lasciate che le figuracce vengano a me
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Sono andato a scuola scalzo nessuno mi aveva detto dei compiti da fare a casa e non avevo neppure una scusa, alla lavagna non sapevo co...ordinariafollia
Famiglia nel bosco, Nordio: "Se profili disciplinari interverrò". Avvocato rimette mandato
Leggi su Sky TG24 l'articolo Famiglia nel bosco, Nordio: 'Se profili disciplinari interverrò'. Avvocato rimette mandatoRedazione Sky TG24 (Sky TG24)
Simulazioni di Phishing: 5 consigli per evitare falsi positivi dal CERT-AgID
Sempre più amministrazioni avviano simulazioni di campagne di phishing per misurare la capacità dei propri dipendenti di riconoscere i messaggi sospetti. Quando queste attività coinvolgono strutture pubbliche, può succedere che i messaggi vengano inopportunamente segnalati ai CERT istituzionali come se fossero illecite.
Senza qualche accorgimento tecnico per evidenziare la natura simulata dell’attività, la campagna può essere interpretata come un’operazione malevola vera e propria, con il rischio che anche i CERT censiscano gli indicatori della simulazione nelle blacklist operative.
Il CERT-AgID, propone dei suggerimenti che derivano dall’esperienza in materia maturata sul campo.
Non si tratta di regole rigide, ma di accorgimenti utili per un miglior esito di una simulazione e la minimizzazione del rischio di classificare come ostile qualcosa che non lo è, permettendo ai CERT di concentrarsi sulle minacce reali.
1. Inserire un commento nel codice HTML della pagina
Aggiungere un breve commento nel codice HTML, visibile solo a chi lo ispeziona, aiuta chi analizza la pagina a capire che si tratta di un test legittimo. È una piccola forma di trasparenza tecnica che permette di evitare fraintendimenti, un segnale discreto che mette in allerta l’analista e lo spinge ad approfondire una eventuale segnalazione prima di classificare la pagina come minaccia.
2. Lasciare visibili le informazioni del WHOIS
Non oscurare il WHOIS del dominio usato per la campagna. Vedere subito il nome della società o dell’ente che conduce la simulazione riduce il rischio che il dominio o l’IP vengano scambiati per un’infrastruttura malevola.
3. Informare preventivamente i CERT istituzionali
Una comunicazione essenziale ai CERT istiuzionali che probabilmente potrebbero essere allertati aiuta a evitare segnalazioni di falsi positivi. Possono bastare poche informazioni come:
- domini e IP utilizzati (opzionalmente il numero di telefono in caso di smishing)
- periodo previsto della simulazione
- eventuale tipo di target
Non serve descrivere nei dettagli lo scenario, ma solo poche ed essenziali informazioni sono sufficienti permettere ai CERT di riconoscere i relativi indicatori.
4. Usare un file security.txt sul dominio
Avere un file security.txt (vedere in proposito RFC 9116) disponibile sul dominio della simulazione permette agli analisti di verificare subito se esiste un contatto a cui chiedere conferma. Un riferimento operativo chiaro accelera la gestione dei dubbi e riduce il rischio di trattare la simulazione come un incidente reale.
5. Informare l’utente dopo l’inserimento delle credenziali
Dopo che l’utente inserisce le credenziali o avvia un download, si può scegliere di mostrare subito una pagina che chiarisce che si tratta di una simulazione. Questa soluzione evita preoccupazioni inutili e favorisce la consapevolezza. In altri casi si può decidere di informare l’utente in un secondo momento, anche in funzione dell’approccio scelto dalla società o dall’ente che conduce la simulazione.
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WormGPT e KawaiiGPT Migliorano! Le “AI del male” sono un’arma per i cybercriminali
I criminali informatici non hanno più bisogno di convincere ChatGPT o Claude Code a scrivere malware o script per il furto di dati. Esiste già un’intera classe di modelli linguistici specializzati, progettati specificamente per gli attacchi.
Uno di questi sistemi è WormGPT 4, che si pubblicizza come “la chiave per un’intelligenza artificiale senza confini“. Porta avanti l’eredità del modello WormGPT originale, emerso nel 2023 e successivamente scomparso a causa dell’ascesa di altri LLM “tossici“, come evidenziato nello studio Abnormal Security .
Secondo gli esperti di Unit 42 presso Palo Alto Networks, le vendite di WormGPT 4 sono iniziate intorno al 27 settembre, con annunci pubblicitari apparsi su Telegram e forum underground come DarknetArmy.
Prezzi delle licenze di utilizzo di WormGPT (Fonte Paloalto)
Secondo il loro rapporto, l’accesso al modello parte da 50 dollari al mese, mentre un abbonamento a vita con il codice sorgente costa 220 dollari.
Il canale Telegram di WormGPT conta attualmente diverse centinaia di iscritti e l’analisi di Unit 42 dimostra che questo modello commerciale senza restrizioni può fare molto di più che semplicemente aiutare a scrivere e-mail di phishing o singoli malware.
Nello specifico, i ricercatori hanno chiesto a WormGPT 4 di creare un ransomware, uno script che crittografa e blocca tutti i file PDF su un host Windows. Il modello ha prodotto uno script PowerShell pronto all’uso, con una nota che lo descrive come “veloce, silenzioso e brutale”. Il codice includeva parametri per la selezione di estensioni e ambiti di ricerca predefiniti sull’intera unità C:, la generazione di un messaggio di riscatto con una scadenza di 72 ore e la possibilità di divulgare dati tramite Tor.
L’Unità 42 sottolinea che nemmeno questa “IA per il male” riesce ancora a trasformare gli attacchi in una pipeline completamente automatizzata. Secondo Kyle Wilhout, responsabile della ricerca sulle minacce presso Palo Alto Networks, il codice generato dal software potrebbe teoricamente essere utilizzato in attacchi reali, ma nella maggior parte dei casi richiede modifiche manuali per evitare di essere bloccato immediatamente dagli strumenti di sicurezza standard.
Un altro esempio di tale strumento è KawaiiGPT, che ha attirato l’attenzione dei ricercatori di sicurezza informatica nell’estate del 2025. I suoi creatori pubblicizzano il modello come una “sadica trovatella per la cyberpenetrazione “ e promettono “dove la tenerezza incontra le armi informatiche offensive”. A differenza di WormGPT, KawaiiGPT è distribuito gratuitamente e disponibile su GitHub, riducendo ulteriormente la barriera d’ingresso per gli aggressori alle prime armi.
Home page di KawaiiGPT (Fonte Paloalto)
In un esperimento, l’Unità 42 ha chiesto a KawaiiGPT di creare un’e-mail di spear phishing che fingeva di provenire da una banca con oggetto “Urgente: verifica le informazioni del tuo conto”. Il modello ha generato un’e-mail convincente che portava a una falsa pagina di verifica in cui si voleva rubare il numero di carta della vittima, la data di nascita e le credenziali di accesso.
I ricercatori non si sono fermati qui e sono passati ad attività più tecniche. In risposta alla richiesta di “scrivere uno script Python per il movimento laterale su un host Linux”, KawaiiGPT ha restituito il codice utilizzando il modulo SSH paramiko. Uno script di questo tipo non offre funzionalità fondamentalmente nuove, ma automatizza un passaggio fondamentale in quasi tutti gli attacchi riusciti: penetrare nei sistemi adiacenti come utente legittimo con accesso alla shell remota, la possibilità di aumentare i privilegi, condurre ricognizioni, installare backdoor e raccogliere file sensibili.
In un altro test, il modello ha generato uno script Python per l’esfiltrazione di dati, in particolare file di posta elettronica EML su un host Windows. Lo script ha trovato i file richiesti e li ha inviati all’indirizzo dell’aggressore come allegati.
Secondo Unit 42, il vero pericolo di WormGPT 4, KawaiiGPT e simili LLM “oscuri” è che riducono significativamente la barriera d’ingresso nel cybercrimesemplificando la generazione di codice dannoso di base, e-mail di phishing e singole fasi di attacco. Tali strumenti possono già fungere da elementi costitutivi per campagne più sofisticate basate sull’intelligenza artificiale e, secondo i ricercatori, gli elementi di automazione discussi nel rapporto sono già utilizzati in attacchi reali.
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L’Europa si ribella: “Basta Microsoft”. Il Parlamento punta alla sovranità tecnologica
Un gruppo di membri del Parlamento europeo hanno chiesto di abbandonare l’uso interno dei prodotti Microsoft e di passare a soluzioni europee.
La loro iniziativa nasce dalle crescenti preoccupazioni circa la dipendenza delle infrastrutture chiave dalle grandi aziende americane e i potenziali rischi per la sicurezza digitale dell’UE. Gli autori dell’appello ritengono che le istituzioni europee debbano dare l’esempio di indipendenza tecnologica e guidare la transizione verso le proprie piattaforme.
Il documento, che sarà consegnato alla Presidente del Parlamento europeo, Roberta Metzola, elenca 38 firmatari di diversi gruppi politici. Insistono sulla necessità di eliminare gradualmente non solo il software Microsoft, ma anche l’hardware di Dell, HP e LG, utilizzato nei sistemi informatici dell’Istituto.
Ritengono che il Parlamento disponga di risorse sufficienti per diventare la forza trainante di un’iniziativa più ampia volta a rafforzare la sovranità tecnologica . Gli autori della lettera sottolineano che, in un contesto di turbolenza geopolitica, le aziende tecnologiche possono diventare strumenti di pressione esterna, mentre una quota significativa delle spese di bilancio continua a essere destinata a fornitori esteri.
La petizione elenca i servizi europei che, secondo i parlamentari, sono in grado di sostituire le soluzioni attualmente in uso. Tra questi, il browser norvegese Vivaldi, il motore di ricerca francese Qwant, il servizio di posta elettronica svizzero Proton e la piattaforma di collaborazione tedesca Nextcloud.
I firmatari sottolineano che uno dei passi a medio termine dovrebbe essere la completa cessazione dell’utilizzo dei prodotti Microsoft, incluso il sistema operativo Windows. A sostegno della loro posizione, citano la Corte penale internazionale, che ha recentemente vietato i servizi dell’azienda a causa delle preoccupazioni relative alle sanzioni statunitensi .
La lettera è firmata da rappresentanti di diverse correnti: Aura Salla e Mikka Aaltola del gruppo di centro-destra del PPE, Birgit Sippel e Raphaël Glucksmann dei Socialdemocratici, Stéphanie Jon-Curten e Marie-Agnes Strack-Zimmermann di Renew Europe, Alexandra Giese e Kim van Sparrentak dei Verdi, e Leila Schaibi e Merja Kyllonen di La Sinistra.
Gli autori della lettera propongono di creare un gruppo di lavoro composto da parlamentari e personale parlamentare che organizzi e supervisioni la transizione alle tecnologie europee.
L’appello traccia anche un parallelo con la flotta di veicoli del Parlamento europeo, composta quasi interamente da marchi europei. I firmatari ritengono che questo approccio possa essere esteso anche alle apparecchiature informatiche. Sono fiduciosi che, con sufficiente volontà politica, l’istituto sarà in grado di raggiungere l’indipendenza dalla tecnologia straniera entro la fine del suo attuale mandato.
L’iniziativa è stata coordinata dall’eurodeputato centrista austriaco Helmut Brandstätter. Egli osserva che l’infrastruttura del Parlamento europeo si basa attualmente su software stranieri, che potrebbero teoricamente essere disattivati, monitorati o utilizzati per scopi politici. Sostiene che non si tratta di ostilità nei confronti degli Stati Uniti, ma della necessità di rafforzare la sovranità europea.
Microsoft ha risposto affermando di offrire la più ampia gamma di soluzioni incentrate sulla fornitura di capacità di controllo digitale e di gestione dei dati all’interno delle organizzazioni europee e di voler continuare a lavorare per espandere tali servizi.
Da tenere in considerazione che molte attività di sospensione delle tecnologie di Microsoft sono nate a valle dei fatti di cronaca emersi quando l’azienda ha bloccato l’accesso a determinati servizi Azure per il Ministero della Difesa israeliano, dopo le rivelazioni secondo cui tali infrastrutture venivano utilizzate per operazioni di sorveglianza di massa in Cisgiordania e Gaza.
La decisione è arrivata in seguito a un articolo del The Guardian, che accusava l’Unità 8200 di sfruttare la tecnologia Microsoft per elaborare e archiviare milioni di telefonate all’ora, spingendo Brad Smith a rilasciare una dichiarazione pubblica per chiarire la posizione dell’azienda.
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Shakerati Anonimi: la storia di Marco e il “prezzo” della Fiducia
Ciao a tutti… mi chiamo Marco, ho 37 anni e lavoro come impiegata amministrativa in uno studio commerciale. È la prima volta che parlo davanti a tutti voi e sono un pò emozionato … e vi assicuro che non è semplice. Ma dopo quello che ho passato, ho capito che tacere non porta da nessuna parte, mentre condividere può salvare qualcun altro dal mio stesso problema.
Mi sono sempre considerato una persona prudente: pago tutto con la carta, controllo gli estratti conto, tengo d’occhio le email sospette, e quando non capisco qualcosa… chiedo.
Eppure, qualche mese fa, tra lavoro, stress, bollette e un po’ di solitudine, ho abbassato la guardia. E qualcuno mi ha colpito proprio nel momento perfetto e ho perso 15.000 euro.
L’inizio di tutto
Tutto è cominciato con una pubblicità su un social: “Guadagna completando semplici task online – zero rischi, solo profitto”.
Non era la prima volta che vedevo annunci simili, ma quella piattaforma sembrava più professionale, con grafici, recensioni e perfino assistenza live.
Quindi ci penso, ma istintivamente compilo il modulo.
Dopo dieci minuti mi chiama un tizio con una voce rassicurante, educatissima.
Mi spiega che posso iniziare subito con un piccolo versamento: 250 euro.
Li invio.
Nel giro di qualche giorno il “portafoglio” mostrava già +12% di profitto.
Io non ci credevo: “Allora funziona davvero!”.
La spirale
Da lì è iniziata la pressione: task da completare, versamenti sempre più grandi, piccole “missioni” da finire per avere accesso ai bonus.
Ma ogni volta che provavo a prelevare, compariva un messaggio: “Errore. Attendi l’approvazione dell’operatore.”
Oppure: “Prelievo bloccato: è necessario completare un nuovo task.”
Pensavo che era un problema momentaneo.
Nel frattempo, i grafici del mio wallet salivano, salivano tanto… sembravo diventare ricco senza muovere un dito. Ma io quei soldi non li vedevo mai davvero.
Il problema più grande
Per continuare, a un certo punto non avevo più soldi miei.
Così ho usato la carta di credito di mio padre che mi aveva affidato “solo per le emergenze”. La carta era sempre con me, lui non ha mai fatto controlli ossessivi, e io mi illudevo che presto gli avrei rimesso tutto, anzi, forse avrei anche potuto fare una sorpresa alla famiglia.
Ho nascosto questa cosa a tutti. Per lunghi ed interminabili mesi… che stupido che sono stato!
Il colpo di scena
Un giorno, finalmente, decido di fare un prelievo importante: 5.000 euro dal mio “profitto”. Il portale si blocca. L’assistenza mi scrive: “Contatto in arrivo dal nostro reparto sicurezza.”
Mi chiama una signora, molto gentile. Mi dice che vedono un’anomalia sul mio profilo, che qualcuno potrebbe aver tentato accessi non autorizzati e che devono verificare la proprietà del wallet.
Mi chiede il numero della carta che ho utilizzato per i depositi, per “confermare l’identità”.
Gliela do.
A quel punto mi dicono: “La procedura richiede un’ultima transazione di validazione. Poi i fondi saranno sbloccati.” Dopo cinque minuti, vedo l’addebito: 3.000 euro.
Mi precipito a ricaricare la pagina.
Il portafoglio è sparito.
La piattaforma non esiste più.
La chat non risponde.
Il numero è irraggiungibile.
Ed ecco il colpo di scena: mio padre mi chiama chiedendo perché aveva ricevuto una notifica di sicurezza dalla banca per “attività sospette” sulla carta.
Lui non ne sapeva nulla, era caduto dalle nuvole.
La bugia e la truffa sono esplose insieme.
È lì che ho capito veramente che non solo avevo perso i miei soldi… avevo messo nei guai anche mio padre.
Quando mi sono presentato alla polizia postale, avevo il cuore a pezzi.
Non tanto per il denaro perso, ma per la vergogna. Credevo mi avrebbero giudicata come un cretino, invece mi sono sentita dire che casi come il mio arrivano ogni giorno: persone preparate, intelligenti, attente… tutte ingannate da manipolazioni psicologiche studiate al millimetro. È stato il primo momento in cui mi sono sentito meno solo ed ecco perché ho poi accettato di venire qua da voi a condividere la mia storia.
Da lì ho iniziato a leggere, informarmi, capire come funzionano queste finte piattaforme di investimento.
Ho scoperto, troppo tardi, che tutto ciò che vedevo, dai grafici ai profitti, era generato da un software truccato. Nulla era reale. Ogni messaggio, ogni telefonata, ogni “errore di prelievo” era parte di un piano preciso. E più leggevo, più mi chiedevo una sola cosa: come ho potuto cascarci?
Poi ho capito tristemente una cosa: non cadi perché sei stupido. Cadi perché sei un essere umano.
Lesson Learned – Cosa abbiamo imparato
- Le piattaforme che mostrano profitti immediati e garantiti sono una trappola al 100%.
- Se non puoi prelevare in qualunque momento, non è un investimento ma una truffa.
- I truffatori giocano su psicologia, pressione, premi, urgenza e senso di colpa.
- Utilizzare carte intestate ad altri (anche familiari) mette tutti a rischio e complica enormemente la situazione.
- Non denunciare subito peggiora i danni: i truffatori contano proprio sul silenzio.
- Condividere le tue esperienze digitali con i familiari aiuta ad uscirne fuori in fretta. Fallo!
Come prevedere (ed evitare) tutto questo
- Diffidare di ogni proposta che promette guadagni rapidi e “senza rischio”.
- Controllare sempre se una piattaforma finanziaria è autorizzata da CONSOB.
- Verificare i siti su portali come Whois, Scamadviser, Google Safe Browsing.
- Non credere ai grafici che “crescono”: sono completamente falsificabili.
- Non condividere codici, carte, screenshot o accessi con nessuno, mai.
- E soprattutto: se qualcosa ti fa sentire in ansia o sotto pressione, è quasi sempre una truffa.
Genesi dell’articolo
L’articolo è stato ispirato da una truffa reale, condivisa da un utente su Reddit.
A questa persona va tutto il nostro conforto: il suo coraggio nel raccontare ciò che ha vissuto permette ad altri di riconoscere i segnali, proteggersi e imparare dall’esperienza che ha affrontato.
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Gli USA puntano tutto sulla “scienza automatica”. Al via la Missione Genesis: più AI e meno persone
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha firmato un ordine esecutivo, “Launching the Genesis Mission”, che avvia un programma nazionale per l’utilizzo dell’intelligenza artificiale nella scienza. Il documento è stato pubblicato sul sito web della Casa Bianca.
Il preambolo paragona l’iniziativa al Progetto Manhattan per portata e urgenza e promette “una nuova era di scoperte scientifiche accelerate dall’intelligenza artificiale”. Secondo Politico, il consigliere scientifico presidenziale Michael Kratsios definisce la Missione Genesis “la più grande mobilitazione di risorse scientifiche federali dai tempi del programma Apollo“.
Il Segretario all’Energia degli Stati Uniti, Chris Wright, un imprenditore che ha fatto fortuna con il fracking, è stato incaricato di coordinare il programma. L’ordinanza impone al Dipartimento dell’Energia di mettere in comune i dati scientifici provenienti dall’agenzia e da altre agenzie federali e, sulla base di questi, creare modelli di base scientifici e sistemi di intelligenza artificiale per automatizzare gli esperimenti e analizzare i dati.
A tal fine, la Missione Genesis implementerà la Piattaforma Americana per la Scienza e la Sicurezza, che utilizza supercomputer di laboratorio nazionali e ambienti cloud sicuri. Il documento affronta esplicitamente compiti come la progettazione sperimentale automatizzata, la modellazione accelerata e l’uso dell’intelligenza artificiale per le previsioni in campi che vanno dalla fusione nucleare alla scienza dei materiali e alla microelettronica.
Il decreto descrive in dettaglio le attività per il prossimo anno. Entro 60 giorni, il Ministero dell’Energia deve presentare un elenco di almeno 20 compiti scientifici e tecnologici chiave di rilevanza nazionale. Dopo 90 giorni, l’agenzia è tenuta a preparare un inventario delle risorse informatiche disponibili e, dopo altri 120 giorni, a definire una serie di set di dati e modelli iniziali e un piano per collegare i dati provenienti da altre agenzie e università.
Entro 240 giorni, deve essere valutato il potenziale dei “laboratori robotici” e, dopo 270 giorni, deve essere presentato il primo caso dimostrativo della piattaforma. Dopo un anno, e successivamente ogni anno, il Ministero riferirà sullo stato di avanzamento e sui risultati della piattaforma.
La Missione Genesis si basa su una serie di ordini esecutivi esistenti relativi all’IA, che l’amministrazione Trump ha compilato su un portale governativo separato, AI.gov.
Elenca documenti che includono ordini che incoraggiano l’esportazione di stack tecnologici di IA americani e impediscono l’adozione di una “IA woke” all’interno delle agenzie federali. La nuova iniziativa si posiziona come un livello più ambizioso e integrato, progettato per collegare l’IA alla ricerca fondamentale.
Allo stesso tempo, sottolineano i critici, l’amministrazione sta attuando tagli massicci ai finanziamenti scientifici tradizionali. Secondo PBS , la Corte Suprema degli Stati Uniti ha autorizzato un taglio di circa 783 milioni di dollari al bilancio della ricerca sanitaria.
Una serie separata di tagli ha interessato la climatologia. Il MIT Technology Review ha segnalato la chiusura di oltre un centinaio di studi sul clima finanziati dalla National Science Foundation; questa valutazione è supportata anche da revisioni e riassunti del settore, come Free Government Information e Nature.
Secondo il Sabin Center for Climate Change Law della Columbia University, l’amministrazione ha inoltre tagliato quasi 100 milioni di dollari di finanziamenti per il settore della ricerca meteorologica, oceanica e climatica della NOAA.
Sullo sfondo di queste decisioni, negli Stati Uniti è in corso una battaglia sui programmi universitari per la diversità e l’inclusione. Secondo il Guardian il Dipartimento di Stato prevede di escludere 38 università dal partenariato di ricerca Diplomacy Lab a causa dell’utilizzo di approcci DEI nelle loro politiche del personale.
In definitiva, la Missione Genesis viene lanciata sia come progetto tecnologico su larga scala sia come mossa politicamente controversa. I sostenitori sperano che la piattaforma di intelligenza artificiale del governo acceleri davvero le scoperte fondamentali e aumenti il ritorno sugli investimenti federali nella scienza. Gli scettici sottolineano che il decreto sottolinea ripetutamente la sua dipendenza dai bilanci esistenti e la frase “soggetto a disponibilità di stanziamenti“.
Sullo sfondo dei tagli ai programmi di ricerca tradizionali, affidarsi alla “scienza automatizzata” appare rischioso. Il vero impatto dell’iniziativa sarà chiaro solo dai rapporti iniziali del Dipartimento dell’Energia e dai progetti concreti che possono essere realizzati su questa piattaforma.
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EU-Rat einigt sich zur Chatkontrolle: Schlimmster Giftzahn gezogen, aber weiterhin gefährlich
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Cosa insegnano le rivelazioni sui colloqui tra Pechino e Washington sull’Ucraina
Una cosa è ritenere che l’amministrazione statunitense faccia il gioco della Russia, un’altra è vederlo scritto nero su bianco. LeggiPierre Haski (Internazionale)
Uganda: il land grabbing è una nuova minaccia per i pastori della Karamoja
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Indice Il land grabbing è oggi una delle minacce principali per le comunità di pastori seminomadi della Karamoja, regione nel nord-est dell’Uganda. Se fino a oggi i conflitti interni alla regione erano principalmente legati a razzie di bestiame e scontri armati, oggi lo
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Deficienze artificiali. Ecco come le forze armate cinesi si addestrano ad ingannare l’IA
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Il canestro più bello, Acilia regina del basket senza barriere
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Il rumore della carta
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1 dicembre 2025, ore 14:00 presso la Fondazione Bruno Kessler di Treno Il ricercatore della Fondazione Luigi Einaudi, Vittorio Lorenzo Tumeo, dottorando dell’Università di Messina in Storia delle Istituzioni, prenderà parte al convegno “Il rumore della carta. Dialoghi interdisciplinari sui fondi di persona in biblioteca e in archivio” con una relazione dal
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i lettori di Oggettistica non sanno trattenere la gioia: mobilizon.it/events/48fe58dd-a…
chi vuole, chi può, si unisca ai lettori di Oggettistica questo sabato, a Roma, alle 17:30 presso la Biblioteca Pagliarani in via M. Bragadin 122b.
29 novembre: OGGETTISTICA, di Marco Giovenale, allo Spazio Pagliarani, con Massimiliano Manganelli
A Roma, sabato 29 novembre, alle ore 17:30, presso la Biblioteca Pagliarani (via M. Bragadin 122 b) presentazione del libro di prose in prosa di Marco Giovenale OGGETTISTICA (Tic Edizioni) letture dell'autore e interventi critici di Massimiliano M…mobilizon.it
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Perché è così difficile fermare i deepnude
@Informatica (Italy e non Italy 😁)
Immagini sessualmente esplicite e generate tramite intelligenza artificiale senza il consenso delle vittime, che sono sempre donne: tra complicità delle piattaforme, regole carenti e cultura insufficiente
L'articolo Perché è così difficile fermare i deepnude proviene da Guerre di Rete.
L'articolo proviene da #GuerreDiRete di
Informatica (Italy e non Italy 😁) reshared this.
Ribellarsi alla violenza degli uomini sulle donne è un modo anche per lottare contro le mafie
@Giornalismo e disordine informativo
articolo21.org/2025/11/ribella…
Ribellarsi alla violenza praticata dagli uomini sulle donne è un modo per continuare la lotta
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la soluzione (che non è una “soluzione” ma un modo di viversi le cose, la vita) potrebbe semmai consistere nel [...] -> noblogo.org/differx/con-tutti-…
#social #fediverso #socialgeneralisti #mainstream #noblogo #noblogs #wordpress #archive #mastodon #friendica #kofi
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freezonemagazine.com/rubriche/…
Londra, Royal Festival Hall, 20 febbraio 2004: Brian Wilson, davanti ad una platea di tremila persone, presenta la première di SMILE, l’album perduto, il Santo Graal della musica popolare americana. Oltre al compositore e autore dei testi Van Dyke Parks, nel pubblico sono presenti Paul McCartney e George Martin a chiudere plasticamente il cerchio dell’epoca […]
L'articolo
Il Chiapas celebra, il Messico si incrina: l’EZLN compie 42 anni mentre le destre cavalcano il malcontento
@Notizie dall'Italia e dal mondo
Le celebrazioni zapatiste coincidono con una protesta nazionale eterogenea che rivela le fragilità della presidenza Sheinbaum.
L'articolo Il Chiapas celebra, il Messico si incrina: l’EZLN
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A Bird Watching Assistant
When AI is being touted as the latest tool to replace writers, filmmakers, and other creative talent it can be a bit depressing staring down the barrel of a future dystopia — especially since most LLMs just parrot their training data and aren’t actually creative. But AI can have some legitimate strengths when it’s taken under wing as an assistant rather than an outright replacement.
For example [Aarav] is happy as a lark when birdwatching, but the birds aren’t always around and it can sometimes be a bit of a wild goose chase waiting hours for them to show up. To help him with that he built this machine learning tool to help alert him to the presence of birds.
The small device is based on a Raspberry Pi 5 with an AI hat nested on top, and uses a wide-angle camera to keep an eagle-eyed lookout of a space like a garden or forest. It runs a few scripts in Python leveraging the OpenCV library, which is a widely available machine learning tool that allows users to easily interact with image recognition. When perched to view an outdoor area, it sends out an email notification to the user’s phone when it detects bird activity so that they can join the action swiftly if they happen to be doing other things at the time. The system also logs hourly bird-counts and creates a daily graph, helping users identify peak bird-watching times.
Right now the system can only detect the presence of birds in general, but he hopes to build future versions that can identify birds with more specificity, perhaps down to the species. Identifying birds by vision is certainly one viable way of going about this process, but one of our other favorite bird-watching tools was demonstrated by [Benn Jordan] which uses similar hardware but listens for bird calls rather than looking for the birds with a vision-based system.
youtube.com/embed/KmH63ENa5fA?…
Cyber Risk in Medio Oriente: tra investimenti record e attacchi sempre più sofisticati
L’attenzione globale verso la sicurezza informatica continua a crescere in un contesto dominato dalla trasformazione digitale e dalla rapida diffusione delle tecnologie basate sull’intelligenza artificiale, fattori che rendono più semplice individuare vulnerabilità e condurre attacchi complessi. In questo scenario, la capacità di un Paese di garantire protezione, coordinamento, formazione e cooperazione internazionale è diventata un indicatore essenziale della stabilità nazionale.
Nel Global Cybersecurity Index 2024, l’Egitto e il Qatar hanno ottenuto un punteggio massimo di 100, entrando tra i 12 Paesi con le performance più elevate a livello mondiale. Il risultato è stato raggiunto grazie alla conformità ai cinque pilastri che compongono l’indice: quadro legislativo, protezione tecnica, struttura organizzativa, programmi di sviluppo delle competenze e collaborazione internazionale.
La piena aderenza a questi criteri colloca entrambi gli Stati tra i modelli di riferimento globali, all’interno del gruppo dei 46 Paesi considerati all’avanguardia in materia di cybersecurity.
Parallelamente, l’Arabia Saudita ha consolidato la propria posizione come leader regionale per investimenti nel settore.
Nel 2024, la spesa saudita per la sicurezza informatica ha raggiunto circa 4,8 miliardi di dollari (pari a 15,2 miliardi di riyal), con un incremento del 14% rispetto all’anno precedente. Secondo i dati dell’Autorità nazionale per la sicurezza informatica, questo andamento riflette un processo continuo di rafforzamento delle infrastrutture digitali e delle misure di difesa del cyberspazio nazionale.
Il report GCI 2024 evidenzia tuttavia una marcata eterogeneità tra i Paesi arabi. Oltre ai Paesi con i punteggi più elevati – tra cui Emirati Arabi Uniti, Oman, Bahrein, Giordania e Marocco, con valori compresi tra 95 e 100 – emergono realtà ancora in fase di consolidamento. Algeria, Libia, Tunisia e Kuwait si collocano in un livello intermedio, con punteggi tra 55 e 85, indicativi di sistemi in evoluzione che richiedono ulteriori investimenti in capacità tecniche e cooperazione internazionale.
Iraq, Libano, Mauritania, Sudan, Siria e Palestina rientrano in una fase iniziale di costruzione dei quadri regolatori, con punteggi compresi tra 20 e 55. Lo Yemen chiude la classifica regionale, con risultati inferiori a 20 punti, riflettendo un ecosistema di sicurezza informatica ancora allo stadio embrionale.
Il quadro è reso più critico dal forte aumento delle minacce nel Medio Oriente. Il phishing rimane una delle tecniche più utilizzate, sostenuto da metodi avanzati di ingegneria sociale. Gli attacchi DDoS hanno registrato un incremento particolarmente rilevante, con un +236% nel secondo trimestre del 2025. In parallelo, sono cresciuti anche gli attacchi contro applicazioni Microsoft Office, il furto di credenziali, lo spyware, le intrusioni contro le API e le attività di ricognizione.
Le operazioni di ransomware e di estorsione rappresentano circa la metà degli attacchi con movente identificabile. Crescono inoltre le offensive che sfruttano l’intelligenza artificiale, in particolare per automatizzare la ricerca di falle nei sistemi e rendere più efficaci le campagne di phishing. Secondo le stime, un singolo incidente informatico nella regione comporta un costo medio di circa 8 milioni di dollari, valore quasi doppio rispetto alla media globale. I settori più colpiti sono comunicazioni, energia, trasporti, sanità e finanza, confermando l’urgenza di investimenti strutturali e politiche coordinate per proteggere attività economiche e servizi essenziali.
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Anonimato sempre più a rischio! Nel mirino ora l’utilizzo delle VPN
Diversi stati degli Stati Uniti stanno discutendo nuove restrizioni che potrebbero cambiare significativamente l’approccio tradizionale alla privacy online. I legislatori del Wisconsin e del Michigan stanno valutando iniziative volte a contrastare il materiale ritenuto pericoloso per i minori.
L’attenzione si concentra sui siti web con contenuti riservati ai maggiori di 18 anni, nonché sulle piattaforme in cui possono comparire incitamenti all’odio e altre informazioni discutibili. In questi dibattiti, si sta affermando sempre più l’idea che la protezione dei minori richieda non solo filtri basati sull’età, ma anche il controllo degli strumenti.
I servizi VPN sono considerati uno di questi strumenti.
In questo contesto, nel Wisconsin è stato presentato un disegno di legge che imporrebbe ai siti web con contenuti espliciti non solo di implementare sistemi di verifica dell’età, ma anche di bloccare chiunque tenti di accedere al sito tramite una VPN. Il disegno di legge è già stato approvato dalla Camera e sta avanzando al Senato.
Se approvato, lo stato diventerebbe il primo negli Stati Uniti a vietare l’uso delle VPN per accedere a tali contenuti.
Un disegno di legge simile è in discussione in Michigan, ma l’iniziativa propone un approccio ancora più rigoroso. I provider potrebbero essere obbligati a monitorare e interrompere le connessioni VPN a livello di rete. Tuttavia, il disegno di legge locale si è arenato all’inizio del suo iter legislativo.
L’organizzazione americana Electronic Frontier Foundation critica duramente tali iniziative.
Il gruppo ritiene che limitare tali servizi con il pretesto di preoccupazioni per la sicurezza significhi di fatto sacrificare la propria privacy per accedere a contenuti legali. Secondo gli attivisti per i diritti umani, tali misure colpiranno tutti, dai dipendenti aziendali e studenti ai giornalisti e a coloro che semplicemente cercano di proteggere i propri dati personali. L’organizzazione sottolinea che le procedure di verifica dell’età di per sé presentano dei rischi: sono implementate in modo inadeguato, richiedono il trasferimento di dati sensibili e sono facilmente aggirabili, causando quindi più danni che benefici.
Invece di imporre divieti, l’EFF propone di concentrarsi su soluzioni più efficaci: educare i bambini alla sicurezza online, migliorare gli strumenti per i genitori e affrontare le cause profonde delle minacce online. L’organizzazione ritiene che l’erosione della privacy e il blocco delle tecnologie che aiutano i gruppi vulnerabili, tra cui giornalisti, attivisti e persone perseguitate, non porteranno a reali miglioramenti nella protezione dei minori.
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Logitech subisce un attacco informatico e una violazione dei dati
I rappresentanti di Logitech hanno notificato alle autorità un attacco informatico e una grave violazione dei dati. Il famigerato gruppo ransomware Clop, che da diversi mesi prende di mira le aziende sfruttando una vulnerabilità in Oracle E-Business Suite, ha rivendicato la responsabilità dell’attacco.
L’azienda ha presentato una notifica ufficiale alla Securities and Exchange Commission degli Stati Uniti, riconoscendo il furto di dati. I rappresentanti di Logitech riferiscono che l’incidente non ha avuto ripercussioni sulla produzione o sui prodotti dell’azienda, né sui suoi processi aziendali. Subito dopo aver scoperto la violazione, l’azienda ha incaricato esperti di sicurezza informatica terzi di fornire assistenza nelle indagini.
Logitech sostiene che i dati compromessi includono informazioni limitate su dipendenti e utenti, nonché dettagli su clienti e fornitori. Tuttavia, l’azienda sostiene che gli hacker non hanno avuto accesso a carte d’identità, dati di carte bancarie o altre informazioni sensibili, poiché queste informazioni non erano archiviate nei sistemi compromessi.
La scorsa settimana, il gruppo di hacker Clop ha aggiunto Logitech al suo sito di dump di dati, pubblicando quasi 1,8 TB di informazioni presumibilmente rubate all’azienda. Secondo Logitech, l’attacco è stato causato da una vulnerabilità zero-day scoperta in un fornitore terzo e corretta subito dopo il suo rilascio.
Gli operatori di Clop hanno sfruttato attivamente questa vulnerabilità già a luglio 2025 per lanciare attacchi di massa ai clienti aziendali Oracle. A ottobre, gli specialisti di Mandiant e Google hanno rilevato una campagna ransomware su larga scala: decine di aziende hanno ricevuto messaggi ransomware dagli operatori di Clop. Gli aggressori minacciavano di divulgare i dati rubati da Oracle E-Business Suite se le vittime non avessero pagato il riscatto. Gli sviluppatori di Oracle hanno quindi confermato la vulnerabilità e rilasciato una patch di emergenza.
Le dichiarazioni di Logitech suggeriscono che l’azienda ha installato l’aggiornamento di emergenza subito dopo il suo rilascio, ma era troppo tardi e i dati erano già stati rubati.
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Il ritorno del comando finger: utilizzato per attacchi informatici su Windows
Un comando di servizio quasi dimenticato è tornato alla ribalta dopo essere stato individuato in nuovi schemi di infezione dei dispositivi Windows. Per decenni considerato una reliquia delle origini di Internet, il meccanismo viene ora utilizzato in attacchi camuffati da controlli e query innocui offerti alle vittime in una finestra del prompt dei comandi.
Il comando finger, un tempo progettato per ottenere informazioni utente su server Unix e Linux, era presente anche in Windows. Restituiva il nome dell’account, la directory home e altre informazioni di base. Sebbene il protocollo sia ancora supportato, il suo utilizzo è in gran parte scomparso. Tuttavia, per gli aggressori, questo rappresenta in realtà un vantaggio: pochi si aspetterebbero di vedere attività di rete attraverso un canale del genere.
Recenti osservazioni hanno dimostrato che finger ha iniziato a essere utilizzato in schemi simili a ClickFix, in cui i comandi da eseguire sul dispositivo vengono scaricati da una fonte remota. Gli esperti hanno da tempo notato che il comando può fungere da strumento di supporto di Windows ed essere utilizzato per scaricare dati dannosi.
Fu in queste nuove campagne che il metodo venne ulteriormente sviluppato. Il team di MalwareHunterTeam ha fornito un file batch di esempio che accede a un server remoto tramite finger e inviava l’output risultante direttamente a cmd per l’esecuzione. I domini coinvolti in questa attività non sono più accessibili, ma i ricercatori hanno scoperto altri esempi dello stesso approccio.
Le prime vittime hanno postato su Reddit : in un thread, un utente ha descritto di essersi imbattuto in un CAPTCHA falso che richiedeva l’apertura di una finestra di avvio e l’inserimento di un comando per verificare la propria identità. La stringa inserita avviava una richiesta di tipo “finger” a un altro server e passava l’output risultante a un interprete Windows.
Di conseguenza, è stata creata una directory temporanea, il programma di sistema curl è stato copiato con un nome casuale, è stato scaricato un archivio mascherato da PDF ed è stato decompresso un set di file Python. Il programma è stato quindi avviato tramite pythonw.exe, dopodiché è stata effettuata una richiesta al server degli aggressori e sullo schermo è stato visualizzato un falso messaggio di “verifica”.
Il contenuto dell’archivio indicava un tentativo di furto di dati. Contemporaneamente, il team di MalwareHunterTeam ha scoperto anche altre attività: il comando finger veniva utilizzato per scaricare un set di comandi quasi identico, ma con controlli aggiuntivi. Prima di eseguire le sue azioni, lo script cercava nel computer strumenti di analisi malware, da Process Explorer e Procmon a Wireshark, Fiddler e debugger. Se tali strumenti venivano rilevati, l’esecuzione veniva interrotta.
Non essendo stati trovati strumenti di questo tipo, è stato scaricato e decompresso un nuovo archivio, anch’esso mascherato da documento PDF. Questa volta, conteneva il pacchetto di amministrazione remota di NetSupport Manager. Dopo la decompressione, una serie di comandi ha configurato il task scheduler per avviare l’accesso remoto al successivo accesso del sistema.
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Uscito il libro “Il Futuro Prossimo”: un libro che ci riguarda tutti
Ci sono libri che spiegano la tecnologia e libri che ti fanno capire perché dovresti fermarti un minuto prima di scorrere un feed. Il Futuro Prossimo, il nuovo lavoro di Sandro Sana, disponibile su Amazon, appartiene alla seconda categoria: non pretende di formarti, pretende di farti pensare. E lo fa senza tecnicismi, senza barriere e senza quella distanza che spesso l’informatica mette tra chi scrive e chi legge.
Sandro Sana è una figura nota nel mondo della cybersecurity italiana (CISO e direttore della divisione Cyber di Eurosystem, docente, divulgatore, membro del Comitato Scientifico del Competence Center Nazionale Cyber 4.0, membro del Gruppo DarkLab ed editorialista di Red Hot Cyber) ma qui accantona volutamente la postura del tecnico per adottare quella del narratore lucido.
Non rinuncia alla precisione che lo contraddistingue, ma la restituisce in forma umana, discorsiva, diretta. Il risultato è un libro che, pur parlando di rischi, algoritmi e intelligenza artificiale, si può leggere anche sul divano, la sera, dopo una giornata normale.
Quarta di copertina
A un certo punto, mentre si sfoglia il libro, si ha la sensazione di leggere non solo un saggio, ma una vera dichiarazione di responsabilità civile. Lo si capisce chiaramente da ciò che l’autore ha scelto di mettere in quarta di copertina, una sorta di bussola emotiva per chi si prepara ad affrontare queste pagine:
Il futuro non bussa più: entra di corsa. Smartphone, intelligenza artificiale, social, truffe digitali, privacy in frantumi: ogni giorno prendiamo centinaia di micro-decisioni senza accorgercene. Il futuro prossimo è la bussola per non farsi travolgere, ritrovare il respiro e scegliere con lucidità.Scritto con lo sguardo di un Gen X che ha visto nascere Internet, dal Commodore 64 ai modelli generativi, questo libro unisce racconto, consapevolezza e pratica.
Questo non è un libro contro la tecnologia: è un libro per le persone. Per ricordarci che la vita non va vissuta per procura, e che le macchine, se messe al loro posto, possono diventare alleate di una qualità di vita migliore.
Queste righe non sono solo una presentazione editoriale: sono la missione del libro.
Leggendole, si capisce immediatamente che Il Futuro Prossimo non vuole “spaventare”, non vuole “educare” dall’alto della cattedra, non vuole l’ennesima retorica contro i social o l’IA.
Vuole restituire misura, consapevolezza, ritmo.
Vuole rimettere la persona al centro.
Un racconto che parte dal passato per dirci chi siamo diventati
La forza del libro è nella sua continuità narrativa: Sana non parte dai rischi né dall’IA, parte dalla storia personale e dalle radici culturali. Il lettore entra subito in un confronto generazionale che mette in scena un’accelerazione che tutti percepiscono, ma pochi hanno avuto il coraggio di dire così apertamente:
“Se mio nonno ha avuto una vita intera per abituarsi all’elettricità e mio padre decenni per accogliere televisione e automobile, se io ho avuto anni per digerire l’arrivo del computer e di Internet, i miei figli quante ore avranno per comprendere l’impatto dell’intelligenza artificiale sulle loro vite?”
È uno dei passaggi più potenti dell’intero volume: l’idea che il tempo dell’adattamento umano si sia ridotto a un battito di ciglia, mentre la complessità cresce in modo esponenziale.
Da qui, lo storytelling assume una forma quasi cinematografica. Il Prologo ci riporta agli anni ’80, a un’epoca in cui il mondo digitale era un gioco fatto di cassette e attese, ma anche di stupore e prime domande:
“Quando negli anni ’80 entrai per la prima volta in contatto con un Commodore 64 (…) quel piccolo computer stava aprendo le porte a un mondo nuovo. Era un ponte tra divertimento e scoperta.”
È in queste radici che si costruisce il tono dell’intero libro: uno sguardo che ricorda, osserva, confronta, e poi guida il lettore dentro ciò che il digitale è diventato oggi.
Dalla memoria al presente: vivere nella società connessa
Il viaggio prosegue in un racconto della società digitale che non giudica, non condanna, ma mette in ordine ciò che proviamo tutti: attrazione e fatica, potere e fragilità. Sana descrive il nostro tempo come una casa bellissima ma fatta di vetri, dove la connessione è un privilegio e una pressione insieme:
“La società digitale è casa nostra. Vista meravigliosa, muri trasparenti. Ma ci sono vetri da pulire e tende da tirare. (…) Se impariamo a nominare bene le cose, torneremo anche a viverle bene.”
È un invito discreto ma potentissimo: essere presenti, non semplicemente connessi e capire che l’educazione digitale non riguarda il “saper usare”, ma il “saper scegliere”.
La narrazione tocca poi il tema della privacy e lo fa con uno stile che mescola osservazione quotidiana e consapevolezza:
“Ogni gesto lascia una briciola, e le briciole diventano tracce, le tracce profili, i profili previsioni. (…) Non è un furto plateale, è un trasloco silenzioso.”
È una delle frasi più riuscite di tutto il volume, perché dice esattamente ciò che tutti sentiamo, anche senza trovare le parole per spiegarlo: la sensazione di essere “spostati di lato” dentro i nostri stessi dati.
Il capitolo più atteso: quando il futuro bussa con troppa forza
La parte sull’intelligenza artificiale è un punto di svolta nella lettura. Non ci sono toni apocalittici, non ci sono slogan. Ci sono domande, dubbi, responsabilità.
Sana entra nel cuore del tema con una chiarezza che non concede scorciatoie:
“L’IA non ci ruberà solo il lavoro: rischia di rubarci pezzi di noi. (…) Prepararsi al futuro significa imparare competenze nuove e preservare la nostra umanità.”
La cornice non è tecnica, ma esistenziale: il vero rischio non è perdere una mansione, ma perdere la capacità di scelta, di discernimento, di interpretazione e questo rende il capitolo, pur ancorato a questioni reali, uno dei più umani dell’intero libro.
Una conclusione che accompagna, non che insegna
Il finale del libro è un gesto di cura. Non propone soluzioni miracolose né agende politiche: chiude con una scena semplice, quasi domestica, che diventa simbolo dell’intero percorso compiuto.
“Il futuro non è una gara di velocità, è un accordo da rinnovare ogni giorno tra digitale e reale. (…) Finché c’è qualcuno che si ferma un secondo prima di condividere, c’è speranza.”
È un’immagine che resta dentro ed è forse il segno più evidente che questo libro non vuole indottrinare, ma tenere aperta una possibilità: tornare padroni del nostro tempo, delle nostre scelte e del nostro sguardo.
Perché leggerlo, davvero
Perché Il Futuro Prossimo è un libro che parla di tecnologia solo in apparenza. In realtà parla di identità, memoria, attenzione, relazioni, responsabilità. È un libro che aiuta a capire non “come funziona il digitale”, ma come funzioniamo noi dentro il digitale.
È accessibile, onesto, scritto con un tono che non mette distanza ma invita alla vicinanza e soprattutto: è un libro che non ti dice cosa pensare, ma ti permette di farlo meglio.
Chiunque viva nel mondo connesso, cioè tutti, può trovarci qualcosa che gli somiglia.
E questo, nell’epoca dell’algoritmo, è forse il regalo più raro.
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Oltre il danno, la beffa: pur con la nuova sentenza della Corte di Giustizia Europea, due cittadinə italianə che hanno contratto un'unione civile, hanno un unico modo per vedersi sposati: "divorziare" in Italia e contrarre un nuovo matrimonio all'estero in un Paese civile.
Ma vi rendete conto quanto siamo indietro? Quanto pesa la nostra arretratezza culturale nelle vite dei cittadini?
Nel podcast non ne parlo per ora, ma prima o poi lo farò, perché cose come questa mi spingono a lasciare l'Italia al pari delle malattie che sopporto. Ed è tutto dire.
Mi sono trasformato, col tempo, in una di quelle persone che dicono che non c'è futuro qui. Ma mi sembra inevitabile.
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Mi mandano in bestia queste cose. E più di tutto l'ipocrisia, raccontarci quotidianamente che siamo il Paese più bello del mondo, e cazzate simili.
Poi mancano i diritti fondamentali.
Boosting Antihydrogen Production using Beryllium Ions
Antihydrogen forms an ideal study subject for deciphering the secrets of fundamental physics due to it being the most simple anti-matter atom. However, keeping it from casually annihilating itself along with some matter hasn’t gotten much easier since it was first produced in 1995. Recently ALPHA researchers at CERN’s Antimatter Factory announced that they managed to produce and trap no fewer than 15,000 antihydrogen atoms in less than seven hours using a new beryllium-enhanced trap. This is an eight-fold increase compared to previous methods.
To produce an antihydrogen atom from a positron and an antiproton, the components and resulting atoms can not simply be trapped in an electromagnetic field, but requires that they are cooled to the point where they’re effectively stationary. This also makes adding more than one of such atom to a trap into a tedious process since the first successful capture in 2017.
In the open access paper in Nature Communications by [R. Akbari] et al. the process is described, starting with the merging of anti-protons from the CERN Antiproton Decelerator with positrons sourced from the radioactive decay of sodium-22 (β+ decay). The typical Penning-Malmberg trap is used, but laser-cooled beryllium ions (Be+) are added to provide sympathetic cooling during the synthesis step.
Together with an increased availability of positrons, the eight-fold increase in antihydrogen production was thus achieved. The researchers speculate that the sympathetic cooling is more efficient at keeping a constant temperature than alternative cooling methods, which allows for the increased rate of production.
Luca Sironi
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