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Serino presenta il Calendario dell’Esercito 2024
Capitano Francesco Donnini Vannetti, colonnello Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo, sergente Mario Paolini, caporal maggiore Gino Fruschelli. Sono solo alcuni dei decorati con la medaglia d’oro al valor militare per il loro sacrificio durante la guerra di Liberazione italiana condotta dall’Esercito che compaiono nelle pagine dell’edizione 2024 del calendario dell’Esercito italiano. Dodici mesi dedicati alle esperienze di alcuni, in rappresentanza dei molti, che fedeli al giuramento prestato, continuarono a combattere nelle fila delle ricostituende forze armate italiane. Ufficiali, sottufficiali e soldati, insigniti della medaglia d’oro al valor militare per atti eroici compiuti dopo l’armistizio e che si sono particolarmente distinti anche nel periodo precedente. Alcuni di essi militarono nelle formazioni partigiane nel centro-nord del Paese, facendosi spesso promotori della loro formazione, altri raggiungendo il cosiddetto Regno del Sud, entrando nell’Esercito cobelligerante e contribuendo alla costruzione dei Gruppi di combattimento, le unità che sarebbero poi state alla base dell’Esercito repubblicano.
Il valore della scelta
Come raccontato da capo di Stato maggiore dell’Esercito, generale Pietro Serino: “Quest’anno abbiamo voluto raccontare la storia degli uomini che combatterono a difesa della Patria, e non di una ideologia; quei tanti protagonisti in uniforme della Guerra di Liberazione”. La Forza armata ha infatti selezionato dodici medagliati al valore, tra le migliaia di soldati decorati prima e dopo l’armistizio, nell’intento di raccontare la storia di tutti, e dare il senso “dei valori che caratterizzavano allora, e caratterizzeranno sempre, l’Esercito italiano”. Il generale Serino ha raccontato come la scelta del tema sia dovuta alla volontà di onorare la memoria di chi ha rispettato sempre il giuramento di fedeltà prestato alla Patria: “soldati sempre convinti e consapevoli di quale fosse il loro dovere e quale posizione l’Esercito dovesse assumere”.
Un esempio per l’oggi
Come registrato dal sottosegretario alla Difesa, la senatrice Isabella Rauti, “rievocare e raccontare gli episodi che hanno segnato la storia della nostra Repubblica, vuol dire onorare chi ha combattuto per la Patria; significa ricostruire e tramandare la memoria”. Un impegno che, dal passato, deve caratterizzare anche il nostro presente, ricordando “la grande sensibilità che l’Esercito dimostra ogni giorno nel mantenere vivo questo patrimonio ideale condiviso”. Per Rauti, essere consapevoli della nostra storia, “è indispensabile per comprendere il presente, per disegnare il futuro e per interpretare al meglio il momento che stiamo vivendo”.
La testimonianza
Per “sottolineare il valore della scelta del giuramento prestato nel rimanere fedele allo Stato e quindi alla Patria”, tra i vari nomi di decorati è stato ricordato anche Renato del Din, attraverso un video messaggio della sorella, Paola del Din, entrambi medaglia d’oro al valor militare che lo scorso 22 agosto ha compiuto cento anni. Dopo la morte del fratello alla testa delle prime formazioni delle brigate partigiane Osoppo-Friuli, la professoressa del Din, nome di battaglia “Renata” seguì l’esempio del fratello combattendo con il Comitato di liberazione nazionale, e diventando nota per essere stata la prima donna paracadutista italiana a fare un lancio di guerra, attraversando più volte la linea del fronte per portare messaggi alle brigate partigiane del nord-est.
L'intervista a Max Schrems su Computer World: "Dopo cinque anni di GDPR vediamo ancora come le autorità non stiano facendo bene il loro lavoro"
«dal punto di vista giuridico [il Data Privacy Framework è] un po' problematico, perché in fondo la legge non lo prevede ma la politica lo fa comunque. Ed è per questo che penso che per la terza volta dovremmo parlare un po' anche del tessuto costituzionale dell'UE perché, se l'esecutivo si limita ad approvare sempre la stessa cosa, sperando che la magistratura si stanchi di dirgli qual è la legge È, ciò non è realmente rispettoso dello Stato di diritto. È particolarmente interessante perché i commissari europei tendono a parlare a tutti dello stato di diritto e di quanto sia importante, ma sembra che una volta che si concentrano su questi problemi o una volta che sono sul lato ricevente, non ne sono poi così interessati.»
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Il Demente collettivo
Negli ultimi due decenni è diventato di moda prendersela con l’egemonia americana, parlare derisoriamente dell’eccezionalismo americano, ridicolizzare la funzione autoproclamata dall’America di ‘polizia mondiale’ e aspirare a un mondo multipolare. Bene, congratulazioni: ora quel mondo ce l’abbiamo. Dite voi se è migliore dell’altro”. Sono parole di Noah Smith, da un testo di Substack, citate finalmente anche sul New York Times da un analista, David Leonhardt, di parte liberal. Devono aver intuito, con qualche vent’anni di ritardo, che i neoconservatori non avevano tutti i torti. Il risultato del ripudio della loro dottrina sul nuovo secolo americano, e del leading from behind che ha prevalso sia con Obama sia con Trump, è sotto i nostri occhi: la più cruenta guerra europea dopo la Seconda guerra mondiale, l’aggressività della Cina nell’Indo-Pacifico, il nazionalismo indiano, la drammatica radicalizzazione del conflitto tra Israele e Hamas in linea con Hezbollah e la Teheran dei mullah, con il bel recente fatto delle centinaia di migliaia di morti in Ucraina e di un numero di ammazzati, civili indifesi, giovani che ballavano, vecchi e bambini, e rapiti, che in rapporto alla popolazione israeliana, per tacere del resto e della memoria, è come se il terrorismo islamico a Parigi avesse fatto quattro, cinquemila morti.
Il Demente Collettivo è convinto che la colpa sia degli americani, dei neoliberisti, del capitalismo, della globalizzazione dei mercati, del passato coloniale europeo, dell’imperialismo americano cosiddetto (che non è mai esistito), della guerra in Iraq o in Afghanistan, della risposta all’11 settembre che ora ritorna in forme nuove, e naturalmente del sionismo, dei governi israeliani, dell’occupazione e dell’estremismo parolaio dei sostenitori della colonizzazione in Cisgiordania, la colpa è di tutto e di tutti tranne che dell’occidente che ha rinunciato alla logica unica possibile, quella di riscrivere nel segno della democrazia e della libertà, del nation building contro il dilagare degli stati canaglia, la mappa mondiale. E ci stavamo anche per far fottere la Nato, se non ci avesse pensato Putin, ma a quale costo si sa, a ridarle vita. Gli accordi di Dayton che misero fine al carnaio dei Balcani, l’eliminazione di Saddam e dei talebani, il contenimento a est delle ambizioni neoimperiali della Russia, la resistenza alle ambizioni nucleari del mostruoso regime degli ayatollah, l’isolamento esistenziale della caserma mortifera di Kim Jong Un, la guerra asimmetrica al terrorismo urbano nell’Europa occidentale: le poche cose buone furono fatte come espansione e eco di una stagione di reattività occidentale che abbiamo voluto spegnere nell’ovatta di presunte convenienze di pace, per incrementare la multipolarità ritenuta necessaria in un mondo ora disceso nel caos più completo.
L’Iran ora fa asse con Mosca e la Corea, mentre il retroterra africano del medio oriente, dove l’assadismo è stato premiato dalla resa di Obama e dagli sparacchiamenti ineffettuali del Trumpshow, è in una situazione disperata.
Litighiamo su patti monetari e immigrazione mentre la guerra è letteralmente alle nostre porte in dimensioni mai viste prima, e le quinte colonne del nemico progrediscono a ogni elezione per svuotare la democrazia con le sue stesse armi. Al centro di questo bel capolavoro sta dunque la rinuncia. La rinuncia a isolare e abbattere la quasi cinquantennale teocrazia di Teheran, direttamente implicata nei disegni di destabilizzazione più pericolosi dell’epoca, e noi qui a obiettare sulle mani pulite di Bin Salman, un ceffo regale che esprime comunque un paese che ha contratto da decenni l’ambiguo patto del denaro e delle riserve petrolifere con l’occidente, quello che Lyndon Johnson avrebbe chiamato un figlio di puttana sì, ma il nostro figlio di puttana. Moralismo, antiamericanismo, sussiego vecchia Europa, antisemitismo nella forma dell’antisionismo, odio e boicottaggio per Israele, mitizzazione della sua destra osservante e fanatica, sono le componenti decisive della ritirata, che apre il grande vuoto riempito dalla baldanza della guerra e del terrore, dell’assassinio e del martirio delle democrazie. Finché Ali Khamenei, la sua polizia morale che fa strage di donne e di civiltà, i suoi servizi che tessono la tela fino alla propaggine di Hamas, con l’ausilio dei dollari qatarioti, finché questi saranno al potere, speranza non c’è. Almeno lo si sappia, nel giorno in cui giustamente ci si ritrova per manifestare solidarietà e amore a un popolo che si batte per esistere e che gli aguzzini hanno aggredito con spavalderia e inaudita certezza del successo a cinquant’anni dalla guerra del Kippur.
L'articolo Il Demente collettivo proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
Gasdotto colpito in Finlandia. Nei mesi scorsi le manovre della flotta russa
Il presidente finlandese Sauli Niinistö ha denunciato “attività esterne” che sarebbero la causa del danneggiamento del gasdotto sottomarino Balticconnector, chiuso domenica a causa del timore di perdite, e di un cavo di telecomunicazioni che collegano la Finlandia (Paese entrato ufficialmente nella Nato nei mesi scorsi in risposta all’aggressione russa dell’Ucraina) e l’Estonia. Il luogo dell’interruzione è stato identificato, ha spiegato in una nota. Secondo l’operatore finlandese Gasgrid potrebbero volerci mesi o più per la riparazione. Intanto, ad Amsterdam si registra un rialzo del prezzo del gas.
LE INDAGINI
Il punto di perdita del gasdotto Balticconnector tra la Finlandia e l’Estonia si trova nell’area economica della Finlandia, ha spiegato il primo ministro Petteri Orpo. Secondo una prima valutazione, il danno non potrebbe essersi verificato a causa del normale utilizzo del gasdotto o dalle fluttuazioni della pressione, ha aggiunto Orpo. Le autorità finlandesi hanno avviato un’indagine che viene condotta dalla polizia criminale.
IL POSSIBILE SABOTAGGIO
Il calo della pressione “è stato piuttosto rapido, il che indicherebbe che non si tratta di una violazione di lieve entità”, ha spiegato una fonte all’agenzia Reuters. In precedenza anche l’agenzia Bloomberg aveva rilanciato l’indiscrezione di un sabotaggio: “L’indagine su una perdita dal gasdotto sottomarino tra la Finlandia e l’Estonia si svolge presupponendo che si sia trattato di un atto di distruzione deliberato, secondo persone a conoscenza della questione”, aveva scritto.
IL DIALOGO CON LA NATO
“Oggi ho parlato con Jens Stoltenberg, segretario generale della Nato”, ha aggiunto Niinisto. “La Nato è pronta a fornire assistenza nelle indagini”, ha spiegato ancora. “La Nato sta condividendo informazioni ed è pronta a sostenere gli alleati interessati”, ha scritto Stoltenberg su X. I primi sospetti puntano verso la Russia, alla luce dell’avvistamento nel Mar Baltico della nave oceanografica Sibiryakov, considerata in grado di condurre sorveglianza sottomarina, nei mesi scorsi.
Although much is to be determined, in mid-Sep @gapinskimj wrote in our Kaliningrad Military Digest about the Russian Sibiryakov hydrographic survey vessel’s movements near the Balticconnector. We’re not pointing fingers, but it’s highly likely that Russians surveyed the pipe. t.co/SWFfSWiyzu pic.twitter.com/6EyGQqDzL4— Konrad Muzyka – Rochan Consulting (@konrad_muzyka) October 9, 2023
UK Information Commissioner concerned about Snapchat chatbot’s privacy risks
The British Information Commissioner’s Office (ICO) issued a preliminary enforcement notice against Snapchat last Friday (6 October) due to the social platform possibly failing to assess the privacy risks of “My AI”, its artificial intelligence (AI) bot. My AI is...
La Nato continui a guardare a Sud. L’appello alla Farnesina
Le priorità e le sfide strategiche dell’Alleanza Atlantica a seguito del mutamento del quadro geopolitico internazionale sono rivolte anche a sud. Per farne fronte serve rivitalizzare gli sforzi di cooperazione con i Paesi a sud della Nato, attraverso tavoli di confronto già esistenti come il Mediterranean Dialogue and la Istanbul Cooperation Initiative.
Di questo si è discusso alla Farnesina, nell’ambito della conferenza “Nato 2023. Balancing priorities after the Vilnius Summit”, organizzata dalla Nato Defense College Foundation, in collaborazione con il ministero degli Esteri, il Nato Defense College, la Fondazione Compagnia di San Paolo e Elettronica S.p.A.. Un’iniziativa che ha visto confrontarsi, tra gli altri, il presidente della Nato Defense College Foundation, l’ambasciatore Alessandro Minuto-Rizzo, il presidente della commissione del Senato Politiche dell’Unione europea, l’ambasciatore e senatore Giulio Terzi di Sant’Agata; il rappresentante permanente italiano presso l’Alleanza Atlantica, Marco Peronaci; il presidente di Leonardo, Stefano Pontecorvo; il presidente del Gulf Research Center Abdulaziz Sager e il vice presidente e direttore esecutivo del German Marshall Fund degli Stati Uniti, Ian Lesser.
La dimensione meridionale
Africa, Medio Oriente, Paesi del Golfo e Indo-pacifico sono quadranti che hanno bisogno di trovare una maggiore inclusione nel quadro strategico della Nato post-Vilnius. Sulla dimensione meridionale dell’Alleanza, in particolare, sulla rivitalizzazione delle partnership con i Paesi Mena e dell’Indo-Pacifico, si è concentrato Ian Lesser ribadendo la rilevanza strategica dell’area e osservando l’affinità tra sud e nord globale in merito alla condanna all’invasione russa dell’Ucraina. Ciò, secondo Lesser, evidenzia la generale condivisione dei valori fondanti della comunità internazionale e rende ancora più opportuno creare un dialogo a livello politico.
Maggiore cooperazione tra Nato e Paesi del Golfo è stata auspicata anche da Abdulaziz Sager, presidente del Gulf Research Center. Sager ha sottolineato la valenza del framework Nato plus e la possibilità di inserire i Paesi del Golfo nel quadro di collaborazione strategica.
Dal Golfo al Sahel permangono fragilità preoccupanti, ha spiegato Aydin Kiliç, direttore del Nato Strategic Direction-South Hub del Nato Joint Force Command Naples. Complici la povertà dilagante e carestie, l’area può rappresentare una rilevante minaccia securitaria anche per l’Alleanza Atlantica. Kiliç ha messo in evidenza come la questione del cambiamento climatico nei Paesi che acquistavano il grano Ucraino prima della guerra, rischi di acuire le carestie e causare destabilizzazione politica, aumentando considerevolmente i flussi migratori verso i confini sud della Nato.
Disinformazione russa e comunicazione
L’importanza dei canali di comunicazione tra Nato e sud globale è stata ribadita dall’ambasciatore e senatore Giulio Terzi di Sant’Agata. L’ambasciatore ha ricordato come l’ingerenza russa abbia influito sui processi elettorali di tutta Europa, richiamando i Paesi alleati ad aumentare il proprio grado di attenzione in vista delle prossime elezioni europee. L’ambasciatore ha altresì sottolineato l’importanza di aumentare gli sforzi di comunicazione con i Paesi Mena e con i Paesi del Golfo, dove la propaganda russa anti-Nato continua a diffondersi.
Un tema condiviso anche da Florence Gaub, direttrice della Research Division del Nato Defense College. Il ruolo destabilizzatore della propaganda russa nel Sud Globale ci ricorda l’importanza da parte dei Paesi alleati di accrescere l’impegno diplomatico con i Paesi Mena e con i Paesi del Golfo, così da arginare l’influenza dei competitor strategici.
Cooperazione nel settore industriale
Il peso del settore industriale nel contribuire agli sforzi di difesa dell’Alleanza è stat0 ricordato da Giovanni Soccodato, Managing Director di Mbda Italia. Soccodato ha sottolineato l’importanza del programma della Nato per l’innovazione nel campo della difesa, Diana, in quanto iniziativa capace di sostenere le attività industriali favorendo l’innovazione e il cui acceleratore è ospitato nella città di Torino. “Servono requisiti e standard comuni. Dobbiamo essere uniti per potere mettere la nostra industria nelle migliori condizioni per guardare al futuro”, ha concluso Soccodato, rimarcando la valenza del coordinamento industriale tra gli alleati.
Florian Illies – L’amore al tempo dell’odio
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L'articolo Florian Illies – L’amore al tempo dell’odio proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
MYANMAR. Raid nel campo profughi, 29 morti tra cui 13 bambini
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Pagine Esteri, 10 ottobre 2023. Almeno 29 persone, tra cui 13 bambini, sono state uccise in un raid militare in un campo profughi per sfollati interni vicino al confine con la Cina, nel nord del Myanmar.
Il campo si trova nei pressi del quartier generale dell’Esercito dell’Indipendenza di Kachin, coinvolto in un conflitto decennale con l’esercito del Myanmar. Oltre alle vittime, circa 60 persone sono rimaste ferite. Il Myanmar vive una grave crisi interna da quando, a febbraio 2021, il colpo di stato dei militari ha scatenato una diffusa ribellione contro il regime.
Aung Myo Min, il ministro dei diritti umani del governo di unità nazionale (NUG), ha dichiarato che l’attacco e l’uccisione di civili inermi è stato un “crimine di guerra”.
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L'articolo MYANMAR. Raid nel campo profughi, 29 morti tra cui 13 bambini proviene da Pagine Esteri.
Italia e India giocano in Difesa. L’accordo Crosetto-Singh
I ministri italiano e indiano hanno rinnovato ieri sera l’accordo per la cooperazione nel settore della difesa, che era scaduto nel 2019 sulla scia delle tensioni tra i due Paesi dopo il caso dei due marò. Negli ultimi anni i rapporti bilaterali si sono rafforzati anche alla luce del mutato scenario internazionale dopo la pandemia, l’accresciuta assertività cinese e l’aggressione russa dell’Ucraina.
IL RILANCIO DEI RAPPORTI
Fino ad arrivare al marzo scorso, quando Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, in visita in India ha annunciato con il primo ministro Narendra Modi la decisione di elevare rapporti a partenariato strategico. Il giorno precedente (il 1° marzo) Sparkle, operatore globale del gruppo Tim, aveva avviato la posa del BlueMed, ramo dell’infrastruttura Blue Submarine Cable System, che renderà Genova un nuovo snodo per il traffico tra Europa, Africa, Medio Oriente e Asia collegando Italia, Francia, Grecia e Israele (Blue System) e Giordania, Arabia Saudita, Gibuti, Oman e India (Raman System). E non solo: poche settimane prima Matteo Perego di Cremnago, sottosegretario alla Difesa italiano, era volato a Bangalore per partecipare al salone Aero India e per incontrare gli omologhi e finalizzare il rinnovo dell’intesa.
L’ACCORDO RINNOVATO
Ieri, a Villa Madama, Guido Crosetto ha accolto l’omologo Rajnath Singh, primo di una serie di ministri indiani che sfileranno a Roma da qui alla fine dell’anno. Rinnovare l’accordo di cooperazione nella difesa “è importante al fine di instaurare un rapporto tra governi nei settori di reciproco interesse, per migliorare lo scambio di personale, tecnologie per la formazione, l’addestramento e le esercitazioni”, si legge in una nota della Difesa italiana. “Italia e India sono accomunate dal senso di rispetto verso gli altri Paesi della comunità internazionale”, ha dichiarato Crosetto. “La storia delle Nazioni e degli uomini è stata e continua ad essere cambiata da decisioni che si concretizzano rapidamente. La firma dell’accordo tra Italia e India ha un’alta valenza strategica per rilanciare i nostri proficui rapporti bilaterali, considerando anche il mutato scenario geopolitico di riferimento”, ha aggiunto.
GLI ALTRI DOSSIER
I due ministri hanno anche parlato di instabilità del Medio Oriente, alla luce dei recenti attacchi terroristici avvenuti in Israele e hanno condiviso la “forte attenzione” per la missione Unifil dove le due forze armate sono impegnate in maniera congiunta. Se per l’Italia la regione è parte del Mediterraneo allargato, ossia dell’area geostrategica di proiezione degli interessi italiani di politica estera, per l’India si tratta di una parte di mondo altrettanto importante; New Delhi è infatti acquirente del petrolio mediorientale e particolarmente interessa a progetti di collaborazione con i grandi attori regionali (per primo Israele). La cooperazione italo-indiana è strategica anche per quanto riguarda il continente africano, che sarà una delle priorità del G7 a presidenza italiana del 2024 (a cui l’India verrà con buona probabilità invitata come ospite) e di cui l’invito all’Unione africana a diventare membro permanente, con la creazione del formato “G21” durante il vertice dei Venti ospitato dall’India, è stato un antipasto. L’Africa sarà fondamentale nei prossimi 50 anni e anche più a lungo, e di progetti di collaborazione congiunta Italia-India nel Global South, si parlerà ancora, come scommette l’ambasciatore Vincenzo De Luca.
UN PONTE TRA MEDITERRANEO E INDO-PACIFICO
Ci sono vari settori e aree di mutuo interesse, di collaborazione economico-commerciale, e in materia di ricerca e sviluppo nel settore della difesa. “Il rinnovo dell’accordo è un chiaro segnale del rafforzamento delle relazioni reciproche tra le due Difese”, ha spiegato ancora Crosetto. “In un momento in cui la stabilità globale richiede un impegno congiunto è fondamentale investire per migliorare le relazioni con i Paesi che non fanno parte della Nato al fine di affrontare i problemi globali e le sfide emergenti. La distanza geografica tra il Mediterraneo e l’Indo-Pacifico è minore di quanto si possa immaginare ed è forte, invece, l’interconnessione tra le due regioni”, ha sottolineato ancora. Su questa interconnessione l’Italia sta lavorando da tempo come porta d’ingresso alla regione indo-pacifica (dove l’Oceano Indiano e il Mediterraneo allargato segnano una continuità di facies geostrategica attraverso il Mar Arabico, lo stretto di Bab el Mandeb, Mar Rosso fino a Suez). Su queste concettualizzazioni si basano progetti come il Corridoio economico India-Medio Oriente-Europa (Imec), presentato proprio durante il G20 indiano. Un insieme di collegamenti infrastrutturali e dunque geopolitici per connettere il Subcontinente con l’Occidente che diventano un “imperativo strategico” per l’Italia.
L’ITALIA NELL’INDO-PACIFICO
Il ministro della Difesa indiano ha invitato le forze armate italiane a partecipare a un’esercitazione congiunta con supporto logistico in India. L’Italia è impegnata attivamente in questo fondamentale quadrante strategico con le operazioni navali europee Eunavfor Somalia, l’operazione Atalanta (operazione di contrasto alla pirateria nell’Oceano Indiano) ed European Maritime Awareness – Stretto di Hormuz (Emasoh). Tutte missioni che puntano a sviluppare cooperazioni strutturate con quei Paesi dell’area con cui vi è comunanza di interessi e di valori. Inoltre, il pattugliatore Morosini ha appena concluso una campagna navale in questo settore strategico, dove ha svolto attività addestrativa con i principali Paesi dell’area. Infine, nell’agosto scorso, unità e personale dell’Aeronautica militare sono state impegnate nell’area dell’Indo-Pacifico, in attività addestrative congiunte con i colleghi giapponesi. La nota diffusa dalla Difesa italiana non ne fa menzione, ma è prevista tra la fine dell’anno in corso e l’inizio di quello prossimo la missione della squadra della portaerei Cavour, comprensiva anche di almeno quattro unità di scorta e appoggio, nell’Indo-Pacifico.
GLI ALTRI IMPEGNI DI SINGH
Prima di partire in direzione Parigi, Francia, il ministro Singh ha incontrato nella mattinata di martedì i vertici delle aziende italiane della difesa e si è recato in Umbria, a Montone, per partecipare a una cerimonia commemorativa A luglio, infatti, è stato inaugurato il memoriale di guerra dedicato al soldato indiano Yeshwant Ghadge, combattente tra le file degli alleati nel luglio 1944 nelle campagne arietane insignito della Victoria Cross alla memoria.
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LIVE. GAZA/ISRAELE. Giorno 4: “Aprite un corridoio umanitario per portare medicine nella Striscia”
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di Eliana Riva –
Pagine Esteri, 10 ottobre 2023. Da quando, sabato 7 ottobre, Hamas ha attaccato Israele mentre festeggiava lo You Kippur, cogliendolo di sorpresa esattamente come accaduto 50 anni fa con l’iniziativa militare di Egitto e Siria, il numero di morti e le notizie di distruzione non hanno fatto che rincorrersi e aumentare.
Dopo lo sgomento iniziale, le notizie del massacro del deserto del Negev, dove sono stati uccisi e fatti prigionieri centinaia di ragazzi e ragazze che partecipavano a un festival di musica techno, hanno cominciato a diffondersi. Hamas ha preso il controllo di diverse località israeliane nei pressi del confine con la Striscia di Gaza e prima di ingaggiare violenti scontri a fuoco con i militari israeliani, ha fatto molte vittime tra i civili. Sono 900 gli israeliani uccisi. Più di 100 gli ostaggi portati all’interno della Striscia. Solo ieri sono stati scoperti i cadaveri di un centinaio di persone all’interno di un piccolo Kibbutz.
La risposta israeliana è stata un crescendo di violenza. Mentre i militari combattevano con gli uomini di Hamas per riprendere il controllo delle località vicine alla Striscia, aerei, elicotteri e droni hanno cominciato a bombardare Gaza. Le bombe e i missili hanno colpito in maniera indiscriminata palazzi civili, strutture governative, scuole e moschee. Più di 700 palestinesi sono morti. Tra di loro almeno 140 bambini. Alcuni giornalisti risultano tra le vittime. Decine di migliaia di soldati israeliani sono stati inviati ai confini con Gaza e i riservisti sono stati richiamati, pronti per una guerra che non si è per nulla certi rimarrà circoscritta al territorio della Palestina storica.
Infatti, durante uno scambio a fuoco tra l’esercito e alcuni combattenti che sarebbero entrati dal Libano in supporto ai gruppi armati palestinesi, Israele ha lanciato un attacco all’interno del territorio libanese, uccidendo 4 membri di Hezbollah e ferendo alcuni membri dell’esercito regolare.
Il Ministro dell’Educazione libanese, Abbas Halabi, ha ordinato per oggi, martedì, la sospensione delle lezioni nelle scuole pubbliche e private. Alcuni video mostrano decine di ambulanze che da Beirut si sarebbero mosse verso il sud, dove si sono preparati anche centinaia di uomini di Hezbollah.
Ieri il Ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, ha imposto l’assedio totale di Gaza, con l’ordine di tagliare l’elettricità e di non far entrare cibo né acqua né gas. “Siamo di fronte a degli animali umani e ci comportiamo di conseguenza”, ha detto. Ma a Gaza vivono 2 milioni e 300 mila persone, con una densità abitativa impressionante: la popolazione è sotto assedio dal 2007, è un’enclave chiusa in cui è difficile entrare e complicato uscire, perché le autorità israeliane controllano gli accessi. Non solo quelli delle persone ma anche di generi alimentari, di acqua, di materiale per la ricostruzione dopo i tutt’altro che rari bombardamenti. Migliaia di persone si sono rifugiate in 83 scuole dell’UNRWA, gli sfollati sono 180.000 secondo l’agenzia ONU che si occupa dei rifugiati palestinesi, ma il numero continua a crescere vertiginosamente. Come quello dei morti: ieri è stato bombardato il mercato del popoloso campo profughi di Jabalia, causando una strage di civili: 50 le vittime. Intere famiglie stanno morendo sotto le macerie delle proprie abitazioni, come quella di Abu Quta: 19 membri, tra cui bambini, sono stati ritrovati cadaveri.
Latest SitRep on situation in the📍#GazaStrip ⬇️🔺Mass displacement escalated in past 24 hours across the Gaza Strip, reaching 180,000 people – expected to increase further.
🔺 137,500 people sheltering in 83 @UNRWA schools, bread distributed with @WFPt.co/qRxOjLlxuV pic.twitter.com/5U7KAr8Rvx
— UNRWA (@UNRWA) October 10, 2023
Ma questa volta è diversa dalle altre: l’attacco a Gaza è “senza precedenti”, come ha dichiarato lo stesso primo ministro Benjamin Netanyahu, aggiungendo che i bombardamenti sono “solo cominciati” e che la risposta di Israele all’attacco di Hamas “cambierà il Medio Oriente”.
Secondo alcune fonti giornalistiche nelle località a sud di Israele si contano i cadaveri di circa 1.500 combattenti di Hamas e della Islamic Jihad, morti durante i combattimenti con l’esercito israeliano.
La condanna internazionale, quella occidentale perlomeno è giunta presto per Hamas e la sua violenza. Ma le reazioni sono state e sono tuttora diverse per le centinaia di morti civili a Gaza. Gli Stati Uniti di Joe Biden hanno affermato con forza e più volte ripetuto il totale e indiscusso sostegno a Netanyahu, non solo morale ma anche e soprattutto militare. Gli USA, infatti, incendiano ulteriormente gli animi dell’intera regione annunciando, ieri, l’invio di armi, mezzi e munizioni a Israele. “Il governo israeliano ha chiesto un’assistenza militare specifica aggiunta” ha dichiarato il Segretario di Stato Antony Blinken. Un passo che va nella direzione esattamente opposto al processo di normalizzazione intrapreso nella regione.
Ieri ha preso parola anche il presidente russo Vladimir Putin, condannando la violenza di entrambe le parti: “sia contro gli ebrei che contro i palestinesi di Israele e quelli dei Territori Occupati”. Putin si è detto “estremamente preoccupato” che la violenza possa degenerare in un conflitto più ampio in Medio Oriente e insieme al suo Ministro degli Esteri Sergei Lavrov ha criticato l’approccio degli Stati Uniti e dell’Occidente che hanno “ignorato la necessità di uno Stato palestinese indipendente” e che condannano semplicemente gli attacchi di Hamas senza pensare alla causa dell’instabilità, che è l’occupazione della Palestina.
Il governo austriaco ha fatto sapere che sospenderà gli aiuti economici destinati ai palestinesi (circa 20 milioni di dollari). La Germania ci sta pensando e l’Unione Europea si dimostra divisa e confusa: dopo la decisione dell’Austria l’EU ha ieri dichiarato di essere pronta allo stesso passo, salvo poi fare marcia indietro. “Nessun pagamento era previsto, dunque non ci sarà una sospensione”, è stata la nota emessa. I fondi risultano ora “in revisione”. Ma la questione rimane aperta e divide l’Unione: gli Stati membri non sarebbero stati consultati e alcuni leader europei, tra i primi quello spagnolo, pongono dubbi sulla legittimità di una decisione unilaterale.
The scale of terror and brutality against #Israel and its people is a turning point.There can be no business as usual.
As the biggest donor of the Palestinians, the European Commission is putting its full development portfolio under review, worth a total of EUR 691m
⤵️— Oliver Varhelyi (@OliverVarhelyi) October 9, 2023
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In Cina e Asia – Xi: "Le relazioni tra Cina e Usa determineranno il destino dell’umanità”
Xi: "le relazioni tra Cina e Usa determineranno il destino dell’umanità”
Veicolo attacca il consolato cinese a San Francisco prima della possibile visita di Xi
Il Pensiero di Xi Jinping raggiunge la sfera culturale
Chip war: via libera all’export di tecnologie Usa per le coreane Samsung e Sk Hynix
Le fabbriche cinesi si spostano nelle province interne
Studio americano: un blocco cinese di Taiwan avrebbe conseguenze economiche peggiori del Covid
L'articolo In Cina e Asia – Xi: “Le relazioni tra Cina e Usa determineranno il destino dell’umanità” proviene da China Files.
PRIVACYDAILY
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La privacy? Un concetto obsoleto. Il video di morrolinux su alcune delle più inquietanti vicende che riguardano privacy e BigTech
Il video di @morrolinux è stato pubblicato su YouTube (in attesa di poterlo vedere sul suo canale Peertube)
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Da quest'anno tutela assicurativa a 360 gradi per gli studenti e il personale...
Da quest'anno tutela assicurativa a 360 gradi per gli studenti e il personale scolastico.
Perché la cura del futuro inizia dai banchi di #scuola.
Informati sui siti istituzionali del MIM e del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
Ministero dell'Istruzione
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La guida base alle funzioni di Friendica: primi passi, nozioni di base,avvio rapido per nuovi utenti, creazione di post, il BBCode, il calendario eventi e le interazioni
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Come installare Friendica sul Synology: la guida passo passo di Marius Bogdan Lixandru per installare Friendica sul tuo Synology NAS utilizzando Docker & Portainer
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Tra antiamericanismo e antisionismo, i distinguo finto pacifisti sono destinati a crescere
Non si sono appassionati alla causa del popolo afghano, stritolato dalle spire del fondamentalismo talebano. Non hanno battuto ciglio in difesa delle donne iraniane, che al grido “donna, vita, libertà” sfidano le rappresaglie dei mullah. Non hanno versato una lacrima né speso una parola per i cristiani armeni massacrati e infine cacciati dal Nagorno-Karabakh dalle milizie azere sostenute dalla Turchia. Sono gli stessi che giustificarono gli attentati dell’11 settembre 2001, gli stessi che giustificano l’invasione russa dell’Ucraina. Sono i “pacifisti” italiani. Qualche organizzazione cattolica, alcune frange dell’estrema destra e un’ampia costellazione di associazioni, partiti e personalità di sinistra. Li accomuna una miscela ideologica fatta di antiamericanismo e anticapitalismo, di cui l’antisionismo rappresenta la logica conseguenza. Figurarsi se li vedremo schierarsi anima e corpo in difesa del diritto all’esistenza dello Stato di Israele, figurarsi se li sentiremo condannare senza se e senza ma le barbarie di Hamas…
I presupposti già ci sono. Forte dell’ecumenismo Vaticano, il capo dei grillini Giuseppe Conte lamenta “la sconfitta della politica” senza mai pronunciare la parola Hamas. L’Arci si spinge oltre: non pronuncia neanche la parola Israele, sostituita con un malevolo “entità sionista”. Fgci, Giovani comunisti, Potere al popolo e Prc sono esplicitamente schierati con il “popolo palestinese”, ingenuamente identificato con Hamas. L’Anpi invoca l’intervento dell’Onu, Amnesty Italia mette “le forze armate israeliane e i gruppi armati palestinesi” sullo stesso piano.
La segretaria del Pd Elly Schlein e quello della Cgil Maurizio Landini sono stati più coraggiosi e hanno esplicitamente condannato l’attacco terroristico di Hamas. Ma quanto durerà? C’è da credere che non appena si dispiegherà l’offensiva israeliana e il variegato mondo della sinistra estrema griderà con ancor più forza al massacro dei civili palestinesi, le posizioni di Pd e Cgil subiranno una torsione. Cominceranno i distinguo, quelli cui abbiamo già assistito sulla guerra in Ucraina. Guerra sempre più impopolare tra l’opinione pubblica italiana e, in generale, occidentale. Il governo Meloni si troverà allora in una condizione non facile: difendere il diritto ed esistere del popolo ucraino così come di quello israeliano, mentre l’antiamericanismo, l’anticapitalismo e l’antisionismo si salderanno tra loro e si uniranno ad una quota crescente di cittadini italiani indifferenti. Quelli che Dante chiamava ignavi.
Per Giorgia Meloni non sarà facile, ma sarà doveroso, puntare i piedi e tenere il punto senza arretrare. In gioco non c’è solo il destino di Israele né solo quello dell’Ucraina: in gioco ci sono i valori liberali e democratici su cui si fonda la nostra identità occidentale.
Formiche.net
L'articolo Tra antiamericanismo e antisionismo, i distinguo finto pacifisti sono destinati a crescere proviene da Fondazione Luigi Einaudi.
Moderazione del Fediverso: moderazione dei contenuti sui social media distribuiti. Il saggio di Alan Z. Rozenshtein pubblicato l'anno scorso sul Minnesota Legal Studies Research Paper No. 23-19
Riportiamo il sunto della pubblicazione (qui è possibile scaricare la monografia completa) di @Alan Rozenshtein
Gli attuali approcci alla moderazione dei contenuti generalmente presuppongono il continuo predominio dei "giardini recintati": piattaforme di social media che controllano chi può utilizzare i loro servizi e come. Ma una forma emergente di social media decentralizzati – il "Fediverse" – offre un modello alternativo, più simile a come funziona l'e-mail e che evita molte delle insidie della moderazione centralizzata. Questo saggio, che si basa su una letteratura emergente sui social media decentralizzati, cerca di dare una panoramica del Fediverso, dei suoi vantaggi e svantaggi e di come l'azione del governo può influenzare e incoraggiare il suo sviluppo.1. La prima parte descrive il Fediverso e come funziona, iniziando con una descrizione generale dei protocolli aperti rispetto a quelli chiusi e procedendo poi a una descrizione dell'attuale ecosistema Fediverso, concentrandosi sui suoi principali protocolli e applicazioni.
2. La seconda parte esamina la questione specifica della moderazione dei contenuti sul Fediverso, utilizzando Mastodon, un servizio di microblogging simile a Twitter, come caso di studio per delineare i vantaggi e gli svantaggi dell'approccio federato di moderazione dei contenuti rispetto all'attuale modello dominante di piattaforma chiusa.
3. La terza parte considera come i responsabili politici possono incoraggiare il Fediverso, sia attraverso la regolamentazione diretta, l'applicazione delle norme antitrust o gli scudi di responsabilità.
#Fediverso #Mastodon #moderazione #socialmedia #Section230 #interoperabilità
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La super portaerei Uss Ford a difesa di Israele. La decisione del Pentagono
Il gruppo portaerei della Marina degli Stati Uniti della Uss Gerald R. Ford ha ricevuto l’ordine di dirigersi verso il Mediterraneo orientale per mettersi a disposizione di Israele nell’assisterla a resistere all’attacco a sorpresa lanciato da Hamas. La decisione è stata confermata dal segretario alla Difesa statunitense Lloyd Austin. Lo Uss Ford, la più moderna e avanzata portaerei della Us Navy, ha a bordo circa cinquemila militari, tra marinai e marines, oltre ad ospitare svariate decine di mezzi aerei da combattimento e supporto. Il Ford sarà accompagnato dai suoi incrociatori e cacciatorpediniere di scorta, in una dimostrazione di forza che non lasci dubbi sul coinvolgimento Usa a sostegno di Tel Aviv. Il gruppo portaerei è, da solo, pronto a rispondere a qualsiasi evenienza, dall’interdizione di armi potenzialmente dirette a Hamas alla sorveglianza delle acque e dei cieli israeliani.
Uss Gerald R. Ford
La superportaerei a propulsione nucleare è lunga 333 metri, è alta 76 metri e pesa circa centomila tonnellate. Oltre a un equipaggio di quasi cinquemila persone, trasporta a bordo novanta velivoli da combattimento, tra caccia, aerei da trasporto e sorveglianza aeronavale ed elicotteri. Non è un caso che questo tipo di unità, le più grandi esistenti sul pianeta, siano la spina dorsale della proiezione di potenza degli Stati Uniti a livello globale. Una sola di queste navi, infatti, è capace di esprimere un potere di combattimento superiore a quello di numerosi Stati. La classe Ford, di cui l’unità diretta nel Mediterraneo orientale è la capoclasse, è entrata in servizio nel 2017, dopo circa sei anni dall’ordine, rimpiazzando dopo mezzo secolo di onorato servizio la Uss Enterprise. Di questa classe sono previste ulteriori tre navi, la Uss John F. Kennedy, che nel 2024 rimpiazzerà la Uss Nimitz, la nuova Uss Enterprise, destinata a sostituire nel 2025 la Uss Eisenhower, e la Uss Doris Miller.
Il gruppo portaerei
Insieme al Ford, gli Stati Uniti invieranno l’incrociatore Uss Normandy, i cacciatorpediniere missilistici guidati della classe Arleigh-Burke Uss Thomas Hudner, Uss Ramage, Uss Carney e Uss Roosevelt e potenzieranno gli squadroni di caccia F-35, F-15, F-16 e A-10 dell’Usaf già schierati nella regione vicino orientale. “Gli Stati Uniti mantengono forze pronte a livello globale per rafforzare ulteriormente questa posizione di deterrenza, se necessario”, ha dichiarato il segretario Austin commentando sull’invio del gruppo del Ford. Il gruppo portaerei, solitamente di stanza a Norfolk, in Virginia, si trova già nel Mediterraneo, dove la scorsa settimana ha condotto insieme alla nostra Marina militare delle esercitazioni nel mar Ionio. Per la portaerei si tratta del suo primo dispiegamento operativo dall’ingresso in linea con la flotta a stelle e strisce, e questo invio improvviso sottolinea l’importanza per gli Usa di non distogliere lo sguardo dal Mediterraneo.
Aiuti e munizioni
Oltre all’invio del gruppo portaerei, l’amministrazione Usa si è detta pronta a fornire “rapidamente alle Forze di difesa israeliane ulteriori attrezzature e risorse, comprese le munizioni”. Il primo blocco di aiuti di difesa e sicurezza si è già mosso da ieri, e dovrebbe raggiungere Israele in poco tempo, ha spiegato sempre il segretario Austin. “Il rafforzamento della nostra postura congiunta, unito al supporto materiale che forniremo a Israele, sottolinea il solido sostegno degli Stati Uniti alle Forze di difesa di Israele e al popolo israeliano”, ha concluso Austin.
La Turchia proroga l’occupazione della Siria del Nord. Bombe sui curdi
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di Redazione –
Pagine Esteri, 9 ottobre 2023 – La nuova offensiva militare aerea lanciata dalla Turchia contro obiettivi curdi in territorio siriano, dopo l’attacco realizzato il primo ottobre da alcuni militanti del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) contro il ministero dell’Interno ad Ankara è stata l’occasione, da parte del regime turco, per confermare l’occupazione del nord della Siria.
Nei mesi scorsi Ankara e Damasco, anche grazie alla mediazione interessata di Mosca e Teheran (sostenitrici del regime siriano ma anche interessate a rafforzare le relazioni con la Turchia, con la quale hanno un rapporto di competizione) avevano intavolato delle conversazioni volte a iniziare un processo di normalizzazione delle relazioni.
A provocare uno stallo nei negoziati era stata però la presenza di contingenti e basi militari della Turchia nel Nord della Siria, che ovviamente il governo di Damasco considera illegali. La Siria continua a porre come precondizione a ogni normalizzazione dei rapporti il ritiro dal proprio territorio delle forze militari turche e delle milizie ad esse affiliate, come quelle dell’Esercito nazionale siriano, fondato nel 2017 da Ankara e costituito per lo più da arabi e turcomanni.
Da parte sua il regime di Erdogan ritiene l’occupazione del nord della Siria una “misura necessaria” per tutelare la propria sicurezza, affermando ad esempio che i due autori dell’attacco di inizio ottobre, provenienti dai territori siriani del Rojava controllati dalle Forze Democratiche, coalizione di gruppi egemonizzata dai movimenti curdi vicini al PKK come il Partito dell’Unione Democratica (Pyd) e le Unità di protezione del popolo (Ypg).
Stamattina un bombardamento condotto dalla Turchia contro un presunto centro di addestramento delle Forze di sicurezza interna Asayish, legate all’Amministrazione autonoma del nord e dell’est della Siria nel governatorato di Al Hasakah, avrebbe provocato una ventina di vittime.
Giusto la scorsa settimana il Parlamento turco ha ratificato la decisione del presidente Erdogan di prolungare di altri due anni – finora il rinnovo era stato sempre annuale – la missione di occupazione del nord della Siria e la presenza di truppe di Ankara nel nord dell’Iraq.
In Siria si aggravano le condizioni di milioni di persone alle prese con una ricostruzione lentissima – rallentata ulteriormente dall’embargo occidentale nei confronti di Damasco – e con l’aumento dei prezzi dei carburanti e dei generi alimentari.
Nel frattempo in alcune aree del nord a ridosso del confine con la Turchia si sono intensificati gli scontri tra l’esercito siriano e milizie jihadiste come Ansar al Tawhid e Hayat Tahrir al Sham; nel governatorato di Idlib, in particolare, l’aviazione russa ha ricominciato a martellare le postazioni delle milizie vicine ai gruppi fondamentalisti. La scorsa settimana un attentato jihadista ha fatto strage ad Homs di cadetti dell’esercito durante una cerimonia di premiazione.
Negli ultimi mesi, poi, anche l’amministrazione statunitense ha di nuovo aumentato la presenza militare in Siria a sostegno delle Forze Democratiche Siriane. La coalizione a guida curda nelle scorse settimane ha arrestato il capo del Consiglio militare di Deir ez Zor, Ahmed al Khabil (appartenente ad un potente clan tribale locale) provocando una ribellione armata di alcune milizie arabe locali. I combattimenti sono cessati quando il comandante delle Fds, Mazloum Abdi, ha accettato di aumentare la rappresentanza delle tribù arabe della regione nelle istituzioni civili e militari controllate dall’Amministrazione autonoma del nord e dell’est. Ma nuove proteste sono esplose dopo la decisione delle istituzioni locali di aumentare i prezzi dei carburanti.
Infine nel sud della Siria, nel governatorato di Suwayda (adiacente alle alture del Golan, occupate e annesse da Israele dopo la guerra del 1967) continuano le proteste della locale comunità drusa che, scesa in piazza inizialmente per motivazioni economiche, chiede ora una transizione politica a Damasco e maggiore autonomia. Il 13 settembre due capi religiosi della comunità drusa hanno espresso il proprio sostegno alle manifestazioni, così come il governo degli Stati Uniti che ha organizzato un incontro tra alcuni emissari di Washington e alcuni rappresentanti delle tribù impegnate nella protesta. – Pagine Esteri
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Tornado, F-16, Rafale, Mirage. Ecco l’Italia al Nato Tiger Meet 2023
Dopo 35 anni l’Italia torna ad ospitare il Nato Tiger Meet che annualmente dal 1960 fa interagire i Gruppi di Volo delle diverse Forze Armate dell’alleanza. Dalla base di Gioia del Colle in Puglia caccia ed elicotteri di 10 Paesi Nato sono i protagonisti di un’esercitazione che si svolge in un momento geopolitico particolarissimo, caratterizzato dagli effetti della guerra in Ucraina, dalla presenza di mezzi navali non Nato nel Mediterraneo e dal conflitto scoppiato due giorni fa in Israele dopo gli attacchi di Hamas.
Tiger
70 aeromobili ad ala fissa, 10 ad ala rotante e unità navali fino al prossimo 13 ottobre opereranno in acque internazionali, mar Tirreno, canale di Sicilia e mar Ionio: l’Italia, anche in concomitanza con i festeggiamenti per il centenario dell’Aeronautica Militare, partecipa con i Typhoon assieme a Tornado, F-16, Rafale, Mirage. Le operazioni si stanno svolgendo nello spazio aereo di Puglia, Calabria e Basilicata con l’obiettivo di perfezionare l’interoperabilità degli assetti in missioni di difesa e interdizione aerea, di supporto a truppe a terra (Close Air Support – CAS) o di ricerca e recupero di personale in ambiente ostile (Personnel Recovery-PR). Tale addestramento in gergo viene chiamato Large Force Employment (LFE).
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Perché in Italia
“Dopo 35 anni abbiamo organizzato questa esercitazione internazionale in Italia con un ritorno addestrativo elevatisismo – spiega il Maggiore Emanuele Fumanti, comandante del XII Gruppo Caccia Intercettori, gruppo di volo che fa parte del 36º Stormo di stanza a Gioia del Colle – con un grandissimo numero di assetti. Siamo 70 velivoli su 19 gruppi Tiger, ovvero quei gruppi che hanno come logo una tigre. In base al piano quinquennale stabilito dai comandanti dei gruppi Tiger, il 2023 è stato l’anno dell’Italia: la coincidenza con il centenario ci ha fatto molto piacere ma non è stato voluto”.
Tra Ucraina e Israele
L’esercitazione si inserisce in un peculiare contesto geopolitico dove, accanto alla guerra in Ucraina, si segnalano l’iperattivismo russo nel Mediterraneo allargato e l’attacco di Hamas contro Israele che comunque rientra nel cono di interesse geopolitico di Ue e Nato. In primis va segnalata l’iniziativa di Mosca in Libia dove interloquisce con il generale Khalifa Haftar per ottenere i diritti d’attracco ai porti della Cirenaica. Un elemento, questo, che avrebbe come prima conseguenza il potenziamento oggettivo della capacità militare russa nel Mare Nostrum con un tentativo di interferenza con le attività della Nato: appare di tutta evidenza che il ruolo dei porti libici, vicinissimi al canale di Sicilia e al Mar Adriatico, è strategico per Putin.
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Russi nel Mediterraneo
In secondo luogo, sono stati numerosi i passaggi di navi militari e sottomarini russi al largo delle coste pugliesi e calabresi: nel giugno 2022 l’incrociatore “Varyag” transitò a circa 150 miglia dal golfo di Taranto, in acque internazionali, per poi dirigersi verso Creta. In quei giorni c’era un totale di 18 navi militari russe nel Mediterraneo, più due sommergibili.
Lo scorso maggio ancora la presenza della flotta russa al largo di Puglia e Calabria, con la fregata Ammiraglio Gorshkov, armata con i missili ipersonici Zircon che volano a 10 mila chilometri orari. Pochi giorni fa l’ultimo avvistamento: il sottomarino russo Krasnodar, classe Kilo, dopo due anni di attività dalla base siriana di Tartous è passato dall’Italia con destinazione Gibilterra a raggiungere i porti del Baltico.
RECs: a Comparative Study Towards the EU Green Deal
Volume Presentation
Introductory Remarks
Speakers
Antonios Nestoras, Deputy Executive Director European Liberal Forum, Belgium
Fjona Merkaj, Project Officer European Liberal Forum, Belgium
Renata Gravina, Researcher Fondazione Luigi Einaudi, Italy
Moderators
Francesco Cappelletti, Policy and Research Officer European Liberal Forum, Belgium
Zina Zlatanova, President Liberal Institute for Political Analysis, Bulgaria
Speakers
Simona Benedettini, Energy Independent Consultant Fondazione Luigi Einaudi, RECs project leader, Italy
Ricardo Silvestre, Energy Expert Social Liberal Movement, Portugal
Gero Scheck, Professor Friedrich Naumann Foundation, Germany
Slavtcho Neykov, Energy Management Institute Liberal Institute for Political Analysis, Bulgaria
Discussants
Franco Becchis, Scientific Director Turin School of Regulation, DiRe, Foundation for the Environment, Italy
Andrea Sbandati, Environmental Economics Consultant Confservizi Cispel, Italy
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PPAs: a Comparative Study Towards the EU Green Deal
Volume Presentation
Introductory Remarks
Speakers
Goran Neralić, Head of Projects, European Liberal Forum, Belgium
Fjona Merkaj, Project Officer, European Liberal Forum, Belgium
Renata Gravina, Researcher, Fondazione Luigi Einaudi, Italy
Moderators
Roxana Nicula, President Fundación para el Avance de la Libertad, Spain
Márton Schlanger, Researcher Republikon, Hungaria
Speakers
Simona Benedettini, Energy Independent Consultant
Fondazione Luigi Einaudi, PPAs project leader, Italy
Ricardo Silvestre, Energy Expert Social Liberal Movement, Portugal
William Hongsong Wang, Professor Fundación para el Avance de la Libertad, Spain
Gero Scheck, Professor Friedrich Naumann Foundation, Germany
Tamás Babicz, Energy Expert Indítsuk Be, Hungary
Discussants
Gianni Bessi, President at Confservizi Emilia
Chicco Testa, President at Assoambiente
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FLE Towards the EU #GreenDeal
Online Meeting with the Media
Speaker
Simona Benedettini, Energy Independent Consultant Fondazione Luigi Einaudi, PPAs project leader, Italy
With
Agence Europe
Euractive.com
Euractiv.it
Contexte.com
EUObserver
EUnews
GEA agenzia
Dire Agenzia
Moderator
Alessio Pisanò, Journalist and Director Total EU, Belgium
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PPAs and Energy Communities: Opportunities and Challenges for Europe
Saluti introduttivi del Sen. Giulio Terzi di Sant’Agata
Speakers
Andrea Cangini, Secretary General Luigi Einaudi Foundation
Marco Mariani, Vice President European Liberal Forum
Antonios Nestoras, Deputy Director, European Liberal Forum
Gilberto Pichetto Fratin, Italian Minister for the Environment and Energy Security
Tsvetelina Penkova, Member of the European Parliament S&D Group
Nicola Monti, CEO at Edison
Paolo Arrigoni, President at GSE
Chicco Testa, President at Assoambiente
Francesco Grillo, President at Vision and convenor of the Dolomite Conference on Climate Change
Moderator
Simona Benedettini, Energy Independent consultant Luigi Einaudi Foundation’s project leader
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“Festival del Metaverso”
Domani 10 ottobre alle 12.30 avrò il piacere di intervenire al Festival del Metaverso per discutere di VR, Ai e data protection . Qui tutte le informazioni all’evento www.festivalmetaverso.it
Maronno Winchester reshared this.
È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione e del Merito.
Ministero dell'Istruzione
#NotiziePerLaScuola È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione e del Merito.Telegram
Carriere, una firma per separarle
Una raccolta di firme a favore della separazione delle carriere tra magistratura giudicante e magistratura requirente.
La promuoviamo indipendentemente dalla sorte delle proposte di legge in discussione in Parlamento delle quali, sia chiaro, ci auguriamo una rapida approvazione.
Poiché la sorte di una battaglia di civiltà quale la separazione delle carriere non può essere affidata alla contingenza del momento politico, vogliamo consentire a coloro che intendono dare corpo a questa epocale riforma di farlo mettendo la propria firma sotto questo appello.
La Fondazione Luigi Einaudi da tempo si è intestata questa battaglia di libertà, in coerenza con quanto scriveva Giovanni Falcone: “Il P.M. non deve avere nessun tipo di parentela con il giudice e non deve essere, come invece oggi è, una specie di paragiudice. Chi, come me, richiede che [Giudice e P.M.] siano, invece, due figure strutturalmente differenziate nelle competenze e nella carriera, viene bollato come nemico dell’indipendenza del Magistrato, un nostalgico della discrezionalità dell’azione penale, desideroso di porre il P.M. sotto il controllo dell’Esecutivo.”
Siamo convinti che la maggioranza dei cittadini italiani la pensi come noi, ma siamo ancor più convinti che, indipendentemente dai numeri, le sfide in cui si crede vadano condotte fino in fondo.
Coloro che giudicano, coloro che accusano e coloro che difendono nel processo penale devono essere parti distinte e distanti tra loro.
Lo sosteniamo perché crediamo che l’individuo, il cittadino, debba essere al centro della società. Non ci interessano le sorti personali di giudici, magistrati, o avvocati. Sono addetti ai lavori della e per la Giustizia. Vanno rispettati per questo, ma nessuno di loro può pensare di essere custode di qualsivoglia etica pubblica.
Chi è d’accordo con i nostri principi, aderisca a questo appello, i cui primi firmatari sono da sempre portabandiera delle iniziative più garantiste di questo nostro Paese.
Firma la petizione
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Apertura delle iscrizioni alla Scuola di Liberalismo 2023 di Messina
Il corso, che tratterà, principalmente, delle opere degli autori più rappresentativi del pensiero liberale, si articolerà in 15 lezioni erogate in modalità telematica e/o in presenza.
Le iscrizioni alla Scuola sono gratuite.
L’intero corso si svolgerà, di norma, secondo l’allegato calendario delle lezioni dalle ore 17.00 alle ore 18.30.
Ai frequentanti i 2/3 delle lezioni sarà rilasciato un attestato di partecipazione.
Si informa che è stato richiesto al Senato Accademico dell’Università degli stdi di Messina il riconoscimento agli studenti di 0,25 CFU per la partecipazione ad ogni lezione del corso.
Si informa, altresì, che è stato, anche, richiesto al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Messina il riconoscimento di crediti formativi per gli avvocati partecipanti alle lezioni della Scuola.
Vai alla pagina di iscrizione, click qui
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Il calcio in Asia orientale: meglio se donna
Il calcio femminile in Asia orientale non è solo un gioco. In alcuni casi diventa un palliativo per tifosi frustrati dalle delusioni delle nazionali maschili. E talvolta si fa carico di esigenze identitarie e slanci nazionalisti, anche in paesi in cui la parità di genere è distorta in molti aspetti della vita quotidiana. Un estratto dall’ultimo e-book di China Files su Sport e Politica (per sapere come ottenerlo, clicca qui)
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Ministero dell'Istruzione
#NoiSiamoLeScuole la scorsa settimana ha raccontato la Scuola primaria “Enrico Medi” di Macerata, che sarà demolita e ricostruita grazie alla linea di investimento dedicata dal PNRR alla costruzione di 212 Nuove Scuole sicure, inclusive, innovative e…Telegram
Il servizio di streaming DAZN ha impiegato quasi cinque anni per rispondere a una semplice richiesta d'accesso Secondo il GDPR, le aziende hanno un mese di tempo per rispondere alle richieste di accesso. DAZN ha impiegato quasi cinque anni
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Gatta Cikova
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