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Francesca Albanese: «Dentro e fuori dalla cella, la Palestina è un carcere»


Intervista alla Relatrice speciale dell'Onu per i diritti umani nei Territori palestinesi occupati che ha presentato il suo ultimo rapporto al Palazzo di Vetro L'articolo Francesca Albanese: «Dentro e fuori dalla cella, la Palestina è un carcere» provien

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di Michele Giorgio

(questa intervista è stata pubblicata il 3 agosto dal quotidiano Il Manifesto)

«L’occupazione militare israeliana ha trasformato l’intero territorio palestinese occupato in una prigione a cielo aperto, dove i palestinesi sono costantemente rinchiusi e sorvegliati». È questa la denuncia contenuta nell’ultimo rapporto presentato alle Nazioni unite da Francesca Albanese, giurista e Relatrice speciale per i diritti umani nei Territori palestinesi occupati. Dal 1967, riferisce Albanese, oltre 800.000 palestinesi, compresi bambini, sono stati arrestati e detenuti in base a regole autoritarie applicate dall’esercito israeliano. Alla Relatrice abbiamo rivolto qualche domanda.

Francesca Albanese, la detenzione arbitraria è uno degli aspetti centrali della sua inchiesta

Ho preso in esame in particolare i presupposti normativi per cui la detenzione arbitraria è condotta dalle forze di occupazione israeliane. I palestinesi sono soggetti a lunghe detenzioni anche per aver espresso opinioni, pronunciato discorsi politici non autorizzati. Spesso sono ritenuti colpevoli senza prove, arrestati senza mandato, detenuti senza accusa né processo e brutalizzati durante la custodia. Il focus è sui palestinesi, perché sono i palestinesi ad essere incarcerati nel territorio occupato tanto da Israele quanto dalle autorità palestinesi in Cisgiordania e Gaza. Senza condonare o giustificare in alcun modo gli atti di violenza che commettono i palestinesi, ho riscontrato, come altri prima di me, che la maggior parte dei casi di detenzione non avviene in conseguenza di crimini o reati. Avviene per aver commesso azioni che dal punto di vista del diritto internazionale sono semplici atti di vita ordinaria. Per capirci, parliamo dell’attraversare una zona nel territorio occupato che Israele dichiara per qualche motivo chiusa. Organizzare una riunione di 10 o più persone in cui si parla di temi politici senza l’autorizzazione del governo (militare) comporta l’arresto fino a 10 anni. Il 95% dei palestinesi viene arrestato in prossimità delle colonie israeliane che ormai sono 270 nel territorio occupato, con 750.000 coloni.

Tutto ciò, lei afferma, avviene in un contesto che definisce di «carceralità diffusa».

Sì, descrivo l’ingabbiamento della popolazione. Si pensi al Muro (alzato da Israele in Cisgiordania, ndr), alle colonie che sono costruite per circondare, per strozzare la crescita urbana delle città e dei villaggi palestinesi. Si pensa ai 400 km di strade segregate che non sono accessibili e utilizzabili dai palestinesi e a come spezzino la continuità del territorio palestinese. Poi ci sono i permessi che i palestinesi devono ottenere per costruire una casa, prendere la residenza, andare in una determinata scuola, per viaggiare all’estero, per ricevere visite familiari. Persino le relazioni amorose sono regolate da ordini militari.

Quanto queste detenzioni sono la conseguenza anche della sorveglianza digitale.

Per questo argomento mi sono state utili le testimonianze dei militari dell’associazione (israeliana) Breaking the silence, che ben spiegano come la tecnologia digitale che si è sviluppata negli ultimi 10 -15 anni abbia cambiato il modo di controllare e monitorare i palestinesi. Dal seguire le loro conversazioni su Facebook al monitoraggio dei flussi telefonici. Fino alla triangolazione di tutte le informazioni sulla loro vita, anche i controlli medici. I palestinesi sono facilmente ricattabili perché tutte le loro informazioni private sono nelle mani degli israeliani. Dal 2013 in poi sono aumentati gli arresti preventivi in seguito all’utilizzo dei social media.

I palestinesi denunciano il sistema della doppia giustizia in Cisgiordania: loro sono giudicati dalle corti militari, i coloni dalle corti civili.

Questo dualismo legale che è stato criticato in passato anche dall’ex giudice della Corte suprema israeliana Barack. E ha permesso il cristallizzarsi dell’apartheid. La vita dei palestinesi è regolata da legge marziale. Anche i minori palestinesi vengono portati dinanzi a giudici militari. Ben diverso è il caso dei coloni che pure si macchiano di gravi reati contro i civili palestinesi e le loro proprietà. Raramente sono portati in giudizio. Più che di doppia giustizia dobbiamo parlare di impunità per i coloni israeliani. Pagine Esteri

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La sinistra italiana perde con Mario Tronti uno dei più importanti intellettuali del Novecento. La sua opera ha ispirato diverse generazioni di militanti e int


Taxi, una riforma a metà


Mentre turisti e cittadini girano in cerca di un taxi per le città bollenti come l’anima vagula e blandula cantata dall’imperatore Adriano, a rischio di diventare pallidula, rigida, nudula, nella defatigante attesa di trovarne uno, oggi il governo dovreb

Mentre turisti e cittadini girano in cerca di un taxi per le città bollenti come l’anima vagula e blandula cantata dall’imperatore Adriano, a rischio di diventare pallidula, rigida, nudula, nella defatigante attesa di trovarne uno, oggi il governo dovrebbe emanare un decreto per risolvere in modo categorico e definitivo per tutti il problema dei taxi. Da quel che si apprende, si procederà su due piani: la possibilità per alcuni Comuni di aumentare fino a un massimo del 20% le licenze taxi e come ciliegina l’accordo, patrocinato dal ministero delle Infrastrutture, tra associazioni di discoteche e cooperative taxi per offrire un passaggio gratuito a casa quando la notte si supera il tasso etilico consentito dalla legge per guidare l’automobile. Partiamo dal punto importante vale a dire la riforma dei taxi. L’aumento delle licenze avverrebbe attraverso concorsi
straordinari indetti solo da alcuni grandi Comuni per gli attuali licenziatari, i loro sostituti alla guida e chi è in possesso dei requisiti necessari e si affaccerebbe per la prima volta al mestiere, con preferenza di assegnazione alle prime due categorie; i proventi del “contributo” per le nuove licenze verrebbe poi versato ai tassisti odierni per ristorarli della maggior concorrenza. I Comuni potrebbero poi aggiungere licenze temporanee in caso di grandi eventi, come il Giubileo a Roma o le Olimpiadi a Milano, ma riservate solo a chi ha già la licenza (che evidentemente poi subaffitterà quella temporanea). Infine, ci sarebbe il via libera alla doppia guida, in modo tale che grazie a una sola licenza possano guidare due conducenti in orari diversi, meccanismo già in vigore in alcune città ma che non ha avuto grande successo (forse per alcune limitazioni a esso attaccate). Infine, il governo prevede ulteriori incentivi fiscali per l’acquisto di veicoli non inquinanti: un sussidio non si nega mai. Che dire? Piuttosto di niente meglio piuttosto. Quindi, la doppia guida senza troppi lacciuoli qualche autovettura in più per le strade dovrebbe portarla. Ma limitare il numero di licenze a concorso al 20% in più rispetto ad ora e solo per alcune città non ha molto senso, vista la domanda che si è creata rispetto al servizio disponibile. Inoltre, se i Comuni potranno ma non dovranno bandire nuove licenze – permanenti o temporanee -, rischiano di rimanere in ostaggio della categoria e delle sue proteste, esattamente come ora. Né nulla si preannuncia sulla liberalizzazione dei servizi per gli Ncc (auto a noleggio), flessibilità delle tariffe, piattaforme informatiche. Eppure, la scarsezza di autovetture danneggia i consumatori – incluse le persone più fragili – e l’economia che, a causa della mancanza di offerta, perde Pil potenziale. L’Autorità antitrust (Agcm), che ha aperto l’ennesima indagine per accertare eventuali pratiche restrittive, già da anni ha individuato varie soluzioni per aprire il mercato. Infatti, nel parere del 2017, pur affermando che “non esiste alcun diritto acquisito a una eventuale compensazione nei confronti degli attuali possessori di licenza” (giusto!), l’Agcm si dichiarò “consapevole che la possibilità di successo delle riforme in senso pro-concorrenziale sono strettamente legate all’adozione di misure idonee a limitare quanto più possibile l’impatto sociale dell’apertura del mercato”. Tre furono le proposte: 1) l’assegnazione a ogni tassista di una licenza supplementare con obbligo di rivendita sul mercato; 2) la vendita dello stesso numero di licenze da parte dei comuni con assegnazione del ricavato agli attuali licenziatari; 3) prevedere due tipologie di operatori, quelli gravati da obblighi di servizio pubblico (i tassisti) e quelli liberi (tipoUber), con i secondi che compensano i primi per il privilegio. Un gruppo di deputati (primi firmatari Marattin e Pastorella) ha presentato un ddl ispirato alla prima soluzione (quindi senza oneri per i contribuenti) più altre liberalizzazioni tariffarie, per le piattaforme e per gli Ncc. È la soluzione più semplice e immediata ancorché non perfetta. Tuttavia, quello che bisogna evitare è un’ulteriore falsa riforma che ci lasci più o meno al punto di partenza. Oppure qualche bizzarro esperimento che inciti tutti a uscire un po’ brilli dalla discoteca per scroccare un passaggio in taxi a carico del contribuente (escluso – giustamente – che conducenti o gestori della discoteca ci perdano soldi). Un decreto Mojito in piena regola per confermare che il nostro Paese è il più buffo del mondo.

La Stampa

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Collaborazione aerea più stretta tra Roma e Tokyo. Al via l’esercitazione nell’Indo Pacifico


Italia e Giappone insieme nei cieli dell’Indo-Pacifico. I velivoli dell’Aeronautica militare italiana sono infatti atterrati in Giappone, pronti a cimentarsi nell’esercitazione congiunta con la Japan air self-defense force (Jasdf), che prenderà il via in

Italia e Giappone insieme nei cieli dell’Indo-Pacifico. I velivoli dell’Aeronautica militare italiana sono infatti atterrati in Giappone, pronti a cimentarsi nell’esercitazione congiunta con la Japan air self-defense force (Jasdf), che prenderà il via in questi giorni nell’ambito della cooperazione Italia-Giappone. Ad accoglierli all’arrivo alla base aerea giapponese di Komatsu, in segno di amicizia, vi era un velivolo F-15 con la livrea celebrativa del centenario dell’Arma azzurra. L’esercitazione permetterà alle due Forze aeree di addestrarsi insieme su diverse attività in scenari operativi, accrescendo così le reciproche competenze in termini di interoperabilità e di capacità operativa e testando la capacità di expeditionary del nostro Paese nell’operare anche in contesti lontani dai confini nazionali. L’Italia ha infatti portato nel Paese del Sol levante velivoli dalle caratteristiche di impiego molto diverse tra loro, tra cui: tre caccia F-35 provenienti dal 32° Stormo di Amendola e uno dal 6° Stormo di Ghedi, tre KC-767° di cui due in versione tanker, il nuovo Conformal airborne early warning (Caew) G-550 e i velivoli da trasporto tattico C-130J in assetto Sar. La collaborazione stretta tra Roma e Tokyo comprende inoltre la formazione dei piloti presso l’International flight training school (Ifts) a Decimomannu e la partecipazione al progetto Global combat air programme (Gcap) per il caccia di nuova generazione.

Lo schieramento

Gli aerei militari italiani sono partiti il 30 luglio dalle basi di Pratica di Mare, Amendola e Pisa, per poi fare scalo a Doha (Qatar), Malé (Maldive) e Singapore, dove hanno dovuto attendere due giorni che il tifone Khanun perdesse forza e rendesse nuovamente agibili i cieli del Mar Cinese Orientale, permettendo così l’atterraggio finale alla base di Komatsu, nella prefettura di Ishikawa. Lo rischieramento di velivoli così diversi a oltre 10mila chilometri dai confini nazionali, è stata un banco di prova per l’Aeronautica di competenze avanzate di comando e controllo, oltre che una dimostrazione concreta della varietà di assetti che compongono la spina dorsale del potere aerospaziale nazionale. “Oggi è un giorno importante e simbolico per l’aviazione italiana e giapponese” ha commentato l’arrivo dei velivoli il Mission commander del rischieramento in Giappone, Luca Crovatti, riferendosi al raid Roma-Tokyo del 1920. “All’epoca, due coraggiosi piloti italiani arrivarono in Giappone dopo tre mesi di viaggio a bordo di semplici biplani. Quest’anno, nel centenario dell’Aeronautica militare, abbiamo replicato questo viaggio con assetti tra i più avanzati al mondo”. Il colonnello Crovatti ha poi spiegato come si svolgeranno le esercitazioni: “Nei prossimi giorni, i nostri piloti, operatori di volo e tecnici si addestreranno insieme ai colleghi giapponesi della Kōkū Jieitai, per condividere tecniche, obiettivi addestrativi e procedure operative”.

Collaborazione italo-giapponese

A fine giugno, tra l’altro, si sono incontrati a Palazzo Aeronautica a Roma i ministri della Difesa dei Paesi Gcap. Presenti per l’Italia Guido Crosetto, ministro della Difesa, per il Regno Unito Ben Wallace, segretario alla Difesa, e per il Giappone Atsuo Suzuki, viceministro della Difesa. L’incontro si è svolto in un clima positivo, e ha permesso di compiere passi in avanti verso la costituzione del consorzio alla base del Gcap. Il vertice è seguito a quello avvenuto a marzo in Giappone, quando Crosetto e Wallace incontrarono il ministro Yasukazu Hamada per discutere i prossimi passi verso lo sviluppo congiunto del Gcap, a margine del Dsei Japan, la principale manifestazione dedicata al settore della Difesa integrato giapponese. Una nuova riunione a tre potrebbe tenersi entro l’autunno. E, se la rotazione venisse rispettata, si dovrebbe tenere su suolo britannico, con la presenza del viceministro Suzuki.

Il Gcap

Il progetto del Global combat air programme prevede lo sviluppo di un sistema di combattimento aereo integrato, nel quale la piattaforma principale, l’aereo più propriamente inteso, provvisto di pilota umano, è al centro di una rete di velivoli a pilotaggio remoto con ruoli e compiti diversi, dalla ricognizione, al sostegno al combattimento, controllati dal nodo centrale e inseriti in un ecosistema capace di moltiplicare l’efficacia del sistema stesso. L’intero pacchetto capacitivo è poi inserito all’intero nella dimensione all-domain, in grado cioè di comunicare efficacemente e in tempo reale con gli altri dispositivi militari di terra, mare, aria, spazio e cyber. Questa integrazione consentirà al Tempest di essere fin dalla sua concezione progettato per coordinarsi con tutti gli altri assetti militari schierabili, consentendo ai decisori di possedere un’immagine completa e costantemente aggiornata dell’area di operazioni, con un effetto moltiplicatore delle capacità di analisi dello scenario e sulle opzioni decisionali in risposta al mutare degli eventi.

Il programma congiunto

L’avvio del programma risale a dicembre del 2022, quando i governi di Roma, Londra e Tokyo hanno concordato di sviluppare insieme una piattaforma di combattimento aerea di nuova generazione entro il 2035. Nella nota comune, i capi del governo dei tre Paesi sottolinearono in particolare il rispettivo impegno a sostenere l’ordine internazionale libero e aperto basato sulle regole, a difesa della democrazia, per cui è necessario istituire “forti partenariati di difesa e di sicurezza, sostenuti e rafforzati da una capacità di deterrenza credibile”. Grazie al progetto, Roma, Londra e Tokyo puntano ad accelerare le proprie capacità militari avanzate e il vantaggio tecnologico. Ad aprile, tra l’altro, l’Italia ha lanciato la Gcap acceleration initiative per accelerare lo sviluppo di tecnologie relative al Global combat air programme. Destinata a aziende e centri di ricerca, lo scopo dell’iniziativa è raccogliere le migliori proposte volte per la piattaforma Gcap per lavorare insieme a soluzioni innovative che possano essere applicate nel processo di maturazione tecnologica.

Le altre esercitazioni del Giappone

L’esercitazione italiana segue quella in corso sempre in Giappone tra Parigi e Tokyo, la prima tra jet di combattimento tra i due Paesi. La Forza di autodifesa aerea giapponese partecipa con tre caccia F-15 e due F-2, un aereo da trasporto KC-767 e un aereo da trasporto C-2, mentre la Forza aerea e spaziale francese schiera due caccia Dassault Rafale, un aereo da trasporto Airbus A330 Multi-Role Tanker e un aereo da trasporto Airbus A400M, oltre a un contingente di circa 120 militari. L’iniziativa dimostra soprattutto il forte impegno della Francia ad espandere la propria presenza nell’Indo-Pacifico. L’ambito aereo dell’esercitazione franco-giapponese è anche significativo, dal momento che Tokyo fa parte del programma per il caccia di sesta generazione con Italia e Uk Gcap, parallelo (e concorrente) a quello franco-tedesco Fcas. Il ministero della Difesa giapponese ha spiegato che la manovra ha l’obiettivo di “approfondire la cooperazione bilaterale nel campo della difesa a beneficio di un Indo-Pacifico libero e aperto”.

[Foto: Aeronautica militare]


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È stato pubblicato oggi il bando di concorso per titoli ed esami, abilitante, per l’assunzione a tempo indeterminato di 1.


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Letture asiatiche – 5 libri da leggere sotto l’ombrellone


Letture asiatiche – 5 libri da leggere sotto l’ombrellone 8653156
I consigli di China Files con i libri migliori a tema Asia da leggere questa estate 2023 sotto l’ombrellone La letteratura non va in vacanza e così anche la rubrica Letture Asiatiche. Tra i moltissimi libri che ci sono piaciuti nel 2023, qui una selezione di quelli che da divorare in una giornata di relax. Qui vi avevamo parlato di ...

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NIGER. È ricca di minerali la “Cintura del golpe” cara all’Occidente


Comprende gran parte del Sahel, taglia il continente dividendo i nordafricani dagli africani sub-sahariani. Contiene una abbondanza di depositi minerari, uranio e petrolio e ha la più alta concentrazione di basi occidentali del continente L'articolo NIGE

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della redazione

Pagine Esteri, 6 agosto 2023 – La chiamano la “cintura del golpe”. Comprende gran parte del Sahel, taglia nettamente il continente dividendo i nordafricani dagli africani sub-sahariani. Contiene una abbondanza di depositi minerari, di uranio e petrolio e ha la più alta concentrazione di basi occidentali del continente con in testa Gibuti che ospita militari di molte nazioni, Italia inclusa. Questa vasta regione ha un alto valore strategico in termini di risorse e per la sua posizione è in grado di influenzare sia l’Africa settentrionale che quella sub-sahariana. Da qui il grande interesse dell’Europa a mantenere al potere quei governi e regimi che maggiormente si sono dimostrati pronti a favorire bisogni ed esigenze dell’Occidente. Il Niger teatro alla fine del mese scorso di un golpe, è uno di questi.

Ma questa larga fascia che va da Ovest ed Est dell’Africa è nota anche per la sua forte instabilità. Negli ultimi 5 anni ci sono stati quasi 10 tentativi di colpo di stato. Alcuni hanno avuto successo, altri no. I motivi sono molti e in gran parte legati proprio alle ricchezze minerarie alle quali si faceva riferimento. Pesano anche le lotte tra tribù. I paesi della regione del Sahel sono eterogenei nelle loro popolazioni. Molte tribù competono e negoziano tra loro per il potere e il controllo del paese. E quando i negoziati falliscono, ha luogo il colpo di stato. Spesso gli organizzatori dei golpe usano slogan antifrancesi e anticoloniali per coinvolgere le popolazioni, molto povere, che certo non amano Parigi sempre pronta a sfruttare la regione per i suoi interessi politici ed economici. Un’avversione sulla quale giocano vari Stati per conquistare terreno nella regione, senza dimenticare il ruolo della Compagnia mercenaria Wagner che avrà pure fallito la sua sollevazione contro il Cremlino ma non ha perduto l’enorme influenza che ha in Africa.

Intanto ieri è scaduto l’ultimatum della Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Cedeao), che aveva dato ai golpisti in Niger sette giorni per mettere fine al colpo di stato del 26 luglio che ha deposto il presidente Mohamed Bazoum. Tuttavia, è improbabile che alle minacce seguano azioni concrete. Il presidente nigeriano Bola Tinubu, che guida anche la Cedeao, ha tagliato le forniture di elettricità al Niger e preme per un intervento militare allo scopo di affermare la sua leadership regionale. Ma non ha ottenuto il via libera del Senato nigeriano all’invio di truppe. Piuttosto i senatori lo hanno esortato a intensificare i negoziati con i golpisti in Niger inviando nuovamente una delegazione a Niamey. Chiedono inoltre che il governo federale intensifichi gli sforzi militari contro l’organizzazione jihadista Boko Haram, vera spina nel fianco della Nigeria.

Altri Paesi africani escludono un intervento militare. “Il Ciad non agirà mai militarmente. Abbiamo sempre sostenuto il dialogo. Il Ciad è un facilitatore”, ha dichiarato Daoud Yaya Brahim, ministro della Difesa. Persino più intrasigenti contro l’uso della forza sono Mali, Burkina Faso e Guinea Conakry, di fatto sostenitori dei golpisti in Niger. L’Algeria spinge per dare più peso alla diplomazia poiché, spiega, “il ricorso alla forza che non farebbe altro che aggravare la situazione del Niger e dell’intera regione”.

La Francia, al contrario, fa pressioni sulla Cedeao per un intervento più deciso, anche militare. La ministra degli Esteri, Catherine Colonna, ha ricevuto il premier del Niger, Ouhoumoudou Mahamadou, al quale ha ribadito il pieno sostegno di Parigi al presidente Bazoum e al suo governo.

Intanto da Niamey è partito per Pratica di Mare il volo KC 767 con 65 militari del contingente italiano in Niger e 10 militari statunitensi. Nella capitale dello Stato africano rimangono 254 militari italiani. Pagine Esteri

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I servizi di questa mattina sul server Poliverso sono stati risolti. Ci scusiamo per il disagio

@Che succede nel Fediverso?

Buongiorno e buona domenica a tutti gli utenti di poliverso.org che stamattina, a causa di un errore nel processo automatico di rinnovo del dominio e all'incapacità del provider nel segnalare tempestivamente la problematica, e risultato irraggiungibile per alcune ore.

Il server è comunque rimasto in esecuzione e pertanto tutte le attività automatiche già impostate (importazione delle timeline, importazione o ripubblicazione di feed, ripubblicazione su bluesky, etc) hanno continuato a funzionare, ma il server non era comunque raggiungibile da parte dell'utente finale.

Purtroppo le tempistiche per la risoluzione dell'inconveniente ci erano sconosciute, in quanto non erano sotto il nostro controllo, ma dipendevano semplicemente dai tempi di aggiornamento dei DNS. Fortunatamente il disservizio è durato poche ore.

Ci scusiamo ancora per il problema.

Gli amministratori

cc @Poliverso Forum di supporto



  Laura Tussi Il 6 e 7 luglio, un mese fa, si è tenuto a Bruxelles l'incontro internazionale della rete Donne Globali per la Pace. In opposizione al



La situazione sul campo ucraino, tra controffensiva e tensioni al Cremlino. Il punto di Jean


Molti speravano che la tanto annunciata controffensiva ucraina ripetesse i successi che aveva avuto quella dello scorso settembre nell’area di Kharkiv, con penetrazioni profonde nelle difese russe. Anche prima dell’ammutinamento della Wagner, gli ucraini

Molti speravano che la tanto annunciata controffensiva ucraina ripetesse i successi che aveva avuto quella dello scorso settembre nell’area di Kharkiv, con penetrazioni profonde nelle difese russe. Anche prima dell’ammutinamento della Wagner, gli ucraini e i loro sostenitori erano consapevoli della crisi esistente nel vertice politico-militare russo. Lo stesso Putin sembrava incerto e demotivato. Non riusciva a far smettere gli insulti e le pesanti accuse di inefficienza e tradimento rivolte da Prigozhin al Ministro della difesa Shoigu e al Capo di Stato Maggiore Generale (SMG) Gerasimov.

Esse non si erano ancora estese alla critica distruttiva della “narrativa” usata da Putin per giustificare l’aggressione all’Ucraina e che tanto eco trovano in quelli che l’Economist denomina “gli utili idioti putiniani”, numerosi anche in Italia (genocidio dei russofoni da parte di Kiev, minaccia della Nato, inesistenza dell’Ucraina come nazione e sua “scippo” da parte di di nazisti e, secondo Kirill, anche di gay, e così via).

Tutto ciò faceva pensare che una sconfitta anche solo tattica facesse esplodere la crisi e inducesse il Cremlino a trattare. Una completa sconfitta era giudicata impossibile, eccetto nella propaganda di Kiev. Zelensky la propagandava anche perché la riteneva essenziale anche per mantenere unita la coalizione occidentale che lo sostiene. Elemento essenziale era la speranza di una rivolta dei militari russi, unica forza in grado di spodestare Putin dal Cremlino.

Manca in Russia un organismo, come era il Politburo nell’Urss, in grado di sfiduciare un presidente, come accadde a Kruscev due anni dopo la crisi dei missili di Cuba. Finchè Putin rimarrà al potere, qualsiasi accordo è impossibile. Non sono in gioco solo l’obiettivo di trasformare la Russia in una grande potenza globale, ma anche la sua sopravvivenza politica e forse anche fisica. Stranamente, non è stata mai dedicata molta attenzione ai rapporti civili-militari in Russia.

Tensioni fra il Cremlino e la “casta” degli ufficiali sono iniziate una ventina di anni fa e erano esplose quando nel 2001, per la prima volta nella storia russa, la carica ministro della difesa divenuto Sergei Ivanov, non proveniente dal mondo militare, ma ex-capo dell’Fsb e facente parte del “cerchio magico” che aveva seguito Putin da San Pietroburgo a Mosca. La frase pronunciata da Putin in tale occasione (“con la nomina di Ivanov, è iniziata la smilitarizzazione della società russa”) è indicativa delle tensioni esistenti fra le FF.AA. e i Servizi d’intelligence). Si trattava dell’atto conclusivo di un processo iniziatosi con il ritiro dell’Armata Rossa dall’Europa centrorientale e baltica. Finì allora l’autonomia, di tipo prussiano, della casta degli ufficiali. Nell’Urss, come nell’impero zarista, era “pagata” con l’astensione dalla politica dei militari e con cospicui loro privilegi economici e statutari. Ora vedevano minacciato il loro status.

La drastica ristrutturazione delle FF.AA. fu imposta dal 2007 dal secondo ministro civile della difesa – Anatoly Serdyukov – appartenente anch’esso al “cerchio magico” sanpietroburghese. Al Ministero si verificarono vere e baruffe, con dimissioni del Capo di SMG. La situazione era divenuta tanto insostenibile che Serdyukov dovette essere sostituito da Sergei Shoigu nel 2012, con il mandato di attenuare gli attriti fra Putin e i militari. La frattura però rimase. Si estese al corpo degli ufficiali, rompendone la tradizionale unità. Si crearono lotte per il potere e pesanti faide fra le varie “cordate”.

Ad esempio il gen. Surovikin, scomparso dopo l’ammutinamento della Wagner e ideatore della linea fortificata che ha arrestato la controffensiva ucraina, e il popolare gen. Popov, comandante della 58^ Armata, destituito brutalmente, appartenevano al gruppo dei riformisti di Serdyukov. Sono stati loro a far fallire la controffensiva ucraina e a indurre Kiev a mutarne strategia, dopo i primi baldanzosi e sanguinosi assalti di giugno con mezzi corazzati alle linee fortificate russe. Gli ucraini subirono allora enormi perdite, persero molti soldati e un quinto dei carri e mezzi corazzati ricevuti dall’Occidente, rioccupando solo una minima parte dei territori perduti.

Come Putin anche Zelensky è prigioniero dei propri slogan, non tanto per il morale delle proprie truppe e popolazione, che dimostrano un’incredibile tenuta, quanto per mantenere unita la coalizione che lo sostiene, resa vulnerabile dalla contestazione dei governi che sostengono l’Ucraina. Soprattutto in Europa, molti continuano a credere alla possibilità di compromesso con Putin, che non consista in una resa all’Ucraina e che una vittoria russa possa placare – e non invece stimolare, come credo – gli “appetiti imperiali” di Mosca.

Come quelli di Putin, gli obiettivi di Zelensky non sono mutati: raggiungere il Mar d’Azov e rompere il “ponte terrestre” fra la Russia e la Crimea, da tenere sotto la minaccia delle artiglierie ucraine, rendendone a Mosca troppo onerosa l’annessione. L’odio suscitato dalla brutalità e dai bombardamenti russi sulla popolazione e le infrastrutture ucraine rendono improbabile una riduzione degli obiettivi politici di Zelensky: la rioccupazione di tutto il territorio ucraino del 1991 e la subordinazione di qualsiasi accordo con Mosca a serie garanzie di sicurezza. Lo si voglia o no, ciò implica un coinvolgimento della Nato, che un nuovo governo russo potrebbe accettare solo in cambio di garanzie di sicurezza per la Russia, in pratica con l’impegno della Cina. È su questi che occorrerebbe puntare, offrendo a un nuovo governo russo condizioni accettabili. La richiesta alleata di resa incondizionata rese impossibile una tempestiva rivolta dei generali tedeschi contro Hitler.

Il punto centrale del dibattito sugli aiuti da dare all’Ucraina consiste nell’alternativa fra il fornirle un consistente numero di carri Abrams e F-16, oppure nel darle nuovi mezzi di fuoco terrestre in profondità, nella cui utilizzazione strategica gli ucraini si sono dimostrati molto capaci, come lo sono nell’impiego di drones terrestri e navali, con consistenti effetti più psicologici che militari sui russi. Questi ultimi sono meno resilienti alla minaccia. Non lottano per la sopravvivenza della loro patria come gli ucraini.

La consegna da parte Usa di nuovi e più potenti mezzi di fuoco potrebbe invece aumentare di molto le capacità d’attrito degli ucraini e, in particolare, provocare il collasso logistico delle forze russe. La superiorità ucraina nel fuoco in profondità è diminuita rispetto al passato, perché i missili terrestri disponibili – in particolare quelli dei lanciarazzi multipli Himars (gittata 84 km) – sono a guida Gps, intercettabili e resi imprecisi dalle rinnovate capacità russe di guerra elettronica. I nuovi mezzi che dovrebbero essere dati massicciamente a Kiev sono i Glsdb (Ground Based Small Diameter Bombs), con capacità di lanciare a 150 km una bomba da 113 kg; e l’Atacms (Army Tactical Missile System), con bomba di 227 kg e gittata di 300 Km. Entrambi sono a guida inerziale, non intercettabili dai russi.

Già ora le forze russe denunciano una carenza di munizioni, anche perché i loro depositi, come quelli di carburante, sono gli obiettivi privilegiati delle azioni di fuoco ucraine. L’arrivo dei nuovi mezzi, potrebbe mettere in grave crisi le forze russe, determinando l’“evento” per una rivolta militare armi sta aumentando la centralità della “guerra dei droni”. A parer mio, carri e cacciabombardieri non possono far molto per superare i 30 km di profondità che hanno le linee fortificate russe. Kiev deve accettare il fatto che il blitzkrieg della controffensiva non è possibile, anche perché le perdite dei suoi cittadini-soldati, necessari per la ricostruzione, sarebbero troppo rilevanti.

A parte tutto, gli Abrams hanno un motore a turbina, per la cui manutenzione è necessario personale altamente specializzato. Gli F-16, a parte le efficienti difese controaeree russe, sarebbero vulnerabili alla contro-aviazione russa e non disponibili prima della fine del 2023. A nulla servirebbe una nuova mobilitazione. L’aumento dell’età di leva da 27 a 30 anni non è stato fatto per aumentare gli effettivi militari, ma per evitare che i figli della borghesia, con la scusa di studi e di attività lavorative indispensabili, sfuggano al servizio militare. La Russia non potrebbe addestrare, armare e rifornire i 5 milioni di soldati di cui taluni hanno favoleggiato.


formiche.net/2023/08/ucraina-c…



Con l’approvazione della legge delega per la riforma fiscale il governo prosegue sulla strada, già percorsa dai governi precedenti, del totale smantellamento



A scuola da Al-Haq: reimparare la “Nakba” sperimentando le forme dell’occupazione


Un appuntamento che, da 9 anni, richiama decine di persone da tutto il mondo. In un lavoro meticoloso di documentazione e di sostegno legale che scava tra le crepe di un sistema che, dal 1948, riproduce una “Nakba continua” e strutturale. L'articolo A sc

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A cura del Collettivo Zenobia –

Pagine Esteri, 5 agosto 2023. A quasi un anno dall’ultima incursione delle forze israeliane negli uffici di Al-Haq a Ramallah, si conclude la nona edizione della “Applied International Law Summer School” organizzata dalla Ong palestinese nella West Bank.

Dal momento della sua designazione da parte israeliana, nell’ottobre del 2021, quale organizzazione terroristica – sulla base di accuse mai comprovate, come hanno avuto modo di osservare diversi paesi dell’Unione europea tra i quali l’Italia – Al-Haq non ha mai mancato l’appuntamento iniziato nel 2015. Ogni anno, da metà a fine giugno, decine di studentesse e studenti provenienti da tutto il mondo, attivisti dei diritti umani e persone impegnate in differenti gradi e forme a sostegno della causa palestinese, hanno l’opportunità di verificare sul campo l’importante lavoro che questa e le altre Ong incontrate nel corso del programma portano avanti.

Un lavoro meticoloso, di documentazione e di sostegno legale, che facilita la ricomposizione delle tante frammentate esperienze di resistenza del popolo palestinese e scava tra le crepe di un sistema che, dal 1948, riproduce una “Nakba continua” e strutturale.

Risalire il corso delle crepe, arrivare al cuore della falla: per comprendere il senso dell’operato di Al-Haq, e il suo contesto, vogliamo ripercorrere alcune delle tappe più significative del programma della Scuola.

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Due allevatori della comunità beduina su cui insiste la fabbrica di Mishor Adumim, nella Valle del Giordano. Foto di Collettivo Zenobia

Natura e vite sfruttate: la Valle del Giordano

Attraversando quest’ampia distesa di terra arsa dal sole, assale la sfacciata presenza delle architetture dell’occupazione che l’Ong palestinese documenta da decenni: tubazioni serpeggianti, gigantesche fabbriche avvolte nella polvere e insediamenti come Kalya, famosa per le spiagge che si affacciano sul Mar Morto e per i datteri delle sue aziende agricole.

In nessun’altra zona della West Bank è più evidente l’esproprio di risorse naturali realizzato dalle grandi e medie compagnie israeliane ai danni della popolazione palestinese: dall’acqua, estratta e redistribuita dalla società Mekorot, che dal 1982 detiene il monopolio sulle riserve idriche cisgiordane e ne gestisce l’allocazione, profondamente diseguale sia nelle quantità che nei costi, tra le colonie israeliane e le comunità palestinesi, alle riserve minerarie, la cui estrazione produce nugoli di polveri inquinanti nelle terre popolate da comunità beduine; alla forza lavoro.

Il report pubblicato nel 2022 dall’Ufficio centrale di statistica palestinese mostra come il mercato del lavoro israeliano, entro i confini ufficiali dello Stato e nelle colonie, rappresenti la seconda fonte di impiego per i palestinesi della Cisgiordania. Un dato che aiuta ad interpretare il ricatto che i lavoratori delle piantagioni di palme da datteri di Kalya subiscono ogni giorno, dove donne e bambini, come ha denunciato Human Rights Watch nel 2015, sono impiegati in condizioni di sfruttamento e sottopagati.

L’altro aspetto del ricatto del mercato del lavoro israeliano è il prezzo concorrenziale con cui i diversi attori israeliani riescono a rivendere, spesso alla stessa popolazione palestinese, ciò che viene prodotto da manodopera a basso costo e senza diritti (o importato con tariffe doganali irrisorie rispetto a quelle cui sono soggetti i beni importati in Palestina).

Dalla negazione dell’accesso alle risorse naturali allo sfruttamento e al ricatto lavorativo, la colonizzazione sionista si muove sul doppio binario della sistematica espulsione e dello scacco socio-economico che consente a Israele di prosperare ed espandersi con l’acqua e il sudore dei palestinesi.

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Gli impianti della fabbrica di Geshuri visti dall’azienda agricola palestinese di Hakoritna, a Tulkarem. Foto di Collettivo Zenobia

Auto-organizzarsi contro l’inquinamento: area industriale di Geshuri, Tulkarem

La storia della fabbrica di Geshuri e della famiglia di agricoltori di Hakoritna può aiutarci ad inquadrare una seconda crepa nella quale si inserisce il lavoro di Al-Haq. Nel corso di tutta la visita non smette mai di accompagnarci il respiro tossico degli impianti di produzione di componenti chimiche per pesticidi e fertilizzanti, impianti originariamente collocati nella parte israeliana dei confini del 1948. Nel 1987, in seguito alle continue proteste dei residenti indignati dalle condizioni di inquinamento da essa prodotte, la fabbrica è stata delocalizzata sul versante cisgiordano: in pochi anni, le famiglie del posto hanno visto aumentare significativamente il tasso di tumori e disturbi respiratori tra i propri membri- come ha documentato Lancet in un report del 2013.

A pochi metri di distanza dalle ciminiere, al riparo dei capannoni della fattoria di Hakoritna crescono cetrioli, pomodori e ortaggi coltivati rigorosamente secondo agricoltura biologica, le tecniche e i benefici della quale sono oggetto di varie iniziative in cui la famiglia proprietaria della fattoria coinvolge la comunità locale. L’acqua è ricavata da meccanismi di filtraggio della pioggia e accumulata in alcune cisterne ai quattro angoli della serra; l’elettricità è prodotta grazie ai pannelli solari che sono sul tetto. Dal governo palestinese la fattoria ha ricevuto poco più di qualche incoraggiamento.

Secondo l’ultimo sondaggio pubblicato dal Palestinian Center for Policy and Survey Research, oltre l’80% della popolazione palestinese ritiene che l’Autorità nazionale, i cui rappresentanti sono stati eletti l’ultima volta nel 2006, sia corrotta e distante dai bisogni delle persone, collusa con Israele in materia di sicurezza e ad esso subordinata sul piano economico. Di fronte a questa situazione, reale e percepita, le tante forme di auto-organizzazione produttiva diventano pilastri fondamentali per il sostentamento e lo sviluppo sociale (per quanto relativo, per via della limitazione e negazione dell’accesso alle risorse naturali imposte dall’occupante) delle comunità palestinesi, che riescono così ad affrancarsi dalla morsa di un mercato del lavoro quasi completamente dipendente da Israele.

Il lavoro che Al-Haq porta avanti, di documentazione e di sostegno legale presso le corti internazionali di realtà come la fattoria Hakoritna o come le aziende agricole palestinesi nella Valle del Giordano, serve a riunificare queste esperienze – frammentate non solo geograficamente dalle infrastrutture dell’occupazione, ma anche sul piano della narrazione – favorendone la rappresentazione in uno stesso quadro.

Ghettizzazione e gentrificazione: Gerusalemme est

Qual è questo quadro? Per rispondere vogliamo ripercorrere un’ultima tappa del programma della Summer School: quella che ci ha portati ad osservare come a Gerusalemme est l’apartheid sistematico dei palestinesi si riproduca seguendo tre direttrici fondamentali.

Una prima direttrice è la ghettizzazione, nella forma della reclusione delle famiglie dei rifugiati dalle espulsioni del ’48 in campi come quello di Shu’fat che ospita anche tante coppie discriminate dalla Legge contro l’unificazione familiare e palestinesi che non possono affrontare i costi sempre più elevati delle case in città. O in quartieri come Kufr Aqab, ufficialmente parte della municipalità della Città santa, ma tagliato fuori da essa dal checkpoint di Qalandiya, uno dei più grandi e tristemente noti per l’alto numero di vittime delle forze israeliane. In entrambi questi casi, la maggior parte della popolazione residente sceglie di abitare in aree asfissianti per l’addensamento di abitazioni, altamente insalubri e insicure per via dell’abbandono e della marginalizzazione, perché è l’unico modo per non perdere la cittadinanza gerusalemita: il risultato, come riporta JLAC nel report del 2022, è la concentrazione di oltre il 33% della popolazione palestinese di Gerusalemme est in circa il 4% della superficie totale di questa parte della città.

Intervengono, poi, operazioni di esproprio ed espulsione che riproducono in una grande area metropolitana quanto avviene nel resto della West Bank: è il caso di Sheikh Jarrah o dell’area di Silwan, o del “Piano E1” pensato per collegare Gerusalemme est con la colonia di Ma’aleh Adumim con un sistema di strade, parchi commerciali e servizi turistici. Interventi che mescolano la violenza dell’espulsione coatta all’ideazione di masterplan urbani che favoriscono la gentrificazione, dunque l’allontanamento della popolazione palestinese, strutturalmente meno tutelata.

Si arriva, così, a quell’ultima direttrice che è l’obiettivo e il risultato combinato delle prime due: il perseguimento di un “equilibrio demografico” che mantenga la popolazione palestinese, il cui tasso di crescita è più alto di quello della popolazione ebraica, entro livelli numericamente controllati e controllabili, facilmente sfruttabili economicamente senza diventare demograficamente e politicamente preoccupanti. Ghettizzazione ed espulsione sono, perciò, due facce della stessa medaglia: la colonizzazione sionista della Palestina, realizzata attraverso la creazione artificiosa di una maggioranza ebraico-israeliana e di un mercato vincolato di forza lavoro a basso costo, a cui peraltro vendere i prodotti del suo stesso sfruttamento.

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Il campo rifugiati di Shu’fat, a Gerusalemme est. Foto di Collettivo Zenobia

Questo è il senso del lavoro di Al-Haq, che la Summer School vuole trasmettere: documentare le diverse forme attraverso cui si riproduce l’occupazione e la colonizzazione per ricostruire, tassello dopo tassello, il disegno di un mosaico che, lungi dall’essere legato all’atto di fondazione (il 1948) o alla fase più notoriamente espansionistica dello Stato di Israele (il 1967), ridescrive il concetto di Nakba come un processo che ha avuto inizio 75 anni fa e che continua, in forme diverse, ininterrotto. Pagine Esteri

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L'articolo A scuola da Al-Haq: reimparare la “Nakba” sperimentando le forme dell’occupazione proviene da Pagine Esteri.




Inondazioni in Cina, la priorità è salvare la "città del futuro” di Xi


Inondazioni in Cina, la priorità è salvare la 8624917
Nei giorni scorsi piogge senza precedenti si sono abbattute sull'area di Pechino e sulla provincia dello Hebei. Proteste sui social per le affermazioni dei funzionari tese a dare priorità assoluta alla capitale e a Xiong'an, la smart city con caratteristiche cinesi voluta dal presidente

L'articolo Inondazioni in Cina, la priorità è salvare la “città del futuro” di Xi proviene da China Files.



di Tommaso Fattori - Davanti a una grigliata di tutto rispetto, al secondo bicchiere di rosso, ma forse era il terzo, il mio amico M, ammalato di politica qu


Giunge notizia che le opposizioni unite intendano lanciare una raccolta firme per un salario minimo di 9€ lordi/ora, slegati dal costo della vita, che, qualor


Con lo schema di decreto del Presidente della Repubblica, deliberato dal Consiglio dei Ministri, saranno autorizzate le assunzioni in ruolo a tempo indeterminato di:

📌 52 unità di personale educativo-PED;
📌 50.



- Benzinaio vicino al lavoro alla vigilia della legge che impone esposizione del prezzo medio: gasolio 1,61 €/Lt

- Prezzo medio: 1,798 €/Lt
- Benzinaio oggi: 1,769 €/Lt

Ottimo lavoro!

in reply to J. Alfred Prufrock

In realtà il salto è stato di soli 10 centesimi/Lt alla vigilia, per poi galoppare giorno per giorno su (sia prezzo medio che praticato)


Nell’ambito della operazione legalità contro i diplomifici, si è svolto oggi un incontro al Ministero dell’Istruzione e del Merito, al quale hanno partecipato il Ministro Giuseppe Valditara, il Capo di Gabinetto Giuseppe Recinto, il Capo Dipartimento…


Matteo Renzi e Ferruccio de Bortoli: uno scontro di titani



Anche nelle migliori immagini della sua propaganda, il boy scout di Rignano riesce comunuqe a figurare tra i soggetti meno fotogenici.

Un foglio di inizio agosto 2023 comunica che Matteo #Renzi ha perso in sede civile contro Ferruccio de #Bortoli.
Del primo è persino inutile parlare.
Il secondo è l'ideatore del prodotto Oriana Fallaci. Con questo non si intende dire che la distruzione del Medio Oriente, le stragi quotidiane in #Iraq e in #Siria, i ben vestiti in giro per #Riyadh intanto che nello #Yemen muoiono sotto le bombe donne di cui non importa nulla a nessuno perché sono compostamente vestite siano per intero colpa sua: negare la sua importanza come facilitatore e divulgatore delle più abiette istanze dell'"occidentalismo" contemporaneo sarebbe altrettanto irresponsabile.
Comunque: de Bortoli ha scribacchiato, diversi anni fa, cose che il boy scout di #Rignano non ha gradito. Qualche mese fa una certa Susanna #Zanda gli aveva già fatto presente che i tribunali non sono bancomat, e al tempo stesso gli aveva tolto di tasca sedicimila euro a titolo di maggiore incisività del consiglio.
La cosa deve essere servita a poco: ecco quindi dopo meno di sei mesi un approfondimento in materia di diritto privato.
Docente incaricata, sempre Susanna Zanda.
Che ha praticato a Matteo Renzi lo sconto che è d'uso in ogni ambiente riservare ai clienti affezionati, esigendo mille euro in meno rispetto all'altra volta.
Spiccioli, quando si passa da un ristorante costoso a una consulenza in urbanistica.
Cifra ragguardevole, invece, se si lavora sul serio.



È stato firmato il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri che definisce i nuovi percorsi di formazione iniziale degli insegnanti della Scuola secondaria di I e II grado.


Cyanide Pills - Soundtrack to the New Cold War


Garage punk per la vostra estate !

iyezine.com/cyanide-pills-soun…

@Musica Agorà

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5 anni di contenzioso: Meta sembra passare al consenso per gli annunci comportamentali Meta ha annunciato che presto passerà al "consenso" per gli annunci comportamentali. Resta da vedere quali saranno le conseguenze di questo passaggio Meta Opt Out


noyb.eu/it/5-years-litigation-…





Non so che pensare...
Nuova Diavoleria?
sostariffe.it/news/canone-rai-…


Ma che cos’è uno strumento educativo digitale responsabile?


In occasione della traduzione in italiano della home page di La Digitale, riprendo questo articolo di Emmanuel Zimmert in cui l’autore espone i principi su cui si basa La Digitale, un progetto che sviluppa e distribuisce gratuitamente una raccolta di strumenti digitali e applicazioni libere e responsabili (24 solo quelli online!) da utilizzare soprattutto nell’insegnamento/apprendimento in presenza e a distanza.

Ecco come vengono presentati gli obiettivi di La Digitale nella home page del sito:

1. progetta e sviluppa strumenti e applicazioni digitali liberi e responsabili per insegnanti;
2. accresce la consapevolezza delle buone pratiche e della sobrietà digitale in ambito educativo ;
3. difende una tecnologia digitale educativa virtuosa e inclusiva lontana dalle grandi aziende guidate dalla corsa al profitto e dalla raccolta e vendita di dati.

Viste le premesse, penso che valga la pena provare gli strumenti liberi che Emmanuel Zimmert ha sviluppato e messo a disposizione gratuitamente.


Qui sotto trovate la traduzione italiana del suo articolo che è distribuito con licenza Creative Commons BY-NC-SA.

A questo link potete ascoltare la lettura dell’articolo: funkwhale.it/library/tracks/17…

Buona lettura e buon ascolto 🙂

Ma che cos’è uno strumento educativo digitale responsabile?


Prima di proporre alcune caratteristiche di uno strumento educativo digitale responsabile, è innanzitutto necessario ricordare quali sono i mezzi utilizzati dalle aziende di tecnologia educativa e digitale in generale per monetizzare i propri prodotti
Il modello a pagamento: l’applicazione o il servizio è disponibile dopo il pagamento (una tantum o ricorrente). 
Il modello freemium: l’applicazione o il servizio possono essere utilizzati gratuitamente con funzionalità o possibilità di creazione limitate. Tutte le funzionalità vengono sbloccate dopo il pagamento. Questo è un modello comunemente utilizzato dalle società edtech, in quanto consente agli utenti di avere un’idea del prodotto (e potenzialmente di creare una dipendenza) prima di passare alla cassa.
Il modello gratuito: è anche un modello comune, soprattutto tra i GAFAM. Tutte le funzionalità sono immediatamente disponibili gratuitamente. Il potenziale di monetizzazione, spesso sconosciuto agli utenti, sta altrove: nei dati che queste aziende potranno raccogliere, utilizzare, mixare, rivendere per generare pubblicità mirata, per stabilire abitudini di consumo, ecc.
Bisogna sempre tenere presente che l’obiettivo rimane principalmente commerciale: si tratta ovviamente di offrire contenuti e servizi di qualità, ma si tratta soprattutto e prima di tutto di vendere, con strategie di marketing più o meno eleganti.

Alcune caratteristiche di uno strumento educativo digitale responsabile

Per La Digitale , uno strumento educativo digitale responsabile è …
• uno strumento con un modello economico chiaro e trasparente;
• uno strumento senza pubblicità;
• uno strumento con codice sorgente aperto e conforme ai valori del software libero;
• uno strumento che pone la rilevanza educativa al centro della sua progettazione;
• uno strumento di facile accesso (può essere utilizzato senza dover creare un account o con la creazione di un account senza un indirizzo email);
• uno strumento che non raccoglie dati personali (o che indica molto chiaramente quali dati vengono utilizzati e per quale scopo);
• uno strumento che non raccoglie dati statistici (o che utilizza strumenti gratuiti e self-hosted per farlo);
• uno strumento che ottimizza (compressione delle immagini, ecc.) o limita l’uso dei media (il video è ancora il modo più efficace per presentare un concetto, una nozione?);
• uno strumento con funzionalità mirate che non cerca di fare tutto, ma al contrario di fare una cosa e di farla bene;
• uno strumento che non mostra un numero eccessivo di notifiche e che non è invadente;
• uno strumento che è oggetto di una progettazione, concezione e sviluppo etico: caricamento rapido, codice ottimizzato, scelta delle tecnologie pertinenti, ecc. Su questo argomento, GreenIT.fr, con il supporto di oltre 50 collaboratori che sono membri del collettivo Conception Numérique Responsable, ha realizzato un manuale di 115 buone pratiche di web design ecocompatibile.

Uno strumento digitale responsabile considera anche l’utente responsabile e lo aiuta a implementare buone pratiche.

È sempre necessario essere inondati di notifiche per farci sapere in un flusso continuo cosa sta succedendo online, quello che qualcuno ha fatto o commentato, ecc.? Ovviamente si tratta di catturare il famoso tempo cerebrale disponibile.

È sempre necessario che il nostro telefono, questo caro amico, ci dica (ci detti?) cosa fare, dove andare in ogni momento? Non lo trovi “infantilizzante”? Stiamo ancora usando la nostra buona vecchia memoria umana?

Esempio di responsabilità e buona pratica: quando crei un nuovo contenuto con uno strumento La Digitale, è necessario recuperare e archiviare il collegamento a questo contenuto, perché non c’è altro modo per riottenere l’accesso a questo contenuto. Ciò richiede quindi organizzazione: il collegamento può essere aggiunto in una presentazione, nella cartella del corso o in un file di testo, ecc.

La discussione continua.
Digitalmente vostro
Emmanuel Zimmert

L'articolo si può scaricare anche in formato .pdf da qui: dgxy.link/ladigitale3

#scuola #softwarelibero #sostenibilità
@Scuola - Gruppo Forum
@scuola@a.gup.pe
@Informa Pirata


Che cos'è uno strumento digitale responsabile?


Lettura dell'articolo di Emmanuel Zimmert "Che cos'è uno strumento digitale responsabile?"(in traduzione italiana) pubblicato:
qui


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Sabato 8 luglio 2023, gli account utente hanno iniziato a scomparire dall'istanza Mastodon di Vivaldi. Cosa stava succedendo, come è successo e quali sono state le conseguenze?

@Che succede nel Fediverso?

> Guardando il database ho potuto vedere che gli account interessati erano stati apparentemente cancellati e quindi ricreati come un account completamente nuovo quando l'utente ha effettuato nuovamente l'accesso.

198 account in totale sono stati cancellati nel corso di questo incidente e nelle ore successive, insieme agli sviluppatori di Mastodon, abbiamo iniziato a esaminare cosa potesse essere accaduto. Su suggerimento di Eugen, abbiamo esaminato la possibilità che gli UserCleanupScheduleraccount eliminati fossero "non confermati", ma alla fine questo è stato escluso, poiché gli utenti eliminati non avrebbero mai potuto corrispondere alla query su cui operava.

TL; DR

Un bug nel codice combinato con una configurazione del database sconsiderata ha causato l'unione di 198 account utente in un unico account remoto. È stato impiegato un intero fine settimana per trovare la causa e riparare i danni causati.



Bluesky IN - Twitter OUT: dismesso il connettore Twitter di Poliverso ma è già attivo quello per Bluesky: e forse a settembre Friendica potrebbe federarsi anche con il nuovo social di Jack Dorsey

@Che succede nel Fediverso?

Il connettore twitter di Poliverso è stato dismesso, dopo aver onorevolmente svolto il suo dovere per quasi due anni: da alcuni giorni però non consentiva più di pubblicare messaggi su Twitter, limitandosi a importare messaggi sulla timeline di Friendica, e questo stava anche provocando continui errori e insopportabili rallentamenti del sistema.

Poco male: ci siamo risparmiati il rebranding e gli ultimi shitposting del suo padrone.

Annunciamo invece che è già attivo il connettore per Bluesky che consente al momento di pubblicare messaggi Friendica sul social azzurro!

Per gli utenti Poliverso sono disponibili alcuni codici di invito: se li volete contattateci qui!

Gli sviluppatori di Friendica però stanno lavorando per implementare con la nuova release di settembre la possibilità di federarsi effettivamente con Bluesky.
Siamo in attesa di capire cosa comporterà questa implementazione in termini di risorse e vi terremo aggiornati.

Infine vogliamo scusarci per i rallentamenti che si stanno verificando sul nostro server: purtroppo siamo giunti a un punto in cui il nostro cloud non può essere più potenziato in termini di potenza di calcolo (che è l'aspetto che più ci sta creando problemi) e perciò stiamo valutando se raddoppiare i costi mensili e passare a una nuova configurazione, oppure se cambiare fornitore.

Si tratta di una scelta che dobbiamo operare con una certa attenzione e probabilmente non riusciremo a compierla prima del mese di settembre. Se riscontrerete disguidi, fatecelo sapere.

A questo proposito ringraziamo tutti coloro che ci hanno generosamente finanziato attraverso la piattaforma Ko-Fi o tramite LiberaPay! Non ci aspettavamo questa attenzione da parte dei nostri utenti e di quelli delle nostre istanze collegate, l'istanza mastodon Poliversity e l'istanza Lemmy Feddit.it, che si è rivelata un bellissimo caso di successo degli ultimi mesi, oltre che un luogo di aggregazione per tutti gli utenti di tutte le istanze italiane del Fediverso

.

Grazie ancora a tutti e buone vacanze,
gli amministratori

@Poliverso Forum di supporto

Unknown parent

friendica (DFRN) - Collegamento all'originale
Signor Amministratore ⁂
@Van Veen mi dovresti seguire, altrimenti non posso inviarti messaggi privati
Unknown parent

friendica (DFRN) - Collegamento all'originale
Signor Amministratore ⁂
@Adri Aster sì ,ma se non mi segui, non posso inviarti messaggi privati


LORDS OF ALTAMONT – TO HELL WITH TOMORROW THE LORDS ARE NOW!


RECENSIONE : LORDS OF ALTAMONT – TO HELL WITH TOMORROW THE LORDS ARE NOW!

iyezine.com/lords-of-altamont-…

@Musica Agorà

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Prenotare un volo Ryanair attraverso un'agenzia di viaggi online potrebbe riservare una brutta sorpresa noyb ha presentato un reclamo contro Ryanair. Quando si prenota tramite un'agenzia di viaggi online, la compagnia aerea spinge alcuni clienti a sottoporsi a un processo di riconoscimento facciale invasivo A face is getting scanned via facial recognition. On top of that, you can see the Ryanair logo.


noyb.eu/it/booking-ryanair-fli…



Prenotare un volo Ryanair attraverso un'agenzia di viaggi online potrebbe riservare una brutta sorpresa noyb ha presentato un reclamo contro Ryanair. Quando si prenota tramite un'agenzia di viaggi online, la compagnia aerea spinge alcuni clienti a sottoporsi a un processo di riconoscimento facciale invasivo A face is getting scanned via facial recognition. On top of that, you can see the Ryanair logo.


noyb.eu/it/booking-ryanair-fli…



#40 / Di telecamere, peculiari attivisti e strane priorità


Entro il 2025 mille nuove telecamere a Roma / Blade Runners, gli attivisti che non ci meritiamo / Le strane priorità della Bank of England / Torna la Privacy Week / Meme e citazione della settimana.

Entro il 2025 mille nuove telecamere a Roma


Il sindaco Gualtieri ha già dato disposizioni per far sì che Roma sia sicura per residenti e turisti in occasione del Giubileo del 2025: mille nuove telecamere, una sala operativa super smart per la polizia e un SOC (Cybersecurity Operation Center) per garantire la sicurezza delle telecamere e della sala operativa1. La sicurezza della sicurezza prima di tutto.

Di tutta questa sicurezza, ne saranno certamente felici gli amici romani. Finalmente potranno essere ripresi in tempo reale mentre vengono derubati in metro.

Hey, il portafoglio sparirà comunque e nessuno certamente sarà né catturato né processato — ma almeno saprete che da qualche parte c’è un vigile urbano che vi osserva, che veglia su di voi, e che prova tanta compassione. Mentre sorseggia il suo caffé con panna.

Lo so, forse sono eccessivamente critico. Magari le telecamere funzionano davvero come mezzo di repressione del crimine. In effetti, Milano è la città con più telecamere d’Italia ed è anche la più sicura. Che gli operatori del 112 la chiamino amichevolmente la Gotham City d’Italia è solo uno scherzo. È sicurissima, fidatevi. Soprattutto in zona Stazione Centrale, che è letteralmente invasa di telecamere.

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Blade Runners, gli attivisti che non ci meritiamo


Non tutti la pensano come Gualtieri e altri sindaci illuminati che non vogliono altro che il nostro benessere e sicurezza. In UK in particolare è da poco nato un movimento chiamato “Blade Runners” che ha una missione particolare: distruggere ogni telecamera di videosorveglianza nella città di Londra2.

A loro la sorveglianza di massa non piace, e non gli piace neanche l’espansione illimitata delle nuove ZTL videosorvegliate che da qualche tempo vengono spacciate come soluzione contro il cambiamento climatico.

Questi gentiluomini, che chiaramente non ci meritiamo, stanno progressivamente distruggendo e smantellando ogni telecamera. Un esponente, rimasto anonimo, ha recentemente dichiarato che non si fermeranno fino a che non le avranno distrutte tutte “no matter what”.

Pare che la loro azione sia stata così efficiente finora da aver messo in crisi le autorità locali, che potrebbero perfino decidere di sospendere il progetto ULEZ, simile alla Area B di Milano (una ZTL), per mancanza di apparati di sorveglianza.

Nel dissociarmi da queste terribili notizie di danneggiamento di proprietà pubblica, mi limito a dire che sarebbe davvero terribile se nascessero gruppi di emulazione in altre città europee, vista la fatica e l’amore che i nostri sindaci impiegano per tenerci al sicuro.

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Le strane priorità della Bank of England


La Bank of England ha deciso di dedicare il settimo piano del suo edificio a bagni unisex, o per meglio dire “gender neutral”. La decisione segue una serie di politiche inclusive e alcune dichiarazioni peculiari, anch’esse inclusive, come ad esempio il fatto che chiunque possa avere una gravidanza3.

Voi pensavate che alla Bank of England fossero impegnatissimi a scongiurare la più grande crisi finanziaria del secolo e contrastare l’inflazione (che loro stessi hanno causato). E invece no. Qua bisogna essere inclusivi. Ma perché parlarne su queste pagine?

Perché la questione dei bagni “gender neutral” riguarda molto da vicino anche la privacy e la dignità delle donne, per ovvi e oggettivi motivi, che però oggi sembrano essere fuori dalla portata delle più elevate menti dei nostri continenti.

Condividere un bagno o uno spogliatoio con persone dell’altro sesso può infatti essere un’esperienza negativa per molte donne, che magari preferirebbero non farsi guardare nude da persone dotate di prostata (questo è linguaggio inclusivo?).

D’altronde, se così non fosse, potremmo tutti già oggi usare bagni e spogliatoi uguali per tutti. Se nel corso della storia umana abbiamo deciso di separarli, forse un motivo c’era.

Nella letteratura in materia di privacy (in particolare Solove) si fa spesso riferimento all’impatto di azioni che in qualche modo invadono la sfera privata fisica della persona contro la sua volontà. L’esposizione forzosa di funzioni corporee o di nudità, unita alla sensazione di intrusione nella propria sfera privata, può infatti causare notevoli disagi psicologici nelle persone, oltre ad alterazioni dei loro comportamenti e perfino aumentare il rischio di micro-conflitti e violenze.

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Senza contare che i bagni, in generale, sono spesso frequentati anche da bambini — o da adulti con capacità intellettuali di bambini, nel caso delle Banche Centrali.

Quale genitore sarebbe felice di sapere che nel bagno o nello spogliatoio in cui si cambia sua figlia tredicenne dopo l’allenamento è presente anche una persona dotata di prostata di mezza età che ha deciso da un momento all’altro di farsi chiamare Jessica?

In che modo un’imposizione così violenta, che viola la privacy e la dignità delle donne a favore di alcune persone dotate di prostata, può dichiararsi inclusiva? Dov’è finito il femminismo di una volta?

Torna la Privacy Week


Torna la Privacy Week, quest’anno alla sua terza edizione. Un festival di cinque giorni a Milano in cui si alterneranno tanti eventi interessanti come hackaton, interviste, dibattiti, tavole rotonde, serate e incontri di networking. Anche quest’anno tutti gli eventi potranno essere visti comodamente da casa su www.privacyweek.it, mentre per alcuni ci si potrà anche registrare e partecipare dal vivo per chi volesse (posti limitati).

Privacy Week 2023 si terrà dal 25 al 29 settembre e naturalmente ci sarò anch’io, per chi volesse scambiare due chiacchiere dal vivo. Il palinsesto, che è ancora in corso di definizione, è già descritto qui.

Nel frattempo, vi consiglio la registrazione alla piattaforma anche per ricevere la newsletter settimanale e ricevere tutti gli aggiornamenti sulle varie attività!

Meme della settimana


Citazione della settimana

“Don't feel sorry for yourself. Only assholes do that.”
Haruki Murakami

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romatoday.it/politica/sicurezz…

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standard.co.uk/news/london/bla…

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telegraph.co.uk/business/2023/…



Zaki libero, Assange sepolto vivo. I due volti dell'Occidente | l'interferenza

«Il mondo occidentale esulta per la liberazione del giovane Zaki e nello stesso tempo seppellisce vivo Assange mentre ha già lasciato che fossero seppelliti vivi il leader palestinese di Al Fatah, Marwan Barghouti, e il curdo Ocalan, entrambi imprigionati da più di vent’anni e destinati a non uscire più, come del resto lo stesso Assange, “colpevole” di aver denunciato i crimini dell’esercito americano in Iraq.»

linterferenza.info/editoriali/…



I "fili" di Meta potrebbero creare o distruggere il Fediverso: la promessa di rendere Threads compatibile con ActivityPub ha diviso i sostenitori del Fediverso

@Che succede nel Fediverso?

"La comunità di Fediverse è stata messa in moto, a causa della paura e dell'odio per Meta, e anche dell'entusiasmo", afferma Dmitri Zagidulin, uno sviluppatore che guida il gruppo del World Wide Web Consortium (W3C) responsabile della discussione sul futuro di ActivityPub. La prospettiva che Meta si unisca al movimento decentralizzato ha persone che cercano di ravvivare i loro progetti e prepararsi per i riflettori. “Ci sono riunioni furiose. Contributi in corso di richiesta. Richieste pull. Spinge per una migliore sicurezza, una migliore esperienza utente. Meglio tutto", dice.

L'articolo di Gregory Barber è su Wired

in reply to Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂

Io spero che per una buona volta l'obiettivo fosse solo quello di fare concorrenza, non quello di distruggere una piattaforma che solo di recente cominciava ad essere di concorrenza..
Sono troppo ottimista forse?
Comunque per ora non ho visto nessuno che usi threads, non ho idea di come cercarlo né c'è apertura da questo, la cosa che lo colleghi al mio account Instagram + che non possa cancellarlo sono due contro che non voglio permettermi.


Il futuro meccanismo dei social network dipenderà dal successo (o flop) di Threads

@Che succede nel Fediverso?

La scommessa di Meta è quella di creare un unico grande sistema di condivisione dei contenuti in modo che le varie app social siano interoperabili tra loro, grazie al protocollo di rete chiamato #ActivityPub

Malumori interni a parte, l’ultima parola spetterà a #Meta: se la compagnia implementerà gli strumenti necessari per aderire al fediverso, difficilmente la si potrà fermare. Non sarà la salvezza di Internet come prefigura qualcuno, ma ne vedremo sicuramente delle belle. Tra queste, forse, anche il definitivo tramonto di #Twitter. Chissà.

#fediverso #threads

L'articolo di Alberto Cantoni continua su Linkiesta