Il #MIM festeggia l’evento dedicato alla costante matematica più famosa, con l’obiettivo di testimoniare il quotidiano impegno della scuola per sensibilizzare e avvicinare gli studenti allo stud…
Ministero dell'Istruzione
Anche quest’anno il #14marzo è dedicato al #PiGrecoDay. Il #MIM festeggia l’evento dedicato alla costante matematica più famosa, con l’obiettivo di testimoniare il quotidiano impegno della scuola per sensibilizzare e avvicinare gli studenti allo stud…Telegram
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GAZA. Lanci aerei e rotte marittime non sono alternative alla consegna degli aiuti via terra
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della redazione
Pagine Esteri, 14 marzo 2024 – Le organizzazioni umanitarie e per i diritti umani presenti sul campo nella Striscia di Gaza ribadiscono che l’unico modo per soddisfare i bisogni umanitari senza precedenti nell’enclave è garantire un cessate il fuoco immediato e permanente e l’accesso umanitario completo, sicuro e senza ostacoli attraverso tutti i valichi terrestri. Gli Stati non possono nascondersi dietro i lanci aerei e gli sforzi per aprire un corridoio marittimo per creare l’illusione di fare abbastanza per sostenere i bisogni della popolazione di Gaza: la loro responsabilità primaria è prevenire il verificarsi di crimini atroci e applicare un’efficace pressione politica per porre fine agli incessanti bombardamenti e alle restrizioni che impediscono la consegna sicura degli aiuti umanitari.
Da mesi, ogni persona nella Striscia di Gaza sopravvive in una condizione di crisi alimentare e di fame che hanno raggiunto la percentuale più alta mai registrata dall’Integrated Food Security and Nutrition Phase Classification (IPC). Le famiglie bevono acqua non potabile da mesi e trascorrono giorni senza mangiare. Il sistema sanitario è crollato completamente tra epidemie e gravi danni dovuti ai continui bombardamenti. Almeno 20 bambini e bambine sono recentemente morti a causa di grave malnutrizione, disidratazione e malattie correlate. Poiché ogni giorno si assiste a un’accelerazione del deterioramento della situazione alimentare, idrica e sanitaria, altre morti per fame e malattie seguiranno se l’accesso umanitario continua a essere impedito dalle autorità israeliane. L’ONU ha avvertito che la carestia è imminente.
Mentre gli Stati hanno recentemente intensificato i lanci aerei di aiuti su Gaza, gli operatori umanitari sottolineano che questo metodo di consegna degli aiuti da solo non è in alcun modo in grado di soddisfare gli enormi bisogni nell’enclave. 2,3 milioni di persone che vivono in uno stato di sopravvivenza catastrofico non possono essere nutrite e curate tramite il lancio di aiuti dal cielo.
I lanci aerei non sono in grado di fornire le quantità di beni di assistenza che possono essere trasportati via terra. Mentre un convoglio di cinque camion ha la capacità di trasportare circa 100 tonnellate di aiuti salvavita, i recenti lanci aerei hanno consegnato solo poche tonnellate di aiuti ciascuno. I lanci aerei possono anche essere estremamente pericolosi per la vita dei civili in cerca di aiuto: ci sono già state segnalazioni di almeno cinque persone uccise dalla caduta libera di pacchi di aiuti a Gaza. L’assistenza umanitaria non può essere improvvisata: deve essere fornita da professionisti esperti nell’organizzazione delle distribuzioni e nella fornitura diretta di servizi salvavita. Le consegne di aiuti devono avere un volto umano: non solo per garantire un’adeguata valutazione dei bisogni delle persone colpite, ma anche per restituire speranza e dignità a una popolazione già traumatizzata e disperata. Dopo aver sopportato cinque mesi di continui bombardamenti e condizioni disumanizzanti, i bambini, le bambine, le donne e gli uomini di Gaza hanno diritto a qualcosa di più di una misera carità caduta dal cielo. Sebbene qualsiasi aiuto umanitario arrivi a Gaza sia benvenuto, il trasporto aereo o via mare dovrebbe essere visto come complementare al trasporto terrestre e non come sostituto, poiché non può in nessun caso sostituire l’assistenza fornita su strada.
È importante notare che alcuni degli Stati che hanno recentemente effettuato lanci aerei stanno anche fornendo armi alle autorità israeliane, nello specifico Stati Uniti, Regno Unito e Francia. Gli Stati non possono sfruttare gli aiuti per eludere le loro responsabilità e doveri internazionali ai sensi del diritto internazionale, inclusa la prevenzione di crimini atroci. Affinché questi Stati possano rispettare i loro obblighi di diritto internazionale, devono fermare tutti i trasferimenti di armi che rischiano di essere utilizzate per la commissione di crimini internazionali, nonché attuare misure significative per imporre un cessate il fuoco immediato, un accesso umanitario illimitato e per accertare le responsabilità dei responsabili di tali crimini.
Alcuni Stati terzi hanno recentemente annunciato sforzi per aprire un corridoio marittimo da Cipro, compresa la creazione di un porto galleggiante sulla costa di Gaza che non sarà pienamente operativo prima di diverse settimane. Le famiglie stanno morendo di fame e non hanno il tempo di attendere la costruzione di infrastrutture offshore e terrestri: per salvare le loro vite è necessario consentire immediatamente l’ingresso dei camion umanitari pieni di cibo e medicine il cui ingresso a Gaza è attualmente bloccato. Inoltre, le spedizioni da questo molo ai punti di distribuzione nella Striscia di Gaza soffriranno degli stessi ostacoli che i convogli umanitari provenienti da Rafah stanno attualmente affrontando: persistente insicurezza, alto tasso di rifiuto dell’accesso da parte delle forze israeliane e attese eccessive ai checkpoint israeliani. Pertanto, la sua istituzione non cambierà sostanzialmente la catastrofica situazione umanitaria, a meno che non sia combinata con un cessate il fuoco immediato e un accesso completo e senza ostacoli a tutte le aree della Striscia di Gaza. Ci sono anche preoccupazioni per la mancanza di trasparenza su quale entità sarà responsabile delle infrastrutture e della sicurezza della consegna degli aiuti una volta a terra: gli Stati devono garantire che il corridoio marittimo non legittimi una prolungata occupazione militare terrestre israeliana della Striscia strumentalizzando la necessità di consegnare gli aiuti.
Riconosciamo che ogni aiuto è necessario in questo contesto terribile, ma mettiamo in guardia sulle potenziali conseguenze devastanti derivanti dalla creazione di pericolosi precedenti, che porterebbero al deterioramento dell’accesso umanitario via terra e al prolungamento delle ostilità. La risposta umanitaria adeguata agli enormi bisogni di Gaza è l’accesso illimitato agli aiuti e al personale umanitario esperto che sono stati pre-posizionati da mesi sul lato egiziano del confine. Finora, la possibilità per 2,3 milioni di persone a Gaza di mangiare, essere curate e di avere un tetto sopra la testa è stata discrezione esclusiva delle autorità israeliane: questa situazione non può rimanere incontrastata. Le organizzazioni umanitarie hanno la capacità logistica per provvedere ai Palestinesi di Gaza: ciò che manca è la volontà politica da parte degli attori statali di imporre l’accesso.
Ciò che le organizzazioni umanitarie si aspettano dai Paesi terzi è che essi usino urgentemente la loro influenza per un cessate il fuoco immediato e per obbligare le autorità israeliane a interrompere il blocco deliberato degli aiuti salvavita in tutte le parti della Striscia di Gaza, anche attraverso la piena apertura e la revoca delle restrizioni sui valichi di Rafah, Kerem Shalom/Karam Abu Salem, Erez/Beit Hanoun e Karni. Ricordiamo che un cessate il fuoco immediato e permanente è l’unica condizione per consentire il colossale aumento del flusso di aiuti umanitari necessario per alleviare la sofferenza di 2,3 milioni di persone nella Striscia di Gaza.
Firmatari:
Action Aid International
American Friends Service Committee
Amnesty International
AOI – Associazione delle organizzazioni italiane di cooperazione e solidarietà internazionale
CCFD-Terre Solidaire
CISS – Cooperazione Internazionale Sud Sud
DanChurch Aid
Danish House in Palestine
Danish Refugee Council
HelpAge International
Humanity & Inclusion – Handicap International
IM Swedish Development Partner
International Federation for Human Rights
INTERSOS
Medical Aid for Palestinians
Mennonite Central Committee
Médecins du Monde International Network / Doctors of the World
Médecins Sans Frontières France / Doctors Without Borders France
Oxfam
Plan International
Première Urgence Internationale
Secours Islamique France
Terre des Hommes Italy
War Child Alliance
Welfare Association
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In Cina e in Asia – TikTok a rischio espulsione dagli Stati Uniti. Il sì della Camera
TikTok a rischio espulsione dagli Stati Uniti
Prevenire i suicidi con la lotta all'inquinamento
A Pechino si è tenuto l’ottavo dialogo Cina-Nato sulla politica di sicurezza
Cina, Iran e Russia impegnate in esercitazioni navali congiunte nel Golfo dell’Oman
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Weekly Chronicles #67
Questo è il numero #67 di Privacy Chronicles, la newsletter che ti spiega l’Era Digitale: sorveglianza di massa e privacy, sicurezza dei dati, nuove tecnologie e molto altro.
Cronache della settimana
- Le nuove automobili sono una miniera di dati (i tuoi)
- Dove vai di bello?
- Incognito Market ricatta i suoi utenti
Lettere Libertarie
- Le lezioni di Rand e Orwell
Rubrica OpSec
- Smalto per le unghie e OpSec
Le nuove automobili sono una miniera di dati (i tuoi)
Nel corso dello scorso anno hai frenato bruscamente 37 volte, per 15 volte hai parcheggiato per più di 4 ore in zone pericolose della tua città e in ben 192 episodi hai superato i limiti di velocità. Per questo, la tua assicurazione auto aumenterà del 30%.
Nessuno lo dice, ma ben presto sarà una realtà diffusa e normale. È quello che accade nel nuovo mercato digitale dei dati del settore automotive. Le auto moderne sono strumenti di estrazione dati con le ruote che raccolgono un quantitativo enorme d’informazioni su chi vi siede all’interno. Alcuni marchi sono peggio degli altri, ma tutti ormai sono ben lanciati.
Per ora gli effetti collaterali di questa sorveglianza di massa su ruote sono noti soltanto a coloro che hanno l’abitudine di condividere volontariamente dati con l’assicurazione per diminuire (o aumentare) il premio.
Dagli Stati Uniti, che come al solito guidano l’avanzata, ci sono già casi di persone che hanno ricevuto aumenti dell’assicurazione in base al loro stile di guida. Il fenomeno non è passato inosservato anche ai piani alti, tanto che il 27 febbraio il senatore Edward Markey ha scritto una lettera alla Federal Trade Commission per chiedere l’inizio di un’istruttoria in merito ai dati raccolti dai produttori d’auto (e poi venduti al miglior offerente).
Nella lettera, si legge: […] from the basic functioning of different vehicle features to realtime location information to biometric information, carmakers now have access to a wide variety of sensitive data on drivers and passengers. Auxiliary devices from smartphones to sensors for insurance purposes may also share data directly with vehicles.
La questione privacy e automobili non è solo legata al mercato: conosciamo almeno un esperimento italiano, quello di Move-In a Milano, in cui lo Stato ha obbligato decine di migliaia di persone a installare una scatola nera sulla propria auto per “limitare l’inquinamento”. E se gli stessi dati che oggi sono usati per aumentare il premio assicurativo, saranno poi sfruttati per vietarci di circolare, o per introdurre qualche tassa sullo stile di guida inquinante?
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Dove vai di bello?
E se le automobili sono una miniera di dati, così anche lo sono le strade che percorriamo ogni giorno. Quante telecamere incrociamo nel tragitto casa-lavoro? Sarebbe interessante iniziare a contarle. Probabilmente neanche gli impiegati comunali e i vigili urbani lo sanno.
In Svizzera, ad esempio, hanno perso il conto delle nuove telecamere per la ricerca automatizzata di veicoli e per il monitoraggio del traffico. Sembra però, secondo un recente articolo, che ce ne siano parecchie nelle zone di confine.
Gli intermediari di dati svedesi rivendicano la protezione legale dei giornalisti per eludere la normativa UE Grazie a una scappatoia nella legge nazionale, gli intermediari di dati possono esentare la loro attività dalla legge sulla privacy dell'UE. Ciò consente la vendita incontrollata dei dati personali di milioni di persone in Svezia
ANCHE L’ITALIA IN UNA ATTIVITÀ EUROPEA CONTRO GLI ABUSI SESSUALI VERSO MINORI
Sulla base di tecniche investigative condivise e acquisite in un seminario didattico sostenuto da #Europol, 57 uomini sospettati di possedere e condividere raffigurazioni di abusi sessuali su minori sono stati arrestati e diversi bambini sono stati protetti da abusi fisici o potenziali. La formazione e l'azione successiva, organizzata nell'ambito dell'EMPACT, si sono svolte nel settembre 2023, ed i dettagli sono stati rilasciati solo ora.
La Danimarca ha ospitato agenti delle forze dell'ordine di 27 paesi europei (Italia compresa) per un corso di formazione su come indagare sulle immagini di abusi sessuali su minori distribuite tramite reti di condivisione di file.
Gli agenti hanno imparato come condurre indagini mirate contro autori sospettati di aver abusato dei propri figli o almeno di possedere e distribuire materiale raffigurante abusi sessuali su minori. Nel corso dell'azione sono stati sequestrati oltre 100.000 fascicoli illegali. Poiché l’esame forense dei dispositivi digitali sequestrati è ancora in corso, gli investigatori stimano che un totale di oltre un milione di immagini e video verranno ritrovati e confiscati.
La formazione è stata tenuta da investigatori esperti e si è concentrata su come utilizzare varie reti di condivisione di file per cercare autori di reati che possiedono e distribuiscono materiale raffigurante abusi sessuali su minori.
Un altro scopo era quello di scoprire se gli autori del reato fossero in possesso di materiale testuale come manuali pedofili sull'adescamento o sull'abuso sessuale sui bambini.
Gli uomini arrestati in questa attività per aver scaricato e diffuso materiale pedopornografico hanno utilizzato la connessione #peer-to-peer. Le reti peer (P2P) individuate provengono da usuari di tutti i ceti sociali, di età compresa tra 23 e 72 anni. Quattro dei sospettati sono insegnanti di scuola e un sospettato lavora con bambini disabili, il che rende ancora più significativo questo sforzo di applicazione della legge.
Europol classifica gli autori di reati che possiedono o distribuiscono materiale raffigurante abusi sessuali su minori e contemporaneamente possiedono manuali su come commettere abusi sessuali, come obiettivi di alto valore. Ciò perché si presume che siano i più propensi ad abusare fisicamente dei bambini.
Le 57 indagini nazionali sui crimini commessi dalle persone arrestate costituiranno anche un punto di partenza per ulteriori azioni di contrasto, con ulteriori arresti e sequestri previsti in tutta Europa. Europol ha facilitato lo scambio di informazioni tra tutti i paesi coinvolti e ha ulteriormente migliorato il quadro operativo attraverso controllare i dati sequestrati e fornire pacchetti di intelligence per proseguire il lavoro investigativo.
Alcuni dei sospettati arrestati avevano accesso diretto ai bambini attraverso la loro professione, mentre dieci sospettati hanno figli propri. Almeno un bambino è stato salvato da abusi fisici in corso, gli altri bambini possono essere considerati salvaguardati da potenziali abusi.
Le forze dell’ordine europee, in collaborazione con i partner pertinenti tramite #EMPACT, si concentrano sulla lotta alla distribuzione e al possesso di materiale abusivo sulle reti di file sharing.
Attraverso l’iniziativa #Police2Peer, i file che appaiono come materiale pedopornografico vengono messi a disposizione di coloro che lo cercano, dissipando l’illusione della “sicurezza nei numeri” sulle reti peer-to-peer. Ciò significa che l'iniziativa Police2Peer sta facendo esattamente ciò che suggerisce il nome: la polizia sta mettendo a disposizione di coloro che lo cercano file che sembrano essere materiale pedopornografico e provenienti da un'altra persona con un interesse sessuale simile nei confronti dei bambini. Una volta che qualcuno inizia a scaricare quello che sembra essere un file di abuso o rende disponibili i propri file illegali sulla rete, saremo lì per condividere i nostri file con loro. Questi file non sono materiale pedopornografico, anche se sembra che lo siano: sono file senza alcun contenuto o file che raffigurano agenti di polizia di alcuni dei nostri paesi partner, che informano chi li scarica dei rischi che stanno correndo. Questi file, sebbene sembrino contenere contenuti illeciti, sono chiari avvertimenti o mostrano agenti di polizia di paesi partner, sottolineando che gli utenti che condividono materiale abusivo non sono né sicuri né irrintracciabili. Inoltre, la campagna di prevenzione #SayNo! di Europol, diffusa in oltre 30 paesi, educa genitori, bambini, e insegnanti sui rischi online e fornisce indicazioni sulle misure di segnalazione e prevenzione. Il link al filmato promozionale di Say No! sulla rete INVIDIOUS qui: inv.vern.cc/watch?v=f4PXcAjRgt…
Paesi partecipanti all’attività di formazione ed operativa: Austria, Belgio, Bulgaria, Croazia, Cipro, Repubblica Ceca, Danimarca (capofila del progetto), Estonia, Finlandia, Francia (co-leader dell'azione), Germania, Grecia, Ungheria, Italia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia (co-leader dell'azione), Romania, Slovacchia, Slovenia, Svezia, Islanda, Macedonia del Nord, Norvegia, Svizzera, Ucraina
Don’t Forget: FediForum is Coming Soon!
The Fediverse’s favorite unconference, FediForum, is happening on March 18th and 19th. It’s a wonderful opportunity for community members, developers, designers, and builders to come together to share what they’ve been working on, and how to deal with various challenges in the space. Attendees are encouraged to break out into discussions, share their insights, and consider other perspectives.
Themes for FediForum March 2024
Judging from the list of proposed subjects, it’s easy to spot a few recurring themes:
- Trust & Safety – Tooling, Moderator Resources, Moderation and Governance, Regulatory Challenges
- Demos – NodeBB, Distributed.Press, PieFed, ActivityPods, Sora
- Standards – Interoperability, Protocol Extensions, Different flavors of ActivityPub like RDFpub
- Identity – DIDs, Ownership, Identity Re-use across services, identity attestation/verification
Live Coverage
We want to try to do something different for this FediForum: treat it like an Apple WWDC event. We’re going to attempt live coverage of the talks, demos, and events during the two-day unconference. The goal is to provide an insight into major developments happening across the Fediverse, with an emphasis on ideas and initiatives to help make the network better.
We’re currently experimenting with some tools to make it possible, but we think that there will be a lot of big presentations that need to be covered. Keep an eye on our site next week during the conference!
Tickets are Still Available!
You can still hop over to the FediForum site and order tickets to attend. The following pricing tiers are below:
- General Ticket – $40
- Almost Free Ticket – $199
- Contributor Ticket – $100
- Platform Employee Ticket – $250
If you have the funds to spare, we highly encourage going with the $100 Contributor Ticket. This helps offset the cost of $1.99 Almost Free Tickets for attendees that might not be able to attend otherwise.
We can’t wait to see what everyone has to share next week! Join us if you’re able, and check in on We Distribute next week for live coverage of event discussions.
The post Don’t Forget: FediForum is Coming Soon! appeared first on We Distribute.
Pirates on the European Media Freedom Act: Criticism must not be silenced
Today, the Members of the European Parliament adopted the Media Freedom Act. The rules drawn up are intended to better protect journalists from arbitrary content removal on platforms such as Facebook and Twitter and from spyware attacks such as those carried out using the Pegasus software. Pirate MEPs voted in favour of the law, but criticise the lack of a ban on spying on journalists.
Pirate Party MEP Patrick Breyer comments:
“The Media Freedom Act is a milestone in the protection of journalists in Europe. Countries like Hungary in particular, where there is hardly any critical press left, urgently need it. The fact that spying on journalists’ mobile phones with spyware remains explicitly possible is unworthy of a democracy in which freedom of the press is guaranteed. However, the EU lacks the competence to stop the hacking of journalists’ mobile phones under the guise of protecting national security.
The planned European body for media services is, worryingly, supposed to coordinate ‘measures against foreign media’. However, if we start cutting off our own citizens’ access to foreign sources of information and censoring foreign media, I believe this is not compatible with the principles of a free country and a responsible citizen. The EU Media Freedom Act also fails to protect legal media content from platform censorship. This means that the arbitrary terms and conditions of social media companies take precedence over the freedom of the press.
To summarise, this media freedom law means inadequate but significantly stronger protection of the free media as a pillar of our democracy.”
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FPF Statement on the adoption of the EU AI Act
“Today the European Union adopted the EU AI Act at the end of a long and intense legislative process. At the Future of Privacy Forum we believe that multistakeholder global approaches and advancing common understanding in the area of AI governance are key to ensuring a future with safe and trustworthy AI, one that protects fundamental rights while promoting innovation to benefit society.
The EU AI Act is a comprehensive, binding law, with broad extraterritorial effect and is therefore poised to play a crucial role in the global debate on AI regulation. We welcome the openness and foresight of the European Union’s lawmakers to adopt a definition of AI systems that is interoperable with that proposed by the OECD.
At the same time, we acknowledge the long and complicated road ahead to make the provisions of the EU AI Act effective in practice. With personal data playing a key role in the development and deployment of AI systems, we at the Future of Privacy Forum are paying particular attention to how privacy and data protection norms around the world interact with AI governance frameworks such as the EU AI Act. We will continue to explore this complicated question with research, convenings, and evidence-based tools related to AI governance.”
Jules Polonetsky, CEO of the Future of Privacy Forum
For a list of existing FPF Resources on the EU AI Act, see our new dedicated webpage.
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Pirates: AI Act fails to protect citizens’ rights
Today, MEPs shall approve the outcome of the trilogue negotiations on the Artificial Intelligence Act (AI Act), establishing new rules that shall regulate the use of artificial intelligence in the EU for the first time. Sadly, the European Parliament’s position aiming for a comprehensive ban on biometric mass surveillance technologies was completely changed during the intransparent trilogue negotiations. The new law will now effectively allow law enforcement the introduction of error-prone facial surveillance and facial recognition camera software in public spaces. Therefore, Pirate Party MEPs won’t be able to support the text and will vote agai
Patrick Breyer, Member of the European Parliament for the German Pirate Party, comments:
“The European Parliament set out to ban biometric mass surveillance in Europe, but is ending up legitimising it. Chilling monitoring of our behaviour and ubiquitous real-time face surveillance in public spaces, error-prone biometric identification used on CCTV recordings even for petty offences, racial classification of persons, unscientific AI ‚video lie detector‘ technology – none of these dystopian technologies will be off limits for EU governments, including illiberal governments such as Hungary’s. Rather than protecting us from these authoritarian instruments, the AI Act provides an instruction manual for governments to roll out biometric mass surveillance in Europe. As important as it is to regulate AI technology, defending our democracy against being turned into a high-tech surveillance state is not negotiable for us Pirates.”
Marcel Kolaja, Member and Quaestor of the European Parliament for the Czech Pirate Party and the opinion rapporteur of the AI Act in the Culture and Education Committee (CULT), comments:
“The AI Act is a disappointment to me. There is a clear need for rules on artificial intelligence. However, the current form that has emerged from the negotiations with national governments falls short of what it should have done. The national governments have inserted a section that de facto creates a legal framework for widespread snooping on people by biometric cameras. Such cameras, equipped with artificial intelligence, are able to recognise people’s faces and thus keep track of who has been where, when, and with whom. The AI Act should have banned such an Orwellian tool, but instead it explicitly legalises it. That’s an invasion of privacy that Pirates will never raise a hand for. It’s a shame, because the AI Act has also its positives. I’m for example glad that I was able to negotiate rules for so-called e-proctoring. Programs that are used to check on students when they take exams online. If the artificial intelligence is poorly trained, it can evaluate, for example, noise from the hallway in a dorm as cheating. Given the impact this can have on a young person’s life, it’s worth keeping an eye on and making sure the program works as it should. Unfortunately, in the end, when it comes to the AI Act, the negatives outweigh the positives.”
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LIBANO. Israele incrementa gli attacchi e si avvia all’escalation
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Pagine Esteri, 13 marzo 2024. Per due giorni consecutivi le forze armate israeliane hanno compiuto attacchi nella Valle di Bekaa, in Libano, molto lontano dal confine. Lunedì gli aerei da guerra si sono allontanati per centinaia di chilometri dalla frontiera israeliana, uccidendo un civile e ferendone almeno altri 8 a Baalbek.
In risposta all’attacco, Hezbollah ha lanciato più di 100 razzi Katyusha verso il nord di Israele, senza causare feriti.
Il giorno successivo, martedì, Israele è tornato a colpire il Libano orientale, a Baalbek, uccidendo due membri di Hezbollah e causando danni a strutture militari in diverse località, nella città di Sarin e quella di Nabi Sheet. Hezbollah ha risposto con diversi attacchi ai siti israeliani tra cui Birkat Risha e la caserma Zarit.
Questa mattina l’esercito israeliano ha guidato un drone fino alla zona del campo profughi palestinese di Rashdiyeh, a sud di Tiro, colpendo un’automobile privata che percorreva la strada che collega Tiro a Naqoura, nel sud del Libano. Secondo fonti libanesi tutti i passeggeri sono rimasti uccisi.
La Valle della Bekaa era già stata colpita da Israele il 26 febbraio. Mentre l’attacco di droni del 2 gennaio ha raggiunto la capitale libanese, Beirut, uccidendo in maniera mirata un leader di Hamas.
I continui attacchi israeliani, sempre più in profondità oltre la zona di confine, rappresentano una pericolosa escalation nella guerra con il Libano, che al momento ha ucciso in Libano più di 200 combattenti di Hezbollah e circa 50 civili, in Israele circa dodici soldati e sei civili.
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In Cina e Asia – Pinduoduo accusata di sorvegliare gli ex dipendenti
Pinduoduo accusata di sorvegliare gli ex dipendenti
Cina, mancati i target di decarbonizzazione per il 2023
Pechino contro il fondo Usa a supporto di Taiwan
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📌 Il #MIM in collaborazione con l'Associazione Internazionale dei Cavalieri del Turismo promuove, per l'edizione dell'anno scolastico 2023/2024, il bando di concorso "Immagina il tuo futuro!" per il XX° Premio annuale delle profe…
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STORIA. Il femminismo panarabo e l’identità palestinese (terza parte)
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(Foto: Gerusalemme, alcune delle oltre 200 delegate palestinesi del primo Congresso delle Donne Arabe (1929) che organizzano una spettacolare manifestazione a bordo di una serie di automobili per farsi portare in giro per la città a consegnare le loro risoluzioni sulla causa nazionale a vari consolati stranieri, ovvero per chiedere l’indipendenza della Palestina).
di Patrizia Zanelli* –
Pagine Esteri, 13 marzo 2024. Visto in prospettiva sia femminista che nazionalista, l’Ottocento sarà un secolo molto complesso: purtroppo la promettente rinascita culturale palestinese sarà man mano accompagnata dai fattori fondamentali che sfoceranno nella catastrofe del 1948.
La Palestina fu invasa dalle truppe di Napoleone Bonaparte, nel 1799, e dall’Egitto di Muhammad Ali Pascià, nel 1831; entrambe le occupazioni, la francese – la prima dopo le crociate –, durata circa un anno, e l’egiziana che, invece, durò fino al 1839, furono contrastate da rivolte popolari; un’altra, avvenuta nel 1825-1826, era contro gli ottomani. Sanbar spiega che i palestinesi non sopportavano di essere sfruttati da nessuna forza esterna, soprattutto l’implicata eccessiva tassazione dei terreni; e avevano capito sin dall’invasione napoleonica, la quale era stata traumatizzante, che rischiavano di subire una colonizzazione. Muhammad Ali, inoltre, per favorire il proprio espansionismo nell’Impero ottomano, permise agli Stati occidentali di stabilire consolati in Palestina, distinguendola così dal resto della Grande Siria, in arabo Bilād al-Shām (“la regione situata a Nord della Penisola Arabica”). Questa scelta serviva ad attirare l’attenzione delle potenze europee; i francesi, che avevano occupato l’Egitto dal 1798 al 1801, stavano progettando lo scavo di un canale attraverso l’Istmo di Suez, progetto che interessava ancor più agli inglesi per i loro collegamenti commerciali con le Indie orientali. La succitata combinazione di posizione geografica strategica e geografia sacra era sempre stata pericolosa per le sorti della Palestina e della gente del paese, affacciato sul Mediterraneo e sul Mar Rosso. L’occupazione egiziana, che aveva traumatizzato la società palestinese, infatti, fu uno dei primi fattori destinati a portare alla Nakba.
→ Il femminismo panarabo e l’identità palestinese (seconda parte)
Masalha, Sanbar e altri storici, come Lorenzo Kamel [12], spiegano che, appunto negli anni 1830, per difendere gli interessi imperiali della Corona britannica, Henry John Temple Palmerson (1784-1865), ultraconservatore del partito Tory e allora segretario di Stato per gli affari esteri del Regno Unito, iniziò a progettare una sostituzione etnica in Palestina, dove “far tornare gli ebrei dopo un millenario esilio”. Questo enunciato millenaristico, riferito agli ashkenaziti, serviva a dare alle ambizioni coloniali della Gran Bretagna nel Vicino Oriente la parvenza di una missione messianica in Terra Santa. Palmerson era, però, stato ispirato da Anthony Ashley-Cooper Shaftesbury (1801-1885), fondatore del sionismo cristiano protestante in Inghilterra e inventore dello slogan: “Un paese senza una nazione per una nazione senza un paese” (che ispirerà un mito fondante sionista ebraico: “Una terra senza popolo per un popolo senza terra”). Londra agì su più fronti per presentare il nuovo progetto imperialista britannico come la premessa alla realizzazione della profezia del ritorno del Messia, contenuta nel Libro di Daniele. Per attuare il loro piano di sostituzione etnica in Palestina, Palmerson e Shaftesbury ottennero subito l’appoggio delle lobby protestanti inglesi. Nel 1838, l’Inghilterra stabilì il proprio consolato – il primo dell’Occidente – a Gerusalemme.
Contestualmente, spiega Sanbar, Londra iniziò a instillare nell’immaginario collettivo occidentale l’immagine di una Palestina spopolata e, dunque, a negare l’esistenza palestinese. Il paesaggio del paese, notoriamente da sempre agricolo e verdeggiante, fu rappresentato, in opere d’arte europee dai titoli richiamanti narrazioni bibliche, come un deserto, in certi casi, ravvivato da poche figure di nomadi beduini in sosta presso un rudere. Immagini del genere, incluse in opuscoli pubblicitari circolati in Occidente per giustificare la progettata colonizzazione britannica della Palestina, portavano i primi viaggiatori occidentali che la visitavano a rimanere delusi. Scoprivano il paese vero, bellissimo con le città e le campagne abitate dai palestinesi, però rifiutavano mentalmente di vedere la realtà che vedevano. Orientalisti, geografi, biblisti e archeologi europei, russi e nord americani, animati dall’evangelismo, soggiornavano in Palestina per compiere le loro ricerche; per loro, i palestinesi cristiani non erano veri cristiani, perché assomigliavano ai musulmani e agli ebrei, altrettanto autoctoni. Alcuni pubblicarono resoconti di viaggio in cui descrivono, per esempio, il paesaggio pieno di aranceti e uliveti lungo il tragitto dal porto di Acri o di Giaffa fino a Gerusalemme, e ricordano le emozioni che avevano provato scorgendo da lontano le mura della città, ravvivata dai cipressi e dalla Cupola della Roccia d’epoca omayyade; parlano solo delle tracce di un passato glorioso, e come se la gente del paese non esistesse o vivesse ancora ai tempi della Bibbia.
→ Il femminismo panarabo e l’identità palestinese (prima parte)
Nacque e si diffuse così, in Europa, Canada e Stati Uniti, un tipo di etnocentrismo bianco particolarmente aggressivo verso le donne e gli uomini palestinesi, la cui esistenza veniva negata o disumanizzata, perché la loro espulsione dalla Palestina accadesse nella totale indifferenza dell’Occidente, acciecato non tanto dall’islamofobia quanto dall’antiarabismo. In testi scritti in questo periodo da autori inglesi o americani – tra cui The Innocents Abroad (1867) di Mark Twain (1835-1910), un esempio di etnicismo velato da ironia [13] –, per descrivere la Terra Santa, infatti, l’Islam non è neppure menzionato; i palestinesi sì e sono indicati con il loro nome (the Palestinians) ma definiti “arabi” (Arabs) a scopo di diffamazione su base etnica.
Secondo il preconcetto orientalistico, la parola “arabo” rinvia allo stereotipo del beduino rozzo, sanguinario e allo stesso tempo ingenuo, nonché al suo luogo d’origine, la Penisola Arabica, l’ambiente naturale desertico in cui dovrebbe restare o tornare se vive in Occidente. In Palestina, nacque un fenomeno paradossale: la combinazione di etnicismo e xenofobia manifestata da viaggiatori e residenti stranieri occidentali verso la popolazione autoctona palestinese, che trattavano come un gruppo umano straniero nella sua patria, cioè il paese che ospitava loro. Dunque, l’antipalestinismo fu innescato quasi due secoli fa dall’Europa colonialista cristiana, Inghilterra in testa, mentre cercava di conquistare il Vicino Oriente, per ovvi interessi economici, operando una strumentalizzazione politica delle religioni, destinata a portare alla Nakba.
Intanto, sin dalla guerra di Crimea (1853-1856) la combinazione di povertà, sacralità e lotte di potere tra i notabili locali urbani – che, con le Tanẓīmāt, erano più ricchi ma meno autonomi rispetto al passato, poiché da signori feudali erano diventati governatori di distretti amministrativi in qualità di funzionari dello Stato ottomano – aveva reso la Palestina uno spazio-obiettivo per eccellenza, e la società palestinese un bersaglio preso di mira per la sua arabicità. La competizione nata subito tra le scuole missionarie occidentali, ognuna impegnata a migliorare la propria offerta didattica, secondo la ben nota legge della concorrenza, rifletteva di fatto le rivalità esistenti tra le potenze europee, tutte bramose di condurre una “crociata pacifica” in Terra Santa, da redimere dall’Islam e restituire alla cristianità, e pronte a tutelare tramite i loro rispettivi consoli “le minoranze non musulmane autoctone e straniere”.
I francesi e i russi si proclamarono rispettivamente protettori dei cattolici e dei greco-ortodossi. Gli inglesi, invece, non avendo una comunità protestante da proteggere, avevano anticipato i loro rivali – troppi da sconfiggere –, stabilendo appunto, nel 1838, il proprio consolato a Gerusalemme e, nel 1841, insieme alla Prussia la sede dell’episcopato anglo-prussiano, quale rappresentanza del protestantesimo. Il console britannico – nominato da Palmerson – pose sotto la propria protezione gli immigrati ebrei, giunti in Palestina dall’Europa orientale, per sfuggire ai pogrom zaristi a partire dal 1830. Influenzato dal sionismo cristiano, sottopose questi rifugiati ashkenaziti a una “restaurazione”, obbligandoli a convertirsi al cristianesimo. Questa scelta di Londra fu l’inaugurazione di una lunga stagione che porterà alla Dichiarazione Balfour. Gli inglesi non proteggevano infatti gli ebrei sefarditi autoctoni, cioè palestinesi; li ignoravano tutti gli occidentali.
In effetti, spiega Sanbar, dal 1830 in poi l’Europa orientale, area dei pogrom zaristi, aveva riversato – e continuerà a riversare – sue porzioni di rifugiati ashkenaziti in Palestina (obiettivo indiretto della guerra di Crimea). Quell’abominio antiebraico, scatenatosi in concomitanza con la crisi dell’Impero ottomano, era stato visto dai millenaristi come un segno dei tempi, che preannunciava il ritorno del Messia, credenza sfruttata appunto da Londra per il proprio progetto imperialista nel Vicino Oriente. Influenzato da Shaftesbury, Palmerson aveva perciò stabilito il consolato britannico a Gerusalemme, nel 1838, data che si può considerare come l’inizio ufficiale del lungo processo che porterà alla Nakba. In estrema sintesi: un intreccio davvero molto articolato di interessi politico-economici locali, regionali e internazionali, di “sogni cristiani occidentali” e di vari ultranazionalismi, sfocerà a distanza di oltre un secolo nella catastrofe abbattutasi sul popolo palestinese nel 1948.
Tornando alla seconda metà dell’Ottocento, Francia, Inghilterra e Russia, rivali e al contempo alleate, cercavano di colpire indirettamente l’Impero Ottomano, sperando di sfruttare le contraddizioni interne della Palestina, cause di malcontento tra la popolazione. Ma scoprivano puntualmente di avere nutrito vane speranze, perché non conoscevano la società palestinese che, oltre a essere sempre stata unita sul piano interconfessionale, si stava modernizzando e voleva liberarsi dalla dipendenza da forze esterne.
Modernizzazione dovuta anche al fatto che, nell’Ottocento, la Palestina non era tanto meta di pellegrinaggi quanto di altri tipi di viaggi; in molti casi si trattava di un turismo culturale legato all’orientalismo, tipico del Romanticismo. Turisti visitavano il paese, per ammirarne le bellezze, letterati, pittori, scultori e fotografi, per immortalarle. Ma alcuni di questi ultimi, nota Fleischmann, erano produttori della fotografia pornografica richiesta in Occidente; per scoprire l’Oriente misterioso, puntavano spesso lo sguardo lascivo e l’obiettivo della macchina fotografica sul seno di una contadina intenta ad allattare il proprio bambino, una scena normale nelle aree rurali, che di solito nessuno osava scrutare; l’immagine della maternità era avvolta da un alone di sacralità, e una madre considerata sacra. Era un fenomeno culturale diffuso nel mondo arabo e non solo, un segno di rispetto per la vita materna e dell’infanzia. Gli uomini e le donne occidentali, invece, il personale dei consolati e perfino delle missioni cristiane disumanizzavano le palestinesi, con cui non sapevano neppure comunicare; le giudicavano soltanto per com’erano vestite, esprimendo su loro giudizi intrisi di preconcetti orientalistici, di etnocentrismo bianco.
D’altro canto, il turismo di certo favoriva sia la Nahḍa che la crescita economica della Palestina. Nella società urbana palestinese stava infatti emergendo una nuova borghesia, formata da professionisti – perlopiù avvocati, docenti e medici – e da titolari di imprese artigianali, talune specializzate nella produzione di souvenir dei luoghi sacri del cristianismo e di altri prodotti turistici. Altri sviluppi economici stavano avvenendo anche in campo agricolo. Grazie alla presenza del porto moderno e all’aumento della tradizionale produzione agrumaria – specialmente delle arance Shamouti dalla buccia resistente e quindi facili da trasportare –, Giaffa era ormai uno dei principali centri commerciali del Mediterraneo e uno scalo importante per navi passeggeri provenienti dall’Europa e dagli Stati Uniti; era la città più progressista del paese e sarà sede di una delle associazioni più rappresentative della Nahḍa femminile palestinese.
La pianura costiera, fertile e bagnata dalle piogge, da sempre la parte economicamente più sviluppata della Palestina, attirava commercianti occidentali, favoriti dal sistema delle Capitolazioni ancora in vigore nell’Impero ottomano. Dunque, il Sultano continuava a concedere privilegi economici, giuridici e fiscali agli stranieri, e a suscitare il malcontento tra i propri sudditi, specialmente nei paesi arabi, dove i crescenti sentimenti anti-imperialisti stavano generando nazionalismi territoriali locali e si stava già teorizzando il panarabismo, teorizzato in primis da cristiani dell’area siro-libanese, culla della Nahḍa, ma reduce di una guerra civile interconfessionale, esplosa nel Monte Libano nel 1860. Appartenendo a una minoranza religiosa, erano ovviamente i più interessati a creare un’ideologia secolare in grado di unire gli arabi; assunsero l’arabofonia quale elemento principale dell’arabicità (‘urūba), reinterpretandola in senso moderno, per definire l’identità della “nazione araba”.
Le Tanẓīmāt, inoltre, erano state concepite per rafforzare e centralizzare il potere dello Stato ottomano tramite la modernizzazione istituzionale, con la conseguente necessità di nuove risorse finanziarie. Due leggi servivano in pratica a snellire il sistema di riscossione fiscale e aumentare la tassazione già pesante sulle proprietà fondiarie, la quale strangolava le economie locali dei territori situati al di fuori della Turchia (e avrà gravi conseguenze in Palestina). Inutili furono, perciò, le riforme di stampo liberale europeo, inclusa una costituzione promulgata nel 1876 e presto abrogata, adottate dal Sultano per ottenere il consenso popolare in tutto l’Impero e frenare gli indipendentismi che lo stavano sfaldando.
D’altro lato, in termini di modelli di modernità e libertà, la presenza occidentale in Palestina stava di certo cambiando la vita tradizionale delle palestinesi, riguardo alla quale Fleischmann riferisce che, in un’intervista pubblicata negli anni ‘60, l’avvocato e attivista gerosolimitano Musa al-Alami (1897-1984), uno dei teorici della palestinesità, ricorda che sua madre “si ammazzava di lavoro”, soprattutto nei giorni in cui doveva preparare lauti pasti per grandi comitive di ospiti, secondo la ben nota cultura dell’ospitalità araba. Vivendo quasi sempre secluse in casa, le donne sposate dell’alta borghesia e del ceto medio lavoravano dalla mattina alla sera e gestivano l’intero ménage domestico. Se una moglie era più ricca di suo marito, riceveva comunque da lui la dote matrimoniale che andava ad aggiungersi al suo patrimonio personale. L’unico caso di parità di genere previsto dal sistema giuridico islamico riguarda infatti il diritto alla proprietà privata, riconosciuto appunto alle persone di ambedue i sessi sin dalla nascita; in materia di eredità, invece, alle eredi femmine spetta molto meno che ai maschi.
In Palestina, i matrimoni venivano combinati dagli uomini delle famiglie degli sposi, spesso in base a reciproci interessi economici e/o di potere politico. Le madri, invece, sceglievano la sposa e lo sposo, di solito sia l’una che l’altro erano molto giovani. Un marito musulmano poteva facilmente ripudiare la moglie che, una volta divorziata, poi viveva con un parente, perlopiù il padre o un fratello. A differenza di altri paesi arabi, tra cui l’Egitto, la poligamia era poco praticata nelle città e nelle campagne della Palestina, una pratica preislamica che, per i riformatori musulmani egiziani, come il già citato Ahmad Amin, non è prevista dall’Islam.
Nelle famiglie contadine palestinesi, che erano molto unite, esisteva una notevole parità di genere, per ragioni economiche e lavorative: gli uomini si occupavano dell’aratura, della trebbiatura e della vagliatura; le donne si dedicavano alle faccende di casa, alla lavorazione del cibo, al lavoro nei campi e all’allevamento degli animali, ed erano assai stimate per il loro contributo alla gestione della fattoria. Vista questa situazione, di solito una moglie viveva in simbiosi con il marito.
Sono quasi assenti le informazioni sulle lavoratrici del proletariato rurale e urbano di questa fase storica, ma di certo uscivano di casa; le donne della Nahḍa femminile palestinese, come già detto, appartenevano all’alta borghesia e al ceto medio, perché sono loro che soffrivano di più per le discriminazioni di genere.
[12] Lorenzo Kamel, Terra contesa. Israele, Palestina e il peso della storia, Carocci, 2022.
[13] Prima edizione italiana: Mark Twain, Gli innocenti all’estero, tr. Piero Mirizzi, Lerici, 1960. L’autore, all’anagrafe Samuel Langhorne Clemens, visitò anche l’Italia e altri paesi europei durante lo stesso viaggio; l’ultima tappa fu la Palestina.
*Patrizia Zanelli insegna Lingua e Letteratura Araba all’Università Ca’ Foscari di Venezia. È socia dell’EURAMAL (European Association for Modern Arabic Literature). Ha scritto L’arabo colloquiale egiziano (Cafoscarina, 2016); ed è coautrice con Paolo Branca e Barbara De Poli di Il sorriso della mezzaluna: satira, ironia e umorismo nella cultura araba(Carocci, 2011). Ha tradotto diverse opere letterarie, tra cui i romanzi Memorie di una gallina (Ipocan, 2021) dello scrittore palestinese Isḥāq Mūsà al-Ḥusaynī, e Atyàf: Fantasmi dell’Egitto e della Palestina (Ilisso, 2008) della scrittrice egiziana Radwa Ashur, e la raccolta poetica Tūnis al-ān wa hunā – Diario della Rivoluzione (Lushir, 2011) del poeta tunisino Mohammed Sgaier Awlad Ahmad. Ha curato con Sobhi Boustani, Rasheed El-Enany e Monica Ruocco il volume Fiction and History: the Rebirth of the Historical Novel in Arabic. Proceedings of the 13th EURAMAL Conference, 28 May-1 June 2018, Naples/Italy (Ipocan, 2022).
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ESERCITAZIONE ORGANIZZATA DA EUROPOL PER SMANTELLARE I CONTENUTI TERRORISTICI ONLINE
Il 7 marzo 2024 #Europol, in collaborazione con la Commissione europea, ha organizzato una esercitazione simulata per testare il protocollo di crisi dell' #UE (EUCP).
L'esercitazione si è svolta nel quadro del Forum Internet dell'UE ed ha esaminato la collaborazione tra le autorità governative e l'industria tecnologica per contenere la diffusione virale di contenuti terroristici ed estremisti violenti online all'indomani di un evento terroristico.
Tra gli elementi testati c'era l'interazione del #ProtocollodicrisidellUE con il nuovo obbligo per i prestatori di servizi di hosting, introdotto dall'articolo 14.5 del Regolamento (UE) 2021/784 sulla lotta alla diffusione di contenuti terroristici online, di informare tempestivamente le autorità competenti quando vengono a conoscenza di contenuti terroristici che comportano una minaccia imminente alla vita.
L'esercitazione di quest'anno ha riunito rappresentanti delle forze dell'ordine coinvolti nell'applicazione del protocollo di crisi dell'UE e del regolamento, fornitori di servizi online, il Global Internet Forum to Counter Terrorism (#GIFCT), nonché i responsabili politici dei governi e degli organismi dell’UE.
Il protocollo di crisi dell’UE, adottato dai ministri della Giustizia e degli Affari interni nell’ottobre 2019, è un meccanismo volontario che consente agli Stati membri dell’UE e alle piattaforme online di rispondere rapidamente e in modo coordinato alla diffusione di contenuti terroristici online in caso di attacco terroristico, garantendo allo stesso tempo una forte protezione dei dati e la tutela dei diritti fondamentali.
Lo sviluppo del protocollo avvenne all’indomani dell’attacco terroristico a Christchurch, in Nuova Zelanda, nel 2019, in base al quale i leader dei governi, dell’industria tecnologica, della società civile e della Commissione europea hanno concordato il “Christchurch Call for Action”. Da allora, altri meccanismi di crisi sono stati sviluppati sia a livello nazionale che nel settore tecnologico.
L'attuazione pratica del protocollo viene testata annualmente attraverso esercitazioni pratiche. Dopo diversi esercizi pratici e l’attivazione del protocollo nel 2020, l’ #EUCP è stato rivisto nel 2023 per integrare gli insegnamenti appresi.
Le principali novità dell’aggiornamento includono il chiarimento del rapporto tra il Protocollo di crisi volontario dell’UE e il Regolamento, in particolare l’art. 14(5), criteri di attivazione perfezionati, maggiore attenzione all’interoperabilità con altri meccanismi di risposta alle crisi, maggiore protezione delle libertà fondamentali, tra l'altro attraverso processi di debriefing e indicazioni sulla risposta alle riprese degli astanti.
Europol ha assunto un ruolo centrale nell’attuazione del protocollo di crisi dell’UE gestendo il coordinamento dello scambio di informazioni e della comunicazione tra le parti interessate in modo rapido e sicuro. Gli atti di terrorismo in Francia (Arras, Parigi), Belgio (Bruxelles) e l'attacco terroristico del 7 ottobre da parte di Hamas contro Israele hanno ulteriormente dimostrato l'importanza di interrompere la diffusione della propaganda terroristica ed estremista violenta durante e in seguito agli attacchi terroristici, sostenendo allo stesso tempo le indagini.
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📌 XX Edizione del Premio intitolato a Giacomo Matteotti. Il #bando è indirizzato ad autori in lingua italiana, anche stranieri, e premierà le opere realizzate all'insegna degli ideali di fratellanza tra i popoli, di libertà e giu…
Ministero dell'Istruzione
#NotiziePerLaScuola 📌 XX Edizione del Premio intitolato a Giacomo Matteotti. Il #bando è indirizzato ad autori in lingua italiana, anche stranieri, e premierà le opere realizzate all'insegna degli ideali di fratellanza tra i popoli, di libertà e giu…Telegram
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FPF Files COPPA Comments with the Federal Trade Commission
Today, the Future of Privacy Forum (FPF) filed comments with the Federal Trade Commission (Commission) in response to its request for comment on the Children’s Online Privacy Protection Act (COPPA) proposed rule.
As technology evolves, so must the regulations designed to protect children online, and FPF commends the Commission’s efforts to strengthen COPPA. In our comments, we outlined a number of recommendations and considerations that seek to further refine and update the proposed rule, from how it would interact with multiple provisions of a key student privacy law to the potential implications of a proposed secondary verifiable parental consent requirement.
To amplify the questions about how COPPA would interact with the Family Educational Rights and Privacy Act (FERPA), FPF was also one of 12 signatories to a multistakeholder letter addressed to the Commission and Department of Education urging the development of joint guidance.
Considerations Applicable to All Operators
Children today are increasingly reliant on online services to connect with peers, seek out entertainment, or engage in educational activities, and while there is a great benefit to this, there are also risks to privacy and personal data protection, and we applaud the Commission for its ongoing efforts to find a balance between these tradeoffs. Our comments and recommendations focused on areas where we believe there is further opportunity to strike that balance, including:
- Clarifying the separate verifiable parental consent (VPC) step for third-party disclosures, as COPPA already includes a prohibition on conditioning a child’s participation in an online activity, and operators face considerable challenges in implementing the current VPC requirement. Our comments were informed in part by our in-depth report and infographic on the effectiveness of COPPA’s verifiable parental consent (VPC) requirement, published in June 2023.
- Revising definitions in line with how technology has evolved since the last COPPA Rule update, including adding “mobile telephone number” to the definition of online contact information, and clarifying what role text messages can play in the consent process.
- Providing more specificity of what types of processes that encourage or prompt the use of a website are of greatest concern to the FTC, as language in the proposed rule may inadvertently limit positive use cases of prompts and notifications such as homework reminders, meditation apps, and notifications about language lessons.
- Aligning the proposed security program language with the stated goal in the Notice of Proposed Rulemaking (NPRM), which reads that operators need “a written comprehensive security program” (emphasis added) and not a “child-specific” program, which would place an additional burden on companies with no additional benefit to parents or children.
Unique Considerations for Schools and Educational Technology
FPF commends the Commission’s effort to provide better clarity regarding how the rule should be applied in a school context; however, there are several areas where the proposed rule does not fully align with the Family Educational Rights and Privacy Act (FERPA), the primary federal law that governs use and disclosure of educational information. Both laws are complex, and the potential impact of confusion and misalignment is significant for the more than 13,000 school districts across the country and for the edtech vendor community.
With that in mind, our comments related to the proposed rule’s implications for student privacy focused in large part on identifying areas where more alignment and clarity around the interaction between COPPA and FERPA would be particularly instructive for both schools and edtech companies. Our recommendations include:
- Working with the US Department of Education to create and maintain joint guidance, which would detail how operators and schools should interpret their obligations in light of the interaction between COPPA and FERPA. We also recommend that this guidance consider the perspective and expertise of Operators and School stakeholders.
- Aligning the school-authorized education purpose exception to prior parental consent to the requirements of FERPA. We highlight several key areas where the rule needs clearer alignment, including how the definition of school-authorized education purpose aligns with FERPA’s School Official exception, how the use of the term written agreement in the proposed rule differs from how the term is used in FERPA, and how both laws address redisclosures of student data.
To read FPF’s COPPA comments in full, click here.
To download the joint letter to the FTC and U.S. Department of Education signed by FPF and 11 others, click here.
Blues a Teheran di Gohar Homayounpour
"Blues a Teheran" di Gohar Homayounpour, edito da Cortina Editore, è un libro che sfida le convenzioni e ci porta in un viaggio intimo e vibrante attraverso la Teheran odierna. L'autrice, psicoanalista di professione, intreccia magistralmente la sua storia personale con le esperienze dei suoi pazienti, creando un'opera ricca di spunti di riflessione e di umanità.
iyezine.com/blues-a-teheran-di…
Blues a Teheran di Gohar Homayounpour 2024
Blues a Teheran: un viaggio introspettivo tra musica, psicoanalisi e vita quotidiana nella Teheran contemporanea.In Your Eyes ezine
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Eppur si muove. I primi passi della Difesa comune europea secondo il gen. Caruso
Il Commissario europeo Ursula Von der Leyer l’aveva già annunciato e la prima strategia industriale europea per la difesa (European defence industrial strategy, Edis) è stata presentata, proposta dalla Commissione europea e dall’Alto rappresentante. L’attacco russo all’Ucraina ha evidenziato la totale inadeguatezza della Difesa comune europea e soprattutto il fatto che, a fronte di considerevoli investimenti fatti dai paesi europei, la mancanza di coordinamento e l’atavica rivalità tra i principali paesi dell’ Unione – specie nel settore dell’industria della difesa – hanno portato alla situazione attuale: l’industria europea nel suo complesso non è in grado di sostenere un conflitto ad alta intensità al pari degli eserciti europei a cui manca una struttura di comando e controllo capace di gestire una potenziale aggressione al territorio europeo. Bisogna investire di più nella difesa, ma bisogna farlo meglio e insieme. La strategia presentata punta ad acquistare in modo congiunto almeno il 40% delle attrezzature entro il 2030; garantire che, entro il 2030, almeno il 35% dell’intero valore del mercato della difesa sia in Ue; arrivare entro il 2030 ad avere il 50% ed entro il 2035 il 60% degli appalti all’interno dell’Ue.
In risposta alla guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina, la strategia prevede anche un insieme di azioni per accrescere la prontezza industriale europea nella difesa, inclusa la proposta legislativa per un Programma industriale europeo per la difesa (Edip) e misure per garantire la disponibilità e la fornitura tempestiva di prodotti per la difesa.
I principali obiettivi dell’Edis è quello di sviluppare una visione a lungo termine per la prontezza industriale nella difesa dell’Ue e di presentare un European defence investment orogramme (Edip) – un Programma europeo degli investimenti della difesa, per promuovere la cooperazione e l’investimento negli ambiti della difesa.
La strategia si basa su un ampio processo consultivo con gli Stati membri, l’industria della difesa, il settore finanziario e il mondo accademico, e mira a rafforzare la prontezza e la capacità di risposta dell’industria europea della difesa attraverso investimenti collaborativi, miglioramento della reattività industriale, promozione di una cultura della prontezza alla difesa e cooperazione con partner internazionali strategici. Attraverso il supporto agli investimenti nel settore della difesa per adattarsi meglio al nuovo contesto di sicurezza, l’incremento dell’efficienza nella domanda collettiva di difesa dei membri dell’Ue, si spera di imprimere un passo significativo verso l’integrazione e il rafforzamento dell’industria della difesa europea, riconoscendo l’importanza della cooperazione tra gli stati membri e la necessità di adattarsi a un contesto di sicurezza in evoluzione. Attraverso il sostegno finanziario e regolamentare, come evidenziato dall’Edip, l’Ue mira a migliorare la propria autonomia strategica e la capacità di rispondere efficacemente alle sfide di sicurezza, beneficiando gli stati membri e i partner strategici.
Sarà sufficiente? Si poteva fare di più? È un primo passo e ci sono degli spunti interessanti, quanto coraggiosi che vanno verso un approccio non convenzionale, ma forse più efficace, in un momento in cui le minacce all’ Europa diventano sempre più cocenti e l’ombrello americano sembra rimpicciolirsi sempre di più con l’avvicinarsi delle elezioni presidenziali americane.
A mio avviso due sono i punti più qualificanti introdotti dall’ Edis.
Il primo riguarda l’introduzione di una nuova cornice giuridica nota come la Struttura per il programma di armamento europeo (Seap), progettata per superare le sfide legate alla cooperazione tra gli stati membri dell’Ue nella realizzazione di programmi d’armamento comuni. Questa nuova struttura mira a fornire procedure standardizzate per l’avvio e la gestione di tali programmi, al fine di facilitare e incentivare la cooperazione in materia di difesa.
Un aspetto significativo di questa struttura è la possibilità per gli stati membri di beneficiare di un tasso di finanziamento maggiorato nell’ambito del Programma europeo di sviluppo industriale nel settore della difesa (Edip), nonché di procedure di acquisto semplificate e armonizzate. Quando gli stati membri acquisiscono equipaggiamenti in modo congiunto tramite il Seap, operando come un’organizzazione internazionale, possono godere di esenzione dall’Iva. Inoltre, il Seap prevede un bonus per i prodotti sviluppati e acquisiti in questo contesto, a patto che gli stati membri coinvolti concordino su un approccio comune sulle esportazioni della difesa.
Inoltre, il documento chiarisce che gli stati membri, agendo attraverso il Seap, possono emettere titoli di debito per assicurare il finanziamento a lungo termine dei programmi d’armamento. Questo meccanismo consente una maggiore flessibilità nel finanziamento di programmi d’armamento di ampio respiro e di lunga durata, garantendo allo stesso tempo che l’Unione Europea non sia responsabile per l’emissione del debito da parte degli stati membri. Questa capacità di emettere titoli di debito potrebbe migliorare le condizioni di finanziamento da parte degli stati membri per i programmi d’armamento che ricevono supporto dall’Ue tramite il Seap.
Una rivoluzione copernicana, ma che vede i paesi europei confrontarsi, come sempre, tra i frugali e fiscalmente più conservatori e quelli più esposti alla minaccia da est come Polonia e Paesi baltici. Forse, per la prima volta, si mettono al centro gli Stati membri piuttosto che le grandi industrie della difesa. Gli Stati membri vengono incoraggiati a trovare accordi e alleanze strategiche tra di loro per sviluppare programmi di difesa comuni che potranno beneficiare di meccanismi dedicati e particolari forme di finanziamento.
Il secondo aspetto degno di nota è la possibilità di trasferire all’Ucraina le riserve russe congelate in Europa e Usa subito dopo l’invasione da parte di Mosca. Si tratta di circa trecento miliardi di dollari che farebbero la differenza e che contribuirebbero a finanziare la difesa di Kiev control’ aggressione russa. Sarà interessante osservare i differenti approcci al problema tra un Macron scettico sulla possibilità legali e altri – come il presidente ungherese Orban – totalmente contrari per principio. La soluzione di compromesso sembrerebbe essere di reinvestire i profitti, decisamente minori, ma sicuramente più certi.
La strategia industriale europea per la difesa segna certamente un passo significativo verso l’integrazione e il rafforzamento dell’industria della difesa europea, riconoscendo l’importanza della cooperazione tra gli stati membri e la necessità di adattarsi a un contesto di sicurezza in evoluzione. Attraverso il sostegno finanziario e regolamentare, come evidenziato dall’Edip, l’Ue mira a migliorare la propria autonomia strategica e la capacità di rispondere efficacemente alle sfide di sicurezza, beneficiando gli stati membri e i partner strategici.
Ma era la cosa giusta da fare? O meglio, era la prima cosa giusta da fare? Come sempre l’approccio europeo, anche nel campo della difesa e sicurezza europea, è prima finanziario ed economico. Napoleone Bonaparte diceva che per vincere le guerre occorrevano tre cose: Argent, argent, argent. E quindi ben vengano queste iniziative che tendono a ottimizzare le risorse per la Difesa comune, incoraggiando alleanze tra industrie europee della difesa e potenziando gli strumenti che facilitano questi approcci comuni. Ma cosa servirà una maggiore cooperazione, innovazione e resilienza industriale se poi non avremo delle Forze armate europee capaci di operare in modo integrato e con capacità multi dominio sotto un’unica struttura militare di comando controllo?
Ritengo quindi che – ancora una volta – non si abbia avuto la forza o il coraggio di affrontare il problema in modo olistico analizzando tutti gli aspetti della difesa comune europea. È chiaro che a novembre, chiunque vinca le elezioni negli Stati Uniti, ridimensionerà il proprio appoggio alla vecchia Europa e ci troveremo da soli ad affrontare gravi minacce alla nostra sicurezza. Non c’è più tanto tempo per disegnare e attuare un nuovo progetto di difesa comune europea che dovrà essere tanto più ardito quanto breve sarà il tempo per realizzarlo.
GoToSocial: il Fediverso a misura di individuo. Il post di @ sulla propria esperienza in self hosting
Una delle caratteristiche che rendono il Fediverso attrattivo per molte persone che considerano la privacy importante e che mal sopportano di perdere il controllo sui propri dati, testi, immagini e video, è la possibilità di partecipare alla vita sociale online utilizzando i propri mezzi, cioè un proprio server e un proprio client.
Antonino Campaniolo 👣 reshared this.
Dossieraggi
L'articolo Dossieraggi proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
MERCATO DELLA DROGA IN EUROPA: UNA PANORAMICA #EUDrugMarkets
Mercati della droga nell’UE: spunti chiave per la politica e la pratica (EU Drug Markets: Key insights for policy and practice) è il modulo finale di una serie di analisi approfondite sul mercato della droga da parte di #Europol e dall’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze (#EMCDDA)..
Il nuovo rapporto offre una sintesi strategica e di alto livello del mercato della droga nell’UE, basata su una solida conoscenza dell’attuale panorama della droga e delle minacce emergenti. Fornisce inoltre una panoramica degli sviluppi chiave per ogni farmaco e delinea le azioni per affrontare le minacce attuali e aumentare la preparazione.
Il rapporto è il modulo finale del più ampio rapporto sui mercati della droga nell’UE: analisi approfondita delle due agenzie, la loro quarta panoramica completa dei mercati delle droghe illecite nell’UE dal 2013
Il traffico illecito di droghe domina la criminalità grave e organizzata nell’Unione europea, con un impatto significativo sulla globalizzazione e sulle reti interconnesse. Il mercato europeo della droga ha registrato un aumento senza precedenti della disponibilità, guidato dalla forte domanda e dall’innovazione criminale. Ciò ha portato a decessi legati alla droga, a un aumento della domanda di cure e all’espansione della criminalità organizzata. Il traffico di droga alimenta anche la corruzione e lo sfruttamento di individui vulnerabili, portando a violenza e danni ambientali. L’economia e lo stato di diritto sono indeboliti dallo sfruttamento delle imprese legali.
Il mercato della droga nell’UE richiede un approccio su più fronti che coinvolga l’applicazione della legge, la sanità pubblica, l’istruzione e la cooperazione internazionale. Riconoscere l’interconnessione globale è fondamentale per risposte efficaci. La tabella di marcia dell’UE si concentra sulla riduzione dell’offerta, sullo smantellamento delle reti criminali ad alto rischio, sul miglioramento dell’accesso a misure di riduzione del danno basate sull’evidenza e sul rafforzamento della resilienza sociale per affrontare i fattori socioeconomici che contribuiscono al mercato illecito della droga.
Sulla base dei dati del 2021, si stima il mercato della droga nell’UE avere un valore al dettaglio minimo di almeno 31 miliardi di euro. È una delle principali fonti di reddito per la criminalità organizzata. Una chiave caratteristica di questo mercato è l’interconnessione tra diverse droghe illecite, con reti criminali e broker e facilitatori chiave spesso coinvolti nella policriminalità legata alla droga. Il grande mercato della droga nell’UE si interseca anche con e ha un impatto significativo su altri ambiti criminali, come il traffico di armi da fuoco e riciclaggio di denaro.
La disponibilità delle principali droghe in Europa rimane elevata, con grandi quantità sequestrate e un mercato diversificato per le droghe illecite. L’emergere di oppioidi altamente potenti e di nuovi modelli di consumo, in particolare di cocaina, rappresentano una minaccia complessa per la salute pubblica. La tendenza al traffico di spedizioni singole più grandi via mare ha aumentato l’efficienza, mentre i sequestri sono diminuiti. Questa diminuzione potrebbe essere in parte dovuta a una minore attenzione rivolta ai reati di possesso e consumo di droga in alcuni Stati membri.
L’UE sta assistendo alla produzione su scala industriale di cannabis e droghe sintetiche, tra cui anfetamine, metanfetamine, MDMA , sia per i mercati nazionali che internazionali. L’Europa è anche un’importante zona di transito per i flussi globali di droga, in particolare di cocaina proveniente dall’America Latina. Le reti criminali nel mercato della droga dell’UE dimostrano un’elevata adattabilità, sfruttando i progressi tecnologici, i cambiamenti sociali e le strutture commerciali legali. Diversificano le fonti, i prodotti, le rotte del traffico e i metodi di occultamento.
Il mercato della droga dell’UE ha dimostrato resilienza alle crisi globali, all’instabilità e ai cambiamenti politici ed economici, consentendo alle reti criminali di adattarsi, diversificare i metodi ed emergere nuovi mercati e preferenze dei consumatori.
I mercati della droga illecita e l’economia regolare si intersecano in vari modi, compresi i criminali che sfruttano le infrastrutture di trasporto commerciale e le scappatoie legislative per la produzione di droga e dirottano i prodotti legalmente disponibili per scopi illegali.
Gli Stati membri dell’UE stanno sperimentando livelli senza precedenti di violenza legata al mercato della droga, in particolare nei mercati della cocaina e della cannabis. Questa violenza, che spesso comporta omicidi, torture, rapimenti e intimidazioni, ha un impatto sulla società e sull’insicurezza pubblica. La corruzione facilita il traffico di droga e mina lo stato di diritto. La tecnologia e l’innovazione sono i motori chiave dei mercati della droga, su cui le reti criminali fanno affidamento per facilitare le attività e mitigare i rischi. L’innovazione nella produzione di droghe illecite porta a risultati più elevati, potenza e una gamma più ampia di prodotti di consumo, mentre i progressi digitali e le opportunità tecnologiche rendono la comunicazione illecita più accessibile.
Il mercato della droga nell’UE presenta numerose minacce che richiedono un approccio multidisciplinare, flessibile e orientato al futuro per monitorare e rispondere efficacemente a tali minacce.
Il mercato della droga nell’UE deve essere monitorato e analizzato utilizzando tecnologie avanzate come l’intelligenza artificiale e le immagini satellitari. Dovrebbero essere individuate le sostanze nocive, come gli oppioidi sintetici e le nuove sostanze psicoattive. Le valutazioni delle minacce dovrebbero essere rafforzate e la violenza legata al mercato della droga dovrebbe essere meglio compresa. Le piattaforme online dovrebbero essere monitorate per il commercio e la distribuzione della droga e dovrebbero essere sviluppati nuovi quadri per analizzare i cambiamenti legislativi sui mercati delle droghe illecite.
Sorge la necessità di rafforzare le risposte operative contro le reti criminali, in particolare quelle ad alto rischio, e di dare priorità allo smantellamento di intere reti. Evidenzia inoltre la necessità di migliorare le risposte al traffico e alla diversione di droga, rafforzare le barriere amministrative, migliorare la capacità di interdizione nei porti marittimi e negli hub di posta e pacchi e dare priorità alle politiche di prevenzione della criminalità per i giovani a rischio di sfruttamento e reclutamento da parte di reti criminali.
L’UE dovrebbe rafforzare la cooperazione con le organizzazioni internazionali e i paesi terzi per combattere il traffico illecito di droga, in particolare nei centri chiave. Lo scambio di dati sulle reti della tratta dovrebbe migliorare la consapevolezza situazionale. Le normative europee e gli accordi internazionali dovrebbero essere implementati per interrompere il traffico di droga, e i partenariati pubblico-privato dovrebbero essere rafforzati per prevenirne lo sfruttamento.
L’UE deve aumentare le risorse per le risposte operative e strategiche al traffico di droga, concentrarsi sullo sviluppo delle capacità nei principali punti di ingresso, investire in tecnologie di rilevamento innovative, formare i lavoratori, sostenere i paesi terzi sulle rotte del traffico di droga, rafforzare l’elaborazione di politiche basate su dati concreti, migliorare le prevenzione della criminalità, investire in interventi basati sull’evidenza e migliorare la consapevolezza politica dei rischi ambientali associati alla produzione, al traffico e al consumo di droga.
Il quadro legislativo dell’UE è fondamentale per le forze dell’ordine e le autorità giudiziarie nella lotta alla criminalità organizzata. Offre strumenti come #EMPACT per interrompere le catene di approvvigionamento dei farmaci. È necessario rafforzare gli approcci integrati per affrontare le cause profonde dei mercati delle droghe illecite.
Little New About Hampshire
On March 6, 2024, Governor Sununu signed SB 255 into law, making New Hampshire the fourteenth U.S. State to adopt a comprehensive privacy law to govern the collection, use, and transfer of personal data. SB 255 is the second comprehensive privacy law enacted in 2024, the first having been New Jersey’s S332, which was also a holdover from the 2023 legislative session. Another example of states following the “Connecticut model,” S255 bears a strong resemblance to other laws following the Washington Privacy Act (WPA) framework. The law will take effect on January 1, 2025. This blog post addresses two unique facets of SB 255, including its narrow rulemaking authority and a unique provision addressing conflicts with other laws, while ultimately reflecting on how SB 255 is arguably the first “boring” state comprehensive privacy law.
1. Two Novel Provisions in New Hampshire
a. Narrow Rulemaking Authority
Prior to New Hampshire joining the fray, there were two approaches to rulemaking in the state comprehensive privacy landscape. In the first category are laws that provide no rulemaking authority, which includes a majority of enacted legislation. However, a handful of states—California, Colorado, and New Jersey— exist in another category where the legislation provides broad rulemaking authority, either to promulgate regulations for the purpose of carrying out the law or, in California’s case, to issue regulations on a variety of important topics.
SB 255 breaks this trend by including two narrow rulemaking provisions. First, in section 507-H:6, which notes that the secretary of state will establish standards for privacy notices. The second rulemaking provision is section 507-H:4(II), which specifies that the secretary of state will establish a “secure and reliable means” for individuals to exercise their rights under the law. Most other states task controllers with establishing their own means for individuals to exercise their rights (e.g., Delaware). California was slightly more prescriptive in its requirements (e.g., requiring that businesses offer a toll-free telephone number to exercise rights) but ultimately leaves much to the discretion of businesses. New Hampshire’s requirement that the secretary of state establish a uniform means for exercising data rights could make it easier for individuals to submit requests given that the mechanism will not vary from controller-to-controller. Businesses interact with their customers in a variety of ways, however, and this standardization could pose challenges for businesses if it is overly rigid.
b. Compliance with Other Law
SB 255 contains a unique provision regarding compliance with “other law.” Section 507-H:12 provides that anyone covered by SB 255 and “other law regarding third party providers of information and services” must comply with both laws, and, where there is a “direct conflict” between the two laws, the individual or entity “shall comply with the statute that provides the greater measure of privacy protection to individuals.” For the purposes of that provision, opt-in consent for disclosing personal information is deemed more protective than the opt-out rights in SB 255.
This language was added while SB 255 was in committee to prevent potential conflicts between SB 255 and HB 314, a distinct bill that was being considered in parallel to SB 255. Originally intended to curtail government acquisition of personal information, HB 314 was expanded significantly by the House Judiciary Committee to place strict limits on the disclosure of personal information by a “third-party provider of information,” defined broadly under that bill to encompass telephone companies, utilities, internet service providers, streaming services, social media services, email service providers, banks and financial institutions, insurance companies, and credit card companies.
HB 314 passed the New Hampshire House of Representatives in early January 2024, but it has not progressed in the Senate at the time of writing. Retaining this conflict provision in SB 255 without also passing HB 314 raises questions about the provision’s function, given that “third-party provider of information or services” currently is not defined in law.
2. The First “Boring” Privacy Law?
Perhaps what is most interesting about SB 255 is how uninteresting it is—at least in regard to comprehensive privacy law, there is very little new in New Hampshire:
- The law’s applicability thresholds are low—applying to controllers who process the personal data of either 35K consumers or 10K consumers and deriving more than 25% of revenue from the sale of personal data—but these thresholds are not uniquely low (matching those set in Delaware).
- Sensitive data is defined broadly, including personal data revealing sex life, but it omits elements of the broadest such definitions (e.g., status as transgender or nonbinary and status as a victim of crime, included in Oregon, or financial information, included in California and New Jersey).
- The definition of biometric data is broader than that in Virginia (covering data generated from a photograph or an audio or video recording if generated to identify a specific individual), but narrower than that in New Jersey or Oregon.
- A controller can respond to a deletion request regarding personal data obtained from third parties by opting that individual out of non-exempt processing purposes, following the approach in most WPA-style laws (except Delaware and New Jersey).
- New Hampshire joins California, Colorado, Connecticut, Montana, Oregon, Delaware, and New Jersey as the eighth state to allow individuals to opt-out of the processing of personal data for targeted advertising or the sale of personal data on a default basis through a universal opt-out mechanism (UOOM).
That SB 255 adds little new to the state comprehensive privacy landscape is indicative of the maturity of state privacy law. Once upon a time, a state enacting comprehensive privacy legislation warranted an emergency blog post with detailed analysis and lofty questions about a looming “patchwork” of incompatible laws. In the almost six years since the California Consumer Privacy Act was enacted, fourteen states have now joined the fold. As noted in FPF’s forecast of the 2024 privacy landscape, while there was a general regulatory convergence on the WPA framework, there are still meaningful differences between most of the post-California comprehensive state privacy laws. Many have wondered whether any states would buck the consensus trend in 2024 and adopt a novel approach to data privacy. That may be the case, as several states are currently considering bills inspired by the American Data Privacy and Protection Act. But if New Hampshire is anything to go by, perhaps 2024 will instead be a year of greater convergence and uniformity amongst the states. Time will tell.
Cantieristica e subacquea, ecco i pilastri del bilancio di Fincantieri
L’underwater rappresenta la nuova frontiera in cui vogliamo guidare sempre più l’industria ed il Paese. Così ha stabilito gli obiettivi di Fincantieri l’amministratore delegato Pierroberto Folgiero, commentando i risultati dalla società presentati con il progetto di Bilancio di esercizio al 31 dicembre 2023 e il Bilancio consolidato al 31 dicembre 2023 approvati dal consiglio di amministrazione presieduto da Claudio Graziano. Fincantieri, inoltre, ha promosso anche la sua Guidance 2024, confermando per l’anno in corso i suoi obiettivi: ricavi a circa otto miliardi (per una crescita di 4,5%) e una marginalità intorno al 6%, in crescita rispetto all’anno passato di un punto percentuale. Anche rispetto al rapporto di indebitamento, è previsto un miglioramento rispetto alla Guidance del 2023 raggiungere un valore compreso tra il 5,5 e il 6,5x nel 2024, accelerando il deleveraging atteso nell’arco di piano.
I risultati
Crescono anche gli ordini, con uno sviluppo commerciale in crescita in tutti i business. Nel 2023 i nuovi ordini sono stati pari a oltre sei miliardi e mezzo (un aumento di quasi il 24% rispetto all’anno precedente) con una accelerazione del settore offshore. L’anno scorso, inoltre, sono state consegnate 26 navi da dodici stabilimenti, e fino al 2030 ci sono in portafoglio ulteriori 85 unità. Per Folgiero, i risultati sono frutto soprattutto della solida performance operativa dell’attività cantieristica militare e civile, e alla ripresa delle attività commerciali del settore offshore e delle navi speciali. Del resto, questa soddisfazione si legge anche dai numeri: i ricavi dell’azienda si sono assestati a sette miliardi e 651 milioni, in aumento del 2,8%, un Ebitda pari a 397 milioni e un margin al 5,2%.
Iniziative sull’underwater
Inoltre, l’azienda continua a puntare su nuovo settore del subacqueo. L’adesione al progetto del Polo nazionale della dimensione subacquea intende porre il gruppo al centro dei programmi di sviluppo della filiera dell’underwater, con opportunità di business puntando sulle capacità di Fincantieri di guidare l’integrazione tra l’industria della difesa e quella civile. Per quanto riguarda le iniziative già intraprese nel 2023, prosegue il programma Near future submarine della Marina militare, in cui Fincantieri svolge il ruolo di prime contractor e design authority, con l’esercizio dell’opzione del terzo sottomarino di nuova generazione U212 Nfs. Il Gruppo ha inoltre siglato un a ottobre un memorandum d’intesa con Leonardo nell’ambito della subacquea per definire iniziative e sviluppi legati a sistemi (inclusi droni subacquei) di protezione delle infrastrutture critiche sottomarine, con l’obiettivo di “creare una task force stabile comune – ha indicato Folgiero – per mettere insieme le expertise dei due grandi gruppi nell’underwater” al netto della grande esperienza del gruppo nella realizzazione di sottomarini, ne abbiamo costruiti cento”. Altro accordo importante è quello con C.A.B.I. Cattaneo, azienda specializzata nella progettazione, sviluppo e fornitura di mezzi subacquei per le forze speciali della Marina. In ambito civile, invece, Fincantieri ha siglato un memorandum con WSense, azienda di deep tech specializzata in sistemi di monitoraggio e comunicazione subacquei.
Operazione Wass?
Rimane ancora aperta la partita su Wass, specializzata in armamenti navali, siluri, sonar e sistemi di difesa subacquei (attualmente parte della divisione Sistemi difesa di Leonardo). Non è la prima volta che si vocifera di un potenziale passaggio della società a Fincantieri, e nel 2021 Leonardo l’aveva messo in vendita (insieme a Oto Melara, attiva negli armamenti terrestri) e navali, ma la potenziale cessione è rimasta congelata fino ad oggi. Per il gruppo non sarebbe la prima operazione di M&A, dato che è stato recentemente finalizzato l’accordo per l’acquisizione di Remazel, azienda globale nella progettazione e fornitura di top side equipment ad alta complessità per mezzi sottomarini. L’aggiunta di Wass rappresenterebbe per il gruppo un ulteriore passo nella direzione di diventare “la locomotiva dell’underwater”, come aveva definito la società triestina lo stesso Folgiero commentando a novembre scorso i risultati presentati dalla società nei primi nove mesi del 2023
”La concezione liberale del diritto penale”, di Francesco Petrelli la terza lezione della Scuola di Liberalismo
Il “reato penale” e il panpenalismo come sintomi della crisi della legalità e il diritto penale liberale come antidoto. Sono i temi affrontati da Francesco Petrelli, presidente dell’Unione Camere Penali Italiane, nella lezione, “La concezione liberale del diritto penale”, che ha tenuto questa sera alla Scuola di Liberalismo della Fondazione Luigi Einaudi.
“L’espressione ‘reato penale’ costituisce l’esempio paradigmatico della deriva del panpenalismo”, ha spiegato Petrelli. “Si tratta di fenomeni che sono il sintomo della crisi della legalità sostanziale che deve essere arginata, e il diritto penale liberale costituisce certamente un possibile antidoto contro tale deriva”.
I tanti partecipanti, in Aula Malagodi e collegati da remoto, tra cui tanti ragazzi, hanno dialogato con il presidente Petrelli sui principi che identificano il diritto penale liberale, basato sul sistema normativo delle garanzie e dunque sulla protezione dei diritti individuali, civili e politici.
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Antimafia, il rischio che i cittadini perdano la fiducia nello Stato
Negli Anni Cinquanta, il servizio segreto militare, Sifar, guidato dal generale dei carabinieri Giovanni De Lorenzo stilò 157mila dossier su uomini politici, imprenditori, alti burocrati dello Stato, personaggi pubblici. Ne seguirono ricatti ed intimidazioni. Quando i fatti vennero a galla, l’attenzione pubblica di appuntò su quella che allora sembrò una mole mostruosa di dati e di personalità sotto osservazione. Poca roba, nell’era del Web.
Non c’è cittadino, oggi, che non possa ragionevolmente pensare che la propria condizione patrimoniale, le proprie vicende giudiziarie, le proprie comunicazioni, le proprie spese con carta di credito e l’intero spettro delle attività svolte in Rete, curiosità, gusti e vizi compresi, sia alla portata di chiunque grazie ad un semplice click. Il nostro privato non è mai stato così potenzialmente pubblico, la nostra vita mai così esposta al rischio di gogna mediatica.
Anche per questo i politici più spregiudicati fanno da qualche anno a questa parte di tutto per infiltrare con propri uomini le agenzie nazionali che per ragioni di sicurezza permeano il Web. Anche per questo è oggi più che mai necessario avere fiducia: fiducia nel fatto che i custodi pubblici dei nostri dati personali si attengano al più rigoroso scrupolo istituzionale. Fiducia che i numeri “mostruosi e inquietanti” (sono parole del procuratore di Perugia Raffaele Cantone) degli accessi ai dati riservati custoditi, si fa per dire, dalla Procura nazionale antimafia ha fatto svanire. Ed è questo il danno più grave che una vicenda ancora per molti versi oscura ha provocato: il crollo della fiducia non tanto nella Procura antimafia, quanto nello Stato.
Da oggi, ciascun cittadino avrà buone ragioni per sentirsi nudo di fronte al potere e di conseguenza esposto ai suoi disegni, quando non ai suoi capricci. Un sentimento spaventoso. Un sentimento e un danno la cui portata sembra sfuggire alla sensibilità grillina, movimento politico non a caso nato sulla spinta della retorica orwelliana di una trasparenza assoluta. “Male non fare, paura non avere”, ha recentemente detto parlando degli imputati innocenti il procuratore Piercamillo Davigo, cancellando con una battuta feroce secoli di cultura liberale su cui si fonda lo Stato di diritto. “Male non fare, paura non avere”, ha scritto oggi il direttore del Fatto quotidiano Marco Travaglio, concludendo un editoriale teso a minimizzare la portata delle notizie trafugate e, pare, commercializzate da un tenente della Guardia di Finanzia e chissà da quanti altri. Sfugge, evidentemente, il punto. Il punto non attiene alla portata delle singole notizie trafugate, ma all’atteggiamento dello Stato che quelle notizie dovrebbe custodire gelosamente così come gelosamente dovrebbe custodire e proteggere la libertà personale di ciascun cittadino.
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in reply to Informa Pirata • • •Certo che poi alla fine il punto è sfruttare ulteriormente i lavoratori e i consumatori con le AI perché è nel DNA del capitalismo: profitto ad ogni costo.
È impossibile risolvere questi dilemmi nel turbocapitalismo di Fusariana definizione; quando una multinazionale fattura quanto il PIL di uno stato medio-grande e si sente in diritto di sedersi alla pari ai tavoli di mediazione internazionale è l'evidente segnale che la democrazia è fritta.
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