SoopSocks: il pacchetto PyPI che sembrava un proxy ma era una backdoor per Windows
La storia di SoopSocks è quella che, purtroppo, conosciamo bene: un pacchetto PyPI che promette utilità — un proxy SOCKS5 — ma in realtà introduce un impianto malevolo ben orchestrato.
Non stiamo parlando del solito script improvvisato; dietro SoopSocks c’è una catena di azioni pensata per ottenere persistenza, ridurre il rumore e stabilire un canale di comando/controllo stabile. Il pacchetto è stato pubblicato su PyPI (Python Package Index), il registro ufficiale dei pacchetti Python.
Il pacchetto ingannevole, denominato “soopsocks“, ha totalizzato 2.653 download prima di essere rimosso. È stato caricato per la prima volta da un utente di nome “soodalpie” il 26 settembre 2025, la stessa data di creazione dell’account.
Questa combinazione è pensata per massimizzare la percentuale di successo: componenti compilati per l’esecuzione, script per l’integrazione e meccanismi nativi per la persistenza. Il risultato è un pacchetto che funziona come “utility” e nello stesso tempo costruisce un punto di appoggio remoto.
Strategia dell’attaccante: stealth e affidabilità
SoopSocks si presentava come una libreria Python, riportano i ricercatori di sicurezza, per offrire un proxy SOCKS5. In realtà, su Windows metteva in piedi un piccolo impianto di backdoor persistente: si installava come servizio, apriva la porta giusta sul firewall, rimaneva attivo ai riavvii e inviava periodicamente informazioni all’esterno.
Come entra e si installa: dopo l’installazione, il pacchetto non si limitava ai moduli Python. In alcune versioni depositava un eseguibile compilato (scritto in Go) e uno o più script di orchestrazione (PowerShell/VBScript). Questi componenti servivano per:
- installare un servizio Windows con avvio automatico (così si riaccendeva ad ogni boot);
- predisporre un piano B di persistenza tramite un’attività pianificata, se la creazione del servizio falliva;
- eseguire comandi PowerShell in modalità “silenziosa” (bypassando le execution policy e riducendo i messaggi a schermo) per configurarsi e restare sotto traccia.
Cosa fa una volta attivo
Ufficialmente esponeva un proxy SOCKS5 (tipicamente sulla porta 1080). Dietro le quinte:
- aggiungeva regole al firewall per aprire la porta del proxy, così il traffico in ingresso non veniva bloccato;
- manteneva persistenza (servizio + task) in modo da sopravvivere a riavvii o tentativi di “pulizia” incompleti;
- avviava una telemetria a basso profilo: a intervalli regolari raccoglieva informazioni sulla macchina (nome host, versione del sistema, configurazione e stato della rete, indirizzi IP) e le spediva verso l’esterno usando canali comuni (HTTPS), di solito con pacchetti piccoli e frequenti per non dare nell’occhio.
Perché è difficile da notare
Molte azioni passavano per strumenti legittimi di Windows (PowerShell, Task Scheduler, gestione firewall). Agli occhi di un monitoraggio basato solo su firme, queste operazioni possono sembrare normali attività amministrative. Inoltre, offrendo davvero un SOCKS5 “funzionante”, il pacchetto abbassava la soglia di sospetto: chi lo provava vedeva che “fa il suo dovere” e raramente andava a controllare i componenti extra.
Il punto chiave
SoopSocks univa funzionalità utile (il proxy) e meccaniche di intrusione/persistenza ben note. Questo mix trasformava una libreria apparentemente innocua in un punto d’appoggio remoto: un host che l’attaccante può usare come proxy controllabile e da cui raccogliere dati, con un profilo di “rumore” di rete volutamente basso.
Questa strategia dimostra una conoscenza pratica di come operano team di difesa aziendali: gli attaccanti progettano le loro tecniche per apparire «normali» rispetto al profilo operativo quotidiano. L’utilizzo di ambienti di sviluppo, come punto di diffusione, permette di creare punti di persistenza per movimenti laterali. Inoltre l’utilizzo i repository interni/locali possono conservare versioni malevoli anche dopo che sono state rimosse online, perché restano in cache.
Senza regole di verifica e pulizia periodica, i team di sviluppo rischiano di continuare a usarle senza accorgersene.
SoopSocks non ha rivoluzionato il panorama delle minacce, ma ha mostrato come la combinazione di componenti legittimi e tecniche già collaudate possa trasformare una libreria in un serio vettore di compromissione. Per le organizzazioni la sfida non è solo tecnica, ma soprattutto processuale: difendere la filiera software richiede controlli e procedure
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Fragen und Antworten: Warum ist Chatkontrolle so gefährlich für uns alle?
Chip di base, allarme USA: Troppo dipendenti dalla Cina entro il 2030
Il 2 ottobre il Financial Times ha pubblicato un’analisi di Mike Kuiken, ricercatore presso l’Hoover Institution e consulente senior per la sicurezza nazionale. L’esperto ha messo in guardia contro un rischio poco discusso ma rilevante: la crescente dipendenza degli Stati Uniti dalla Cina nella produzione dei cosiddetti “chip di base”.
Mentre l’attenzione politica e industriale americana è concentrata sui semiconduttori avanzati destinati all’intelligenza artificiale, Pechino starebbe consolidando una posizione dominante nel mercato dei chip maturi, ossia quelli con processo produttivo a 28 nanometri o superiore. Questi componenti, spesso considerati erroneamente obsoleti, sono invece indispensabili per il funzionamento di un’ampia gamma di tecnologie: automobili, dispositivi medici, sistemi di difesa e infrastrutture critiche come reti elettriche e di telecomunicazioni.
Kuiken ha ricordato che la Cina detiene già circa il 40% della capacità produttiva globale in questo settore e che la sua influenza è destinata a crescere entro il 2030. Secondo l’analista, questa dipendenza rappresenta una vulnerabilità strategica per Washington, poiché i chip di base costituiscono l’ossatura di molti sistemi militari, dai caccia F-16 ai missili Patriot e Javelin. Per il Pentagono, perdere il controllo della catena di fornitura significherebbe compromettere la sicurezza stessa dell’arsenale americano.
Nella sua analisi, Kuiken ha chiesto che il governo statunitense completi rapidamente l’indagine della Sezione 301 sui chip maturi cinesi con “azioni decisive”. Le misure suggerite includono politiche industriali più ampie dei semplici dazi, maggiore trasparenza da parte delle aziende statunitensi sulle catene di fornitura e nuovi investimenti federali nei chip di base.
Secondo Kuiken, ignorare questa minaccia avrebbe conseguenze potenzialmente gravi: ogni automobile, ogni missile e ogni apparecchiatura medica prodotta negli Stati Uniti rischierebbe di trasformarsi in uno strumento di pressione nelle mani di Pechino.
A suo avviso, questa situazione ridurrebbe anche la capacità americana di mantenere un equilibrio strategico nello Stretto di Taiwan.
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Una backdoor può essere implementata per un solo paese? Apple resiste alle richieste del Regno Unito
Il Regno Unito ha tentato nuovamente di costringere Apple ad accedere ai backup crittografati dei dati degli utenti archiviati su iCloud. La nuova richiesta arriva sei mesi dopo che l’azienda ha disattivato la sua funzionalità di archiviazione cloud più sicura, Advanced Data Protection, per tutti gli utenti del Paese.
La decisione di Apple ha fatto seguito a una precedente richiesta più restrittiva del governo britannico, che riguardava i dati non solo dei residenti nel Regno Unito, ma anche dei cittadini statunitensi, provocando una controversia diplomatica con Washington.
Secondo fonti vicine alla questione, all’inizio di settembre il Ministero dell’Interno del Regno Unito ha inviato ad Apple una notifica in cui le ordinava di implementare un sistema per accedere ai dati crittografati, ma con la precisazione che tale requisito si applicava solo ai cittadini del Regno Unito.
In precedenza, a gennaio, un avviso simile ai sensi dell’Investigatory Powers Act prevedeva una copertura globale, provocando una dura reazione da parte dell’amministrazione di Donald Trump. In risposta, Apple ha sospeso la modalità ADP nel Regno Unito a febbraio e ha presentato un reclamo al Surveillance Tribunal.
L’azienda ha dichiarato di non poter ancora offrire una protezione dei dati avanzata ai nuovi utenti nel Regno Unito, il che solleva serie preoccupazioni dato il crescente numero di violazioni dei dati e minacce alla privacy digitale. Apple ha ribadito di non creare, né intende creare, chiavi di accesso universali o meccanismi nascosti per aggirare la crittografia nei suoi prodotti e servizi.
Secondo la legislazione vigente, le parti non sono autorizzate a commentare il contenuto delle notifiche tecniche. Tuttavia, i rappresentanti del Ministero degli Interni hanno sottolineato che l’agenzia continuerà ad adottare tutte le misure possibili al suo interno per garantire la sicurezza dei cittadini.
Nel frattempo, le organizzazioni per i diritti umani avvertono che anche l’implementazione parziale di tali requisiti rappresenta una minaccia per gli utenti di tutto il mondo. Secondo gli avvocati, qualsiasi indebolimento della crittografia end-to-end in una regione rende automaticamente i sistemi vulnerabili a livello globale, poiché la falla che ne deriva potrebbe essere sfruttata da aggressori o agenzie governative di altri Paesi.
La campagna legale contro le richieste delle autorità britanniche, avviata da Apple con il supporto delle organizzazioni per i diritti umani Privacy International e Liberty, avrebbe dovuto essere discussa l’anno prossimo. Tuttavia, la nuova notifica potrebbe riaprire il procedimento legale.
Le richieste di divulgazione dei dati vengono emesse come avvisi tecnici (TCN) e vengono effettuate ai sensi dell’Investigatory Powers Act, che consente alle agenzie di intelligence di accedere a informazioni crittografate allo scopo di combattere il terrorismo e i crimini contro i minori.
A gennaio, questo strumento ha provocato una dura reazione da parte di alti funzionari statunitensi, tra cui il vicepresidente J.D. Vance e il direttore dell’intelligence nazionale Tulsi Gabbard. Hanno insistito affinché il Regno Unito abbandonasse le richieste di accesso ai dati degli utenti statunitensi, sottolineando che qualsiasi interferenza con i sistemi Apple indebolisce la sicurezza anche in altri Paesi.
Durante la recente visita di Donald Trump a Londra, dove lui e il Primo Ministro Kiir Starmer hanno annunciato investimenti multimiliardari in infrastrutture di intelligenza artificiale nel Regno Unito, i rappresentanti della delegazione americana hanno nuovamente sollevato la questione del conflitto con Apple. Tuttavia, secondo alcune fonti, l’amministrazione statunitense non insiste più per revocare l’ultimo avviso, poiché non riguarda i dati degli utenti americani.
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Il suono del campo magnetico della Terra è la cosa più inquietante che ascolterai oggi
Ascolta l’inquietante audio elaborato dall’Agenzia Spaziale Europea (ESA) del campo magnetico terrestre, lo trovi quiPasquale D'Anna (Passione Astronomia)
How Your SID May Not Be As Tuneful As You’d Like
The MOS Technologies 6581, or SID, is perhaps the integrated circuit whose sound is most sought-after in the chiptune world. Its three voices and mix of waveforms define so much of our collective memories of 1980s computing culture, so it’s no surprise that modern musicians seek out SID synthesisers of their own. One of these is the MIDISID, produced by [MIDI IN], and in a recent video she investigates an unexpected tuning problem.
It started when she received customer reports of SIDs that were out of tune, and in the video she delves deeply into the subject. The original SID gained its timing from a clock signal provided by the Commodore 64, with thus different timing between NTSC and PAL versions of the machine. This meant European SID music needed different software values to American compositions, and along the way she reveals a localisation error in that the British Commodore 64 manual had the wrong table of values.
Modern SIDs are emulated unless you happen to have an original, and her problem came when switching from one emulated SID to another. The first one used that clock pin while the second has its own clock, resulting in some music being off-tune. It’s a straightforward firmware fix for her, but an interesting dive into how these chips worked for the rest of us.
youtube.com/embed/IzaTj7M8bOE?…
Image: Taras Young, CC BY-SA 4.0.
KaruHunters rivendica un Attacco Informatico ai danni del RIPE NCC
In un noto forum underground è recentemente apparso un post che sta attirando l’attenzione della comunità di cybersecurity. Un utente con il nickname KaruHunters, figura già conosciuta per la sua attività all’interno di circuiti criminali digitali, ha pubblicato un annuncio in cui sostiene di essere in possesso dei dati compromessi di RIPE NCC (Réseaux IP Européens Network Coordination Centre).
Disclaimer: Questo rapporto include screenshot e/o testo tratti da fonti pubblicamente accessibili. Le informazioni fornite hanno esclusivamente finalità di intelligence sulle minacce e di sensibilizzazione sui rischi di cybersecurity. Red Hot Cyber condanna qualsiasi accesso non autorizzato, diffusione impropria o utilizzo illecito di tali dati. Al momento, non è possibile verificare in modo indipendente l’autenticità delle informazioni riportate, poiché l’organizzazione coinvolta non ha ancora rilasciato un comunicato ufficiale sul proprio sito web. Di conseguenza, questo articolo deve essere considerato esclusivamente a scopo informativo e di intelligence.
Il post nel forum underground
Nel post, KaruHunters dichiara esplicitamente: “Today I am selling RIPE NCC Data Breach, thanks for reading and enjoy!”. L’attore rivendica un presunto attacco informatico avvenuto nell’ottobre 2025 ai danni del RIPE NCC, che avrebbe portato all’esfiltrazione di codice sorgente privato e strumenti interni dell’organizzazione. Viene menzionata anche una compromissione che include un’alberatura dei dati, senza tuttavia fornire dettagli tecnici concreti nel messaggio pubblico.
Un elemento di particolare rilievo è la parte commerciale dell’annuncio: i dati vengono messi in vendita a partire da 500 dollari (con possibilità di negoziazione), mentre l’accesso interno ai sistemi compromessi viene offerto a 1.200 dollari. KaruHunters aggiunge inoltre che le informazioni sottratte riguarderebbero un’entità con un fatturato dichiarato di 37,5 milioni di dollari, sebbene questa cifra debba essere trattata con cautela e verificata.
Il post è stato corredato da un logo del RIPE NCC, un dettaglio che rientra spesso nelle strategie di social engineering adottate dai criminali per conferire maggiore credibilità alle loro offerte. Tuttavia, come spesso accade in questi casi, non sono state fornite prove verificabili a supporto della presunta intrusione, almeno non nel messaggio pubblico. È probabile che eventuali “proof of concept” vengano condivise soltanto in trattative private con potenziali acquirenti.
Cos’è il RIPE
Il RIPE NCC (Réseaux IP Européens Network Coordination Centre) è il Regional Internet Registry (RIR) responsabile per l’Europa, il Medio Oriente e alcune parti dell’Asia centrale. Si tratta di un’organizzazione no-profit con sede ad Amsterdam, fondata nei primi anni ’90, che ha il compito principale di gestire e distribuire le risorse numeriche di Internet, come gli indirizzi IP e i Numeri di Sistema Autonomo (ASN).
Il RIPE NCC non va confuso con il RIPE (Réseaux IP Européens), che è una comunità aperta di operatori di rete e specialisti. Mentre la comunità RIPE si occupa di definire politiche e linee guida per il funzionamento della rete, il RIPE NCC è l’entità che mette in pratica tali decisioni attraverso la gestione operativa delle risorse.
Tra i compiti principali del RIPE NCC rientrano:
- l’assegnazione e la registrazione di indirizzi IPv4 e IPv6;
- la distribuzione dei Numeri di Sistema Autonomo (ASN);
- la gestione del RIPE Database, un archivio pubblico che contiene informazioni tecniche e amministrative relative a indirizzi IP e ASN;
- il supporto tecnico alla comunità di operatori e provider;
- attività di ricerca e monitoraggio della stabilità di Internet a livello globale.
Il ruolo del RIPE NCC è cruciale per il funzionamento ordinato e trasparente della rete, poiché garantisce che l’allocazione delle risorse IP avvenga in modo equo, tracciabile e conforme alle politiche stabilite dalla comunità. In sostanza, rappresenta una delle fondamenta invisibili ma indispensabili per il funzionamento di Internet come lo conosciamo oggi.
Il profilo del threat actors e i potenziali impatti
Il profilo di KaruHunters all’interno del forum mostra un livello di reputazione piuttosto elevato, con 154 punti e la qualifica di “GOD”, indice di un certo riconoscimento da parte della community. L’utente risulta registrato dal mese di agosto 2024, con all’attivo 26 post e 18 thread aperti. Questo dato rafforza l’idea che non si tratti di un nuovo arrivato, ma di un soggetto che ha saputo conquistare credibilità nel contesto criminale.
Se confermato, un data breach ai danni di RIPE NCC avrebbe conseguenze potenzialmente gravi per l’intero ecosistema di internet europeo e non solo, poiché l’organizzazione gestisce informazioni sensibili legate alla connettività di rete globale. Tuttavia, non è raro che su questi forum vengano pubblicati annunci esagerati o falsi, utilizzati più come operazioni di marketing criminale che come reali vendite di dati compromessi.
In conclusione, il post di KaruHunters va preso con la dovuta cautela. Da un lato, la reputazione dell’utente nel forum conferisce un certo peso alla sua dichiarazione; dall’altro, l’assenza di prove tangibili impone di attendere verifiche indipendenti. Quel che è certo è che la semplice comparsa di questo annuncio rappresenta un campanello d’allarme per il settore della sicurezza informatica, ricordando quanto gli attori malevoli siano costantemente alla ricerca di punti critici nelle infrastrutture che regolano internet stesso.
Come nostra consuetudine, lasciamo sempre spazio ad una dichiarazione dell’organizzazione qualora voglia darci degli aggiornamenti su questa vicenda e saremo lieti di pubblicarla con uno specifico articolo dando risalto alla questione. RHC monitorerà l’evoluzione della vicenda in modo da pubblicare ulteriori news sul blog, qualora ci fossero novità sostanziali.
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ecco qua la parola che cercavo: "storico rapporto che lega la sinistra radicale (una volta si sarebbe detto così) alla causa palestinese"
con questo non intendo che la causa sia sbagliata ma povera nella misura in cui non raccoglie una vicenda specifica come simbolo di tutte le ingiustizie del mondo. facessi io unna manifestazione del genere terrei bene a precisare che non è un fatto volutamente politico ma che riguarda la sensibilità di ognuno. e che in realtà è una manifestazione che riguarda curdi, ucraini, palestinesi, come ogni altro popolo oppresso da logiche e invasioni di malvagi persecutori.
in sostanza è la stessa cosa che io contesto a israele quando celebrano il loro genocidio, dimenticando però, a distanza di anni, e quindi a mente più fresca, di contestualizzarlo assieme a tutte le ingiustizie del mondo, inclusa quella palestinese, di cui peraltro loro sono promotori.
queste manifestazioni, al di la dei partecipanti, che spesso non capiscono bene in cosa si infilano, nasce dalla volontà di quella parte politica che per anni ha riconosciuto le motivazioni di putin nell'ìinvadere l'ucraina legittime. "perché i paesi ex sovietici sono roba russa in definitiva." e scusatemi ma questo non è da paladini della libertà, ma ideologia di parte.
la sinistra alla fine che ha messo a segno un colpo contro la meloni, non è una sinistra sana, riformista, liberista, aperta al dialogo con l'europa, ma quella ciecamente anti americana, che pur di esseere anti americana giustifica putin, che più di destra non potrebbe essere.
pertanto, pur sostenendo la causa palestinese, la flottiglia, e tutte le manifestazioni concrete e politiche a favore dei palestinesi (incluso il blocco di spedizioni militari verso israele o generiche), usurpati di una terra da israele, e uccisi e soffocati, non posso approvare fino in fondo queste manifestazioni.
il "gioco" è svelato.
Ecco chi ha voluto lo sciopero e come ha intercettato un "popolo" trasversale
L'Usb e le sigle di base hanno compattato in questi mesi lavoratori portuali, studenti, dipendenti pubblici. Il tema trainante della "causa palestinese" e la formula del collettivo hanno funzionatoDiego Motta (Avvenire)
ICE is on a rampage against the press
Dear Friend of Press Freedom,
After over 100 days in U.S. Immigration and Customs Enforcement custody, Mario Guevara was deported today. Read on for more about this and other press freedom abuses, and take a minute to tell your lawmakers to stand up for journalists victimized by ICE.
ICE is on a violent rampage against the press
Federal immigration officers reportedly promised a “shitshow” last weekend in response to criticism from the mayor of Broadview, Illinois, who didn’t appreciate her city being invaded. They delivered, and journalists were well represented among their victims.
One journalist, Steve Held, was arrested. Others, including Held’s reporting partner at Unraveled Press, Raven Geary, were shot in the face with pepper ball rounds. According to lawyers on the scene, the protests the reporters were covering were peaceful and uneventful until ICE officers decided to unleash chaos.
A few days later at an immigration court in New York City, where ICE agents have been trying to intimidate journalists for months, agents assaulted at least three journalists, one of whom couldn’t get up and had to be hospitalized. You can read what we told Chicago’s The Triibe about the Broadview attacks and New York’s amNY about the New York ones.
More importantly, you can tell your lawmakers to speak out against ICE’s abuses using our new, easy-to-use action center. Take action here.
Journalist Mario Guevara deported to El Salvador
After months of hard-fought battles in both the court of law and the court of public opinion, the Trump administration deported journalist Mario Guevara today. This case wasn’t about immigration paperwork — Guevara had a work permit, and the administration argued in court that Guevara’s reporting on protests posed a national security risk.
“The only thing that journalists like Guevara threaten is the government’s chokehold on information it doesn’t want the public to know. That’s why he’s being deported and why federal agents are assaulting and arresting journalists around the country,” FPF’s Seth Stern said after Guevara’s family announced his deportation.
Guilty of journalism in Kentucky
Student journalist Lucas Griffith was convicted of one count of failure to disperse and fined $50 plus court costs after a jury trial on Thursday.
That’s unconstitutional — even the U.S. Department of Justice recognizes journalists’ right to cover how law enforcement disperses protesters.
But it also shows what a giant waste of taxpayer funds it is to prosecute journalists for doing their jobs. Before the trial, we led a coalition letter from press freedom advocates and journalism professors objecting to the charges. Read it here.
FPF and 404 Media sue DHS
FPF and 404 Media filed a lawsuit against multiple parts of the U.S. government, including the Department of Homeland Security, demanding they hand over a copy of an agreement that shares the personal data of nearly 80 million Medicaid patients with ICE.
It’s just one of several recent lawsuits we’ve filed under the Freedom of Information Act. We also surpassed 200 FOIAs filed in 2025 this week. Subscribe to The Classifieds newsletter for more on our FOIA work.
FCC censorship moves from prime time to prison
Federal Communications Commission Chair Brendan Carr has taken a lot of heat for his “mafioso”-style extortion of ABC over Jimmy Kimmel’s show. But his latest censorship effort is even more dangerous. It could strip those inside America’s most secretive institutions — its prisons — of a tool that has proved extremely effective in exposing abuses.
We partnered with The Intercept to publish incarcerated journalist and FPF columnist Jeremy Busby’s response to the FCC’s efforts to allow prisons to “jam” cell phones. Busby used a contraband phone to expose and force reform of horrific conditions in Texas prisons during the pandemic. Read his article here.
Photography is not a hate crime
The arrest of Alexa Wilkinson on hate crime charges for photographing vandalism at The New York Times building has prompted hair splitting about whether they’re a journalist. It’s giving us flashbacks to the pointless obsession over whether Julian Assange was a journalist, and not whether his prosecution endangered press freedom.
Stern explains that regardless of how we categorize Wilkinson’s work, the charges set dangerous precedents that threaten the constitutional protections journalists depend on to do their jobs. Read more here.
What we’re reading
DC Circuit rejects Fox News reporter effort to duck subpoena over anonymous source (Courthouse News). “This decision does real damage to bedrock principles of press freedom, and we urge the Court of Appeals to re-hear this case with a full panel of judges,” FPF’s Trevor Timm said.
Can the US government ban apps that track ICE agents? (BBC). “That somebody might use the app to break the law doesn’t mean the app can be banned,” Stern told BBC. After the interview, news broke that the administration successfully pressured Apple to pull the app.
Reporter’s suit over access to Utah Capitol dismissed (U.S. Press Freedom Tracker). This dismissal is nonsense. FPF’s Caitlin Vogus explained why in the Salt Lake Tribune earlier this year.
Israel illegally boards humanitarian flotilla heading to Gaza (Dropsite). A U.S. journalist was on board. The U.S. Department of State should be all over this and it should be headline news. Neither is likely, because the government considers critics of Israel terrorists and the media often shuns reporters who oppose slaughtering their Palestinian colleagues.
FPF welcomes Adam Rose to bolster local advocacy
FPF is excited to welcome Adam Rose as the new deputy director of our advocacy team. Adam will primarily focus on protecting press freedom at the local level, where we have seen a sharp increase in arrests and assaults of journalists all around the country — many of which have not made national headlines.
Adam comes to FPF after serving as the chief operating officer of Starling Lab for Data Integrity and as the press rights chair of the Los Angeles Press Club, where he has been a tireless advocate for the press freedom rights of journalists in the LA area. He successfully lobbied for a California law that prohibits police from arresting or intentionally interfering with journalists as they cover protests. Most recently, as a plaintiff in multiple press freedom-related lawsuits, his efforts have resulted in landmark federal court orders against both the Department of Homeland Security and Los Angeles Police Department for violating the rights of the press. Read more here.
Gazzetta del Cadavere reshared this.
Nino Lisi, una vita per gli altri Città della Scienza. Napoli, 13 ottobre
@Giornalismo e disordine informativo
articolo21.org/2025/10/nino-li…
Nino Lisi, una vita per gli altri, Città della Scienza 13 ottobre 2025 dalle ore 15 alle 18.30, Sala Archimede, Via Coroglio, 57 Napoli Ore 15: Perché siamo
SEIETRENTA - La rassegna stampa di Chora Media: Pizzaballa: "Cercare segni di salvezza nella disumanità di Gaza" | VIVAVOCE
File multimediale: traffic.megaphone.fm/BCS808627…
Hanno la forza non hanno la ragione di Danilo de Biasio
Hanno la forza, non hanno la ragione
Su quanto è successo alla Global Sumud Flottilla e sui crimini di guerra che Israele continua a compiere a Gaza non servono molte parole, bastano due foto prese dai social in queste ore.Danilo De Biasio (Rights Now)
Goliarda Sapienza, L’Università di Rebibbia, Einaudi
@Giornalismo e disordine informativo
articolo21.org/2025/10/goliard…
Mai forse come in questo 2025 l’opera di Goliarda Sapienza ha avuto un’attenzione mediatica con la trasposizione in serie televisiva del romanzo “L’ arte della gioia” ( pubblicato in edizione integrale postumo da Einaudi
Journalist or not, photography isn’t a hate crime
The arrest of Alexa Wilkinson on felony hate crime charges for photographing vandalism at the New York Times building has prompted hairsplitting about whether they’re a journalist. The New York Times explained that Wilkinson’s “lawyers described them as a journalist, but did not name any publications for which Mx. Wilkinson works.”
Wilkinson certainly has a track record as a journalist. Whether the content they were charged for is journalism or PR is, I suppose, up for debate. But should we even bother debating it? Regardless of how we categorize Wilkinson’s work, the charges set dangerous precedents that threaten the constitutional protections journalists depend on to do their jobs.
As we all learned — or should have learned — from the Julian Assange prosecution, obsessing over whether a particular defendant meets someone’s arbitrary definition of journalism is a waste of time. What that case left us with at the end of the day is a Trump administration armed with a bipartisan consensus that routine journalistic acts, like talking to sources, obtaining government secrets, and publishing them, can be prosecuted as a felony under the Espionage Act. Those who change their tune when the next defendant is someone they like better than Assange will be easily discredited by their hypocrisy.
The same dangers apply when Wilkinson’s photography is treated as a hate crime. Wilkinson’s case stems from a July protest in which activists doused the Times headquarters in red paint and spray-painted “NYT lies, Gaza dies” on its windows. In addition to charging the vandals, New York prosecutors charged Wilkinson, who photographed the scene, with aggravated harassment as a hate crime.
New York authorities should be combating these cynical attempts to use antisemitism to justify authoritarianism. Instead, they’re fueling the trend.
But there was no hate crime. Vandalizing a building to protest perceived pro-Israel bias in news coverage is a political statement, not an antisemitic one. The vandalism may well be illegal, and we condemn it, as news outlets large and small are under increased threat in this charged political environment. We even documented the vandalism itself in our U.S. Press Freedom Tracker.
But labeling actions that criticize a newspaper’s editorial decisions as a hate crime conflates political views with bigotry. Many journalists object to Israel’s slaughter of their peers in Gaza — and the U.S. media’s relative silence about it — for reasons having nothing to do with anyone’s religion. And many Jews themselves oppose Israel’s actions in Gaza and object to coverage they view as excusing or normalizing Israel’s conduct.
I’m one of those Jews, and I think what’s antisemitic is to assume that we monolithically share the politics of Benjamin Netanyahu and his ilk, who I consider the worst thing to happen to Judaism since the 1940s. As the saying goes, one day everyone will have been against this. When that time comes, efforts to conflate anti-Israel or anti-genocide views with antisemitism will leave Jews holding the bag for Israel’s reprehensible actions, America’s role in supporting them, and whatever blowback follows. That’s when the real antisemitism will start.
New York authorities should be combating these cynical attempts to use antisemitism to justify authoritarianism. Instead, they’re fueling the trend. Wilkinson’s case, in a blue state, legitimizes the Trump administration’s un-American actions, like its efforts to deport Mahmoud Khalil over his criticisms of Israel and Rümeysa Öztürk for co-writing an op-ed arguing for boycotts of Israeli products. The administration baselessly argues that their constitutionally protected speech constitutes support for Hamas and threatens national security. And several Republican attorneys general have floated the idea that reporting critical of Israel could be punished as support for terrorism. Wilkinson’s case only gives cover to those advancing these absurd arguments.
Israel showed us exactly where conflating speech with violence leads. Last month, Israel killed 31 journalists in airstrikes on newspaper offices in Yemen — the deadliest single attack on the press in 16 years, according to the Committee to Protect Journalists. Israel has justified the strikes by characterizing the targeted outlets as publishing “terrorist” propaganda.
Should we debate whether those massacred in Yemen (or Gaza) followed the Associated Press Stylebook or strictly adhered to journalistic codes of ethics? Or should we just acknowledge that militaries shouldn’t blow people to bits over what they say and write, regardless of whether it’s bad journalism or even propaganda?
Even setting aside the hate crime charge, Wilkinson’s case has broader implications for the press that don’t hinge on whether they’re a card-carrying member. The complaint against Wilkinson reportedly emphasizes not just the photographs they took but also social media posts criticizing Times staff and alleged foreknowledge of the vandalism. This suggests prosecutors view Wilkinson as complicit because of proximity or sympathy to those who committed it and awareness of their plans.
But objectivity is not a precondition for constitutional protection. It’s a relatively recently developed journalistic norm — with its share of critics — that would have been seen as ridiculous when the First Amendment was written.
Should we debate whether those massacred in Yemen (or Gaza)...adhered to journalistic codes of ethics? Or should we just acknowledge that militaries shouldn’t blow people to bits over what they write?
As for embedding and foreknowledge, journalists routinely embed with groups whose members commit illegal acts. For example, the Israeli army, which, according to the United Nations, is committing genocide. Domestically, police reporters ride along with officers who may use excessive force. Investigative journalists cultivate sources involved in criminal activity. If foreknowledge of illegal acts or presence when they occur makes one legally complicit, journalism as we know it becomes impossible.
And for those concerned about journalistic ethics and objectivity, what impact do you think it’ll have if reporters are allowed to embed with government-approved lawbreakers, like soldiers and police, but not dissidents? Will that result in “fair and balanced” coverage?
Your opinion about Wilkinson’s work won’t change the trajectory of our democracy. But prosecutors in America’s biggest city validating the Trump administration’s criminalization of dissent very well might. Every journalist — and everyone who depends on journalism to hold power to account — should be alarmed.
The Christian Hedges report, del 3/10/2025
The National Press Club of Australia, caving to the Israeli lobby, Cancels My Talk on Our Betrayal of Palestinian Journalists
The National Press Club of Australia cancelled my talk on how the media, by amplifying Israeli lies, have betrayed Palestinian journalists, 278 of whom have been assassinated by Israel.Chris Hedges (The Chris Hedges Report)
radioradio.it/2025/10/putin-de…
Ora è ufficiale: il governo Meloni è stato denunciato alla Corte penale internazionale per complicità in genocidio.
Non è uno slogan né un titolo di giornale, ma un atto formale. Secondo quanto depositato dall’avvocato Fabio Marcelli, dirigente del Cnr – Istituto di studi giuridici internazionali, il governo italiano è stato denunciato davanti alla Corte Penale Internazionale dell’Aja per presunta complicità nel genocidio in corso a Gaza.
L’esposto, stando a quanto reso pubblico, cita direttamente i nomi della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, del ministro degli Esteri Antonio Tajani, del ministro della Difesa Guido Crosetto e dell’amministratore delegato di Leonardo, Roberto Cingolani. Nell’atto si sostiene che, mentre nella Striscia di Gaza la Commissione internazionale d’inchiesta dell’ONU parla di “genocidio”, l’Italia avrebbe continuato a intrattenere rapporti politici e commerciali con il governo di Benjamin Netanyahu, fornendo di fatto un sostegno indiretto alla prosecuzione delle ostilità.
La denuncia non proviene da un partito o da un gruppo politico, ma da un giurista di lungo corso. Marcelli, nella sua nota, spiega che l’obiettivo è chiamare a rispondere non solo chi compie materialmente i crimini, ma anche chi – secondo la legge internazionale e la legge italiana sul genocidio del 1967 – li favorisce, li sostiene o non interviene per impedirli.
Se la Corte dell’Aja valuterà ammissibile il fascicolo, l’Italia sarà chiamata a fornire spiegazioni. In ogni caso, questo atto resterà come documento storico: nel pieno della devastazione di Gaza, c’è chi ha chiesto formalmente di verificare le responsabilità anche del governo italiano.
La Storia, quando verrà scritta, non dimenticherà questi passaggi. E allora resterà anche questo: che l’Italia, sotto il governo Meloni, è stata chiamata in giudizio per non aver fatto abbastanza per fermare la tragedia palestinese.
Paolo Consiglio
Fonti principali:
– Adnkronos – Denuncia alla Corte Penale Internazionale contro esponenti del governo italiano (settembre 2025).
– Il Fatto Quotidiano – Fabio Marcelli deposita esposto per complicità in genocidio (settembre 2025).
– Commissione internazionale d’inchiesta ONU – Rapporto 2025 su Gaza.
Nota editoriale
Questo articolo rappresenta un’opinione critica e argomentata, fondata su fonti giornalistiche e istituzionali. Le dichiarazioni e i nomi citati sono riportati esclusivamente come contenuto dell’esposto depositato alla CPI e non come accuse formulate dall’autore. Ogni riflessione si colloca nell’ambito della libertà di stampa e di pensiero, principi essenziali in una società democratica.
FREE ASSANGE Italia
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cdt.ch/news/ticino/in-piazza-p… (ah! hanno cambiato l'articolo nel frattempo - stamattina c'era scritto diverse centinaia di persone)
#blocchiamotutto #Lugano #globalsumudflotilla #manifestazione #gaza #palestinalibera
In piazza per la Flotilla: un migliaio di manifestanti e disagi al traffico a Lugano
Da piazza Dante allo svincolo autostradale, tante persone hanno partecipato al corteo scandendo slogan a sostegno della Global Sumud Flotilla - Traffico bloccato in entrata e uscita a causa di un'ora di sit-in ai semafori di Lugano Sud - FOTO E VIDEOValentina Coda (Corriere del Ticino)
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Anche i detenuti di Bologna hanno scioperato
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Trump reclama poteri speciali per attaccare i Narcos. Cosa sta succedendo
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Gli Stati Uniti sono in guerra. O, almeno, così vuole Donald Trump. Come riporta l’Associated Press, internamente all’amministrazione americana sta circolando un memo che dichiara gli Usa in uno stato di “conflitto armato non internazionale” con i cartelli dei narcotrafficanti caraibici, ora
Siamo ancora a Gaza
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dopo l’uscita della notizia che abbiamo lasciato Gaza City molti amici mi hanno scritto sconsolati: “Se anche voi lasciate Gaza non c’è più speranza per la popolazione.” È vero che abbiamo chiuso le nostre attività a Gaza City perché lì non potevamo più garantire la sicurezza del nostro staff, ma non abbiamo
manif
È stato bello ieri sera. La #manifestazione spontanea, organizzata in poche ore.
Dopo il lavoro sono corsa a casa a prendere la mia kefiah e la bandiera, poi un’altra corsa per prendere il treno e arrivare a #Lugano in tempo!
Ho rivisto tante belle persone e una delle mie sorelle. Alcune persone erano lì con i figli, che tenevano orgogliosamente dei cartelloni con le angurie disegnate. Belli ❤
Poi un mio conoscente, regista, vedendomi tra la folla, mi ha chiesto una testimonianza per il documentario che sta producendo. Mi ha detto: “Come ti senti dopo quello che è successo ieri sera alla #SumudFlotilla?” Io ho risposto: “Affranta.” E pronunciando quella parola, sono scese lacrime incontrollate. Ho pianto perché ci speravo davvero che almeno una barca della flotilla arrivasse a Gaza. Lo so che era impossibile, ma io ci speravo lo stesso.
Ma anche perché sento troppa indifferenza intorno a me, anche tra le persone che amo. Al lavoro, c’è troppa gente fascista e non voglio interagire con loro. Gli altri amici, conoscenti, colleghi di volontariato ecc. fanno finta di niente. Palestina/Gaza = taboo.
Questo mi fa soffrire moltissimo.
Ora dovrei terminare, cioè iniziare, i compiti per la lezione di domani.. ma non riesco a concentrami
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Difesa, i 12 miliardi vanno trasformati in sicurezza per i cittadini. Intervista a Minardo
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Nel documento programmatico di finanza pubblica il governo ha inserito la proposta di destinare circa 12 miliardi di euro aggiuntivi alla Difesa entro il 2028, una scelta legata sia agli impegni assunti in sede Nato sia alla necessità di
Abolition and Alternatives Conference (AAC) Starts Today
We are proud to sponsor The Abolition and Alternatives Conference (AAC) that starts today, October 3rd, and ends on the 5th. The conference is organized and hosted by The Black Response at their offices at 245 Main Street, Cambridge, MA, 02142 on Friday and Saturday. On Sunday, it will be at The Foundry – 101 Roger Street Cambridge, MA – Kendall Square. The conference schedule is available.
We encourage all Pirates to attend and support this conference, especially, but not exclusively, the ShotSpotter and Police Surveillance track. If you can not attend, or even if you can, please consider giving a donation to The Black Response or print out their poster and put it up in your neighborhood. See you next week!
Details on the conference are reproduced below. Edits are only for clarity:
This free, in-person event will bring together community members, organizers, and advocates for a weekend of in-depth learning and discussion focused on alternative public safety and community care, housing justice, and the impacts of surveillance technologies like ShotSpotter. It will include keynote addresses from Fatema Ahmad (Muslim Justice League), Stephanie Guirand (The Black Response), and Spencer Piston (Boston University).
Food will be provided, childcare will be available, and we encourage attendees to share any additional access needs via the conference interest form. TBR will be reaching out to invite participation as speakers and facilitators. For questions, please contact Stephanie at general@theblackresponsecambridge.com.
Throughout the conference, participants will have the opportunity to choose from panels in four tracks:
Housing Justice
This track features panels led by the Cambridge Housing Justice Coalition (CHJC). CHJC is a coalition of activist groups and concerned Cambridge residents who believe housing is a basic human right. The panels and workshops on this track will focus on housing justice and its intersections with the prison industrial complex.
ShotSpotter and Police Surveillance
This track will be led by the #StopShotSpotter Coalition Camberville. In this track, coalition members will provide an introduction to ShotSpotter, the audio-surveillance technology. We will examine its impact in Cambridge, the national landscape, and broader conversations about surveillance tech.
Alternatives and Community Care
This track will be led by members of the Massachusetts Community Care Network (MCCN). This track will include panels of responders, program directors, and organizers working to make alternatives to policing real. It includes a panel on the movement with Daanika Gordon, Spencer Piston, and Minali Aggarwal.
Community Concerns (Anti-Racism, Immigration Justice, Justice for Palestine, and Black Lives Matter)
This track will discuss concerns that come directly from the communities we serve and work with. These concerns also intersect with the movement for abolition and alternatives. They include Justice for Palestine, Immigration Justice, and Anti-Racism. In this tract we intend to learn from organizers leading these movements in Massachusetts.
L’aumento delle spese militari finanzi una difesa europea sovranazionale. Parla Borghi
@Notizie dall'Italia e dal mondo
In data odierna, il governo ha trasmesso alle Camere il Documento programmatico di finanza pubblica (Dpfp), all’interno del quale è contemplato un aumento delle spese militari di circa 12 miliardi di euro entro i prossimi tre anni. Il tema è tra i
𝓑𝓻𝓸𝓷𝓼𝓸𝓷 🐐
in reply to simona • • •Detto questo, vedere Elly Schlein abbracciare i parlamentari che hanno partecipato alla missione è fastidioso, perché è la sinistra che lei rappresenta, con le sue divisioni sulla base del sesso degli angeli, la principale responsabile della situazione attuale.