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Riad investe nella Difesa. Ecco tutte le opportunità per l’Italia
L’Arabia Saudita è destinata a diventare sempre più un attore di primo piano in generale per quanto riguarda le collaborazioni commerciali e internazionali, e in particolar modo per quello che riguarda il settore della Difesa. Una spinta dettata in particolare dalla sua Vision 2030, il programma strategico promosso da Riad per ridurre la sua dipendenza dal petrolio e diversificare la propria economia, che vede tra i suoi pilastri principali l’aumento della spesa in ambito militare. Una dimostrazione di questo arriva dal Preview Day del World Defense Show Saudi Arabia, che ha visto partecipare oltre un centinaio di delegazioni da 65 nazioni, e alla quale l’Italia ha partecipato con le sue eccellenze industriali dell’aerospazio, della difesa e della sicurezza con il sostegno delle istituzioni della Difesa e delle Forze armate.
Parte della delegazione italiana, anche la missione guidata dall’ammiraglio Pier Federico Bisconti, vice segretario generale della Difesa e della Direzione nazionale degli armamenti, che ha incontrato a Riad il suo omologo Ibrahim Al Suwayed, viceministro della difesa e a capo dell’armamento e del procurement. Un incontro inserito nel solco del Joint consultative committee, il meccanismo di dialogo militare tra Arabia Saudita e Italia sui temi della difesa e sicurezza avviato a dicembre del 2023 con la visita nella capitale saudita del segretario generale della Difesa e direttore nazionale degli armamenti, generale Luciano Portolano. Questa serie di consultazioni non solo confermano le buone relazioni tra i due Paesi, ma sottolineano in particolare il forte interesse del Paese arabo ad approfondire i rapporti con il nostro Paese anche mediante la cooperazione nel settore della Difesa.
L’Arabia Saudita è coinvolta in un processo di rafforzamento delle proprie piattaforme militari a tutto spettro, un processo che – secondo i dettami della Visione 2030 – intende perseguire attraverso collaborazioni che vedano il 50% della realizzazione sul territorio saudita, in uno sforzo all’industrializzazione diversificata del Paese. La strategia di Riad è ancora all’inizio, e molte delle necessità del Paese dal punto di vista dei requisiti per le proprie piattaforme non sono ancora stati definiti, tuttavia è un processo che sta iniziando e che vedrà quei Paesi già coinvolti e presenti nel regno avere un notevole vantaggio rispetto a chi dovesse approcciare alla monarchia araba più tardi.
Non è un caso che di recente la Germania abbia rimosso il veto che impediva l’esportazione di Eurofighter all’Arabia Saudita, un dietrofront che ha segnato il cambio di rotta del cancellierato di Olaf Scholz sulle questioni legate alla difesa e alla sicurezza internazionali. Il blocco tedesco risaliva al 2018, quando l’allora cancelliera, Angela Merkel, dispose lo stop alle esportazioni di Typhoon alla monarchia saudita come reazione alla crisi scaturita dall’uccisione in Turchia del giornalista dissidente Jamal Khashoggi.
Il veto tedesco ha avuto l’effetto di paralizzare l’accordo che Riad aveva stretto con il Regno Unito – partner del progetto – per l’acquisto di ulteriori 48 velivoli, dopo i 72. Un accordo dal valore di cinque miliardi di sterline. Già allora non si erano fatte attendere le perplessità da parte delle aziende coinvolte, BAE Systems, Airbus e l’italiana Leonardo, e ancora a settembre 2023 il primo ministro britannico, Rishi Sunak, chiedendo a Berlino di rimuovere il veto all’export dei caccia. Anche l’Italia aveva posto tra il 2019 e il 2020 alcune limitazioni alle esportazioni di materiale militare all’Arabia Saudita, tra cui munizioni per gli Eurofighter, paletti rimossi definitivamente dal Consiglio dei ministri a maggio del 2023. L’importanza della decisione tedesca ha segnato duqnue un importante cambio di passo in generale per il futuro dei progetti congiunti europei, a partire dai caccia Eurofighter, a cui partecipa anche l’industria italiana, che potrebbero vedere allargarsi la lista di ordini, con una nuova spinta sui mercati globali.
Altro segnale positivo che arriva dal World Defence Show è il memorandum of understanding sottoscritto da Leonardo con ministero degli Investimenti e l’Autorità generale per l’industria militare dell’Arabia Saudita per sviluppare e valutare una serie di investimenti e opportunità di collaborazione nei settori dell’aerospazio e della difesa. Molteplici le potenziali aree di cooperazione al centro dell’accordo: spazio, manutenzione/riparazione/revisione per aerostrutture, localizzazione per sistemi di guerra elettronica, radar e per l’assemblaggio di elicotteri. Una firma che per il presidente di Leonardo, Stefano Pontecorvo, rappresenta “una piattaforma per sviluppare congiuntamente nuove tecnologie, attraverso l’esperienza e le capacità delle parti”. Come spiegato dal condirettore generale, Lorenzo Mariani, “l’accordo ci permetterà di fare una valutazione approfondita riguardo nuove opportunità di collaborazione in diversi settori, beneficiando di oltre cinquant’anni di presenza di Leonardo e della stretta cooperazione con l’Arabia Saudita”.
Per decenni Leonardo ha fornito al Paese piattaforme, sistemi, tecnologie e servizi, dal trasporto aereo, al supporto all’industria energetica, agli elicotteri, fino a sistemi elettronici e sensori, a cui si aggiungono sistemi per la difesa marittima e cyber, oltre a un contributo nel campo della difesa aerea. L’accordo rappresenta, dunque, l’ultimo passo nel rafforzare le attività del gruppo di piazza Monte Grappa nel regno per creare nuove opportunità in diversi settori grazie ad una consolidata presenza. collaborando alla Vision 2030 dell’Arabia Saudita.
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La Casa Bianca nega ancora che le tensioni in Medio Oriente siano legate a Gaza
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di Daniel Larison* – Responsible Statecraft 2 Febbraio 2024
(traduzione di Federica Riccardi)
L’amministrazione Biden continua a negare qualsiasi collegamento tra la guerra a Gaza e i conflitti in corso che coinvolgono le forze statunitensi in Iraq, Siria e Yemen. La posizione della Casa Bianca, secondo la quale si tratta di conflitti non collegati tra loro e che sono scoppiati nello stesso momento, non può conciliarsi con le prove che dimostrano come la guerra a Gaza abbia alimentato l’instabilità e la violenza regionale, compreso il recente attacco con un drone da parte di una milizia irachena, che ha ucciso tre membri del contingente americano e ne ha feriti più di 40 in una base in Giordania all’inizio di questa settimana.
Per quanto l’amministrazione voglia tenere il conflitto confinato a Gaza, la verità è che si è esteso a diversi altri Paesi. È un disservizio per il popolo americano e per il personale militare americano fingere che il sostegno degli Stati Uniti alla guerra a Gaza non abbia già avuto gravi conseguenze negative per la stabilità regionale e per le forze americane nella regione, quando è evidente che sia così. Quando gli è stato chiesto di questo “stesso, più ampio conflitto” durante una conferenza stampa mercoledì, il portavoce del Consiglio di Sicurezza Nazionale John Kirby ha respinto qualsiasi collegamento tra Gaza e gli attacchi degli Stati Uniti contro obiettivi Houthi o gli scontri tra le milizie locali e le forze statunitensi.
“Non sono assolutamente d’accordo con la vostra descrizione di uno stesso, più ampio conflitto. C’è un conflitto in corso tra Israele e Hamas… e noi ci assicureremo di continuare a fornire a Israele il sostegno di cui ha bisogno per difendersi da questa minaccia ancora attuale”, ha detto Kirby. “Ci sono stati attacchi alle nostre truppe e alle nostre strutture in Iraq e in Siria ben prima del 7 ottobre, certamente anche durante la scorsa amministrazione. Per quanto riguarda gli Houthi, possono sostenere quanto vogliono che questo è legato a Gaza, ma due terzi delle navi che hanno colpito non hanno alcun legame con Israele. Quindi non è vero, è una falsità”.
La risposta di Kirby è fuorviante e falsa. Il gruppo iracheno che ha rivendicato la responsabilità dell’attacco in Giordania, la Resistenza islamica dell’Iraq, ha dichiarato esplicitamente che il suo attacco era collegato alla guerra a Gaza. La leadership degli Houthi ha enfatizzato come i loro attacchi continueranno fino a quando la guerra continuerà. La decisione di altri attori di salire sul carro di una causa può essere cinica o meno, ma non si può negare che siano saliti sul carro.
Rifiutare di affrontare la realtà delle connessioni tra questi conflitti garantisce agli Stati Uniti di perseguire politiche inefficaci e controproducenti, ignorando che la chiave per disinnescare le tensioni regionali è porre fine alla guerra a Gaza il più rapidamente possibile.
Kirby non ha menzionato che gli attacchi dei miliziani contro le forze statunitensi in Iraq e Siria erano cessati per diversi mesi prima del 7 ottobre a seguito dell’intesa che gli Stati Uniti e l’Iran avevano raggiunto in relazione all’accordo sullo scambio di prigionieri. Solo dopo il 7 ottobre gli attacchi sono ripresi e sono aumentati a livelli record. Le milizie locali hanno altre ragioni per prendere di mira le forze statunitensi che sono precedenti alla guerra, ma non c’è modo di capire l’intensità degli attacchi negli ultimi mesi, o la loro cessazione durante la pausa dei combattimenti a Gaza l’anno scorso, senza riconoscere che sono legati alla guerra di Israele.
Bab El Mandeb
Lo stesso vale per gli attacchi degli Houthi. Gli Houthi non hanno lanciato una campagna contro la navigazione commerciale durante la loro guerra contro la coalizione saudita, quindi non è una cosa che hanno fatto abitualmente da quando hanno preso il potere nel 2014. I primi attacchi degli Houthi dopo il 7 ottobre erano rivolti proprio contro Israele. Gli Houthi hanno cambiato poi tattica prendendo di mira le navi commerciali, ma era chiaro che lo hanno fatto in risposta alla guerra.
Senza dubbio gli Houthi stanno agendo in modo opportunistico e stanno lanciando questi attacchi in parte per rafforzare le proprie sorti politiche in Yemen, ma questo non cambia la realtà che tali attacchi stanno avvenendo ora a causa della guerra a Gaza. Se questo è vero, sembra anche ragionevole concludere che gli assalti contro la navigazione potrebbero terminare con un cessate il fuoco.
L’amministrazione Biden ha forti incentivi politici a negare i legami tra questi diversi conflitti. Se riconosce un legame, diventa più difficile giustificare il suo appoggio incondizionato alla guerra di Israele, a causa dei costi maggiori che comporta. Inoltre, mina la loro argomentazione a favore di un’azione militare in Yemen contro gli Houthi.
La Casa Bianca ha bisogno che gli americani pensino che i costi del continuo sostegno alla guerra israeliana siano più bassi di quanto non siano in realtà, e ha anche bisogno che gli americani credano che gli attacchi allo Yemen non siano legati alla loro ostinata opposizione al cessate il fuoco a Gaza. Ora che ci sono morti americani a causa di un attacco della milizia irachena, l’amministrazione vuole compartimentare ogni conflitto, in modo che il popolo americano non concluda che i soldati statunitensi sono stati uccisi a causa di una guerra esterna che il presidente ha scelto di sostenere senza condizioni.
L’amministrazione insiste nel voler prevenire una guerra regionale, ma non ci riuscirà se non riconoscerà le relazioni tra la campagna di Israele e ciò che sta accadendo altrove in Medio Oriente. Negare il legame con Gaza nello Yemen ha già portato all’abbaglio dell’escalation contro gli Houthi. Questo non ha fatto nulla per rendere più sicure le spedizioni commerciali, ma ha trascinato gli Stati Uniti in un’altra inutile battaglia a tempo indeterminato. Il Presidente sta per commettere un errore simile in risposta all’attacco dei droni in Giordania.
Gli Stati Uniti possono scegliere di impelagarsi sempre di più nei conflitti mediorientali, come stanno facendo ora, oppure possono riconoscere l’inutilità e la follia di percorrere la stessa strada senza uscita come hanno già fatto in passato. Se Washington vuole evitare di essere coinvolta in nuovi conflitti, deve rifiutare la strada dell’escalation e deve smettere di alimentare la guerra a Gaza, che è uno dei principali fattori di instabilità regionale.
A lungo termine, gli Stati Uniti devono ridurre la loro presenza militare nella regione per rendere più difficile per altri attori colpire le forze americane, e devono rivalutare e ridurre significativamente le loro relazioni clientelari.
L’opinione pubblica merita un resoconto onesto di ciò che il nostro governo sta facendo in Medio Oriente e perché, e al momento la Casa Bianca non sta fornendo nulla di simile. Se il Presidente non vuole cambiare rotta, il minimo che possa fare è parlare con il popolo americano di tutti i costi che comporta continuare a percorrere la strada pericolosa che ha scelto.
*E’ editorialista regolare di Responsible Statecraft, collaboratore di Antiwar.com ed ex redattore senior della rivista The American Conservative. Ha conseguito un dottorato di ricerca in Storia presso l’Università di Chicago. Scrive regolarmente per la sua newsletter, Eunomia, su Substack.
Le opinioni espresse dagli autori su Responsible Statecraft non riflettono necessariamente quelle del Quincy Institute o dei suoi associati.
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GAZA. Nessuna notizia dell’ambulanza mandata a salvare la bimba palestinese
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Pagine Esteri, 5 febbraio 2024. Sono trascorsi otto giorni da quando a Gaza un’ambulanza della Mezzaluna Rossa è partita per soccorrere una bambina palestinese di 6 anni, Hind Hamada, unica sopravvissuta al fuoco dei carri armati israeliani che avrebbero circondato e colpito l’automobile in cui si trovava insieme a 6 parenti, inclusi 4 bambini.
Una coordinatrice del centralino della Mezzaluna Rossa, Rana al-Faqeh, è rimasta al telefono con la bambina per ore, provando a tranquillizzarla e a distrarla. Nonostante ciò Hind, come si può ascoltare dalla registrazione della telefonata, ha continuato a chiedere aiuto, a pregare i soccorritori di portarla via: “Si sta facendo buio e io ho paura del buio. Vieni a prendermi”. Durante la conversazione, in più occasioni, si è sentito distintamente il rumore degli spari.
Tutto è cominciato lunedì 29 gennaio, quando la sala operativa della PRCS ha ricevuto una chiamata di soccorso da parte di Layan Hamadeh di 15 anni. La ragazza chiedeva disperatamente aiuto perché l’automobile in cui si trovava, insieme ai genitori, ai due fratellini e alla cuginetta Hind, era circondata dai carri armati israeliani. Tra le urla si sentono gli spari e poi più nulla.
Yousef Zeino, volontario della Mezzaluna Rossa Palestinese di cui si sono perse le tracce
Durante le tre ore della telefonata successiva tra la sala operativa e la bambina di 6 anni, unica sopravvissuta nell’automobile, i membri della Mezzaluna Rossa hanno provato a coordinare la partenza e il percorso dell’ambulanza con l’esercito israeliano.
È un’operazione che, nella Striscia assediata dai militari israeliani, devono compiere organizzazioni internazionali, associazioni umanitarie e sanitarie e anche le agenzie delle Nazioni Unite per comunicare all’esercito il passaggio dei propri mezzi e provare a garantire la sicurezza del personale. Nonostante ciò a Gaza molte ambulanze sono state colpite e diversi operatori della Mezzaluna Rossa sono rimasti uccisi.
Ahmed Madhoun, volontario della Mezzaluna Rossa Palestinese di cui si sono perse le tracce
I due volontari partiti per raggiungere Hind, Yousef Zeino e Ahmed Madhoun, alle 18.00 circa di lunedì hanno comunicato alla sala operativa di essere arrivati sul luogo in cui si trovava l’automobile. Da quel momento, però, di loro si sono perse le tracce. Come per Hind, dopo l’interruzione delle comunicazioni.
Gli appelli quotidiani della Mezzaluna Rossa, che si è rivolta anche all’esercito israeliano per ottenere notizie, non sono riusciti al momento a ottenere risposte né informazioni. Dopo una settimana non si sa nulla di Hind né dell’ambulanza e dei due soccorritori che sembrano scomparsi nel nulla.
pagineesteri.it/wp-content/upl…
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Quei sottosviluppati che stanno al Parlamento Europeo hanno respinto una richiesta che chiedeva un dibattito sulla sentenza della Corte Internazionale di Giustizia:
Clare Daly, europarlamentare Irlandese:
"Nonostante l'importante sentenza della Corte Internazionale di Giustizia, secondo cui Israele è plausibilmente accusato di genocidio a Gaza, la nostra richiesta di "The Left" avanzata da Manu Pineda di aggiungere un dibattito al riguardo è stata respinta dalla maggioranza degli eurodeputati. La guerra è pace. La libertà è schiavitù. E "Israele ha il diritto di difendersi"."
Usa, UE e UK cancro del mondo. Che siate maledetti per l'eternità!
T.me/GiuseppeSalamone
Israele è l'unico paese al mondo che può permettersi di bombardare civili, ospedali, sedi umanitarie, scuole e università senza incorrere in alcuna conseguenza. Quello che sta facendo Israele è qualcosa che negli ultimi 70 anni mai nessuno ha fatto e credo che in futuro mai nessuno riuscirà a fare!
Anzi, viene accusato chi accusa questi criminali di guerra perché si sentono intoccabili grazie soprattutto a Biden, Meloni e Company che mandano navi da guerra per consentirgli di portare avanti un genocidio.
Stamattina il terrorismo di stato israeliano ha bombardato un camion dell'ONU. Dentro quel camion non c'erano armi o erano nascosti "terroristi", dentro quel camion c'erano aiuti umanitari per una popolazione alla fame e prossima alla carestia. La foto è stata condivisa da Thomas White, direttore degli affari dell'UNRWA e alla nostra stampa non sembra interessare perché troppo impegnata a portare avanti la propaganda governativa dei bambini Palestinesi portati in italia.
L'ipocrisia regna sovrana: permettono a Israele di bombardare i bambini Palestinesi e poi vogliono passare per quelli buoni portandone una piccola parte in Italia per curarli. È pura propaganda perché allo stesso tempo fanno tre cose disumane: permettono appunto a Israele di bombardare, iniziano a deportare persone dalla Palestina secondo le linee guida del governo israeliano e contemporaneamente si puliscono la coscienza di fronte a quell'opinione pubblica convinta di sapere la verità ascoltando la televisione e leggendo i giornali di regime.
Allo stesso tempo però si dimenticano di condannare e far vedere questi bombardamenti sugli aiuti umanitari o di rilanciare la denuncia della Mezzaluna Rossa, la quale con un video da brividi ha mostrato le distruzioni delle loro sedi causate dagli attacchi missilistici a Jabaliya e nel nord della Striscia di Gaza effettuati dall'esercito israeliano.
Poi però i terroristi sono gli Houti, che hanno ucciso zero persone a differenza di Israele che ne ha ammazzate decine di migliaia e portano avanti un'azione sacrosanta, ripeto, SACROSANTA che mira a difendere i bambini Palestinesi e dissuadere Israele di continuare un vergognoso genocidio.
T.me/GiuseppeSalamone
Esercitazioni e caccia del futuro. Tutti i legami della Difesa tra Roma e Tokyo
Un partenariato strategico che passa anche per la Difesa e la sicurezza. Tra i tanti temi che sono stati affrontati nel corso dell’incontro bilaterale tra il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e il premier giapponese Fumio Kisishida, a palazzo Kantei, sede del governo nipponico, quello delle collaborazioni militari e industriali per la difesa sono stati tra i principali, con il primo ministro giapponese che ha accolto “con favore il fatto che l’Italia stia aumentando la propria presenza nell’Indo-Pacifico”, registrando come quest’anno ci saranno diverse navi militari italiane, “compreso un gruppo portaerei da battaglia” che stanno pianificando uno scalo in Giappone per condurre delle esercitazioni congiunte”. Una presenza, quella italiana, confermata anche dal premier italiano: “L’Italia intende avere una presenza sempre più significativa e invierà ulteriori velivoli e assetti navali: arriveranno la nave Vespucci, la portaerei Cavour, gli F35”, i quali parteciperanno a “importanti esercitazioni congiunte” a dimostrazione di una “grande cooperazione strategica” tra Giappone e Italia.
Il partenariato strategico tra Roma e Tokyo
Per l’Italia, infatti, il Giappone è ormai diventato uno dei principali partner per quello che riguarda la dimensione della Difesa. Nel corso dell’incontro tra Kishida e Meloni, infatti, è stato richiamato il meccanismo di consultazione 2+2 Esteri-Difesa, istituito a marzo durante il precedente incontro a Roma, durante il quale infatti, le relazioni italo-nipponiche sono state elevate a “partenariato strategico”. Il meccanismo prevede una serie regolare di consultazioni bilaterali tra i responsabili ministeriali degli Esteri e della Difesa in un formato simile a quello già attivo con gli Stati Uniti. Secondo quanto annunciato dai due capi del governo, il primo degli incontri è previsto a marzo, a un anno dalla sua istituzione.
Il Gcap
Naturalmente, il grande tema che unisce Roma e Tokyo è quello della collaborazione sul caccia di sesta generazione Global combat air programme (Gcap), il velivolo che i due Paesi stanno sviluppando insieme a Londra destinato a sostituire i circa novanta caccia F-2 giapponesi e gli oltre duecento Eurofighter di Gran Bretagna e Italia. Per il Paese del Sol levante si tratta della prima grande collaborazione industriale nel settore della Difesa al di fuori degli Stati Uniti dalla Seconda Guerra Mondiale. Kishida, del resto, si è detto “lieto” dei progressi compiuti nello sviluppo del Gcap, dopo che a dicembre i ministri della Difesa, l’italiano Guido Crosetto, il britannico Grant Shapps e il giapponese Minoru Kihara, hanno firmato il trattato internazionale per lo sviluppo il “equal partnership” al 33% del jet di sesta generazione. Non è un caso se nel corso della sua visita in Giappone, il presidente Meloni abbia incontrato, tra i grandi gruppi industriali con interessi in Italia, anche la giapponese Mitsubishi Heavy Industries, che insieme all’italiana Leonardo e la britannica Bae Systems ha la guida nazionale del progetto.
Il caccia del futuro
Il progetto del Global combat air programme è destinato a sostituire i circa novanta caccia F-2 giapponesi e gli oltre duecento Eurofighter britannici e italiani, e prevede lo sviluppo di un sistema di combattimento aereo integrato, nel quale la piattaforma principale, l’aereo più propriamente inteso, provvisto di pilota umano, è al centro di una rete di velivoli a pilotaggio remoto con ruoli e compiti diversi, dalla ricognizione, al sostegno al combattimento, controllati dal nodo centrale e inseriti in un ecosistema capace di moltiplicare l’efficacia del sistema stesso. L’intero pacchetto capacitivo è poi inserito all’intero nella dimensione all-domain, in grado, cioè di comunicare efficacemente e in tempo reale con gli altri dispositivi militari di terra, mare, aria, spazio e cyber. Questa integrazione consentirà al jet di essere fin dalla sua concezione progettato per coordinarsi con tutti gli altri assetti militari schierabili, consentendo ai decisori di possedere un’immagine completa e costantemente aggiornata dell’area di operazioni, con un effetto moltiplicatore delle capacità di analisi dello scenario e sulle opzioni decisionali in risposta al mutare degli eventi.
Tokyo spinge sulle riforme
Per Tokyo, il Gcap è il primo progetto a tre con due membri della Nato, e il primo dedicato alla difesa sviluppato con nazioni diverse dagli Stati Uniti, l’alleato di sicurezza principale del Giappone. Inoltre, il governo giapponese starebbe lavorando a una revisione delle regole della nazione sulle esportazioni di attrezzature di difesa, particolarmente rigide in Giappone. Un intento dichiarato anche nella recente Strategia di sicurezza nazionale, aggiornata a l’anno scorso. La misura si inserisce anche nel progetto del gabinetto di Kishida di modificare le norme pacifiste della Costituzione del Giappone.
Export militare
Su questo versante, inoltre, a dicembre 2023 il Giappone ha deciso di modificare e regole che limitavano le esportazioni di materiale di Difesa. Ora sarà possibile, per il Paese del Sol levante, inviare materiali prodotti su licenza al Paese proprietario o sistemi di difesa non-letali agli Stati che si difendono da un’invasione, come l’Ucraina. Proprio pensando al Gcap, il governo di Kishida sta cercando di eliminare il divieto di esportare prodotti co-sviluppati ad altri Paesi. Tokyo, infatti, ha riconosciuto il ruolo fondamentale che l’export riveste per la sostenibilità economica di questi programmi. Progetti all’avanguardia come il Gcap, richiedono investimenti massicci per essere sviluppati e infine prodotti, e i soli mercati interni dei Paesi partner non basta a ripagare gli investimenti.
Attacchi USA: il Medio Oriente sull’orlo di una guerra totale?
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di Marco Santopadre*
Pagine Esteri, 5 febbraio 2024 – Dopo l’uccisione di tre soldati americani in un attacco a sorpresa contro una base militare segreta in Giordania alcuni giorni fa, l’amministrazione Biden aveva promesso una rappresaglia esemplare.
Ma i massicci bombardamenti condotti sabato da Washington contro le milizie filoiraniane in Siria e in Iraq rappresentano un ulteriore passo in una escalation che rischia di andare completamente fuori controllo, innescando una guerra totale in Medio Oriente dagli esiti inimmaginabili.
Quello di Washington non è stato un raid episodico, di quelli fin qui condotti all’interno di un braccio di ferro con l’Iran fatto di azioni e rappresaglie in qualche modo misurate e deterrenti, ma un attacco su vasta scala contro decine di obiettivi. Non solo; Biden ha annunciato nuove azioni massicce aggressive ed ha minacciato di colpire direttamente il territorio iraniano.
Gli Stati Uniti devono dimostrare che fanno sul serio e che non intendono stare alla finestra mentre il cosiddetto “asse della Resistenza” – la rete di organizzazioni militari e politiche radicate in diversi paesi del Medio Oriente che fanno riferimento a Teheran – aumenta la pressione nei confronti di Israele per rivendicare la propria egemonia e contrastare il genocidio della popolazione di Gaza.
Washington ha lanciato un messaggio chiaro all’Iran e ai suoi alleati: se serve, gli Stati Uniti sono pronti anche alla guerra. Si tratta, in parte, di un bluff, e gli avversari degli Stati Uniti, ne sono coscienti. Una guerra frontale in Medio Oriente obbligherebbe la Casa Bianca, già impegnata sul fronte ucraino contro la Russia, a mobilitare centinaia di migliaia di uomini e centinaia di miliardi di dollari in un conflitto con forze assai più coese e battagliere rispetto all’esercito di Saddam Hussein, spazzato via senza grande sforzo pochi decenni fa.
Certamente, i caccia e i droni statunitensi sono entrati in azione per proteggere Israele, anche se negli anni i rapporti tra Washington e Tel Aviv si sono deteriorati visto che la nuova classe dirigente sionista vuole fare di testa sua e i suoi eccessi rischiano di mandare in pezzi la rete che gli Stati Uniti stanno faticosamente cercando di tessere con i paesi arabi dagli Accordi di Abramo in poi.
Ma è soprattutto per proteggere i suoi di interessi che gli Stati Uniti hanno deciso di entrare in azione con una campagna di bombardamenti così estesa, per tentare di rafforzare – o meglio, di ristabilire – la propria egemonia in un quadrante del mondo in cui la presa di Washington si è fortemente allentata. Negli ultimi decenni, il tradizionale dominio statunitense in Medio Oriente è stato indebolito dall’intervento russo a difesa del regime siriano e dalla crescita del ruolo iraniano nella regione, incentivato anche dai gravissimi errori compiuti da Washington ad esempio in Iraq che hanno favorito l’ascesa dei movimenti sciiti. Anche l’autonomizzazione del regime turco e le pretese egemoniche delle petromonarchie sunnite hanno ridotto Washington ad un attore spesso di secondo piano. Ora l’amministrazione Biden cerca di recuperare terreno esercitando il ruolo di gendarme globale già interpretato in passato, ma in un contesto completamente mutato e con la grazia di un elefante in un negozio di cristalli.
L’Iran e il suo alleato principale nella regione, il movimento sciita libanese Hezbollah, hanno più volte chiarito che non progettano di entrare in guerra con Israele, tantomeno con gli Stati Uniti. Israele è una potenza nucleare spregiudicata e può contare su un esercito tra i più forti del mondo, sorretto dai massicci invii di armi statunitensi e dagli aiuti finanziari provenienti da Washington. Attualmente la guerriglia trumpiana sta bloccando al Senato di Washington circa 14 miliardi di dollari destinati a Tel Aviv, ma in caso di guerra i Repubblicani difficilmente potrebbero mantenere il veto.
L’Iran, invece, sconta una profonda crisi economica – frutto anche di decenni di embarghi economici – e non è militarmente pronto per uno scontro diretto. Se volesse sostenere una guerra frontale, Teheran dovrebbe convincere Mosca e Pechino a un sostegno economico e militare massiccio che, almeno al momento, non sembra all’ordine del giorno.
Ma se Biden è convinto che aumentando la pressione militare contro le ramificazioni di Teheran in Medio Oriente convincerà gli ayatollah a fermarsi per evitare una guerra regionale su vasta scala nella quale questi ultimi non vogliono assolutamente imbarcarsi, è anche vero che le continue provocazioni di Washington e di Tel Aviv – bombardamenti, omicidi mirati, attentati, sabotaggi – in vari paesi del quadrante rischiano di suscitare l’effetto contrario.
Fino a quando la classe dirigente iraniana potrà sopportare di essere colpiti senza perdere la faccia di fronte alle rispettive popolazioni già inferocitedopo quattro mesi di operazioni militari israeliane che hanno ucciso decine di migliaia di palestinesi e reso la Striscia di Gaza un cumulo di macerie? Fin quando gli apparati dell’Asse della Resistenza riusciranno a tenere a basa gli incitamenti alla vendetta di organizzazioni decimate da un continuo stillicidio di omicidi mirati?
Il rischio è proprio che il meccanismo “azione-ritorsione”, che fin qui ha consentito ad entrambi i contendenti di tenere il punto, mirando a disincentivare l’avversario dallo spingersi oltre nello scontro, sfugga improvvisamente di mano.
Basterebbe che una delle milizie alleate – ma non necessariamente del tutto controllate da Teheran – decidesse di alzare il tiro contro Israele o gli interessi di Washington nella regione per accendere una miccia che nessuno sarebbe più in grado di spegnere. Ad esempio in Iraq, dove da tempo movimenti politici e militari sciiti ma anche nazionalisti sunniti chiedono a gran voce l’espulsione delle truppe statunitensi di stanza nel paese. Non a caso il portavoce delle forze armate irachene, Yahya Rasul, ha denunciato: «Questi attacchi sono una violazione della sovranità irachena, minano gli sforzi del nostro governo e rappresentano una minaccia che trascinerà l’Iraq e la regione verso conseguenze impreviste, le cui ripercussioni saranno disastrose». Persino l’alto rappresentante dell’Unione Europea per gli affari esteri, il catalano Josep Borrell, si è profuso in un sibillino «Tutti dovrebbero evitare che la situazione nella regione diventi esplosiva».
Sul fronte opposto Israele e le lobby filoisraeliane statunitensi, da decenni spingono per una guerra totale con l’Iran e potrebbero approfittare del clima già incandescente per dare fuoco alle polveri e mettere la Nato di fronte al fatto compiuto. Imbarcandoci tutti in una guerra regionale sì, ma su vasta scala, ennesimo e imprevedibile fronte di una guerra mondiale “a pezzi” che stiamo già combattendo senza che sia mai stata dichiarata.
La maggior parte degli analisti, al momento, non crede all’imminenza di una guerra totale in Medio Oriente. Eppure, afferma la CNN, «Errori o eventi imprevisti possono portare a spirali e ciò può portare a conflitti inevitabili e più ampi in una zona ad alta tensione». «È quasi un miracolo che un conflitto più ampio non sia già scoppiato in Medio Oriente quattro mesi dopo l’attacco del gruppo militante palestinese Hamas contro Israele» riconosce il network statunitense. – Pagine Esteri
* Marco Santopadre, giornalista e saggista, già direttore di Radio Città Aperta, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e dell’Africa. Scrive, tra le altre cose, di Spagna, America Latina e movimenti di liberazione nazionale. Collabora con il Manifesto, Catarsi e Berria
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La Russia convoca l’ambasciatrice israeliana che ha accusato Mosca di sostenere Hamas
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Pagine Esteri, 5 febbraio 2024. In un’intervista rilasciata al quotidiano russo Kommersant, la nuova ambasciatrice israeliana in Russia, Simona Halperin, ha accusato il Cremlino di difendere il movimento palestinese di Hamas, proteggendo i suoi membri e accogliendoli srotolando per loro “tappeti rossi”.
Halperin ha dichiarato che così facendo il governo russo non solo non sostiene “la lotta al terrorismo di Israele” ma prende le parti di Hamas, che intenderebbe “replicare il 7 ottobre”, sminuendo, inoltre, la gravità dell’olocausto.
Parole dure anche in merito alle accuse di genocidio presentate contro Israele dal Sudafrica alla Corte Internazionale di Giustizia. L’ambasciatrice ha infatti accusato la Russia di essere solidare con la Repubblica del Sudafrica che ha “intentato una causa assurda”.
Il Cremlino ha convocato Simona Halperin, definendo i commenti “un inizio particolarmente infruttuoso”: il suo incarico diplomatico ha avuto inizio lo scorso dicembre.
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Gli accademici pro Hamas di oggi come quelli pro Hitler di ieri
Nel 1927 il filosofo francese Julien Benda pubblicò ‘La trahison des clercs’ – il tradimento degli intellettuali – che condannava la caduta degli intellettuali europei nel nazionalismo estremo e nel razzismo” racconta Niall Ferguson sulla Free Press. “A quel punto, sebbene Benito Mussolini fosse al potere in Italia da cinque anni, Adolf Hitler era ancora a sei anni dal potere in Germania e a 13 anni dalla vittoria sulla Francia. Ma Benda poteva già vedere il ruolo pernicioso che molti accademici europei stavano giocando in politica. Un secolo dopo, il mondo accademico americano è andato nella direzione politica opposta – a sinistra invece che a destra – ma è finito più o meno nello stesso posto. La domanda è se noi, a differenza dei tedeschi, possiamo fare qualcosa al riguardo. Per quasi dieci anni, un po’ come Benda, mi sono meravigliato del tradimento dei miei colleghi intellettuali. Ho assistito alla volontà di amministratori, donatori ed ex studenti di tollerare la politicizzazione delle università americane da parte di una coalizione illiberale di progressisti woke, aderenti alla ‘teoria critica della razza’ e apologeti dell’estremismo islamico. Per tutto quel periodo gli amici mi assicurarono che stavo esagerando. Chi potrebbe opporsi a una maggiore diversità, equità e inclusione nel campus? In ogni caso, le università americane non sono sempre state orientate a sinistra? Tali argomentazioni sono andate in pezzi dopo il 7 ottobre, quando la risposta di studenti e professori ‘radicali’ alle atrocità di Hamas contro Israele ha rivelato la realtà della vita universitaria contemporanea. Che l’ostilità verso la politica israeliana a Gaza si trasformi regolarmente in antisemitismo è ormai impossibile negarlo.
Come giustamente sosteneva il grande sociologo tedesco Max Weber nel suo saggio del 1917 su ‘La scienza come vocazione’, l’attivismo politico non dovrebbe essere consentito in un’aula universitaria ‘perché il profeta e il demagogo non appartengono alla piattaforma accademica’. Questo era anche l’argomento del Rapporto Kalven dell’Università di Chicago del 1967 secondo cui le università devono ‘mantenere un’indipendenza dalle mode, dalle passioni e dalle pressioni politiche’. Questa separazione è stata del tutto disattesa nelle principali università americane negli ultimi anni. Potrebbe sembrare straordinario che le università più prestigiose del mondo siano state contagiate così rapidamente da una politica intrisa di antisemitismo. Eppure è già successa esattamente la stessa cosa. Cento anni fa, negli anni ‘20, le migliori università del mondo erano di gran lunga in Germania. Rispetto a Heidelberg e Tubinga, Harvard e Yale erano club per gentiluomini, dove gli studenti prestavano più attenzione al calcio che alla fisica. Più di un quarto di tutti i premi Nobel assegnati nelle scienze tra il 1901 e il 1940 furono assegnati a tedeschi; solo l’11 per cento è andato agli americani. Albert Einstein raggiunse l’apice della sua professione non nel 1933, quando si trasferì a Princeton, ma dal 1914 al 1917, quando fu nominato professore all’Università di Berlino, direttore del Kaiser Wilhelm Institute for Physics e membro dell’Accademia delle scienze prussiana. Anche i migliori scienziati prodotti da Cambridge si sentirono obbligati a fare un turno di servizio in Germania. Eppure l’accademia tedesca aveva una debolezza fatale. I progressisti di oggi praticano il razzismo in nome della diversità. Gli accademici nazionalisti della Germania tra le due guerre erano quanto meno espliciti riguardo al loro desiderio di omogeneità ed esclusione. Lo studio di Rudy Koshar sulla città universitaria di Marburg in Assia illustra il modo in cui questa cultura portò il mondo accademico tedesco verso i nazisti. Le confraternite studentesche, prevalentemente protestanti, escludevano gli ebrei dall’adesione già prima della Prima guerra mondiale. Per gli avvocati di mezza età, Hitler era l’erede di Bismarck. Per i loro figli fu l’eroe wagneriano Rienzi, il demagogo che unisce il popolo romano. Anche un uomo che si considerava un liberale, come sicuramente Max Weber, era suscettibile al fascino di una leadership carismatica quando la nascente democrazia sembrava così debole. Tre anni dopo la morte di Weber nel 1920, la Germania precipitò in una disastrosa iperinflazione. Per molti accademici tedeschi, la nomina di Hitler a cancelliere nel gennaio 1933 fu un momento di salvezza nazionale. Già nel 1920 il giurista Karl Binding e lo psichiatra Alfred Hoche pubblicarono il loro ‘Permesso per la distruzione di vite indegne di vita’. Esiste una chiara linea di continuità tra questo tipo di analisi e il documento trovato nel manicomio Schloss Hartheim nel 1945, che calcolava il beneficio economico derivante dall’uccisione di 70.273 pazienti mentali. Molti storici non si comportarono meglio, sfornando tendenziose giustificazioni storiche per le rivendicazioni territoriali tedesche nell’Europa orientale che implicavano massicci spostamenti di popolazione, se non addirittura genocidio. Il caso di Victor Klemperer, convertito al cristianesimo e sposato con una gentile, è illustrativo. ‘Non sono altro che un tedesco o un tedesco europeo’, scrisse Klemperer nel suo diario, una delle testimonianze più illuminanti della storia. Per tutti gli anni ‘30 sostenne che erano i nazisti ad essere ‘non tedeschi’. Eppure l’atmosfera nelle università tedesche divenne sempre più tossica anche per gli ebrei più assimilati. L’antisemitismo dei nazisti portò, ovviamente, a una delle più grandi fughe di cervelli della storia. Se ne andarono oltre 200 degli 800 professori ebrei del paese, venti dei quali erano premi Nobel. Albert Einstein se n’era già andato nel 1933 disgustato dagli attacchi nazisti alla sua ‘fisica ebraica’. I principali beneficiari della fuga dei cervelli ebrei furono, ovviamente, le università degli Stati Uniti. Eppure per Klemperer l’emigrazione era fuori questione. Erano tedeschi. Fu questo tipo di ragionamento a convincere lui e molti altri ebrei a restare in Germania finché non fosse stato più possibile uscirne. Alcuni scelsero il suicidio, ad esempio il linguista di Marburgo Hermann Jacobsohn, che si gettò sotto un treno. Alla fine Klemperer evitò la deportazione nei campi di sterminio solo grazie al bombardamento della Royal Air Force su Dresda. Rimase a Dresda dopo l’occupazione della Germania orientale. Non passò molto tempo prima che cominciasse a notare somiglianze tra il linguaggio della nuova Repubblica Democratica Tedesca appoggiata dai sovietici e quello del Terzo Reich. Come Arendt e Orwell, Klemperer capì che il totalitarismo della destra e il totalitarismo della sinistra avevano caratteristiche simili. In particolare, amavano imporre la neolingua.
Il mondo accademico tedesco non si limitò a seguire Hitler lungo il cammino verso l’inferno. Gli ha aperto la strada. Nel 1940 Victor Scholz presentò una tesi di dottorato all’Università di Breslavia dal titolo ‘Sulle possibilità di riciclare l’oro dalle bocche dei morti’. Aveva svolto le sue ricerche sotto la supervisione di Herman Euler, preside della Facoltà di Medicina di Breslavia. Ad Auschwitz, il Gruppenführer delle SS Carl Clauberg, professore di ginecologia a Königsberg, cercò di trovare il modo più efficace per sterilizzare le donne. Chiunque creda ingenuamente nel potere dell’istruzione superiore di instillare valori etici non ha studiato la storia delle università nel Terzo Reich. Una laurea, lungi dal vaccinare i tedeschi contro il nazismo, li rese più propensi ad abbracciarlo. La caduta in disgrazia delle università tedesche fu personificata dalla prontezza di Martin Heidegger. Il romanziere Thomas Mann era solito riconoscere già all’epoca che, in ‘Fratello Hitler’, l’élite colta tedesca possedeva un mostruoso fratello minore, il cui ruolo era quello di articolare e autorizzare le loro aspirazioni più oscure. L’Olocausto rimane un crimine storico eccezionale – distinto da altri atti di violenza letale organizzata diretti contro altre minoranze – proprio perché è stato perpetrato da uno stato-nazione altamente sofisticato che aveva entro i suoi confini le migliori università del mondo. Questo è il motivo per cui le università americane non possono considerare l’antisemitismo solo come un’altra espressione di ‘odio’, non diversa, ad esempio, dall’islamofobia. Ebbene, la reazione contro il tradimento contemporaneo degli intellettuali è finalmente arrivata. Donatori come l’amministratore delegato di Apollo, Marc Rowan (laureato alla Penn), il fondatore di Pershing Square Bill Ackman (Harvard) e il fondatore di Stone Ridge Ross Stevens (Penn) hanno chiarito che il loro sostegno non sarà più disponibile per le istituzioni gestite in questo modo. Eppure ci vorrà molto di più che poche dimissioni di alto profilo per riformare la cultura delle università d’élite americane. È troppo radicato in più dipartimenti, tutti dominati da una facoltà di ruolo, per non parlare degli eserciti di ‘DEI’ e di ufficiali del Titolo IX che sembrano, in alcuni college, ora superare in numero gli studenti universitari. I leader accademici di oggi non si riconoscerebbero mai come gli eredi di quello che Benda ha condannato, insistendo sul fatto che loro sono di sinistra, mentre gli obiettivi di Benda erano di destra. Eppure, come Victor Klemperer capì dopo il 1945, il totalitarismo si presenta in due modi, sebbene gli ingredienti siano gli stessi. Solo se le università americane, un tempo grandi, riusciranno a ristabilire – in tutta la loro struttura – la separazione della Wissenschaft dalla Politik potranno essere sicure di evitare il destino di Marburg e Königsberg”. (Traduzione di Giulio Meotti)
L'articolo Gli accademici pro Hamas di oggi come quelli pro Hitler di ieri proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
Augusta, in Città la sede della Fondazione Luigi Einaudi intitolata all’Avv. Ezechia Paolo Reale – webmarte.tv
L’importanza di scrivere a mano (e in corsivo)
Come scrivono i giovani nell’epoca social? Sentiamo dire che non sono più capaci di utilizzare l’italiano corretto, non sanno fare un tema ben strutturato, hanno carenze nella scrittura, nell’associazione di idee e nei collegamenti tra argomenti. In verità sono sempre lì a scambiarsi messaggi e commenti: non credo sia mai esistita un’epoca in cui si sia scritto così tanto. Quello che invece sembra si stia perdendo è la capacità di argomentare, formulare, comprendere un testo, saperlo riassumere e poi esporre con chiarezza. Ma cosa è successo nella scuola degli ultimi decenni?
Dopo anni di promozione dell’istruzione digitale, e di proteste per il grande ritardo con cui la scuola italiana si approcciava, ora la presenza di strumenti digitali nelle strutture scolastiche sembra aumentata. I vantaggi della didattica digitale sono abbastanza espliciti: un miglior coinvolgimento degli alunni, scambi di informazioni più immediate, diffusione di innumerevoli contenuti, possibilità di ricreare situazioni altrimenti impossibili da vivere. Inoltre i bambini di oggi sono nativi digitali, cresciuti con smartphone e tablet tra le mani, e si aspettano che la scuola rifletta il mondo tecnologico in cui vivono. Ma proprio ora che ci stiamo lanciando sempre più nel futuro, sorgono dei dubbi. Intanto su cosa debba fare la scuola: non basta saper usare un computer o navigare in internet, ma serve sviluppare una vera e propria alfabetizzazione digitale, comprendere come funzionano le tecnologie, come utilizzarle in modo sicuro ed etico, come sfruttarle per risolvere problemi e raggiungere obiettivi.
Paesi come la Svezia, gli Stati Uniti o il Canada, che avevano promosso molto la digitalizzazione, ora stanno tornando indietro, basandosi su studi, sempre più numerosi, che rivalutano i metodi «arcaici» della scrittura manuale e in particolare del corsivo. La scrittura manuale è frutto dell’interazione tra sistema nervoso, sensoriale e motorio: gli studi dimostrano come scrivere a mano coinvolga e stimoli aree cerebrali più vaste e profonde di quanto faccia la digitazione al computer. In particolare la scrittura a mano organizza le informazioni nel cervello in modo tale da sviluppare e potenziare la capacità di ricordare, stimolare il pensiero astratto e creativo, creare nuovi collegamenti di intuizione.
L’origine è nell’atto stesso dello scrivere, che con una penna è più «faticoso» che al computer: usare una penna implica di prestare attenzione anche all’aspetto motorio, disegnando le lettere in modo intellegibile, dosando la forza della punta sul foglio, seguendo le righe e gli spazi della pagina, facendo coincidere pensiero, azione e vista. Cioè attuando quell’integrazione multisensoriale che è alla base delle capacità di memoria. Inoltre, nella scrittura manuale, abbiamo una grande varietà di materiali e supporti: oltre la penna le matite, o il gesso sulla lavagna… tutte esperienze diverse e nuove, che creano nuove attivazioni neuronali e nuove abilità. Gli studi hanno rilevato che i bambini che scrivono a mano libera producono più parole e più rapidamente di quanto facciano coloro che scrivono su una tastiera.
Addirittura si sono notate significative differenze tra chi utilizza il carattere corsivo rispetto allo stampatello: psicoterapeuti e neurologi segnalano che l’abitudine a forme semplificate di scrittura, come lo stampatello, riduce gli stimoli di produzione linguistica. Anche lo studio su dispositivi come il tablet, pur avendo un suo valore, in quanto multimediale e interattivo, può aumentare il livello di distrazione e di ansia, specialmente nei bambini, proprio per un eccesso di stimolazione. Solo rallentando gli stimoli le informazioni acquisite possono transitare dalla memoria a breve termine a quella a lungo termine.
Un paradosso, in un contesto in cui vanno sempre più aumentando i disturbi dell’apprendimento, è che l’utilizzo del computer è la soluzione consigliata per superare i problemi di disgrafia dei bambini. Ma proprio la digitalizzazione è «sul banco degli imputati» per quanto riguarda la crescente incapacità di imparare a scrivere: si prescrive come terapia quella che sembra essere una delle cause stesse del problema?
La sfida quindi, consiste nel trovare un equilibrio tra l’approccio digitale e tradizionale, garantendo spazio a entrambe le modalità didattiche, in modo che contribuiscano all’educazione con un approccio integrato. La tecnologia è ineludibile dalle nostre vite e i giovani devono imparare a utilizzarle, ma nella fase dell’infanzia e adolescenza dobbiamo stare attenti a non trascurare la complessità dei fenomeni coinvolti nella costruzione della persona.
L'articolo L’importanza di scrivere a mano (e in corsivo) proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
Il governo Francese ha aperto un proprio server Fediverso ufficiale
social.numerique.gouv.fr è l'Istanza #mastodon gestita dalla Direzione Interministeriale Digitale (DINUM) e spita solo account istituzionali e certificati:
Eccoli qui:
➡️ @CNES - L'agenzia spaziale francese
➡️ @Ambassadeur Numérique 🇫🇷🇪🇺 - Ambasciatore francese per gli affari digitali (in inglese)
➡️ @Min. Enseign. sup. & Recherche - Ministero dell'Istruzione Superiore e della Ricerca
➡️ @IAP - Istituto di Astrofisica di Parigi
➡️ @CNRS 🌍 - CNRS, Centro nazionale francese per la ricerca scientifica
➡️ @Unité de Recherche Géoazur - Unità di ricerca geologica/geofisica per l'Università della Costa Azzurra, CNRS, Osservatorio della Costa Azzurra
➡️ @CNRS Terre & Univers - CNRS (dipartimento spazio, geologia, ambiente)
➡️ @CNRS Ingénierie - CNRS (dipartimento di ingegneria)
➡️ @CNRS Inist - Dipartimento del CNRS che si occupa di pubblicazioni e metodi scientifici
➡️ @La science ouverte au CNRS - Scienza aperta al CNRS
➡️ @IGN France - Istituto Nazionale per i Dati Geografici e Forestali
➡️ @data.gouv.fr - Piattaforma aperta per i dati pubblici francesi
➡️ @Comité pour la science ouverte - Comitato per la Scienza Aperta
➡️ @HAL science - Archivio Multidisciplinare HAL, accesso aperto alle pubblicazioni scientifiche
➡️ @DINUM - Iniziativa di innovazione digitale nel governo francese
➡️ @Design des services numériques - Sviluppo dei servizi pubblici digitali
➡️ @arcep@social.numerique.gouv.fr - Autorità di regolamentazione delle comunicazioni elettroniche
➡️ @adresse.data.gouv.fr - Database nazionali e locali di indirizzi geografici
➡️ @Transfo. Num. des Territoires - Servizi pubblici digitali a livello nazionale e locale
➡️ @Etalab - Promozione dei dati pubblici aperti
➡️ @Démarches Simplifiées - Aiutare i funzionari governativi a offrire servizi online al pubblico
➡️ @api.gouv.fr - Catalogo delle API del governo francese
➡️ @bdnb@social.numerique.gouv.fr - Database aperto degli edifici francesi
social.numerique.gouv.fr
Instance :mastodon: gérée par la Direction Interministérielle du Numérique (DINUM) Elle héberge uniquement des comptes institutionnels et certifiés.Serveur Mastodon hébergé sur social.numerique.gouv.fr
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È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione e del Merito
🔶 Ddl istruzione tecnica e professionale, via libera del Senato al modello 4+2
🔶 Scuola, 790 milioni per nuovo piano di riduzione dei divari…
Ministero dell'Istruzione
#NotiziePerLaScuola È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione e del Merito 🔶 Ddl istruzione tecnica e professionale, via libera del Senato al modello 4+2 🔶 Scuola, 790 milioni per nuovo piano di riduzione dei divari…Telegram
La DPA tedesca dichiara illegale lo scambio di dati tra agenzia di credito e commerciante di indirizzi vittoria di noyb in Germania in un procedimento contro l'agenzia di riferimento creditizio CRIF e il commerciante di indirizzi Acxiom
La responsabilità di tutti.
La responsabilità di tutti
(143) Alla fine della lettura dell'ottima grapich novel (si dice così?) "In fondo al pozzo" di #Zerocalcare sul numero 1545 di #Inte...Transit
La sanità privata lancia il Family doc, assalto alla medicina di base l La Notizia
«L’ultimo boccone a cui aspira la famelica sanità privata è il medico di base. Prima terra di conquista è il Veneto, dove la BMed Me.di.ca Group, un centro di sanità privata, ha deciso di lanciare a Mestrino, un Comune in provincia di Padova, il Family doc che altro non è che il vecchio caro medico di famiglia a pagamento. Si legge sul sito: “Si chiama Family Doc, ed è un servizio di medicina interna in regime privato, con un tocco di simpatia e calore familiare. Con noi, sentirsi a proprio agio è la norma, al costo di 50 euro”.»
#NoiSiamoLeScuole questa settimana racconta dell’IIS “Giordani” di Caserta che con i fondi #PNRR dedicati alla #scuola 4.0 sta realizzando aule e laboratori innovativi.
Qui tutti i dettagli ▶️ miur.gov.
Ministero dell'Istruzione
#NoiSiamoLeScuole questa settimana racconta dell’IIS “Giordani” di Caserta che con i fondi #PNRR dedicati alla #scuola 4.0 sta realizzando aule e laboratori innovativi. Qui tutti i dettagli ▶️ https://www.miur.gov.Telegram
L’Occidente e il resto del mondo
l World Politics Blog
"Dietro la definizione Nord del mondo si raccolgono gli interessi dell’Occidente e dei paesi avanzati, insomma il blocco imperialista egemone che prova a costruire il mondo a propria immagine e somiglianza e non esita a imporre fame, olocausti e guerre per affermare la propria supremazia. In altri termini potremmo parlare di un colonialismo che si rinnova ma conserva le proprie caratteristiche come il drenaggio di ricchezza dalle regioni colonizzate."
Regu(AI)ting Health: Lessons for Navigating the Complex Code of AI and Healthcare Regulations
Authors: Stephanie Wong, Amber Ezzell, & Felicity Slater
As an increasing number of organizations utilize artificial intelligence (“AI”) in their patient-facing services, health organizations are seizing the opportunity to take advantage of the new wave of AI-powered tools. Policymakers, from United States (“U.S.”) government agencies to the White House, have taken heed of this trend, leading to a flurry of agency actions impacting the intersection of health and AI, from enforcement actions and binding rules to advisory options and other, less formal guidance. The result has been a rapidly changing regulatory environment for health organizations deploying artificial intelligence. Below are five key lessons from these actions for organizations, advocates, and other stakeholders seeking to ensure that AI-driven health services are developed and deployed in a lawful and trustworthy manner.
Lesson 1: AI potential in healthcare has evolved exponentially
While AI has been a part of healthcare conversations for decades, recent technological developments have seen exponential growth in potential applications across healthcare professionals and specialties requiring response and regulation of use and application of AI in healthcare.
The Department of Health and Human Services (“HHS”) is the central authority for health sector regulations in the United States. HHS’ Office for Civil Rights (“OCR”) is responsible for enforcement of the preeminent federal health privacy regulatory framework, the Health Insurance Portability and Accountability Act (HIPAA) Privacy, Security, and Breach Notification Rules (“Privacy Rule”). A major goal of the Privacy Rule is to properly protect individuals’ personal health information while allowing for the flow of health data that is necessary to provide quality health care.
In 2023, OCR stated that HIPAA-regulated entities should analyze AI tools as they do other novel technologies; organizations should “determine the potential risks and vulnerabilities to electronic protected health information before adding any new technology into their organization.” While not a broad endorsement of health AI, OCR’s statement suggests that AI has a place in the regulated healthcare sector.
The Food and Drug Administration (“FDA”) has taken an even more optimistic approach toward the use of AI. Also an agency within HHS, the FDA is responsible for ensuring the safety, efficacy, and quality of various pharmacological and medical products used in clinical health treatments and monitoring. In 2023, the FDA published a discussion paper intended to facilitate discussion with stakeholders on the use of AI in drug development. Drug discovery is the complex process of identifying and developing new medications or drugs to treat medical conditions and diseases. Before drugs can be marketed to the public for patient use, they must go through multiple stages of research, testing, and development. This entire process can take around 10 to 15 years, or sometimes longer. According to the discussion paper, the FDA strives to “facilitate innovation while safeguarding public health” and plans to develop a “flexible risk-based regulatory framework that promotes innovation and protects patient safety.”
Lesson 2: Different uses of data may implicate different regulatory structures
While there can be uncertainty regarding whether particular data, such IP address data collected by a consumer-facing website, is covered by HIPAA, HHS and the Federal Trade Commission (“FTC”) have made clear that they are working together to ensure organizations protect sensitive health information. In particular, failure to establish proper agreements or safeguards between covered entities and AI vendors can constitute a violation of the HIPAA Privacy Rule when patient health information is shared without patient consent for purposes other than treatment, payment, and healthcare operations.
However, some data collected by HIPAA-covered entities may not be classified as protected health information (“PHI”) and could be permissibly shared outside HIPAA’s regulatory scope. Examples include data collected by healthcare scheduling apps, wearables devices, and health IoT devices. In these circumstances, the FTC could exercise oversight. The FTC is increasingly focused on enforcement actions involving health privacy and potential bias and has historically enforced laws prohibiting bias and discrimination, including the Fair Credit Reporting Act (“FCRA”) and the Equal Credit Opportunity Act (“ECOA”). In 2021, the FTC underscored the importance of ensuring that AI tools avoid discrimination and called for AI to be used “truthfully, fairly, and equitably,” recommending that AI should do “more good than harm” to avoid violating the FTC’s “unfairness” prong of Section 5 of the FTC Act.
Lesson 3: What’s (guidance in the) past is prologue (to enforcement)
While guidance may not always be a precursor to enforcement, it is a good indicator of an agency’s priorities. For instance, in late 2021, the FTC issued a statement on the Health Breach Notification Rule, followed by two posts in January 2022 (1, 2). The FTC then applied the Health Breach Notification Rule (HBNR) for the first and second time in 2023 enforcement actions.
The FTC has recently honed in on both the health industry and AI. Agency officials published ten blog posts covering AI topics in 2023 alone, including an article instructing businesses to ensure the accuracy and verifiability of advertising around AI in products. In April 2023, the FTC issued a joint statement with the Department of Justice (DOJ), the Consumer Financial Protection Bureau (CFPB), and the Equal Employment Opportunity Commission (EEOC) expressing its intent to prioritize enforcement against discrimination and bias in automated decision-making systems.
The agency has separately been working on enforcement in the health sector, applying the unfairness prong of its authority to cases where the Commission has found that a company’s privacy practices substantially injured consumers in a manner that did not outweigh the countervailing benefits. This focus resulted in major settlements against health companies, including GoodRx and BetterHelp, where the combined total fine neared $10 million. In July, the FTC published a blog post summarizing lessons from its recent enforcement actions in the health sector, underscoring that “health privacy is a top priority” for the agency.
Lesson 4: Responsibility is the name of the game
Responsible use has been the key concept for policymakers looking to be proactive in establishing positive norms for the use of AI in the healthcare arena. In 2022, the White House Office of Science and Technology Policy (OSTP) published the Blueprint for an AI Bill of Rights (“Blueprint”) to support the development of policies and practices that protect and promote civil rights in the development, deployment, and governance of automated systems. In highlighting AI in the health sector, the Blueprint hopes to set up federal agencies and offices to serve as responsible stewards of AI use for the nation. In 2023, the OSTP also updated the National AI Research and Development (R&D) Plan to advance the deployment of responsible AI, which is likely to influence health research. The Plan is intended to facilitate the study and development of AI while also maintaining privacy and security and preventing inequity.
Expanding on the Blueprint, on October 30, 2023, the Biden Administration released its Executive Order on Safe, Secure, and Trustworthy Artificial Intelligence (“EO”). The EO aims to establish new standards for the responsible use, development, and procurement of AI systems across the federal government. Among other directives, the EO directs the Secretary of HHS to establish an “HHS AI Taskforce” in order to create a strategic plan for the responsible use and deployment of AI in the healthcare context. The EO specifies that this strategic plan must establish principles to guide the use of AI as part of the delivery of healthcare, assess the safety and performance of AI systems in the healthcare context, and integrate equity principles and privacy, security and safety standards into the development of healthcare AI systems.
The EO also directs the HHS Secretary to create an AI Safety program to centrally track, catalog, and analyze clinical errors produced by the use of AI in healthcare environments; create and circulate informal guidance to advise on how to avoid these harms from recurring; and develop a strategy for regulating the use of AI and AI-tools for drug-development. The Fact Sheet circulated prior to the release of the EO emphasizes that, “irresponsible uses of AI can lead to and deepen discrimination, bias, and other abuses in justice, healthcare, and housing” and discusses expanded grants for AI research in “vital areas,” including healthcare.
On November 1, 2023, the Office of Management and Budget (“OBM”) released for public comment a draft policy on “Advancing Governance, Innovation, and Risk Management for Agency Use of Artificial Intelligence,” intended to help implement the AI EO. The OMB guidance, which would govern federal agencies as well as their contractors, would create special requirements for what it deems “rights-impacting” AI, a designation that would encompass AI that “control[s] or meaningfully influence[s]” the outcomes of health and health insurance-related decision-making. These include the requirements for AI impact assessments, testing against real-world conditions, independent evaluation, ongoing monitoring, human training “human in the loop” decision-making, and notice and documentation.
Finally, the National Institute of Standards and Technology (“NIST”) also focused on responsible AI in 2023 with the release of the Artificial Intelligence Risk Management Framework (“AI RMF”). The AI RMF is meant to serve as a “resource to the organizations designing, developing, deploying, or using AI systems to help manage the many risks of AI and promote trustworthy and responsible development and use of AI systems.” The AI RMF provides concrete examples on how to frame risks in various contexts, such as potential harm to people, organizations, or an ecosystem. In addition, prior NIST risk management frameworks have provided the basis for legislative and regulatory models, meaning it may have increased importance for regulated entities in the future.
Lesson 5: Focus and keep eyes on the road ahead
AI regulation is a moving target with significant developments expected in the coming years. For instance, OSTP’s Blueprint for an AI Bill of Rights has already been used to inform state policymakers, with legislators both highlighting and incorporating its requirements into legislative proposals. The Blueprints’ five outlined principles aim to: (i) ensure safety and effectiveness; (ii) safeguard against discrimination; (iii) uphold data privacy; (iv) provide notice and explanation; and (v) enable human review or control. These principles are likely to continue to appear and to inform future health-related AI legislation.
In 2022, the FDA’s Center for Devices and Radiological Health (CDRH) released “Clinical Decision Support Software Guidance for Industry and Food and Drug Administration Staff,” which recommends that certain AI tools be regulated by the FDA under its authority to oversee clinical decision support software. Elsewhere, the FDA has noted that its traditional pathways for medical device regulations were not designed to be applied to AI and that the agency is looking to update its current processes. In 2021, CDRH issued a draft “Artificial Intelligence/Machine Learning (AI/ML)-Based Software as a Medical Device (SaMD) Action Plan”, which introduces a framework to manage risks to patients in a controlled manner. The Action Plan includes specific instruction on data management, including a commitment to transparency on how AI technologies interact with people, ongoing performance monitoring, and updates to the FDA on any changes made to the software as a medical device. Manufacturers of medical devices can expect the FDA to play a vital role in the regulation of AI in certain medical devices and drug discovery.
Conclusion
The legislative and regulatory environment governing AI in the U.S. is actively evolving, with the regulation of the healthcare industry emerging as a key priority for regulators across the federal government. Although the implementation and development of AI into healthcare activities may provide significant benefits, organizations must recognize and mitigate privacy, discrimination, and other risks associated with its use. AI developers are calling for the regulation of AI to reduce existential risks and prevent significant global harm, which may help create clearer standards and expectations for AI developers and developers navigating the resources coming from federal agencies. By prioritizing the development and deployment of safe and trustworthy AI systems, as well as following federal guidance and standards for privacy and security, the healthcare industry can harness the power of AI to ethically and responsibly improve patient care, outcomes, and overall well-being.
Uno si ma con moderazione. Riflessioni sulla moderazione nel Fediverso da parte dello staff di Mastodon.uno
Non è facile comprendere quali siano tutte implicazioni dell'ecosistema federato e come funzionano le dinamiche che rendono il Fediverso molto diverso da un social qualsiasi.
Il lungo post è suddiviso in due premesse, due chiarimenti e una conclusione:
1. cosa significa moderare una una comunità
2. cosa significa la moderazione nel fediverso
3. la moderazione all’interno dell’istanza
4. la moderazione verso le altre istanze
5. la moderazione nel Fediverso italiano e l’approccio di mastodon.uno
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@PetroliniVideo ricordo bene: era marzo ed eravamo in una di quelle fasi in cui andava di moda lanciare bestemmie a caso e poi rimanere sulla riva del fiume ad attendere qualche reazione di cui sorprendersi...
Comunque non sono affatto sorpreso: gli utenti i cui messaggi vengono moderati ritengono spesso che il moderatore abbia interpretato male o per limiti cognitivi o per evidente malafede
Che succede nel Fediverso? reshared this.
ho controllato il tuo account e non c'è alcuna limitazione nonostante tu sia stato segnalato ben 14 volte (!) da altri utenti per violazioni del regole, fra l'altro molti da altre istanze:
posso dirti solo che m1 è un'istanza aconfessionale e di quello che dicono i cattolici ce ne può fregare fino a un certo punto, tanto che abbiamo l'account ufficiale dell'unione Atei e degli Agnostici Razionalisti che li randella tutti i giorni e nessuno se ne lamenta anzi sono fra i messaggi più condivisi e popolari su M1
detto questo quello che hai scritto non è vero, non ho lo screenshot ma di sicuro nessuno perde tempo a segnalare queste affermazioni sulle madonne nere, anzi riceveresti solo valanghe di condivisioni. Nessuno censura una frase del genere che di fatto non viola alcuna regola. Abbiamo però una regola che vieta il turpiloquio gratuito ed eccessivo ma questa c'è anche su livellosegreto e altre istanze. Questo per non far scendere le discussioni al livello di rutti da osteria.
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Nikki and the Corvettes
Ad avviarmi verso quel magnifico caleidoscopio di suoni, emozioni, sensazioni che viene generalmente etichettato come power pop, è stato indubbiamente Greg Shaw. Con i suoi scritti su Bomp e con le sue pubblicazioni, mi ha letteralmente preso per mano conducendomi in un mondo fatato dal quale nessuno potrà mai allontanarmi.
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La Nube di Oort: cos’è, origini, come è fatta e da cosa è formata l Passione Astronomia
"Grazie alla sua posizione periferica, la Nube di Oort conserva molti dei materiali che hanno contribuito alla formazione del nostro Sistema Solare. Gli scienziati credono che l’analisi delle comete provenienti da lì possa offrire preziose informazioni sull’antica composizione del nostro Sistema Solare e sulle condizioni che c’erano al momento della sua formazione."
Il fondo sovrano tedesco ha deciso di finanziare il progetto Activitypub Test Suite
ActivityPub Test Suite è un importante progetto che istituisce una solida suite di test per il protocollo ActivityPub , una componente fondamentale del panorama dei social network decentralizzati noto come Fediverso.
Tra gli obiettivi previsti:
- Sviluppare e implementare un sistema completo di test di conformità del server per il protocollo ActivityPub.
- Creare una guida all'implementazione accessibile e un tutorial per il test automatizzato delle implementazioni conformi di ActivityPub.
- Garantire che la suite di test funga da punto di riferimento fondamentale, favorendo la fiducia degli sviluppatori nella creazione di applicazioni interoperabili.
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Prova scritta del giorno 1 febbraio 2024 di Storia della filosofia (Educazione sociale e tecniche dell’intervento educativo)
Il giorno 1 febbraio 2024 si terrà la prova scritta di Storia della filosofia, valida per gli studenti iscritti al corso di laurea in Educazione sociale e tecniche dell’intervento educativo; come …fabiosulpizioblog
Da Fleximan al ritorno delle Città-Stato
Il 2024 è iniziato solo da 31 giorni, eppure sembra già passato un anno. Mentre alcuni a Est continuano ad ammazzarsi tra un meme e l’altro, altri a Ovest circondano i loro confini di filo spinato.
Anche qui, in Italia, siamo alle prese con problemi peculiari, come il fenomeno Fleximan, che sta mettendo in crisi le casse dei Sindaci del nord Italia.
I giornalisti ci dicono che saranno dispiegate centinaia di pattuglie e che saranno usate tutte le risorse a disposizione della macchina statale: videosorveglianza, analisi dei dati del targa system e task-force di investigatori.
Purtroppo per loro, non basteranno tutte le pattuglie e risorse del mondo. Ormai dovrebbero aver capito che Fleximan non esiste. O meglio: esistono diverse persone che agiscono spinte dall’idea che i giornalisti chiamano Fleximan.
L’autovelox è l'oggetto prescelto su cui sfogare, in modo violento e istintivo, una frustrazione che scaturisce da una necessità esistenziale che inizia a farsi spazio tra le persone, e non solo in Italia.
Le stesse frustrazioni sono condivise dai Blade Runner londinesi; il braccio armato (di flessibile) e anonimo di un vero e proprio movimento che si chiama Action Against ULEZ (Ultra Low Emission Zones)1. Il canovaccio è lo stesso di Fleximan, anche se l’oggetto-simbolo è leggermente diverso: in Italia l’autovelox; a Londra la telecamera ZTL.
Soggiogate da centinaia di telecamere, oggi più di 60.000 persone sono costrette a pagare £12.50 al giorno per il privilegio transitare nella loro stessa città. Sembra però che il movimento Anti-ULEZ conti ormai un seguito di più di 35.000 persone, cioè quasi la metà di tutti coloro che ogni giorno subiscono le angherie di questa nuova forma di tecnocrazia.
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Da Fleximan al Texas
E poi c’è la rivolta del Texas contro il governo federale e le politiche di open-border del governo di Biden.
Per farla breve: il governatore del Texas, e presumo anche ampia parte della cittadinanza, sono stanchi dell’immigrazione incontrollata voluta da Biden. Così, hanno deciso di prendere in mano la situazione, dispiegando filo spinato lungo tutto il confine col Messico. A distanza di qualche migliaio di chilometri, la Corte Suprema ha invece autorizzato il governo federale a smantellare queste barriere. Il Texas, per ora, non intende cedere.
La situazione è molto tesa, e pare che in questi giorni l’esercito abbia inviato nello Stato diverse unità armate per “esercitazioni programmate”. Anche i civili si mobilitano verso il confine del Texas, con più di 5.000 tir e camion di vario tipo per supportare la rivolta, ormai supportata politicamente da decine di stati repubblicani.
Sul fronte democratico, Fox News ci dice invece che George Soros ha immesso nelle casse dei Democratici texani più di 3 milioni di dollari per cercare di fargli guadagnare terreno.
Che siano le prime avvisaglie di una seconda guerra civile americana?
Il bisogno esistenziale
Come per Fleximan e per i Blade Runner, anche il caso del Texas ha alla base la stessa esigenza esistenziale, che è ben descritta da Marco Aurelio:
La natura non ti ha fuso col composto di cui fai parte così intimamente da non permettere di segnare i tuoi confini e di dominare ciò che ti appartiene.
Marco Aurelio, Pensieri, Libro VII, 67.
Anche se ancora acerbo, sempre più persone saranno mosse dal pensiero di segnare i loro confini e dominare ciò gli appartiene: le loro strade, le loro città, e le loro vite.
Fleximan, i Blade Runner e perfino i Texani vogliono la stessa cosa, anche se ancora non lo sanno. Tutti loro vogliono riappropriarsi dei territori e al tempo stesso negare l’autorità di politici e governi nazionali e sovranazionali che rispondono a tiranniche logiche globaliste sempre più distanti dalle vite delle persone.
Questi fenomeni locali si possono ricondurre alle logiche megapolitiche ben espresse da Davidson e Rees-Mogg in The Sovereign Individual. Si tratta solo di trovare il giusto perno; poi faranno inevitabilmente il loro corso. Mi riferisco in particolare alla sempre più evidente inadeguatezza e obsolescenza delle democrazie di massa che hanno creato Leviatani sovranazionali come l’Unione Europea o il governo federale degli Stati Uniti.
La democrazia massiva ha fatto il suo corso. Fu un buon sistema per far digerire alle popolazioni europee e americane i meccanismi parassitari tipici del comunismo, e per consentire agli Stati di ammassare risorse economiche per portare avanti la macchina burocratica-militare (dall’idea Bismarckiana di Stato come strumento di welfare-warfare), ma non durerà ancora molto.
L’idea stessa di essere subordinati a centri di potere, distanti migliaia di chilometri dalla nostra vita e affetti, ma capaci di determinarne il corso, arriverà presto al suo capolinea. Non sarà facile e non sarà indolore — milioni di persone saranno pronte a sguainare le spade pur di difendere i loro privilegi parassitari, ma ci si arriverà.
I Sindaci-vassalli saranno così posti davanti a una scelta: rispettare il volere delle persone che vivono nei loro territori, oppure rimanere fedeli al Sovrano-centrale, continuando con le politiche di saccheggio per suo conto.
Lo stesso saranno presto chiamati a fare i Governatori-vassalli dei 50 Stati controllati da Washington: fare il bene dei propri cittadini, oppure rimanere fedeli al Presidente di un impero alla fine dei suoi tempi.
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L’Era dell’Informazione
D’altronde, è inevitabile che saremmo arrivati a questo punto.
Oggi abbiamo accesso a informazioni digitali, servizi digitali e ricchezza digitale che ci permettono di commerciare, stringere relazioni e vivere esperienze con persone dall’altra parte del mondo. Al tempo stesso però siamo esseri sedentari, che amano la propria stabilità e che spesso vivono e muoiono dove sono nati.
Da un lato abbiamo quindi necessità globali (digitali), mentre dall’altro si fanno sempre più pressanti necessità locali (fisiche). Le democrazie di massa oggi non possono purtroppo tener conto delle seconde.
I governi centrali sono sempre più lontani dai bisogni nazionali, e sempre più affini a logiche globaliste e direttive sovranazionali con cui non esitano a mettere in ginocchio la popolazione a fronte di obiettivi astratti e senza senso, come la “lotta al cambiamento climatico”.
Non si può vivere di solo virtuale. Una volta usciti di casa, la realtà è schiacciante e straziante: telecamere di sorveglianza, autovelox, immigrazione destabilizzante, criminalità dilagante, tasse e inflazione sempre più alte e città intere che perdono giorno dopo giorno la loro identità sotto ai colpi di assurde politiche per placare gli Dei dell’Olimpo sovrastatale che chiamiamo Unione Europea.
Da Fleximan al ritorno delle Città Stato
Nessuno prevede il futuro e Marco Aurelio direbbe che il futuro non esiste. Vi dico però che c’è un possibile futuro ben allineato con ciò che oggi sta accadendo in Italia, in UK e in Texas.
L’avanzamento della tecnologia ci renderà sempre più capaci di fare a meno di servizi centralizzati. Il mercato e la capacità di elaborazione computazionale, cioè il lavoro del 21esimo secolo, sono ormai digitali e distribuiti grazie a e-commerce, comunicazioni elettroniche e Cloud Computing. Presto, anche la produzione sarà digitale e distribuita, grazie al Cloud Manufactoring e alla stampa 3D, che finalmente farà tornare in auge l’antico meme ante-litteram: “you wouldn’t download a car”.
L’intelligenza artificiale renderà l’homeschooling sempre più appetibile ed efficiente; le famiglie finalmente avranno la possibilità di tornare a educare i loro figli secondo i propri princìpi, e non secondo quelli di un professore marxista pagato dallo Stato per fare propaganda.
Allo stesso modo, la libera informazione consentirà sempre più facilmente di frequentare corsi specializzanti che ben presto supereranno di gran lunga l’utilità delle già obsolete lauree (già oggi in alcuni settori tecnici, come quello della cybersecurity, è così).
Anche i patrimoni saranno sempre più digitali e distribuiti. Cryptovalute come Bitcoin rendono possibile già oggi, per la prima volta nella storia, la conservazione del patrimonio al di fuori dei confini e dalle grinfie di qualsiasi stato nazione. Questo, da solo, cambierà totalmente le logiche fondanti delle democrazie di massa. Se i patrimoni sono al di fuori dei confini fisici, lo Stato (qualsiasi Stato) avrà sempre più difficoltà a finanziare i suoi apparati di welfare-warfare.
Cosa resta, allora? Restano i luoghi e le persone, e il bisogno di vivere pacificamente.
La socialità sarà trasformata, e presto capiremo che Aristotele aveva ragione: una comunità organizzata può funzionare solo se i suoi membri condividono tra loro gli stessi valori e caratteristiche omogenee. E come ben possiamo osservare, non può esistere alcuna comunità omogenea a livello nazionale, federale o globale. La vita, i bisogni e le idee degli altoatesini sono lontane anni luce dalla vita, i bisogni e le idee dei palermitani. Figurarsi da quelle di popoli che neanche condividono le radici europee e che i nostri Stati continuano a importare proprio per sopperire alle esigenze di sostentamento del sistema di welfare-warfare.
I tempi sono maturi per concretizzare l’idea che muove gli animi dei texani e dei Fleximen: è impossibile vivere una vita fisica pacifica, senza prima smantellare istituzioni parassitarie centralizzate, sovranazionali e globali.
Fra qualche decade qualcuno inizierà a parlare di comunità locali sovrane, organizzate secondo regole e norme informative che derivano dal substrato etnico, culturale e religioso delle persone che le vivono. Come disse già in tempi meno sospetti Hans Hermann Hoppe: l’auspicio è una nuova Europa composta da mille Liechtenstein sovrani.
Queste comunità non saranno finanziate tramite tassazione predatoria, ma con fondi digitali messi a disposizione volontariamente dai suoi componenti e gestiti attraverso smart-contract e firme elettroniche. E così come sono messi a disposizione, altrettanto facilmente potranno essere rimossi nel momento in cui le persone vorranno esprimere il loro dissenso.
Il voto sarà una barbarie del passato. Magari, riscopriremo il Kleroterion, lo strumento usato nell’antica città-stato di Atene per scegliere casualmente coloro che avrebbero dovuto rappresentare gli interessi cittadini.
E allora forse Fleximan è l’idea di cui abbiamo bisogno per far sì che in uno dei nostri possibili futuri le persone possano segnare i loro confini e dominare ciò che gli appartiene.
Le ULEZ sono ZTL diffuse ormai in tutta la città. Lo scopo sarebbe quello di limitare l’inquinamento, secondo le stesse logiche dell’Area B di Milano: chi entra con mezzi inquinanti, paga. Inutile dire che questa politica di stampo globalista non ha nulla a che fare con l’inquinamento.
EU top court finds indiscriminate storing of convicts’ data illegal
The European Court of Justice (ECJ) has ruled that law enforcement agencies cannot indiscriminately store biometric and genetic data on those who committed criminal offences until their death, it said in a judgement published on Tuesday (30 January).
Concorso docenti 2024: domande prova scritta “a sorpresa” per tutti, non c’è un “paniere” di quesiti ufficiali
Le risposte dell’esperta di normativa Sonia Cannas:
> I bandi affermano “Ciascun quesito consiste in una domanda seguita da quattro risposte, delle quali solo una è esatta; l’ordine dei 50 quesiti è somministrato a ciascun candidato in modalità casuale, nel rispetto delle quantificazioni di cui al comma 3. Non si dà luogo alla previa pubblicazione dei quesiti”> Pertanto, il Ministero non pubblicherà il “paniere” dei quesiti dal quale saranno poi estrapolati quelli della prova scritta.
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SPACE YANTRA
Ho raggiunto via email gli Space Yantra nel bel mezzo del loro viaggio in Amazzonia per una chiacchierata, ecco cosa ne e venuto fuori. Di Andrea Parodi.
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DEAF – DEAF
In questo poco tempo i DEAF concentrano il meglio della storia del thrash e non solo..
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MARK LANEGAN – SING BACKWARDS AND WEEP
iyezine.com/mark-lanegan-sing-…
@L’angolo del lettore
MARK LANEGAN - SING BACKWARDS AND WEEP
"Sing backwards and deep" è il chiacchierato e discusso memoir (che prende il titolo dai versi di una canzone dello stesso autore) pubblicato nel 2020, in cuiIn Your Eyes ezine
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0ut1°°k
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_aid_85_
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160 anni di governo repubblicano aiutano...
Pensa solo al fatto che dal '66 al 2009 la Francia ha posto le proprie forze armate fuori dalla NATO: alla Francia non piace essere un vassallo degli USA...
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Unknown parent • •@Alessandro sì, a quanto pare il Giappone è stato tra i primi paesi in cui la maggior parte degli adempimenti burocratici poteva essere fatta direttamente via fax. Il bello è che il fax come tecnologia alla base della burocrazia lo stanno dismettendo proprio in questi mesi!
È il modello storico evolutivo del Giappone: un motore a due tempi in cui fasi di conservatorismo patologico si alternano a fasi di evoluzione sfrenata verso il futuro...
@aid_85@mastodon.social
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