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Francesca Fornario* Caro direttore, i razzi lanciati in poche ore dal governo di …. su un lembo di terra dove vivono ammassati oltre 2 milioni di perso


Laura Tussi*   In Foto: mosaico di disegni di mia mamma Angela che soffre di demenza senile. MEI - Meeting Artisti e Etichette Indipendenti presen


Manifestarsi


In Francia e in Germania hanno proibito le manifestazioni a favore della causa palestinese. Sono manifestazioni che utilizzano il popolo palestinese quale ostaggio verbale, come Hamas lo usa quale ostaggio materiale. Alla Fiera di Francoforte hanno deciso

In Francia e in Germania hanno proibito le manifestazioni a favore della causa palestinese. Sono manifestazioni che utilizzano il popolo palestinese quale ostaggio verbale, come Hamas lo usa quale ostaggio materiale. Alla Fiera di Francoforte hanno deciso di sospendere la consegna di un riconoscimento a una scrittrice palestinese, conosciuta per le sue tesi anti israeliane. Si tratta di due errori. Le manifestazioni non si proibiscono (salvo che non ricorrano specifici problemi di ordine pubblico) e i premi assegnati si consegnano (semmai interrogandosi sui criteri d’assegnazione). Il perché non si trova soltanto nel generico e pur importante fatto che noi siamo il mondo libero e difendiamo la libertà dei nostri avversari e di chi la pensa diversamente da noi, ma risiede nella convenienza: le ragioni della civiltà non devono temere le parole di chi le mette in discussione, non devono avere timore.

È facile osservare che manifestazioni a favore della (presunta) causa palestinese sono possibili nelle nostre strade, mentre non lo è vederne a favore di Israele in Cina o in Russia. Il che vale anche per la libertà di culto: è facile trovare moschee dalle nostre parti, meno trovare chiese in tante (non tutte) aree musulmane. Vero, ma non c’è un solo buon motivo per cui si debba aspirare ad assomigliare al peggio essendo il meglio.

Non è saggio togliere la parola, lo è darla. E ritrovarla. Gli estremisti si amano fra di loro e si scambiano vicendevolmente la legittimazione: esisto e sono violento perché c’è quell’altro che esiste ed è violento; tolgo la parola perché quell’altro non riconosce la libertà di parola; affermo essere unica la mia identità religiosa perché quell’altro vuole che sia unica la sua. Sono colleghi. Il che capita anche in politica ed è la ragione per cui le piazze d’Israele erano piene di vita e opposizione, prima che Hamas le riempisse di morte: il governo provava a svellere i cardini del diritto, cercando la forza nel perdurare del nemico alle porte. Finché il nemico le ha sfondate. Gli estremisti collaborano fra loro, li si combatte collaborando fra ragionevoli.

Il guaio è che gran parte dei ragionevoli rinunciano alla parola o la danno per scontata. Invece si potrebbe perderla, continuando a dire che sono “tantissimi” i manifestanti anti occidentali, mentre sono ben più numerosi i cittadini della libertà. Il guaio è lasciare la piazza agli estremisti. Compresa la piazza digitale. Invece non si dovrebbe mai lasciare senza replica, non si dovrebbe mai smettere di esporre le proprie idee e richiamare i fatti. Questo è il modo per combattere i nemici della storia.

Una digressione su casa nostra. Per ricordare l’infamia del 16 ottobre 1943, quando la comunità ebraica di Roma fu rastrellata e inviata alla morte, la presidente del Consiglio ha detto che si tratta di «uno dei crimini più efferati che la storia italiana abbia conosciuto», perpetrato dai «nazisti con la complicità fascista». Lo sapevamo già, ma va sottolineato un miliardo di volte e vanno valorizzate le parole di chi è cresciuto sulla scia dell’ammirazione verso il fascismo. O vogliamo essere così ipocriti da negare il valore di quelle parole e il disvalore di quella provenienza? Si deve essere ottusi per non capire che la giusta posizione di politica estera del governo italiano, sia sulla questione ucraina che su quella israeliana, discende dall’avere rinnegato quell’orrida radice. E si deve essere ciechi per non accorgersi che nel governo ci sono diverse posizioni. Così come nell’opposizione. La parola serva a non tacerlo.

Israele è un bastione della libertà occidentale, come l’Ucraina è una trincea della sicurezza occidentale. Né Israele né l’Ucraina sono la perfezione, perché la perfezione è dei pazzi assassini, invasati e mistici. Ma l’attacco a Israele e all’Ucraina viene dai nemici del nostro mondo. A quanti, in casa nostra, si schierano da quella parte non va tolta la parola: vanno ricoperti di parole, colpo su colpo, senza nulla concedere.

La Ragione

L'articolo Manifestarsi proviene da Fondazione Luigi Einaudi.



#NotiziePerLaScuola

Il Ministero dell'Istruzione e del Merito e l'Accademia della Crusca organizzano il Corso di didattica di Italiano "Le parole dell'italiano: idee e pratiche efficaci per insegnare e apprendere il lessico".



L’approccio dell’UE ai modelli di intelligenza artificiale sta prendendo forma, mentre i Paesi europei discutono le possibili concessioni nei prossimi negoziati sul primo regolamento al mondo sull’intelligenza artificiale (AI). La presidenza spagnola del Consiglio dei ministri dell’UE ha condiviso martedì...


Carri, missili e caccia del futuro. Cosa c’è nel Dpp di Crosetto


L’impiego delle Forze armate prioritariamente nelle missioni di pace e stabilizzazione è un lusso che l’Italia non può più permettersi. Apre così il ministro della Difesa, Guido Crosetto, il Documento programmatico pluriennale (Dpp) con la quale il dicast

L’impiego delle Forze armate prioritariamente nelle missioni di pace e stabilizzazione è un lusso che l’Italia non può più permettersi. Apre così il ministro della Difesa, Guido Crosetto, il Documento programmatico pluriennale (Dpp) con la quale il dicastero presenta le previsioni di spesa necessario per l’anno corrente e il prossimo triennio. A segnare questo nuovo Dpp c’è soprattutto il “deterioramento del quadro generale di sicurezza”, che impone un ripensamento di come lo strumento militare è stato impiegato finora, tornando a essere “il principale baluardo in termini di difesa e deterrenza da tutti i tipi di minacce, presenti e future, che la nostra Nazione si potrebbe trovare ad affrontare e che possono mettere a rischio i nostri interessi nazionali”, indica il ministro nella sua introduzione al documento. Nel testo, vengono infatti presentati 193 programmi di procurement, a cui si aggiungono 33 programmi di ammodernamento delle Forze armate che riceveranno l’ulteriore impulso del Fondo relativo all’attuazione dei programmi di investimento pluriennale per le esigenze di difesa nazionale, in Legge di Bilancio 2023.

Il budget

La dotazione complessiva per il 2023 della Difesa ammonta a 27 miliardi e 748 milioni di euro, una cifra pari all’1,38% del Pil. Una crescita di un miliardo e ottocento milioni rispetto a quella dell’anno scorso, fissata a 25 miliardi e 900 milioni, e un’inversione di tendenza rispetto a quanto previsto sempre per il 2023 nel Dpp del ’22 (che prevedeva per l’anno in corso 25 miliardi e 492 milioni). Nel nuovo documento, invece, per il 2024 e il 2025 si prevede un investimento di 27 miliardi e 278 milioni e 27 miliardi e 485 milioni rispettivamente. Cifre importanti, ma che segnalano un rapporto con il Pil pari all’1,30% e all’1,26%. Naturalmente, queste cifre dovranno poi essere riviste nelle successive previsioni di bilancio. Nonostante questo, il ministro è categorico: “Non devono esserci dubbi in merito alla necessità di proseguire nel percorso di adeguamento ed incremento del bilancio della Difesa, per affrontare le nuove sfide e per rispettare gli impegni assunti in ambito Nato: siamo infatti ancora lontani dall’impegno di conseguire una spesa per la Difesa pari al 2% del Pil entro il 2028”, data da sempre prevista, e confermata da governi di diverso colore, come quella entro la quale il nostro Paese dovrà raggiungere il traguardo.

Lo scenario strategico

Il Documento, inoltre, recepisce anche il Concetto strategico del capo di Stato maggiore della Difesa, ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, che delinea il complesso quadro operativo nel quale le Forze armate sono chiamate oggi a operare. “La sicurezza dell’Italia e della comunità internazionale – scrive il capo di Smd – è divenuta più complessa” e lo scenario geopolitico attuale è caratterizzato “da articolate dinamiche di competizione strategica accelerate dalla crisi ucraina”. Tutto questo “colloca in una posizione di rinnovata centralità e rilevanza il cosiddetto Mediterraneo Allargato, quadrante di primario interesse strategico per l’Italia e spazio ove criticità dalle radici storiche si intersecano a minacce ibride, a conflitti di intensità variabile ed a confronti multidominio”. E la crisi in Israele non fa che confermare quanto descritto.

Rinnovamento delle forze pesanti: carri…

Quello che emerge dai numeri e dalle impostazioni del Dpp è lo sforzo di ammodernamento e potenziamento dello strumento militare, chiamato ad affrontare il ritorno della sfida convenzionale nell’orizzonte delle minacce, e per la quale le Forze armate devono essere messe nelle condizioni di affrontarla. Uno sforzo che segue anni di focus sui conflitti a bassa intensità e operazioni di contro-insorgenza. Tra i principali gap individuati, e da tempo segnalati dall’intero comparto militare, c’è l’adeguamento della componente pesante delle forze di terra in ogni sua parte, che infatti registra la maggior parte dei programmi di previsto avvio (budget complessivo di quattro miliardi e 623 milioni), a cominciare dal già annunciato acquisto dei carri armati da battaglia Leopard 2, e varianti, dalla Germania, per i quali sono stati stanziati due miliardi e 624 milioni. Ma quello del main battle tank non è il solo programma.

… e missili

Per l’esercito infatti è previsto il rinnovamento dell’intera capacità di combattimento forze pesanti attraverso l’acquisizione di un sistema di sistemi (famiglia di piattaforme) per la fanteria pesante (Armored infantry combat system), incentrato su una famiglia di piattaforme sia combat (Armored infantry fighting vehicle) sia di supporto (posto comando, controcarro, esploranti, porta-mortaio, genio guastatori, esploratori, contraereo, portaferiti, portamunizioni, scuola guida). Inoltre, anche la componente contraerea e d’artiglieria vengono prese in considerazione. Circa 175 milioni saranno dedicati alla nuova generazione di missili spalleggiabili contraerei Vshorad, mentre un fabbisogno complessivo di 960 milioni (al momento finanziati solo con 137 milioni distribuiti in sette anni) è previsto per l’ampliamento della capacità d’artiglieria mediante l’acquisizione di 21 sistema di artiglieria lanciarazzi Himars, oltre al munizionamento e al supporto logistico.

L’impegno del Gcap

Tra tutte le singole voci, però, quella con il finanziamento più alto è, come prevedibile, quello per il caccia di sesta generazione Global air combat programme (Gcap), con oltre cinque miliardi di euro in bilancio. Per il Dpp, “La partecipazione della Difesa al programmainsieme a Uk e Giappone, garantirà all’Italia l’esclusivo accesso ad un progetto destinato ad avere risvolti non solo nell’ambito tecnologico militare ma anche a favore della crescita sistemica delle filiere produttive operanti nel settore della digitalizzazione”, definendo il progetto un “piano di naturale estensione all’intero Sistema-Paese”. L’onere finanziario è estremamente importante per il budget della difesa, e il programma ha infatti ricevuto una “necessaria integrazione attraverso risorse a “fabbisogno” recate dalla legge di bilancio del 2023”. Di fronte a questo investimento, sarà perciò fondamentale assicurarsi, attraverso la cooperazione tra governo, Difesa, istituzioni e, soprattutto, industria, che i ritorni per l’Italia siano adeguati al livello di impegno previsti. L’intero settore che partecipa al Gcap, quindi, è chiamato a sostenere le ambizioni dell’Italia all’interno del programma.


formiche.net/2023/10/carri-mis…



📌 Dal 26 al 28 ottobre a Bologna, presso Opificio Golinelli, si terrà un seminario sull’insegnamento di Matematica e Scienze nella Secondaria di I grado, promosso dal MIM.

La tre giorni sarà introdotta, il 26 ottobre alle 14.



Edward Said ha letto nella Storia il futuro della Palestina


Lo scrittore palestinese aveva tratteggiato con estrema lucidità quella che sarebbe stata la Palestina trasformata dagli accordi di Oslo e dal processo di pace. I suoi scritti sono essenziali per comprendere ciò che ancora avviene oggi. L'articolo Edward

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Pagine Esteri, 18 ottobre 2023. Riproponiamo questo articolo su Edward Said scritto nel 2021, dopo i disordini avvenuti in Cisgiordania e a Gerusalemme, seguiti dai bombardamenti israeliani della Striscia di Gaza. Nel mese di maggio le proteste per gli espropri di case palestinesi a Sheikh Jarrah, quartiere di Gerusalemme, si sono trasformati in scontri con la polizia israeliana. All’aggressione dei fedeli nella Moschea di Al Aqsa a Gerusalemme ha fatto seguito un lancio di razzi da Gaza verso Israele da parte di Hamas e della Jihad Islami che ha ucciso 13 israeliani. L’esercito ha bombardato Gaza, causando circa 250 morti.


di Eliana Riva

Pagine Esteri, 26 luglio 2021 – “L’unica decisione che sarà necessario prendere per quanto riguarda la conoscenza della Storia è se dovremo insegnarla dall’indietro in avanti o da avanti all’indietro” (Tertuliano Màximo Afonso).

Si potrebbe cominciare raccontando del caprone e dell’acro di Weizmann oppure dell’ultima escalation militare, quella dello scorso maggio, tra Israele e Hamas; si potrebbe partire da Sheikh Jarrah o dall’occupazione israeliana del 1967. È complicato individuare un altro storico, scrittore, intellettuale che sia tanto legato al suo tempo e al suo luogo pur riuscendo ad attraversarli, superarli e ritornarvi.

Nel 1996 Edward Said scriveva, in uno dei suoi interventi meno pessimisti sul futuro, che “La scommessa stava nel trovare un modo pacifico di coesistere non come ebrei, musulmani e cristiani ma come cittadini a pari diritto in una stessa terra”.

All’inizio di luglio la Corte Suprema israeliana ha decretato la legittimità della cosiddetta Legge fondamentale o legge Stato-Nazione, che la Knesset aveva approvato nel 2018. Ha rigettato le obiezioni di chi riteneva che questa legge non fosse democratica e rispettosa delle minoranze. La legge Stato-Nazione è il provvedimento che sistema giuridicamente e rende legale la definizione di Israele come Stato della nazione Ebraica. Lo stato degli ebrei.

In Israele circa il 21% della popolazione è composta da arabi, dai palestinesi. La legge Stato-Nazione dichiara che “l’adempimento del diritto all’autodeterminazione nazionale nello stato di Israele è unico per gli Ebrei” e fa esplicito riferimento alla Terra d’Israele quale patria storica degli ebrei. La Terra d’Israele così intesa è la Palestina storica, tutta la regione, quindi che comprende ora Israele e i Territori Palestinesi Occupati. E la norma vi promuove lo sviluppo dell’insediamento ebraico.

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Cosa significa tutto questo?

Quando si analizzano le leggi, i regolamenti e le decisioni politiche e giuridiche in Israele, anche quelli più recenti, è necessario tener sempre bene a mente che nella stragrande maggioranza dei casi sono in completa continuità con un progetto pensato, scritto e sostenuto molti anni fa, almeno un secolo. Come le altre, dunque, la legge Stato-Nazione non fa altro che formalizzare una direzione e un progetto che Israele o meglio, l’Organizzazione Mondiale Sionista, aveva già ben chiaro in mente, prima ancora della nascita dello Stato ebraico. Certo, la legge Stato-Nazione in un certo senso legalizza l’apartheid e la discriminazione, ma non ne decreta certo la nascita. Il Jewish National Fund, l’organismo autorizzato a comprare la terra e a gestirla in nome e per conto dell’intero popolo ebraico, è nato nel 1901 e ha cominciato ad acquistare terra nel 1905. Acquistava e affittava terre solamente per gli ebrei. Lo sviluppo dell’insediamento ebraico ne era già l’obiettivo. Perseguito poi negli anni, fino all’occupazione delle case e dei terreni dei profughi palestinesi del 1948, ai quali è stato negato il diritto al ritorno sancito dalle leggi internazionali, e ai quali non è consentito reclamare la proprietà di quelle terre, cosa permessa invece agli ebrei.

Il progetto è stato portato avanti anche in seguito, con gli espropri, con l’espansione delle colonie israeliane nei Territori Palestinesi Occupati, con la Legge degli assenti, con la politica demografica, il divieto al ricongiungimento familiare e così via.

“Il successo del sionismo – dice Edward Said – e la sua efficacia a superare la resistenza arabo-palestinese, sta nel suo essere una politica attenta ai minimi dettagli e non semplicemente una generica visione colonialista. Quindi la Palestina, già dal principio, era un territorio con le sue caratteristiche che fu studiato fino all’ultimo millimetro per pianificarne la colonizzazione, fino ai minimi particolari”.

E il progetto sionista poteva essere realizzato solo centimetro per centimetro, passo per passo. “Un altro acro, un altro caprone” come disse appunto Weizmann, il primo presidente dello Stato d’Israele.

E i palestinesi? Said scrive “gli arabi non hanno saputo rispondere a questo progetto. Forse perché credevano che bastasse il fatto che vivevano lì e possedevano quelle terre”.

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Chaim Weizmann

Ma come è potuto accadere che un piano tanto ambizioso e complicato venisse nei fatti realizzato e che anzi sia dopo un secolo in avanzatissima fase attuativa, con gli espropri a Gerusalemme Est, le colonie in espansione, la distruzione dei villaggi beduini, eccetera?

Sono stati di fondamentale importanza i negoziati di pace e il ruolo di giudice assegnato agli Stati Uniti d’America. Said ha letto con estrema lucidità ciò che per molti è diventata un’evidenza solamente dopo molti anni: il Processo di pace aveva il compito di dare maggiore sicurezza e terra a Israele, non di restituirla ai palestinesi.

Come? Con il principio dello status quo, la politica del fatto compiuto, the facts on the ground li chiamano durante i negoziati gli israeliani e i palestinesi. Ha assunto un’importanza totalizzante nel processo di espansione israeliano. Ed è sempre in quest’ottica che si devono guardare i continui espropri di case palestinesi a Gerusalemme Est e gli avanzamenti degli outpost e delle colonie israeliane nei Territori Palestinesi Occupati.

Said aveva già nel 1996 scritto di quanto il concetto dello status quo venisse sistematicamente distorto dai governi israeliani, con il supporto dei negoziatori statunitensi. “Un tempo voleva dire non rinunciare alle posizioni raggiunte, scrive, ma oggi significa derubare aggressivamente il proprio partner di pace (con il suo aiuto) per assicurarsi a sue spese nuovi profitti”.

Ottenere più che si può, tutto quello che è possibile prima di essere, eventualmente, costretti a fermarsi.

Questa è la politica dello status quo, di cui parlava Said. Ed è molto più semplice perseguirla se ci si presenta puntuali agli appuntamenti per i negoziati di pace.

Edward Said aveva compreso perfettamente che spezzettare i negoziati in fasi propedeutiche e fasi conclusive, tutte anticipate dalla firma dell’OLP, avrebbe significato arrivare, una volta giunti alla fase sullo Status definitivo, a non poter più negoziare niente. Perché i palestinesi non avrebbero avuto più nulla da contrattare, avendo sottoscritto già tutto prima, senza chiedere garanzie sulle tematiche fondamentali: Gerusalemme, i profughi, gli insediamenti.

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Yitzhak Rabin e Yasser Arafat

Era l’8 novembre 1995. Le trattative sullo Status definitivo non erano ancora cominciate ma Edward Said poteva già prevedere con estrema precisione dove si sarebbe andati a finire.

Le trattative sullo Status definitivo partivano da ciò che era accaduto durante la fase precedente. Tutto ciò che era stato firmato e accettato dall’OLP diventava ora una carta da scambiare per Israele. E l’OLP aveva accettato la presenza dei coloni ad Hebron, l’espansione dei terreni confiscati a Gerusalemme, le ragioni di “sicurezza” dei coloni e poi il territorio spezzettato, la costruzione delle infrastrutture per collegare gli insediamenti, cose che hanno ristretto sempre più un territorio palestinese diventato pian piano troppo piccolo per poter accogliere i rifugiati del 1948, altra cosa sulla quale, quindi, diventava impossibile negoziare.

Ecco allora l’importanza della politica del fatto compiuto e il fallimento totale dei negoziati di pace: i palestinesi provano a far partire la negoziazione dai confini riconosciuti dalla legislazione internazionale ma gli israeliani, invece, continuano a far presente che le cose sono cambiate, che non si può negoziare su qualcosa che non esiste più ma si deve partire dai Facts on the ground, dalla realtà territoriale come è in quel momento. Ed è per questo che la realtà territoriale deve essere cambiata di continuo e in fretta da Israele, per questo non si può fermare la costruzione delle colonie, per questo non si possono bloccare gli espropri, né prima, né durante, né dopo i negoziati di pace.

Per i palestinesi questo vuol dire dover riconoscere le colonie illegali israeliane e le infrastrutture che le collegano e provare a trovare un accordo tuttalpiù su un semplice scambio di terra, nel tentativo disperato di riuscire ancora a dare una qualche continuità a quello che dovrebbe, che poteva essere uno stato palestinese.

La realtà, però, è ben peggiore: pur accettando di partire dai dati di fatto, pur accogliendo tutte le precondizioni poste dai negoziatori israeliani, i palestinesi non hanno mai avuto, già da Oslo, una reale possibilità di trattare qualcosa. E “l’inganno”, come lo ha definito Edward Said, è saltato fuori per intero negli ultimi anni, quando l’Autorità Nazionale Palestinese ha concesso tutto ciò che poteva, ha accettato il ritorno di un numero simbolico di profughi, chiesto solo un piccolo scambio di terre in cambio del riconoscimento delle colonie, consegnato gran parte di Gerusalemme est ad Israele. “Lo apprezziamo molto. Grazie ma no grazie” hanno risposto gli israeliani, salvo poi prendersi con la forza degli espropri, un po’ alla volta, quello che i palestinesi gli avevano proposto di scambiare. L’inganno è venuto fuori ancora una volta a settembre del 2020, con la firma degli “Accordi di Abramo”, una normalizzazione, soprattutto economica e militare tra Israele e alcuni paesi arabi che è solo l’ufficializzazione di ciò che già avveniva nonostante la Palestina, nonostante i palestinesi.

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Benjamin Netanyahu, Barack Obama e Abu Mazen

“Per l’Autorità Nazionale Palestinese ogni cosa, inclusi i diritti umani, va sacrificata alla pia immagine del processo di pace”, Said non riusciva a comprendere come fosse possibile che l’Olp e l’ANP poi avessero accettato di negoziare senza alcuna garanzia sulle questioni fondamentali, la cui discussione veniva anzi spostata ad una fase “definitiva” dei negoziati stessi. “Arrivati a quella fase non avrete più niente da negoziare”, diceva Said, e così è stato.

Le critiche di Said all’Olp di Arafat e all’ANP sono state spietate e, ancora una volta, profetiche. Hanno previsto una subalternità e una debolezza sempre crescenti, il meccanismo perverso che, una volta innescato, ha incastrato i suoi rappresentanti nella maniera dualistica e manichea che conosciamo: santi negoziatori o diavoli terroristi. Non è più esistita una via di mezzo. Le contestazioni e le manifestazioni che stanno attraversando in queste settimane la società palestinese sono lo strascico di un lungo processo di decostruzione e allontanamento della leadership palestinese dal popolo che dovrebbe rappresentare.

Insomma, attraverso a Edward Said la storia della Palestina si può leggere e comprendere sia dall’indietro in avanti che da avanti all’indietro, perché come diceva Tertuliano Màximo Afonso attraverso la penna di José Saramago, “parlare di un presente che ogni minuto ci scoppia in faccia, parlarne tutti i giorni dell’anno mentre si risale navigando nel fiume della Storia fino alle origini, o lì nei pressi, sforzarci di comprendere sempre meglio la catena di avvenimenti che ci ha portato dove stiamo ora, questa è ben altra musica, dà un mucchio di daffare, richiede costanza nell’applicazione, bisogna mantenere sempre la corda tesa, senza rotture”.

E della Storia Said si era fatto un’idea precisa e finanche spietata: “La storia, ahimé, è un arbitro crudele dei popoli piccoli e sproporzionatamente deboli. La pace va fatta tra uguali, ed è proprio questo che [qui] non funziona”.


  1. Edward Said, La questione palestinese, il Saggiatore, Milano, 2001
  2. E. Said, Fine del processo di pace. Palestina/Israele dopo Oslo, Feltrinelli, Milano, 2002.
  3. E. Said, La pace possibile. Il testamento politico del grande intellettuale palestinese, il Saggiatore, Milano, 2005

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Il 19 ottobre torna l’appuntamento mensile con L'Ora di Costituzione!

L'iniziativa sostenuta dal Senato prosegue con il ciclo di incontri per illustrare i principali articoli della Carta agli studenti.



In Cina e Asia – Xi presenta il nuovo corso della Belt and Road


In Cina e Asia – Xi presenta il nuovo corso della Belt and Road belt and road
I titoli di oggi: Belt and Road forum, Vladimir Putin arriva in Cina Chip war, nuove limitazioni in arrivo dagli Usa Per la prima volta i Five Eyes accusano pubblicamente la Cina di spionaggio Cina, una commemorazione di basso profilo per i 110 anni di Xi Zhongxun Cina, sempre più limitazioni ai viaggi all’estero di dipendenti statali e banchieri Cina-Australia, ...

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Chat control vote postponed: Huge success in defense of digital privacy of correspondence!


Tomorrow, Thursday 19 October, the Justice and Home Affairs Council will not adopt its position EU regulation on “combating child sexual abuse”, the so-called chat control regulation, as planned, which would …

Tomorrow, Thursday 19 October, the Justice and Home Affairs Council will not adopt its position EU regulation on “combating child sexual abuse”, the so-called chat control regulation, as planned, which would have heralded the end of private messages and secure encryption. This is because there is currently not the required majority for the highly controversial and unprecedented regulation. Germany, Austria, Poland and Estonia, among others, are clearly positioning themselves against the current draft, but France also has questions. This is now the second time that the planned vote has been postponed.

Pirate Party MEP, digital freedom fighter and negotiator for his group in the European Parliament, Patrick Breyer, cheers:

“Without the commitment and resistance of countless individuals and organizations in Europe, the EU governments would have decided tomorrow in favour of totalitarian indiscriminate chat control , buried the digital privacy of correspondence and secure encryption. The fact that we have prevented this for the time being should be celebrated! I am particularly pleased that the multi-million Euro professional lobbying and disinformation campaign by a network of the EU Commission and supposed child protection lobbyists has failed for the time being.

Now the critical governments should finally do their homework and agree on joint demands . It is not enough to be against chat control. The suspicionless, error-prone screening of private messages is the most toxic part of the draft regulation, but the problems go far beyond that. We therefore need a new approach that focuses on preventive child protection instead of mass surveillance and paternalism! The last ‘compromise proposal’ of the Council Presidency must be fundamentally revised in at least 5 points:

  • No suspicionless chat control: Instead of blanket message and chat control, the judiciary should only be able to order searches of the messages and uploads of suspects. This is the only way to avoid a disproportionate mass surveillance order inevitably failing in court and achieving nothing at all for children. There must also be no untargeted ‘voluntary chat control’ by Internet corporations.
  • Protect secure encryption: So-called client-side scanning to infiltrate secure encryption must be explicitly ruled out. General declarations of support for encryption in the text of the law are worthless if scanning and extraction take place even before encryption. Our personal devices must not be perverted into scanners.
  • Protect anonymity: Remove mandatory age verification by all communications services to save the right to communicate anonymously. Whistleblowers risk being silenced if they have to show ID or face to the communications service before leaks.
  • Deleting instead of blocking: Instead of trying and failing to block exploitative postings via access providers or search engines, it should become mandatory for hosters and law enforcement to delete or have deleted reported exploitative postings at the source.
  • No app censorship for young people: It is completely unacceptable to exclude young people from apps such as Whatsapp, Instagram or games in order to protect them from grooming. Instead, the default settings of the services must become more privacy-friendly and secure. The push for suspicionless chat control is unprecedented in the free world. It divides child protection organizations, abuse victims, other stakeholders, the Parliament and the Council. It’s time for a fresh start that relies on consensus. I am convinced that we can protect children and all of us much better with a new approach.”

Anja Hirschel, top candidate of the Pirate Party for the European Election 2024, comments:

“The push for indiscriminate chat control is a profound attack on our privacy and unprecedented in the free world. It divides child protection organizations, abuse victims, other stakeholders, the Parliament and the Council. It is time for a fresh start that builds on consensus. I am convinced that we can protect children and all of us much better with a new approach. And we can do it without sacrificing our fundamental liberties.”

Meanwhile, negotiations in the European Parliament will continue tomorrow with what is likely to be the final round of negotiations. On October 25, EU Home Affairs Commissioner Ylva Johansson will have to answer to the LIBE Committee in the wake of the chat control lobbying scandal.[1] Already on October 26, the Home Affairs Committee (LIBE) is expected to vote on the European Parliament’s position and give a trilogue negotiating mandate, without a plenary vote by all MEPs planned. By the next EU interior ministers’ meeting in December, EU governments could then also have agreed on a position.

[1] patrick-breyer.de/en/breyer-on…

Breyer’s information portal on chat control: www.chatcontrol.eu


patrick-breyer.de/en/chat-cont…

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LIVE. GAZA/ISRAELE. Giorno 12. Ospedale bombardato, è scontro sulle responsabilità, palestinesi insistono: “è stato Israele”


Israele accusa il Jihad Islami di aver colpito per errore l'ospedale. Sono morte almeno 500 persone. L'ambasciatore palestinese all'ONU: "Israele aveva detto che lo avrebbe bombardato" L'articolo LIVE. GAZA/ISRAELE. Giorno 12. Ospedale bombardato, è scon

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Pagine Esteri, 18 ottobre 2023. Ieri sera il bombardamento dell’ospedale al-Ahli di Gaza City ha causato almeno 500 morti. Alcuni portavoce israeliani hanno dapprima rivendicato l’attacco, come ha fatto Hananya Naftali, portavoce social del premier israeliano Banjamin Netanyahu, che dopo l’esplosione all’ospedale ha pubblicato un messaggio sul suo canale Telegram in cui ha scritto: “L’aeronautica israeliana ha colpito una base terroristica di Hamas all’interno di un ospedale a Gaza. Molti terroristi sono morti. È straziante che Hamas lanci razzi da ospedali, moschee, scuole e utilizzi i civili come scudi umani”.

Dopo qualche ora, però, le forze armate israeliane hanno negato di aver svolto un’operazione militare sull’ospedale e hanno rilasciato la propria versione ufficiale, secondo la quale sarebbe stato un razzo della Jihad Islami, sparato da Gaza, a cadere per errore sulla struttura che ospitava migliaia di feriti, compiendo una strage.

Questa mattina il portavoce dell’esercito israeliano, Daniel Hagari, ha rilasciato una dichiarazione: “Secondo la nostra intelligence, Hamas ha controllato i rapporti e ha capito che si trattava di un errore della Jihad islamica palestinese, quindi ha lanciato una campagna mediatica globale con un numero gonfiato di vittime“.

L’Ambasciatore Palestinese alle Nazioni Unite, Riyad Mansour, ha accusato il presidente Netanyahu di essere un bugiardo: “Il portavoce israeliano dell’esercito ha emanato una settimana fa un ordine che diceva di evacuare l’ospedale perché era un obiettivo. E infatti lo hanno colpito una settimana fa. Hanno detto ‘evacuate altrimenti vi colpiamo’ e così hanno fatto. È inutile inventare storie”.


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Quando la notizia della strage ha cominciato a diffondersi, manifestazioni e proteste si sono tenute in Cisgiordania e in diversi Paesi Arabi. A Ramallah i dimostranti hanno cantato slogan contro il presidente palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) e hanno colpito a sassate una autovettura delle forze di sicurezza dell’Autorità Palestinese. Queste ultime hanno risposto sparando sulla folla.

In Giordania è stata presa d’assalto l’ambasciata israeliana.

Israele ha inviato un nuovo ordine di evacuazione per la popolazione palestinese del nord di Gaza, intimandole di spostarsi verso il sud della Striscia.

Dopo la strage all’ospedale di Gaza la Giordania ha annullato la visita, prevista per oggi, del presidente degli Stati Uniti Joe Biden. Il leader USA incontrerà in mattinata Netanyahu per riconfermare il sostegno incondizionato a Israele. Avrebbe dovuto incontrare in Giordania i leader palestinesi e quelli egiziani.

Il portavoce del ministero degli Esteri russo ha chiesto a Israele di rilasciare le immagini satellitari dell’area di Gaza colpita ieri, per verificare la versione secondo cui non sarebbe stato un bombardamento delle IDF a distruggere l’ospedale.

Durante la notte non si sono fermati i raid aerei israeliani, che hanno ucciso almeno altri 37 palestinesi nel campo profughi di Jabalia, nel nord di Gaza. Pagine Esteri


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L'articolo LIVE. GAZA/ISRAELE. Giorno 12. Ospedale bombardato, è scontro sulle responsabilità, palestinesi insistono: “è stato Israele” proviene da Pagine Esteri.



Firenze; immigrati islamici uccidono!


#Firenze.
La notte del 17 ottobre 2023 tre giovani -dicono- provenienti dalla #Tunisia hanno messo chissà come in moto una #BMW in via #Alfani e sono fuggiti finendo per uccidere un signore che le gazzette dei giorni successivi dipingeranno come benvoluto da tutti e appassionato di filosofia e letteratura.
La foto in alto è quella di una moto BMW del 2004, lo stesso anno di immatricolazione di quella rubata dai tre ragazzi.
Allora.
Chi si impossessa di un mezzo del genere e lo usa per percorrere a forte velocità e in senso contrario a quello stabilito dalla segnaletica una strada cittadina costituisce un perfetto esempio di completa adesione ai valori occidentali dominanti.
Chi sporca il web e le gazzette ciarlando di #risorse, #Islam e #immigrazione -immigrazione che tra l'altro viene presentata da più di trent'anni come un'emergenza invece che come un dato strutturale- lo fa per incompetenza, dimostrando tante volte ce ne fosse bisogno quale spreco di denaro rappresenti costringere tante migliaia di buoni a nulla a frequentare per dieci anni consecutivi le lezioni della scuola obbligatoria, o lo fa per propaganda, dimostrando in questo caso di essere mosso da malafede.
Nel primo caso siamo davanti a un diritto senza dubbio discutibile, ma esercitato a titolo gratuito.
Nel secondo caso siamo davanti a un "lavoro" del tipo retribuito qualche decina di euro a pezzo, che serve a riempire il bianco che c'è nelle gazzette fra una pubblicità e l'altra.



Weekly Chronicles #50


George Orwell aveva anche dei difetti. Profilazione e disinformazione dalla Commissione Europea. La California raddoppia sulla protezione dei dati, ma non servirà a nulla.

George Orwell era un sadico, misogino e omofobo


Anna Funder, la biografa di Eileen O’Shaugnessy, moglie di Orwell, ci racconta che Orwell era un uomo complicato.

Anna ha presentato il suo libro, “Mrs Orwell’s Invisible life” al Cheltenham Literature Festival, raccontando che Orwell:

“Voleva disperatamente essere un uomo decente, ed è un qualcosa di onorabile e nobile. Ma scrivere un libro come 1984, che è violento, misogino, sadico, tetro e psicotico, mostra invece tutti difetti dell’autore […] Serve un uomo violento, misogino, sadico e omofobo per scrivere queste cose. […] Una persona perbene e decente, non avrebbe mai avuto questi pensieri.1


Insomma, se oggi pensate di vivere in un remake di 1984, siete probabilmente anche voi tutte queste cose. Comunque Orwell aveva indubbiamente anche dei difetti e ringraziamo Anna per questa entusiasmante recensione.

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Profilazione e disinformazione dalla Commissione Europea


In questo periodo è entrato in vigore il Digital Services Act, che tra le altre grottesche misure, impone più trasparenza ai social network per i contenuti sponsorizzati (advertisement). Ne ho parlato molto anche io, con ben due articoli dedicati al tema:

Allo stesso tempo, è in corso di discussione il famigerato Regolamento “Chatcontrol”, legge di sorveglianza di massa spacciata come misura contro la pedofilia. Anche di questo ne ho parlato a dismisura:

Ebbene, un ricercatore di Politico, Danny Mekić, ha recentemente pubblicato un’inchiesta2 in cui mostra che la Commissione Europea ha commissionato una serie di contenuti sponsorizzati profilati destinati ai cittadini dei Paesi che sono contrari al Chatcontrol: Paesi Bassi, Svezia, Belgio, Finalandia, Slovenia, Portogallo e Repubblica Ceca.

I contenuti sono tutti uguali, diversi solo nella lingua. Qui ne potete trovare un esempio.

Come se non bastasse la profilazione politica di massa, pare che la Commissione abbia deciso di non visualizzare il contenuto agli utenti che secondo gli algoritmi di X sono appassionati di privacy, euroscettici e perfino cristiani — cioè coloro che in qualche modo avrebbero potuto criticarlo.

Una tale profilazione di massa è niente più che un tentativo privare le persone della loro libertà di autodeterminazione e quindi sovvertire l’ordine democratico, attraverso un’opera di persuasione di massa che colpisce milioni di persone suscettibili a cui mancano gli strumenti per giudicare in modo critico ciò che arriva dalle istituzioni europee.

I Commissari europei come Thierry Breton (DSA) e Ylva Johansson (Chatcontrol) si riempiono la bocca di parole come lotta alla disinformazione, trasparenza, rispetto della democrazia e della libertà… per poi fare l’esatto contrario.

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La California raddoppia sulla protezione dei dati, ma non servirà a nulla


Lo stato della Big Tech raddoppia la portata della sua legge sulla protezione dei dati, molto simile al nostro GDPR. Dal 2026 i cittadini potranno fare una richiesta generale di cancellazione dei loro dati che varrà per tutti i data broker sul mercato, piuttosto che rivolgersi singolarmente a ognuno di loro.

A creare la struttura necessaria per sviluppare un meccanismo del genere ci penserà la California Privacy Protection Agency (una sorta di Garante Privacy). Non è chiaro come, ma potrebbe somigliare a qualcosa di molto simile al nostro Registro delle Opposizioni.

E proprio come il nostro Registro, temo che le belle parole non salveranno — come al solito — i progressisti woke benpensanti.

Forse, piuttosto che immaginare un pulsantone “DELETE ALL”, dovrebbero invece rimuovere barriere all’ingresso del mercato, aprire la competizione anche nel mercato dei dati, e così facendo agevolare indirettamente sistemi più rispettosi della privacy delle persone by design.

Meme della settimana


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Citazione della settimana

"All propaganda has to be popular and has to accommodate itself to the comprehension of the least intelligent of those whom it seeks to reach."

Famoso pittore austriaco

1

https://www.telegraph.co.uk/news/2023/10/15/george-orwell-anna-funder-biography-of-eileen-o-shaugnessy/

2

dannymekic.com/202310/undermin…


privacychronicles.it/p/weekly-…



N. 187/2023 LE TRE NEWS DI OGGI: Martedì scorso, l’Assemblea nazionale francese ha approvato in prima lettura il progetto di legge per la regolamentazione dello spazio digitale (SREN), che promette di migliorare la lotta contro il cyber-bullismo, le truffe su Internet e l’accessibilità dei siti pornografici ai minori. Il testo aveva suscitato forti preoccupazioni sulla...


Lezione di Emiliano Brancaccio per la Scuola interdisciplinare cosmopolita organizzata dall'Officina dei saperi e da Unione Popolare giovedì 12 ottobre 2023.


Riforma dell'assetto del mercato elettrico: il Consiglio raggiunge un accordo

Oggi il Consiglio ha raggiunto un accordo (orientamento generale) su una proposta di modifica dell'assetto del mercato elettrico dell'UE (EMD) . Ciò consentirà alla presidenza del Consiglio di avviare i negoziati con il Parlamento europeo per raggiungere un accordo definitivo.

@Energia, fonti rinnovabili, approvvigionamento e mobilità

Sono orgoglioso di affermare che oggi abbiamo compiuto un passo avanti strategico per il futuro dell’UE. Abbiamo raggiunto un accordo che sarebbe stato inimmaginabile solo un paio di anni fa. Grazie a questo accordo, i consumatori di tutta l’UE potranno beneficiare di prezzi dell’energia molto più stabili, di una minore dipendenza dal prezzo dei combustibili fossili e di una migliore protezione dalle crisi future. Accelereremo inoltre la diffusione delle energie rinnovabili, una fonte di energia più economica e pulita per i nostri cittadini.

Teresa Ribera Rodríguez, terza vicepresidente ad interim del governo spagnolo e ministra per la transizione ecologica e la sfida demografica



Il più grande quotidiano norvegese raddoppia il pubblico audio con articoli doppiati dall'intelligenza artificiale

Aftenposten, il più grande titolo in abbonamento dell'editore nordico Schibsted con circa 250.000 abbonati di cui 165.000 digitali, ha lanciato quest'anno una voce personalizzata generata dall'intelligenza artificiale dopo un progetto pilota di successo sul suo titolo per le aule, Aftenposten Junior Skole.

@Giornalismo e disordine informativo

Teien ha affermato che l'editore voleva trarre vantaggio da un cambiamento nel comportamento degli utenti verso l'audio e altri formati che consentono al pubblico di svolgere più attività contemporaneamente. Un'altra cosa è stata sfruttare i punti di forza storici dell'Aftenposten nel campo dell'audio.


La visione strategica che difetta al governo


Tra Esteri e Interni, due fatti politici di prima grandezza si prestano ad essere osservati attraverso la stessa lente e ci suggeriscono un’unica chiave di lettura. In estrema sintesi, la chiave è questa: al presidente del Consiglio Giorgia Meloni, cui l’

Tra Esteri e Interni, due fatti politici di prima grandezza si prestano ad essere osservati attraverso la stessa lente e ci suggeriscono un’unica chiave di lettura. In estrema sintesi, la chiave è questa: al presidente del Consiglio Giorgia Meloni, cui l’abilità tattica non manca, occorre una visione strategica. Occorre, cioè, la capacità di mettere a fuoco le convenienze proprie e dell’Italia non nel breve, ma nel medio e nel lungo periodo.

I due fatti sono le elezioni polacche e la legge di bilancio. Cominciamo dal primo.

Gli anni trascorsi all’opposizione, hanno suggerito al leader di Fratelli d’Italia di stringere alleanze a livello europeo con forze politiche non sempre presentabili, ma regolarmente coerenti con l’identità e la retorica di una destra cosiddetta sovranista, oltre che in apparenza destinata a mietere successi elettorali crescenti. Ad oggi, possiamo dire che quella scelta, prevalentemente tattica, non si è rivelata vincente.

In Spagna, Giorgia Meloni si è molto spesa a favore del leader di Vox Santiago Abascal nella convinzione che il vento della Storia ne avrebbe gonfiato le vele. È andata male. Lo scorso luglio Vox ha perso le elezioni, lasciando così la premier Meloni in balia di una sconfitta indiretta e alle prese con un governo, quello spagnolo, ben poco riconoscente. Domenica scorsa, in Polonia, c’è stato il bis.

Il partito alleato della Meloni, il Pis, non è andato male, ma essendo scarsamente coalizzabile a causa del proprio profilo identitario radicale, ha perso il governo fino ad allora presieduto dall’ipersovranista Moraviecki. A vincere è stato Donald Tusk, liberale, già presidente del Consiglio europeo e soprattutto membro autorevole del Ppe. Tusk ha vinto grazie alla sua capacità di stringere alleanze con credibilità di governo.

E la sua vittoria ha sfatato due luoghi comuni: che nelle democrazie avanzate l’astensionismo fosse destinato a crescere favorendo di conseguenza le forze più radicali; che i giovani o non votano o votano per i partiti più estremi. In Polonia, domenica, ha votato il 74% degli aventi diritto (un record) e la maggior parte dei giovani al di sotto dei 29 non solo si è recata alle urne, ma si è schierata a favore dei moderati piuttosto che degli scalmanati. La tattica della Meloni non ha pagato, e oggi è più che mai chiaro che se FdI vorrà partecipare alla prossima alleanza di governo a Bruxelles, dovrà accettare di fare parte di una maggioranza trasversale imperniata, come l’attuale, su Ppe e Pse.

Il secondo fatto politico di prima grandezza, lo si è detto, è rappresentato dalla legge di bilancio licenziata ieri dal Consiglio dei ministri. Una manovra “caratterizzata dalla precarietà”, secondo l’economista Carlo Cottarelli. Giudizio analogo è stato formulato dalla maggior parte degli osservatori nazionali e soprattutto (brutto segno!) internazionali. La manovra, infatti, manca di una visione strategica. Su 24 miliardi, 16 sono in deficit. Cioè a dire che per i due terzi il bilancio dello Stato sarà finanziato indebitandosi. Accrescendo, dunque, il nostro già colossale debito pubblico che tanto allarma gli investitori e le agenzie di rating internazionali. Buona parte dei restanti 8 miliardi, compresi quelli che derivano da una modesta spending review, è costituita da misure non strutturali, bensì occasionali.

Ne risulta anche in questo caso un eccesso di tattica e una carenza di strategia. Manca, insomma, quella visione strategica che il più delle volte fa la differenza tra tirare a campare e governare. Ovvero, tra governare indebolendosi e durare rafforzandosi.

Formiche.net

L'articolo La visione strategica che difetta al governo proviene da Fondazione Luigi Einaudi.




Good morning everyone!

I installed the latest version of the activitypub plugin for wordpress and I noticed a clear improvement compared to the versions from a few months ago.

Among other things (I don't know if it is an improvement of Wordpress or Friendica), a Friendica account can finally follow a Wordpress blog through activitypub, whereas until some time ago it was unable to force the follow, but could only follow its feed RSS.

That said, with wordpress, I can also follow some profiles, but unfortunately there is a problem with Friendica. In fact, although I can follow profiles of Mastodon, Lemmy, Misskey and Pleroma, I cannot follow the Friendica profile.

When I try to connect, I get the following error:

stream_socket_client(): Unable to connect to ssl://poliverso.org:443 (Connection timed out) (https://poliverso.org/profile/informapirata)

Could any of you help me understand if I'm doing something wrong?

PS: I didn't ask ActivityPub support for Wordpress, since the error seems to only affect Friendica

@Friendica Support

Friendica Support reshared this.

Unknown parent

friendica (DFRN) - Collegamento all'originale
Signor Amministratore ⁂

@Matthew Exon

> I think there may be something wrong with your web server config.

Thanks so much for the suggestion. I'll try to do some checking!

> Also, as far as I understand it, the Wordpress plugin you link allows Friendica (and Mastodon etc) users to follow your Wordpress profile, but not the reverse. There are other Wordpress plugins that allow that, perhaps you have one of those enabled too?

Yes, the plugin in question is "Friends" developed by Alex Kirk, but recommended by Automattic itself and Pfefferle. This plugin allows you to "follow" users of the fediverse to allow in a granular way some access rights and visibility to the flow generated by Wordpress

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Unknown parent

friendica (DFRN) - Collegamento all'originale
Signor Amministratore ⁂
@Matthew Exon ah, anyway the site is called poliverso with an O, and not poliverse with an E... 😅

Friendica Support reshared this.



È gravissimo che i profili Facebook e Instagram dedicati a Enrico Berlinguer siano stati sottoposti al cosiddetto shadow ban dopo aver pubblicato la celebre fo

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#NotiziePerLaScuola

Al via le assunzioni di nuovo personale Ata nelle scuole. Grazie a uno stanziamento di 50 milioni di euro il MIM ha autorizzato le scuole a stipulare nuovi contratti a partire dal 16 ottobre fino a fine anno.



Lo scorso venerdì 13 ottobre la presidenza spagnola ha diffuso tre documenti per raccogliere il feedback dei Paesi dell’UE su aspetti chiave della legge sull’IA in vista di una prossima sessione di negoziati: diritti fondamentali, obblighi di sostenibilità e processo...

Gazzetta del Cadavere reshared this.



Giovanni Verga – I Malavoglia


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Per filo e per segno, come ho ideato un sistema per avere giochi e salvataggi sempre sincronizzati tra emulatore e console PS2 reale, condiviso qui.


  Una manovra di bilancio con molto fumo in funzione delle elezioni europee  quella licenziata ieri dal governo Meloni. Già lo si capisce considerando


Una manovra di bilancio con molto fumo in funzione delle elezioni europee quella licenziata ieri dal governo Meloni. Già lo si capisce considerando le due misu


“Da amico a nemico”: Palestinesi in Israele sospesi dal lavoro a causa della guerra


Avvocati e organizzazioni per i diritti umani in Israele hanno ricevuto decine di denunce da parte di lavoratori e studenti che, da sabato scorso, sono stati bruscamente sospesi da scuole, università e luoghi di lavoro L'articolo “Da amico a nemico”: Pal

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di Ylenia Gostoli
Pubblicato su Al-Jazeera il 15 ottobre 2023

(Traduzione a cura di Federica Riccardi) –

Pagine Esteri, 17 ottobre 2023. Sabato 7 ottobre, Noura* si è recata al lavoro come al solito di buon mattino nell’ospedale in Israele dove lavora da più di due anni. L’operatrice sanitaria palestinese aveva dato una rapida occhiata al telegiornale, ma nella fretta di arrivare in tempo al lavoro non aveva compreso appieno la portata di quanto stava accadendo nel Paese: un attacco del gruppo armato palestinese Hamas al sud di Israele che avrebbe causato la morte di almeno 1.300 persone in Israele. In risposta, il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha lanciato una campagna di bombardamenti mortali sulla Striscia di Gaza che ha ucciso più di 2.300 palestinesi e ha imposto un assedio totale all’enclave, bloccando le forniture di cibo, medicinali e carburante. Un’invasione di terra sembra imminente.

Ma sabato mattina Noura non era a conoscenza di nulla di tutto ciò. I gruppi armati palestinesi lanciano periodicamente razzi nel sud di Israele, che vengono per lo più intercettati dal sistema di difesa missilistica del Paese, noto come Iron Dome.

Così, quando una collega visibilmente scossa ha parlato a Noura dell’accaduto, lei ha risposto dicendole: “Non è la prima volta” – una risposta che ora riconosce essere stata priva di empatia.

Ma quando sono emersi ulteriori dettagli e la natura senza precedenti dell’attacco è diventata più chiara, Noura è stata convocata nell’ufficio del suo manager, le è stato detto di lasciare il lavoro e di non tornare fino a nuovo ordine, a causa di quella conversazione precedente con la sua collega.

“Mi sono sentita molto offesa, non potevo credere che mi stesse succedendo questo”, ha detto Noura, che è una degli 1,2 milioni di palestinesi cittadini di Israele – circa il 20% della popolazione del Paese.

“Mi sento discriminata“, ha continuato. “Giorno dopo giorno, non te ne accorgi più. Ma lo senti quando succede una cosa del genere. Sai che automaticamente ti trasformi da amico a nemico”.

Poco dopo, ha ricevuto una lettera dalla direzione dell’ospedale, che Al Jazeera ha esaminato, in cui veniva convocata per un’udienza per formalizzare la sua sospensione per aver violato il codice disciplinare dell’istituto, sostenendo l’attacco di Hamas.

Noura ha negato di aver mai pronunciato le parole di cui è stata accusata.

“La cosa che mi ha offeso di più è che quando mi hanno convocata per l’incontro avevano già deciso, la decisione era stata presa. Non hanno voluto ascoltare”, ha detto Noura a proposito dell’udienza, prevista a breve.

Ha parlato con Al Jazeera a condizione di anonimato perché, nonostante tutto, spera di poter essere ascoltata in modo equo e di mantenere il suo lavoro.

Decine di reclami

Noura non è sola. Avvocati e organizzazioni per i diritti umani in Israele hanno ricevuto decine di denunce da parte di lavoratori e studenti che, da sabato scorso, sono stati bruscamente sospesi da scuole, università e luoghi di lavoro a causa di post sui social media o, in alcuni casi, di conversazioni con i colleghi.

Le lettere inviate da alcuni istituti o uffici, esaminate da Al Jazeera, citavano i post scritti sui social media e il presunto sostegno al “terrorismo” come motivo della sospensione immediata “fino a quando la questione non sarà indagata”. In alcuni casi, i destinatari sono stati convocati a comparire davanti a una commissione disciplinare.

“Persone che hanno lavorato per tre, quattro, cinque anni si sono ritrovate a ricevere lettere in cui si diceva di non presentarsi al lavoro a causa di ciò che avevano pubblicato”, ha dichiarato ad Al Jazeera Hassan Jabareen, direttore di Adalah, del Legal Centre for Arab Minority Rights in Israel, da Haifa, città del nord del Paese.

In alcuni casi, “si dice che le udienze si terranno in una data successiva, ma non si [specifica] quando”, ha detto. “L’udienza dovrebbe tenersi prima di ottenere la decisione”.

Adalah è a conoscenza di almeno una dozzina di lavoratori sospesi da sabato scorso in circostanze simili, per lo più a causa di post sui social media. Ha inoltre ricevuto le denunce di circa 40 studenti palestinesi delle università e dei college israeliani che hanno ricevuto lettere di espulsione o sospensione dalle loro istituzioni.

Wehbe Badarni, direttore del sindacato dei lavoratori arabi nella città settentrionale di Nazareth, ha dichiarato ad Al Jazeera che il sindacato sta seguendo più di 35 denunce, tra cui studenti e lavoratori di ospedali, alberghi, stazioni di servizio, ristoranti e call center.

In una lettera visionata da Al Jazeera, un’azienda aveva convocato un dipendente per un’udienza telefonica per “esaminare la possibilità di terminare il rapporto di lavoro con l’azienda” a causa di “post che sostengono attività terroristiche e incitamento”.

“L’incitamento al terrorismo è un’accusa grave che deve essere provata in tribunale”, ha dichiarato Salam Irsheid, avvocato di Adalah. “A nostro avviso, ciò che sta accadendo in questo momento non è legale”.

Atmosfera di terrore
Un altro operatore sanitario con cui Al Jazeera ha parlato a Tel Aviv ha detto che sta facendo tutto il possibile per mantenere un basso profilo, per paura di punizioni. “Nessuno parla della situazione, ogni mattina mi trovo di fronte a facce scontrose e arrabbiate, considerando che sono l’unico palestinese che lavora lì”, ha detto ad Al Jazeera.

“Le notizie sono terribili, ma quando sono al lavoro cerco di far finta che tutto sia solo una notizia. Non posso davvero esprimere o parlare di ciò che sta accadendo”, ha detto. “Dall’ultima guerra [nel 2021] tutti tengono un profilo basso”.

Physicians for Human Rights Israel, un’organizzazione no-profit fondata più di tre decenni fa a Jaffa, ha gestito diversi casi di sospensione di operatori sanitari dal 2021, dopo l’ultima guerra tra Hamas e Israele, secondo la presidente del consiglio di amministrazione, la dottoressa Lina Qassem Hasan.

In un caso di alto profilo, Ahmad Mahajna, medico dell’ospedale Hadassah di Gerusalemme, è stato sospeso per aver offerto dolci a un adolescente palestinese che si trovava sotto la custodia della polizia nell’ospedale, dove veniva curato per ferite da arma da fuoco dopo un presunto attacco. “C’è un’atmosfera di terrore, la gente ha paura”, ha detto la dottoressa Qassem ad Al Jazeera.

Il 12 ottobre era prevista una visita bimestrale a Gaza con il suo gruppo per i diritti umani. La visita di medici e psicologi di questo mese è stata annullata dopo l’attacco di Hamas. Invece, si è trovata a curare i pazienti evacuati dalle loro case nel sud di Israele.

Una stazione radio locale l’ha intervistata durante la sua visita. “In questa intervista, ho detto che ciò che Hamas ha fatto è un crimine di guerra ai miei occhi, e che vedo anche che ciò che Israele fa a Gaza è un crimine di guerra”, ha detto.

“Due ore dopo l’intervista, ho ricevuto una telefonata dal mio datore di lavoro”, ha detto Qassem, che esercita anche la professione di medico in una clinica. Non le è stato chiesto di smettere di parlare con i media, ma “è stato come un avvertimento per me che devo stare attenta, sai, che [loro] seguono quello che [io] faccio “.

I cittadini palestinesi di Israele hanno storicamente affrontato discriminazioni sistemiche, tra cui la cronica mancanza di investimenti nelle loro comunità con – secondo Adalah – più di 50 leggi che sono pregiudizievoli nei loro confronti.

Eppure “il razzismo si è ulteriormente accelerato”, ha dichiarato l’avvocato Sawsan Zaher ad Al Jazeera. “Quello che stiamo vedendo ora è qualcosa che non abbiamo mai visto prima”.

“Il solo fatto di esprimere la propria opinione, anche se non si tratta necessariamente di incitamento ai sensi del codice penale… ora è sufficiente per l’accusa di esprimere sostegno non solo ad Hamas, ma al popolo palestinese in generale”, ha aggiunto.

Zaher ha detto che la gente ha sempre più “paura di parlare arabo” in pubblico.

Anche Noura è solita tenere la testa bassa.
“In ogni situazione in cui c’è un incidente o qualcosa che accade, cerchiamo di non parlarne affatto. Cerchiamo di dimenticarlo, di metterlo in secondo piano perché sappiamo che verremo giudicati se diremo una parola”, ha detto Noura.

“Questa volta è stato un mio errore rispondere”.

*Il nome è stato cambiato su richiesta della persona per evitare potenziali ritorsioni.

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In Cina e Asia – La Belt and Road in cerca di sostenibilità


In Cina e Asia – La Belt and Road in cerca di sostenibilità belt and road
I titoli di oggi: La Cina lancia una nuova iniziativa legata alla blue economy Il Canada protesta con Pechino dopo intercettamento aereo “pericoloso” Hong Kong: una nuova vittoria per le coppie LGBT Tribunale indonesiano apre la vicepresidenza al figlio di Jokowi Seul prende di mira le aziende che costruiscono i sottomarini taiwanesi L’ambasciatrice Usa di nuovo a Taiwan in vista ...

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LIVE. GAZA/ISRAELE. Giorno 11. Si aggravano le condizioni dei civili palestinesi. Biden domani in Israele


Israele avrebbe promesso agli Usa di lasciar entrare gli aiuti umanitari dall'Egitto. L'acqua resta il problema più urgente. Nella notte nuovi pesanti raid aerei. L'articolo LIVE. GAZA/ISRAELE. Giorno 11. Si aggravano le condizioni dei civili palestinesi

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della redazione

(foto di archivio)

Pagine Esteri, 17 ottobre 2023Peggiorano di giorno in giorno le condizioni di vita della popolazione palestinese di Gaza soggetta da 11 giorni a pesanti e continui raid aerei israeliani – la scorsa notte 200 secondo il portavoce militare – seguiti all’attacco compiuto il 7 ottobre dal movimento islamico Hamas che ha ucciso circa 1400 israeliani.

I numeri forniti dalle organizzazioni umanitarie raccontano il calvario dei civili di Gaza. Oltre ai 2808 uccisi dai raid (1.030 sono minori), ci sono 10.850 feriti, di cui il 64% sono donne e bambini. 57 famiglie non esistono più e altre 223 hanno perso almeno cinque membri. La Protezione civile avverte che almeno 1.000 corpi rimangono sotto le macerie delle loro case. 3.731 edifici, ossia 10.500 alloggi, sono stati distrutti. Altri 10.000 danneggiati. A cui si aggiunge la distruzione di un numero imprecisato di edifici governativi, posti di polizia, uffici, studi legali, cliniche private, negozi commerciali e fabbriche. 18 scuole sono inagibili altre 150 hanno subito danni di vario grado. 22 ospedali e centri sanitari sono stati danneggiati da esplosioni avvenute a poche decine di metri di distanza.

Israele domenica – dopo le pressioni Usa – ha fatto sapere che avrebbe ripristinato l’ approvvigionamento idrico almeno al sud di Gaza. Ma un rappresentante di Ocha (Onu) riferisce che fino al pomeriggio di ieri «era stata ripristinata solo una delle tre principali condutture dell’acqua». Secondo fonti a Gaza, sarebbe disponibile solo il 20% dell’acqua che prima del 7 ottobre era fornita da Israele. Da molti rubinetti non esce nulla, anche perché la rete idrica è a pezzi in molte aree. Al Jazeera ieri spiegava che l’acqua è contenuta in serbatoi posizionati al confine con Israele, nell’area nord di Gaza, quella che l’esercito ha ordinato di evacuare. Le pompe idriche richiedono elettricità ma anche questa è stata tagliata da Israele. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha fatto sapere che le scorte di carburante e acqua a Gaza bastano per 24 ore, dopodiché si verificherà una «immane catastrofe». Intanto l’Unrwa (Onu), l’agenzia che assiste i profughi palestinesi, ha smentito che un suo magazzino sia stato saccheggiato da uomini del ministero della sanità legato ad Hamas.

Torna in primo piano la questione degli ostaggi israeliani. Attualmente ci sono tra i 200 e i 250 israeliani prigionieri a Gaza ha comunicato ieri Abu Obeida, portavoce dell’ala militare di Hamas, sottolineando che non esiste un conteggio definitivo a causa di “difficoltà pratiche e di sicurezza”: 200 sono nelle mani di Hamas, altri 50 sono detenuti da altre “fazioni della resistenza e in altri luoghi”. Gli ostaggi stranieri sono “nostri ospiti”, ha precisato Abu Obeida, promettendo di proteggerli e di rilasciarli quando le condizioni “sul terreno” lo consentiranno.

Ieri Hamas ha diffuso un video che mostra uno degli oltre 200 ostaggi israeliani, Mia Schem, 21 anni, che viene curata dopo essere stata ferita al braccio. Schem racconta di essere stata operata per tre ore e che “mi curano, mi danno dei farmaci. Chiedo solo di essere riportata a casa al più presto, dalla mia famiglia, dai miei genitori, dai miei fratelli. Per favore, fatemi uscire di qui il più presto possibile”. La famiglia di Schem ha reagito al filmato dicendo: “Siamo felici”. Le autorità israeliane hanno invece definito il video “propaganda di Hamas”.

Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden visiterà domani Israele, ha annunciato il segretario di Stato americano Antony Blinken dopo aver avuto un incontro di circa otto ore con il primo ministro israeliano Netanyahu. Biden, ha detto, durante il viaggio riaffermerà la solidarietà degli Stati Uniti a Israele e l’impegno di Washington per la sicurezza israeliana, condannerà l’attacco di Hamas del 7 ottobre, affermerà l’“obbligo” di Israele di difendersi. La visita durerà un solo giorno, poi Biden andrà in Giordania dove incontrerà re Abdallah. Secondo i media Netanyahu avrebbe promesso a Blinken di far entrare aiuti umanitari a Gaza.

L’esercito israeliano afferma di aver ucciso questa mattina quattro persone che tentavano di infiltrarsi dal Libano. Pagine Esteri

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L'articolo LIVE. GAZA/ISRAELE. Giorno 11. Si aggravano le condizioni dei civili palestinesi. Biden domani in Israele proviene da Pagine Esteri.



N. 186/2023 LE TRE NEWS DI OGGI: La prima udienza della causa legale di Donald Trump contro la società di consulenza di un ex ufficiale dell’MI6 è fissata presso l’Alta Corte.L’ex presidente degli Stati Uniti ha presentato un reclamo per la protezione dei dati contro la Orbis Business Intelligence, fondata da Christopher Steele, che in...


Gaza e Israele viste dalla Cina


Gaza e Israele viste dalla Cina 9820943
Pechino spinge la soluzione dei due stati e sostiene l'unità del mondo arabo, con la speranza di non vedersi disfatta la tela diplomatica intessuta in Medio oriente. Frizioni con Tel Aviv e gli Usa, ma si continua a lavorare all'incontro Xi-Biden. Prima, però, c'è il forum sulla Belt and Road con Vladimir Putin

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Journa.host e la proprietà dei server Mastodon. Una storia sulla fragilità emotiva e professionale dei giornalisti

@Giornalismo e disordine informativo

Riportiamo le riflessioni di Laurens Hof, autore della newsletter fediversereport

Il server Journa.host , un server Mastodon dedicato ai giornalisti, ha trasferito la proprietà. Con ciò arrivano domande riguardanti le aspettative tra i proprietari/operatori del server e le persone che utilizzano il server. Il server Journa.host è iniziato come un progetto incentrato sulla comunità, con il finanziamento iniziale del Tow-Knight Center for Entrepreneurial Journalism presso la Craig Newmark Graduate School of Journalism della CUNY. Recentemente la proprietà del server è stata trasferita alla Fourth Estate Public Benefit Corporation. Questa organizzazione gestisce anche il server Mastodon newsie.social e, fino a poco tempo fa, anche il progetto verifyjournalist.org (la cui proprietà è stata recentemente trasferita a The Doodle Project).

Questo trasferimento di proprietà del server ha innescato una discussione da parte del giornalista etiope Zecharias Zelalem, che si è allontanato dal server journa.host a seguito di questo trasferimento di proprietà. Nei suoi post sottolinea i rischi reali che derivano dall'essere un giornalista, soprattutto nel suo contesto. Il trasferimento dei dati personali dei giornalisti e il controllo della loro presenza sui social media alla nuova proprietà senza alcun preavviso e spiegazione solleva interrogativi sulle considerazioni dei precedenti proprietari su questo trasferimento. Uno dei punti sollevati è che ci sono poche informazioni disponibili sull'identità del nuovo proprietario, Jeff Brown. È comprensibile che i giornalisti si sentano a disagio quando non è chiaro chi sia responsabile di una parte importante della loro presenza digitale. Allo stesso tempo, la maggior parte dei server non è finanziariamente sostenibile e non si può presumere che anche i server che ricevono finanziamenti da luoghi affidabili rimangano operativi per sempre quando i fondi si esauriscono. Nel frattempo, sotto la nuova proprietà, journal.host consentirà nuovamente la registrazione di nuove applicazioni per il server journal.host.

Dan Hon ha scritto un articolo interessante sulla situazione, tracciando parallelismi con il nuovo libro di Cory Doctorow "The Internet Con", che vale la pena leggere. Sta anche ospitando un incontro digitale per piccoli gruppi "Giornalismo, notizie e social network federati", organizzato anche in risposta a questa conversazione. Qui puoi trovare ulteriori informazioni su questo incontro "Hallway Track".

Le nostre considerazioni sulla vicenda

Quando abbiamo creato l'istanza mastodon poliversity.it, dedicata agli accademici e ai giornalisti, ci siamo resi conto che mentre gli accademici hanno iniziato a frequentarla, i giornalisti l'hanno praticamente disertata, preferendo stare dentro istanze generaliste come mastodon.uno o la gigantesca mastodon.social Ma altri hanno preferito iscriversi nelle due istanze tematiche anglofone più grandi dedicate al giornalismo, newsie.social e journa.host.
Il motivo dichiarato è che i giornalisti preferivano stare nei luoghi più comodi, più frequentati o più esclusivi. Insomma, preferivano Un posto al sole...

Ma questa individuazione dell'istanza del fediverso più affollata nasconde la pigrizia tipica della maggior parte dei giornalisti oltre alla impellente necessità di mettersi in mostra. Quando abbiamo creato la nostra istanza dedicata al giornalismo, abbiamo sempre affermato che si doveva trattare di una soluzione temporanea, in attesa di fare in modo che i giornalisti stessi creassero delle proprie istanze, legate alla piattaforma editoriale per cui già lavoravano o ai consorzi di cui fanno parte alcuni dei migliori giornalisti italiani ed esteri.

Invece questi progetti non sono ancora nati. In questo senso, troviamo che le lamentazioni di Zecharias Zelalem siano stucchevoli: non riguardano l'orgoglio del giornalismo, ma la semplice lamentela del giornalista che si vede cambiare padrone, che si vede cambiare il soggetto ospitante
Anche l'accusa nei confronti di Jeff Brown ossia quella di non essere un giornalista, è una cosa volgare che manca totalmente l'obiettivo: Il fatto è che Jeff Brown non deve essere un giornalista ma al massimo deve essere un bravo "editore"!
Il punto però è che il fediverso consente a ciascun giornalista o a ciascun gruppo di giornalisti di essere editore di se stesso. L'incapacità di comprendere la realtà da parte proprio di quei soggetti che dovrebbero raccontarle, è al nostro avviso l'aspetto più problematico e in un certo senso oscena di tutta questa vicenda.


Welcome! Lots of individual news stories this week, with some implications about how the network currently functions and operates. WordPress is actively expanding the network by allowing all blogs on the free wordpress.com plan to become part of the fediverse. While discussions about server ownership put questions at what is expected to be an operator of a fediverse server.

WordPress.com officially connects to the fediverse


The major news of the week is that WordPress.com now can connect to the fediverse via the ActivityPub plugin. A few weeks ago I already reported on the official launch of the plugin (which had been in beta for a long while), when it became available for people who are self-hosting their WordPress site. It is now also available for everyone who uses WordPress via WordPress.com, including people on a free plan. The news got some significant attention by other tech news sites as well. Current usage of the new connection can be seen here.

People in the fediverse are understandably excited by this development, and frame it in a hopeful perspective of growth, for example, by focusing on how many websites run WordPress that can now join the fediverse. The fediverse and its cultural conventions are currently dominated by the microblogging side of the community. The potential inflow of blogs and websites into the fediverse poses new questions that deserve contemplation. These issues are not new, fediverse software like WriteFreely and Plume have been around for years. What is different is how people in the fediverse are positioning WordPress in a context of growth, by accentuation how many websites on the internet run WordPress. They ask the reader explicitly to imagine a future in which millions of WordPress websites have connected to the fediverse. The prospect of millions of sites connected to the fediverse also makes questions about current culture and norms in the fediverse more top-of-mind: How do current social norms around search and indexing in the fediverse collide with the different expectations around search on the rest of the web? What does a good user experience looks like for a feed that contains posts with less than 500 characters, interspersed with a blog post of 10.000 words? What does content moderation look like in a world where there are thousands, if not millions of websites connected to the fediverse, that are all effectively their own servers?

Journa.host and server ownership


The Journa.host server, a Mastodon server that is dedicated to journalists has transferred ownership. With it come questions regarding expectations between server owners/operators and people that use the server. The Journa.host server started as a community-centric project, with initial funding The Tow-Knight Center for Entrepreneurial Journalism at the Craig Newmark Graduate School of Journalism at CUNY. Recently the ownership of the server was transferred to the Fourth Estate Public Benefit Corporation. This organisation also runs the Mastodon server newsie.social, and until recently the verifiedjournalist.org project as well (who’s ownership got transferred to The Doodle Project recently).

This move of server ownership sparked a thread by Ethiopian journalist Zecharias Zelalem, who moved away from the journa.host server as a result of this transfer of ownership. In his posts, he points the actual real risks that come with being a journalist, especially so in his context. Transferring journalists’ personal data, and control of their social media presence, to new ownership without any real notice and explanation does raises questions about the considerations from the previous owners about this move. One of the points that was raised is that there is little information available on the identity of the new owner, Jeff Brown. It is understandable for journalists to get uncomfortable when it is unclear who is responsible for an important part of their digital presence. At the same time, most servers are not financially sustainable, and even servers who get funding from reputable places cannot be assumed by default to stay in operation forever when funding runs out. Meanwhile, under the new ownership journa.host will allow new applications for signups again for the journa.host server.

Dan Hon wrote an interesting article on the situation, and drawing parallels with Cory Doctorow’s new book ‘The Internet Con’, which is worth reading. He is also hosting a small group digital meeting ‘Journalism, News, and Federated Social Networks’, which got set up as a response to this conversation as well. You can find more about this ‘Hallway Track’ meeting here.

IFTAS moderator needs assessment


IFTAS, the non-profit organisation for Trust and Safety on the fediverse, has released the results of their recent assessments of the needs of fediverse moderators. The entire results can be found here, and are worth checking out. Some of the noteworthy results: few servers (17%) have 24 hour moderator coverage. Most servers lose money, and most moderators are unpaid. Half of the respondents use shared block lists, such as Oliphant’s lists. What also stands out is the variety of moderator communities that are in use, that all only are used by a small part of the moderator community. There is not a clear single community for moderators that is used by the de-facto default.

On Bluesky interoperability


With Bluesky getting more popular, the conversation of interoperability between the fediverse and Bluesky/ATProtocol has come up again. In the GitHub for the AT Protocol, Bluesky engineer Brian Newbold gives a detailed answer about the various parts of interoperability between the network. The direct answer is that “it is not on the Bluesky roadmap”, but the answer also identifies which parts of interoperability could probably work, which parts are difficult from a technical perspective, and which parts are hard from a cultural perspective. Another interesting suggestion that came up is the possibility of fully embedding posts on its opposite platform, allowing for a kind of quote-posting across networks.

Mastodon user count update


Eugen Rochko gave a short update this week, indicating that the joinmastodon.org website had been undercounting data for the period between October 2nd and October 9th. The undercounting accounting for some 400k MAU and 2.3m total accounts, which only happened during the timeframe of the previous week. This got picked up by some media outlets and spread around the feeds. However, the news was framed mainly in the context that Mastodon had a lot more users than expected, which is not really correct: Mastodon has the expected amount of users, and news of the gain in numbers should have been properly accompanied with an equal loss in the week before. Getting reliable data about user numbers is fairly difficult, with multiple sources providing quite different values. joinmastodon.org lists 1.8M MAU for Mastodon currently, while fedidb.org gives 1.4M MAU for the entire fediverse. It is unclear which of these sources is more reliable. Personally, I tend to use fedidb.org, as this provides data over time, so trends can be visible.

Twittermigration report


Tim Chambers has been documenting the Twitter Migration (X Migration now) over the last year, releasing an extensive report every quarter. The latest update for Q3 2023 has just been released, and it’s worth checking out. It documents in detail the many issues that X currently faces. It also gives some good data on the growth and usage of Threads. After an explosive launch, reading 100M accounts in a week, activity cooled significantly immediately after. In the months that followed, growth and usage has stabilised. Threads is now estimated to grow at 1 million accounts every two weeks, roughly four times as much as Bluesky is currently growing.

The report indicates that the other two main beneficiaries of the X migration are Mastodon and Bluesky. One way that the report measures this is by looking how many X accounts have a handle for their account on a different network in their profile. The mentions of Mastodon are significantly bigger than Bluesky here, but are stagnating, while Bluesky’s numbers are rapidly growing. This trend is also visible in the account signup numbers for both Mastodon and Bluesky.

The report also distinguishes a Developer migration, and notes organisations that are currently working on providing ActivityPub integration, such as Automattic with WordPress, Flipboard, Mozilla, as well as other networks such as Threads, Tumblr and Post.news. No organisation is talking about using the AT Proto network currently. This is why the report quotes Nilay Patel (from February 23), where he states that ActivityPub is where the app developers are. This seems to be holding up regarding companies and organisations, who are all focused on ActivityPub. Individual hobby developers seem to be a different matter though, where the AT Protocol seems to be of significant interest: the largest individual developer community for ActivityPub has less than 200 users, while the Discord for developers for AT Protocol has almost ten times as much, close to 2000.

The links


  • SURF, the Mastodon project the Dutch higher education system, has a chance to win the European Commission’s Open Source Observatory award.
  • Confirmation that Mozilla’s new fediverse server, mozilla.social, will use people’s Firefox account to log in.
  • A podcast about the fediverse from the perspective of advertisers
  • A podcast by Manton Reece, the creator of micro.blog, about ActivityPub support in WordPress.com and its impact on Micro.blog
  • Renaud Chaput is now officially the CTO for Mastodon. As the organisation still has very limited funding, this is currently still a volunteer position.

That’s all for this week. If you want to receive this update every Sunday directly in your mailbox, subscribe below:

fediversereport.com/last-week-…

#activitypub #bluesky #fediverse #mastodon #wordpress


Questa voce è stata modificata (1 anno fa)
in reply to rag. Gustavino Bevilacqua

Dài @GustavinoBevilacqua conosci troppo bene il fediverso per capire che non è questo il punto! Se hai bisogno di sicurezza, non devi cercare la "fiducia" di nessuno, ma devi solo avere il "controllo"!

Se vuoi usare l'istanza di un altro, il minimo che devi (Minimo che DEVI) fare è iscriverti con protonmail e collegarti con TOR project.

L'ottimale è crearti una tua istanza e comunicare solo con sistemi crittati (matrix, signal, session, etc)

@outlook @poliversity @giornalismo

in reply to macfranc

@GustavinoBevilacqua aggiungo infine che nessuno deve

> dimostrare che Jeff Brown non è uno delle tante Wanna Marchi della rete, che cerca solo polli da mungere… sarà una buona notizia.

Questo è indifferente, così come lo è il fatto che sia o non sia un giornalista (per me è un "editore di fatto" e si posiziona nell'intervallo tra Wikileaks ed Elon Musk!): quello che conta è chi sei tu, utente che ti iscrivi là dentro...

@outlook @poliversity @giornalismo



Le dimissioni di Moni Ovadia da direttore del Teatro comunale di Ferrara sono conseguenza del clima antidemocratico e intollerante da caccia alle streghe che so


Colombia. Petro: “pronti a rompere le relazioni con Israele”


Il presidente della Colombia Petro condanna con forza il massacro compiuto da Israele nella Striscia di Gaza. Tel Aviv sospende le forniture militari a Bogotà L'articolo Colombia. Petro: “pronti a rompere le relazioni con Israele” proviene da Pagine Este

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di Redazione

Pagine Esteri, 16 ottobre 2023 – «Se occorre sospendere le relazioni con Israele le sospenderemo. Non appoggiamo i genocidi». Così si è espresso il presidente della repubblica della Colombia rispondendo alle proteste sollevate dall’esecutivo israeliano nei confronti di Bogotà per le forti prese di posizione del capo di stato colombiano contro il massacro compiuto da Israele nella Striscia di Gaza.
Riferendosi all’assedio e ai bombardamenti su Gaza, che hanno provocato in pochi giorni migliaia di vittime civili, Petro aveva paragonato la situazione del territorio palestinese ai campi di concentramento nazisti.

Poco prima, il ministero degli Esteri israeliano aveva convocato l’ambasciatrice colombiana, Margarita Manjarrez, per censurare le ultime esternazioni del primo presidente di sinistra del paese, accusato da Tel Aviv di «istigazione all’antisemitismo». «Israele – recitava un comunicato della rappresentanza diplomatica israeliana in Colombia – condanna le dichiarazioni del presidente colombiano che riflettono un sostegno alle atrocità commesse dai terroristi di Hamas, alimentano l’antisemitismo, colpiscono i rappresentanti dello Stato di Israele e minacciano la pace della comunità ebraica in Colombia».

«Il presidente della Colombia non si insulta. Chiamo l’America Latina a una solidarietà reale con la Colombia. Né gli Yair Klein, ne i Rafael Eithan potranno dire qual è la storia della pace in Colombia. Hanno scatenato i massacri e il genocidio in Colombia. La Colombia, come ci hanno insegnato Bolivar e Narino, è una nazione indipendente, sovrana e giusta» ha quindi reagito Petro riferendosi a due ex militari israeliani coinvolti negli eccidi compiuti nei decenni scorsi dagli squadroni della morte di estrema destra contro i movimenti guerriglieri e i movimenti sociali. Se Yair Klein, ex militare di Tel Aviv e mercenario, è noto per aver addestrato i paramilitari di estrema destra colombiani, Rafael Eithan suggerì all’ex presidente colombiano Virgilio Barco di sterminare i membri del partito di sinistra Unione Patriottica, cosa che effettivamente avvenne negli anni ’80 e ’90 con migliaia di militanti assassinati.

Il presidente colombiano, sempre molto attivo sulle reti sociali, è intervenuto spesso nei giorni scorsi sulla crisi mediorientale, denunciando tra le altre cose il fatto che il «potere mondiale tratta in modo distinto l’occupazione russa sull’Ucraina e quella israeliana in Palestina». Dopo aver ricordato che “uccidere bambini innocenti significa terrorismo, sia in Colombia sia in Palestina”, Petro ha invitato le parti a sedere a un tavolo negoziale per arrivare ad una soluzione politica del conflitto attraverso la fondazione di due Stati sovrani.

«Nessun democratico al mondo può accettare che Gaza sia trasformata in un campo di concentramento» ha scritto Petro su Twitter. «I campi di concentramento sono vietati dal diritto internazionale e coloro che li allestiscono si trasformano in colpevoli di reati di lesa umanità» ha aggiunto il presidente della Colombia suscitando la rabbia dell’ambasciatore di Israele a Bogotà, Gali Dagan.

Il governo israeliano è intervenuto annunciando il blocco della vendita di armi alle forze armate colombiane.

Da parte sua Gustavo Petro ha esortato le Nazioni Unite a convocare quanto prima una sessione straordinaria, ha promesso l’invio di aiuti umanitari alla popolazione della Striscia di Gaza e che cercherà la mediazione e la collaborazione delle autorità egiziane.
Ovviamente i partiti di destra all’opposizione non hanno preso bene né le dichiarazioni di Petro contro Tel Aviv né la crisi aperta con Israele, da sempre fornitore privilegiato di armi e alleato delle oligarchie colombiane nella repressione dei movimenti guerriglieri, sociali e sindacali del paese, tra i più estesi di tutto il continente. – Pagine Esteri

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Non c’è differenza tra Isis e Hamas: vogliono entrambe distruggere Israele


« Benjamin Netanyahu è un dirigente catastrofico, ma non è per questo che Israele è stato colpito da Hamas». Secondo il filosofo francese Alain Finkielkraut, figlio di ebrei polacchi sopravvissuti all’Olocausto, le cause dell’attacco condotto da Hamas

«Benjamin Netanyahu è un dirigente catastrofico, ma non è per questo che Israele è stato colpito da Hamas». Secondo il filosofo francese Alain Finkielkraut, figlio di ebrei polacchi sopravvissuti all’Olocausto, le cause dell’attacco condotto da Hamas sono riconducibili «ai tentativi di normalizzazione tra Israele e l’Arabia saudita». Sulla minaccia islamista in Europa, diventata più concreta dopo l’attacco avvenuto venerdì nel nord della Francia dove un ventenne originario del Caucaso ha ucciso un insegnante a coltellate, l’intellettuale ricorda l’esistenza «una comunità arabo-musulmana che si identifica da sempre alla causa palestinese». «La questione sta nel sapere fino a dove arriverà questo riconoscimento», spiega il filosofo.

Come giudica gli ultimi avvenimenti che hanno scosso la Francia?
«Stiamo assistendo allo spirito e alla messa in atto dei pogrom condotti da Hamas sotto forma di guerriglia urbana e al modo in cui si installano sul nostro continente. Gli ebrei di Israele e quelli della diaspora sono sulla stessa barca, uniti da un destino comune. Nessuno poteva immaginare una simile situazione, ma c’è un nuovo antisemitismo in marcia, che non ha nulla a che vedere con il nazismo e si presenta sotto le vesti dell’antirazzismo. Bisognerà affrontarlo, ma penso che, nonostante le divisioni di Israele, gli ebrei non sono mai stati così solidali tra loro come oggi».

Che conseguenze potrà avere la risposta militare di Israele in Occidente?
«Gli israeliani hanno chiesto agli abitanti della parte nord di Gaza di rifugiarsi a sud dell’enclave. Hamas, che non si preoccupa della sua popolazione, respinge questa richiesta, così come l’Onu. Il rischio è quello di avere molte vittime civili, con conseguenze devastanti per l’Europa. Le manifestazioni palestinesi si moltiplicheranno, così come gli atti antisemiti. Vorrei però ricordare che i bombardamenti effettuati dall’Occidente per distruggere l’Isis hanno fatto molti più danni rispetto a quelli mirati di Israele. In quel caso, però, nessuno ha urlato allo scandalo».

A proposito, che ne pensa dei tanti cortei pro-palestinesi di questi giorni?
«Dimostrano l’esistenza e la forza di quello che in Francia è chiamato islamo-gauchisme, termine utilizzato per indicare una parte della sinistra che vede nei musulmani dei dominati in rivolta contro un occidente dominatore e colonialista».

Che responsabilità ha in questa crisi l’esecutivo del premier Benjamin Netanyahu?
«Il governo israeliano ha dimostrato la sua incapacità. Il fronte sud è rimasto sguarnito. I miliziani di Hamas hanno superato la barriera di sicurezza con una facilità incredibile perché una parte dell’esercito israeliano è stata inviata a proteggere gli insediamenti in Cisgiordania, mentre sotto la pressione dei religiosi ultra ortodossi il 40% dei soldati ha ottenuto un permesso per festeggiare in famiglia le feste ebraiche. È stata una situazione delirante e una volta che questa crisi sarà finita il governo dovrà pagare».

È d’accordo con il parallelo tra l’Isis e Hamas?
«L’attacco contro Israele dimostra che non c’è nessuna differenza tra questi due gruppi. Del resto, molte bandiere dello Stato islamico sono state piantate nei kibbutz attaccati. L’unica missione di Hamas, fin dalla sua creazione, è quella di distruggere Israele, non di obbligarlo a lasciare i territori occupati. Il principale nemico dei palestinesi e della causa palestinese è Hamas».

Da filosofo, cosa pensa delle recenti dichiarazioni di Papa Francesco, che in riferimento ai tanti conflitti in corso ha parlato di una “Terza Guerra mondiale combattuta a pezzi”?
«Sono sbalordito dalle posizioni del Pontefice, che non si preoccupa dell’Europa e in nome dell’ospitalità incondizionata approva la scomparsa programmata della civilizzazione europea. Fa esattamente il contrario dei suoi predecessori: Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Non ha mai condannato come si deve l’invasione russa dell’Ucraina e non ha mai nemmeno voluto prendere in considerazione la realtà della violenza islamista. Per me Papa Francesco è ormai totalmente screditato e rappresenta una catastrofe per la Chiesa e per l’Europa».

Quindi non è d’accordo con le sue parole?
«Temo naturalmente un ampliamento del conflitto. Se Hezbollah interverrà, si aprirà un nuovo fronte, con il rischio di veder entrare anche l’Iran nelle danze. Tuttavia, credo che questa guerra rimarrà circoscritta. C’è però un blocco anti- occidentale in fase di costruzione, che comprende la Russia, l’Iran e altri Paesi membri dei Brics. È come se all’orizzonte si stesse delineando quello che il politologo Samuel Huntington definiva “scontro di civiltà”».

Pensa che questo scontro sia già iniziato?
«C’è qualcosa del genere in atto. La mia unica speranza è che una parte dei musulmani residente in Europa si rivolti contro questa radicalizzazione e dica “Not in my name”».

La Stampa

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🥗 Oggi, 16 ottobre è la Giornata mondiale dell’alimentazione 2023 dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO).

🚰 Il tema di quest’anno è: “L’acqua è vita, l’acqua ci nutre. Non lasciare nessuno indietro.



#NotiziePerLaScuola

È disponibile il nuovo numero della newsletter del Ministero dell’Istruzione e del Merito.



Taekwondo diplomacy: arti marziali e governi asiatici


Taekwondo diplomacy: arti marziali e governi asiatici arti marziali, global times
La popolarità delle arti marziali tradizionali asiatiche nel mondo è oggi tanto uno strumento di soft power quanto una base narrativa utile a rafforzare l'identità nazionale. Un estratto dall’ultimo e-book di China Files su Sport e Politica (per sapere come ottenerlo, clicca qui)

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