Luca Fedeli – Nato tre volte
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Cresce la sfiducia nelle relazioni USA-Cina
La risposta di Washington e Pechino alla comparsa di un pallone-spia cinese sugli Stati Uniti nel febbraio 2023 illustra diversi aspetti dell’attuale relazione USA-Cina che renderanno molto difficile invertire la spirale discendente nei legami bilaterali. L’episodio ha mostrato sfiducia reciproca, ostilità latente, mancanza di comunicazione e l’impatto negativo della politica interna sul modo in cui […]
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L’accordo tra Arabia Saudita e Iran mette a nudo l’influenza in declino dell’UE in Medio Oriente
L’ annuncio del ripristino delle relazioni diplomatiche tra Arabia Saudita e Iran, sotto la mediazione cinese, ha messo in luce i limiti dell’influenza dell’Unione Europea in Medio Oriente. Mentre l’UE è stata attenta a evitare di accreditare esplicitamente la Cina, che ha definito il suo “rivale sistemico”, per la svolta, Bruxelles ha dichiarato di essere […]
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L’Ucraina deve fare di più per contrastare la narrazione russa nel Sud del mondo
A più di un anno da quando Vladimir Putin ha lanciato l’invasione su vasta scala dell’Ucraina, la reazione internazionale alla guerra rimane nettamente divisa. Mentre molto è stato fatto dell’unità occidentale a sostegno dell’Ucraina, il resto del mondo è stato in gran parte riluttante ad opporsi o addirittura a condannare la Russia in alcun modo […]
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KENYA. Carbonio insanguinato in nome della lotta al cambiamento climatico
dalla redazione di Survival International – Comunicato stampa
Pagine Esteri, 16 marzo 2023 – Un nuovo rapporto pubblicato oggi da Survival International rivela le lacune più gravi di un programma di crediti di carbonio che ha visto tra i suoi clienti Meta e Netflix.
Il rapporto si intitola “Blood Carbon: how a carbon offset scheme makes million from Indigenous land in Northern Kenya” (Carbonio insanguinato: un programma di compensazione di carbonio che ricava milioni dalla terra indigena nel nord del Kenya), e analizza il Northern Kenya Grassland Carbon Project, il progetto gestito dall’organizzazione Northern Rangelands Trust (NRT) su un territorio abitato da oltre 100.000 indigeni tra cui i Samburu, i Borana e i Rendille.
Il progetto potrebbe generare intorno ai 300-500 milioni di dollari, e potenzialmente molto di più.
Ecco alcune delle conclusioni del rapporto:
– Il progetto si basa sullo smantellamento dei tradizionali sistemi di pascolo dei popoli indigeni e sulla loro sostituzione con un sistema controllato a livello centrale, più simile all’allevamento commerciale. Impedendo la pratica tradizionale della migrazione durante la siccità, il progetto potrebbe mettere a rischio la sicurezza alimentare dei popoli pastorali locali.
– Ad oggi sono state presentate prove assolutamente non convincenti sul fatto che la NRT abbia informato adeguatamente le comunità sul progetto, per non parlare del fatto che abbia ricevuto il loro Consenso Previo, Libero e Informato. La fornitura di informazioni sul progetto è stata limitata a un numero molto ristretto di persone, e per lo più solo molto tempo dopo l’inizio del progetto stesso.
– Di conseguenza, pochissime persone nell’area hanno una chiara comprensione del programma.
– La base giuridica del progetto solleva problemi e interrogativi molto seri, in particolare sul diritto della NRT di “possedere” e commerciare carbonio proveniente dai terreni interessati.
– Il progetto non presenta argomentazioni credibili sulla sua addizionalità di carbonio, un principio fondamentale per la generazione di crediti di carbonio.
Donna samburu, Kenya settentrionale. Un membro della sua famiglia è stato ucciso mentre portava al pascolo i suoi animali vicino a una “Area di conservazione” della The Northern Rangelands Trust (NRT); dicono sia stato ucciso dai suoi guardaparco. © Survival
Il rapporto segna il lancio della campagna “Carbonio insanguinato” di Survival International, che denuncia come la vendita di crediti di carbonio dalle Aree Protette potrebbe aumentare enormemente il finanziamento delle violazioni dei diritti umani dei popoli indigeni, senza per altro fare nulla per combattere i cambiamenti climatici.
“Il progetto sul carbonio della NRT non soddisfa alcuni dei requisiti fondamentali previsti per i progetti di compensazione di carbonio” ha dichiarato oggi l’autore del rapporto Simon Counsell (ex direttore di Rainforest Foundation UK), “come dimostrare una chiara addizionalità, avere uno scenario di riferimento credibile ed essere in grado di misurare ‘dispersioni’ di carbonio in altri territori. I meccanismi di monitoraggio dell’attuazione e degli impatti del progetto sono fondamentalmente difettosi. È estremamente poco plausibile che i crediti di carbonio venduti dal progetto rappresentino un reale deposito addizionale di carbonio nel suolo dell’area.”
La responsabile della campagna di Survival per Decolonizzare la conservazione, Fiore Longo, ha aggiunto: “Dopo anni di violazioni dei diritti umani compiuti nel nome della cosiddetta ‘conservazione’, oggi le ONG occidentali stanno rubando la terra degli indigeni anche nel nome della ‘mitigazione del clima’. Come dimostra chiaramente questo rapporto, il progetto della NRT si fonda sullo stesso pregiudizio coloniale e razzista che pervade molti grandi progetti di conservazione, ovvero che i popoli indigeni siano responsabili della distruzione dell’ambiente. Ma le prove dimostrano esattamente il contrario: che i popoli indigeni sono i migliori conservazionisti. Questo progetto non è solo un pericoloso greenwashing, è carbonio insanguinato: la NRT sta facendo soldi distruggendo il modo di vivere dei popoli meno responsabili dei cambiamenti climatici”.
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In Fondazione Luigi Einaudi dibattito su norme antimafia e Stato di diritto
“L’inganno. Antimafia. Usi e soprusi dei professionisti del bene”, l’ultimo libro del giornalista Alessandro Barbano, edito da Marsilio, è stato presentato ieri a Roma nella sede della Fondazione Luigi Einaudi. Dopo i saluti istituzionali del presidente della Fondazione Giuseppe Benedetto, l’autore del libro e il giurista Giovanni Pellegrino, hanno dato vita a un interessante dibattito moderato dal Segretario generale della Fondazione Luigi Einaudi Andrea Cangini.
“Questo libro denuncia come dentro la filiera della giustizia penale, che attraversa il giudizio di prevenzione e il giudizio ordinario vero e proprio, c’è uno slittamento tra il diritto ordinario liberale, che si fonda sulla colpevolezza, e quindi su un fatto costituente reato, e il diritto del sospetto che si fonda sulla pericolosità, che non ha al centro il fatto ma ha al centro l’uomo, l’attore, il quale non viene colpito perché ha commesso un fatto, ma in quanto «pericoloso»”, ha detto Barbano di fronte a un nutrito pubblico di ospiti. “Non si può essere garantisti solo quando conviene o per quello che ci piace, e dire, ad esempio, ‘io sono per la Costituzione, ma mi piace l’ergastolo ostativo’, perché le due cose non stanno insieme”, ha sottolineato. “Si può accettare che in una fase straordinaria, come ad esempio durante una guerra, ci siano delle garanzie che si riducono per un tempo necessariamente breve, come per altro pensava Falcone nel 1992, ma se invece questa compressione diventa permanente è chiaro che il sistema va in contraddizione. E purtroppo questo slittamento, questa sostituzione del diritto della colpevolezza, che è il diritto delle democrazie liberali, con il diritto della pericolosità, che è un diritto autoritario, illiberale, il diritto dei regimi, è presente. È presente nelle interdittive o nel sistema delle confische, che hanno assunto nel nostro paese una dimensione spaventosa”.
Pellegrino, parlamentare di lungo corso e già presidente della Commissione bicamerale d’inchiesta sulle stragi, sul tema ha osservato: “Il libro di Barbano è un libro coraggioso perché dice alcune scomode verità, e nutre di una casistica fitta di quello che indubbiamente deve essere considerato un risultato che ripugna a comuni sentimenti di giustizia, cioè il fatto che una persona assolta in giudicato dall’accusa di essere mafiosa, o anche soltanto concorrente esterna con la mafia, possa vedere la propria vita distrutta, e il proprio patrimonio azzerato, dalla applicazione di misure di prevenzione antimafia”. Urge una riflessione in merito, ha detto Pellegrino, “ed è necessaria una correzione del sistema che eviti questo iato che c’è tra misure di prevenzione e giudizio di merito”. E ha poi aggiunto: “Non arriveremo a questo risultato se non usciamo dal clima dello scontro tra tifoserie che da sempre caratterizza il dibattito sulla giustizia”.
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CISGIORDANIA. Lo sciopero degli insegnanti palestinesi fa tremare l’Anp
di Michele Giorgio
Pagine Esteri, 16 marzo 2023 – Il freddo e la pioggia caduta copiosa in questi ultimi due giorni li hanno frenati dal tenere nuove proteste di massa. Sono però pronti a tornare nelle strade di Ramallah per far valere i loro diritti. Lunedì migliaia di insegnanti, dopo aver aggirato i blocchi stradali allestiti dalla polizia dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) all’uscita di Ubaidiya, Surda, Al Bireh e Tulkarem, hanno raggiunto Ramallah e si sono radunati davanti alla sede del Consiglio dei ministri costringendo il ministro dell’istruzione, Marwan Awartani, ad incontrarli, per la prima volta, da quando all’inizio dell’anno è scattato nella scuola pubblica lo sciopero più lungo e partecipato degli ultimi anni per ottenere finalmente un aumento dei salari. Awartani si è limitato ad assicurare che il governo farà la sua parte. Più di tutto ha esortato gli insegnanti a riprendere immediatamente il lavoro.
«Non abbiamo scelta, continueremo lo sciopero nonostante le minacce (del governo), siamo alla fame, il nostro stipendio basta per dieci giorni e non ci arriva neanche tutto il più delle volte», ci dice Sumaya H, insegnante di arabo in una scuola superiore. Anche lei ha partecipato al grande sit in di lunedì scorso. «Quelli (i ministri) ci accusano di danneggiare i ragazzi palestinesi, di sottrarci al dovere dell’insegnamento. Ma come fanno a non capire che stiano crollando e che anche noi siamo dei genitori e abbiamo delle famiglie da mandare avanti. Piuttosto il governo trovi i fondi necessari per mantenere le promesse che ha fatto. Si impegni a combattere la corruzione e lo spreco di fondi perché anche gli insegnanti hanno diritto a una vita dignitosa», aggiunge Sumaya replicando indirettamente alle parole del primo ministro Muhammad Shttayeh che all’ultima seduta del Consiglio dei ministri ha affermato che il governo «Qualche giorno fa ha firmato degli accordi con i sindacati… Gli insegnanti chiedevano che il bonus fosse fissato in busta paga e il Consiglio dei ministri ha acconsentito. Ed è andato anche oltre pagando il 5 per cento sullo stipendio del mese in corso e fissando il restante 10 per cento nella busta paga successiva». Quindi ha aggiunto che solo un «piccolo gruppo di insegnanti» si ostinerebbe a voler continuare lo sciopero. Dopo le sue parole il TAR dell’Anp ha ordinato il rientro nelle aule ma solo pochi docenti hanno rispettato il provvedimento.
Le cose non stanno come le racconta il governo, dicono i leader dello sciopero. La protesta, assicurano, coinvolge buona parte degli insegnanti delle scuole pubbliche. E comunque a guidare le rivendicazioni non è l’Unione generale degli insegnanti, il sindacato ufficiale, ma il Movimento unito degli insegnanti (Mui), indipendente e sorto con il proposito di tenersi a distanza dalle politiche e dalle decisioni delle autorità che non si renderebbero conto della gravità della condizioni degli insegnanti. Omar Assaf, uno dei rappresentanti del Mui, avverte che le assicurazioni del governo non sono concrete perché l’accordo raggiunto con il sindacato ufficiale sarà attuato solo se lo permetterà la situazione delle casse pubbliche. Tenendo conto della mancanza di fondi, dovuta anche ai tagli che Israele attua ormai con regolarità ai 150-200 milioni di dollari – dazi doganali e tasse – che raccoglie ogni mese ai valichi per conto dell’Anp (Accordi di Oslo 1993-4), la possibilità che le intese possano essere rispettate è a dir poco ridotta.
Ahmad T., 44 anni, insegna scienze a Hebron e descrive la frustrazione sua e dei colleghi. «Insegnare, trasmettere il sapere non è solo un dovere per me, è soprattutto un piacere» dice. «Quando sono entrato in un’aula per la prima volta e mi sono seduto di fronte agli studenti, ho pensato di aver raggiunto il traguardo che volevo. Non è andata come credevo da giovane» racconta. Aggiunge di «non aver mai pensato di diventare benestante facendo l’insegnante» ma neanche «di finire in miseria e di essere poi accusato di non rispettare il diritto all’istruzione di bambini e ragazzi». In media un insegnante del ministro dell’istruzione dell’Anp riceve mensilmente in busta paga tra 2000 e 3000 shekel (tra 500 e 700 euro), una retribuzione del tutto inadeguata a coprire il costo reale della vita nei Territori palestinesi occupati. E quei pochi che percepiscono di più comunque non guadagnano abbastanza per una vita dignitosa. «I miei colleghi ed io – spiega Ahmad – facciamo altri lavori, diversi dall’insegnamento, per sopravvivere. Un tempo ci aiutavamo le ripetizioni private, ora però le famiglie non hanno abbastanza soldi. Nessun ha più soldi, specie se lavori per l’Anp».
Il governo Shttayeh si giustifica sottolineando i tagli di Israele ai fondi palestinesi e il calo delle donazioni arabe e internazionali all’Anp. Problemi reali che tuttavia convincono solo in parte la massa dei dipendenti pubblici. «Credo che la questione sia molto più ampia e che vada ben oltre lo sciopero degli insegnanti che prosegue da settimane. È un questione di consenso all’Anp che si sta sgretolando. Le rivendicazioni salariali si aggiungono alla profonda delusione per il ruolo dell’Anp che non ha realizzato alcuna delle aspirazioni palestinesi nei trent’anni passato dagli Accordi di Oslo» ci spiega il giornalista Nasser Atta. «Non è che gli insegnanti – prosegue – e tutti gli altri palestinesi non siano consapevoli delle politiche di Israele e della precarietà finanziaria del governo. Però si domandano cosa abbia fatto l’Anp per evitare tutto questo».
Tanti palestinesi ora guardano alle Forze di sicurezza che ricevono oltre il 30% del budget dell’Anp ed inoltre cooperano con l’intelligence israeliana. L’istruzione pubblica arriva appena al 10%.
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Stacia Datskovska (USA) non ama Firenze
Una giovane yankee aspirante gazzettiera di nome Stacia Datskovska scrive di non essersi trovata bene a "studiare" a Firenze.
Le giovani yankee in città sono note da molti anni per la loro cultura da rotocalco, la loro spiccata predilezione per gli alcolici e i loro discutibili costumi.
Un loro giudizio negativo, di conseguenza, non scuote gli animi più di tanto.
Amanda Knox che le ricorda come studiare nella penisola italiana sia "fantastico" ha invece ragione da vendere: l'impunità di cui gli yankee godono nello stato che la occupa permette loro di attraversare senza scosse anche un processo per reati di rara efferatezza traendone persino una qualche notorietà.
Austrian DSB: Meta Tracking Tools Illegal
DSB austriaco: gli strumenti di meta-tracciamento sono illegali L'Autorità austriaca per la protezione dei dati (DSB) ha deciso che l'uso del pixel di tracciamento di Facebook viola direttamente il GDPR e la cosiddetta decisione "Schrems II" sui flussi di dati tra
Twitter Vs Mastodon
Ho pubblicato questo grafico su Twitter (fino a 95.000 follower) e Mastodon (con 1/10 di follower).
Ho ricevuto il doppio dei like/boost su Mastodon. Su Twitter ho ricevuto dozzine di brutte risposte da negazionisti del clima e troll. Su Mastodon ho ricevuto domande educate e interessanti.
Post by @Peter Gleick
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Ministero dell'Istruzione
È stato pubblicato l’elenco di 399 interventi di edilizia scolastica indicati dalle Regioni e finanziati con circa 936 mln di risorse nell’ambito del #PNRR, che Comuni e Province potranno immediatamente attuare.Telegram
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Elettronica per il jet del futuro. Ecco l’accordo siglato in Giappone
Un accordo industriale permanente per l’elettronica della Difesa. È questo il cuore dell’accordo siglato nel corso di Dsei Japan, la principale manifestazione dedicata al settore della Difesa integrato del Giappone, che si terrà a Chiba, vicino Tokyo, fino al 17 marzo. Le società Mitsubishi Electric in rappresentanza del Giappone, Leonardo UK per il Regno Unito e Leonardo ed Elettronica per l’Italia, rafforzeranno le loro relazioni e valuteranno adeguati modelli operativi, in vista della fase successiva dello sviluppo della prossima fase del sistema aereo di combattimento di sesta generazione, il Global combat air programme (Gcap), che il nostro Paese realizza insieme a Londra e Tokyo. Nel corso dell’evento, tra l’altro, nella giornata di giovedì è previsto il vertice tra i ministri della Difesa italiano, britannico e giapponese Guido Crosetto, Ben Wallace e Yasukazu Hamada per discutere i prossimi passi verso lo sviluppo congiunto del Gcap.
Il caccia di sesta generazione
All’evento giapponese sono presenti tutte le principali aziende responsabili del progetto Gcap, dalla nipponica Mitsubishi Heavy Industries e la britannica BAE Systems, al consorzio italiano composto Avio Aero, Elettronica, Mbda Italia e Leonardo. Il progetto del Gcap prevede lo sviluppo di un sistema di combattimento aereo integrato, nel quale la piattaforma principale, l’aereo più propriamente inteso, provvisto di pilota umano, è al centro di una rete di velivoli a pilotaggio remoto con ruoli e compiti diversi, dalla ricognizione, al sostegno al combattimento, controllati dal nodo centrale e inseriti in un ecosistema capace di moltiplicare l’efficacia del sistema stesso. L’intero pacchetto capacitivo è poi inserito all’intero nella dimensione all-domain, in grado cioè di comunicare efficacemente e in tempo reale con gli altri dispositivi militari di terra, mare, aria, spazio e cyber. Questa integrazione consentirà al Gcap di essere fin dalla sua concezione progettato per coordinarsi con tutti gli altri assetti militari schierabili, consentendo ai decisori di possedere un’immagine completa e costantemente aggiornata dell’area di operazioni, con un effetto moltiplicatore delle capacità di analisi dello scenario e sulle opzioni decisionali in risposta al mutare degli eventi.
La sfida della nuova elettronica avanzata
Nel dettaglio, l’accordo prevede una collaborazione sullo sviluppo del sistema di elettronica avanzata che verrà implementato a bordo della piattaforma Gcap, l’Integrated sensing and non kinetic effects & integrated communication system (Isanke & Ics). Si tratta di una vera e propria rete di sistemi interconnessi in grado di conferire al velivolo capacità superiori in termini di capacità informative e di auto-protezione. La componente Isanke & Ics porterà a bordo del Gcap anche la sensoristica di sesta generazione, introducendo una capacità di sensing, fusione dell’informazione e auto-protezione completamente integrata. In questo modo, la sensoristica sarà in grado di operare in una rete composta da velivoli con e senza equipaggio e come parte di un sistema di sistemi più ampio e multi-dominio per ciascuna nazione. Infine, grazie alla nuova elettronica, sarà possibile per Italia, Giappone e Regno Unito interagire all’interno di operazioni congiunte.
I termini dell’accordo
L’accordo riflette la volontà dei partner di avviare la costruzione di una piattaforma di collaborazione permanente per il conseguimento di un vero e proprio programma tri-nazionale completamente integrato. Questo rende necessario mettere in pratica un approccio che soddisfi le ambizioni di ciascun Paese, in uno spirito di partnership paritaria, e che, al contempo, permetta di rispettare le tempistiche, raggiungendo l’obiettivo del Gcap entro il 2035. A tal fine, sarà utile per le aziende coinvolte attingere alle precedenti esperienze di collaborazione internazionali.
Collaborazioni già avviate
Non è la prima volta, infatti, che le società partner nel Gcap si trovano ad interagire tra loro. Ad esempio, Mitsubishi Electric ha svolto un ruolo chiave nel programma giapponese F-2. In Leonardo, in qualità di partner nel programma Eurofighter Typhoon, sia il team italiano sia quello britannico lavorano al radar a scansione elettronica. Leonardo ed Elettronica, poi, collaborano sul sottosistema di difesa del Typhoon. Leonardo UK e Mitsubishi Electric, invece, lavorano insieme dal 2018 al progetto anglo-giapponese di tecnologia radar Jaguar.
Messinscena
Si corre il rischio di far sembrare svegli i soldati giapponesi che, anni dopo la fine del conflitto mondiale, credevano fosse ancora in corso. Il milite nipponico aveva, almeno, l’attenuante dell’isolamento. Mentre qui è tutto un succedersi di spie luminose accese, avvisi orali e scritti, consigli pubblici e privati, siamo giunti al punto che ci si offra di venire a spiegare quel che, all’evidenza, non s’è capito. Eppure tutti sanno che sarà fatto: la riforma del Meccanismo europeo di stabilità deve essere ratificata. Specie ora che una brezza tesa ha scarruffato il crine bancario.
Un anno fa avevamo usato questo stesso titolo: messinscena. Ci ripetiamo, chiedendo ai politici di professione: non sarebbe stato meglio per voi, specie per la destra che ora governa, se la scontata approvazione l’aveste messa in conto alla maggioranza del governo Draghi? Tanto più che era ampia al punto da consentire a qualche giapponese di passare la sua giornata nella giungla. Ora vi tocca deglutire il rospo in esclusiva. Che poi non è affatto un rospo, il che esclude riusciate a trasformarlo in principe. Direte che è diverso e che cambierà, “come se fosse antani”. Vabbè, sbrigatevi. Perché ci sono conseguenze negative rilevanti.
Intanto è umiliante che il ministro dell’economia debba rispondere ai colleghi: scusate, ma è di competenza parlamentare. Come se in Parlamento la maggioranza non l’avesse il governo o come se quella maggioranza fosse pronta a tradire il governo. Ed è imbarazzante che dai vertici del Mes gli rispondano: se non riuscite a spiegare voi a cosa serve, non preoccupatevi, veniamo a farlo noi. Manca solo aggiungano: con un disegnino.
Il che si riflette sulla discussione relativa alla modifica del Patto di stabilità, per noi fondamentale e che presenta luci ed ombre. Fuori dall’Italia nessuno crede che noi si possa non ratificare la riforma del Mes, ma se si continua a perdere tempo quell’increscioso traccheggio potrà essere utilizzato per dire: nessuno ha voluto isolare l’Italia, sono gli italiani che hanno deciso di isolarsi.
Sulla riforma del mercato elettrico il governo Meloni ha tenuto ferma la posizione di quello Draghi, chiedendo il disaccoppiamento del prezzo dell’energia elettrica da quello del gas, cui si legano altre conseguenze. Ovvio che si tratta di un mercato su cui volano numerosi interessi. Una cosa non basta dirla o chiederla, per poi lamentarne il rigetto, si devono costruire le alleanze. Per noi preziosa quella della Francia. Allearsi non è sposarsi, non è comunione di tutto, ma rispettarsi sì e certi toni polemici non sono il modo più saggio di difendere gli interessi nazionali. È solo una postura a favore di telecamera, ma incorpora la sconfitta.
Sullo stop all’immatricolazione delle auto con carburante tradizionale, fissato al 2035, si sono dette e lette delle corbellerie. Ci sarà, non è stato bocciato manco per niente, il voto è solo rinviato. Se i giornali che credono di appoggiare il governo continueranno a usare quei toni (sul nucleare è stato anche scritto che la Ue lo vieta!!) in realtà gli rendono la vita impossibile. C’è una posizione saggia, ispirata a un sano principio: non si stabilisca quali tipologie di motore le auto dovranno avere, si resti nella neutralità tecnologica, si stabilisca quali emissioni non saranno consentite. Entro il 2035 non si immatricoleranno auto a benzina o diesel. Stabilite le condizioni sarà l’innovazione a regolarsi sulla convenienza dei carburanti sintetici o sulla compatibilità dei biocombustibili. La norma fissa le emissioni, il resto spetta alla tecnologia e al mercato. Se, invece, ci si arrocca su un no che pretende di ridiscutere le emissioni, il risultato sarà che si sarà solo pedina che favorisce il gioco altrui, finendo nell’irrilevanza mentre i tedeschi trattano la mediazione.
Essere isolati è un costo. Essere isolati per un capriccio elettoralistico è da sciocchi. Basta con la messinscena: Mes e gare per il demanio, senza farsi ulteriormente del male.
L'articolo Messinscena proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
L’Ucraina in Europa al più presto
È sconcertante come parte della sinistra politica, sindacale e pubblicistica italiana non comprenda la natura fascista del suprematismo russo. È arrivato il momento di accogliere gli eroi antifascisti nell’Unione europea
Ogni giorno penso all’Ucraina, cerco notizie sull’Ucraina, commissiono articoli sull’Ucraina, pubblico un giornale in lingua ucraina, e, guarda che combinazione, mi viene da scrivere solo di Ucraina.
È un’ossessione, forse? È una malattia seria? O, più semplicemente, l’Ucraina è la questione più importante del nostro tempo, del nostro presente e del nostro futuro (per non parlare del presente e del futuro degli ucraini che si devono quotidianamente proteggere dalle bombe dei fanatici russi)?
Solo il 1989 con la caduta del Muro di Berlino e il 2001 con l’attacco islamista a New York hanno per la Generazione X (i fortunati occidentali nati tra il 1965 e il 1989) una rilevanza ideale pari agli anni che stiamo vivendo dal 2022 con l’invasione russa, anche se è cominciata nel 2014 con l’Anschluss della Crimea e del Donbas, e si spera anche in questo 2023 con la vittoria definitiva dell’Ucraina sui criminali di guerra del Cremlino.
Una bella canzone di Dario Brunori di qualche anno fa, “Canzone contro la paura”, a un certo punto diceva «perché alla fine, dai, di che altro vuoi parlare?».
E, appunto, di che altro vuoi parlare se non dell’Ucraina e della sua ammirevole e coraggiosa battaglia contro le tenebre dell’autoritarismo russo che martorizza gli ucraini e minaccia da vicino l’Europa e il modello di vita occidentale.
Non si può parlare d’altro anche perché siamo tutti corresponsabili delle sofferenze del popolo ucraino, non per le ragioni che i fessi ripetono nelle fogne dei talk show italiani («guerra per procura», «colpa della Nato» e altre immonde oscenità), ma perché non ci siamo accorti in tempo delle palesi intenzioni del Cremlino e delle inevitabili conseguenze del suprematismo russo, malgrado fossero ben evidenti già durante la rivoluzione arancione (2004), durante la rivoluzione della dignità (le proteste pro Europa del 2013 a Maidan) e in seguito all’annessione illegale nel 2014 della Crimea e del Donbas.
Uno dei pochi che se ne era accorto in tempo e che invano ci aveva avvertiti è stato Bernard-Henri Levy, uno dei più lucidi intellettuali della nostra epoca, i cui ripetuti e ignorati appelli sono stati appena raccolti dalla Nave di Teseo nel libro “Dunque, la guerra”.
La congiunzione conclusiva, “dunque”, è usata da BHL per sottolineare che la guerra altro non è che la conclusione logica dell’inascoltato grido del 2004 e poi del 2013-2014.
Oggi gli ucraini sono i patrioti e i partigiani dell’Europa, probabilmente gli unici del continente, e combattono contro gli «abiti nuovi del fascismo» (definizione di Paul Berman) indossati da Vladimir Putin.
Questa cosa che una buona parte della sinistra politica, sindacale e pubblicistica italiana non comprenda, o faccia finta di non comprendere, la natura tipicamente fascista dell’ideologia russa alla base dell’aggressione all’Ucraina, e anzi ripeta le bufale della propaganda del Cremlino che sostengono l’opposto, ovvero che gli aggrediti guidati da un presidente ebreo siano loro stessi i fascisti, è un elemento sconcertante e un’ulteriore dimostrazione che viviamo nell’epoca della post verità e della società dove non contano i dati di fatto.
Non esiste niente di più visibile e riconoscibile del bianco e del nero nella questione imperialista russa. Il male è da una sola parte e il bene è sotto attacco indiscriminato.
Chi invoca la complessità o altre ignobili scemenze come «la guerra di Biden» è soltanto un manutengolo del Cremlino.
Non c’è alcuna differenza tra la politica basata sulle bugie di un artista della truffa come Trump e quelle di Putin e dei suoi volenterosi complici di sinistra e di destra nella politica e nella televisione italiana.
Non c’è alcuna differenza tra l’ideologia fascista storica e il revanscismo eurasiatico e antioccidentale di ideologi come Alexander Dugin, uno che è stato allontanato da Putin per eccessivo estremismo senza però perdere lo status di ospite d’onore dei nazibol italiani e del telegiornale Rai diretto dall’attuale ministro italiano della Cultura, nonché agiografo di Putin e di Trump, Gennaro Sangiuliano.
Aggiungo una cosa che alcuni sedicenti intelligentoni, insufflati a loro insaputa dalla disinformazione russa, fastidiosamente ripetono ogni volta che sentono gli amici dell’Ucraina dire “Slava Ukraini”, gloria all’Ucraina, cui gli ucraini rispondono immancabilmente con “Heroiam slava”, Gloria agli eroi, come in un call-and-response tipico della tradizione della musica gospel.
Slava Ukraini, dicono i dotti e i sapienti che ci possiamo permettere in questi tempi impazziti, è uno slogan fascista usato da Stepan Bandera un secolo fa. Bandera era certamente antisemita ed era di simpatie fasciste, anche se le atrocità di cui è accusato in realtà sono state condotte dai suoi seguaci mentre lui era rinchiuso in un lager nazista, ma Bandera era anche un indipendentista ucraino che voleva liberare il suo popolo dal giogo sterminatore di Mosca e per questo si appoggiava alla Germania, tanto poi da essere stato ucciso dai sovietici nel secondo dopoguerra a Monaco di Baviera. Il punto però non è quanto sia deprecabile oggi il pensiero di Bandera negli anni 20 del secolo scorso, ma che l’invocazione gloriosa all’Ucraina si trovi invece nei testi ottocenteschi del principale poeta e scrittore ucraino, il Manzoni e il Dante degli ucraini, Taras Shevchenko:
«La nostra idea, il nostro cantare
Non può morire né cadere…
Ecco dov’è la nostra gloria,
La gloria ch’è dell’Ucraina».
Soprattutto, Slava Ukraini è diventato il segno di riconoscimento dell’indipendenza, della libertà e dello spirito democratico di Kyjiv, coniato nelle fredde notti di Maidan, tra la fine del 2013 e l’inizio del 2014, mentre il fantoccio del Cremlino che guidava l’Ucraina grazie ai brogli elettorali strappava gli accordi di amicizia con l’Europa e sparava sui connazionali che pretendevano il rispetto del processo di integrazione europea e di affrancamento dall’imperialismo russo.
Quindi, sia storicamente sia politicamente, Bandera non detiene né la primogenitura né il senso indipendentista dell’espressione Slava Ukraini, che invece è molto più recente, liberale, democratica e antifascista.
Che fare, quindi, per sostenere ancora la lotta ucraina? Certamente bisogna continuare a informare, ad aiutare (magari donando a Come back alive) e a tenere alto il dibattito pubblico sui pericoli dell’autoritarismo russo e sull’importanza degli aiuti militari a Kyjiv in vista della controffensiva di primavera volta a rimandare l’Armata rossa a casa e in rovina.
Ma forse è arrivato anche il momento di accelerare le procedure di adesione dell’Ucraina all’Europa, di aprire subito i negoziati con cerimonia pubblica e solenne a Kyjiv con tutti i capi di stato e di governo dei ventisette paesi membri. L’Ucraina se lo merita e noi lo dobbiamo ai patrioti e ai partigiani dell’Europa.
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Rise Of The Northstar - Showdown
🎧 #RECENSIONE:
👉 Rise Of The Northstar - Showdown
#numetal
Dopo tre anni di composizione e di produzione esce il nuovo disco dei francesi Rise Of The Northstar intitolato "Showdown" per Atomic Fire. Il gruppo francese nato nel 2008 ha messo insieme sottoculture musicali come l'hardcore, l'hardcore beatdown, l'hip-hop con la cultura giapponese di certi manga ed anime.
Fr.#22 / Di tasse e sacrifici umani
Tax (and surveil) the rich
Pare che 130 europarlamentari, socialisti e democratici di sinistra, abbiano proposto di extra-tassare i super-ricchi con patrimoni oltre i 50 milioni di euro per “ridurre le disuguaglianze e contribuire a finanziare gli investimenti necessari per la transizione ecologica e sociale”.
I migliori tra noi diranno che è giusto; anzi doveroso. Che chi più guadagna, più deve contribuire.
I peggiori, invece, potrebbero sostenere che non è un contributo, né una partecipazione. Semmai, una espropriazione forzosa e violenta non consensuale.
Purtroppo l’espropriazione forzosa non si limita certo al patrimonio, ma anzi inizia proprio con l’invasione ingiustificata della sfera personale di queste persone. Anzi — un’invasione ingiustificata della sfera personale di tutti noi.
Eh sì, perché prima di extra-tassare gli ultra-ricchi, bisogna trovarli. E per trovarli non c’è altra soluzione se non assoggettare l’intera popolazione a meccanismi di sorveglianza di massa finanziaria, secondi come perversione solo all’atto di rubare al prossimo per portare avanti le proprie, opinabili e personalissime, battaglie politiche.
Privacy Chronicles non chiede sacrifici umani, né espropriazione violenta. Se ti piace, ti iscrivi, altrimenti amici come prima.
Vincerà ancora una volta l’etica sinistra1 che, giustificando ogni violenza, ritiene l’individuo sempre sacrificabile a favore di un fantomatico bene collettivo che non esiste? Ancora una volta vi convinceranno che è giusto sacrificare la vostra privacy e la proprietà di chi è colpevole di avere troppo per il bene comune?
Stai fermo, è per il bene di tutti
Avanti tutta sull’identità digitale nazionale
E se vi piace l’idea di rinunciare a privacy e proprietà per soddisfare la sete di sangue dei sinistri Dei Verdi, sarete molto felici di sapere che i lavori per l’identità digitale nazionale (e poi europea) proseguono a gonfie vele.
A me non piaceva lo SPID, così come non mi piace nessuno schema di identità digitale statale. Devo però ammettere che era il male minore. D’altronde, lo diceva anche l’AGID. Abbiamo bisogno di SPID, perché:
Principio della libertà di scelta dell'utente. Ogni cittadino potrà scegliere l’IdP che vorrà e smettere di usare un provider se lo desidera.Nessuna banca dati centralizzata delle identità. Per proteggere la privacy degli utenti, ogni IdP sarà responsabile dello svolgimento in modo sicuro delle attività connesse, mentre ogni service provider – pubblico o privato – avrà accesso solo ai dati di cui ha bisogno per erogare il servizio.
Libertà di scelta e privacy? Nossignori, non scherziamo. È stato bello finché è durato ma ora si tira dritto: nessuna libertà di scelta e nessuna privacy. Sarà papà Stato a gestire tutto e avere il monopolio assoluto sulle nostre identità.
Non abbiate fretta però, il vero giro di boa lo avremo quando finalmente l’agenda climatica potrà usufruire di un’identità digitale unica per ogni singolo cittadino europeo. L’extra-tassazione dei super-ricchi sarà un bel ricordo lontano.
Meme del giorno
In Italia è più intorno al 60%
Citazione del giorno
When plunder becomes a way of life for a group of man in a society, over the curse of time they create for themselves a legal system that authorizes it and a moral code that glorifies it.
Frédéric Bastiat
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Agenda climatica? Sorveglianza e controllo, una distopia eco(in)sostenibile
L’agenda comun…ehm - climatica - è ormai a pieno regime, e purtroppo si porta dietro un tale carico di sorveglianza di massa e controllo sociale che anche i meno sensibili tra voi dovrebbero, forse, iniziare a preoccuparsi. I segnali, convergenti tra loro, sono ovunque - anche se sparpagliati e apparentemente separati l’uno dall’altro…
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6 months ago · 11 likes · 1 comment · Matte Galt
3. fig. Infausta, sfavorevole, avversa (per il prevalere, nelle antiche tradizioni popolari, della credenza che gli auspìci provenienti da sinistra fossero di cattivo augurio): presagi s., tempi s.; che fa presagire sventure e danni, lugubre.
Il #fediverso è già morto? Il post di @informapirata
Il #fediverso è morto?
#Cloudflare, #TumbIr, #Flipboard, #Automattic e #Meta dicono di no...
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Dal servizio di aggornamento curato da @N_{Dario Fadda} :unverified:
ransom.insicurezzadigitale.com…
DRM - Dashboard Ransomware Monitor
An italian project to tracking cyber gangs and store results in MySQL database to generate free RSS feedsransom.insicurezzadigitale.com
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Attenzione: questo è un messaggio di servizio (il primo in quasi due anni) inviato da Poliverso con un esplicito invito a contribuire per mantenere vivo e in buona salute il progetto di Poliverso ed è rivolto in particolare:
- a chi utilizza i nostri servizi in quanto utente di poliverso.org, poliversity.it e feddit.it
- a chi utilizza i gruppi/forum Friendica e le comunità Lemmy
- a chi segue i nostri account informativi Notizie dal fediverso, Cybersecurity, Privacy Post, Pirate Post e Ministero dell'istruzione
Chi volesse offrire un contributo potrà farlo attraverso due sistemi differenti:
1) Ko-Fi
2) LiberaPay
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Il film “Fuoricondotta”, diretto da Fabio Martina e realizzato con i ragazzi e le ragazze degli istituti scolastici “Ermanno Olmi” e “Sorelle Agazzi”, sarà disponibile in streaming il 17 marzo 2023.
Ministero dell'Istruzione
#NotiziePerLaScuola Il film “Fuoricondotta”, diretto da Fabio Martina e realizzato con i ragazzi e le ragazze degli istituti scolastici “Ermanno Olmi” e “Sorelle Agazzi”, sarà disponibile in streaming il 17 marzo 2023.Telegram
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MADRE DI BONG JOON-HO
Una donna sola vive totalmente in funzione del figlio, un ragazzo problematico, senza lavoro e non pienamente autosufficiente. Un giorno il giovane viene accusato dell’omicidio di una ragazza. La madre fa di tutto per provare a scagionarlo. #cinema #korea @Film
iyezine.com/madre-di-bong-joon…
Madre di Bong Joon-Ho
- Una donna sola vive totalmente in funzione del figlio, un ragazzo problematico, senza lavoro e non pienamente autosufficiente. Un giorno il giovane vieneRoberta Cospito (In Your Eyes ezine)
Le lettere a un giovane poeta di Rainer Maria Rilke
Le lettere a un giovane poeta di Rainer Maria Rilke
Le lettere a un giovane poeta sono tra gli scritti più conosciuti e interessanti della letteratura internazionale, scritte da Rainer Maria Rilke e indirizzate all'aspirante poeta Kappus.Redazione (Kulturjam)
È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione e del Merito.
Ministero dell'Istruzione
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NicolaF
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Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂
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quasimagia
in reply to Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂ • • •C'è anche da dire che su Twitter conta il numero di interazioni (indipendentemente dal "tipo") mentre su Mastodon o in generale nel fediverso, grazie anche al fatto che si parte "da zero", ogniuno si crea la sua bolla come vuole
Sono sicuro che, da qualche parte, esistano istanze piene di complottisti che se la suonano e se la cantano
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Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂
in reply to quasimagia • •@quasimagia
Ci sono molte istanze pleroma e peertube (ce n'è anche una italiana) fatte proprio per i complottisti. Al di là del fatto che sono praticamente defederate da tutto il fediverso italiano, è interessante vedere di cosa si "discute": in pratica sembrano una camera degli orrori in cui ognuno URLAAAA la propria verità, non ci si fila l'uno con l'altro e ognuno si spalma con le proprie feci per liberare la propria espressività... Un cazzo di inferno, insomma.
Tutta quella bellissima gente è così, è sempre stata così: non è fatta per socializzare, ma solo per aggregarsi quando trova qualcuno che URLAAAA più forte. I socialproprietari, con i loro algoritmi di aggregazione, aiutano queste persone a ritrovarsi sotto alcuni loro "influencer", anche se il massimo si esprime nei canali Telegram, in cui c'è uno che spara grosse flatulenze e gli altri si rotolano eccitati mentre le annusano.
Il fediverso invece è dispersivo, ostico, ti rende invisibile by default se non interagisci e non ti consente di trovare facilmente le persone che vorresti offendere e molestare: in pratica è disegnato malissimo per questo tipo utenza.
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