che abbiamo già vinto contro l’impresa giapponese Furukawa e di riconoscere anche il processo vinto presso la Difensoria del Pueblo.

Nel processo si è già stabilito un risarcimento in denaro ed un altro in 5 ettari di terra da consegnare ai lavoratori e alle lavoratrici colpite, tuttavia, la Corte Provinciale di Santo Domingo si è espressa dichiarando che questo risarcimento si unifichi solo in forma di denaro senza la concessione di terreni.

Come procede il processo di risarcimento economico integrale per i lavoratori?

Nel processo di protezione, che sarà rivisto dalla Corte, si emetteranno varie misure di riparazione integrale tanto materiali quanto immateriali. Ci sono state riparazioni simboliche come le scuse pubbliche eseguite dal Ministro del Lavoro nell’anno 2020. Tuttavia, ricordiamo anche che il giudice in prima istanza ha ordinato come misura di riparazione integrale un calcolo in soldi basato: sugli anni di prestazione lavorativa in FURUKAWA per ogni lavorato e lavoratrice, le condizioni di lavoro e di vita all’interno delle piantagioni, il deterioramento fisico in termini di salute, la violazione del diritto allo studio e a una salute dignitosa. Tutti questi elementi devono essere valutati in base a perizie precise. Inoltre, a questi risarcimenti in denaro si è stabilito che a tutti i lavoratori vengano consegnate dei terreni con un’estensione totale pari a 5 ettari. Tuttavia, la Corte Provinciale di Santo Domingo, come già detto, ha considerato che non è possibile realizzare un risarcimento in due misure e quindi si deve unificare il risarcimento in soldi. Al momento la liquidazione è già stata stabilita ma non c’é ancora nessuna risorsa. Attendiamo che si realizzi il pagamento. Anche questo dovrà accertare e stabilire la Corte Costituzionale. C’é anche una campagna di raccolta firme per esigere che la Corte intervenga e riconosca il risarcimento economico ai lavoratori. Inoltre, per chiedere che si attuino le misure di risarcimento integrali che sono state modificate parzialmente dalla Corte Provinciale di Giustizia di Santo Domingo.

C’é anche una campagna di raccolta firme per esigire che la Corte intervenga e riconosca il risarcimento economico ai lavoratori. Chi l’ha promossa e come prosegue?

Questa campagna è partita grazie al Comitato di Solidarietá “Mai più Furukawa” nel quale partecipano varie organizzazioni senza fine di lucro che difendono Diritti Umani in Ecuador. Al momento si sono raccoltre 250 firme a livello nazionale.

Qual è la posizione del governo di fronte al caso Furukawa?

La posizione dei differenti Ministeri dello Stato come quello della Salute, dell’Inclusione Economica e Sociale e del Lavoro è quello di negare le loro responsabilità e di negare la violazione dei diritti contro i lavoratori e lavoratrici da parte dell’impresa Furukawa. Tutti i Ministeri prima menzionati dichiarano di aver compiuto con la loro parte. Per esempio, nel caso del MIES (Ministero dell’Inclusione Economica e Sociale) afferma di aver consegnato i boni di solidarietà umana ai lavoratori, tuttavia queste assegnazioni vengono realizzate con criterio abbastanza strano, a nostro avviso. Per esempio, una famiglia che vive in povertà e che riesce a comprare un televisore, automaticamente perde l’accesso al bono. Con questi meccanismi si evidenzia e si dimostra la mancanza di conoscenza di ciò che significa effettivamente essere poveri. Nel caso del Ministero della Salute si dichiara di aver somministrato alcuni vaccini a gruppi isolati di lavoratori e lavoratrici e che si sono realizzate delle visite mediche molto puntuali e di forma isolata però in questo modo si evidenzia che non esiste un vero accesso alla salute per tutti e tutte. Inoltre, da parte del Governo esiste un doppio e contradditorio discorso. Di fronte agli organismi internazionali, come la Commissione Interamericana dei Diritti Umani, si dichiara che lo Stato e i suoi Dicasteri hanno compiuto con il proprio ruolo e dichiarano che tutte le vittime del caso Furukawa accedono ai loro diritti, però questo non è assolutamente vero. A questo si aggiunge la volontà di voler ridurre la platea di lavoratori e lavoratrici da risarcire. C’era un registro su cui c’erano 1200 persone che avevano vissuto e lavorato negli stabilimenti della multinazionale Furukawa S.A. eppure vengono considerati solo 223 lavoratori che richiedono il risarcimento ed altri 206 lavoratori che sono stati vittime di tratta di persone con fini di sfruttamento lavorativo. In tutti i modi, il giorno dell’udienza sono stati interpellati a partecipare tutti i lavoratori e le lavoratrici coinvolte nei casi di violazione di diritti lavorativi ed umani. Nonostante questo, siamo convinti che purtroppo il doppio e contradditorio discorso dello Stato non cambierà nelle aule processuali nel prossimo mese d’aprile. Pagine Esteri

La campagna realizzata dal Comitato Furukawa Mai Più!

Per sostenere la campagna

furukawanuncamas.org/accion-ur…

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VERSIONE ITALIANA COREA DEL SUD, LA PIPC HA AVVIATO UN’INDAGINE SU WORLDCOIN DOPO LE LAMENTELE SULLA RACCOLTA DEI DATI DI RICONOSCIMENTO FACCIALE E DELL’IRIDE In Corea del Sud la Commissione per la protezione delle informazioni personali ha annunciato di voler indagare su Worldcoin a seguito delle preoccupazioni sollevate riguardo la raccolta non autorizzata di informazioni …


L’Eritrea non ritira le truppe dal Tigray: “quei territori sono nostri”


Le truppe dell'Eritrea occupano ancora dei territori nel nord del Tigray e impediscono la coltivazione dei campi, aggravando la crisi umanitaria e alimentare L'articolo L’Eritrea non ritira le truppe dal Tigray: “quei territori sono nostri” proviene da P

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di Redazione

Pagine Esteri, 4 marzo 2024 – Oltre che a causa dell’accordo tra Etiopia e Somaliland per la concessione di uno sbocco al mare di Addis Abeba, nel Corno d’Africa la tensione cresce anche tra Etiopia ed Eritrea.

Il governo di quest’ultimo paese – resosi indipendente da Addis Abeba in seguito ad un lungo e cruento conflitto – sostiene infatti che le sue truppe ancora presenti in Etiopia stiano occupando dei “territori sovrani eritrei”. Il dittatore eritreo Afewerki torna così a rivendicare una porzione di territorio contesa con l’Etiopia, paese con il quale pure ha collaborato negli anni scorsi per domare la ribellione del Fronte Popolare di Liberazione del Tigray contro il governo etiope. Il conflitto durò ben due anni e si concluse nel novembre del 2022, ma le truppe eritree intervenute a sostegno di quelle etiopi contro il nemico comune non si sono mai ritirate.

«Le truppe eritree si trovano all’interno dei territori sovrani eritrei senza alcuna presenza nella terra sovrana etiope» afferma una dichiarazione pubblicata il 28 febbraio dall’ambasciata eritrea nel Regno Unito ed in Irlanda.
Il quotidiano “The Reporter Etiopia” spiega che Asmara si riferisce in particolare alla città frontaliera di Badme e ad altri territori sulla punta più settentrionale dell’Etiopia, zone che il regime di Isaias Afwerki rivendica come propri.

I termini dell’accordo di pace di Pretoria, che ha messo fine al conflitto nel Tigray, prevedevano il ritiro dal nord etiope delle forze alleate con il governo federale del premier Abiy Ahmed, fra cui le milizie regionali amhara, note come Fano e le stesse truppe eritree, sebbene né le une né le altre fossero esplicitamente citate nel testo.
Ma l’Eritrea non ha mai partecipato alle trattative per l’accordo di pace, siglato a Pretoria il 2 novembre 2021, e il precario equilibrio esistente fra Etiopia ed Eritrea dopo l’accordo di riconciliazione del 2018 si è sgretolato, portando le truppe eritree a mantenere le loro posizioni al confine ed impedendo agli abitanti di rientrare nelle proprie case dopo la fine del conflitto.

Lo scorso 28 febbraio, nel suo intervento al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, il vicesegretario generale Onu per i diritti umani Ilze Brands Kehris ha dichiarato che il suo ufficio «ha informazioni credibili che la Forza di difesa eritrea rimane nel Tigraye continua a commettere (…) rapimenti, stupri, saccheggi di proprietà, arresti arbitrari e altre violazioni dell’integrità fisica». Secondo l’amministrazione tigrina, peraltro, ben il 52% delle terre della regione settentrionale etiope non può essere coltivata a causa della presenza delle forze eritree ed amhara, esponendo la zona ad un altissimo rischio di carestia. Su una previsione di raccolto di circa 15 milioni di quintali di grano a metà dell’anno fiscale in corso è stato possibile ottenerne solo 5 milioni aggravando una crisi alimentare già grave.

Durante una missione di cinque giorni in Etiopia, il vicedirettore generale del Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef), Ted Chaiban, ha esortato la comunità internazionale a incrementare immediatamente il sostegno alla popolazione del paese per evitare l’aggravamento dell’ennesima catastrofe umanitaria già in atto.
«La siccità causata da El Nino, che ha colpito l’Etiopia settentrionale, centrale e meridionale, sta avendo un impatto devastante su milioni di bambini. Per il 2024, si prevede che quasi un milione di bambini soffrirà di malnutrizione acuta e circa 350 mila donne in gravidanza e in allattamento saranno malnutrite» ha avvertito Chaiban in una nota.

Il responsabile dell’Unicef ha visitato una delle aree più colpite dalla siccità nel Tigrè, dove i tassi di malnutrizione hanno superato la soglia di emergenza.
A complicare ulteriormente la situazione, in tutta la nazione è in corso un’emergenza sanitaria con focolai di colera, morbillo, dengue e malaria.
L’Unicef sta lavorando per rispondere alle crisi, fornendo supporto nutrizionale, accesso all’acqua potabile, vaccinazioni di routine, istruzione e servizi di protezione dell’infanzia ma la situazione si sta comunque aggravando e l’organizzazione chiede nuove risorse. Pagine Esteri

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Nuovi droni per l’Air Force. General Atomics mette in aria il “Gregario Robot”


Anche General Atomics partecipa alla corsa per il “gregario robot”. Giovedì 28 febbraio, presso la General Atomics Gray Butte Flight Operations Facility vicino a Palmdale, in California, l’azienda ha realizzato con successo il volo sperimentale del protot

Anche General Atomics partecipa alla corsa per il “gregario robot”. Giovedì 28 febbraio, presso la General Atomics Gray Butte Flight Operations Facility vicino a Palmdale, in California, l’azienda ha realizzato con successo il volo sperimentale del prototipo del velivolo XQ-67A, un drone senza pilota sviluppato sulla base del progetto dei velivoli Gambit (realizzati sempre da General Atomics). Il prototipo rientra all’interno della categoria dei cosiddetti “collaborative combat aircraft” (Cca), ovvero quei droni comandati dall’Intelligenza Artificiale destinati a volare come “periferiche” dei più recenti e sofisticati sistemi di volo a guida umana.

Compiendo così un altro passo nel percorso di realizzazione in scala di quello che l’Air Force definisce il “primo di una seconda generazione” di velivoli unmanned, capaci di svolgere le funzioni di sensori, esche, jammers e sistemi di lancio in ausilio al “nucleo” del velivolo centrale. La nuova piattaforma fa parte del programma altamente classificato Off-Board Sensing Station (Obss) dell’Air Force Research Laboratory, che ha assegnato alla General Atomics il contratto di progettazione nel 2021, affidandogli due anni dopo anche il contratto per la costruzione effettiva del progetto. Ma General Atomics non è l’unico protagonista di questo processo: altre imprese del settore della difesa statunitense, da Boeing a Lockheed Martin, da Northrop Grumman ad Anduril, sono al momento impegnate in contratti simili con l’aviazione americana. All’inizio di questo mese, i dirigenti dell’Aeronautica Militare hanno dichiarato che la rosa dei fornitori si ridurrà a due o tre aziende nei prossimi mesi.

Partecipa alla competizione per lo sviluppo del nuovo Cca anche l’azienda Kratos, realizzatrice del drone XQ-58A “Valkyrie”, che ha realizzato il suo volo di prova la scorsa estate. Pur non essendo parte del programma Obss, anche Kratos ha realizzato il suo prototipo di gregario robot sotto l’egida del progetto Skyborg, promosso sempre dall’Air Force Research Laboratory. “Dopo il successo dell’XQ-58A Valkyrie, il primo veicolo aereo a basso costo senza equipaggio destinato a fornire ai combattenti una massa credibile e accessibile, l’XQ-67A dimostra l’approccio del telaio comune o ‘Genus’ alla progettazione, alla costruzione e al collaudo dei velivoli”, ha dichiarato un portavoce dell’ente.

Lo sviluppo di queste tecnologie è di primaria importanza per l’aviazione di Washington, che ha visto la necessità di potenziare la sua dimensione quantitativa così da essere in pronta nell’eventualità di un confronto militare con potenze ostili come la Repubblica Popolare Cinese, che a sua volta sta sia aumentando il numero di apparecchi attivi nella sua forza aerea, che rafforzando le sue capacità di difesa anti-aerea nel teatro del Pacifico. Nello stesso periodo in cui il Valkyrie svolgeva il suo battesimo dell’aria, il Mitchell Institute for Aerospace Studies realizzava una simulazione atta a valutare l’impatto dei Cca in uno scenario di scontro bellico con la People Liberation Army, ma anche a contribuire al processo di implementazione di questi sistemi nella struttura della Us Air Force.


formiche.net/2024/03/gregario-…



Il Comitato Politico Nazionale del Partito della Rifondazione Comunista - Sinistra Europea esprime un giudizio positivo sul documento programmatico elaborato


Un finanziamento online per uscire dall’inferno di Gaza


Di fronte allo spettro di un'offensiva israeliana su Rafah, i gazawi stanno lanciando un numero crescente di campagne di raccolta fondi online per aiutarli a lasciare l'enclave. L'articolo Un finanziamento online per uscire dall’inferno di Gaza proviene

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di Gabriel Blondel e Clara Hage – L’Orient Lejour*

(traduzione di Federica Riccardi)

“Sono stata a lungo riluttante all’idea di farlo farlo, ma è l’unico modo per salvare le nostre vite”. Tra due interruzioni di Internet, Farah si dedica al suo servizio di messaggistica WhatsApp. Quando la rete le permette di comunicare, si prende il tempo per scrivere quello che sta passando dal 13 ottobre, quando lei e la sua famiglia hanno deciso di lasciare la loro casa a Tel al-Hawa, una zona residenziale di Gaza City. Quando l’esercito israeliano ha annunciato che tutto il nord di Gaza sarebbe diventato un campo di battaglia, mio padre si è precipitato a cercare un appartamento a Rafah”, spiega la studentessa ventenne. Pensavamo che sarebbe stato solo per poche settimane, come nelle ultime guerre. Ma dopo qualche giorno abbiamo capito che questa non sarebbe stata come le altre.

Dopo aver perso la casa di famiglia, l’attività commerciale del padre (unica fonte di reddito della famiglia) e l’Università di al-Azhar (dove Farah studiava per laurearsi in inglese), la giovane donna teme che la sopravvivenza stessa della sua famiglia sia a rischio. “Finora eravamo preoccupati soprattutto per la situazione dei nostri parenti nel nord. Una delle mie cugine è stata colpita alla testa ad appena 10 anni”, racconta. Ma siamo sempre più in apprensione. Qualche giorno fa, un edificio molto vicino al nostro è stato bombardato, tanto che le finestre del nostro appartamento sono esplose.

Come gli 1,4 milioni di gazawi che si sono rifugiati a Rafah, la giovane donna teme le conseguenze di una potenziale offensiva dell’esercito israeliano nel sud dell’enclave. Inizialmente annunciata per l’inizio del Ramadan, previsto dal 10 marzo all’8 aprile, l’offensiva potrebbe essere rinviata a favore di una tregua osservata durante il mese sacro islamico, ancora in fase di negoziazione. Un momento di tregua che molti gazawi sperano di sfruttare per utilizzare l’unica via d’uscita ancora a loro disposizione: il famoso valico sotto controllo egiziano, che si può aprire solo a una condizione. “Dobbiamo pagare 7.000 dollari a persona, cioè almeno 35.000 dollari per poter evacuare me, i miei genitori, mio fratello, la mia sorellina”, spiega Farah.

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“Non c’è altra scelta

Corredata da foto, la giovane donna descrive l’entità della disperazione che deve affrontare su Gofundme, la piattaforma di crowdfunding su cui sempre più gazawi hanno deciso di lanciare la loro raccolta fondi online. Il sito, che prende una commissione del 16% su ogni donazione, ne conta più di mille. Le storie sono tutte uguali, con la loro parte di atrocità. La nostra dignità ci vieta di chiedere soldi, ma non avevo altra scelta che creare questo fondo”, dice. Qui a Gaza tutto è diventato inaccessibile, anche i beni di prima necessità. Ora che abbiamo esaurito i nostri risparmi, questa era l’unica soluzione per mantenere viva la speranza della mia famiglia”.

Come molte persone, Farah si è rivolta a un familiare che vive all’estero per raccogliere le donazioni ricevute sulla piattaforma, che copre solo 19 Paesi, principalmente in Occidente. Sebbene i suoi genitori abbiano ancora accesso al loro conto presso la Bank of Palestine, le restrizioni bancarie e la quantità limitata di contanti che circolano nella Striscia rendono molto difficile ricevere denaro. Per questo motivo la studentessa ha dovuto rivolgersi al cugino Mohammad, che ha lasciato Gaza circa dieci anni fa per andare in Canada, per ospitare il fondo. Egli è responsabile del trasferimento del denaro raccolto in Egitto, dove vivono altri parenti, una volta raggiunto un numero sufficiente di fondi. Dall’Egitto, questi intermediari verseranno il denaro a un’agenzia di viaggi, la Hala Travel, che negli anni ha ottenuto il monopolio di questo mercato lucrativo.

Se si esaminano le campagne partecipative, le variazioni dei prezzi esposti mostrano la portata di questo business noto come “tansiq” (coordinamento). Si tratta di un sistema informale, ma ormai istituzionalizzato, in base al quale i gazawi con passaporto attraversano il confine con il coordinamento delle guardie di frontiera egiziane, in cambio di una commissione. Ogni mattina, intorno alle 7, l’operazione consiste nel caricare circa 250 passeggeri, i cui nomi vengono annunciati all’ultimo momento su un’applicazione chiamata “Qurubat”, su un convoglio che attraversa il valico in direzione della capitale egiziana.

Si tratta di un mercato vampirizzato da Hala Travel, una delle tante società del Gruppo Organi, un vasto impero commerciale che prende il nome dal suo architetto Ibrahim el-Organi. Fedele seguace del presidente Sissi, che ha sostenuto nel suo colpo di Stato del 2013 come capo della milizia armata della tribù Tarabin, l'”uomo più ricco del Sinai” si è recentemente aggiudicato la gestione di un nuovo importante progetto edilizio attraverso un’altra delle sue società, Abna’ Sinai. Come rivelato dall’ONG Sinai Foundation for Human Rights, sono in costruzione diversi edifici lungo il confine con la Striscia di Gaza, tra i terminal di Rafah e Kerem Shalom. Il complesso, che sarebbe circondato da mura di cemento alte sette metri, potrebbe essere utilizzato per ospitare diverse migliaia di rifugiati palestinesi nel caso in cui l’Egitto dovesse far fronte a un esodo di massa di gazawi nel prossimo futuro.

Ma questa lenta evacuazione della popolazione dell’enclave non è una novità del 7 ottobre. All’epoca, l’agenzia offriva già collegamenti di sola andata per il Cairo dal terminal di Rafah a tariffe che variavano a seconda della buona volontà della compagnia e delle guardie di frontiera. Prima della guerra, lasciare Gaza era già una prova difficile, ma non quanto lo è oggi”, dice Mohammad el-Masri, un giornalista di Gaza. Per le donne, la procedura era più semplice: dovevano solo registrarsi in una lista d’attesa e, dopo un certo periodo di tempo, potevano partire. Gli uomini, invece, dovevano sempre passare per il “tansiq”. Il prezzo variava ogni mese, come il cambio di una valuta. Poteva scendere a 300 dollari e poi risalire a 1.500 dollari. Oggi le regole sono completamente cambiate: per ogni passaporto il prezzo è stato fissato a 7.000 dollari. Ma da quello che mi ha detto un amico appena partito, negli ultimi giorni è salito a 10.000″, conclude.

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“Sono sicuro che mi aiuterai a uscire da qui”.

Questi prezzi, terribilmente gonfiati dall’esplosione della domanda (e dall’avidità delle guardie di frontiera) saranno imposti anche a Younes*, 28 anni. Bloccato alle porte dell’Egitto, come molti altri, guarda le donazioni cadere nel suo conto virtuale, sperando che alla fine raggiungano il suo obiettivo: 17.000 dollari. Il resto servirà a coprire i costi di installazione una volta arrivato al Cairo, mentre organizza il resto del suo viaggio. “Prima di tutto, mi scuso per il mio pessimo inglese, ma sono sicuro che tutti voi capirete la mia storia e mi aiuterete ad andarmene da qui”, inizia il suo annuncio pubblicato su Gofundme con l’aiuto di un amico che vive in Europa. Se Younes raggiungerà il suo obiettivo, il denaro raccolto sarà trasferito a “un conoscente” con sede in Egitto che si occuperà di versare la somma a Hala Travel. “Ci vorrà quasi una settimana prima che registrino i nostri nomi al valico di Rafah e ci chiamino per il viaggio”, prevede Younes.

Ma con il passare dei giorni dalla sua pubblicazione, il 19 febbraio, gli appelli di Younes sono diventati sempre più urgenti. L’imminente offensiva su Rafah, dove si è rifugiato, sta mostrando i primi segni, e il suo fondo non decolla. “Ci hanno bombardato due giorni fa a 50 metri da noi”, racconta l’uomo che sostiene di aver perso tutto. Era il direttore di un noto ristorante di Gaza, sua moglie Noura* lavorava in un’azienda farmaceutica, due strutture ora completamente distrutte. Prima della guerra, la coppia stava progettando di acquistare un appartamento, per cui tutti i loro risparmi dovevano essere investiti. Abbastanza per garantire il loro futuro e creare una famiglia. Noura era incinta quando è iniziata la guerra. Ma la fame, la mancanza di acqua potabile e le disastrose condizioni igienico-sanitarie hanno avuto ripercussioni sulla salute della giovane donna. Durante un’operazione di emergenza, ha perso il bambino.

Da ottobre, la vita della coppia è stata una serie infinita di spostamenti dal nord al sud dell’enclave. “Siamo alla quarta evacuazione: dalla nostra casa a Gaza a Deir el-Balah, poi a Khan Younis e infine a Rafah”. Di fronte al valico di frontiera, Younes si è rifugiato in una tenda per strada e confida. “Nessuno ha ancora ricevuto uno stipendio; viviamo grazie all’aiuto di varie organizzazioni o di altri membri della famiglia. Al mercato nero i prezzi sono alle stelle: 5 dollari per una tavoletta di cioccolato, 15 per un chilo di cipolle, 22 per 250 grammi di caffè.

Tuttavia, le rare storie di palestinesi che sono riusciti ad attraversare il terminal di Rafah riempiono di speranza Younes. Come quelle di Ahmad, 39 anni, che avrebbe dovuto far parte del convoglio di venerdì scorso dopo aver pagato i 10.000 dollari richiesti dalle guardie di frontiera. Ma mentre immaginava che suo fratello fosse arrivato in un luogo sicuro, Mohammad è rimasto spiacevolmente sorpreso nell’apprendere che l’ultimo membro della sua famiglia stretta ancora bloccato a Gaza doveva ancora aspettare fino a domenica mattina. “Mi ha detto che gli egiziani non l’hanno fatto entrare all’ultimo momento quando è arrivato al valico e l’hanno riportato all’interno di Gaza”, si rammarica il cugino di Farah, che tuttavia spera che Farah e la sua famiglia possano di seguire le orme di Ahmad, la cui evacuazione è ancora “possibile”, secondo lui.

Per questo si impegna ogni giorno per attirare l’attenzione sulle grida di dolore della cugina: “Cerco di dare al fondo un po’ di visibilità pagando le pubblicità sui social network, ma non basta per farlo decollare”, si lamenta. Sono così tanti che spesso a fare la differenza è il numero di follower. È soprattutto grazie alla sua recente fama digitale che Shayma, 25 anni e 13.000 follower sulla rete X (ex Twitter), è riuscita a raccogliere oltre 70.000 sterline nel giro di due mesi. In teoria, ciò è sufficiente a garantire a lei e ad altri otto membri della sua famiglia un buono di uscita, in attesa del via libera di Hala Travel. Ora dobbiamo solo aspettare che i nostri nomi compaiano sulla lista”, dice felice. Se Dio vuole, presto attraverseremo il confine”.

* L’articolo può essere consultato nella lingua originale al link seguente di Orient Le Jour lorientlejour.com/article/1370…

** I nomi sono stati modificati

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È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione e del Merito

🔶 Ok al ddl sicurezza, Valditara: "Altro passo avanti per ripristinare cultura del rispetto"
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«Io ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo l'umanità, e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz'uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà. Pochissimi gli uomini; i mezz'uomini pochi, ché mi contenterei l'umanità si fermasse ai mezz'uomini. E invece no, scende ancor più giù, agli ominicchi: che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi.

E ancora più giù: i pigliainculo, che vanno diventando un esercito. E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere come le anatre nelle pozzanghere, ché la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre." (Il giorno della civetta).

Secondo voi a che categoria appartiene, questa sottospecie di essere, così come la maggior parte dei politici UE/Nato?

ilpost.it/2024/02/28/macron-tr…



INDONESIA – GLI E-BOOK DI CHINA FILES N°24


INDONESIA – GLI E-BOOK DI CHINA FILES N°24 13275444
Il futuro del Sud-Est asiatico passa da Giacarta. Quale paese eredita l'ex generale Prabowo Subianto, da poco eletto alla presidenza? Un nuovo dossier dedicato all'Indonesia tra sfide presenti e opportunità future

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In Cina e Asia – Cina, almeno 500 milioni i cittadini di "classe media”


In Cina e Asia – Cina, almeno 500 milioni i cittadini di
I titoli di oggi: Cina, aumenta la pena per i casi di corruzione Cina, almeno 500 milioni i cittadini di “classe media” “Due sessioni”: il premier cinese non terrà conferenza stampa per la prima volta dal ’93 Crisi immobiliare, imprenditrice arrestata dopo aver chiesto al governo di Shuicheng di saldare il suo debito La banca centrale cinese alza il tetto ...

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GAZA. Delegazione italiana in Egitto: “Immediato cessate il fuoco e corridoi umanitari”


Operatori umanitari, rappresentanti di associazioni, giornalisti e parlamentari sono giunti al Cairo e arriveranno al valico di Rafah, al confine con la Striscia di Gaza per chiedere di fermare i bombardamenti e far entrare gli aiuti umanitari. Intervista

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Pagine Esteri, 4 marzo 2024. La delegazione organizzata da AOI (Associazione Ong Italiane), insieme ad Arci e Assopace Palestina, è arrivata in Egitto per chiedere l’immediato “cessate il fuoco” e l’apertura di corridoi umanitari che consentano di portare aiuti e far uscire le persone che necessitano di cure e supporto. La delegazione, che comprende operatrici e operatori umanitari, giornalisti e parlamentari, arriverà al Valico di Rafah, al confine con la Striscia. Dal Cairo, Meri Calvelli, cooperante italiana che da anni porta avanti progetti di sviluppo a Gaza. Pagine Esteri
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Multinazionali e super ricchi si arricchiscono impoverendo tutti gli altri (di Chiara Brusini)
ilfattoquotidiano.it/2024/03/0…


Gli USA non hanno morale da insegnare agli altri paesi del mondo. E il mondo se ne sta accorgendo.

P.A.C.E. Partito Alternativo per la Coabitazione Euroasiatica

ilfattoquotidiano.it/2024/02/0…





"Sono venuti a pagarci le pensioni", dicevano , ma il peggiore è il governo o chi di dovere che non controlla.
imolaoggi.it/2024/03/04/varese…



🔵 La vicenda di Julian Assange riguarda noi tutti. Non possiamo ignorarla. Non possiamo far finta di non vedere quanto sta accadendo per volere dei democratici e liberi governi occidentali. Per questo abbiamo deciso di ripercorrerla per intero all’interno del nuovo Monthly Report.

🎥 Guarda il video e scopri come abbonarti per ricevere il Monthly Report in formato cartaceo direttamente a casa tua.

L'indipendente

m.youtube.com/watch?v=e57_WYp-…



🔻Quella di Julian Assange è certamente una storia di giustizia e di coraggio, ma anche di una persecuzione politico-giudiziaria senza sosta, pianificata, progettata e realizzata paradossalmente dagli stessi paladini della democrazia e della libertà di espressione a livello globale: gli Stati Uniti d’America. […]

lindipendente.online/2024/03/0…




VERSIONE ITALIANA CANADA, CORTE SUPREMA AFFERMA CHE GLI INDIRIZZI IP DEVONO ESSERE COPERTI DALLA PRIVACYIn Canada la Corte Suprema ha stabilito che la polizia per accedere all’indirizzo Ip di un computer deve ottenere un’autorizzazione giudiziaria, poiché questo costituisce un collegamento diretto tra la persona che lo adopera persona e la sua attività online. La sentenza …


ENVICRIMENET, LA RETE EUROPEA DELLE POLIZIA A TUTELA DELL’AMBIENTE (E PER L’ITALIA PARTECIPA L’ARMA DEI CARABINIERI)


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La criminalità ambientale sta affliggendo da tempo il nostro pianeta, anche se le iniziative per combattere questa minaccia sono sorte solo di recente. Il riscaldamento globale costituisce uno dei maggiori pericoli affrontati dall'umanità, le crisi sanitarie come COVID19 sono strettamente correlate alla cattiva gestione delle risorse ambientali, dove le attività criminali contro l'ambiente svolgono un ruolo essenziale.

Le più alte istituzioni politiche considerano oggi la protezione dell'ambiente come una delle loro priorità. Diversi attori sono inclusi in questa lotta, a causa del fatto che le questioni ambientali devono necessariamente essere affrontate da una prospettiva ampia. In questo contesto, qualsiasi sia l’approccio utilizzato, in un modo o nell'altro il crimine è presente.
Stante la situazione attuale, è noto che la criminalità ambientale è un problema serio, ma purtroppo contiamo ancora su strutture deboli per combattere efficacemente questo pericolo a livello internazionale.
Esistono diverse forme di criminalità ambientale, tra cui:
1. L'importazione e l'esportazione illegali di prodotti inquinanti;
2. il contrabbando di specie animali e vegetali protette;
3. La falsificazione di documenti di trasporto relativi a prodotti inquinanti e specie animali e vegetali protette;
4. Reati legati ai rifiuti.

Questa tipologia criminale richiede un sostegno e una consulenza specifici ad alto livello all'interno delle istituzioni dell' #UE, al fine di fornire loro un approccio globale al fenomeno.

#EnviCrimeNet è anche chiamato ad essere un Centro Europeo di Eccellenza sulle questioni penali legate a questa attività illegale. Lo scopo principale in questo senso è quello di sviluppare attività pertinenti al fine di coinvolgere i partecipanti nel perseguimento di questo tipo di reati e costituire un gruppo per lo scambio di buone pratiche e lezioni apprese dalle esperienze precedenti.
Inoltre, EnviCrimeNet è una rete con proiezione oltre i confini dell'UE. L'esperienza accumulata lavorando nella Rete viene utilizzata per esportare questo modello di successo in altre regioni ad alto impatto nella lotta alla criminalità ambientale come l'Africa o l'America Latina, promuovendo lo scambio e la generazione di sinergie.

IL LIFE+ SATEC PROJECT

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Il Progetto LIFE+ SATEC mira a promuovere la definizione di quadri giuridici internazionali, nonché nuovi metodi di indagine, la formazione degli agenti e la cooperazione delle forze di polizia e degli organi legislativi per la lotta ai reati ambientali.
EnviCrimeNet è un importante contributo di questo progetto all'obiettivo del Consiglio dell'Unione Europea, in relazione alla necessità che gli Stati membri prendano coscienza della lotta contro la criminalità ambientale. Questa rete svolge un ruolo importante in quanto è un forum incentrato sul coordinamento delle attività di lotta contro i reati ambientali.
Il progetto prevede anche la partecipazione di paesi terzi all'interno e all'esterno dell'Europa, in tutto il mondo, per combattere le attività criminali in settori quali il traffico illegale di rifiuti, il traffico di specie selvatiche, le indagini sulla criminalità informatica, le indagini relative alla biodiversità, ecc.

Il progetto LIFE+ SATEC è sostenuto dal Ministero spagnolo per la Transizione Ecologica e la Sfida Demografica, #Europol, #CEPOL e opera a stretto contatto con reti specializzate in questo campo come #ENPE (European Network of Prosecutors for the Environment, che ha lo scopo di promuovere l’applicazione del diritto penale ambientale sostenendo il lavoro operativo delle Procure), #IMPEL (European Network for the Implementation and Enforcement of Environmental Law, istituito nel 1992 fra gli Stati Membri dell’UE come un network informale tra le autorità responsabili della predisposizione, della implementazione e dell’attuazione della normativa ambientale) ed #EUFJE (forum dei giudici dell'ambiente dell'Unione europea stato creato a nel maggio 2003 con l'obiettivo di sensibilizzare i giudici sul ruolo chiave della funzione giudiziaria nell'efficacia dello sviluppo sostenibile.)

I partners in ambito ENVICRIMENET:

AUSTRIA –> Criminal Intelligence Service Austria. L'Austria è coinvolta nella rete di investigatori a livello dell'UE che svolgono operazioni congiunte in tutta l'UE attraverso le priorità dell'EMPACT.

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BELGIO –> FUPHEC, una sezione della Polizia Federale risultato della fusione in un unico servizio centrale “Salute Pubblica e Ambiente”. Questa fusione nasce dal desiderio di fornire una risposta più efficace ed efficiente alle crescenti preoccupazioni del pubblico relative all’ ambiente, alla salute pubblica in generale e alla sicurezza alimentare. In quanto servizio centrale, FUPHEC fornisce un valore aggiunto in termini di uniformità nell'approccio ai fenomeni in questione ed efficienza delle risorse da impiegare. È essenziale sviluppare questo servizio per ottimizzare la cooperazione e migliorare lo scambio di informazioni.
GERMANIA
–> Federal Criminal Police Office (BKA) SO 31-3 Environmental-/Consumer Protection Crime Unit. SPECIALIZZAZIONE: Il BKA, in qualità di agenzia centrale di polizia in Germania, coordina la repressione del crimine a livello nazionale e internazionale. In generale, è responsabile delle comunicazioni della polizia con le forze dell'ordine e le autorità giudiziarie, nonché con altre autorità pubbliche di altri paesi. Il BKA, in qualità di Ufficio Centrale Nazionale dell'Organizzazione Internazionale della Polizia Criminale (ICPO), utilizza i più moderni mezzi di comunicazione per scambiare messaggi con le sue controparti in tutto il mondo. A livello europeo, Europol è un partner centrale per la cooperazione. In qualità di unità nazionale di EUROPOL, il BKA svolge anche compiti centrali per la Germania. Nell'ambito di un approccio interdisciplinare alla lotta contro la criminalità ambientale, la BKA e l'Ufficio centrale d'inchiesta doganale (ZKA) sostengono congiuntamente i programmi europei per la lotta contro la criminalità ambientale. Tra i compiti principali in questo contesto figura il coordinamento delle misure nei confronti delle forze di polizia dello Stato o dei servizi doganali incaricati di indagare sui reati. La cooperazione si estende anche alle autorità federali e statali responsabili della protezione dell'ambiente.
Oltre alla funzione internazionale, il BKA fornisce funzioni di ufficio centrale per le polizie statali nel campo della lotta contro la criminalità ambientale, tra cui la raccolta e l'analisi dei dati dei casi e dei trasgressori, il coordinamento delle indagini su reati di importanza maggiore, superregionale o internazionale e l'offerta di corsi di formazione specializzati.
–> Zollkriminalamt Central Customs Investigation Office B331 (Prohibitions and restrictions). Il Zollkriminalamt è l'ufficio centrale del servizio d'inchiesta doganale. Responsabile della criminalità transfrontaliera, se le merci attraversano il confine, l'inchiesta doganale tedesca ha gli stessi diritti e le stesse possibilità della polizia tedesca. In qualità di ufficio centrale per l'inchiesta doganale, la ZKA è responsabile del coordinamento del lavoro degli uffici d'inchiesta doganale e funge da punto di contatto con le organizzazioni internazionali. In collaborazione con la BKA, la ZKA sostiene i programmi europei per la lotta contro la criminalità ambientale. L'unità divieti e restrizioni è anche responsabile della criminalità ambientale, in particolare della lotta contro il commercio illegale di rifiuti e specie in via di estinzione.
ITALIA –> Comando tutela ambientale e sicurezza energetica. SPECIALIZZAZIONE: L'Arma dei Carabinieri è la più grande Forza di Polizia italiana, contando su 105.000 agenti. Nel suo duplice ruolo di Polizia e di Forza Armata, l'Arma dei Carabinieri è responsabile di svolgere un'ampia gamma di compiti di polizia e militari ed è sempre presente nella vita dei cittadini, dalla città più grande d'Italia al borgo lontano. Il Comando delle Unità Forestali, Ambiente e Agricoltura combatte i reati ambientali come nuova frontiera della criminalità organizzata transnazionale. Con quasi 6.000 unità di personale specializzato in campo ambientale e operante su tutto il territorio nazionale, rappresenta la polizia ambientale italiana preposta alla tutela delle risorse naturali, della biodiversità e degli ecosistemi. Il Comando ha una specifica esperienza investigativa nel contrasto al traffico illecito di rifiuti, in particolare ai gruppi della criminalità organizzata che operano in questo peculiare settore.
SLOVACCHIA –> Presidium of the Police Force, Criminal Police Bureau, Department for Detection of Hazardous Substances and Environmental Crime. SPECIALIZZAZIONE: Le forze di polizia sono un corpo armato di sicurezza, che fa parte del ministero dell'Interno della Repubblica slovacca. Le forze di polizia svolgono compiti in materia di ordine interno, sicurezza, lotta contro la criminalità, comprese tutte le sue forme organizzate e internazionali, e compiti in conformità con gli obblighi internazionali della Repubblica slovacca. Nell'ambito della criminalità ambientale, esiste il Dipartimento per l'individuazione delle sostanze pericolose e la criminalità ambientale (DDHSEC), che individua e indaga soprattutto sulle forme più gravi di criminalità ambientale. Il DDHSEC è anche responsabile dell'istruzione e della formazione degli agenti di polizia, delle cooperazioni interministeriali e internazionali.

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SPAGNA –> Environmental Protection Service (SEPRONA). SPECIALIZZAZIONE: SEPRONA si occupa in modo completo della difesa dell'ambiente ed ha competenza specifica nella prevenzione, ispezione e contrasto dei reati ambientali dal punto di vista dell'investigazione penale, su tutto il territorio nazionale. Per adempiere a questi compiti #SEPRONA applica le disposizioni relative alla conservazione della natura e dell'ambiente, alle aree protette, alle risorse idriche, alla caccia e alla pesca, al maltrattamento degli animali, alla gestione dei rifiuti e al traffico illecito, ai reati legati all'inquinamento, ai siti archeologici e paleontologici e alla pianificazione territoriale, ecc.
In particolare, SEPRONA ha competenze per l'applicazione delle normative nazionali e regionali a livello amministrativo, nonché per l'accertamento delle denunce di polizia relative a reati classificati come reati nel codice penale. Un altro dei suoi poteri è quello di effettuare indagini e ispezioni in loco. La sede centrale di SEPRONA ospita l'Ufficio centrale nazionale (BCN) delle attività illecite legate all'ambiente che riuniscono le capacità di tutti gli attori pertinenti in questo campo a livello nazionale.
Per quanto riguarda le entrate internazionali, la BCN è il Punto di Contatto per i coordinamenti internazionali in materia di scambio di intelligence e facilitatore del coordinamento operativo quando le indagini richiedono il supporto internazionale.
OLANDA –> The Human Environment and Transport Inspectorate. SPECIALIZZAZIONE: L'Ispettorato dell'ambiente umano e dei trasporti (Inspectie Leefomgeving en Transport, #ILT) è l'autorità di vigilanza per i compiti del ministero delle Infrastrutture e della gestione delle acque. Più di 1.100 dipendenti lavorano quotidianamente sulla sicurezza, la certezza e la fiducia nei trasporti, nelle infrastrutture, nell'ambiente e nell'alloggio. L'ILT dispone di un proprio servizio investigativo penale. Questo servizio investigativo è denominato «servizio di intelligence e investigazione» (Inlichtingen- en Opsporingsdienst, ILT/IOD). L' #IFT/IOD si concentra sulle persone e sulle aziende che violano sistematicamente e gravemente le normative in materia di ambiente. Inoltre, l'ILT/IOD si concentra sulla criminalità organizzata di natura sovversiva e spesso riguarda le strutture (finanziarie) internazionali e i flussi commerciali.
Particolare attenzione è rivolta agli intermediari, ai facilitatori e agli enti certificatori. L'ILT/IOD impiega investigatori, analisti, esperti tecnici e legali, contabili forensi, esaminatori forensi informatici, consulenti strategici ed esperti nel campo dell'ottenimento e dell'elaborazione di dati e informazioni. Le priorità nelle indagini penali riguardano i rifiuti, il suolo e le sostanze pericolose. I compiti dell'ILT/IOD riguardano anche le associazioni dei trasporti e dell'edilizia abitativa.
Poiché la criminalità non si preoccupa molto dei confini regionali o nazionali, una parte crescente delle indagini penali ha un carattere internazionale. Il campo di gioco internazionale dell'ILT/IOD è paragonabile ai compiti dell'ILT e molto diversificato in termini di argomenti e si svolge a livello nazionale, europeo e globale. Uno dei suoi obiettivi è quello di rafforzare la cooperazione e condividere informazioni con altre autorità di contrasto su questi tre livelli al fine di contrastare la criminalità ambientale. Oltre al commercio illegale di materiali di scarto e refrigeranti e alla dubbia manipolazione di sostanze pericolose, il problema dei fuochi d'artificio è anche un argomento di importanza internazionale.

#LIFEPROJECT #CriminalIntelligenceServiceAustria #FUPHEC #BKA #Zollkriminalamt #Armadeicarabinieri #DDHSEC



 Fiat Lux "Il buio che precede la genesi non è tanto oscuro quanto il mercimonio dei dati personali." (CB) Purtroppo questa tenebra fatta di...



Era “solo” un drone. Il punto di Arditti


Nave Caio Duilio ha abbattuto un drone giunto a sei chilometri di distanza con aria minacciosa, nel corso della missione appena iniziata per la protezione delle vie di navigazione che passano per il Mar Rosso. Un drone certamente spedito dalle milizie Hou

Nave Caio Duilio ha abbattuto un drone giunto a sei chilometri di distanza con aria minacciosa, nel corso della missione appena iniziata per la protezione delle vie di navigazione che passano per il Mar Rosso. Un drone certamente spedito dalle milizie Houthi, che operano sulle coste dello Yemen con il supporto tecnico e finanziario dell’Iran (e non solo).

L’atto di guerra difensiva viene oggi commentato con pacatezza dal ministro della Difesa in una lunga intervista sul Corriere della Sera, nella quale Guido Crosetto ricorda i limiti costituzionali in cui operano le nostre forze armate e poi però aggiunge, ancora una volta, un deciso appello alle nazioni europee affinché prendano con decisione la strada della difesa comune.

Tutto di buon senso, dunque, a cominciare dalle parole del ministro.

Però dobbiamo anche avere il coraggio di guardare le cose come stanno nel loro insieme, proprio a partire dall’episodio che ha coinvolto il cacciatorpediniere lanciamissili italiano, una delle unità di punta della nostra Marina Militare.

E allora se vogliamo fare questo esercizio fino in fondo dobbiamo dire che il ministro della Difesa dovrà prepararsi a molte occasioni di commento ad azioni che coinvolgono le nostre forze armate, perché nel futuro (quello prossimo, non quello lontano) lo scenario richiederà necessariamente un impegno massicciamente rafforzato.

Anzi, dico di più: l’episodio che oggi conduce Crosetto a una intervista di commento, episodio che oggi ci appare rilevante (è in prima pagina su tutti i giornali stamattina), ha buone possibilità di finire presto al posto giusto nella gerarchia delle notizie di carattere militare, cioè al fondo della classifica.

Un drone in volo verso una nave è certamente un atto ostile (sarebbe interessante capire di che tipo, sempre che esista questa informazione), ma è soprattutto un test, per vedere la reazione.

Nel mondo, infatti, è forte la convinzione che le forze armate dei Paesi europei sono pronte alle azioni militari “a distanza” (raccolta informazioni con ogni mezzo disponibile, supporto alla logistica, addestramento truppe, assistenza sanitaria, fornitura armamenti) ma assai meno in grado di operare in un teatro bellico reale e di ampia portata, cioè non circoscritto nel tempo e nello spazio (come sta accadendo in Ucraina e anche in Medio Oriente, per non parlare della Siria, della Libia e di varie zone dell’Africa).

Forze Armate cioè dotate di elevata capacità tecnologica e di personale ad alta specializzazione, ma fragili sotto il profilo dell’esperienza sul campo e anche della dotazione adeguata a operare per settimane o mesi in zona di combattimento, chiarito (per chi legge) che se vi è una certezza nelle guerre moderne (e ibride) è l’enorme consumo di materiali di ogni genere.

Allora è il caso di ribadire che il ministro dice cose sagge e lungimiranti.

Ma è anche il caso di ricordare che l’abbattimento di un drone da parte di una nave moderna (il sistema Paams disponibile su Caio Duilio e su Andrea Doria costa circa 200 milioni di euro) è tecnicamente poco più che ordinaria amministrazione.

Diventa eccezionale per forze armate sin qui relativamente poco abituate a operare.

Ma il futuro prossimo ha ottime possibilità (purtroppo) di essere assai diverso dal recente passato.

Il tempo stringe.


formiche.net/2024/03/era-solo-…



Solo contro


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L’Italia spara nel Mar Rosso. Roma è parte della difesa collettiva


Quello che accade nel Mar Rosso “dimostra quanto ci sia bisogno di essere concentrati su un quadrante fondamentale per i nostri interessi”, perché “lì passa il 15 per cento del commercio globale: in mancanza di questa rotta, passando per il Capo di Buona

Quello che accade nel Mar Rosso “dimostra quanto ci sia bisogno di essere concentrati su un quadrante fondamentale per i nostri interessi”, perché “lì passa il 15 per cento del commercio globale: in mancanza di questa rotta, passando per il Capo di Buona Speranza, rischiamo di avere un incremento del prezzo dei prodotti”. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni, parlando dal Canada – seconda tappa del tour nordamericano da leader annuale del G7 – parla del tema del giorno: l’Italia è tornata a sparare. Sabato pomeriggio, il cannone da 76mm della Caio Duilio ha abbattuto un drone nel Mar Rosso, uno di quelli di fabbricazione iraniana che da mesi la milizia yemenita Houthi utilizza per bersagliare il traffico commerciale tra Europa e Asia.

La connettività lungo le rotte indo-mediterranee è stata disarticolata di fatto, le condizioni di sicurezza depauperate, tempi (e dunque costi) delle spedizioni stanno già aumentando. Per l’Italia, che dalla guida del G7 intende dare particolare rilievo al tema “connettività”, è una questione di politica internazionale tanto quanto di sicurezza collettività – come già dimostrato nella riunione ministeriale sui Trasporti che ha anticipato in via eccezionale l’incontro del gruppo previsto a Milano, ad aprile, proprio per affrontare insieme la questione dei collegamenti euro-asiatici messi in crisi dagli Houthi.

“Gli attacchi terroristici degli Houti sono una grave violazione del diritto internazionale e un attentato alle sicurezza dei traffici marittimi da cui dipende la nostra economia. Questi attacchi sono parte di una guerra ibrida, che usa ogni possibilità, non solo militare, per danneggiare alcuni paesi e agevolarne altri”, spiega nel comunicato della Difesa il ministro Guido Crosetto, che già in passato, in occasione dell’audizione alla Commissione Esteri e Difesa del Senato aveva parlato di “guerra ibrida”, alludendo al fatto che gli Houthi hanno fornito a Mosca e Pechino un lasciapassare – garantendo che le navi russe e cinesi non sarebbero finite sotto i loro colpi.

Secondo le informazioni diffuse dalla Difesa, l’analisi del tracciato del drone yemenita dimostrava che si sta dirigendo verso il cacciatorpediniere lanciamissili italiano, il quale, valutata la telemetria, ha preferito l’uso del sistema Ciws, il cannone Super Rapido. Il drone era a 6 chilometri dell’imbarcazione della Marina. Già successo nei giorni scorsi qualcosa di simile alla tedesca Hessen – che ha a sua volta fatto fuoco, non senza aver rischiato prima di abbattere un drone americano – e alla francese Languedoc, da tempo impegnata in attività nella regione. Era dalla Seconda guerra mondiale che una nave italiana non veniva attivata in un confronto cinetico del genere.

È in questo contesto che l’Italia si avvia al passaggio parlamentare definitivo per dare effettivo mandato alle forze che Roma ha promesso alla missione “Aspides” – avviata dal 19 febbraio dall’Ue per proteggere la sicurezza collettiva lungo quelle rotte. Quando martedì inizierà la discussione in Senato, sui nostri legislatori peserà un’agenda europea: Bruxelles ha infatti affidato il ruolo di Force Commander all’Italia, e il Caio Duilio dovrà dirigere il teatro operativo. Il voto dovrà essere rapido, come fatto da altri partecipanti europei come Francia, Germania e Grecia, perché l’emergenza è in atto e gli assetti in acqua sono già impegnati in attività contro forze ostili. Dal cacciatorpediniere della Marina dipenderà il coordinamento generale, dunque il suo valore è cruciale.

Contestualmente, il Parlamento andrà anche ad autorizzare la guida italiana della missione EuNavFor “Atalanta”, per la lotta alla pirateria nell’Oceano Indiano occidentale, e della CTF 153, task force delle Combined Maritime Forces – forze multinazionali attive sempre nella stessa regioni a cui è ascritta l’operatività di “Prosperity Guardian”, operazione a guida americana pensata proprio come forma di difesa dagli attacchi degli Houthi, parallela a quella offensiva anglo-americano, “Poseidon Archer”.

Oltre al Caio Duilio, altri due assetti italiani saranno attivati nel quadrante, dove Roma proietta il suo interesse nazionale, in un contesto effettivamente delicatissimo che ha già comportato un impegno tecnico-militare pro-attivo. Contesto che potrebbe inasprirsi, perché gli Houthi sono abituati alla guerra guerreggiata almeno da un decennio e – nonostante gli attacchi a guida statunitense abbiamo in parte degradato le loro capacità di azione – non sembrano interessati a fermarsi.

I miliziani yemeniti, connessi al network internazionale dei Pasdaran, dicono di colpire i mezzi alleati d’Israele per difendere i palestinesi della Striscia di Gaza invasa, ma in realtà sfruttano l’occasione per darsi una standing internazionale da sfruttare al tavolo negoziale sulla guerra civile in Yemen (su cui hanno già ottenuto risultati). Anche questa sovrapposizione di interessi, oltre ai rischi ibridi espressi da Crosetto, rende chiaro il livello dell’impegno non-ordinario che l’Italia si trova davanti, dal quale però non può sottrarsi. A maggiore ragione in questo momento di centralità internazionale del governo Meloni – che ha l’occasione di essere Paese riferimento nel Mediterraneo.


formiche.net/2024/03/litalia-s…



#laFLEalMassimo – Roberto Redsox e altri eroi silenziosi


La scorsa settimana, in questa rubrica che parla di libertà ho tracciato un parallelo tra due Eroi silenziosi Alexei Navalny e Giacomo Matteotti, auspicando che Putin possa fare la fine di Mussolini e sperando che non ci voglia una guerra mondiale per ott

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La scorsa settimana, in questa rubrica che parla di libertà ho tracciato un parallelo tra due
Eroi silenziosi Alexei Navalny e Giacomo Matteotti, auspicando che Putin possa fare la fine di Mussolini e sperando che non ci voglia una guerra mondiale per ottenere questo risultato.
In un periodo caratterizzato dal rumore mediatico e dalle distorsioni generate dalla
propaganda di regime è importante prendere una posizione chiara e senza ambiguità,
questa rubrica si schiera dalla parte dalla parte del popolo ucraino e di tutti coloro che in
Russia, si oppongo a un regime che minaccia la pace e la libertà di tutte le società aperte.
Si licet magnis componere parva in questo episodio vorrei parlare di un altro eroe silenzioso,
il tassista Roberto Redsox, che viene perseguitato perché ha l’ardire di affermare la verità e
rispettare la legge, in circostanze surreali, che sembrano tratte da un libro di Kafka e sono
indegne di una paese civile.

A qualcuno può sembrare esagerato parlare di eroe silenzioso e di coraggio a fronte della
pubblicazione di qualche post si social, ma siamo ancora una volta al dito che indica la luna:
Roberto si oppone a una prassi diffusa e incredibilmente tollerata e incoraggiata dalle
istituzioni, nel farlo si mette contro un’intera categoria e uno strato di popolazione ottuso,
conservatore e illiberale.

Ognuno di noi ha la possibilità nel quotidiano di dare un contributo proporzionato alle
circostanze in cui si trova, ma la maggioranza di noi preferisce voltarsi altrove, far finta di
niente, per pigrizia, indolenza, irresponsabilità. Mahatma Gandi ci invitava ad essere il
cambiamento che vogliamo nel mondo e Rooberto a suo modo lo sta facendo
La FLE al massimo si schiera senza ombra di dubbio dalla parte di tutte le battaglie di libertà
da quelle grandi come la resistenza eroica del popolo Ucraino e dei martiri come Navalny a
alle quelle piccole, ma non meno rilevanti degli eroi come Roberto Red Sox.

L'articolo #laFLEalMassimo – Roberto Redsox e altri eroi silenziosi proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



Le priorità dell'associazione criminale UE, Nato e del governo italiano.