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"Il limite del nostro tempo é che non abbiamo più nessuna idea di tutto ciò. L’educazione spirituale, persino in ambito ecclesiale, è dimenticata. Neppure abbiamo più interesse a una sistematica azione educativa visto che le nostre scuole sono quasi esclusivamente luoghi di istruzione e non più, salvo eccezioni, di educazione.
Istruire e educare sono verbi che provengono dal latino. Instruere significa preparare per, con la preposizione in che esprime moto a luogo e da l’idea che tale preparazione avvenga mettendo dentro. Educere al contrario significa tirare fuori, con la preposizione é o ex che significa «da» ed esprime moto da luogo con I’idea che vi sia qualcosa da estrarre. Il primo verbo sottintende una visione dell’essere umano come una scatola vuota da riempire, il secondo rimanda a un essere dotato di una potenzialità e una personalità originarie che vanno risvegliate. I nostri ragazzi vengono istruiti, riempiti di nozioni, i loro libri di testo assomigliano sempre più a manuali di istruzione. Sia chiaro, di nozioni bisogna averne il più possibile, e ben classificate, al fine di giungere a possedere competenze sicure; l’essere umano però non é solo un qualcuno da istruire per espletare una funzione, é anche un centro di elaborazione di informazioni per pensare, scegliere, obiettare, creare. L’istruzione é importante ma non basta, noi non siamo solo una scatola vuota da riempire; siamo anche una potenzialità caotica cui far assumere forma perché divenga dotata di libero arbitrio e di responsabilità. In questo risiede «la grandezza dell’essere umano.» E dicendo ciò, tocchiamo il mistero della coscienza.
(#VitoMancuso Il coraggio e la paura - pag. 100-101)


La verità e la solitudine
"La catena del sociale dice che la folla è nemica della verità; l’uomo, quando è nella folla, quando è nel gruppo, sviluppa lo spirito gregario che lo contraddistingue, si sottomette all’idolo sociale, dice, ripete, crede, ciò che tutti dicono, ripetono, credono. È una dimensione falsa, mimetica direbbe René Girard. La verità, da sempre, ha bisogno della solitudine, richiede il rientrare in se stessi, è nemica della folla.”
(#VitoMancuso "Rifondazione della fede" - pag. 68)


Il dolore innocente


"La mia teologia è evitare scrupolosamente ogni considerazione del dolore che colpevolizzi, o strumentalizzi, le vittime. In questo si contrappone a quelle teologie che spiegano il dolore o come causato direttamente da una colpa preesistente (paradigma del dolore colpevole) oppure come misteriosamente finalizzato alla salvezza (paradigma del dolore necessario in quanto espiativo). Contro queste prospettive, la seconda delle quali è ancora ben presente all’interno del pensiero cattolico come mostra la Salvifici doloris di Giovanni Paolo II del 1984, io sostengo il paradigma del «dolore innocente». Ovviamente non è questione di sentimenti, ma di idee: dietro i paradigmi del dolore colpevole, del dolore necessario e del dolore innocente vi sono differenti impostazioni nel pensare Dio, l'uomo e il loro rapporto nel mondo."
(#VitoMancuso "Il dolore innocente" - pag. X)

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Rifondazione della fede


"I nostri ragazzi. Come sono piccoli, come sono deboli, di fronte alle suggestioni del mondo. C'è un'industria che li ha di mira costantemente, specula con scientifica metodologia su di essi e sul loro desiderio di vita. Crea in loro una serie pressoché infinita di falsi bisogni, cattura le loro anime e le tiene legate, ben strette, in basso, dove regnano solo la quantità e le cose. Di fronte al futuro e alle possibili molteplici vite che esso contiene, i modelli che più attraggono i nostri ragazzi sono quelli che luccicano di più, che gridano di più, che danno i risultati più appariscenti nell'effimero volgere del tempo quotidiano."
(#VitoMancuso "Rifondazione della fede" - pag. 16)

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