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In Ucraina, la Russia prepara i suoi nuovi ordigni per l’inverno


Anche se non vengono registrati significativi spostamenti del fronte, in Ucraina i combattimenti proseguono incessanti. E nonostante le riserve di equipaggiamento e munizioni di entrambe le parti coinvolte continuino a deteriorarsi, questo non impedisce a

Anche se non vengono registrati significativi spostamenti del fronte, in Ucraina i combattimenti proseguono incessanti. E nonostante le riserve di equipaggiamento e munizioni di entrambe le parti coinvolte continuino a deteriorarsi, questo non impedisce ai due eserciti di dispiegare nuovi e più letali equipaggiamenti. L’ultima novità, introdotta sul campo di battaglia dalle truppe di Mosca, è un ordigno molto particolare.

La Fab-1500 appartiene alla famiglia delle glide bombs, termine italianizzabile con “bombe plananti”: ordigni dolati di appositi alettoni che permettono loro di essere sganciati a lunga distanza (così da evitare l’intercettazione da parte della contraerea nemica) e di planare con una discreta precisione contro il bersaglio. Come suggerisce il nome stesso, la Fab-1500 contiene al suo interno una tonnellata e mezzo di esplosivo, e all’impatto è in grado di colpire bersagli in un raggio che si estende fin quasi a 500 metri. Essa può distruggere bunker fino a 20 metri di profondità e sfondare tre metri di cemento armato. Tra i modelli di aereo in forza all’aereonautica di Mosca, sia il Su-30 che il Su-34 e il Su-35 possono essere impiegati come piattaforma di lancio dell’ordigno, che poi viene guidato da un operatore direttamente sul bersaglio.

Segnali dell’utilizzo di questo tipo di bomba erano già stati registrati nella primavera di quest’anno, quando il Ministero della Difesa ucraino ha segnalato sia un uso estensivo delle Fab-500 (le “sorelle minori” contenti mezzo chilogrammo di esplosivo) lungo tutto il fronte, assieme a segnali di preparazione “per un uso estensivo delle Fab-1500”.

L’avvicinarsi dell’inverno rende queste bombe ancora più efficaci, poiché con molta probabilità esse saranno impiegate negli attacchi alle infrastrutture critiche ucraine, accanto ai missili da crociera e alle loitering munitions che Mosca sta già impiegando in questo senso, così da mettere sotto ulteriore pressione i sistemi di difesa aerea avversari.

Secondo Frederik Mertens, analista del Centro di studi strategici dell’Aia, la Russia potrebbe iniziare a usare queste armi per colpire le infrastrutture energetiche dell’Ucraina “non appena l’inverno inizierà a farsi sentire. Negli ultimi mesi Mosca ha usato con parsimonia i suoi missili e dovrebbe di nuovo averne accumulato una discreta scorta-ha dichiarato. Il suo obiettivo più logico sarebbe l’infrastruttura energetica di Kiev, proprio nel momento in cui ne ha più bisogno”, ha dichiarato l’analista a Newsweek.

Anche Kyiv utilizza ordigni non troppo diversi da quelli russi, ordigni ricevuti all’interno dei pacchetti d’aiuti militari statunitensi già dal dicembre dello scorso anno. Tra queste le Jdam (Joint Direct Attack Munitions) e le Jdam-Er, versione con raggio ancora più lungo: kit che permettono di trasformare semplici bombe in munizioni “intelligenti” lanciabili da una varietà di aerei, proprio come le bombe della famiglia Fab.


formiche.net/2023/11/ucraina-r…


in reply to Poliverso - notizie dal Fediverso ⁂

@FronteAmpio Natale Salvo ha saputo cogliere l'essenziale di Mastodon e le radicali differenze con altri social. È molto importante realizzare qualcosa di diverso da quello che non ci piace e questo è un ottimo esempio


Ho firmato e invito a firmare l'appello on line lanciato da Amnesty International Italia che certo non può essere accusata di essere organizzazione filo-Hamas.


  Di Antonello Patta* Finita la proliferazione delle bozze, figlia della corsa di tutti i partiti di maggioranza a piazzare le proprie bandierine in




Il disprezzo


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La “Dottrina Zaluzhnyi” segna il nuovo approccio di Kyiv al conflitto


Non solo una dottrina militare, ma anche un assessment della situazione al fronte, un manifesto politico e una dichiarazione programmatica. È un po’ di tutto questo “Modern Positional Warfare and How to Win It”, il documento diffuso dallo Stato Maggiore u

Non solo una dottrina militare, ma anche un assessment della situazione al fronte, un manifesto politico e una dichiarazione programmatica. È un po’ di tutto questo “Modern Positional Warfare and How to Win It”, il documento diffuso dallo Stato Maggiore ucraino e vergato proprio dal comandante in capo delle forze armate di Kyiv, Valerii Zaluzhnyi, il quale delinea come si sia arrivati a combattere una guerra di posizione, quali siano le dinamiche che la regolano e quali invece possano essere le soluzioni da adottare per superare questa impasse.

Nell’apertura del suo elaborato Zaluzhnyi prende una forte posizione politica. Egli accusa Mosca di aver causato, con la sua invasione su larga scala del territorio ucraino, “la più grande crisi di sicurezza globale dalla fine della seconda guerra mondiale”, poiché anziché un conflitto localizzato esso è “un confronto armato tra regimi politici democratici e autoritari” che potrebbe estendersi (ed in parte lo sta già facendo) ad “altre regioni del pianeta con modelli geopolitici simili”, dal Medio Oriente alla penisola di Corea, arrivando fino al Mar Cinese Meridionale. Il Comandante in Capo delle forze armate ucraine denuncia l’incapacità delle organizzazioni internazionali (chiamando in causa le Nazioni Unite e l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) di tutelare l’integrità territoriale del suo paese, compito di cui invece si sono fatte carico le forze armate di Kyiv, vedendo nell’utilizzo della forza militare l’unico modo possibile per ripristinare la sovranità nazionale sui suoi territori.

Zaluzhnyi sottolinea come il popolo ucraino, dimostrando “la sua volontà di dare la propria anima e il proprio corpo per la libertà, non con le parole ma con i fatti”, sia stato capace “non solo di fermare l’avanzata” di un nemico “molto più potente, con moltissime armi a disposizione e una capacità di mobilitazione decisamente più alta”, ma anche di lanciare un efficace operazione controffensiva (il riferimento, esplicitato dallo stesso comandante ucraino, è a quanto avvenuto tra l’estate e l’autunno dello scorso anno) e di tenere a bada il nemico su molti fronti. Senza però esimersi dal rimarcare la fondamentale importanza del supporto militare dei partner occidentali, il quale in questo momento sta venendo messo in dubbio come mai prima d’ora.

Soffermandosi poi sul piano strettamente militare, dove vengono analizzate le cause del passaggio ad una guerra di posizione, il generale ucraino elenca cinque dimensioni fondamentali che più di tutte hanno contribuito a questa trasformazione del conflitto.

La prima è il parziale controllo dello spazio aereo: malgrado i numeri garantiscano alle forze armate russe un certo grado di air superiority, le difese contraeree ucraine (che dall’inizio del conflitto hanno inflitto perdite pesantissime alle forze aeree nemiche) limitano sia la libertà di movimento che l’efficacia dell’aviazione nemica. La quale però non è scomparsa dai cieli, e si è anzi adattata alla situazione, riuscendo comunque a rappresentare uno dei principali ostacoli all’avanzata delel forze ucraine.

La seconda è la presenza di enormi campi minati (che in alcuni punti si estendono lungo una profondità di 15-20 km) su entrambe le parti del fronte, assieme alla scarsità di equipaggiamento adatto al creare delle brecce al loro interno. I tentativi di creare varchi in questa tipologia di ostacolo sono spesso neutralizzati dall’artiglieria, sotto la cui copertura i genieri vanno poi a tappare le falle venutesi a creare. Artiglieria che rappresenta la terza dimensione fondamentale indicata da Zaluzhny, che si sofferma sulla specifica dinamica del “fuoco di controbatteria”, ovvero sull’impiego del fuoco d’artiglieria per eliminare i cannoni avversari: l’efficacia di questo tipo di approccio, prioritario nella tipologia di guerra d’attrito in corso, viene però inficiata da numerose tattiche, che vanno dalla dispersione delle bocche di fuoco all’impiego di strumentazione di guerra elettronica.

La quarta dimensione è quella della mobilitazione delle riserve, un fronte su cui entrambe le parti si trovano in difficoltà, anche se per motivi diversi. Mentre la Russia dispone di un ampio bacino di popolazione a cui attingere, ma ha problemi di natura politico-motivazionale (crescente insofferenza verso il conflitto con rischi per la stabilità del regime, soprattutto con l’avvicinarsi della tornata elettorale), l’Ucraina ha molte meno risorse umane a cui attingere, a cui si devono sommare problemi logistici (mancanza di spazi sicuri per l’addestramento) e morali (difficoltà al fronte e durata della guerra che scoraggiano eventuali volontari).

Infine, l’ultima dimensione è quella dell’electronic warfare, dove le forze armate russe godevano di una certa superiorità all’inizio del conflitto, superiorità che però con il tempo è stata erosa dalle forze ucraine (soprattutto grazie al sostegno estero). L’impiego estensivo di questa strumentazione limita trasversalmente la capacità di condurre operazioni complesse, favorendo quindi approccio più cauti e difensivi.

Quali sono dunque le soluzioni per evitare una “guerra di trincea come nel 1914-1918”?

Zaluzhny fornisce dei suggerimenti da applicare ai campi da lui evidenziati in precedenza: dall’uso concentrato di Unmanned Aerial Vehicle in singole operazioni d’attacco, assieme all’impiego apposito di droni per “cacciare” i droni nemici, per guadagnare la superiorità aerea; migliorare le capacità di deception per l’artiglieria, così come quelle di reconnaissance; ricorrere a soluzioni meno convenzionali per aprire delle brecce nei campi minati, come l’uso di cannoni ad acqua o lo scavare tunnel sotto i campi minati da riempire di esplosivo per creare un passaggio sicuro; migliorare l’attrattività delle forze armate ucraine e combattere la renitenza alla leva; espandere ulteriormente le capacità di electronic warfare.

In chiusura, il Comandante in capo ucraino introduce due dimensioni più generali, quella della logistica e quella del Command and Control. Mentre per la seconda sono sufficienti poche righe per evidenziarne l’importanza trasversale, la prima occupa uno spazio decisamente maggiore. Questo spazio viene dedicato ancora una volta a sottolineare l’importanza dell’aiuto occidentale (senza il quale l’Ucraina difficilmente potrebbe portare avanti la sua lotta) nella guerra d’attrito, ma anche la necessità di creare un sistema industriale-militare autonomo.

Pubblicando questo documento, il Comandante in Capo delle forze armate ucraine è stato un po’ un politico, un po’ un militare, un po’ un teorico. Ma quel che è certo è che è proprio grazie a documenti come questo che le forze armate ucraine (e non solo) riusciranno ad adattarsi alle necessità della guerra futura.


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Più fondi e tecnologie, meno corruzione. Le riforme dell’Esercito promosse da Xi


Sin dai primi momenti della sua ascesa al potere come Segretario del Partito Comunista della Repubblica Popolare Cinese, una delle priorità perseguite da Xi Jinping è stata quella di riformare l’Esercito Popolare di Liberazione (acronimo internazionale Pl

Sin dai primi momenti della sua ascesa al potere come Segretario del Partito Comunista della Repubblica Popolare Cinese, una delle priorità perseguite da Xi Jinping è stata quella di riformare l’Esercito Popolare di Liberazione (acronimo internazionale Pla). Nella mente del leader, l’obiettivo era quello di trasformare un obsoleto apparato militare costruito sul modello sovietico in un moderno e tecnologico esercito pronto per affrontare le sfide del XXI secolo.

Per realizzare lo “Strong Army Dream”, componente fondamentale della national rejuvenation ricercata dal Segretario, dal 2015 in poi Xi ha sottoposto le forze armate della Repubblica Popolare a una profonda campagna anti-corruzione (volta sia ad eliminare le inefficienze dentro all’apparato militare che a mettere fuori gioco i nemici politici del segretario), ad una riforma del sistema di comando e ad un processo di aggiornamento tecnologico che ha attraversato, anche sé con intensità differenti, tutte le branche del Pla. L’allineamento dal governo del ministro Li Shangfu la scorsa settimana, e di altre componenti della leadership miliare nei mesi scorsi, è parte di queste campagne di revisione e rimodellamento.

Le sette “regioni militari” dell’Esercito sono state trasformate in cinque comandi di teatro che sovrintendono a diverse direzioni geografiche e sono stati messi in atto piani per ridurre il numero di truppe a 2 milioni di effettivi. Anche i quattro “regni militari” indipendenti del Pla – stato maggiore, politica generale, logistica generale e armamenti generali – sono stati aboliti e i loro poteri sono stati distribuiti in 15 unità più piccole che dipendono direttamente dalla Commissione militare centrale (Cmc) del Partito Comunista Cinese.

Il rapido sviluppo economico della Cina ha permesso al Pla di vedersi costantemente aumentato il budget annuale negli ultimi decenni. Quest’anno le forze armate hanno ricevuto un aumento del 7,2%, arrivando a circa 1,55 trilioni di yuan (224,3 miliardi di dollari), diventando così il secondo budget per la difesa al mondo dopo gli Stati Uniti.

I risultati di questi sforzi sono così evidenti e visibili che i vertici militari statunitensi hanno affermato pubblicamente che nel 2027 la Repubblica Popolare avrà una forza militare sufficiente per invadere Taiwan. Ma il divario che separa il Pla dalle forze armate statunitensi è ancora incolmabile. Le tecnologie di cui dispone Washington sono decisamente superiori, e la sua politica di export control è stata sviluppata anche per rallentare l’acquisizione di un simile expertise da parte di Pechino.

Inoltre, l’Esercito Popolare di Liberazione non si impegna in un conflitto reale sin dal 1979, anno dell’invasione del Vietnam. Questa mancanza di esperienza di combattimento rappresenta comunque un limite per l’efficacia militare delle forze armate di Pechino. E non solo per quel che riguarda l’esperienza dei soldati, ma anche perché le tattiche e le dottrine sviluppate non possono essere messe alla prova, se non in wargames con un grado di realismo difficilmente paragonabile a un vero campo di battaglia.

“È troppo presto per concludere se gli sforzi di modernizzazione del Pla stiano funzionando o meno”, ha detto Ni Lexiong, professore del Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Scienze Politiche e Giurisprudenza di Shanghai. Per Ni, “le realtà che si stanno verificando sul campo di battaglia ucraino hanno ribaltato molte dottrine militari e giudizi che abbiamo appreso da precedenti guerre convenzionali come la Guerra del Golfo. Una volta ci aspettavamo che i combattimenti tra carri armati su larga scala sarebbero diventati i protagonisti della guerra in Ucraina, e che la fanteria avrebbe svolto un ruolo inferiore per ripulire le conseguenze […] proprio come è successo durante la Guerra del Golfo, ma la realtà ha mostrato che i loro ruoli sono stati scambiati”.

Xi ha indicato alle forze armate tre grandi obiettivi da raggiungere entro un lasso di tempo molto preciso: meccanizzazione di base e grandi progressi nel campo dell’informatizzazione entro il 2020, modernizzazione della difesa nazionale entro il 2035 e costruzione di un esercito di livello mondiale a tutto tondo entro la metà del secolo. Non è difficile leggere tra le righe l’obiettivo trasversale di superare gli Stati Uniti nella dimensione bellica, diventando così la prima potenza militare globale.


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Il 4 novembre è un atto di stima per le nostre Forze Armate. Scrive il gen. Arpino


L’aver perso disastrosamente la guerra e visto l’Italia spaccata tra Nord e Sud, l’aver avuto in Parlamento e nel Paese il più forte partito comunista d’Europa, del quale alcuni rappresentanti di spicco (avevamo da poco aderito alla Nato) continuavano a f

L’aver perso disastrosamente la guerra e visto l’Italia spaccata tra Nord e Sud, l’aver avuto in Parlamento e nel Paese il più forte partito comunista d’Europa, del quale alcuni rappresentanti di spicco (avevamo da poco aderito alla Nato) continuavano a fare la spola con Mosca, sono elementi che a suo tempo avevano disorientato i cittadini e messo in dubbio la nostra credibilità, all’interno e all’esterno.

L’aver persino ridicolizzato e tentato di distruggere, con abili manovre culturali, persino concetti “risorgimentali” fondanti come quelli di Patria, dovere, onore e famiglia, avevano prodotto sin dal primo dopoguerra una strisciante, ma pervasiva, disaffezione per le Forze Armate. Tuttavia, questa sembrava essere in buona parte svanita, se si considera il successo popolare dell’iniziativa del ripristino della sfilata militare nell’ambito del 2 giugno, voluta dal presidente Carlo Azeglio Ciampi. Era un uomo che durante la guerra aveva indossato le stellette, e non se lo era mai dimenticato. La festa del 4 novembre, che ha anch’essa subito alterne vicende, rientra in questo contesto.

È da allora che, con fatica, abbiamo cominciato a risalire la china. Anche grazie al coraggio del presidente Ciampi – lo posso dire a ragion veduta – da allora ad oggi l’atmosfera sembrava essere cambiata. E, pur senza rinnegare una briciola dei valori che li contraddistinguono, sono cambiati anche i militari. Una maggiore apertura verso il pubblico, la realtà positiva e il comune apprezzamento del loro operato nelle missioni internazionali, la sospensione della leva, l’arruolamento femminile ed un maggior senso di responsabilità collettiva sono tutti elementi che stanno riequilibrando una situazione non simpatica, che gli uomini in uniforme avvertivano e sopportavano con pazienza.

Resta comunque un equilibrio fragile, spesso aggredito da ideologie antiquate, ma persistenti. Il mondo politico in tutto questo non aiuta molto: si va dai sorrisi e gli applausi del due giugno alla richiesta di “provvedimenti esemplari” nei confronti del carabiniere che, aggredito, spara un colpo di pistola. Non si è capito, ad esempio, che una buffa tenuta con blue jeans, camicia bianca, colletto aperto e caritatevole copertura del tutto con una giacca di mimetica presa a prestito (forse nell’intento di dimostrarsi “democratici” ed alla mano verso gli impeccabili, ma perplessi militari schierati sull’attenti) è irrispettosa verso tutto il reparto, e che i soldati, dopo la rottura dei ranghi, ne rideranno a crepapelle. Così come lascia perplessi il fatto che per molto tempo, si sia voluto contrabbandare per “duale” ogni esigenza d’acquisto ed ogni oggetto da mettere in mano a un soldato. Ora, con le guerre che ci toccano da vicino, tutto ciò sembra esaurito, ma il pubblico, stupito e confuso, non capisce. O riceve un messaggio sbagliato.

Il “politicamente corretto”, così attraente ed accattivante nelle aule parlamentari e nei vertici internazionali, sul terreno, in cielo ed in mare non lo è affatto, e non funziona. Non mi dilungo sugli esempi, che sono molti e ricorrenti, dalla guerra del Golfo alla Libia, dal Kosovo all’Afghanistan. Eppure facciamo le cose bene, ma riusciamo a dare sempre l’impressione di quelli che lanciano il sasso e nascondono la mano. Anche questo lascia perplessi i nostri cittadini, e, più ancora, i nostri soldati. E non parlo solo dei famigerati caveat nazionali. Cose di questo tipo sono disdicevoli, perché, l’inevitabile percezione internazionale di questo nostro tormento erode credibilità, affidabilità e pone ingiuste ombre sul generale consenso che invece si conquistano sul campo i soldati. Il cittadino attento se ne accorge, e i suoi dubbi aumentano.

È con questi pensieri che oggi ci apprestiamo a celebrare il “nostro” 4 novembre. È per volere delle nostre Autorità (certo non intendiamo discutere, sappiamo che conoscono il contesto nazionale ed internazionale molto meglio di noi), che questa “nostra” celebrazione, almeno esteriormente, quest’anno trascorrerà in tono minore, senza enfasi e senza festeggiamenti, cercando quasi di passare sottotraccia. Certo, le massime Autorità saranno pur sempre all’Altare della Patria, le Frecce Tricolori passeranno con puntualità cronometrica e in una blindatissima Cagliari parlerà il ministro della Difesa alla Presenza del Capo dello Stato, a conclusione della Cerimonia ufficiale.

E noi, buoni cittadini? Non sentiamoci esclusi da un tono minore che certamente avrà le sue contingenti giustificazioni politiche. Senza dare fastidio a nessuno, senza attrarre odio, senza polemizzare, celebriamo comunque in perfetto silenzio questo “nostro” 4 novembre. A modo nostro. Dentro di noi. Nel profondo del cuore.


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GAZA. Guterres (Onu): “sono inorridito dagli attacchi aerei alle ambulanze”.


"Tutto questo deve finire", ha detto il segretario generale delle Nazioni Unite. "La situazione umanitaria a Gaza è orribile. Subito il cessate il fuoco”. L'articolo GAZA. Guterres (Onu): “sono inorridito dagli attacchi aerei alle ambulanze”. proviene da

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della redazione

Pagine Esteri, 4 novembre 2023 – Il segretario generale delle Nazioni Unite è rimasto “inorridito” dall’attacco delle forze israeliane contro un convoglio di ambulanze a Gaza avvenuto ieri, ha detto in un comunicato, aggiungendo che il conflitto “deve finire”. La Mezzaluna Rossa Palestinese ha riferito che una delle sue ambulanze è stata colpita “da un missile lanciato dalle forze israeliane” a pochi passi dall’ingresso dell’ospedale Shifa di Gaza City, in un attacco che ha ucciso 15 persone e ne ha ferite più di 60.

“Sono inorridito dall’attacco riportato a Gaza contro un convoglio di ambulanze fuori dall’ospedale Al Shifa. Le immagini dei corpi sparsi sulla strada fuori dall’ospedale sono strazianti”, ha detto Antonio Guterres nella dichiarazione.

L’esercito israeliano ha dichiarato di aver lanciato un attacco aereo su “un’ambulanza identificata dalle forze armate come utilizzata da una cellula terroristica di Hamas in prossimità della loro posizione nella zona di battaglia”. Poi ha sostenuto che con le ambulanze Hamas avrebbe cercato di portare suoi uomini al valico di Rafah in modo da farli fuggire in Egitto. Accuse seccamente respinte dalla Mezzaluna rossa.

Ribadendo di “non dimenticare gli attacchi terroristici commessi in Israele da Hamas”, Guterres ha aggiunto che “per quasi un mese, i civili di Gaza, compresi bambini e donne, sono stati assediati, negati gli aiuti, uccisi e bombardati fuori dalle loro case”. le case. “Tutto questo deve finire”, ha continuato. La situazione umanitaria a Gaza è “orribile”, ha detto. Non ci sono “abbastanza” cibo, acqua e medicine, mentre il carburante per alimentare gli ospedali e gli impianti idrici sta finendo, ha avvertito. I rifugi delle Nazioni Unite a Gaza “sono quasi quattro volte la loro capacità totale e sono colpiti dai bombardamenti”, ha continuato Guterres. “Gli obitori sono stracolmi. I negozi sono vuoti. La situazione igienico-sanitaria è pessima. Stiamo assistendo ad un aumento delle malattie e delle malattie respiratorie, soprattutto tra i bambini. Un’intera popolazione è traumatizzata. Nessun posto è sicuro”, ha detto.

Guterres ha nuovamente chiesto un cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi presi da Hamas durante il primo attacco del 7 ottobre. Il gruppo palestinese ha ucciso più di 1.400 persone in quell’attacco, principalmente civili, dicono funzionari israeliani. Tel Aviv ha reagito bombardando massicciamente la Striscia di Gaza, dove sono morte più di 9mila persone, soprattutto donne e bambini.

invitato nuovamente tutte le parti a rispettare il diritto internazionale umanitario e a proteggere i civili.

“Tutti coloro che hanno influenza devono esercitarlo per garantire il rispetto delle regole di guerra, porre fine alle sofferenze ed evitare una propagazione del conflitto che potrebbe travolgere l’intera regione”, ha affermato.

Resta drammatica la situazione dei civili palestinesi. Ieri, la Mezzaluna Rossa Palestinese (PRCS) ha ricevuto 47 camion di aiuti umanitari dalla Mezzaluna Rossa egiziana attraverso il valico di frontiera di Rafah, ha affermato la PRCS in un post sul suo account sulla piattaforma di social media X. Il post aggiunge che questi camion contenevano cibo, acqua, generi di prima necessità, farmaci e attrezzature mediche. “Finora sono stati ricevuti complessivamente 421 camion, ma fino ad ora non è stato consentito l’ingresso del carburante”,

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pagineesteri.it/2023/11/04/in-…



L’Onu dice basta ma il Blocco Economico di Cuba non cesserà


All'Assemblea generale 187 paesi hanno votato per l’eliminazione delle sanzioni che da molti decenni colpiscono duramente l'Avana. Solo due paesi hanno votato contro: gli Stati Uniti e Israele. Uno si è astenuto, l’Ucraina. L'articolo L’Onu dice basta ma

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di Davide Matrone

Pagine Esteri, 4 novembre 2023 – Il 2 novembre all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite si è tenuta la votazione della Risoluzione contro il Blocco Economico inflitto dagli Stati Uniti a Cuba. Il risultato anche quest’anno è stato schiacciante a favore del governo cubano. Ben 187 paesi membri dell’ONU hanno votato per l’eliminazione dell’anacronistico blocco economico, commerciale e finanziario che colpisce l’economia dell’Isola grande dei Caraibi. Solo due paesi hanno votato contro e sono gli Stati Uniti e lo stato d’Israele. Un solo astenuto, l’Ucraina.

Precedenti storici

La vittoria della Rivoluzione Cubana nel 1959 determinò il punto di rottura della geopolitica continentale e la questione cubana divenne il nodo principale della politica estera degli Stati Uniti. Fu immediata la reazione del paese nordamericano che cominciò ad armare una serie di piani per destabilizzare il primo governo rivoluzionario e socialista del continente. L’azione di forza contro Cuba era stata già progettata sin dai primi mesi della vittoria di Castro. A fomentarla fu l’allora vicepresidente degli Stati Uniti Richard Nixon che aveva messo su “Il Progetto Cuba” coi fratelli Dulles, John Foster e Allan, rispettivamente Segretario di Stato e capo della C.I.A.

Il 17 marzo del 1960 il presidente statunitense Dwight Eisenhower approvò il piano che includeva una guerra psicologica e azioni politiche, economiche e paramilitari contro Cuba e la sua popolazione. Nel settembre del 1960 Fidel Castro pronunciò il suo primo discorso alla sede delle Nazioni Unite a New York ed era ben chiaro che il suo governo non avrebbe retrocesso di un millimetro di fronte ai piani e agli attacchi dell’imperialismo nordamericano che fu criticato duramente dallo stesso Castro per almeno 10 volte nel suo discorso. La risposta statunitense fu immediata: nell’ottobre del 1960 cominciò ad applicarsi il blocco economico contro Cuba dopo le espropriazioni delle compagnie e proprietà statunitensi ad opera del governo Rivoluzionario.

Il punto di massima rottura tra i due paesi si ebbe nell’anno 1962. Nel gennaio dello stesso anno, si organizzò l’Ottava Riunione di Consulta dei Ministri delle Relazioni Estere degli Stati Americani a Punta del Este in Uruguay. A quell’incontro il governo di Cuba si presentò con una folta delegazione presieduta dall’ex Presidente Oswaldo Dorticós. L’allora Governo Rivoluzionario denunciò che Washington pretendeva utilizzare l’evento per ricattare i paesi dell’America Latina e metterglieli contro. Alla fine della riunione Cuba fu esclusa dall’OEA. Come risposta a questa esclusione, nei primi giorni di febbraio si approvò la Seconda Dichiarazione di l’Avana in una gigantesca concentrazione popolare nella Piazza della Rivoluzione “José Martí”. Giorni successivi si stabilisce il blocco economico totale contro Cuba ad opera del governo Kennedy con la Risoluzione 3447. Da allora il blocco, commerciale e finanziario non è terminato, anzi ha registrato inasprimenti in vari momenti storici come quelli degli anni 90 con la promulgazione delle leggi Helms Burton, Torricelli, poi quelle dell’anno 2000 e le ultime nel governo di Donald Trump con un pacchetto di leggi ad hoc per inasprire la condizione materiale dei cubani.

Gli effetti del blocco economico a Cuba

Gli effetti di questa misura sono stati devastanti per la popolazione cubana e i suoi governi. Il blocco si applica nell’ambito economico, commerciale e finanziario colpendo tutti i settori dell’economia nazionale cubana. Secondo stime governative dal 1962 ad oggi si calcola una perdita per un totale di 160 miliardi di dollari. Nel solo anno 2022 / 2023 le perdite ammontarono a 5 miliardi di dollari. Eppure nonostante queste grandi perdite, Cuba ha resistito con dignità e finanche alle perdite causate dalle importazioni dall’ex URSS dopo la caduta del muro di Berlino. È riuscita anche a brevettare 5 vaccini grazie ai successi della biotecnologia nazionale durante la grande crisi del biennio 2019, 2020 dovuta alla propagazione del COVID 19.

31 Votazioni dell’ONU che condannano il blocco economico

Fu nell’anno 1991 che si presentò per la prima volta all’ONU, il Progetto di Risoluzione contro il Blocco Economico da parte del governo Cubano. A pochi giorni dalla votazione, la delegazione cubana ritirò il documento per le enormi pressioni da parte del governo statunitense. Dal 1992 si registrò la prima votazione che si ripete ogni mese di novembre all’interno dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Nel primo anno votarono a favore dell’eliminazione del blocco economico 95 paesi però dall’anno 2004 si passò a 179 paesi che condannarono la misura statunitense. La votazione con il numero più alto di paesi che dissero no al blocco si registrò nell’anno 2013 con 188 voti e da allora si oscilla tra i 184 e 187. Durante questi 3 decenni di votazioni, solo due paesi hanno mantenuto una posizione favorevole al blocco economico contro Cuba e cioè: Stati Uniti e Israele. Anche quest’anno sono stati gli unici due paesi a votare contro con un unico voto di astensione da parte dello stato di Ucraina.

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foto di Jorge Luis Baños/IPS

Il comportamento dell’Ucraina con la solidarietà Cubana

Nel 2018 L’Ucraina si assentò durante la votazione, poi seguirono quattro astensioni di seguito nelle votazioni del 2019, 2021, 2022 e 2023. Nel 2020 si registrò un’interruzione dei lavori dell’ONU per la situazione epidemiologica COVID-19 a livello globale.

L’Ucraina negli ultimi anni è chiaramente nell’orbita occidentale filostatunitense, oggi è aiutata e sostenuta economicamente, politicamente e militarmente dall’Europa e dagli Stati Uniti nel conflitto bellico contro la Russia ed è in processo la sua integrazione nella NATO. È quindi parte di quel pezzo di mondo che ostacola, critica e condanna Cuba in ogni occasione. Tuttavia non vota contro Cuba nelle votazioni annuali all’ONU. Perché?

Sarebbe il caso di ricordare quello che fece il governo cubano con la popolazione ucraina all’indomani del disastro nucleare di Cernobyl nel 1986. L’Ucraina allora era parte dell’impero sovietico e tra i primi paesi a solidarizzare con la popolazione ucraina fu proprio Cuba che attivò una serie di piani di solidarietà. Quando nell’anno 1990 il caso Cernobyl già non era più notizia, Cuba inviò sul suolo ucraino un gran numero di medici per riscontrare gli effetti delle radiazioni sulla popolazione. Dal 1990 al 2016 Cuba ha ricevuto sul suo territorio 26 mila ucraini di cui 22 mila bambini e bambine. Furono realizzate 70 mila consulte in 22 specialità mediche da parte dei medici cubani che usarono, oltretutto, farmaci prodotti dalla biotecnologia cubana. I primi 139 bambini e bambine che giunsero sull’isola cubana per ricevere trattamenti medici furono ricevuti personalmente dal Presidente Fidel Castro. Ancora oggi, moltissimi in Ucraina ricordano la solidarietà cubana. I bambini di allora, oggi adulti, raccontano quest’esperienza con affetto e rispetto come si evidenzia in un reportage realizzato dalla BBC inglese nel 2019. (bbc.com/mundo/noticias-america…)

Alcune reazioni dopo la votazione

Il Ministro degli esteri cubano ha dichiarato: “Durante 6 decenni, Cuba ha resistito a uno spietato blocco economico, commerciale e finanziario. Oltre l’80% della nostra popolazione attuale ha conosciuto solo la Cuba bloccata. La perversa decisione di rafforzare in modo inedito il blocco in questa congiuntura di crisi economica mondiale derivata dalla pandemia, per promuovere la destabilizzazione del paese, rivela con tutta chiarezza la profonda crudeltà e inumanità di questa politica”.

La ministra degli esteri del Gabón ha dichiarato: ”Il blocco economico, commerciale e finanziario ha un grande impatto per la vita quotidiana di tutti i cittadini di Cuba. Porre fine al blocco sarebbe un passo significativo per migliorare la qualità di vita del popolo cubano”

La ministra degli esteri cilena ha affermato: ”Cile non è d’accordo con le imposizioni delle sanzioni unilaterali di nessun tipo. Riaffermare la necessità di porre fine al blocco Economico a Cuba, cosi come la sua esclusione dalla lista dei paesi che patrocinano il terrorismo”

Per saperne di più ho contattato Yamila González Ferrer, Vicepresidente dell’Unione Nazionale dei Giuristi di Cuba che ha dichiarato: ”Questa votazione riflette l’opinione dell’immensa e schiacciante maggioranza di paesi del mondo contro una politica aggressiva e genocida degli USA contro il popolo cubano. Una volta ancora ha vinto la ragione, la giustizia e il reclamo di tutto il mondo che vuole porre fine a questo blocco economico, commerciale e finanziario. Credo che sia molto importante in questo momento riconoscere l’appoggio internazionale che permette di rendere più visibile la lotta di Cuba. Inoltre la giornalista cubana Diane Dewar raggiunta telefonicamente ha dichiarato: ”Il blocco economico statunitense contro Cuba è una delle più grandi ingiustizie commesse nel mondo. Per oltre sei decenni gli Stati Uniti hanno dato fastidio a un governo e allo stesso tempo al suo popolo che ha deciso di ricostruire la sua propria storia”. Pagine Esteri

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L'articolo L’Onu dice basta ma il Blocco Economico di Cuba non cesserà proviene da Pagine Esteri.



N. 200/2023 LE TRE NEWS DI OGGI: Il garante per la privacy del Paese ha avviato un procedimento civile contro Australian Clinical Labs (ASX: ACL) per l’hacking di Medlab che ha comportato il furto delle cartelle cliniche e dei numeri di carta di credito di oltre 223.000 pazienti e personale alla fine dello scorso anno.Il...


Etiopia, la guerra genocida in Tigray e le conseguenze 3 anni dopo


La guerra genocida è iniziata in Tigray il 4 novembre 2020. I media italiani politicizzati non ne hanno dato degna visibilità, se non per mettere in luce qualche sporadica notizia sensazionalistica. Personalmente coinvolto emotivamente per amicizie di lun

La guerra genocida è iniziata in Tigray il 4 novembre 2020. I media italiani politicizzati non ne hanno dato degna visibilità, se non per mettere in luce qualche sporadica notizia sensazionalistica.

Personalmente coinvolto emotivamente per amicizie di lunga data e visto le premesse informative in Italia, ho cominciato a condividere aggiornamenti, per quel che potevo, per quel che riuscivo a sapere da varie fonti.

Il Tigray, stato regionale a nord dell’ Etiopia confinante con l’Eritrea, ha circa 7 milioni di abitanti.

Sono stati distrutti il 90% degli ospedali, lo stupro è stato usato come arma producendo una stima di 120.000 abusi su donne di ogni età, arresti di massa, deportazioni e detenzioni su base etnica contro il diritto umanitario internazionale su persone di ogni genere, di ogni età e ceto sociale (anche donne e umoni di chiesa) e persone solo per il sospetto che fossero sostenitori dei “ribelli”. Furono attaccati anche luoghi di culto. La guerra per strategia bellica fu combattuta in totale isolamento comunicativo e blackout elettrico: 2 anni in cui il popolo tigrino è stato tenuto in ostaggio. Le stime delle vittime parlano di 800.000 morti, tigrini civili uccisi direttamente da attacchi aerei, massacri, uccisioni extragiudiziali o per fame indota da volontà politiche del governo etiope. L’occupazione delle forze regionali amhara e milizie Fano nellla parte nord occidentale del Tigray hanno perpetrato attività di pulizia etnica, anche dopo l’inizio della tregua del novembre 2022, che ha decretato un formale cessate il fuoco con l’accordo di Pretoria tra il governo federale etiope e i membri del TPLF – Tigray People’s Liberation Front, partito del Tigray considerato gruppo terroristico dalla legge etiope dl maggio 2021. Questo ultimo anno di tregua formale comunque non ha fermato abusi e violenze sulla popolazione civile di etnia tigrina.


ARCHIVIO: Tigray : la Guerra Genocida Dimenticata dal Mondo – Archivio


Oggi la situazione si è normalizzata ma resta critica e grave.

Ci sono ancora più di 1 milione di sfollati interni, IDP, in Tigray in attesa oltre che di poter tornare a casa, anche di assistenza e supporto alimentare e per cure mediche.

Le persone continuano ancora a morire di fame dopo un anno dall afirma dell’ accordo di tregua.

Secondo uno studio congiunto condotto dal Tigray Health Bureau, dal Tigray Health Research Institute e dalla Mekelle University, almeno 1.329 persone sono morte di fame in soli 9 distretti nella regione per il periodo di 9 mesi che hanno portato ad agosto 2023.

La sospensione degli aiuti alimentari da parte di WFP e USAID per nove mesi consecutivi, ha aggravato le condizioni umanitarie di una regione già scosse da disastri come siccità, invasione di locuste nel deserto

La presenza degli sfollati crea disagi perché in varie zone occupano edifici scolastici per cui i ragazzi non possono tornare sui banchi di scuola.

Gli ospedali dopo 3 anni continuano ad essere in mancanza di risorse. Ci sono flebili segnali di ripresa e supporto nei più grandi centri, ma per le aree rurali e più decentralizzate, soprattutto quelle ancora occupate dalle forze amhara ed eritree, sussistono problematiche di accesso alle cure e al supporto umanitario alimentare.


Approfondimenti: Etiopia: le atrocità cessa l’anniversario del fuoco – Human Rights Watch


La commissione degli esperti sul diritto umanitario dell’ ONU – ICHREE, istituita per investigare in maniera indipendente sui crimini di guerra e contro l’umanità perpetrati sul popolo tigrino, è stata bloccata nel suo operato. Il suo mandato non è stato rinnovato come sperato dalla diaspora e da tutta quella parte di società civile che chiede giustizia per le vittime. Il mandato non è stato rinnovato per due cause principali: la pressione da parte del governo etiope perché ha rivendicato, come strumento di distrazione di massa, di essere stato sovrano quindi che come da accrodo di Pretoria ha istituito un processo di giustizia di transizione come processo interno nazionale e dall’altra la volontà politica dell’ ONU che non ha rispettato il “mai più” voltandosi dall’altra parte il 4 ottobre durante la seduta della commissione per decidere le sorti del ICHREE. Il movente della comunità internazionale? Probabilmente tutelare le proprie risorse in gioco, vecchi e nuovi accordi economici mascherati da “crescita e sviluppo” in Etiopia.

In una dichiarazione rilasciata in occasione del primo anniversario dell’accordo di Pretoria, il TPLF afferma che il popolo del Tigrai continua a soffrire terribilmente a causa della sua mancata attuazione, affermando che:

“Milioni di persone nel Tigrai sono sparse ovunque in cerca di rifugio nei campi, e coloro che sono sotto le forze d’invasione sono costretti a cambiare la propria identità, mentre coloro che si trovano nei campi per sfollati stanno morendo di fame”


“Le forze d’invasione avrebbero dovuto ritirarsi dal Tigrai, ma non sono state ritirate.” ha osservato il TPLF. Il TPLF esorta il governo federale, l’UA, gli Stati Uniti, l’UE, l’IGAD e le organizzazioni internazionali dei media e dei diritti a mantenere i progressi raggiunti attraverso l’accordo di Pretoria e ad impegnarsi per assumersi i propri obblighi morali e legali per garantire la piena attuazione dell’accordo.”


Per l’Italia naturalmente si è tutto risolto con la firma dell’accordo di Pretoria, così i media italiani si sono sentiti legittimati di non scriverne più (non che prima di tale data avessero contribuito con l’informazione su tale contesto, anzi).

A fine ottobre 2023 funzionario USA rivela che la richiesta dell’Etiopia di idoneità AGOA è “ancora in sospeso”. “Queste decisioni sono ancora in sospeso”, ha detto la signora Hamilton ai giornalisti del continente, e che “probabilmente non ci sarà alcun annuncio al momento in cui arriveremo al Forum AGOA”. Il presidente Joe Biden ha firmato un ordine esecutivo nel novembre 2021 che rimuoveva l’Etiopia dall’AGOA a seguito dell’escalation della guerra, iniziata un anno prima nella regione del Tigrè, e ha assistito a “grosse violazioni dei diritti umani riconosciuti a livello internazionale. ”Il governo etiope ha condannato la decisione, descrivendola come “sbagliata e non riuscendo a considerare il benessere dei comuni cittadini.”


Approfondimento: L’accordo di pace di Pretoria: promesse infrante e l’appello urgente per l’emendamento e la rinegoziazione


La guerra genocida iniziata in Tigray il 4 novembre 2020 ha avuto fine formale il 3 novembre 2022 con l’accordo di cessazione ostilità, ma abusi e violenze continuano ancora oggi.

Come sempre a pagarne il caro prezzo, anche con la vita, sono i milioni di persone. Come prassi, l’informazione in Italia ha spento i riflettori su questa ennesima crisi umanitaria in atto per passare al prossimo scoop.

Una preghiera per tutte le vittime della guerra genocida in Tigray. Una pensiero di speranza per tutte le persone che ancora soffrono.


tommasin.org/blog/2023-11-04/e…



Macron punta sull’Asia Centrale, Mosca arretra


In tour in Asia Centrale, Macron consolida le relazioni economiche e politiche con Kazakistan e Uzbekistan e si assicura un aumento delle importazioni di uranio e petrolio. Mosca costretta alla difensiva L'articolo Macron punta sull’Asia Centrale, Mosca

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di Marco Santopadre*

Pagine Esteri, 4 novembre 2023 – Mercoledì Emmanuel Macron ha iniziato un viaggio in Asia Centrale che lo ha portato prima in Kazakistan e poi in Uzbekistan. Un anno fa erano stati i leader dei due paesi ad essere ricevuti all’Eliseo.
Nelle due repubbliche ex sovietiche l’influenza di Mosca si sta via via allentando e ad approfittarne sono stati soprattutto la Cina, la Turchia e, appunto, Parigi.
Il Kazakistan e l’Uzbekistan sono due paesi centrali per gli equilibri geopolitici dell’area, grazie alla loro posizione, al centro di un crocevia tra est e ovest e tra sud e nord che ha stimolato l’attivismo di numerose potenze, e alle ricchezze del sottosuolo.

Macron a caccia di uranio e petrolio
Il Kazakistan, ricco di petrolio, è diventato un produttore ancora più importante dopo la decisione dell’Unione Europea di trovare nuovi fornitori in sostituzione della Russia, punita dopo l’invasione dell’Ucraina.
Inoltre Astana è il maggiore esportatore di uranio al mondo. Dopo il golpe del 26 luglio in Niger, che ha messo in discussione la presa francese sull’ex colonia, Parigi è alla ricerca di nuove fonti del prezioso minerale per bilanciare il blocco delle importazioni dal paese africano, che finora copriva il 15% del fabbisogno di combustibile delle 18 centrali nucleari dell’Esagono.
Di qui la prioritaria necessità di aumentare gli approvvigionamenti provenienti dal Kazakistan, dove l’impresa francese Orano (il cui presidente accompagnava Macron) sfrutta già una miniera di uranio nel paese che da sola copre il 12% dell’intero fabbisogno di Parigi e gestisce una joint venture con l’azienda nucleare statale Kazatomprom. Inoltre il gigante energetico francese EDF potrebbe aggiudicarsi la realizzazione della prima centrale nucleare del Kazakistan realizzata dopo lo smantellamento di quelle costruite in epoca sovietica. Astana soddisfa già il 40% del fabbisogno francese di uranio (e il 25% di quello complessivo europeo) ma Parigi spera che le forniture possano aumentare notevolmente, come d’altronde quelle di greggio.
«Poiché l’energia nucleare rappresenta il 63% del settore energetico francese, esiste un enorme potenziale per un’ulteriore cooperazione. I nostri interessi convergono anche quando si tratta di raggiungere zero emissioni di carbonio in futuro» ha affermato il presidente kazako Kassym-Jomart Tokayev, riferendosi anche ai progetti di cooperazione firmati con Parigi nel campo delle energie rinnovabili, oltre che nel comparto farmaceutico.

Inoltre Orano ha annunciato l’avvio delle prime attività di estrazione del minerale in Uzbekistan proprio in concomitanza con l’arrivo del presidente francese a Samarcanda. Se il Kazakistan è attualmente il primo produttore mondiale del combustibile nucleare, la seconda tappa del tour francese in Asia Centrale è il quinto. Pochi giorni fa Parigi ha già firmato un altro accordo con la Mongolia, che però è un produttore abbastanza marginale di uranio e deve fare i conti con un agguerrito movimento che contesta i metodi estremamente inquinanti di estrazione.

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Relazioni economiche privilegiate
Parigi ha da tempo elevato le relazioni economiche con Astana al livello del partenariato strategico che la visita di Macron mira a rafforzare e accelerare. Nel 2022 gli scambi commerciali tra Francia e Kazakistan hanno raggiunto i 5,3 miliardi di euro, principalmente nel campo degli idrocarburi. Parigi è già il quinto investitore nel paese centrasiatico davanti alla Cina, con 771 milioni di dollari di investimenti nel 2022, un incremento del 28% rispetto all’anno precedente. Il gigante energetico francese Total (al pari dell’italiana Eni) controlla il 17% del capitale del consorzio che sfrutta il giacimento petrolifero di Kashagan, nel Mar Caspio.

Ad Astana Macron e Tokayev hanno firmato una dichiarazione d’intenti per una partnership nello strategico settore delle terre e dei metalli rari (allo scopo di ridurre la dipendenza da Pechino) mentre Parigi importa già dal Kazakistan il 20% del titanio utilizzato dalla sua industria aerospaziale. Le francesi Alstom e Thales potrebbero ottenere un commessa, rispettivamente, per la produzione di treni elettrici e per la vendita di radar militari.

Con l’Uzbekistan gli scambi commerciali sono assai più ridotti ma in rapida crescita, avviati verso la simbolica soglia del miliardo di euro l’anno. Inoltre Macron si è impegnato con il presidente uzbeko Shavkat Mirziyoyev a facilitare il varo di un Trattato di Cooperazione tra Bruxelles e Tashkent e a intercedere per l’ingresso del paese nell’Organizzazione Mondiale del Commercio.

Uranio non olet
Né a Parigi né a Bruxelles sembra interessare che entrambi i paesi siano governati da regimi fortemente autoritari, che di fatto impediscono la libera espressione del dissenso e lo sviluppo di un’opposizione politica.
Il presidente francese ha anzi elogiato le “riforme” di Mirziyoyev – che nel 2017 ha aperto l’Uzbekistan al commercio internazionale – e la capacità di Tokayev di mantenere la stabilità nel suo paese. Poco importa che la suddetta “stabilità” sia stata imposta con una repressione – supportata dalle truppe inviate dai paesi del CSTO guidato da Mosca – che nel 2022 è costata la vita a centinaia di manifestanti.

Tanto la Francia quanto l’Unione Europea vogliono approfittare del fatto che l’Uzbekistan e soprattutto il Kazakistan, che hanno basato la propria crescita economica soprattutto sull’esportazione degli idrocarburi, del carbone e dell’uranio, intendono ora differenziare velocemente gli investimenti, ponendosi al centro di una fitta rete di relazioni commerciali in virtù della propria posizione geopolitica.

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Riserve di uranio del Kazakistan

La Russia arretra
Per un certo numero di anni dopo lo scioglimento dell’URSS, Kazakistan e Uzbekistan sono rimaste nell’orbita politica, economica e militare russa, ma negli ultimi anni hanno accelerato un processo di allontanamento da Mosca iniziato da più di un decennio. La Federazione Russa rimane il partner principale delle due repubbliche, che però stanno sviluppando rapporti sempre più intensi con altre potenze, puntando a giocare su più tavoli.
Anche a costo di prendere esplicitamente le distanze da Mosca, come è avvenuto dopo l’invasione russa dell’Ucraina. Tanto Astana quanto Tashkent hanno aderito alle sanzioni varate da Ue e Nato contro la Federazione Russa, si sono rifiutate di riconoscere l’annessione delle regioni ucraine occupate e si sono offerte come sostituti di Mosca nella fornitura di gas e petrolio all’occidente, diventando un nodo nei collegamenti tra Europa e Cina che bypassa la Russia.

Una scelta ovviamente apprezzata da Macron che ha elogiato Tokayev e ha affermato di non sottovalutare «in alcun modo le difficoltà geopolitiche, le pressioni (…) che alcuni attori potrebbero esercitare su di voi».

A ottobre i ministri degli Esteri del Kazakistan e dell’Uzbekistan, insieme a quelli del Kirghizistan, del Tagikistan e del Turkmenistan, si sono riuniti per la prima volta con i loro omologhi dei 27 paesi dell’Unione Europea. A settembre era stato invece Joe Biden ad incontrare i leader dei paesi centrasiatici ai margini dell’Assemblea generale dell’ONU.

Di fronte al consolidamento del ruolo francese e genericamente occidentale nel suo cortile di casa, la Russia fa buon viso a cattivo gioco – Mosca rimane, almeno formalmente, il partner strategico di Astana e Tashkent – ma non è affatto contenta.
Mercoledì il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha affermato che il Kazakistan, in quanto stato sovrano, è libero di sviluppare legami con qualsiasi paese. Ma pochi giorni prima il ministro degli Esteri Sergei Lavrov aveva accusato l’occidente di tentare di allontanare da Mosca i «vicini, amici e alleati» della Russia.
«Gli Stati Uniti e i loro alleati stanno cercando di sostenere il sentimento nazionalista, diffondendo menzogne, manipolando l’opinione pubblica, anche attraverso Internet e i social network» aveva già chiarito a giugno Alexander Shevtsov, deputato del Consiglio di sicurezza russo.

Ma la Russia non deve preoccuparsi soltanto dell’invadenza francese ed europea. Negli ultimi anni la Cina ha stretto forti legami con il Kazakistan, investendo ingenti risorse nelle infrastrutture del paese, integrandolo nei corridoi previsti dalla “Nuova Via della Seta” e soppiantando in vari campi la primogenitura di Mosca.

E proprio a ridosso di Emmanuel Macron, a stringere accordi con le repubbliche dell’Asia Centrale sono arrivati giovedì e venerdì prima il premier ungherese Viktor Orban e poi il presidente turco Recep Tayyip Erdogan. – Pagine Esteri

10152015* Marco Santopadre, giornalista e saggista, già direttore di Radio Città Aperta di Roma, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e dell’Africa. Scrive, tra le altre cose, di Spagna, America Latina e movimenti di liberazione nazionale. Collabora con il Manifesto, Catarsi e Berria.

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Ministero della Sanità palestinese: “Chiediamo alla Croce Rossa di portare unità di sangue a Gaza”


Le autorità palestinesi ritengono che Israele, bloccando qualsiasi strada di collegamento tra il nord e il sud della Striscia, impedisca deliberatamente ai feriti del nord di recarsi in Egitto L'articolo Ministero della Sanità palestinese: “Chiediamo all

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Pagine Esteri, 3 novembre 2023. Nella conferenza stampa di oggi, il portavoce del Ministero della Salute palestinese ha comunicato che nelle ultime ore sono stati commessi a Gaza 16 massacri, che hanno causato la morte di 196 palestinesi.

Il numero totale dei palestinesi uccisi a Gaza dal 7 ottobre è di 9.257, di cui 3.826 bambini e 2.405 donne, e 23.516mila feriti. Sono 2.100 le persone scomparse, tra cui 1.200 bambini, rimasti sotto le macerie.

Sono morti 136 operatori sanitari, colpite e distrutte 25 ambulanze, attaccate 102 istituzioni sanitarie. Sono attualmente fuori servizio, a causa dei bombardamenti e della mancanza di gasolio, medicine e attrezzature, 16 ospedali.

Il Ministero della Sanità ritiene che Israele impedisca deliberatamente ai feriti del nord della Striscia di recarsi in Egitto, bloccando qualsiasi strada di collegamento tra il nord e il sud.

Il funzionamento dei generatori secondari nel complesso ospedaliero di Al-Shifa e nell’ospedale indonesiano consente di continuare le attività solo in tre dei reparti, mentre la corrente è interrotta in tutti gli altri. L’interruzione dell’elettricità nei reparti ospedalieri influenza la capacità delle équipe mediche di monitorare i segni vitali dei pazienti ricoverati e di fornire loro interventi medici tempestivi, con gravi ripercussioni sulla vita dei feriti e dei malati.

“Facciamo appello a tutte le istituzioni internazionali affinché intervengano urgentemente per rifornire di carburante il complesso medico di Al-Shifa e l’ospedale indonesiano prima che si verifichi un disastro. Chiediamo al presidente della Repubblica turca, Recep Erdogan, al governo e al popolo turco di intervenire urgentemente per proteggere l’ospedale turco-palestinese, rifornirlo di carburante e salvare 10.000 malati di cancro. Facciamo appello a tutte le parti interessate affinché forniscano un passaggio sicuro al flusso urgente di aiuti medici, carburante e delegazioni mediche per salvare migliaia di feriti e malati. Sottolineiamo la necessità di coordinare tutti gli sforzi per far uscire centinaia di feriti gravi e centinaia di casi complessi il più presto possibile, per non perdere altre vite a causa della mancanza di cure negli ospedali della Striscia di Gaza. Facciamo appello alla nostra gente affinché si rechi immediatamente negli ospedali per donare il sangue. Facciamo appello al Comitato Internazionale della Croce Rossa affinché fornisca quantità e unità di sangue dall’esterno della Striscia di Gaza per salvare la vita dei feriti”.

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MALI. L’ONU fugge dal Paese, abbandonando mezzi e attrezzature per milioni di dollari


La missione delle Nazioni Unite avrebbe dovuto lasciare la base di Kidal a metà novembre ma i ribelli hanno preso possesso di uffici e materiale L'articolo MALI. L’ONU fugge dal Paese, abbandonando mezzi e attrezzature per milioni di dollari proviene da

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Pagine Esteri, 3 novembre 2023. La missione delle Nazioni Unite in Mali (MINUSMA) avrebbe dovuto lasciare la base di KIDAL, nel nord del Paese, a metà novembre.

A giugno la giunta militare al potere in Mali ha ordinato ai rappresentanti ONU di lasciare il prima possibile il Paese. In questi mesi i combattimenti e gli scontri tra i ribelli e le forze governative che si contendono il controllo si sono moltiplicati e sono diventati più violenti.

Alla notizia che le truppe ribelli si stavano avvicinando alla base di KIDAL, il personale ONU si è preparato a lasciare in fretta e furia il Paese, abbandonando tutta l’attrezzatura presente e distruggendo il materiale e gli oggetti “sensibili” che i ribelli avrebbero potuto utilizzare per propri fini. Secondo il portavoce della MINUSMA, nella fuga sono andati perduti milioni di dollari di materiale ONU, finiti nelle mani dei ribelli che hanno preso il controllo della base.

Convogli e personale ONU sono stati bersaglio, in questi mesi, di ripetuti attacchi e attentati.

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#NoiSiamoLeScuole questa settimana racconta la Scuola primaria “Giacomo Matteotti” di Castelnuovo di Porto (RM) che sarà una delle 212 nuove scuole costruite grazie al PNRR.

Qui tutti i dettagli ▶️ miur.gov.



L’Italia ospiterà a Roma una conferenza internazionale sull’IA che coinciderà con la presidenza del G7. Lo ha annunciato la presidente del Consiglio Giorgia Meloni a margine del primo vertice sulla sicurezza dell’IA tenutosi a Londra. Studiosi, manager ed esperti di...


N. 199/2023 LE TRE NEWS DI OGGI: I delegati di 28 nazioni, tra cui Stati Uniti e Cina, hanno stabilito mercoledì di lavorare insieme per contenere i rischi potenzialmente “catastrofici” posti dai progressi esponenziali dell’intelligenza artificiale. Il primo vertice internazionale sulla sicurezza dell’intelligenza artificiale, tenutosi in un’ex base di intelligence vicino a Londra, si è...

informapirata ⁂ reshared this.



I Comuni e le Province impegnati nella costruzione di nuove scuole #PNRR, affinché sia garantita la continuità didattica nella fase dei lavori, potranno beneficiare di contributi per l’affitto di immobili o il noleggio di strutture provvisorie.
#pnrr


La Francia ospiterà il prossimo vertice sulla sicurezza dell’IA a Parigi, secondo una decisione presa a margine del primo vertice in assoluto che si sta svolgendo a porte chiuse a Londra in questi giorni (mercoledì 1 e giovedì 2 novembre)....


Dichiarazione della FPF sugli arresti ingiustificabili dei giornalisti dell'Alabama

Un editore e giornalista di un quotidiano dell'Alabama sono stati arrestati la scorsa settimana e accusati, ai sensi dello statuto di segretezza del Gran Giurì, del "crimine" di aver riferito su un mandato di comparizione del Gran Giurì fornito da una fonte.

E oggi, l'editore, Sherry Digmon, è stato arrestato di nuovo, questa volta per aver sollecitato annunci pubblicitari dal distretto scolastico locale mentre prestava servizio nel Board of Education.

"Arrestare giornalisti che riportano notizie è palesemente incostituzionale", ha affermato Seth Stern, direttore dell'advocacy della Freedom of the Press Foundation (FPF) . “Le regole di segretezza del Gran Giurì vincolano i gran giurati e i testimoni, non i giornalisti. Il procuratore distrettuale dovrebbe incolpare se stesso per non aver mantenuto la segretezza dei procedimenti del gran giurì, non i giornalisti carcerari per aver fatto il loro lavoro”.

"Il Primo Emendamento protegge i giornalisti che pubblicano informazioni ottenute legalmente da fonti", ha affermato Caitlin Vogus, vicedirettore dell'Advocacy della FPF . “In questo Paese non arrestiamo i giornalisti per aver riportato notizie che le autorità preferirebbero mantenere segrete”.

@Giornalismo e disordine informativo


Il giornalista di Atmore News Don Fletcher e l'editore Sherry Digmon sono stati arrestati dopo aver riferito di un'indagine sulla gestione dei fondi COVID da parte di un consiglio scolastico. Ufficio dello sceriffo della contea di Escambia

Qui il post completo



Da antifascista esprimo grande preoccupazione per le vigliacche azioni di danneggiamento delle pietre d'inciampo a Roma. Questi atti di antisemitismo sono ignob


L'Indipendente | La controrivoluzione delle élite di cui non ci siamo accorti: intervista a Marco D'Eramo

"Il mito originario (e mai confessato) del neoliberismo non è il baratto ma lo schiavismo. Il grande successo che hanno avuto i neoliberisti è di farci interiorizzare quest’immagine di noi stessi. È una rivoluzione culturale che ha conquistato anche il modo dei servizi pubblici. Per esempio le unità sanitarie locali sono diventate le aziende sanitarie locali. Nelle scuole e nelle università il successo e l’insuccesso si misurano in crediti ottenuti o mancanti, come fossero istituti bancari. E per andarci, all’università, è sempre più diffusa la necessità di chiedere prestiti alle banche. Poi, una volta che hai preso il prestito, dovrai comportarti come un’impresa che ha investito, che deve ammortizzare l’investimento e avere profitti tali da non diventare insolvente."

lindipendente.online/2023/11/0…



Weekly Chronicles #52


Doxxing, poliziotti alla ricerca di seed words e distopie pop artificiali.

Questo è il numero #52 delle Cronache settimanali di Privacy Chronicles, la newsletter che parla di globalismo, sorveglianza di massa, crypto-anarchia, privacy e sicurezza dei dati. Questa settimana parliamo di:

  • Una guida anti-doxxing
  • Le celebrità diventano una IA, e vogliono i tuoi dati
  • I poliziotti inglesi potranno confiscare le seed words

E poi,

Lettere Libertarie: Le radici della guerra

Scenario OpSec della settimana: Marco usa Bitcoin per acquistare prodotti online che sono considerati socialmente tabù. Se gli acquisti fossero resi noti, potrebbe avere conseguenze reputazionali e problemi con la famiglia o col lavoro. Pertanto, non vuole che le sue transazioni o le spedizioni siano associate a lui.

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Una guida anti-doxxing


Il doxxing è l’attività di ricerca, documentazione e poi diffusione di dati personali riferibili a una specifica persona con lo scopo di molestarla o intimidirla.

È un fenomeno piuttosto diffuso nel campo del giornalismo e dell’attivismo, ma come ci insegna X in questi giorni con l’hashtag #SiamoTuttiGiardinieri, potrebbe riguardare chiunque abbia un’identità pseudoanonima online.

Equality Lab, un’organizzazione della società civile (noprofit) ha da poco rilasciato una guida anti-doxxing molto estensiva e dettagliata sul tema.

La guida ha l’obiettivo di aiutare attivisti particolarmente esposti politicamente a mitigare i rischi di doxxing, ma è applicabile a chiunque abbia voglia di limitare il rischio di esposizione della sua identità fisica online.

Si parte dalla definizione di doxxing per poi delineare i principi di threat modeling che dovrebbero guidare qualsiasi valutazione in materia di sicurezza personale, fino ad arrivare a numerosissimi consigli su come proteggere dati e identità personale.

Insomma, un piccolo manuale che fornisce numerosi spunti interessanti, soprattutto per chi ancora non ha molta dimestichezza con la privacy online.

Leggi la guida (inglese) qui.

Le celebrità diventano una IA, e vogliono i tuoi dati


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EU Commission’s “multi-cloud strategy” raises consistency questions


US cloud service Oracle advertised that the European Commission decided to include Oracle Cloud Infrastructure services into its offerings, raising consistency questions with its proposed cloud security schemes.


euractiv.com/section/data-priv…



Update October 2023


*Fediparty update, October 2023* Hi, fedizens! Long time no see. @lostinlight h https://mastodon.xyz/users/lightone

Fediparty update, October 2023


Hi, fedizens! Long time no see.

@lostinlight here 👋, with a small announcement and a big question for everyone who’s still reading this blog or RSS feed (is anyone out there? 😀

Once upon a time Fediverse.Party tried to keep up with everything going on in Fedi. We posted about latest software releases and developments on the Chronicles page, via RSS and Friendica account. But no new posts have appeared for a long time.

It’s because there’re three great sources of Fediverse news now: fediversereport.com, wedistribute.org, and @weekinfediverse. They cover all the stories happening in our federated universe. Following them is the best way to stay well-informed!

What shall happen to Chronicles page of this website then? Removing it would not be right; yearly Fediverse recaps and Birthday posts should remain at least for the sake of history. Now that we have a Boosty page, I think it’ll be useful to post about website updates on a somewhat regular basis. Like release notes, but for a website. I hope it’ll help readers find out about new ActivityPub tools and Fediverse-related projects (even though some of the projects added to Software and Developer tools pages are not new, it just took a long time to find them).

So, here goes the summary of October site updates.

Projects added to Software:


  • Mbin – a fork of kbin, community-focused;
  • Messy – single user ActivityPub instance intended to add Fediverse compatibility to existing Django-based sites;
  • SofaPub – a minimally functional ActivityPub implementation in Rust;
  • Vidzy – federated alternative to TikTok;
  • LibRate – libre media rating website for the Fediverse.

Projects added to Developer tools:


  • GhostCMS ActivityPub – an ExpressJS server that integrates with GhostCMS webhooks to publish ActivityPub content on the Fediverse;
  • Mobilizon Crossposter – a modular crossposter to bridge events from external sources to Mobilizon;
  • M-OAuth – access token generator for Akkoma, Pleroma, Mastodon APIs;
  • idkfa – proxy designed to consolidate multiple AP actors; it presents a single unified activity interface to the outside world, while communicating with a cornucopia of internal servers;
  • Hatsu – self-hosted and fully automated ActivityPub bridge for static sites;
  • Fedipage – Hugo based static page generator and blog with ActivityPub support;
  • ActivityPub Test Suite – server-independent, full-automated test suite primary focused on ActivityPub server compliance testing;
  • Lemmy Automoderator – automated removal of Lemmy posts, comments based on title, content or link; user whitelisting and exceptions for moderators;
  • Lemmy Migrate – migrate your subscribed Lemmy communites to a new account;
  • Lemmy Schedule – app for scheduling posts, pins/unpins and notifications about new content in Lemmy;
  • Fedi safety – script that goes through Lemmy images in storage and tries to prevent illegal or unethical content;
  • FediFetcher – tool for Mastodon that automatically fetches missing replies and posts from other Fediverse instances and adds them to your own Mastodon instance;
  • GetMoarFediverse – import content into your instance that’s tagged with hashtags you’re interested in;
  • FakeRelay – an API to index statuses on Mastodon acting as a relay;
  • masto-backfill – fetches old posts on your Mastodon, Pleroma or compatible instance(s);
  • Analytodon – monitor follower growth, identify popular posts, track boosts, favorites, and much more; can be self-hosted;
  • LASIM – move your Lemmy settings from one account to another;
  • Pythörhead – Python library for interacting with Lemmy;
  • Granary – social web translator; it fetches and converts data between social networks, HTML and JSON, ActivityStreams/ActivityPub, and more;
  • Combine.social – combine remote and local timelines; pre-fetch all missing replies in your home timeline;
  • ActivityColander – Fediverse spam gateway, designed to keep unwanted messages from either reaching your ActivityPub server, or tagging them for handling later.

Other improvements


There’s a new filter by license on Software page. And Lemmy was added to the frontpage.

UX research


Now comes the big question for all the readers of this blog and users of Fediparty website. We’ve been with you for more than 5 years, but never asked you how you’re using this site. What are the pages you visit most often? What pages or features you find most useful? Which ones you find poorly designed?

Any ideas, suggestions, complaints, feedback you have, please, share with us! Here’s a special Codeberg issue for it. Or you can write your suggestions as an answer to this Mastodon post.

Thanks in advance! 💜


Quick #UXresearch

If you're visiting fediverse.party from time to time, how are you using it?

What are the pages you visit most often? What pages or features you find most useful? Which ones you find poorly designed?




FPF Statement on Biden-Harris AI Executive Order


The Biden-Harris AI plan is incredibly comprehensive, with a whole of government approach and with an impact beyond government agencies. Although the executive order focuses on the government’s use of AI, the influence on the private sector will be profou

The Biden-Harris AI plan is incredibly comprehensive, with a whole of government approach and with an impact beyond government agencies. Although the executive order focuses on the government’s use of AI, the influence on the private sector will be profound due to the extensive requirements for government vendors, worker surveillance, education and housing priorities, the development of standards to conduct risk assessments and mitigate bias, the investments in privacy enhancing technologies, and more. Also important is the call for bipartisan privacy legislation, the most important precursor for protections for AI that impact vulnerable populations.

Read FPF’s AI Resources for more information.


fpf.org/blog/fpf-statement-on-…



#NotiziePerLaScuola

È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione e del Merito.




The Verge writes about publishing on the internet, and how their plans for the future include the fediverse. New rules at Twitch provide an opportunity for Owncast. Stars will be hearts.


X è il social con più disinformazione


Ed è una buona notizia.

X è la piattaforma con più disinformazione tra tutti i social. Secondo il commissario europeo Vera Jourova è un problema. Secondo me è una buona notizia, che dimostra il valore di X in quanto arena epistemologica.

Vera Jourova, commissario per i valori e la trasparenza dell'Unione Europea, ha affermato in una conferenza stampa che X è il social con il rapporto più alto tra post e contenuti di disinformazione. Il social di Musk è recentemente anche uscito dall’Anti-disinformation Code promosso dall’Unione Europea — a cui invece partecipano altri social come Facebook, Google, YouTube, TikTok or LinkedIn.

Perché all’Unione Europea interessa così tanto “combattere la disinformazione”?

È presto detto e non ne fanno mistero: “the upcoming EU elections next year, are particularly relevant, because the risk of disinformation is particulary serious”. Arrivano le elezioni, e tutti sono preoccupati di fare bella figura; che in altre parole significa controllare l’informazione pubblica per evitare fastidiosi colpi di scena.

Il Digital Services Act1 è l’arma prescelta dal legislatore europeo per assicurarsi che le elezioni del prossimo anno filino via lisce come l’olio e che le più grandi piattaforme social non ospitino pericolose opinioni in grado di “indebolire la nostra democrazia”.

Non ci stupisce allora che i vari commissari europei, tra cui anche Thierry Breton2, il papà del Digital Services Act, se la prendano con X — la pecora nera dei social network.

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X è un’arena epistemologica


Forse è vero che il rapporto tra disinformazione3 e post è su X più alto rispetto alle altre piattaforme. È anche vero che non esiste un altro social network come X, che è a tutti gli effetti un’arena epistemologica.

Mi spiego. L’epistemologia è quella branca della filosofia che si occupa della conoscenza. Studia cioè la natura, l’origine e i limiti della conoscenza. In sostanza, lo studio epistemologico si occupa di capire in che modo le persone acquisiscono conoscenza o e giustificano le proprie convinzioni.

X fornisce informazioni, opinioni e narrative in tempo reale su centinaia di migliaia, forse milioni, di eventi e fatti che accadono in giro per il mondo. Attraverso l’osservazione di X, possiamo quindi assistere e cercare di comprendere l’evoluzione stessa della conoscenza umana.

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Si è conclusa la 40ª edizione dell’Assemblea nazionale dell’Anci, dove è intervenuto il Ministro Giuseppe Valditara.


#NoiSiamoLeScuole questa settimana racconta la Scuola primaria “Francesco Rossi” di Paganica, frazione del Comune dell’Aquila, che sarà demolita e ricostruita grazie alla linea di investimento dedicata dal PNRR alla realizzazione di 212 Nuove Scuole …



ChatControl: la pedopornografia non si batte con la sorveglianza di massa

La proposta di legge Ue Child Sexual Abuse Regulation nota come ChatControl ha il nobile intento di lottare contro la pedopornografia, ma lo fa esaminando i contenuti di tutti i messaggi e le foto private scambiate tra utenti sulle piattaforme di messaggistica. Una misura sproporzionata, oltre che potenzialmente inefficace

@Privacy Pride

L'articolo di @Vittorio Bertola Patrizia #Felettig @quinta :ubuntu: e @Valentino Spataro è stato pubblicato qui su Agenda Digitale

Questa voce è stata modificata (1 anno fa)


Weekly Chronicles #51


Omicidi, città da 15 minuti e Snowden. La Rivoluzione Francese e le sue conseguenze. Scenario OpSec della settimana.

Nelle Cronache della settimana:

  • Tradito dall’app di fitness
  • La tua città è pronta per la rivoluzione dei 15 minuti?
  • Snowden se la prende con la community crypto al Bitcoin Amsterdam

Nelle Lettere Libertarie: La Rivoluzione Francese e le sue conseguenze sono state un disastro per il genere umano.

Scenario OpSec della settimana: Giulia, un'impiegata in un’azienda di circa 150 dipendenti, usa spesso il suo computer aziendale per questioni personali durante le pause. Non vuole che i suoi superiori sappiano quali siti web visita o le attività personali che svolge con il computer personale.

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9965061


Tradito dall’app di fitness


Stanislav Rzhitskiy, capitano della marina russa, è stato trovato morto con alcuni colpi di pistola nella schiena1. Pare sia stato ammazzato mentre faceva jogging. L’assassino, secondo le notizie, l’avrebbe trovato grazie all’app Strava, su cui il capitano era solito pubblicare le sue routine di jogging.

Sembra che l’omicidio sia stato una sorta di vendetta per alcuni bombardamenti nel corso della guerra in Ucraina. La lezione qui però è un’altra: condividere le proprie routine online non è mai una buona idea; che siano social network o app di fitness.

La privacy è questione di libertà e autodeterminazione, ma anche di incolumità fisica. Se durante le tue corse su Strava non ti ritrovi davanti due energumeni che ti chiedono cortesemente di porgergli il portafoglio, è solo perché fortunatamente la maggior parte delle persone sono troppo sceme o troppo pigre per capire quanto sia facile oggi identificare e trovare le persone in strada.

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BitcoinVoucherBot è un servizio semplice, sicuro e privacy friendly per acquistare Bitcoin. Niente siti web, niente tracking IP, nessun documento richiesto. Solo Telegram. Clicca qui per iniziare a usarlo! Annuncio sponsorizzato.

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finalmente suona!


sono finalmente riuscito a far funzionare il mio primo abbozzo di sintetizzatore scritto in scheme, ovviamente è ora di suonare Flowering Night

@"Hello, World!" - Programmazione

Questa voce è stata modificata (1 anno fa)

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Su Radio Onda Rossa, l'intervento a Le dita nella presa, degli amministratori di Puntarella.party, l'istanza autogestita di Roma

Nella trasmissione di approfondimento tecnologico di Radio @Radio ondarossa RSS Feed con @Rolery e altri @admin di Puntarella.party Si è parlato di fediverso, puntarella.party ma anche di gattini e @Chiese Brutte

@Che succede nel Fediverso?


Ieri siamo intervenutə a Le dita nella presa, trasmissione di approfondimento tecnologico di Radio @ondarossa. Si è parlato di fediverso, puntarella.party ma anche di gattini e @ChieseBrutte.

ondarossa.info/trx/dita-nella-…




Il commissario risponderà finalmente alle domande sul ChatControl? È all'ordine del giorno della commissione Libe il 25.

A novembre si terrà una sessione speciale sulla privacy con rappresentanti della Corte di giustizia europea e della CEDU.

@Privacy Pride