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STORIA. Il femminismo panarabo e l’identità palestinese (terza parte)


Visto in prospettiva sia femminista che nazionalista, l’Ottocento sarà un secolo molto complesso: la promettente rinascita culturale palestinese sarà man mano accompagnata dai fattori fondamentali che sfoceranno nella catastrofe del 1948 L'articolo STORI

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(Foto: Gerusalemme, alcune delle oltre 200 delegate palestinesi del primo Congresso delle Donne Arabe (1929) che organizzano una spettacolare manifestazione a bordo di una serie di automobili per farsi portare in giro per la città a consegnare le loro risoluzioni sulla causa nazionale a vari consolati stranieri, ovvero per chiedere l’indipendenza della Palestina).

di Patrizia Zanelli* –

Pagine Esteri, 13 marzo 2024. Visto in prospettiva sia femminista che nazionalista, l’Ottocento sarà un secolo molto complesso: purtroppo la promettente rinascita culturale palestinese sarà man mano accompagnata dai fattori fondamentali che sfoceranno nella catastrofe del 1948.

La Palestina fu invasa dalle truppe di Napoleone Bonaparte, nel 1799, e dall’Egitto di Muhammad Ali Pascià, nel 1831; entrambe le occupazioni, la francese – la prima dopo le crociate –, durata circa un anno, e l’egiziana che, invece, durò fino al 1839, furono contrastate da rivolte popolari; un’altra, avvenuta nel 1825-1826, era contro gli ottomani. Sanbar spiega che i palestinesi non sopportavano di essere sfruttati da nessuna forza esterna, soprattutto l’implicata eccessiva tassazione dei terreni; e avevano capito sin dall’invasione napoleonica, la quale era stata traumatizzante, che rischiavano di subire una colonizzazione. Muhammad Ali, inoltre, per favorire il proprio espansionismo nell’Impero ottomano, permise agli Stati occidentali di stabilire consolati in Palestina, distinguendola così dal resto della Grande Siria, in arabo Bilād al-Shām (“la regione situata a Nord della Penisola Arabica”). Questa scelta serviva ad attirare l’attenzione delle potenze europee; i francesi, che avevano occupato l’Egitto dal 1798 al 1801, stavano progettando lo scavo di un canale attraverso l’Istmo di Suez, progetto che interessava ancor più agli inglesi per i loro collegamenti commerciali con le Indie orientali. La succitata combinazione di posizione geografica strategica e geografia sacra era sempre stata pericolosa per le sorti della Palestina e della gente del paese, affacciato sul Mediterraneo e sul Mar Rosso. L’occupazione egiziana, che aveva traumatizzato la società palestinese, infatti, fu uno dei primi fattori destinati a portare alla Nakba.


Il femminismo panarabo e l’identità palestinese (seconda parte)


Masalha, Sanbar e altri storici, come Lorenzo Kamel [12], spiegano che, appunto negli anni 1830, per difendere gli interessi imperiali della Corona britannica, Henry John Temple Palmerson (1784-1865), ultraconservatore del partito Tory e allora segretario di Stato per gli affari esteri del Regno Unito, iniziò a progettare una sostituzione etnica in Palestina, dove “far tornare gli ebrei dopo un millenario esilio”. Questo enunciato millenaristico, riferito agli ashkenaziti, serviva a dare alle ambizioni coloniali della Gran Bretagna nel Vicino Oriente la parvenza di una missione messianica in Terra Santa. Palmerson era, però, stato ispirato da Anthony Ashley-Cooper Shaftesbury (1801-1885), fondatore del sionismo cristiano protestante in Inghilterra e inventore dello slogan: “Un paese senza una nazione per una nazione senza un paese” (che ispirerà un mito fondante sionista ebraico: “Una terra senza popolo per un popolo senza terra”). Londra agì su più fronti per presentare il nuovo progetto imperialista britannico come la premessa alla realizzazione della profezia del ritorno del Messia, contenuta nel Libro di Daniele. Per attuare il loro piano di sostituzione etnica in Palestina, Palmerson e Shaftesbury ottennero subito l’appoggio delle lobby protestanti inglesi. Nel 1838, l’Inghilterra stabilì il proprio consolato – il primo dell’Occidente – a Gerusalemme.

Contestualmente, spiega Sanbar, Londra iniziò a instillare nell’immaginario collettivo occidentale l’immagine di una Palestina spopolata e, dunque, a negare l’esistenza palestinese. Il paesaggio del paese, notoriamente da sempre agricolo e verdeggiante, fu rappresentato, in opere d’arte europee dai titoli richiamanti narrazioni bibliche, come un deserto, in certi casi, ravvivato da poche figure di nomadi beduini in sosta presso un rudere. Immagini del genere, incluse in opuscoli pubblicitari circolati in Occidente per giustificare la progettata colonizzazione britannica della Palestina, portavano i primi viaggiatori occidentali che la visitavano a rimanere delusi. Scoprivano il paese vero, bellissimo con le città e le campagne abitate dai palestinesi, però rifiutavano mentalmente di vedere la realtà che vedevano. Orientalisti, geografi, biblisti e archeologi europei, russi e nord americani, animati dall’evangelismo, soggiornavano in Palestina per compiere le loro ricerche; per loro, i palestinesi cristiani non erano veri cristiani, perché assomigliavano ai musulmani e agli ebrei, altrettanto autoctoni. Alcuni pubblicarono resoconti di viaggio in cui descrivono, per esempio, il paesaggio pieno di aranceti e uliveti lungo il tragitto dal porto di Acri o di Giaffa fino a Gerusalemme, e ricordano le emozioni che avevano provato scorgendo da lontano le mura della città, ravvivata dai cipressi e dalla Cupola della Roccia d’epoca omayyade; parlano solo delle tracce di un passato glorioso, e come se la gente del paese non esistesse o vivesse ancora ai tempi della Bibbia.


→ Il femminismo panarabo e l’identità palestinese (prima parte)


Nacque e si diffuse così, in Europa, Canada e Stati Uniti, un tipo di etnocentrismo bianco particolarmente aggressivo verso le donne e gli uomini palestinesi, la cui esistenza veniva negata o disumanizzata, perché la loro espulsione dalla Palestina accadesse nella totale indifferenza dell’Occidente, acciecato non tanto dall’islamofobia quanto dall’antiarabismo. In testi scritti in questo periodo da autori inglesi o americani – tra cui The Innocents Abroad (1867) di Mark Twain (1835-1910), un esempio di etnicismo velato da ironia [13] –, per descrivere la Terra Santa, infatti, l’Islam non è neppure menzionato; i palestinesi sì e sono indicati con il loro nome (the Palestinians) ma definiti “arabi” (Arabs) a scopo di diffamazione su base etnica.

Secondo il preconcetto orientalistico, la parola “arabo” rinvia allo stereotipo del beduino rozzo, sanguinario e allo stesso tempo ingenuo, nonché al suo luogo d’origine, la Penisola Arabica, l’ambiente naturale desertico in cui dovrebbe restare o tornare se vive in Occidente. In Palestina, nacque un fenomeno paradossale: la combinazione di etnicismo e xenofobia manifestata da viaggiatori e residenti stranieri occidentali verso la popolazione autoctona palestinese, che trattavano come un gruppo umano straniero nella sua patria, cioè il paese che ospitava loro. Dunque, l’antipalestinismo fu innescato quasi due secoli fa dall’Europa colonialista cristiana, Inghilterra in testa, mentre cercava di conquistare il Vicino Oriente, per ovvi interessi economici, operando una strumentalizzazione politica delle religioni, destinata a portare alla Nakba.

Intanto, sin dalla guerra di Crimea (1853-1856) la combinazione di povertà, sacralità e lotte di potere tra i notabili locali urbani – che, con le Tanẓīmāt, erano più ricchi ma meno autonomi rispetto al passato, poiché da signori feudali erano diventati governatori di distretti amministrativi in qualità di funzionari dello Stato ottomano – aveva reso la Palestina uno spazio-obiettivo per eccellenza, e la società palestinese un bersaglio preso di mira per la sua arabicità. La competizione nata subito tra le scuole missionarie occidentali, ognuna impegnata a migliorare la propria offerta didattica, secondo la ben nota legge della concorrenza, rifletteva di fatto le rivalità esistenti tra le potenze europee, tutte bramose di condurre una “crociata pacifica” in Terra Santa, da redimere dall’Islam e restituire alla cristianità, e pronte a tutelare tramite i loro rispettivi consoli “le minoranze non musulmane autoctone e straniere”.

I francesi e i russi si proclamarono rispettivamente protettori dei cattolici e dei greco-ortodossi. Gli inglesi, invece, non avendo una comunità protestante da proteggere, avevano anticipato i loro rivali – troppi da sconfiggere –, stabilendo appunto, nel 1838, il proprio consolato a Gerusalemme e, nel 1841, insieme alla Prussia la sede dell’episcopato anglo-prussiano, quale rappresentanza del protestantesimo. Il console britannico – nominato da Palmerson – pose sotto la propria protezione gli immigrati ebrei, giunti in Palestina dall’Europa orientale, per sfuggire ai pogrom zaristi a partire dal 1830. Influenzato dal sionismo cristiano, sottopose questi rifugiati ashkenaziti a una “restaurazione”, obbligandoli a convertirsi al cristianesimo. Questa scelta di Londra fu l’inaugurazione di una lunga stagione che porterà alla Dichiarazione Balfour. Gli inglesi non proteggevano infatti gli ebrei sefarditi autoctoni, cioè palestinesi; li ignoravano tutti gli occidentali.

In effetti, spiega Sanbar, dal 1830 in poi l’Europa orientale, area dei pogrom zaristi, aveva riversato – e continuerà a riversare – sue porzioni di rifugiati ashkenaziti in Palestina (obiettivo indiretto della guerra di Crimea). Quell’abominio antiebraico, scatenatosi in concomitanza con la crisi dell’Impero ottomano, era stato visto dai millenaristi come un segno dei tempi, che preannunciava il ritorno del Messia, credenza sfruttata appunto da Londra per il proprio progetto imperialista nel Vicino Oriente. Influenzato da Shaftesbury, Palmerson aveva perciò stabilito il consolato britannico a Gerusalemme, nel 1838, data che si può considerare come l’inizio ufficiale del lungo processo che porterà alla Nakba. In estrema sintesi: un intreccio davvero molto articolato di interessi politico-economici locali, regionali e internazionali, di “sogni cristiani occidentali” e di vari ultranazionalismi, sfocerà a distanza di oltre un secolo nella catastrofe abbattutasi sul popolo palestinese nel 1948.

Tornando alla seconda metà dell’Ottocento, Francia, Inghilterra e Russia, rivali e al contempo alleate, cercavano di colpire indirettamente l’Impero Ottomano, sperando di sfruttare le contraddizioni interne della Palestina, cause di malcontento tra la popolazione. Ma scoprivano puntualmente di avere nutrito vane speranze, perché non conoscevano la società palestinese che, oltre a essere sempre stata unita sul piano interconfessionale, si stava modernizzando e voleva liberarsi dalla dipendenza da forze esterne.

Modernizzazione dovuta anche al fatto che, nell’Ottocento, la Palestina non era tanto meta di pellegrinaggi quanto di altri tipi di viaggi; in molti casi si trattava di un turismo culturale legato all’orientalismo, tipico del Romanticismo. Turisti visitavano il paese, per ammirarne le bellezze, letterati, pittori, scultori e fotografi, per immortalarle. Ma alcuni di questi ultimi, nota Fleischmann, erano produttori della fotografia pornografica richiesta in Occidente; per scoprire l’Oriente misterioso, puntavano spesso lo sguardo lascivo e l’obiettivo della macchina fotografica sul seno di una contadina intenta ad allattare il proprio bambino, una scena normale nelle aree rurali, che di solito nessuno osava scrutare; l’immagine della maternità era avvolta da un alone di sacralità, e una madre considerata sacra. Era un fenomeno culturale diffuso nel mondo arabo e non solo, un segno di rispetto per la vita materna e dell’infanzia. Gli uomini e le donne occidentali, invece, il personale dei consolati e perfino delle missioni cristiane disumanizzavano le palestinesi, con cui non sapevano neppure comunicare; le giudicavano soltanto per com’erano vestite, esprimendo su loro giudizi intrisi di preconcetti orientalistici, di etnocentrismo bianco.

D’altro canto, il turismo di certo favoriva sia la Nahḍa che la crescita economica della Palestina. Nella società urbana palestinese stava infatti emergendo una nuova borghesia, formata da professionisti – perlopiù avvocati, docenti e medici – e da titolari di imprese artigianali, talune specializzate nella produzione di souvenir dei luoghi sacri del cristianismo e di altri prodotti turistici. Altri sviluppi economici stavano avvenendo anche in campo agricolo. Grazie alla presenza del porto moderno e all’aumento della tradizionale produzione agrumaria – specialmente delle arance Shamouti dalla buccia resistente e quindi facili da trasportare –, Giaffa era ormai uno dei principali centri commerciali del Mediterraneo e uno scalo importante per navi passeggeri provenienti dall’Europa e dagli Stati Uniti; era la città più progressista del paese e sarà sede di una delle associazioni più rappresentative della Nahḍa femminile palestinese.

La pianura costiera, fertile e bagnata dalle piogge, da sempre la parte economicamente più sviluppata della Palestina, attirava commercianti occidentali, favoriti dal sistema delle Capitolazioni ancora in vigore nell’Impero ottomano. Dunque, il Sultano continuava a concedere privilegi economici, giuridici e fiscali agli stranieri, e a suscitare il malcontento tra i propri sudditi, specialmente nei paesi arabi, dove i crescenti sentimenti anti-imperialisti stavano generando nazionalismi territoriali locali e si stava già teorizzando il panarabismo, teorizzato in primis da cristiani dell’area siro-libanese, culla della Nahḍa, ma reduce di una guerra civile interconfessionale, esplosa nel Monte Libano nel 1860. Appartenendo a una minoranza religiosa, erano ovviamente i più interessati a creare un’ideologia secolare in grado di unire gli arabi; assunsero l’arabofonia quale elemento principale dell’arabicità (‘urūba), reinterpretandola in senso moderno, per definire l’identità della “nazione araba”.

Le Tanẓīmāt, inoltre, erano state concepite per rafforzare e centralizzare il potere dello Stato ottomano tramite la modernizzazione istituzionale, con la conseguente necessità di nuove risorse finanziarie. Due leggi servivano in pratica a snellire il sistema di riscossione fiscale e aumentare la tassazione già pesante sulle proprietà fondiarie, la quale strangolava le economie locali dei territori situati al di fuori della Turchia (e avrà gravi conseguenze in Palestina). Inutili furono, perciò, le riforme di stampo liberale europeo, inclusa una costituzione promulgata nel 1876 e presto abrogata, adottate dal Sultano per ottenere il consenso popolare in tutto l’Impero e frenare gli indipendentismi che lo stavano sfaldando.

D’altro lato, in termini di modelli di modernità e libertà, la presenza occidentale in Palestina stava di certo cambiando la vita tradizionale delle palestinesi, riguardo alla quale Fleischmann riferisce che, in un’intervista pubblicata negli anni ‘60, l’avvocato e attivista gerosolimitano Musa al-Alami (1897-1984), uno dei teorici della palestinesità, ricorda che sua madre “si ammazzava di lavoro”, soprattutto nei giorni in cui doveva preparare lauti pasti per grandi comitive di ospiti, secondo la ben nota cultura dell’ospitalità araba. Vivendo quasi sempre secluse in casa, le donne sposate dell’alta borghesia e del ceto medio lavoravano dalla mattina alla sera e gestivano l’intero ménage domestico. Se una moglie era più ricca di suo marito, riceveva comunque da lui la dote matrimoniale che andava ad aggiungersi al suo patrimonio personale. L’unico caso di parità di genere previsto dal sistema giuridico islamico riguarda infatti il diritto alla proprietà privata, riconosciuto appunto alle persone di ambedue i sessi sin dalla nascita; in materia di eredità, invece, alle eredi femmine spetta molto meno che ai maschi.

In Palestina, i matrimoni venivano combinati dagli uomini delle famiglie degli sposi, spesso in base a reciproci interessi economici e/o di potere politico. Le madri, invece, sceglievano la sposa e lo sposo, di solito sia l’una che l’altro erano molto giovani. Un marito musulmano poteva facilmente ripudiare la moglie che, una volta divorziata, poi viveva con un parente, perlopiù il padre o un fratello. A differenza di altri paesi arabi, tra cui l’Egitto, la poligamia era poco praticata nelle città e nelle campagne della Palestina, una pratica preislamica che, per i riformatori musulmani egiziani, come il già citato Ahmad Amin, non è prevista dall’Islam.

Nelle famiglie contadine palestinesi, che erano molto unite, esisteva una notevole parità di genere, per ragioni economiche e lavorative: gli uomini si occupavano dell’aratura, della trebbiatura e della vagliatura; le donne si dedicavano alle faccende di casa, alla lavorazione del cibo, al lavoro nei campi e all’allevamento degli animali, ed erano assai stimate per il loro contributo alla gestione della fattoria. Vista questa situazione, di solito una moglie viveva in simbiosi con il marito.

Sono quasi assenti le informazioni sulle lavoratrici del proletariato rurale e urbano di questa fase storica, ma di certo uscivano di casa; le donne della Nahḍa femminile palestinese, come già detto, appartenevano all’alta borghesia e al ceto medio, perché sono loro che soffrivano di più per le discriminazioni di genere.

[12] Lorenzo Kamel, Terra contesa. Israele, Palestina e il peso della storia, Carocci, 2022.

[13] Prima edizione italiana: Mark Twain, Gli innocenti all’estero, tr. Piero Mirizzi, Lerici, 1960. L’autore, all’anagrafe Samuel Langhorne Clemens, visitò anche l’Italia e altri paesi europei durante lo stesso viaggio; l’ultima tappa fu la Palestina.

*Patrizia Zanelli insegna Lingua e Letteratura Araba all’Università Ca’ Foscari di Venezia. È socia dell’EURAMAL (European Association for Modern Arabic Literature). Ha scritto L’arabo colloquiale egiziano (Cafoscarina, 2016); ed è coautrice con Paolo Branca e Barbara De Poli di Il sorriso della mezzaluna: satira, ironia e umorismo nella cultura araba(Carocci, 2011). Ha tradotto diverse opere letterarie, tra cui i romanzi Memorie di una gallina (Ipocan, 2021) dello scrittore palestinese Isḥāq Mūsà al-Ḥusaynī, e Atyàf: Fantasmi dell’Egitto e della Palestina (Ilisso, 2008) della scrittrice egiziana Radwa Ashur, e la raccolta poetica Tūnis al-ān wa hunā – Diario della Rivoluzione (Lushir, 2011) del poeta tunisino Mohammed Sgaier Awlad Ahmad. Ha curato con Sobhi Boustani, Rasheed El-Enany e Monica Ruocco il volume Fiction and History: the Rebirth of the Historical Novel in Arabic. Proceedings of the 13th EURAMAL Conference, 28 May-1 June 2018, Naples/Italy (Ipocan, 2022).

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ESERCITAZIONE ORGANIZZATA DA EUROPOL PER SMANTELLARE I CONTENUTI TERRORISTICI ONLINE


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Il 7 marzo 2024 #Europol, in collaborazione con la Commissione europea, ha organizzato una esercitazione simulata per testare il protocollo di crisi dell' #UE (EUCP).
L'esercitazione si è svolta nel quadro del Forum Internet dell'UE ed ha esaminato la collaborazione tra le autorità governative e l'industria tecnologica per contenere la diffusione virale di contenuti terroristici ed estremisti violenti online all'indomani di un evento terroristico.
Tra gli elementi testati c'era l'interazione del #ProtocollodicrisidellUE con il nuovo obbligo per i prestatori di servizi di hosting, introdotto dall'articolo 14.5 del Regolamento (UE) 2021/784 sulla lotta alla diffusione di contenuti terroristici online, di informare tempestivamente le autorità competenti quando vengono a conoscenza di contenuti terroristici che comportano una minaccia imminente alla vita.
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L'esercitazione di quest'anno ha riunito rappresentanti delle forze dell'ordine coinvolti nell'applicazione del protocollo di crisi dell'UE e del regolamento, fornitori di servizi online, il Global Internet Forum to Counter Terrorism (#GIFCT), nonché i responsabili politici dei governi e degli organismi dell’UE.
Il protocollo di crisi dell’UE, adottato dai ministri della Giustizia e degli Affari interni nell’ottobre 2019, è un meccanismo volontario che consente agli Stati membri dell’UE e alle piattaforme online di rispondere rapidamente e in modo coordinato alla diffusione di contenuti terroristici online in caso di attacco terroristico, garantendo allo stesso tempo una forte protezione dei dati e la tutela dei diritti fondamentali.
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Lo sviluppo del protocollo avvenne all’indomani dell’attacco terroristico a Christchurch, in Nuova Zelanda, nel 2019, in base al quale i leader dei governi, dell’industria tecnologica, della società civile e della Commissione europea hanno concordato il “Christchurch Call for Action”. Da allora, altri meccanismi di crisi sono stati sviluppati sia a livello nazionale che nel settore tecnologico.
L'attuazione pratica del protocollo viene testata annualmente attraverso esercitazioni pratiche. Dopo diversi esercizi pratici e l’attivazione del protocollo nel 2020, l’ #EUCP è stato rivisto nel 2023 per integrare gli insegnamenti appresi.
Le principali novità dell’aggiornamento includono il chiarimento del rapporto tra il Protocollo di crisi volontario dell’UE e il Regolamento, in particolare l’art. 14(5), criteri di attivazione perfezionati, maggiore attenzione all’interoperabilità con altri meccanismi di risposta alle crisi, maggiore protezione delle libertà fondamentali, tra l'altro attraverso processi di debriefing e indicazioni sulla risposta alle riprese degli astanti.
Europol ha assunto un ruolo centrale nell’attuazione del protocollo di crisi dell’UE gestendo il coordinamento dello scambio di informazioni e della comunicazione tra le parti interessate in modo rapido e sicuro. Gli atti di terrorismo in Francia (Arras, Parigi), Belgio (Bruxelles) e l'attacco terroristico del 7 ottobre da parte di Hamas contro Israele hanno ulteriormente dimostrato l'importanza di interrompere la diffusione della propaganda terroristica ed estremista violenta durante e in seguito agli attacchi terroristici, sostenendo allo stesso tempo le indagini.



Il Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara e il Presidente del Consiglio Nazionale Forense Francesco Greco hanno sottoscritto oggi un protocollo d’intesa di durata triennale per avviare progetti volti a promuovere, all’interno delle …



GAZA. 68 orfani scortati dall’esercito israeliano a Betlemme, i coloni provano a bloccare gli autobus


Lo spostamento dei minori è avvenuto su pressione dell'ambasciata tedesca in Israele e ha causato manifestazioni e la reazione rabbiosa dei ministri Ben Gvir e Smotrich. Quest'ultimo ha definito l'operazione un "deterioramento dei valori" L'articolo GAZA

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di Eliana Riva –

Pagine Esteri, 12 marzo 2024. 68 bambini palestinesi sono stati portati via da Gaza in un’operazione condotta con l’esercito israeliano che ha mandato su tutte le furie i coloni e i loro leader. Si tratta di orfani, e tutti hanno perso i genitori prima del 7 ottobre. Si tratta di bambini e bambine gazawi tra i 2 e i 14 anni che avevano trovato rifugio nell’SOS Children’s Villages- Palestine, una struttura dedicata che opera a sud della Striscia di Gaza, a Rafah, già da diversi anni e in Palestina, a Betlemme, dal 1966. I militari li hanno scortati attraverso Israele verso Betlemme, dove ora si trovano, all’interno di un albergo. La casa di accoglienza di Gaza è una delle centinaia di strutture gestite in tutto il mondo dalla SOS Children’s Villages International, una federazione di associazioni con sede legale in Austria. Insieme a loro anche 11 dipendenti dell’organizzazione e le loro famiglie.

SOS Children’s Villages in the Gaza Strip continues to shelter a number of approximately 80 unaccompanied children due to the war and other children who have lost family care. We are working daily to receive more children, as we expect to receive more than 50 new cases during the… pic.twitter.com/jNmvLXHDRs

— SOS Children’s Villages- Palestine (@sos_villages) February 1, 2024

Secondo il rapporto trasmesso dal canale televisivo israeliano Channel 12, il centro per orfani di Rafah avrebbe improvvisamente interrotto le proprie attività, chiedendo aiuto e un intervento immediato. Tuttavia, nel comunicato rilasciato dall’organizzazione internazionale si specifica che le attività sono ancora in corso: solo pochi giorni fa, il 9 Marzo, nel suo ultimo post su X aveva lanciato una campagna di sostegno per i bambini che hanno perso le proprie famiglie. “Abbiamo lavorato attraverso canali diplomatici con tutte le autorità competenti – hanno dichiarato – per portare i bambini e gli adulti a Betlemme in Cisgiordania, dove sono arrivati sani e salvi l’11 marzo. I bambini di età compresa tra i due e i 14 anni, sono sotto la cura dei villaggi per bambini SOS, poiché avevano già perso le cure dei genitori prima della guerra. Stanno bene date le circostanze e continuano a ricevere cure e supporto psicologico dai loro curatori di fiducia”.

في رمضان يتواصل العطاء على أياديكم 🌙

هذا العام، نستقبل رمضان وقلوبنا حزينة على استمرار الحرب في غزة ونستذكر أكثر من 19,000 طفل وطفلة فقدوا من يرعاهم خلال الحرب، والآلاف من العائلات التي تعيش في ظروف صعبة جدا وتكافح من أجل الحصول على الاحتياجات الأساسية.

نطلق اليوم حملة… pic.twitter.com/tNPNePMtaY

— SOS Children’s Villages- Palestine (@sos_villages) March 9, 2024

Lo spostamento dei minori è avvenuto, su pressione dell’ambasciata tedesca in Israele e ha richiesto un coordinamento tra l’esercito israeliano, il COGAT (l’organismo israeliano che si occupa delle attività governative e amministrative nei Territori palestinesi occupati) e l’Autorità Nazionale Palestinese. Nella dichiarazione ufficiale l’ambasciata ci ha tenuto a precisare che si tratta di una “misura temporanea per allontanare i bambini da un grave pericolo, non è un tentativo di ricollocarli in modo permanente”.

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Il Gabinetto di sicurezza del governo non è stato avvisato preventivamente e l’operazione è avvenuta all’insaputa del Ministero della sicurezza nazionale. E proprio Itamar Ben Gvir, insieme al Ministro delle finanze Bezalel Smotrich ha riservato parole infuocate al governo, definendo la scelta un “deterioramento dei valori”: “Ogni misericordia verso i crudeli finisce per essere crudele verso i misericordiosi. Deterioramento dei valori. Chiedo al Primo Ministro chiarimenti su chi ha dato questo ordine immorale e con quale autorità mentre i nostri figli e i figli dei nostri figli sono tenuti prigionieri dal nemico”.

כל המרחם על אכזרים סופו שיתאכזר לרחמנים. ליקוי מאורות ערכי.
אני דורש מראש הממשלה הבהרות מי נתן את הפקודה הבלתי מוסרית הזאת ובאיזה סמכות בשעה שחטופינו וילדיהם בשבי האויב. pic.twitter.com/7W9WZNlpNx

— בצלאל סמוטריץ’ (@bezalelsm) March 11, 2024

“In guerra, si deve schiacciare il nemico e non essere sempre moralisti“, ha detto Ben Gvir. “Non è così che opera un Paese che mira alla vittoria totale“.

Secondo The Times of Israel gli autobus con i bambini e un numero imprecisato di caregivers sono usciti da Gaza attraverso il valico di Rafah e hanno percorso la lunga via verso il sud, fino al valico di Taba, vicino Eilat. Da lì sono stati poi scortati, ieri, dall’esercito dentro Israele fino alla Cisgiordania occupata. All’altezza di Gush Etzion, un grande blocco che comprende diverse colonie israeliane d’insediamento nei Territori palestinesi, alcuni coloni hanno tentato di bloccare il passaggio per evitare che gli autobus arrivassero a Betlemme. Il tentativo di blocco è avvenuto in risposta all’appello di uno dei leader dei coloni, Shlomo Ne’eman, che ha dichiarato: “Forniamo sempre più gesti caritatevoli e ci assicuriamo che gli aiuti vengano trasferiti a un gruppo di assassini, quando cittadini innocenti tra cui donne, bambini, anziani e malati sono trattenuti da queste persone malvagie”.

I bambini e le bambine rimasti orfani a Gaza sono almeno 19.000 secondo i dati dell’UNICEF. Circa 12.900 sono stati uccisi. L’SOS Children’s Villages – Palestine aveva dichiarato, due mesi dopo l’inizio degli attacchi, il 21 novembre 2023, che diversi bambini, ragazzi e genitori legati al programma erano stati uccisi dai bombardamenti e che la preoccupazione per l’incolumità del proprio personale era molto alta, soprattutto dopo che due alloggi utilizzati dall’associazione internazionale erano stati completamente distrutti dalle bombe. Pagine Esteri

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HAITI. Il Primo Ministro si dimette, le bande criminali controllano il Paese


Ariel Henry ha dichiarato questa mattina di voler rassegnare le proprie dimissioni in seguito alle azioni delle bande criminali che hanno sconvolto il Paese. Henry è premier di fatto, nonostante nel Paese non si tengano elezioni da 8 anni. L'articolo HAI

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Pagine Esteri, 12 marzo 2024. Il Primo Ministro haitiano Ariel Henry ha dichiarato questa mattina di voler rassegnare le proprie dimissioni in seguito alle azioni delle bande criminali che hanno sconvolto il Paese. Henry è premier di fatto, nonostante nel Paese non si tengano elezioni da 8 anni.

Il 2024 è cominciato con le proteste che chiedevano al governo, considerato da molti corrotto e impotente, di lasciare il potere, assunto senza il voto. Henry era andato in Kenya per firmare un accordo per l’invio di truppe militari ad Haiti quando le bande criminali, guidate dall’ex poliziotto Jimmy Cheriziér alias Barbecue, hanno assalito carceri e aeroporti, impedendo al premier di ritornare in patria. “Il governo che sto guidando si dimetterà immediatamente dopo l’installazione di un consiglio di transizione”, ha dichiarato Henry. “Sto chiedendo a tutti gli haitiani di rimanere calmi e di fare tutto ciò che va fatto perché la pace e la stabilità tornino il più velocemente possibile”.


Per saperne di più → HAITI. Le bande criminali creano il caos, il primo ministro fugge in esilio a Portorico

di Davide Matrone –

Pagine Esteri, 8 marzo 2024. [b]Precedenti storici. Haiti, il paese più povero dell’emisfero occidentale ripiomba nuovamente nel caos e nell’incertezza assoluta. Eppure questa nazione registra nella sua gloriosa storia avvenimenti di grande rilievo a livello internazionale. Haiti diede i natali al primo “Giacobino nero”, Toussaint de l’Overture denominato anche il Napoleone nero che a capo di un esercito di ribelli afrodiscendenti sconfisse l’esercito colonizzatore francese. Con la Rivoluzione Haitiana, ispirata ai principi della Rivoluzione Francese, si aprì una nuova fase per il Paese indipendente con la formazione di un Governo composto totalmente da uomini neri e liberi provenienti dalle fila degli insorti della prima sollevazione armata dell’anno 1791. “Oggi siamo liberi perché siamo i più forti” disse il generale Toussaint de l’Overture nel 1801, considerato ancora oggi il Padre della Patria. Tuttavia, dopo pochi decenni la libertà e l’indipendenza conquistata con la Francia vennero attentate dall’intervento degli Stati Uniti con l’applicazione della famosa Dottrina Monroe del 1823 e dall’invasione militare nel 1915. Di lì in avanti per l’ex Hispaniola non c’è stata più pace, fino a sprofondare agli ultimi posti delle classifiche internazionali, con indici di povertà, malnutrizione infantile, disoccupazione, tassi di omicidi e violenze sulle donne tra i più alti di tutto il continente americano.

Il Primo Ministro di fatto Ariel Henry fugge dal paese dopo le scorribande dei gruppi criminali nella capitale

In questi ultimi giorni nel paese c’è una grave e profonda instabilità politica e sociale. Il lider delle bande criminali, l’ex poliziotto Jimmy Cheriziér alias Barbecue oggi è un attore da non sottovalutare, il boss dell’alleanza della Federazione delle pandillas di Haiti “G9”. Nei giorni scorsi aveva dichiarato che avrebbe attaccato con le sue bande i due sistemi penitenziari più grandi della capitale Port au Prince, e l’ha fatto, liberando circa 3700 detenuti di diverso calibro. L’atto di guerra delle bande criminali era stato la risposta all’accordo siglato dal Primo Ministro Henry con il governo del Kenya per far arrivare sull’isola un contingente di militari kenioti per sedare le scorribande della criminalità organizzata del Paese. Il Primo Ministro, dopo le minacce dei criminali non è poi più potuto rientrare nel Paese. Ha cercato prima rifugio nella vicina Repubblica Domenicana, dove gli è stata rifiutata l’autorizzazione ad entrare. Quindi ha optato per il Portorico dove oggi si trova in esilio. Non può tornare ad Haiti: il lider delle bande criminali, Jimmy Cheriziér, ha dichiarato che se il presidente Henry non si dimette si compirà un genocidio e che se la Comunità Internazionale continuerà ad appoggiarlo, ci sarà una guerra civile. Jimmy Cheriziér nella giornata del 7 marzo ha dichiarato ai giornali di tutto il mondo accorsi sull’isola in una conferenza stampa improvvisata: “Ci sono zone strategiche che stiamo disputandoci affinché si convertano in nostri territori. A breve cominceremo la lotta contro il sistema vigente per avere il paese che vogliamo e cioè una Haiti con occupazione per tutti, con sicurezza ed educazione gratis per tutti. Un paese senza discriminazione sociale dove tutte le persone possono raggiungere la posizione sociale ed economica che si meritano”. Queste dichiarazioni sembrano un programma politico per una campagna elettorale che, viste le condizioni, comincerà presto. Dal 2016 non si svolgono regolari elezioni nel Paese e dalla morte dell’ex Presidente Moises, ucciso nel luglio del 2021, l’attuale Primo Ministro di fatto non ha mai organizzato indetto votazioni. La convocazione di nuove elezioni e l’arrivo di una missione di appoggio (l’ennesima) alle forze di sicurezza sembra essere la via d’uscita alla grave crisi. Non sappiamo ancora se Cheriziér si candiderà o se appoggerà qualche candidato ma certamente la criminalità nell’isola di Haiti – come in altri paesi del continente – sta diventando purtroppo un attore importante che influisce nella vita politica, economica e sociale di ogni nazione americana.

Per saperne di più, Pagine Esteri ha contattato Robby Glessiel attivista dei diritti umani haitiano che ci ha dato una testimonianza dal Paese.

pagineesteri.it/wp-content/upl…

Qual è la situazione ad Haiti?

Non c’è molta differenza tra quello che sta passando ora e tutto quello che è successo l’anno scorso. Gli obiettivi del governo di fatto erano di garantire un clima di sicurezza e di organizzare le elezioni. Niente di questo è stato fatto dal momento dell’assunzione del potere nel 2021.

Sono già 8 anni che non si convocano elezioni e oggi ci ritroviamo con un assoluto vuoto istituzionale. Il 2024 è cominciato con molte proteste che chiedevano al governo di lasciare il potere, assunto senza il voto. Il Primo Ministro di fatto è andato in Kenya per firmare un accordo per l’invio di truppe militari ad Haiti mentre il paese si trovava in una situazione caotica.

Le bande e i gruppi criminali oggi controllano l’80% della capitale e la settimana scorsa avevano annunciato una grande agitazione armata con lo scopo di liberare i detenuti delle due grandi carceri del paese. L’hanno detto e l’hanno fatto. La notte tra sabato 2 e la domenica 3 Marzo hanno svuotato la principale prigione di Port au Prince liberando migliaia di detenuti tra cui criminali di alto profilo che oggi si sono arruolati nelle bande delle due grandi città del paese. La situazione odierna ad Haiti è di totale incertezza, non c’è nessuna comunicazione reale da parte di questo governo, c’è un silenzio totale. Le uniche voci che si ascoltano sono le voci dei gruppi criminali e di alcuni membri delle opposizioni politiche.

Il Primo Ministro del paese ha provato a fuggire verso la Repubblica Domenicana ma non ha avuto l’autorizzazione. Ora dov’è?

Dopo aver firmato l’accordo con il governo del Kenya, il Primo Ministro doveva ritornare ad Haiti ma la situazione nel paese è degenerata e non gli è stato permesso il ritorno in patria: sapendo del suo arrivo, le bande hanno attaccato i due principali aeroporti internazionali di Haiti Quindi, in un primo momento il premier ha optato per l’esilio nella vicina Repubblica Domenicana ma il presidente domenicano non ha concesso l’autorizzazione perché non vuole impicciarsi in problemi che non gli riguardano. Secondo la stampa haitiana, da ieri notte il Primo Ministro si troverebbe nell’isola di Portorico. Ora non si sa se da Portorico intenderà viaggia per raggiungere Haiti. Quello che si dice oggi è che il Primo Ministro sta ricevendo molte pressioni da parte della comunità internazionale perché rinunci al suo ruolo. Ufficialmente non c’è nessun comunicato da parte del Governo per spiegare cosa farà il premier, dove si trova e quando e come ritornerà ad Haiti. Pagine Esteri

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L’Europa raddoppia l’import di armi. A guadagnarci sono gli USA


Secondo il Sipri, in 10 anni l’Europa ha quasi raddoppiato le importazioni di armi, la metà delle quali provenienti dagli Stati Uniti L'articolo L’Europa raddoppia l’import di armi. A guadagnarci sono gli USA proviene da Pagine Esteri. https://pagineest

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di Redazione

Pagine Esteri, 12 marzo 2024 – L’Europa ha quasi raddoppiato le sue importazioni di armi negli ultimi dieci anni, la metà delle quali provenienti dagli Stati Uniti. A certificarlo è il rapporto diffuso ieri dal SIPRI (Stockholm international peace research institute), l’Istituto internazionale di ricerca sulla pace di Stoccolma, sul periodo che va dal 2019 al 2023.

In generale ad aumentare, in particolare, sono state le esportazioni di sistemi d’arma in Asia e Oceania, e ovviamente verso l’Ucraina, paese in quarta posizione al mondo per acquisti di armamenti in una classifica guidata dall’India.

A guadagnare da una sempre più conclamata corsa agli armamenti sono stati soprattutto gli Stati Uniti che dal 34% delle vendite complessive di armi tra il 2014 e il 2018 sono passati nel quinquennio successivo al 42%, con un aumento del 17%. Gli Stati Uniti hanno venduto armi a ben 107 Stati, più di quanto abbiano fatto in qualsiasi altro quinquennio precedente e molto più di qualsiasi altro esportatore di armi.

La Russia, impegnata nell’invasione dell’Ucraina, ha invece dimezzato le proprie esportazioni scendendo al terzo posto, superata dalla Francia che invece ha visto impennare le vendite di armi del 47%.

Washington guadagna acquirenti, mentre Mosca ne perde: nel 2019 la Russia aveva venduto sistemi bellici a 31 Stati e nel 2023 solo a 12, mentre India e Cina insieme hanno generato più di metà del fatturato del comparto. La Cina compra sempre meno dall’estero (lo faceva soprattutto dalla Federazione Russa) ed ha anzi rafforzato le capacità produttive del proprio apparato industriale.

Per la prima volta negli ultimi 25 anni, Washington è diventata la principale esportatrice verso l’Asia, anche grazie al boom degli acquisti di armi da parte del Giappone (+155%) e alla crescita della Corea del Sud (+6,5%).

La scelta di foraggiare l’esercito ucraino contro le forze di Mosca ha spinto i paesi europei ad aumentare la spesa militare, con gli acquisti che nell’ultimo quinquennio sono aumentati del 94%. A beneficiare dell’impennata degli acquisti di armi da parte dell’Europa sono stati soprattutto gli Stati Uniti, dal quale provengono ormai il 55% delle importazioni (erano il 35% in precedenza).

L’Italiaha quasi raddoppiato il volume delle proprie esportazioni, con una crescita all’86% (il doppio rispetto al +47% di Parigi), arrivando ad occupare il 4,3% della quota globale del mercato (contro il 5,6% della Germania e il 5,8% della Cina). La Polonia è cresciuta del 1138%, ma rappresenta ancora solo lo 0,7% del mercato globale.

La maggior parte delle esportazioni italiane sono state dirette verso il Medio Oriente, in particolare verso Qatar, Israele, Bahrain, Egitto, Kuwait e Turchia (in questo caso Roma è subito dopo Berlino). L’Italia è il terzo contributore anche della Norvegia, del Brasile e della stessa Francia, che acquista da noi il 18% delle sue armi. Pagine Esteri

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#NotiziePerLaScuola

📌 XX Edizione del Premio intitolato a Giacomo Matteotti. Il #bando è indirizzato ad autori in lingua italiana, anche stranieri, e premierà le opere realizzate all'insegna degli ideali di fratellanza tra i popoli, di libertà e giu…



China Briefing – Produrre nell’entroterra cinese: un’alternativa al reshoring


China Briefing – Produrre nell’entroterra cinese: un’alternativa al reshoring reshoring
Come scongiurare il reshoring. Le province interne della Cina stanno rapidamente diventando il nuovo centro dell’industria manifatturiera del Paese, come dimostra la crescita delle esportazioni dalle province centrali e occidentali

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VERSIONE ITALIANA USA, MUSK ANNUNCIA CHE RENDERA’ OPEN SOURCE IL CHATBOT GROKCome riportato dall’agenzia di stampa Reuters Elon Musk ha annunciato che la sua società XAI che si occupa dello sviluppo di prodotti basati sull’intelligenza artificiale, rilascerà un chatbot chiamato “Grok” che competerà con ChatGPT di OpenAI. Questo annuncio giunge dopo che Musk ha intentato …



Oggi sono cento anni dalla nascita di Franco Basaglia, come giovan? comunist? ne celebriamo la storia e la lotta per un progetto inclusivo e liberante di psichi


FPF Files COPPA Comments with the Federal Trade Commission


Today, the Future of Privacy Forum (FPF) filed comments with the Federal Trade Commission (Commission) in response to its request for comment on the Children’s Online Privacy Protection Act (COPPA) proposed rule. Read our comments in full. As technology e

Today, the Future of Privacy Forum (FPF) filed comments with the Federal Trade Commission (Commission) in response to its request for comment on the Children’s Online Privacy Protection Act (COPPA) proposed rule.

Read our comments in full.

As technology evolves, so must the regulations designed to protect children online, and FPF commends the Commission’s efforts to strengthen COPPA. In our comments, we outlined a number of recommendations and considerations that seek to further refine and update the proposed rule, from how it would interact with multiple provisions of a key student privacy law to the potential implications of a proposed secondary verifiable parental consent requirement.

To amplify the questions about how COPPA would interact with the Family Educational Rights and Privacy Act (FERPA), FPF was also one of 12 signatories to a multistakeholder letter addressed to the Commission and Department of Education urging the development of joint guidance.

Read the letter here.

Considerations Applicable to All Operators

Children today are increasingly reliant on online services to connect with peers, seek out entertainment, or engage in educational activities, and while there is a great benefit to this, there are also risks to privacy and personal data protection, and we applaud the Commission for its ongoing efforts to find a balance between these tradeoffs. Our comments and recommendations focused on areas where we believe there is further opportunity to strike that balance, including:

  • Clarifying the separate verifiable parental consent (VPC) step for third-party disclosures, as COPPA already includes a prohibition on conditioning a child’s participation in an online activity, and operators face considerable challenges in implementing the current VPC requirement. Our comments were informed in part by our in-depth report and infographic on the effectiveness of COPPA’s verifiable parental consent (VPC) requirement, published in June 2023.
  • Revising definitions in line with how technology has evolved since the last COPPA Rule update, including adding “mobile telephone number” to the definition of online contact information, and clarifying what role text messages can play in the consent process.
  • Providing more specificity of what types of processes that encourage or prompt the use of a website are of greatest concern to the FTC, as language in the proposed rule may inadvertently limit positive use cases of prompts and notifications such as homework reminders, meditation apps, and notifications about language lessons.
  • Aligning the proposed security program language with the stated goal in the Notice of Proposed Rulemaking (NPRM), which reads that operators need “a written comprehensive security program” (emphasis added) and not a “child-specific” program, which would place an additional burden on companies with no additional benefit to parents or children.


Unique Considerations for Schools and Educational Technology

FPF commends the Commission’s effort to provide better clarity regarding how the rule should be applied in a school context; however, there are several areas where the proposed rule does not fully align with the Family Educational Rights and Privacy Act (FERPA), the primary federal law that governs use and disclosure of educational information. Both laws are complex, and the potential impact of confusion and misalignment is significant for the more than 13,000 school districts across the country and for the edtech vendor community.

With that in mind, our comments related to the proposed rule’s implications for student privacy focused in large part on identifying areas where more alignment and clarity around the interaction between COPPA and FERPA would be particularly instructive for both schools and edtech companies. Our recommendations include:


  • Working with the US Department of Education to create and maintain joint guidance, which would detail how operators and schools should interpret their obligations in light of the interaction between COPPA and FERPA. We also recommend that this guidance consider the perspective and expertise of Operators and School stakeholders.
  • Aligning the school-authorized education purpose exception to prior parental consent to the requirements of FERPA. We highlight several key areas where the rule needs clearer alignment, including how the definition of school-authorized education purpose aligns with FERPA’s School Official exception, how the use of the term written agreement in the proposed rule differs from how the term is used in FERPA, and how both laws address redisclosures of student data.


To read FPF’s COPPA comments in full, click here.

To download the joint letter to the FTC and U.S. Department of Education signed by FPF and 11 others, click here.


fpf.org/blog/fpf-files-coppa-c…



#NotiziePerLaScuola
È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione e del Merito

🔶 #Scuola, oggi al via le prove del #concorso per l’assunzione di 44.



Blues a Teheran di Gohar Homayounpour


"Blues a Teheran" di Gohar Homayounpour, edito da Cortina Editore, è un libro che sfida le convenzioni e ci porta in un viaggio intimo e vibrante attraverso la Teheran odierna. L'autrice, psicoanalista di professione, intreccia magistralmente la sua storia personale con le esperienze dei suoi pazienti, creando un'opera ricca di spunti di riflessione e di umanità.

iyezine.com/blues-a-teheran-di…

@L’angolo del lettore

L’angolo del lettore reshared this.



“ICO: i localizzatori GPS sui migranti ledono la privacy” L’Information Commissioner’s Office (“ICO”) del Regno Unito, il 1°Marzo, ha pubblicato un comunicato stampa sul proprio sito con cui ha annunciato di aver emesso un avvertimento formale nei confronti del Ministero dell’Interno per non avere rispettato la normativa in materia di protezione dei dati. Nello specifico …


VERSIONE ITALIANA UE, ALCUNI SITI PORNOGRAFICI FANNO CAUSA PER I NUOVI OBBLIGHI PREVISTI DAL DSASecondo quanto riportato dalla stampa tre siti web pornografici, inclusi dalla legge sui servizi digitali nell’elenco delle piattaforme online di grandi dimensioni, stanno per intentare causa all’UE per i nuovi obblighi imposti dal Digital Services Act (DSA). Questa legge ha l’obiettivo …


Phanpy releases Catch-up, a new easy way to catch up on all the posts you've missed since the last time you logged in. Threads' ActivityPub development continues.


Eppur si muove. I primi passi della Difesa comune europea secondo il gen. Caruso


Il Commissario europeo Ursula Von der Leyer l’aveva già annunciato e la prima strategia industriale europea per la difesa (European defence industrial strategy, Edis) è stata presentata, proposta dalla Commissione europea e dall’Alto rappresentante. L’att

Il Commissario europeo Ursula Von der Leyer l’aveva già annunciato e la prima strategia industriale europea per la difesa (European defence industrial strategy, Edis) è stata presentata, proposta dalla Commissione europea e dall’Alto rappresentante. L’attacco russo all’Ucraina ha evidenziato la totale inadeguatezza della Difesa comune europea e soprattutto il fatto che, a fronte di considerevoli investimenti fatti dai paesi europei, la mancanza di coordinamento e l’atavica rivalità tra i principali paesi dell’ Unione – specie nel settore dell’industria della difesa – hanno portato alla situazione attuale: l’industria europea nel suo complesso non è in grado di sostenere un conflitto ad alta intensità al pari degli eserciti europei a cui manca una struttura di comando e controllo capace di gestire una potenziale aggressione al territorio europeo. Bisogna investire di più nella difesa, ma bisogna farlo meglio e insieme. La strategia presentata punta ad acquistare in modo congiunto almeno il 40% delle attrezzature entro il 2030; garantire che, entro il 2030, almeno il 35% dell’intero valore del mercato della difesa sia in Ue; arrivare entro il 2030 ad avere il 50% ed entro il 2035 il 60% degli appalti all’interno dell’Ue.

In risposta alla guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina, la strategia prevede anche un insieme di azioni per accrescere la prontezza industriale europea nella difesa, inclusa la proposta legislativa per un Programma industriale europeo per la difesa (Edip) e misure per garantire la disponibilità e la fornitura tempestiva di prodotti per la difesa.

I principali obiettivi dell’Edis è quello di sviluppare una visione a lungo termine per la prontezza industriale nella difesa dell’Ue e di presentare un European defence investment orogramme (Edip) – un Programma europeo degli investimenti della difesa, per promuovere la cooperazione e l’investimento negli ambiti della difesa.

La strategia si basa su un ampio processo consultivo con gli Stati membri, l’industria della difesa, il settore finanziario e il mondo accademico, e mira a rafforzare la prontezza e la capacità di risposta dell’industria europea della difesa attraverso investimenti collaborativi, miglioramento della reattività industriale, promozione di una cultura della prontezza alla difesa e cooperazione con partner internazionali strategici. Attraverso il supporto agli investimenti nel settore della difesa per adattarsi meglio al nuovo contesto di sicurezza, l’incremento dell’efficienza nella domanda collettiva di difesa dei membri dell’Ue, si spera di imprimere un passo significativo verso l’integrazione e il rafforzamento dell’industria della difesa europea, riconoscendo l’importanza della cooperazione tra gli stati membri e la necessità di adattarsi a un contesto di sicurezza in evoluzione. Attraverso il sostegno finanziario e regolamentare, come evidenziato dall’Edip, l’Ue mira a migliorare la propria autonomia strategica e la capacità di rispondere efficacemente alle sfide di sicurezza, beneficiando gli stati membri e i partner strategici.
Sarà sufficiente? Si poteva fare di più? È un primo passo e ci sono degli spunti interessanti, quanto coraggiosi che vanno verso un approccio non convenzionale, ma forse più efficace, in un momento in cui le minacce all’ Europa diventano sempre più cocenti e l’ombrello americano sembra rimpicciolirsi sempre di più con l’avvicinarsi delle elezioni presidenziali americane.

A mio avviso due sono i punti più qualificanti introdotti dall’ Edis.

Il primo riguarda l’introduzione di una nuova cornice giuridica nota come la Struttura per il programma di armamento europeo (Seap), progettata per superare le sfide legate alla cooperazione tra gli stati membri dell’Ue nella realizzazione di programmi d’armamento comuni. Questa nuova struttura mira a fornire procedure standardizzate per l’avvio e la gestione di tali programmi, al fine di facilitare e incentivare la cooperazione in materia di difesa.

Un aspetto significativo di questa struttura è la possibilità per gli stati membri di beneficiare di un tasso di finanziamento maggiorato nell’ambito del Programma europeo di sviluppo industriale nel settore della difesa (Edip), nonché di procedure di acquisto semplificate e armonizzate. Quando gli stati membri acquisiscono equipaggiamenti in modo congiunto tramite il Seap, operando come un’organizzazione internazionale, possono godere di esenzione dall’Iva. Inoltre, il Seap prevede un bonus per i prodotti sviluppati e acquisiti in questo contesto, a patto che gli stati membri coinvolti concordino su un approccio comune sulle esportazioni della difesa.

Inoltre, il documento chiarisce che gli stati membri, agendo attraverso il Seap, possono emettere titoli di debito per assicurare il finanziamento a lungo termine dei programmi d’armamento. Questo meccanismo consente una maggiore flessibilità nel finanziamento di programmi d’armamento di ampio respiro e di lunga durata, garantendo allo stesso tempo che l’Unione Europea non sia responsabile per l’emissione del debito da parte degli stati membri. Questa capacità di emettere titoli di debito potrebbe migliorare le condizioni di finanziamento da parte degli stati membri per i programmi d’armamento che ricevono supporto dall’Ue tramite il Seap.
Una rivoluzione copernicana, ma che vede i paesi europei confrontarsi, come sempre, tra i frugali e fiscalmente più conservatori e quelli più esposti alla minaccia da est come Polonia e Paesi baltici. Forse, per la prima volta, si mettono al centro gli Stati membri piuttosto che le grandi industrie della difesa. Gli Stati membri vengono incoraggiati a trovare accordi e alleanze strategiche tra di loro per sviluppare programmi di difesa comuni che potranno beneficiare di meccanismi dedicati e particolari forme di finanziamento.

Il secondo aspetto degno di nota è la possibilità di trasferire all’Ucraina le riserve russe congelate in Europa e Usa subito dopo l’invasione da parte di Mosca. Si tratta di circa trecento miliardi di dollari che farebbero la differenza e che contribuirebbero a finanziare la difesa di Kiev control’ aggressione russa. Sarà interessante osservare i differenti approcci al problema tra un Macron scettico sulla possibilità legali e altri – come il presidente ungherese Orban – totalmente contrari per principio. La soluzione di compromesso sembrerebbe essere di reinvestire i profitti, decisamente minori, ma sicuramente più certi.

La strategia industriale europea per la difesa segna certamente un passo significativo verso l’integrazione e il rafforzamento dell’industria della difesa europea, riconoscendo l’importanza della cooperazione tra gli stati membri e la necessità di adattarsi a un contesto di sicurezza in evoluzione. Attraverso il sostegno finanziario e regolamentare, come evidenziato dall’Edip, l’Ue mira a migliorare la propria autonomia strategica e la capacità di rispondere efficacemente alle sfide di sicurezza, beneficiando gli stati membri e i partner strategici.

Ma era la cosa giusta da fare? O meglio, era la prima cosa giusta da fare? Come sempre l’approccio europeo, anche nel campo della difesa e sicurezza europea, è prima finanziario ed economico. Napoleone Bonaparte diceva che per vincere le guerre occorrevano tre cose: Argent, argent, argent. E quindi ben vengano queste iniziative che tendono a ottimizzare le risorse per la Difesa comune, incoraggiando alleanze tra industrie europee della difesa e potenziando gli strumenti che facilitano questi approcci comuni. Ma cosa servirà una maggiore cooperazione, innovazione e resilienza industriale se poi non avremo delle Forze armate europee capaci di operare in modo integrato e con capacità multi dominio sotto un’unica struttura militare di comando controllo?

Ritengo quindi che – ancora una volta – non si abbia avuto la forza o il coraggio di affrontare il problema in modo olistico analizzando tutti gli aspetti della difesa comune europea. È chiaro che a novembre, chiunque vinca le elezioni negli Stati Uniti, ridimensionerà il proprio appoggio alla vecchia Europa e ci troveremo da soli ad affrontare gravi minacce alla nostra sicurezza. Non c’è più tanto tempo per disegnare e attuare un nuovo progetto di difesa comune europea che dovrà essere tanto più ardito quanto breve sarà il tempo per realizzarlo.


formiche.net/2024/03/primi-pas…



Oggi a Roma con Anpi, Cgil, Arci, Emergency abbiamo chiesto il cessate il fuoco in Ucraina e Palestina e di fermare il genocidio a Gaza. Bisogna fermare l'estr


Elezioni europee: lettera di Sinistra Europea e Rifondazione al Presidente della Repubblica, garante supremo della nostra Carta Costituzionale e del sistema democratico


GoToSocial: il Fediverso a misura di individuo. Il post di @ sulla propria esperienza in self hosting

@Che succede nel Fediverso?

Una delle caratteristiche che rendono il Fediverso attrattivo per molte persone che considerano la privacy importante e che mal sopportano di perdere il controllo sui propri dati, testi, immagini e video, è la possibilità di partecipare alla vita sociale online utilizzando i propri mezzi, cioè un proprio server e un proprio client.



Mi è stato chiesto di raccontare la mia esperienza con #GoToSocial, un server #activitypub che vanta un footprint piccolissima e un ridotto utilizzo di risorse (gira anche su Raspberry PI), una installazione facile e veloce e una buona compatibilità con le API di #Mastodon.

Ecco qui il mio post:
77nn.it/2024/03/09/GoToSocial-…


Antonino Campaniolo 👣 reshared this.




Dossieraggi


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MERCATO DELLA DROGA IN EUROPA: UNA PANORAMICA #EUDrugMarkets


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Mercati della droga nell’UE: spunti chiave per la politica e la pratica (EU Drug Markets: Key insights for policy and practice) è il modulo finale di una serie di analisi approfondite sul mercato della droga da parte di #Europol e dall’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze (#EMCDDA)..
Il nuovo rapporto offre una sintesi strategica e di alto livello del mercato della droga nell’UE, basata su una solida conoscenza dell’attuale panorama della droga e delle minacce emergenti. Fornisce inoltre una panoramica degli sviluppi chiave per ogni farmaco e delinea le azioni per affrontare le minacce attuali e aumentare la preparazione.
Il rapporto è il modulo finale del più ampio rapporto sui mercati della droga nell’UE: analisi approfondita delle due agenzie, la loro quarta panoramica completa dei mercati delle droghe illecite nell’UE dal 2013
Il traffico illecito di droghe domina la criminalità grave e organizzata nell’Unione europea, con un impatto significativo sulla globalizzazione e sulle reti interconnesse. Il mercato europeo della droga ha registrato un aumento senza precedenti della disponibilità, guidato dalla forte domanda e dall’innovazione criminale. Ciò ha portato a decessi legati alla droga, a un aumento della domanda di cure e all’espansione della criminalità organizzata. Il traffico di droga alimenta anche la corruzione e lo sfruttamento di individui vulnerabili, portando a violenza e danni ambientali. L’economia e lo stato di diritto sono indeboliti dallo sfruttamento delle imprese legali.
Il mercato della droga nell’UE richiede un approccio su più fronti che coinvolga l’applicazione della legge, la sanità pubblica, l’istruzione e la cooperazione internazionale. Riconoscere l’interconnessione globale è fondamentale per risposte efficaci. La tabella di marcia dell’UE si concentra sulla riduzione dell’offerta, sullo smantellamento delle reti criminali ad alto rischio, sul miglioramento dell’accesso a misure di riduzione del danno basate sull’evidenza e sul rafforzamento della resilienza sociale per affrontare i fattori socioeconomici che contribuiscono al mercato illecito della droga.
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Sulla base dei dati del 2021, si stima il mercato della droga nell’UE avere un valore al dettaglio minimo di almeno 31 miliardi di euro. È una delle principali fonti di reddito per la criminalità organizzata. Una chiave caratteristica di questo mercato è l’interconnessione tra diverse droghe illecite, con reti criminali e broker e facilitatori chiave spesso coinvolti nella policriminalità legata alla droga. Il grande mercato della droga nell’UE si interseca anche con e ha un impatto significativo su altri ambiti criminali, come il traffico di armi da fuoco e riciclaggio di denaro.
La disponibilità delle principali droghe in Europa rimane elevata, con grandi quantità sequestrate e un mercato diversificato per le droghe illecite. L’emergere di oppioidi altamente potenti e di nuovi modelli di consumo, in particolare di cocaina, rappresentano una minaccia complessa per la salute pubblica. La tendenza al traffico di spedizioni singole più grandi via mare ha aumentato l’efficienza, mentre i sequestri sono diminuiti. Questa diminuzione potrebbe essere in parte dovuta a una minore attenzione rivolta ai reati di possesso e consumo di droga in alcuni Stati membri.
L’UE sta assistendo alla produzione su scala industriale di cannabis e droghe sintetiche, tra cui anfetamine, metanfetamine, MDMA , sia per i mercati nazionali che internazionali. L’Europa è anche un’importante zona di transito per i flussi globali di droga, in particolare di cocaina proveniente dall’America Latina. Le reti criminali nel mercato della droga dell’UE dimostrano un’elevata adattabilità, sfruttando i progressi tecnologici, i cambiamenti sociali e le strutture commerciali legali. Diversificano le fonti, i prodotti, le rotte del traffico e i metodi di occultamento.
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Il mercato della droga dell’UE ha dimostrato resilienza alle crisi globali, all’instabilità e ai cambiamenti politici ed economici, consentendo alle reti criminali di adattarsi, diversificare i metodi ed emergere nuovi mercati e preferenze dei consumatori.
I mercati della droga illecita e l’economia regolare si intersecano in vari modi, compresi i criminali che sfruttano le infrastrutture di trasporto commerciale e le scappatoie legislative per la produzione di droga e dirottano i prodotti legalmente disponibili per scopi illegali.
Gli Stati membri dell’UE stanno sperimentando livelli senza precedenti di violenza legata al mercato della droga, in particolare nei mercati della cocaina e della cannabis. Questa violenza, che spesso comporta omicidi, torture, rapimenti e intimidazioni, ha un impatto sulla società e sull’insicurezza pubblica. La corruzione facilita il traffico di droga e mina lo stato di diritto. La tecnologia e l’innovazione sono i motori chiave dei mercati della droga, su cui le reti criminali fanno affidamento per facilitare le attività e mitigare i rischi. L’innovazione nella produzione di droghe illecite porta a risultati più elevati, potenza e una gamma più ampia di prodotti di consumo, mentre i progressi digitali e le opportunità tecnologiche rendono la comunicazione illecita più accessibile.
Il mercato della droga nell’UE presenta numerose minacce che richiedono un approccio multidisciplinare, flessibile e orientato al futuro per monitorare e rispondere efficacemente a tali minacce.
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Il mercato della droga nell’UE deve essere monitorato e analizzato utilizzando tecnologie avanzate come l’intelligenza artificiale e le immagini satellitari. Dovrebbero essere individuate le sostanze nocive, come gli oppioidi sintetici e le nuove sostanze psicoattive. Le valutazioni delle minacce dovrebbero essere rafforzate e la violenza legata al mercato della droga dovrebbe essere meglio compresa. Le piattaforme online dovrebbero essere monitorate per il commercio e la distribuzione della droga e dovrebbero essere sviluppati nuovi quadri per analizzare i cambiamenti legislativi sui mercati delle droghe illecite.
Sorge la necessità di rafforzare le risposte operative contro le reti criminali, in particolare quelle ad alto rischio, e di dare priorità allo smantellamento di intere reti. Evidenzia inoltre la necessità di migliorare le risposte al traffico e alla diversione di droga, rafforzare le barriere amministrative, migliorare la capacità di interdizione nei porti marittimi e negli hub di posta e pacchi e dare priorità alle politiche di prevenzione della criminalità per i giovani a rischio di sfruttamento e reclutamento da parte di reti criminali.
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L’UE dovrebbe rafforzare la cooperazione con le organizzazioni internazionali e i paesi terzi per combattere il traffico illecito di droga, in particolare nei centri chiave. Lo scambio di dati sulle reti della tratta dovrebbe migliorare la consapevolezza situazionale. Le normative europee e gli accordi internazionali dovrebbero essere implementati per interrompere il traffico di droga, e i partenariati pubblico-privato dovrebbero essere rafforzati per prevenirne lo sfruttamento.
L’UE deve aumentare le risorse per le risposte operative e strategiche al traffico di droga, concentrarsi sullo sviluppo delle capacità nei principali punti di ingresso, investire in tecnologie di rilevamento innovative, formare i lavoratori, sostenere i paesi terzi sulle rotte del traffico di droga, rafforzare l’elaborazione di politiche basate su dati concreti, migliorare le prevenzione della criminalità, investire in interventi basati sull’evidenza e migliorare la consapevolezza politica dei rischi ambientali associati alla produzione, al traffico e al consumo di droga.
Il quadro legislativo dell’UE è fondamentale per le forze dell’ordine e le autorità giudiziarie nella lotta alla criminalità organizzata. Offre strumenti come #EMPACT per interrompere le catene di approvvigionamento dei farmaci. È necessario rafforzare gli approcci integrati per affrontare le cause profonde dei mercati delle droghe illecite.



Le democrazie occidentali sono quelle che portano in guerra il proprio popolo senza chiedere al popolo quale sia la sua volontà.

Pace - Partito Alternativo per la Coabitazione Euroasiatica




VERSIONE ITALIANA NEW HAMPSHIRE, APPROVATO NUOVO DISEGNO DI LEGGE SU PRIVACY DEI CONSUMATORINel New Hampshire il governatore Chris Sununu ha firmato la legge SB 255 che garantisce la protezione completa della privacy dei consumatori. Lo stato diventa così il 14° ad adottare questa misura. Grazie all’approvazione di questa legge i cittadini hanno il diritto di …

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#NoiSiamoLeScuole questa settimana racconta della costruzione della nuova Scuola Secondaria di I grado Vincenzo Campanari dell’ICS Ildovaldo Ridolfi, a Tuscania, in provincia di Viterbo e nel Lazio, per contrastare la dispersione scolastica e per rid…


Little New About Hampshire


On March 6, 2024, Governor Sununu signed SB 255 into law, making New Hampshire the fourteenth U.S. State to adopt a comprehensive privacy law to govern the collection, use, and transfer of personal data. SB 255 is the second comprehensive privacy law enac

On March 6, 2024, Governor Sununu signed SB 255 into law, making New Hampshire the fourteenth U.S. State to adopt a comprehensive privacy law to govern the collection, use, and transfer of personal data. SB 255 is the second comprehensive privacy law enacted in 2024, the first having been New Jersey’s S332, which was also a holdover from the 2023 legislative session. Another example of states following the “Connecticut model,” S255 bears a strong resemblance to other laws following the Washington Privacy Act (WPA) framework. The law will take effect on January 1, 2025. This blog post addresses two unique facets of SB 255, including its narrow rulemaking authority and a unique provision addressing conflicts with other laws, while ultimately reflecting on how SB 255 is arguably the first “boring” state comprehensive privacy law.

1. Two Novel Provisions in New Hampshire


a. Narrow Rulemaking Authority

Prior to New Hampshire joining the fray, there were two approaches to rulemaking in the state comprehensive privacy landscape. In the first category are laws that provide no rulemaking authority, which includes a majority of enacted legislation. However, a handful of states—California, Colorado, and New Jersey— exist in another category where the legislation provides broad rulemaking authority, either to promulgate regulations for the purpose of carrying out the law or, in California’s case, to issue regulations on a variety of important topics.

SB 255 breaks this trend by including two narrow rulemaking provisions. First, in section 507-H:6, which notes that the secretary of state will establish standards for privacy notices. The second rulemaking provision is section 507-H:4(II), which specifies that the secretary of state will establish a “secure and reliable means” for individuals to exercise their rights under the law. Most other states task controllers with establishing their own means for individuals to exercise their rights (e.g., Delaware). California was slightly more prescriptive in its requirements (e.g., requiring that businesses offer a toll-free telephone number to exercise rights) but ultimately leaves much to the discretion of businesses. New Hampshire’s requirement that the secretary of state establish a uniform means for exercising data rights could make it easier for individuals to submit requests given that the mechanism will not vary from controller-to-controller. Businesses interact with their customers in a variety of ways, however, and this standardization could pose challenges for businesses if it is overly rigid.

b. Compliance with Other Law

SB 255 contains a unique provision regarding compliance with “other law.” Section 507-H:12 provides that anyone covered by SB 255 and “other law regarding third party providers of information and services” must comply with both laws, and, where there is a “direct conflict” between the two laws, the individual or entity “shall comply with the statute that provides the greater measure of privacy protection to individuals.” For the purposes of that provision, opt-in consent for disclosing personal information is deemed more protective than the opt-out rights in SB 255.

This language was added while SB 255 was in committee to prevent potential conflicts between SB 255 and HB 314, a distinct bill that was being considered in parallel to SB 255. Originally intended to curtail government acquisition of personal information, HB 314 was expanded significantly by the House Judiciary Committee to place strict limits on the disclosure of personal information by a “third-party provider of information,” defined broadly under that bill to encompass telephone companies, utilities, internet service providers, streaming services, social media services, email service providers, banks and financial institutions, insurance companies, and credit card companies.

HB 314 passed the New Hampshire House of Representatives in early January 2024, but it has not progressed in the Senate at the time of writing. Retaining this conflict provision in SB 255 without also passing HB 314 raises questions about the provision’s function, given that “third-party provider of information or services” currently is not defined in law.

2. The First “Boring” Privacy Law?


Perhaps what is most interesting about SB 255 is how uninteresting it is—at least in regard to comprehensive privacy law, there is very little new in New Hampshire:

  • The law’s applicability thresholds are low—applying to controllers who process the personal data of either 35K consumers or 10K consumers and deriving more than 25% of revenue from the sale of personal data—but these thresholds are not uniquely low (matching those set in Delaware).
  • Sensitive data is defined broadly, including personal data revealing sex life, but it omits elements of the broadest such definitions (e.g., status as transgender or nonbinary and status as a victim of crime, included in Oregon, or financial information, included in California and New Jersey).
  • The definition of biometric data is broader than that in Virginia (covering data generated from a photograph or an audio or video recording if generated to identify a specific individual), but narrower than that in New Jersey or Oregon.
  • A controller can respond to a deletion request regarding personal data obtained from third parties by opting that individual out of non-exempt processing purposes, following the approach in most WPA-style laws (except Delaware and New Jersey).
  • New Hampshire joins California, Colorado, Connecticut, Montana, Oregon, Delaware, and New Jersey as the eighth state to allow individuals to opt-out of the processing of personal data for targeted advertising or the sale of personal data on a default basis through a universal opt-out mechanism (UOOM).


That SB 255 adds little new to the state comprehensive privacy landscape is indicative of the maturity of state privacy law. Once upon a time, a state enacting comprehensive privacy legislation warranted an emergency blog post with detailed analysis and lofty questions about a looming “patchwork” of incompatible laws. In the almost six years since the California Consumer Privacy Act was enacted, fourteen states have now joined the fold. As noted in FPF’s forecast of the 2024 privacy landscape, while there was a general regulatory convergence on the WPA framework, there are still meaningful differences between most of the post-California comprehensive state privacy laws. Many have wondered whether any states would buck the consensus trend in 2024 and adopt a novel approach to data privacy. That may be the case, as several states are currently considering bills inspired by the American Data Privacy and Protection Act. But if New Hampshire is anything to go by, perhaps 2024 will instead be a year of greater convergence and uniformity amongst the states. Time will tell.


fpf.org/blog/little-new-about-…



#NotiziePerLaScuola

Diffusione della cultura della legalità e promozione del merito. È stata approvata la graduatoria delle istituzioni scolastiche ammesse a partecipare al concorso promosso dal MIM in collaborazione con la LUISS.



“Le donne non sono vittime di un destino misterioso: le nostre ovaie non ci condannano a una vita di sottomissione” diceva Simone De Beauvoir. Ma a tutt’o


European Health Data Space (EHDS): Patients risk losing control over their data


In the morning at 4 am, the negotiations (trialogue) on the creation of a European Health Data Space (EHDS) ended behind closed doors without a deal. Negotiations were postponed to next …

In the morning at 4 am, the negotiations (trialogue) on the creation of a European Health Data Space (EHDS) ended behind closed doors without a deal. Negotiations were postponed to next Thursday. One of the negotiators, MEP and civil rights activist Patrick Breyer from the Pirate Party, explains what is at stake in the negotiations:

“Depending on the outcome of the negotiations, you could see your sexually transmitted diseases and sexual disorders, impotence and infertility, abortions, addictions and mental illnesses transferred to health ministries, universities and health insurance companies – without any patient control, without a guaranteed right to opt-out or any requirement for consent, even for the most intimate conditions. The patient data could be accessible under a pseudonym and remain identifiable. Ultimately, this could mean the end of medical confidentiality and deterring patients from seeking urgently needed treatments for fear of stigmatisation, possibly even resulting in suicides. Profit interests could be blatantly prioritised over the interests of patients.

The EU Parliament has been calling for a Europe-wide, guaranteed and full right for patients to opt out of their health data being passed on to third parties, but it is encountering fierce resistance from EU governments and the EU Commission. Even the existing national rights to opt out of the transfer of data to third parties could come under pressure eventually if no right to object applies in other EU states and their ‘pharmaceutical industry’ therefore complains of being disadvantaged.

Depending on the outcome of the negotiations, it will be impossible for patients to use the national electronic health system without their data being accessible across borders throughout the EU. Independent certification of the security of European health data systems may not be required . And the storage of our patient records threatens to be permitted even outside Europe, for example in the USA.

Overall, EU governments and the EU Commission want to accumulate, interconnect and pass on the most sensitive patient records without wanting to guarantee patients’ control over their data. , ‘Anything goes, no obligations’ is not an approach that patients can trust. Without trust, a European Health Data Space cannot exist. According to surveys, more than 80% of EU citizens want to decide for themselves about the transfer of their patient records to third parties. I will do my utmost in the final negotiations to fight for citizens’ right to privacy and medical confidentiality.”


patrick-breyer.de/en/european-…



FPF Statement on President Biden’s 2024 State of the Union Address


“At this critical moment in time, the U.S. is positioned to demonstrate leadership to develop and regulate emerging technologies such as AI. These tools, while incredibly advantageous when deployed responsibly, also carry tremendous potential to cause har

“At this critical moment in time, the U.S. is positioned to demonstrate leadership to develop and regulate emerging technologies such as AI. These tools, while incredibly advantageous when deployed responsibly, also carry tremendous potential to cause harm. We commend the Biden administration for recognizing the multifaceted challenges and opportunities presented by AI technologies.

We’re also encouraged to hear President Biden reaffirm his commitment to enacting stronger privacy protections for kids online. Technology creates both terrific opportunities and real risks for young people, and as kids spend more time online and as AI and other technologies continue to evolve, finding that balance has become more difficult ― and more important ― than ever before. We stand by the fact that a comprehensive federal privacy law would address some of the most pressing privacy concerns associated with AI, including algorithms’ use of mass amounts of sensitive data.”

– Jules Polonetsky, CEO, Future of Privacy Forum

Read the full State of the Union Address here.


fpf.org/blog/fpf-statement-on-…



Event Recap: FPF X nasscom Webinar Series – Breaking Down Consent Requirements under India’s DPDPA


Following the enactment of India’s Digital Personal Data Protection Act 2023 (DPDPA), the Future of Privacy Forum (FPF) and nasscom (National Association of Software and Service Companies), India’s largest industry association for the information technolo

Following the enactment of India’s Digital Personal Data Protection Act 2023 (DPDPA), the Future of Privacy Forum (FPF) and nasscom (National Association of Software and Service Companies), India’s largest industry association for the information technology sector, co-hosted a 2-part webinar series focused on the consent-centric regime under the DPDP Act. Spread across two days (November 9, 2023 and January 29, 2024), the webinar series comprised four panels that brought together experts from industry, governments, civil society, and the global data privacy community to share their perspectives on operationalizing consent under the DPDPA. This blog post provides an overview of these discussions.

Panel 1 – Designing notices and requests for meaningful consent

The first panel was co-moderated by Bianca Marcu (Policy Manager for Global Privacy, FPF) and Ashish Aggarwal (Vice President for Public Policy, nasscom) They were joined by the following panelists:

  1. Paul Breitbarth, Data Protection Lead, Catawiki & Member of the Data Protection Authority, Jersey.
  2. Eduardo Ustaran, Partner, Global Co-Head of Privacy & Cybersecurity, Hogan Lovells.
  3. Eunjung Han, Consultant, Rouse, Vietnam.
  4. Swati Sinha, APAC, Japan and China Privacy Officer & Senior Counsel, Cisco.

The panel began with a short presentation by Priyanshi Dixit (Senior Policy Associate, nasscom) that introduced the concepts of notice and consent under the DPDPA. During the discussion, panelists emphasized the importance of clear, understandable written notices and discussed other design choices to ensure that consent is “free, specific, informed, unconditional, and unambiguous”. To this end, Swati Sinha highlightedconsent notices for different categories of cookies under the EU General Data Protection Regulation (GDPR), and granular notices with separate tick boxes in South Korea and China as examples of how data fiduciaries under the DPDPA could design notices to enable individuals to make informed decisions. However, Swati also stressed that consent forms should not bundle different purposes or come with pre-ticked boxes. Eduardo Ustaran observed that the introduction of strict consent requirements in many new data protection laws internationally has transformed the act of giving consent from a passive action into a more active and affirmative one. Eduardo also stressed the importance of ensuring that consent was clearly and freely given and maintaining clear records.

Adding to this, Paul Breitbarth suggested that visuals such as videos and images could help make the information in notices more accessible, particularly given that long text-based notices might not be convenient for individuals using mobile devices. Paul used the example of airline safety videos as an effective method for presenting notices, with voiceovers and subtitles to ensure accessibility for a broader audience. However, Paul cautioned that it is always advisable to include written notices alongside such visual representations.

The panelists also highlighted challenges to relying on consent as a basis for processing personal data, such as varying levels of digital literacy, the risk of “consent fatigue,” and the use of deceptive design choices (such as pre-ticked consent boxes). The discussions therefore considered alternatives to consent under different data protection laws. The panelists highlighted that in Europe, consent is not always the most popular legal basis for processing personal data as under the GDPR consent is one of several equal bases for processing personal data. The panelists also considered that in jurisdictions whose data protection laws emphasize consent over other legal bases, organizations may face difficulties in ensuring that consent is meaningful. Eunjung Han cited Vietnam’s recent Personal Data Protection Decree as an example of a framework that emphasizes consent and could potentially limit businesses’ ability to process personal data for their operations. She also noted that industry stakeholders in Vietnam are engaging in conversations with the government to share global practices where business necessity serves as a legal basis for processing.

Regarding regulatory actions, the panelists noted that regulators initially offer guidance and support to industry but over time, may transition to initiating enforcement actions. As final takeaways, panelists stressed the importance of accountability and emphasized the need to clearly identify usage of personal data, only collect personal data that is necessary for a specific purpose, and adhere to data protection principles.

Panel 2 – Examining consent and its alternatives

The second panel was co-moderated by Gabriela Zanfir-Fortuna (Vice President for Global Privacy, FPF) and Ashish Aggarwal (Vice President for Public Policy, nasscom). They were joined by the following panelists:

  1. Francis Zhang, Deputy Director, Data Policy, PDPC Singapore.
  2. Leandro Y. Aguirre, Deputy Privacy Commissioner, Philippines National Privacy Commission.
  3. Kazimierz Ujazdowski, Member of Cabinet, European Data Protection Supervisor.

Varun Sen Bahl (Manager, nasscom) set the context for the panel discussion through a brief presentation, outlining various alternatives to consent under the DPDP Act: legitimate uses (section 7) and exemptions (sections 17(1) and 17(2)).

Throughout the discussion, the panelists drew from their experiences with their respective data protection laws: Singapore’s Personal Data Protection Act (PDPA), the Philippines’ Data Privacy Act (DPA), and the EU’s GDPR. In particular, a common experience shared by the three panelists was that they had all faced questions on the interpretation of alternative bases to consent in their respective jurisdictions. They noted that this was an evolving trend and suggested that it would likely extend to India as well.

Panelists noted that some data protection authorities were proactively promoting alternative legal bases to consent. This need arose because organizations in their jurisdictions were over-relying on consent as the de facto default legal basis for processing personal data, leading to “consent fatigue” for data subjects. For instance, Francis Zhang explained that Singapore amended its PDPA in 2020 to include new alternatives to consent that aim to strike a balance between individual and business interests.

Gabriela highlighted the similarities between section 15(1) of Singapore’s PDPA and section 7(a) of the DPDP Act. Both provisions allow for consent to be deemed where an individual voluntarily shares their personal data within an organization. In this context, Francis Zhang shared Singapore’s experience with this provision and explained that it was intended to apply in scenarios where consent can be inferred from the individual’s conduct, such as sharing payment details in a transaction or health information during a health check-up.

Reflecting on his experience in Europe, Kazimierz Ujazdowski observed that data protection authorities tend to be reactive as they are constrained by the resources at their disposal. He suggested that Indian regulators could be better prepared than the ones in Europe at the time of the enactment of the GDPR by proactively identifying practices that are likely to adversely affect users. He also highlighted the importance of taking a strategic approach to map areas of risk requiring regulatory attention. Deputy Commissioner Aguirre emphasized the need for India’s Data Protection Board to establish effective mechanisms to offer guidance regarding the interpretation of key legal provisions and how to comply with them. He highlighted that effective communication between regulators and industries was crucial for anticipating lapses and promoting compliance. He also explained that complaints and awareness efforts during the transition period before the Philippines’ DPA took effect helped to refine the Philippines’ data protection legal frameworks.

Panel 3 – Realizing the ‘consent manager’ model

The third panel was focused on the novel concept of consent managers introduced under the DPDPA and was moderated by Malavika Raghavan (Senior Fellow, FPF) and Varun Sen Bahl (nasscom). They were joined by the following panelists:

  1. Vikram Pagaria, Joint Director, National Health Authority of India.
  2. Bertram D’Souza, CEO, Protean AA and Convener, AA Steering Committee, Sahamati Foundation.
  3. Malte Beyer-Katzenberger, Policy Officer, European Commission.
  4. Rahul Matthan, Partner – TMT, Trilegal.
  5. Ashish Aggarwal, Head of Public Policy, nasscom.

To kick off the discussions, Varun Sen Bahl provided a quick overview of the provisions on “consent managers” under the DPDPA.The law defines a “consent manager” as a legal entity or individual who acts as a single point of contact for data principals (i.e., data subjects) to give, manage, review, and withdraw consent through an accessible, transparent, and interoperable platform. Consent managers must be registered with the Data Protection Board of India (once established) and will be subject to obligations under forthcoming subordinate legislation to the DPDPA.

As the concept of a consent manager is not found in other legislation in India or internationally, there has been a great deal of speculation as to what form consent managers will take, and what role they will play in India’s technology ecosystem, once the DPDPA and its subordinate legislation are fully implemented.

The discussion among panelists touched upon the evolving role of consent managers and their potential impact under the DPDPA.

Rahul Matthan highlighted two concepts from existing consent management frameworks in India: the “account aggregator” framework in the financial sector, and the National Health Authority’s Ayushman Bharat Digital Mission (ABDM) in the health sector that could serve as potential operational models for consent managers under the DPDPA. He also suggested that these initiatives could facilitate data portability, even though the DPDPA does not expressly recognize such a right. He also anticipated that forthcoming subordinate legislation would clarify how these existing initiatives will interface with consent managers under the DPDPA.

Bertram D’Souza and Vikram Pagaria provided background on how these two sectoral initiatives function in India.

Bertram noted that in India’s financial sector, account aggregators currently enable users to manage their consent with over 100 financial institutions, including banks, mutual funds, and pension funds and enable users to manage their consent. Several different account aggregators exist on the market today, but must register with the Reserve Bank of India to obtain an operational license.

Vikram highlighted how ABDM enables users in the health sector to access their health records and consent to requests from various different entities (such as hospitals, laboratories, clinics, or pharmacies) to access that data. Users can also control the type of health record to be shared and the duration for which the data needs to be shared. Vikram also noted that approximately 500 million individuals have consented to create their Health IDs (Ayushman Bharat Health Account), with around 300 million health records linked to these IDs.

Malte Beyer-Katzenberger drew parallels between these existing sectoral initiatives in India and the EU’s Data Governance Act (DGA), a regulation that establishes a framework to facilitate data-sharing across sectors and between EU countries. He explained how the DGA evolved from business models trying to solve problems around personal data management and consent management. In this context, he noted that EU regulators are keen to collaborate with India on the shared objectives of empowering users with their data and enabling data portability.

Ashish highlighted that the value of consent managers lies in providing users a technological means to seamlessly give and withdraw consent. He also saw scope for data fiduciaries to rely on consent managers as a tool to safeguard against liability and regulatory action. When asked about what business model consent managers would adopt, Bertram noted that it is an evolving space and the market in which consent managers will operate is extremely fragmented. While he anticipated that based on his experience with account aggregators, consent managers would initially be funded by India’s technology ecosystem system, they may eventually shift to a user-paid model. The panelists also highlighted the need to obtain “buy-in” from data fiduciaries and ensure that they are accountable towards users towards users). Malte also pondered how consent managers could achieve scale in the absence of a legislative mandate requiring their use.

Rahul Matthan highlighted the immense potential of the market for consent managers in India, noting that as of January 2024, account aggregators have processed 40 million consent requests, twice the number from August of the previous year. Though account aggregators are not mandatory for users, Rahul noted that the convenience and efficiency that they offer is likely to encourage people to opt into using these services, whether they are within the formal financial system or outside it. Agreeing with this, Bertram highlighted the need for consent managers to focus on enhancing user experience and foster cross-sectoral collaborations.

In his concluding remarks, Ashish underscored the importance of striking a balance by allowing the industry to develop the existing account aggregators framework while ensuring that use of this framework is optional for consumers. He agreed that the account aggregator framework is likely to influence the development of consent managers under the DPDPA, and suggested that there may also be use cases for similar frameworks in other areas and sectors, such as in e-commerce, to address deceptive design patterns.

Panel 4 – Operationalizing ‘verifiable parental consent’ in India

The final panel in the webinar series was focused on examining the requirements for verifiable consent for processing the personal data of children under the DPDPA. The panel was co-moderated by Christina Michelakaki (Policy Counsel for Global Privacy, FPF) and Varun Sen Bahl and they were joined by the following panelists:

  1. Kieran Donovan, Founder, k-ID.
  2. Rakesh Maheshwari, Former Head of the Cyber Laws and Data Governance Division, Ministry of Electronics and Information Technology.
  3. Iqsan Sirie, Partner, TMT, Assegaf Hamzah & Partners, Indonesia.
  4. Vrinda Bhandari, Advocate – Supreme Court of India.
  5. Bailey Sanchez, Senior Counsel, Youth & Education Privacy, Future of Privacy Forum.

Varun Sen Bahl presented a brief overview of verifiable parental consent under the DPDPA. Specifically, the legislation requires data fiduciaries to seek verifiable consent from the parent or lawful guardian when processing the personal data of minors aged eighteen years or below or persons with disabilities. However, the Act empowers India’s Central Government to:

  • exempt specific classes of data fiduciaries from this requirement for certain purposes; and /or
  • reduce the age of consent for data fiduciaries that can prove they process children’s personal data in a ‘verifiably safe’ manner.

The forthcoming subordinate legislation under the DPDPA is expected to provide further detail on how these provisions will be implemented.

Building on the presentation, the panelists shed light on the complexities surrounding parental consent requirements under different data protection laws. Iqsan Sirie drew parallels between India’s DPDPA and Indonesia’s recently enacted Personal Data Protection Law, which also introduced parental consent requirements for processing children’s data that will only be clarified through enactment of secondary regulation. Iqsan cited guidelines issued by Indonesia’s Child Protection Commission as “soft law” which businesses could refer to when developing online services.

Rakesh Maheshwari explained that the Indian Government’s intent in introducing these measures in the DPDPA was to address concerns regarding children’s safety, albeit while providing the Central Government flexibility in implementing these measures.

Vrinda Bhandari focused on the forthcoming subordinate legislation to the DPDPA and stressed that any method for verifying parental consent must be risk-based and proportionate. Specifically, she highlighted privacy risks and low digital literacy as challenges in introducing such tech-based solutions. First, she pointed out that biometric-based verification methods, such as India’s national resident ID number (Aadhaar) or any other government-issued ID that captures sensitive personal data, could pose security risks, depending on who can access this information. Second, she noted that the majority of Indians belong to a mobile-first generation, where parents may not be digitally literate. Although Vrinda cited tokenization as a good alternative, she questioned whether it would be feasible to implement it in India, given the costs and technical complexity of deploying this solution.

Drawing from his expertise at K-ID, which aids developers in safely authenticating and safeguarding children’s online privacy, Kieran Donovan highlighted the array of methods for implementing age-gating, ranging from simple email verifications to advanced third-party services aimed at privacy preservation. He discussed the use of payment transactions, SMS 2-factor authentication, electronic signatures, and question-based approaches designed to gauge user maturity.He also pointed out that only 4 of the 103 countries requiring parental consent specify the exact method for verifying parental consent. Healsospoke about the challenges faced by businesses in implementing age-gating measures, including the cost per transaction and resistance from users to sophisticated verification methods.

Comparing India’s DPDPA with the Children’s Online Privacy Protection Act (COPPA) Bailey Sanchez noted that the age for consent in this context is 13 years in the US and is applicable only for services directed at children. Bailey also observed that it is not straightforward to demonstrate compliance under the COPPA. However, the Federal Trade Commission proactively updates the approved methods for parental verification and also works with industry to review new methods that reflect technological advancements. Christina spoke about the legal position on children’s consent in the EU under GDPR, and the challenges in relying on other legal bases for processing children’s data.

As final takeaways, the discussion touched on the importance of regulatory guidance and risk-based intervention that incentivizes stakeholders to participate actively. Overall, panelists noted that a nuanced approach balancing privacy protection and practical considerations is essential for effective implementation of parental consent requirements globally.

To conclude the webinar series, Josh Lee Kok Thong (Managing Director for APAC, FPF) expressed his gratitude to all the panelists, viewers, and hosts (from FPF and nasscom) for their active participation, extending a special note of thanks for their contributions.

Conclusion

In the run up to the notification of the subordinate legislation which will enforce key provisions of the DPDPA, the FPF x nasscom webinar series aimed to foster an active discussion that captured the insights of regulators, industry, academia, and civil society from within India and beyond. Going forward, FPF will play an active role in building on these conversations.


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Cantieristica e subacquea, ecco i pilastri del bilancio di Fincantieri


L’underwater rappresenta la nuova frontiera in cui vogliamo guidare sempre più l’industria ed il Paese. Così ha stabilito gli obiettivi di Fincantieri l’amministratore delegato Pierroberto Folgiero, commentando i risultati dalla società presentati con il

L’underwater rappresenta la nuova frontiera in cui vogliamo guidare sempre più l’industria ed il Paese. Così ha stabilito gli obiettivi di Fincantieri l’amministratore delegato Pierroberto Folgiero, commentando i risultati dalla società presentati con il progetto di Bilancio di esercizio al 31 dicembre 2023 e il Bilancio consolidato al 31 dicembre 2023 approvati dal consiglio di amministrazione presieduto da Claudio Graziano. Fincantieri, inoltre, ha promosso anche la sua Guidance 2024, confermando per l’anno in corso i suoi obiettivi: ricavi a circa otto miliardi (per una crescita di 4,5%) e una marginalità intorno al 6%, in crescita rispetto all’anno passato di un punto percentuale. Anche rispetto al rapporto di indebitamento, è previsto un miglioramento rispetto alla Guidance del 2023 raggiungere un valore compreso tra il 5,5 e il 6,5x nel 2024, accelerando il deleveraging atteso nell’arco di piano.

I risultati

Crescono anche gli ordini, con uno sviluppo commerciale in crescita in tutti i business. Nel 2023 i nuovi ordini sono stati pari a oltre sei miliardi e mezzo (un aumento di quasi il 24% rispetto all’anno precedente) con una accelerazione del settore offshore. L’anno scorso, inoltre, sono state consegnate 26 navi da dodici stabilimenti, e fino al 2030 ci sono in portafoglio ulteriori 85 unità. Per Folgiero, i risultati sono frutto soprattutto della solida performance operativa dell’attività cantieristica militare e civile, e alla ripresa delle attività commerciali del settore offshore e delle navi speciali. Del resto, questa soddisfazione si legge anche dai numeri: i ricavi dell’azienda si sono assestati a sette miliardi e 651 milioni, in aumento del 2,8%, un Ebitda pari a 397 milioni e un margin al 5,2%.

Iniziative sull’underwater

Inoltre, l’azienda continua a puntare su nuovo settore del subacqueo. L’adesione al progetto del Polo nazionale della dimensione subacquea intende porre il gruppo al centro dei programmi di sviluppo della filiera dell’underwater, con opportunità di business puntando sulle capacità di Fincantieri di guidare l’integrazione tra l’industria della difesa e quella civile. Per quanto riguarda le iniziative già intraprese nel 2023, prosegue il programma Near future submarine della Marina militare, in cui Fincantieri svolge il ruolo di prime contractor e design authority, con l’esercizio dell’opzione del terzo sottomarino di nuova generazione U212 Nfs. Il Gruppo ha inoltre siglato un a ottobre un memorandum d’intesa con Leonardo nell’ambito della subacquea per definire iniziative e sviluppi legati a sistemi (inclusi droni subacquei) di protezione delle infrastrutture critiche sottomarine, con l’obiettivo di “creare una task force stabile comune – ha indicato Folgiero – per mettere insieme le expertise dei due grandi gruppi nell’underwater” al netto della grande esperienza del gruppo nella realizzazione di sottomarini, ne abbiamo costruiti cento”. Altro accordo importante è quello con C.A.B.I. Cattaneo, azienda specializzata nella progettazione, sviluppo e fornitura di mezzi subacquei per le forze speciali della Marina. In ambito civile, invece, Fincantieri ha siglato un memorandum con WSense, azienda di deep tech specializzata in sistemi di monitoraggio e comunicazione subacquei.

Operazione Wass?

Rimane ancora aperta la partita su Wass, specializzata in armamenti navali, siluri, sonar e sistemi di difesa subacquei (attualmente parte della divisione Sistemi difesa di Leonardo). Non è la prima volta che si vocifera di un potenziale passaggio della società a Fincantieri, e nel 2021 Leonardo l’aveva messo in vendita (insieme a Oto Melara, attiva negli armamenti terrestri) e navali, ma la potenziale cessione è rimasta congelata fino ad oggi. Per il gruppo non sarebbe la prima operazione di M&A, dato che è stato recentemente finalizzato l’accordo per l’acquisizione di Remazel, azienda globale nella progettazione e fornitura di top side equipment ad alta complessità per mezzi sottomarini. L’aggiunta di Wass rappresenterebbe per il gruppo un ulteriore passo nella direzione di diventare “la locomotiva dell’underwater”, come aveva definito la società triestina lo stesso Folgiero commentando a novembre scorso i risultati presentati dalla società nei primi nove mesi del 2023


formiche.net/2024/03/cantieris…



”La concezione liberale del diritto penale”, di Francesco Petrelli la terza lezione della Scuola di Liberalismo Il “reato penale” e il panpenalismo come sintomi della crisi della legalità e il diritto penale liberale come antidoto. Sono i temi affrontati

”La concezione liberale del diritto penale”, di Francesco Petrelli la terza lezione della Scuola di Liberalismo

Il “reato penale” e il panpenalismo come sintomi della crisi della legalità e il diritto penale liberale come antidoto. Sono i temi affrontati da Francesco Petrelli, presidente dell’Unione Camere Penali Italiane, nella lezione, “La concezione liberale del diritto penale”, che ha tenuto questa sera alla Scuola di Liberalismo della Fondazione Luigi Einaudi.

“L’espressione ‘reato penale’ costituisce l’esempio paradigmatico della deriva del panpenalismo”, ha spiegato Petrelli. “Si tratta di fenomeni che sono il sintomo della crisi della legalità sostanziale che deve essere arginata, e il diritto penale liberale costituisce certamente un possibile antidoto contro tale deriva”.

I tanti partecipanti, in Aula Malagodi e collegati da remoto, tra cui tanti ragazzi, hanno dialogato con il presidente Petrelli sui principi che identificano il diritto penale liberale, basato sul sistema normativo delle garanzie e dunque sulla protezione dei diritti individuali, civili e politici.

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Antimafia, il rischio che i cittadini perdano la fiducia nello Stato


Negli Anni Cinquanta, il servizio segreto militare, Sifar, guidato dal generale dei carabinieri Giovanni De Lorenzo stilò 157mila dossier su uomini politici, imprenditori, alti burocrati dello Stato, personaggi pubblici. Ne seguirono ricatti ed intimidazi

Negli Anni Cinquanta, il servizio segreto militare, Sifar, guidato dal generale dei carabinieri Giovanni De Lorenzo stilò 157mila dossier su uomini politici, imprenditori, alti burocrati dello Stato, personaggi pubblici. Ne seguirono ricatti ed intimidazioni. Quando i fatti vennero a galla, l’attenzione pubblica di appuntò su quella che allora sembrò una mole mostruosa di dati e di personalità sotto osservazione. Poca roba, nell’era del Web.

Non c’è cittadino, oggi, che non possa ragionevolmente pensare che la propria condizione patrimoniale, le proprie vicende giudiziarie, le proprie comunicazioni, le proprie spese con carta di credito e l’intero spettro delle attività svolte in Rete, curiosità, gusti e vizi compresi, sia alla portata di chiunque grazie ad un semplice click. Il nostro privato non è mai stato così potenzialmente pubblico, la nostra vita mai così esposta al rischio di gogna mediatica.

Anche per questo i politici più spregiudicati fanno da qualche anno a questa parte di tutto per infiltrare con propri uomini le agenzie nazionali che per ragioni di sicurezza permeano il Web. Anche per questo è oggi più che mai necessario avere fiducia: fiducia nel fatto che i custodi pubblici dei nostri dati personali si attengano al più rigoroso scrupolo istituzionale. Fiducia che i numeri “mostruosi e inquietanti” (sono parole del procuratore di Perugia Raffaele Cantone) degli accessi ai dati riservati custoditi, si fa per dire, dalla Procura nazionale antimafia ha fatto svanire. Ed è questo il danno più grave che una vicenda ancora per molti versi oscura ha provocato: il crollo della fiducia non tanto nella Procura antimafia, quanto nello Stato.

Da oggi, ciascun cittadino avrà buone ragioni per sentirsi nudo di fronte al potere e di conseguenza esposto ai suoi disegni, quando non ai suoi capricci. Un sentimento spaventoso. Un sentimento e un danno la cui portata sembra sfuggire alla sensibilità grillina, movimento politico non a caso nato sulla spinta della retorica orwelliana di una trasparenza assoluta. “Male non fare, paura non avere”, ha recentemente detto parlando degli imputati innocenti il procuratore Piercamillo Davigo, cancellando con una battuta feroce secoli di cultura liberale su cui si fonda lo Stato di diritto. “Male non fare, paura non avere”, ha scritto oggi il direttore del Fatto quotidiano Marco Travaglio, concludendo un editoriale teso a minimizzare la portata delle notizie trafugate e, pare, commercializzate da un tenente della Guardia di Finanzia e chissà da quanti altri. Sfugge, evidentemente, il punto. Il punto non attiene alla portata delle singole notizie trafugate, ma all’atteggiamento dello Stato che quelle notizie dovrebbe custodire gelosamente così come gelosamente dovrebbe custodire e proteggere la libertà personale di ciascun cittadino.

Huffington Post

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The DNA of Genetic Privacy Legislation: Montana, Tennessee, Texas, and Virginia Enter 2024 with New Genetic Privacy Laws Incorporating FPF’s Best Practices


In 2023, four states enacted new genetic privacy laws regulating direct-to-consumer genetic testing companies. This blog post provides details on what these new laws cover and how they compare to FPF’s widely-adopted Best Practices for Consumer Genetic Te

In 2023, four states enacted new genetic privacy laws regulating direct-to-consumer genetic testing companies. This blog post provides details on what these new laws cover and how they compare to FPF’s widely-adopted Best Practices for Consumer Genetic Testing Services.

Genetic privacy has been under increasing scrutiny at the state and federal levels, and regulators are prioritizing efforts to examine how businesses handle and disclose genetic data. For instance, the Federal Trade Commission (FTC) obtained orders against genetic testing providers Vitagene (2023) and CRI Genetics (2023) over alleged deceptive trade practices, including a claim that Vitagene had left sensitive data unsecured and retroactively changed its privacy policy without user consent. The White House has also taken a keen interest in genetic data privacy protections; genetic data privacy was flagged as an area of interest in the Biden Administration’s recent executive order that seeks to restrict “countries of concern” from accessing Americans’ sensitive personal data in bulk. The Department of Justice has also indicated that genetic data will be a focus of an upcoming Advance Notice of Proposed Rulemaking related to the executive order.

While federal agencies and lawmakers have been active in this area, state legislators have been the most active in mandating protections for this particularly sensitive category of personal information. In 2023, Montana, Tennessee, Texas, and Virginia joined six other states (Arizona, California, Kentucky, Maryland, Utah, and Wyoming) that have enacted privacy laws for direct-to-consumer genetic testing companies. These four newly enacted laws follow the trend of the six existing laws in adopting baseline requirements–including requirements to publish privacy notices and create consumer rights of access and deletion–in line with FPF’s Privacy Best Practices for Consumer Genetic Testing Services, first released in 2018.

However, the four state laws leave out key elements of the best practices around transparency about law enforcement access to data, children’s and teens’ online privacy, and consent for revised privacy policies that reflect the use of emerging technologies in genetic testing. As these privacy issues take center stage in 2024, states should consider expanding the scope of direct-to-consumer genetic testing privacy laws to address emerging technologies like artificial intelligence and persistent concerns about law enforcement access to data and minors’ rights to their genetic data.

New State Laws on Genetics Privacy Include Strong, Important Protections for Individuals

These four new state genetic privacy laws largely incorporate the foundational principles of the Future of Privacy Forum’s 2018 best practices. All four states’ genetic privacy laws create a consumer right to access and delete personal data, prohibit sharing genetic information with insurers and employers, and require companies to create a comprehensive security program to protect individuals’ data. All four laws also require companies to collect separate express consent to use data for marketing, research, and third-party sharing, with some laws extending this requirement to any secondary use or additional retention of individuals’ genetic data.

Laws in Tennessee, Texas, and Virginia exclude de-identified data from their definitions of “genetic data.” This is in line with FPF’s best practices on de-identified data, which note that de-identified data is not subject to the remaining best practices, as long as “de-identification measures taken establish strong assurance that the data is not identifiable.” In addition, Tennessee, Texas and Virginia follow the guidance from the FTC and the Department of Health and Human Services (HHS) for de-identified data; the three state laws require that companies (1) take measures to ensure that individuals’ data cannot be linked to them, (2) commit to maintain and use data only in its de-identified form, and (3) contractually obligate data recipients to do the same.

Montana and Texas, meanwhile, each go beyond any existing consumer genetic privacy laws and the scope of FPF’s best practices to create additional requirements for direct-to-consumer genetic testing companies. Montana imposed data localization requirements for its residents’ genetic data and Texas established a property right for its residents over their genetic samples and data.

New State Laws Differ on Key Privacy Issues, Including Law Enforcement Access to Data, Kids’ Privacy Needs, and Transparency

The four state genetic privacy laws passed in 2023 are the first such laws to be passed in the wake of the Supreme Court’s 2022 decision in Dobbs v. Jackson Women’s Health Organization (2022), overruling the precedent set in Roe v. Wade and negating constitutional protections for reproductive health services. These four new laws have created essential genetic data privacy protections in line with the existing direct-to-consumer genetic privacy laws, but they differ on some key privacy issues that are the subjects of intense debate, including law enforcement access to data, children’s and teens’ online privacy, and transparency requirements around changing privacy policies to consider emerging technologies, including AI.

Law Enforcement Access to Data

FPF’s best practices call for genetic testing companies to notify individuals when their personal data is shared with law enforcement agencies and to publicly report on data requests from law enforcement on at least an annual basis. In the wake of Dobbs, the processes by which law enforcement agencies may gain access to health data have come under increased public and regulatory scrutiny. Data collected by direct-to-consumer genetic testing companies may reveal relationship and health data that could be used in abortion prosecutions; for example, fetal tissue samples could be compared to genetic data held by direct-to-consumer genetic testing companies to determine paternity or maternity, and retained biological samples could be repurposed by law enforcement for saliva-based pregnancy tests. As a result, even though none of the four laws specifically refer to reproductive health data or post-Dobbs privacy issues, some of them may impact how law enforcement can access genetic data to enforce restrictions on abortion and how direct-to-consumer genetic testing companies may respond to law enforcement requests for data.

Of the four laws, only Montana’s specifies that government agencies must provide a warrant to access genetic data after June 1, 2025, unless the disclosure is otherwise permitted by a specific state law. Two of the remaining new genetic privacy laws (Tennessee and Texas) explicitly permit law enforcement and government agencies to access individuals’ genetic data with valid legal process, which may include a warrant or subpoena, depending on the specific data being requested. While legal process may require notification to the impacted individual, in practice individuals can be prevented from receiving that notice under non-disclosure provisions. Only Virginia’s law does not specify detailed procedural requirements for genetic testing companies to share data with government agencies.

While the four state laws diverge in their requirements for valid legal process and consumer notification, none of the laws include a requirement for companies to publish reports on data requests from law enforcement agencies. Leading direct-to-consumer genetic testing companies voluntarily publish reports on government requests for consumers’ data–including 23andMe and Ancestry, both of which report on data multiple times a year. Those reports are not often broken out by topic or type of data. Notably, some of the disclosures in these reports may be limited by law, including the U.S. Foreign Intelligence Surveillance Act.

Children’s and Teens’ Online Privacy

In recognition of the need for heightened privacy protections for children, FPF’s best practices recommend that direct-to-consumer genetic testing companies not market or directly offer their services to minors (under age 18). When parents and guardians provide consent for minors to submit their DNA samples, FPF recommends that genetic testing companies provide minors with a right to access their data and become the primary account holder once they reach age 18.

2023 was also a banner year for debate around children’s online privacy and safety issues, including a unanimous vote by the Senate Commerce Committee to advance a bill to expand children’s privacy protections and cover teens aged 13 to 16. However, despite FPF’s recommendations and the recent attention given to children’s online privacy, none of the four state genetic privacy laws explicitly address children’s privacy interests when engaging with direct-to-consumer genetic testing companies, including scenarios where parents and guardians may submit genetic samples on behalf of their children.

Emerging Technologies and New Privacy Policies

Consent is an important part of all of the new genetic privacy laws, in line with the baseline standards for consent established in the six other existing state laws and in FPF’s best practices. Montana, Tennessee, and Virginia establish a specific requirement for direct-to-consumer genetic testing companies to collect initial express consent from users seeking genetic testing products and services–this initial consent must specify the inherent contextual uses of the data. Texas does not specifically require initial express consent but does require separate express consent for several different types of data processing.

FPF’s best practices state that companies should notify individuals and seek their consent before making any changes to privacy policies–over the past year, this has also become a major topic for regulatory enforcement. For instance, in 2023, the FTC issued its first genetic privacy enforcement action. In the Vitagene (2023) case, the FTC argued that the company engaged in deceptive behavior when it updated its privacy policy in 2020 and retroactively expanded third-party data sharing without notifying existing consumers or seeking their consent for the policy change. In the press release about the settlement order, Director of the FTC Bureau of Consumer Protection Samuel Levine noted, “[c]ompanies that try to change the rules of the game by re-writing their policy policy are on notice” for any unilateral applications of new privacy policies to existing consumer data.

The practice of ensuring that consent is obtained with updates to privacy policies and practices is becoming more important with the incorporation of new technologies into genetic testing business models. As AI becomes increasingly integrated in direct-to-consumer genetic testing companies’ platforms and product offerings, the inherent contextual uses of individuals’ genetic data may evolve, requiring updates to privacy policies.

All four laws also require entities to collect separate express consent for any secondary uses of individuals’ genetic data that are beyond the scope of the initial genetic testing product or service. However, none of the four laws explicitly include any procedural requirements for how companies should collect consent before implementing policy changes. The absence of an explicit provision in the laws means that the need to notify individuals of policy changes and seek consumer consent to implement those changes will largely be a matter of judicial or regulatory interpretation, and may vary from state to state.

State Legislatures Should Consider Expanded Genetic Privacy Protections in 2024

In addition to the four states that enacted genetic privacy laws in 2023, eight other states considered bills to regulate direct-to-consumer genetic testing companies’ privacy practices, demonstrating state lawmakers’ growing appetite for state genetic privacy legislation in the absence of comprehensive federal legislation. The 2024 legislative session is another opportunity for additional states to establish new protections, and state legislatures in Alabama, Indiana, Nebraska, and West Virginia have already considered legislation largely based on FPF’s best practices.

2024 is also an opportunity for states with existing laws, including the four states that passed laws in 2023, to establish additional protections for individuals’ genetic data and adopt FPF’s best practices around law enforcement access to data, minors’ rights to their genetic data, and transparency for privacy policy changes. While these laws establish baseline genetic privacy protections that are in line with FPF’s best practices and consistent with existing state genetic privacy laws, they have left space for future legislators to further consider additional protections needed in the areas of law enforcement access to data post-Dobbs, children’s and teens’ online privacy, and direct-to-consumer genetic testing companies’ embrace of emerging technologies.

By fully incorporating FPF’s best practices, states can promote a more privacy-protective genetic testing ecosystem and strive to better address the privacy issues that emerged in 2023 and continue to be a priority in 2024. In doing so, states can also raise the standard for genetic data privacy and effectively complement the federal government’s approach to regulating direct-to-consumer genetic testing companies.


fpf.org/blog/the-dna-of-geneti…



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Ieri sera la commissione Affari costituzionali del Senato ha approvato in sede referente un emendamento che ha tolto ai partiti europei riconosciuti il diritto

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Missione Aspides, l'Italia va alla guerra e conferma lo stop agli aiuti a Gaza. Sì anche da M5S l Kulturjam

"Con il voto a favore di un’altra azione di guerra, il centrosinistra ampio si è mostrato uguale a quello più ristretto: la fedeltà euroatlantica agli USA viene prima di tutto e unisce Schlein a Meloni, Conte a Renzi, a Tajani e a Salvini. Non si governa in Italia se non si bacia la pantofola americana. Che pena, ora almeno non vengano in piazza per la pace."

kulturjam.it/news/missione-asp…